Diario fiorentino

 

 

Ricordo, questo dì 15 d'ottobre 1450, io Luca d'Antonio di Luca Landucci, cittadino fiorentino e d'età d'anni 14 incirca, andai a l'abaco a un maestro che si chiama Calandro: e inparai a lalde di Dio.

E a dì primo di giennaio 1452, mi posi a bottega a lo speziale con Francesco di Francesco, alla Scala, in Mercato vecchio.

E a dì 8 di febraio 1453, morì la madre d'Antonio mio padre, e fu seppellita in San Piero Maggiore.

E a dì 3 di novenbre 1454, prese la redità Antonio mio padre di sua madre, della quale redità abbiamo carta; e prese tutti sua beni e di villa e di Firenze, e in fra l'altre una casa ch'era a vita di lei e d'Antonio. Si fece un conpromesso in messer Otto Niccolini, ch'e frati di Cestello, a chi ella ricadeva, avessino a dare a Antonio lire 23 l'anno, durante la sua vita; e loro ripresono detta casa: e intanto che Antonio visse ce le dettono.

E di marzo 1458, si pose una gravezza che si chiamò Catasto, e posola nella Sala del Papa.

E in questi tenpi si cominciò la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore, e 'l palagio di Cosimo de'Medici, e San Lorenzo e Santo Spirito e la Badia d'andare a Fiesole, e molte case in verso le mura di verso San Bernaba e di verso Santo Anbruogio e in più lati.

E in questi tenpi vivevano questi nobili e valenti uomini: l'arcivescovo Antonino ch'uscì di San Marco, frate, e andò senpre vestito come frate di quell'Ordine di San Domenico, al quale si può dire beato; messer Bartolomeo de' Lapacci, vescovo e predicatore eccellentissimo sopra tutti gli altri ne' nostri dì; maestro

Pagolo medico, filosafo e astrolago e di santa vita; Cosimo di Giovanni de' Medici, el quale si chiamava da tutto 'l mondo el gran mercante, ch'aveva le ragioni per tutto l'abitato; non si poteva fare maggiore conparazione che dire: e' ti par essere Cosimo de' Medici: quasi dicendo: che non si poteva trovare el maggiore ricco e più famoso; Donatello scultore, che fece la sepoltura di messer Lionardo d'Arezzo in Santa Croce; e Disidero iscultore che fece la sepoltura di messer Carlo d'Arezzo pure in Santa Croce. Di poi venne su el Rossellino, un uomo molto piccolino, ma grande in iscoltura; fece quella sepoltura del Cardinale che è a San Miniato, in quella cappella a mano manca; maestro Antonio, sonatore d'organi, che passò ne' sua dì ognuno; maestro Antonio di Guido, cantatore inproviso, che ha passato ognuno in quell'arte; maestro Andreino degl'Inpiccati, pittore; maestro Domenico da Vinegia, pittore, veniva su; maestro Antonio e Piero suo fratello che si chiamava del Pollaiuolo, orafi, scultori e pittori; maestro Mariano che'nsegnava l'abaco; Calandro maestro d'insegnare l'abaco e uomo molto buono e costumato, che fu mio maestro.

E a dì 4 di settenbre 1462, mi parti' da Francesco di Francesco speziale al Sole, che mi dette, el sezzo anno, di salario, fiorini 50, e feci conpagnia con Ispinello di Lorenzo, e la speranza del maggiore bene mi fece perdere el bene certo. E aprimo lo speziale del Re in Mercato

vecchio, ch'era un rigattiere, ch'erano tetti bassi: e alzamo la casa e spendemo un tesoro, benchè fussi contro a mia voglia lo spendere tanto, facemo ogni cosa sanza masserizia: uno armario che costò 50 fiorini d'oro. E veduto le spese grandi, e che 'l detto Spinello non aveva danari e ch'egli era in mal luogo, e come io avevo già speso 200 fiorini d'oro de' mia, e de' sua non si vedeva ancora danari, avàmo a mettere del pari: feci pensiero di tormi dalla 'npresa più presto ch'io potessi. E a dì 27 di luglio 1463 fumo d'accordo di dividerci, e dissigli: io ti vorrei lasciare ogni bene e male ch'è in questa bottega, sanza rivedere conti niuno, e che mi tocchi di guadagno l'anno fiorini 50 d'oro del tenpo ch'i ci starò; e che tu mi rendessi e' mia danari ch' i ci ò già messo. E' non bisognò altri mezzani. Disse: sia fatto; ma e' bisogna che tu mi facci tenpo parecchi mesi: e io fu' contento, dandomi soficenti malevadori, di fiorini 200 d'oro, che mi dette Lorenzo suo fratello e maestro Lorenzo del maestro Lionardo. Partìmi a dì 10 di dicenbre 1463 e mercatai la bottega di San Pulinari; e poi non fumo d'accordo, riparàmi con Giovanni da Bruscoli, ch'aperse l'Agnusdeo, e dettemi fiorini 36 l'anno, tanto ch'io conperai a' Tornaquinci, a dì primo di settenbre 1466.

E a dì 10 d'aprile 1465, andò una fanciulla a giustizia, ch'era figliuola di Zanobi Gherucci, la quale ucise una banbina di Bernardo della Zecca, orafo, per torgli un vezzo di perle e certi arienti aveva al collo, e gittolla in un pozzo: andò in su' n uno carro, e fugli mozzo la testa.

