NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE : il valore di una firma

 

Del dr. Paolo Piccardi

 

 

Nel 1427 Francesco Piccardi è già sposato con Titta, figlia di un vicino, Domenico di Bonsignore, un modesto fabbricante di finimenti che gli aveva promesso 100 fiorini di dote, ma non riuscì mai a pagarli, tanto che Francesco stesso inserirà nella sua dichiarazione il credito, con l’annotazione di essere senza speranze di incassarlo. Fu evidentemente matrimonio d’amore e non di interesse, altrimenti Francesco avrebbe potuto, come di consuetudine, rifiutarsi di accogliere la moglie fino a quando la dote non fosse stata interamente pagata.

Né Francesco né Niccolo dichiarano di svolgere alcun lavoro, e questo si ripeterà in tutte le dichiarazioni dei redditi successive.

L’elenco dei crediti vantati non riserba nessuna informazione rilevante, salvo quel Ludovico di Silvestro Tesini, che fu l’arbitro designato nel 1426 per dirimere la controversia con lo zio materno.

Fra i debiti ne spiccano due importanti. Il primo ci dice che Francesco è stato a Roma presso la Compagnia di Guidetto Monaldi, portandosi via merce o un prestito, che deve finire di pagare, mentre la seconda recita:

A Iachopo di lorenzo nostro zio stante in roma f. trecento cinquanta quattro e per sua chiareza ma per la scrita di nostra mano globrighiamo iI podere posto nel chomune di chastelfrancho e siam in chompromesso chon lui per la diferenza abiamo cho lui ... domenicho di salvestro tesini per 4 anni el podere obrigato al deto papi e quello che per questa vedrete cioe il primo che io vedo e su questa scrita 354

 

 

La frase è oscura, ma possiamo già intravedere quello che in seguito ci apparirà più chiaro: Jacopo di Lorenzo di Ser Ughetto, fratello di D.a Bianca, madre di Francesco e di Niccolò, ha proposto a Guidetto Monaldi di entrare in società con lui. Non gli è stato opposto un rifiuto, ma la richiesta di una congrua garanzia, che Jacopo non poteva coprire con mezzi propri. Ha quindi convinto il giovane nipote ad ipotecare il podere di Campiglia, con il miraggio di portarlo a Roma, dove stava facendo buoni affari un nutrito gruppo di mercanti fiorentini, tutti concentrati in quel quartiere dove verrà edificata la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini.

A conferma di quanto sopra, sono andato a leggere la portata di Jacopo di Lorenzo, il quale risulta nullatenente e conferma sbrigativamente il debito

"A Francesco e Niccolò di Paulo de Piccardi devo dare f. 600 per fogli diversi"

(nota7 : Catasto 69 bob.131 foto 122 )

 

 

Evidentemente, il padre Paolo era già morto, altrimenti non avrebbe consentito che il figlio ipotecasse tutte le sostanze di famiglia per tentare un’avventura a Roma. Non si sa cosa abbiano combinato i due a Roma, sappiamo solo che Guidetto Monaldi, nella sua portata del 1427, quando aveva già 61 anni, scrive che la compagnia romana fallì per perdita totale del capitale a seguito di un furto. Il Monaldi farà valere le sue pretese creando parecchi grattacapi a Francesco, come vedremo in seguito.

 

Nel 1429 muore lo zio Jacopo di Lorenzo e i soci della Compagnia si rivolgono all’ Arte della Seta (Por S. Maria) per la liquidazione delle pendenze fra i soci.

Nel dicembre 1429 i consoli dell’Arte della Seta dichiarano

"Iacopo del fu Lorenzo di Iacopo di ser Ughetto di Firenze ritagliatore già socio/compagno e gli eredi del detto Lorenzo debitore di Guidotto di Francesco Monaldi e di Antonio di Bono come curatore dell’eredità di Rinuccio di Chimenti di Zanobi e di Giuliano del fu Matteo di Pezzato per suo nome proprio e come erede dello zio Giovanni di Pezzato".

Nota 24 ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

 

 

Queste sono le somme dovute:

a Chimenti di Zanobi di Guidotto proprio ducati 191 soldi 12 denari 9 d’oro

a Guidotto di Francesco Monaldi proprio ducati 896 soldi 18 denari 7 d’oro

a Giuliano di Matteo di Pezzato ducati 295 soldi 10 denari 5 d’oro

ad Antonio di Bono, curatore ducati 280 soldi 4 denari 6 d’oro

I Consoli dell’Arte della Seta condannarono gli eredi del fu Iacopo di Lorenzo (ossia Francesco e Niccolò) a rinfondere le somme suddette, espresse in ducati e non in fiorini, perché la Compagnia non aveva sede a Firenze.