E a dì 17 d'aprile 1465, passò per Firenze un figliuolo

di don Ferante Re di Napoli, e andava a Milano per la figliuola del Duca di Milano per menarla a marito a un suo fratello. Aveva 12 o 13 anni questo garzonetto. Fugli fatto un grande onore, e aloggiò in Santa Maria Novella. E poi tornò colla donna pure per Firenze, con grandissima copia di signori e duchi, co molta cavalleria e in fra l'altre cose tante damigelle e matrone, ch'era una cosa magna.

E in questi dì fu trovato uno che falsava e soldini ch'erano d'ariento, fatti di nuovo, e fugli tagliata la testa.

E a dì primo di dicenbre 1465, si fece isquittino in Palagio, quando Nicolò Soderini era Gonfaloniere, el quale fece tornare la gabella del vino a soldi 14. Fu benedetto dal popolo.

E a dì 12 di giennaio 1465, venne una piena in Arno, la notte, sanza essere piovuto una gocciola, e furono le nevi che si strussono in un tratto, per modo ch' egli entrò per Firenze e alagò insino al Canto a Monteloro, in modo che s'andava in su l'aqua colle panche della predica di Santa Croce insino a Monteloro. E andò l'aqua alla Piazza del Ctrano più su che mezzo l'uscio dello speziale, e insino passato el Palagio del Podesta. Traboccava Arno dirinpetto a messer Bongianni sopra le sponde, e enpiè el Prato e la Via della Scala. Moricci di molte mule e cavagli per le stalle; e tutti e vini andorono le botte a galla, massime inverso l'Arno. Venne inproviso.

E a dì 24 di maggio 1466, tolsi donna, in sabato, la vilia dello Spirito Santo, una figliuola di Domenico di Domenico Pagni, ch'à nome Salvestra. Ebbi di dota fig rini 400 in sul Monte, col nome di Dio.

E a dì 5 di luglio 1466, gli detti l'anello in domenica sera, rogato ser Giovanni di Francesco di Neri.

E a dì 27 di luglio 1466, menai la donna, in domenica sera, in ca' detto Domenico. Ebbi di donora:

Un sacco isbiadato, maniche strette, ricamato con perle.

Una gamurra pagonazza, con maniche di broccatello.

Un gamurrino bianco.

24 fazzoletti in filo da mano.

6 sciugatoi in filo.

24 benducci da lato.

8 camice a mezze mandorle, nuove.

12 cuffie.

Una fetta bianca, con arienti.

3 berrette di più ragioni.

Un borlotto verde, con arienti.

Un ogaraiuolo, con perle.

Furono stimate da due rigattieri, fiorini 38 di suggello.

E più farò ricordo delle spese farò di mio.

Una fetta per la cintola e arienti e doratura, in

tutto ......L.

Per once una di perle, per fruscoli,

fiorini 6 d'oro . . . . . . . . . L. 27 –

Una brocchetta, fiorini 3 d'oro . . L. 16 16 –

Un paio di coltellini, fiorini 2 d'oro... L. 11 4 –

Un frenello di perle, fiorini 10 d'oro ....e soldi 5 ... L. 45 5 –

Uno vezzo perle 120, fiorini . . . L. 40 4 –

Per denari 6 di perle, fiorini 1 soldi 10. L. 6 2 –

Per fornitura de'fruscoli. . . . . L. 1 15 –

Per denari 6 di perle, fiorini 1 soldi 15. L. 6 7 –

Per rascia, per la giornea . . . . L. 17 15 –

Per boccaccino, per la giornea. . . L. 12 –

Per once una di perle, per la giornea, fiorini 5 soldi 15 . . . . ..... L. 26 – –

Per once una d'oro filato, per la giornea... L. 5 2 –

Per un nastro da volgere e capegli .. L. 2 14 –

Per denari 6 di perle......L. 3 8 –

Per un pezzo di nastro .....L. 1– –

Per seta, per la giornea . . . . L. – 6 –

Per panno, per la doppia della giornea L. 1 4 –

Per fornitura della giornea.... L. – 9 –

Per drappo, per collari.. . . . . L. 1 12 –

Per ariento e seta, per la giornea. . L. –15 –

Per drappo, per la cotta di zetani, chermisi, fiorini 26 d'oro e soldi 6. . . . L. 151 10 –

Per valescio, per la cotta . . . . L. 5 8 –

Per oro fatto brucioli, per la giornea L. 1 15 –

Per fattura delle canpanelle . . . L. 2 – –

Per seta azurra e un cuoio. . . . L. – 7 –

Per guarnello, per la cotta . . . . L. –18 –

Per fattura della cotta, a Lorenzo sarto L. 5 12 –

Per ismalti, per tramezzare el vezzo. L. 2 3 –

Per maglie, per la cotta. . . . . L. 1 2 –

Per nastro d'oro, per la cotta. . . L. 1 13 –

Per la doppia, per la cotta.... L. – 15 –

Per panno lino, per la cotta . . . L. 1 13 –

Per banbagia, per la cotta.... L. – 2 –

Per valescio rosso, per la cotta . . L. – 9 –

Per un segnaletto d'oro, per la cotta L. 2 – – Per cordelline, per la cotta.... L. –10 –