Il 16 Dicembre del 1430 i due fratelli vendono la casa di Firenze a un barbiere per 200 fiorini, nella quale evidentemente non abitavano da tempo:

 

 

A Simone di Franc.o barbiere popolo di S. Lucia una casa abitammo posta a San Niccolo' di Firenze addi' 16 Dicembre 1430 carta per mano di Messer Tommaso Cioni f. 200

Nota 25 Catasto 1443

 

Per farsi un’idea della considerevolezza della cifra, basta considerare che la casa che confina per tre lati con la chiesa di Simonti fu venduta, nello stesso periodo, per 10 fiorini

 

Nel Maggio 1430 viene data esecuzione alla sentenza pronunciata dai Consoli dell’Arte di Porta S. Maria da parte di messer Pietro, dottore in legge, giudice collaterale per il podestà di Firenze, Battista degli Alaleoni (Bactista de Alaleonibus), per i quartieri di di S. Giovanni e di S. Maria Novella e in favore e su petizione di ser Iacopo di Silvestro, notaio fiorentino, procuratore di Guidotto di Francesco Monaldi, come erede di Rinuccio di Francesco suo fratello, e per parte di Giuliano di Matteo Pezzati, come erede di Giovanni di Zanobi Pezzati suo zio, agendo sui beni di Iacopo del fu Lorenzo di Iacopo di ser Ughetto. Contemporaneamente Giuliano di Antonio del popolo di S. Frediano, procuratore sostituto di Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo Pezzati, viene immesso nella tenuta e nel possesso corporale dei beni immobili situati nel popolo di S. Maria a Faella nel comune di Castelfranco di Sopra luogo detto Campiglia (descritti minuziosamente nella sentenza, che riporta microtoponimo, confini, quantità e qualità della terra).

Nota 26 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

 

 

Arriviamo al 1431 e i due fratelli compilano la dichiarazione al catasto deliberata nel 1430:

nota 27 : Catasto 331

 

 

 

Quartiere di S. Spirito G. SCALA

Dinanzi a voi signori uficiali del chatasto questi sono le sustanze encharichi di me franc.o e nicholo di pagholo pichardi in p.

I podere luogho detto chanpiglia chon chasa da signore e da lavoratore posto nel popolo di santa maria a faella chomune di chastelfrancho di sopra cho suoi vochaboli e chonfini al detto luogho da p.o vidio di simone e ii redi di giovanni del chiaro e iii giovanni carnesecchi el detto podere vignato e ulivato e chastagnato e boschate e chon terre lavoratie che in tutto giaffa X anni noavuto in mia parte 50 o 60 sta. di biada di mezo alle vigne fallo a mia mano rendimi 3 chognie sotto sopra e orci 1 ½ o 2 sono in tutto.

Il sopradetto podere e obrigato per 1a schritta privata a Iacopo di lorenzo di Ser Ughetto e a sue redi per f. 600 la quale schritta fatta e che fittizia perche lebbe chon pregharmi che se questa inschritta gli facevo e poteva mostrare questo chredito a una chompagnia la quale voleva fare chon Ghuidetto Monaldi siche io no mi gli tengho essere debitore duno f. abiamo fatto chompromesso sicchome seghuire di tutto ne sarete avisato

E piu chella detta schritta si truova (in mano di). ghuideto monaldi e a me adomanda e detti f. chome detto di sopra ne siamo inchopromesso

E piu madomanda detto Ghuidetto f. 325 e quali dice nostra madre dono al sopradetto Iachopo che non tengho avergli a dare perchè giaffa 2 anni o ritrovato charte schrite che penso avere buona ragione di tutto e fatto chonpromesso e di tutto voi sarete avisato fatto e lodo

 

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Ghuidetto Monaldi f. 3 di cui sono f. 33 faremo le somme L. 132

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Restasi a definire f.. 900 mandomanda ghuidetto monaldi e chomp.a . incompreso di tuto sarete avisato ho dato che sia el termine tutto febraio 1430/1

 

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adi 31 di gennaio

 

 

Sono passati solo tre anni dal primo catasto e Francesco è già vedovo, i terreni sono stati venduti per quasi la metà del totale iniziale, la casa di Firenze venduta anche quella. In più si trova sulle spalle il debito con Guidetto Monaldi, che in questa portata viene descritto abbastanza bene. Dalla traballante sintassi di Francesco appare la speranza di poter dimostrare la sua buona fede e di scaricare la responsabilità dell’intero debito sullo zio materno, che gli ha estorto una fidejussione, a suo dire. Ma il fatto è che lo zio è morto e ne sono eredi i due nipoti, ai quali vengono addossati tutti i debiti.