Per grillo della giornea ......L. 1 10 –

Per un balascio, per pendente. . . L. 1 5 –

Per seta azzurra, per la giornea. . – 6 –

Per penerata azzurra, per le nappe della .....giornea.... L. – 7 –

Per ermellini, per gharzo della cotta. L. 8 – –

Per la frangia, per la cotta . . . L. 2 16 –

Per la frangia della giornea.... L. 4 4 –

Per cordelline, per la cotta.... L. – 2 –

Per nastro, per orlare la giornea . L. – 4 –

Per 7 brucioli d'oro, per collare. . L. 1 12 –

Per fibbie, per collari della giornea... L. 4 17 –

Per senseria a Tommaso di Currado L. 12 14 –

Per uno diamante, fiorini 2 d'oro e grossi 2 .....L. 11 15 –

Per uno zaffiro, fiorini 2 e mezzo d'oro. L. 13 19 –

Per uno rubino, fiorini 1 1/2 d'oro . L. 8 8 –

Per un anello si ruppe, di perdita . L. 1 3 –

A Lorenzo sarto.......L. 1– –

Per fornitura del pendente.... L. – 14 –

Morissi la mia sopradetta donna e cara conpagna e tanta buona e virtuosa che non aveva pari: la quale in 48 anni stata meco, non mi fece mai adirare co lei. À fatto 12 figliuoli; e al presente me ne lascia 4 maschi e 3 femmine, una, monaca in Fuligno, e due in casa. A lalde di Dio.

Egli è stato ne' mia dì questi Papi, bench'io non abbi e dì della loro creazione.

Papa Ugenio, si partì di Firenze circa 1440, avevo anni quattro.

Papa Niccolaio fu dopo lui. Al tenpo di Ugenio fu fatto Papa Felice ..... per concilio, e stettono.....

Papa Calisto fu dopo lui.

Papa Pio sanese.

Papa Pagolo.

E a dì primo di settenbre 1466, conperai la bottega dello speziale di sul Canto de' Tornaquinci; a dì 4, ebbi le chiavi.

E a dì primo di settenbre 1466, si fece el parlamento in Piazza, e fu grande remore nella città: più volte si serrò le botteghe per pagura d'andare a sacco. Fu cacciato Niccolò Soderini, messer Dietisalvi e messer Luca Pitti, ch' erano e capi contro a Piero di Cosimo de' Medici, el quale vollono amazzare, venendo da Careggi. E non riuscendo loro, furono cacciati molti cittadini di questa congiura, e confinati e amuniti circa 27 cassati scritti qui in una carta rimessa nel libro; eccetto che messer Luca Pitti; perchè feciono un parentado che Messere dette per donna una sua figliuola a Giovanni Tornabuoni, e imparentati insieme, non ne fu mandato: lui rimase amico e con buona pace.

E a dì 23 di novenbre 1466, menai la donna mia a casa mia.

E a dì 12 di luglio 1467, tornai in casa Domenico mio suocero.

E a dì 27 d'aprile 1468, ci fu nuove che la pace era fatta a ore 15 in circa. Fecesi festa assai di fuochi, serossi le botteghe.

E a dì 15 di luglio 1468, si puose una gravezza che si chiamò la Ventina: andò poco inanzi. Posono poi Catasto, 1469.

E a dì 17 di settenbre 1468, andorono in su 'n uno carro 8 uomini, e furono inpiccati, perchè vollono tradire Castiglione di Marradi.

E a dì 15 d'aprile 1470, venne presi da Prato 15 uomini che volevano dare Prato, e furono inpiccati.

E a dì 26 di maggio 1471, conperai de' primi zuccheri della Madera che ci venissino mai; la quale isola fu dimesticata pochi anni innanzi dal Re di Portogallo, e cominciato a farvi e zuccheri; e io ebbi de' primi che ci venissino.

E a dì 27 di maggio 1471, si tirò su la palla di rame dorata in su la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore, in lunedì.

E a dì 30 detto, posorono la croce in su detta palla, e andorovi su e calonaci e molta gente, e cantoronvi el Taddeo.

E a dì 28 di luglio 1471, ci fu nuove come papa Pagolo era morto, e morì a' dì 26 detto 1471, in venerdì notte poco innanzi dì.

E a dì 9 d'agosto 1471, fu creato papa Sisto quarto. Fu da Savona: era frate di San Francesco e Generale dell'Ordine; poi fu fatto Cardinale da papa Paolo e al presente fatto Papa. Fu creato in venerdì, la vigilia di San Lorenzo, e nel dì di San Sisto fu coronato.

E a dì 23 di settenbre 1471, si partì di Firenze sei inbasciadori al detto Papa, che fu Lorenzo de' Medici e messer Domenico Martegli, messer Agnolo della Stufa, messer Bongianni Gianfigliazzi e Piero Minerbetti e Donato Acciaiuoli, a visitare el detto Papa; e el detto Papa fece cavaliere Piero Minerbetti e tornò cavaliere.

E a dì 22 d'ottobre 1471, si vinse in Palagio che non si mercatassi più a fiorini di suggiello, facessisi a fiorini larghi di grossi, a lire 5, soldi 11 per fiorino di grossi a venti quattrini el grosso; e che fussino fermi a 20 per cento meglio, e più si vinse che si vendessino e beni della Parte.

E a dì 27 d'aprile 1472, ci fu come Volterra s'era ribellata di fatto, si mandò fanti.

E a dì 6 di maggio 1472, ci venne el Vescovo di

Volterra inbasciadore e non fece nulla. E a dì 7, si caricò le bonbarde per là. E a dì 10 detto, vi giunse el Conte d'Urbino colla giente d'arme; e insino a dì 19 detto, presono tutte le loro castella; e a dì 24 detto presono di molti prigioni di que' drento e tolsono loro la bastia. E a dì primo di giugno, ci venne inbasciadori a chiedere acordo, e quasi erano d'acordo; e giunti là fu guasto ogni cosa. E insino a ora avevano rotte due bonbarde. E a dì 8 di giugno, mozzorno la testa a uno de' Bartolini; e a dì 9 detto, ruppono un altra bonbarda.

E a dì 18 di giugno 1472, ci venne el cavallaro coll'ulivo, che s'era avuta a patti, salvo l'avere e le persone. Fecesi festa assai; e come furono drento, comincia un loro conestabole, ch'era viniziano, a gridare sacco, e' nostri entrorono drento e mandorola a sacco; e non si potè riparare nè osservare loro e patti. El Conte fece inpiccare quello viniziano e un sanese. Nondimeno e poveretti andorono male. El Conte venne in Firenze a dì 27 di giugno 1472; fugli donato la casa del Patriarca, una bandiera, due bacini, due mescirobe d'ariento, di lire 180 e uno elmetto. Andossene a dì primo di luglio 1472.

E a dì 2 di giugno 1473, si tirò in sul canpanile di Santa Maria del Fiore una canpana, la più grossa che vi sia, fatta di nuovo.

E a dì 5 di luglio 1473, andò a morire un Lazzerino del Mangano e fugli mozzo la testa; el quale fece questa cattività: tolse una fancelletta di circa 12 anni e viololla in tal modo ch'ella morì; e poi la sotterrò fuor della Porta alla Giustizia. E di poi fu trovata perch' e cani la scopersono. Mandando più bandi, non si poteva

trovare; esendo preso, per altro, confessò tale eccesso; che ci andò anni di tenpo.

E a dì 18 di luglio 1473, ci fu come a Roma era morto u' nostro Arcivescovo ch'era de' Neroni di Firenze, e fu dato al Cardinale di San Sisti, ch'era chiamato frate Piero.

E a dì 11 di dicenbre 1473, fu in Camaldoli, in casa una poveretta, ch'aveva parecchi fanciulle da marito, e raccomandandosi a' loro Crocifisso in casa vidono sudarlo, e, dicendolo in vicinanza, vi cominciò andare giente, e sentendolo e frati del Carmino v'andorono e tolsolo con divozione, e posolo in uno tabernacolo in quella Cappella della Croce, e fu in divozione.

E a dì 25 di settenbre 1474, ci fu una lettera di mano di Matteo Palmieri, ch'era capitano di Volterra, la quale vidi io e lessila; la quale conteneva questa maraviglia, che in questi dì era nato là, in quello di Volterra, un fanciullo, cioè un mostruo, ch'aveva el capo di bue, e aveva tre denti, con un vello di peli nella testa, a uso d'un corno; e in sul capo aveva aperto come una melagrana che pareva che n'uscissi razzi di fuoco. Di poi le braccia aveva pilose tutte, co' piedi di lione e cogli unghioni di lione. El corpo colla natura sua aveva di femina umana; e 'l resto delle ganbe e insino a' piedi, aveva di bue come 'l capo. E visse circa di 3 ore. La madre morì el quarto dì. Le donne che lo levorono e che v'erano intorno tramortirono di paura. E questo fu

manifesto al detto Matteo, perchè gli fu presentato innanzi come cosa spaventevole. El detto Matteo capitano di Volterra scrisse qui a Firenze di sua mano; e io copiai la detta lettera, le parole formali, non levai ne' posi nulla alla lettera di Matteo. E perchè el detto Matteo era conpare di mio padre e battezzomi lui, e benchè fussi diritta a altri cittadini, mi vene nelle mani la propia lettera.

E a dì primo d'aprile 1475, fu preso un garzonetto d'anni 23 in circa, contadino di quassù di verso le Sieci, el quale, la notte della Pasqua di Resurresso, si rinchiuse in Santa Maria del Fiore, e albergò sotto l'altare di Nostra Donna di verso la calonica; la mattina la rubò, tolse certi arienti, di braccia, ganbe e occhi, e in maggiore dispregio vi fece suo agio. E nota se questo pazzerello sarebbe stato de' fini, che 'l giovedì santo fu lasciato dal Capitano per ladro. El sabato poi fu inpiccato quivi dal canpanile. Onne fatto ricordo più per questo che degli altri, perchè essere cavato di prigione el giovedì, e la domenica fare un tale eccesso.

E a dì 7 di maggio 1475, io Luca Landucci andai a Roma per giubileo, e menai meco una mia suocera; e penamo, tr' andare e tornare, 15 dì.

E a dì 29 di dicenbre 1476, ci fu come el Duca di Milano fu tagliato a pezzi e morto da un suo cittadino chiamato Giovanni Andrea el quale si mosse per certe ingiustizie gli vedeva fare. Si misse alla morte per popolo, per zelo del bene comune. Furono parecchi congiurati; e 'l primo che gli dette fu questo Giovanni Andrea, el quale finse porgiergli una lettera con una mano e co l'altra gli dette con uno coltello. Feeiono come

Scevola romano, ch'ànno messo la vita per la vita. Molto tardi si truova simili uomini. E questo credo che conduchino e peccati per permissione divina. E questo fu el dì di Santo Stefano, in chiesa, quando udiva messa. E volendo fuggire fuora, non poterono, per popolo grande, e massime le donne che inpaniorono co' panni in modo ch'e Baroni del Duca, e massime un certo Ghezzo che gli stava a lato, dettono e ammazzorono el detto Giovanni Andrea. E 3 altri furono presi e inpiccati. Alcuni dissono qui, che gli avevano fatto isquartare a 4 cavagli que' tre che presono.