Rimane oscura l’altra pretesa di Guidetto Monaldi in merito ai 325 fiorini che la madre Bianca avrebbe donato al fratello Jacopo di Lorenzo di Ser Ughetto. Può darsi che le carte, che Francesco dice di aver rinvenuto, siano proprio quelle che Bianca richiese nel 1422 a Ser Santi di Giovanni per il tramite del figlio Niccolò (ricordate il famoso bigliettino spuntato dalla legatura di una filza?)

Francesco specifica che i campi adiacenti il podere vengono lavorati direttamente dai due fratelli, che non si sono potuti permettere l’acquisto di buoi ma solo di un "ronzino". Il rendimento di detti campi sembra minimo e ciò può essere giustificato dall’ inesperienza dei due improvvisati agricoltori e dalla mancanza di mezzi adeguati, ma non dobbiamo dimenticare che tutti i contribuenti piangevano miseria e nascondevano quanto potevano dei loro redditi.

 

 

Stando a Campiglia, Francesco fa la conoscenza di Biagia, figlia di un notaio di Viesca, se ne innamora e la sposa nel 1431, come appare da un’appendice della sua portata del 1443:

 

 

Agiungniamo 1 pezzo di terra lavoratia di piano st. 1 incirca posto nel popolo di S. Piero a Viesca lega di Cascia luogo detto Buleto confini da p.o via 2. Lionardo Danti 3. Piero di Checco contadino 4. Messer Andrea di Messer Simone lavoralo Piero del Rosso rende l'anno di mezzo in mia parte io metto tutto seme lavorasi de due anni 1 volta.

Grano st. 6 in 8

Il detto pezzo di terra o auto da Messer Andrea di Messer Simone mio suocero in sino dell' anno 1431 per pregio di f. 32 per il resto della dote mia (.......) detto prezzo che nol valea ma per non (......) presi per partito di fare cosi' il detto pezzo di terra fu dato insieme a altri suoi terreni pel detto Messer Andrea nel Gonfalone Bue).

 

 

 

Neppure in questo caso Francesco mira alla dote, essendo il suocero un modesto notaio, già impossibilitato a versare la dote per Taddea, la figlia maggiore, che era riuscito a far sposare, ma non a far accettare nella casa del genero fino a quando la dote non fosse stata versata per intero, come si può leggere nella portata del 1430: ( Nota 28 : Catasto 352 Pag. 32 )

 

 

 

Gonfalone Bue nero

S. Andrea di S. Simone da Viesca

Uno poderetto posto nel comune di Viesca luogo detto Alla Lungarella con case da signore et da lavoratore non c'e' suso buoi e lavoralo piu' persone.

In prima uno pezzo di terra appartenuta al ditto podere posto nel ditto comune luogo detto Il Buleto di staiora 28 che da 1. e 2. via 3. Romano Castellani 4. S. Neri di Dino Malaschiena 5. Vinci di Fruosino da Figline. Uno pezzo di terra posto nel detto comune di staiora due e mezzo luogo detto Montanino e no si lavora 1. e 2. via 3. e 4. Messer Palla degli Strozzi.

Uno pezzo di terra appartenuta al detto luogo di staiora nove posto nel comune di Castelfranco luogo detto Lareganese 1. via 2. fossato chiamato Resco 3. e 4.Messer Palla degli Strozzi.

Detti beni rendono della parte mia mi tocca moggia tre di grano e anche rende tra panico e altra biada la parte mi tocca moggia uno. Ancora mi rende la parte mi tocca di vino barili dodici.

Bocche

S. Andrea detto a. 48

Monna Gemma mia donna a. 43

Taddea sua figlia a. 23 est maritata e non sta ammarito perche' non ho da dalle di dote

Biagia mia figliuola a. 22

Santi mio figliuolo a. 19

Lisa mia figliuola a. 17

Sono debitore del comune di sindichi del Gonfalone della Scala di F. XV

Sono debitore di tutti i catasti si sono posti a catasto F. 3

 

 

 

Nel frattempo la giustizia fa il suo corso e, nel giugno 1431, per parte del giudice collaterale del podestà di Firenze, Antonio dei Ventini di Roma (Antonius de Venetinis de Roma), per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella su petizione di ser Iacopo di Silvestro, notaio fiorentino, procuratore di Guidotto di Francesco Monaldi e di Giuliano di Matteo di Pezzato fu ordinato, tramite un nunzio del Comune di Firenze, a Francesco e Niccolò del fu Paolo di Piccardo di lasciare i beni di Campiglia. ( Nota 31 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

Francesco presenta ricorso, ma nell’ottobre 1431 messer Antonio de Pensauro giudice collaterale del podestà di Firenze, Amicus della Turre, per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella dichiara che debbano essere confermate le sentenze emesse e le ordinanze di sgombero dei beni oggetto dell’ ordinanza.