E a dì 15 di giennaio 1476, ci fu come el Duca di Borgogna fu morto da' Svizzoli, nella guerra faceva a detti Svizzoli; e sconfitta tutta la sua giente in tal modo che non si seppe mai dove si fussi detto corpo del Duca, e non fu mai ritrovato; in modo che gli era in oppinione che non fussi morto, ma fussi trafugato e che gli avessi un dì a uscire fuora. Questo duca di Borgogna fu tenuto un crudele uomo, per modo che gli era in pubrica boce e fama, che gli era lui in ponente e 'l Gran Turco in levante, che si dilettavano del sangue dell'uomo, che feciono [con] infinite crudeltà straziare gli uomini. El Signore alle volte gli leva di terra. La morte di questo Duca fu maravigliosa, perchè era con tanta giente che non poteva perdere, che loro erano a petto a lui niente. Ma perchè non voleva da'loro patto veruno, e come disperati, si comunicorono e uscirono fuori con una bandiera dipintovi drento una Nunziata, raccomandandosi alla Nunziata di Firenze; e andorono poca giente contro alla gran giente, e vinsono, come piaque al Signore, per miracolo della Nunziata di Firenze. E nota che gli arecorono quella propia bandiera, con che vinsono, alla Nunziata qui di Firenze; la quale vidi io

a'Servi, e tutto 'l popolo, e ancora v'e a' Servi, e molti altri doni.

E a dì 7 di giugno 1477, rincarorono la gabella del vino, dove pagava soldi 14 la missono a soldi 20, e promissono che non s'intenda per più che 5 anni.

E in questo tenpo fu finito la cupola de'Servi.

E a dì 15 d'agosto 1477, serròno 4 porti di Firenze, la prima Sa' Miniato, la seconda la Giustizia, la terza Pinti, la quarta la Porticciuola delle mulina.

E a dì 15 di giennaio, fece Papa Sisto parecchi Cardinali; ne fece uno a lo 'nperadore. E fece che si guardassi la festa di San Francesco come le feste comandate.

E a dì 25 di marzo 1478, avemo dal Santo Padre una indulgienzia plenaria in Santa Maria del Fiore per un dì, dal primo vespro de' 24 di marzo insino a l'altro vespro de' dì 25 di marzo 1479 (sic), el quale si prese con grande devozione. E fu la causa frate Antonio da Vergiegli che predicava questa quaresima in Santa Maria del Fiore, e fece frutto assai.

E a dì 25 di marzo 1478, si diliberò una leggie in Palagio che niuno ammazzassi l'uomo non potessi tornare mai a Firenze.

E a dì 26 d'aprile 1478, circa ore 15, in Santa Maria del Fiore, quando fu celebrato la messa grande, e levato el Signore, fu morto Giuliano di Piero di Cosimo de' Medici e Francesco Nori, intorno al coro di detta chiesa di verso la porta che va a' Servi; e Lorenzo de' Medici fu ferito nel collo e fuggissi in sacrestia e non ebbe male. Furono morti da una certa congiura fatta da messer Iacopo de' Pazzi e Francieschino de' Pazzi e Guglielmo de' Pazzi, el quale Guglielmo era cognato di Lorenzo de' Medici, cioè aveva per donna una loro sorella, ch'aveva nome la Bianca. E fucci e figliuoli di messer Piero de' Pazzi. cioè Andrea e Renato e Niccolò, e la Casa de' Salviati, che fu messer Francesco vescovo

di Pisa e Iacopo Salviati ch'era gienero di Filippo Tornabuoni, e un altro Iacopo pure de' Salviati, e Iacopo di messer Poggio [Bracciolini e Bernardo] Bandini della casa de' Baroncegli, e Amerigo Corsi e molti altri. La quale congiura condussono qui el Cardinale di San Giorgio, el quale era giovanetto; el quale entrò in Firenze el sopradetto dì e venne insieme in detta Santa Maria del Fiore, e, come ò detto, levato el Signore, missono mano alle spade, e dettono a Giuliano, che fu Francesco de' Pazzi, l'altro quello de' Bandini, si disse. E morto Giuliano, vollono fare el simile a Lorenzo, e non riuscì loro, si fuggì in sacrestia. In questo tenpo, el vescovo de' Salviati, con Iacopo di messer Poggio, e due sua parenti ch' avevano nome Iacopo tutti a due, andorono in Palagio, con alquanti preti, fingiendo volere parlare alla Signoria, e parlo col Gonfaloniere, e nel parlare alquanto isbigottì. El Gonfaloniere s'avide di tradimento, e chi si serrò di qua e chi di là, e serrorono gli usci, e feciono sonare a parlamento. E tra 'l romore che venne di Santa Maria del Fiore della morte di Giuliano, e del sonare di Palagio, imediate fu la città in arme. E fu menato Lorenzo de' Medici a casa sua. E in questo tenpo, messer Iacopo de' Pazzi corse a cavallo in verso la Piazza de' Signori, gridando Popolo e libertà, per pigliare el Palagio; e, non sendo riuscito al Vescovo di pigliare el Palagio, non ebbe l'entrata. Andossene verso casa sua, e fu consigliato se n'andassi con Dio, e fuggissi per la Porta alla +, insieme con molti fanti e con Andrea de' Pazzi. In questo tenpo fu

tutta la città in arme, in piazza e a casa Lorenzo de' Medici. E fu morto in piazza una brigata d'uomini di quegli della parte della congiura, e gittati dalle finestre de' Signori in piazza, vivi: infra gli altri, un prete del Vescovo fu morto in piazza, e isquartato e levatogli la testa, e per tutto 'l dì fu portata la detta testa in su 'n una lancia per tutto Firenze, e straccinato le ganbe e un quarto dinanzi, con un braccio, portato in su 'n uno spiedo per tutta la città gridando senpre: Muoino e traditori. In questa medesima sera, el Cardinale fu menato in Palagio, ch' appena gli fu salvata la vita nell'andare, e tutta sua brigata presi, che non ne scanpò niuno. El Vescovo rimase preso in Palagio con tutto 'l resto. E per questa sera inpiccorono Iacopo di messer Poggio alle finestre del Palagio de' Signori, e così el Vescovo di Pisa e Franceschino de' Pazzi ingnudo, e circa di 20 uomini, tra 'l Palagio de' Signori e del Podestà e del Capitano, tutti alle finestre. Poi l'altro dì 27, inpiccorono Iacopo Salviati gienero di Filippo Tornabuoni, e l'altro Iacopo Salviati, pure alle finestre, e molti altri della famiglia del Cardinale e del Vescovo. E l'altro dì 28 d'aprile 1478, venne preso messer Iacopo de' Pazzi, che fu preso nella Falterona, con nove sua fanti, da que' di Castagno, e da altri; e fu ancora preso a Belforte Renato de' Pazzi. E in questa medesima sera de 28 dì d'aprile, circa a ore 23, fu inpiccato alle finestre del Palagio de' Signori, sopra la ringhiera, messer Iacopo de' Pazzi e Renato de' Pazzi e molti altri loro fanti, in tanta copia, che per questi 3 dì furono più di 70 uomini. El Cardinale rimase preso in Palagio, e no' gli fu fatto villania, se non che gli feciono scrivere di sua mano, al Santo Padre, di tutte le dette novità. E in questo dì e prigioni delle Stinche attesono a ronpere le Stinche, e

andoronsene tutti, ecetto ch'uno isventurato, che fu preso e inpiccato cogli altri.

E a dì 29 detto, si posò un poco e quietò, sanza più sangue; ma pure gli uomini erano ismarriti di timore.

E a dì 30 detto, fu l'Ascensione, e fecesi l'ossequio di Giuliano fratello di Lorenzo de' Medici, in Sa' Lorenzo.

E a dì primo di maggio 1478, entrò la Signoria nuova.

E in questa sera venne preso Andrea de' Pazzi e 'l Brigliaino.

E in questa sera, tornando da Pisa, messer Piero Vespucci fu preso e menato in Palagio, perchè dissono ch'egli aveva fatto fuggire uno ch'era colpevole al trattato.

E a dì 3 di maggio 1478, circa a ore 18, fu preso nella Badia di Firenze un prete, ch'era cancelliere di messer Iacopo de' Pazzi, e un altro con lui, da Volterra, ch'erano stati nascosti insino a questo dì, dal caso in qua.

E in questa sera, fu inpiccato el Brigliaino e uno cancelliere del Cardinale, pure alle finestre; e, quando tagliavano e capresti, gli facevano cadere giù in sulla ringhiera. S'azzuffavano e fanti per rubare le calze e' farsetti.

E a dì 4 di maggio detto, fu inpiccato el sopradetto prete e 'l Volterrano, che furono presi in Badia, al Palagio del Podestà; e più fu tagliato la testa a

Giovanbatista conte da Montesecco, in sulla porta del Podestà, pe' medesimo caso.

E a dì 5 di maggio 1478, si vendette a lo 'ncanto, e cavagli e' muli di questi messer Iacopo e degli altri.

E a dì 9 di maggio detto, ci venne l'anbasceria del Papa, e finalmente, dopo pochi dì, rimandorono la detta anbasceria, e non renderono el Cardinale che volevano rimenare. E in questi dì, feceno molti provigionati in piazza e un Bargiello ch'andava per la cittè dì e notte, e le guardie de' cittadini tutta la notte. Non era chi andassi fuora da l'un' ora in là, nè piccolo nè grande; non si sentiva un motto per la città, la notte, e non si portava arme.

E a dì 15 di maggio 1478, fu disotterrato messer Iacopo de' Pazzi, di Santa +, e sotterrato lungo le mura di Firenze, tra la Porta alla Croce alla Porta alla Giustizia, drento.