 

Evidentemente la visita del Nunzio del Comune aveva reso i due fratelli consapevoli della gravità della controversia e aveva convinto Francesco a recarsi a Firenze per trovare un accomodamento con i creditori.

 

Nel novembre 1431 Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo di Pezzato da una parte e Francesco di Paolo di Piccardo, per sé e come procuratore del fratello Niccolò, dall’altra parte fecero una "composizione e concordia". Francesco promise di dare e solvere a Guidotto di Francesco Monaldi e Giuliano di Matteo di Pezzato la quantità di denaro summenzionata nei tempi e nei termini dell’accordo e le parti predette stabilirono che se non fossero soluti i debiti nei tempi stabiliti, i beni indicati nell’ordinanza sarebbero stati liberi per i detti Guidotto e Giuliano e di pertinenza di Guidotto e Giuliano con pieno diritto di proprietà.

 

 

Nota 32 : ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.

 

 

Nel 1433 Francesco, anche a nome del fratello Niccolò, presenta la dovuta portata al Catasto (33) Nota 33 : ASF Catasto 429

 

 

Quartiere di S. Spirito G. SCALA

Dinanzi a voi signori uficiali del chatasto sustanze encharichi di me francescho e nicholo di pagholo pichardi in per.a

 

 

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A Ghuidetto Monaldi e a giuliano pagati

f. 407 manno asserito non avere piu

di f. 209 ano una schritta di mia mano

de detto f. 407.-

overo chela di f. 525 chegliemo dati f.

118 resta f. 407 407

Donne loro di patto fatto lano f. 30

abatendomegli della soma

f. 591

 

 

 

I fratelli hanno iniziato a rifondere i vecchi soci dello zio e confidano nella pacifica risoluzione della vertenza, mantenendo l’impegno di pagare 30 fiorini l’anno. Si confonde nello spiegarlo, ma sembra che il senso sia questo. Una delle gelate che colpiscono abbastanza spesso quella zona ha bruciato gli olivi. Francesco insiste nel deprecare lo scarso rendimento dei terreni, ma si contraddice quando dichiara che non ha buoi né asini, e poi ne elenca uno insieme agli inseparabili maiali, mentre il ronzino non cè più.

 

 

 

PROCESSO PER TURBATA POSSESSIONE

 

 

 

Muore Guidetto Monaldi ed evidentemente salta l’accordo di rientro graduale concordato a suo tempo. Alla fine di Gennaio 1436, su istanza di Giuliano del fu Matteo di Pezzato per sé e come procuratore degli eredi del fu Giovanni di Pezzato, suo zio, e come procuratore dopo la morte di Guidotto di Francesco Monaldi di Firenze per parte di messer Bartolomeo, dottore in legge, giudice collaterale del podestà di Firenze per i quartieri di S. Giovanni e S. Maria Novella, tramite un nunzio del Comune di Firenze fu notificata la sentenza a Francesco e Niccolò, fratelli e figli del fu Paolo di Piccardo e alla moglie di Francesco e ad altri nominati nella notificazione sulla conferma dell’immissione ecc. e fu stabilito che gli stessi non stessero entrassero e vivessero sui predetti beni. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.)

Francesco e Biagia passano quattro giorni a guardare Giuliano Pezzati che si aggira da padrone sulle loro terre e a rimuginare su quello che ritengono un sopruso intollerabile, poi si convincono di dover reagire e, armati di forconi, assalgono e mettono in fuga Giuliano, il quale scappa a Firenze e si rivolge al capitano del Popolo per chiedere la condanna dei due aggressori. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg.)

Francesco e Biagia vengono convocati davanti alla giustizia per ben due volte, ma non si presentano. Vengono quindi condannati in contumacia da Giovanni degli Offreducci da Fermo, miles, conte e capitano.

La condanna è pesante, perché oltre alla pena pecuniaria, i due vengono banditi, ossia non potranno rientrare a Firenze né avere alcun contatto con la città. (ASF Capitano del Popolo 3244 Pag. 80 e segg. )

I documenti con la descrizione completa di questa vicenda giudiziaria li trovate in allegato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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