E a dì 17 di maggio 1478, circa a ore venti, e fanciugli lo disotterròno un'altra volta, e con un pezzo di capresto, ch'ancora aveva al collo, lo straccinorono per tutto Firenze; e, quando furono a l'uscio della casa sua, missono el capresto nella canpanella dell'uscio, lo tirorono su dicendo: picchia l'uscio, e così per tutta la città feciono molte diligioni; e di poi stracchi, non sapevano più che se ne fare, andorono in sul Ponte a Rubaconte e gittorolo in Arno. E levorono una canzona che diceva certi stranbotti, fra gli altri dicevano: Messer Iacopo giù per Arno se ne va. E fu tenuto grande miracolo,

la prima ch'e fanciugli sogliono avere paura de' morti, e la seconda si è, che putiva che non se gli poteva apressare; pensa, da' 27 dì d'aprile insino a' 17 di maggio se doveva putire! E bisognò che insino colle mani lo toccassino a gittarlo in Arno. E sì del vederlo andare a galla, chè andò insino disotto a Firenze, vedendolo tutta volta sopra l'aqua, erano pieni e ponti a vederlo passare giù. E un altro dì, qua giù in verso Brozzi, e fanciugli lo ritrassono fuori dell'aqua, e inpiccorolo a un salcio, di poi lo bastonorono, di poi pure rigittato in Arno. E dissesi ch'era stato veduto passare tra' ponti di Pisa, ch'andava senpre a galla.

E a dì 19 di maggio 1478, mandorono Andrea de' Pazzi, con due sua frategli minori, in una prigione nuova, in uno fondo di torre a Volterra.

E a dì 20 di maggio 1478, Guglielmo de' Pazzi sodò di stare a' confini; e fu mandato in villa sua e quivi confinato fralle 5 miglia e le venti. E messer Piero Vespucci fu messo nelle Stinche, per senpre; ch'aveva fatto fuggire uno certo Napoleone Francesi, ch'aveva el bando dietro, perchè era in detta congiura di messer Iacopo.

E a dì primo di giugno 1478, si vendevano e panni e masserizie a lo 'ncanto, di detti Pazzi e altri, sotto el Tetto della Zecca, ch'enpievano da l'un lato a l'altro, ch'erano molte ricche.

E a dì 5 di giugno 1478, fu licenziato el Cardinale.

E a dì 7 detto, fu acconpagniato, di fuori del

Palagio, dagli Otto e molti cittadini, insino alla Nunziata; aveva grande paura di non essere morto dal popolo. E in detto dì, ci fu come el Papa ci scumunicava.

E a dì 12 di giugno 1478, si partì di Firenze el Cardinale.

E a dì 13 di giugno 1478, si vinse in Consiglio di porre molte gravezze, Sesti, Decime; e a' preti 50 mila fiorini.

E a dì 2 di luglio 1478, ci venne lo 'nbasciadore del Re di Francia.

E a dì 5 di luglio 1478, si fece la festa di San Giovanni, la quale avevano lasciata nel dì suo, e fecesi molto bella di difici, processione; corsesi el palio, e girandola e tutto spiritegli, giganti e molte belle cose, come se fussi stato el dì propio.

E a dì 10 di luglio 1478, ci venne un altro inbasciadore del Re di Francia, ch' andava al Papa, e alogiorono in casa Giovanni Tornabuoni.

E in questi dì vennono e cavagli del Duca di MiIano per la via di Pisa, e passorono da Poggibonizi, e quegli del Re ch'accostavano tuttavolta.

E a dì 13 di luglio 1478, ci mandò el Re di Napoli un tronbetto colla tronba spiegata, co l'arme del Re, e andò alla Signioria a notificare la guerra, mandando a dire che, lui e 'l Santo Padre, ci farebbe ogni pace e piacere se Firenze mandassi via Lorenzo de' Medici: la qual cosa non fu consentito da' cittadini, onde poi ci fu mosso guerra.

E a dì 19 di luglio 1478, e Sanesi scorsono in sul nostro e predorono roba e prigioni, e presono Calciano, a dì 22 detto.

E a dì 23 detto, presono Rincine e disfeciola e menorono uomini e femine, piccoli e grandi; e nostri ci facevano peggio di loro, atendevano a rubare per tutto la Valdelsa e feciono di grandissimi danni, per modo che ognuno isgonbrava per tutto e non si teneva sicuro niuno se none in Firenze; dipoi ognindì si faceva qualche scorreria; e' nimici scorsono a Panzano e ruborono e arsono.

E a dì 27 di luglio 1478, e nostri scorsono sopra Sanesi e ruborono e arsono le mulina e tolsono, in più volte più di 100 cavagli. E in questo tenpo e nimici avevano el canpo alla Castellina, e 'l nostro era in sul Poggio Inperiale. E in questi dì si mandò el canpo a Imola. Feciono nostro capitano el Marchese di Ferrara, dandogli 50 mila fiorini l'anno durante la guerra, e, non sendo guerra, 30 mila fiorini, e lui debbe tenere 1500 cavagli a sue spese.

E a dì 31 di luglio 1478, e nostri feciono una grande preda di verso Volterra. Chi cerca el male lo truova. E' furono poco intendenti a lasciarsi levare a cavallo a fare la guerra in su' loro, che toccherà a loro e due terzi di male, e' resto a noi; e 'l Re di Napoli e 'l Papa, che l'ànno ordinata, se ne passeranno di mezzo.

E a dì primo d'agosto 1478, e nimici presono Lamole e andorone presi più di cento persone, e tuttavolta bonbardavano la Castellina. L'ordine de' nostri soldati d'Italia si è questo: tu accendi a rubare di costà e noi faremo di quà; el bisogno d'accostarci troppo non

è per noi: lasciono bonbardare parecchi di un castello e non conparisce mai soccorso. Bisogna venga un dì di questi Tramontani che v'insegnino fare le guerre.

E a dì 10 d'agosto 1478, torno lo 'nbasciadore francioso e 'l fiorentino da Roma, con poco accordo e profitto.

E a dì 15 d'agosto 1478, se n'andò lo 'nbasciadore francioso; e in questi dì si perse la Castellina. E messer Niccolò Vitellozzi, in questo tenpo, atendeva là, e misse a sacco certi Castellucci di Città di Castello e arsevi drento uomini e donne e fanciugli con ogni crudeltà. Dipoi, messer Lorenzo di Città di Castello arse a noi, in quello d'Arezzo, certe nostre fortezze, e fece ei simile, arse degli uomini. Furono due uomini crudeli. Sogliono capitare male. E piatosi non capitorono mai male. Così si leggie nella Santa Scrittura.

E a dì 18 d'agosto 1478, si perdè la Castellina, scanpò le persone.

E a dì 19 d'agosto 1478, fu inpiccato un contadino alla giustizia, e fu spiccato per morto e posto nella bara, e venuto al Tenpio si risentì e non era morto. Lo portorono a Santa Maria Nuova; dipoi morì infra pochi dì. Lo vide tutto Firenze.

E a dì 19 detto, andò el canpo de nimici a Radda e a Panzano.

E a dì 20 detto, bonbardorono tuttodì e detti castegli.

E a dì 21 detto, ci venne un commessario viniziano che soldava per noi 3000 fanti pagati da loro.

E a dì 22 d'agosto 1478, venne una scorreria de' nimici insino al Ponte a Grassina e menoronne un fabro e altri assai.

E a dì 24 d'agosto 1478, venne un sospetto verso Rovezzano, e sonovvi a martello, e fuggì drento in Firenze ogni persona colla roba, per la porta alla +, che pareva veramente che fussi perduto lo stato. Mai si vide una tale cosa di paura, in modo che ogniuno era avilito. Non si tenevano sicuri in Firenze, con grandissimo disagio e danno de' poverini.

E a dì detto, si perdette Radda e missono a sacco e arsono assai.

E a dì 25 d'agosto 1478, fu inpiccati 3 che furono presi fuori della Porta a Sa' Niccolö ch' andavano robando sotto spezie de' nimici, e foro quegli che dettono tanto terrore, che feciono isgonbrare fuori della Porta alla +: costoro erano fiorentini.

E a dì 27 d'agosto 1478, si perdè Meletuzzo e San Polo, che vi fu trattato del conestabole che v'era drento.

E a dì detto, fu preso Pretone e 'l fratello conestabile di Radda, e Iacopo Vecchietti, che v'era comessario; e mandati alle Stinche perchè si disse che gli avevano traditi gli uomini di Radda. Venne anche preso uno di que' di San Polo ed ebbe della fune.

E a dì 2 di settenbre 1478, ci fu come a Vinegia si scoprì trattato, e che mozzorono la testa e inprigionorono alcuni.

E a dì 7 di settembre 1478, venne in Firenze el capitano nostro, ch'era el Marchese di Ferrara, entrò in Firenze in lunedì, circa a ore 22, con una grande conpagnia di balestrieri a cavallo, e scoppiettieri, e

fugli fatto un grande onore, e messo in casa che fu già sua. Aveva circa 50 muli carichi di cariaggio, e stette qui in Firenze insino a dì 12 detto, e prese el bastone, e andò in canpo, detto dì in sabato.

E a dì 14 di settenbre 1478, si perdè Brolio per forza. E in questo dì morì uno di morbo nella casa del Capitano, in prigione, el quale v'era per la vita, e funne cavato uno amalato, da quegli ch'erano sopra el morbo, e portato nello Spedale della Scala, dove si portavano gli altri amorbati. E in questo tenpo ci faceva danno assai el morbo in modo che fu otta che n'era amalati in quello spedale 40, o più, e morivano quando 7, o quando 8 per dì, e già vi fu dì d'undici, e anche per la terra, che non andavano allo spedale.

E a dì 25 di settembre 1478, si perdè Cacchiano e arsòlo.

E a dì detto, si mandò le bonbarde a Casoli di Volterra, e andòvi el canpo nostro: non andorono mai a soccorrere que' che si perdevano.

E a dì 29 detto, si riebbe Castelnuovo. E in questo tenpo ci era amalati di morbo, tra la terra e lo spedale, 60 o 70, e anche cominciava nel canpo.

E a dì 29 di settenbre 1478, andò el canpo de' nimici al Monte a Sansovino. Si cominciorono un poco a scostare.

E a dì 5 d'ottobre 1478, andò el canpo nostro a canpo a Casoli.

E a dì 6 detto, venne presi qui sei sanesi, che ve n'era uno ch' andava podestà di Castelnuovo, el quale s'era riavuto.

E in questi dì era amorbati allo Spedale della Scala circa 100, e per Firenze molte case, e, infra l'altre fu trovato uno morto in Santa Maria Novella, di morbo, in su 'n una di quelle panche.

E a dì 11 d'ottobre 1478, fu trovato un fanciullo amorbato in su la porta dello Spedale di San Pagolo, e non si trovava chi lo portassi allo Spedale della Scala.

E in questi dì, e nimici bonbardavono el Monte a Sansovino.

E a dì 14 d'ottobre 1478, una donna amorbata andava a la Scala; e servigiali se gli feciono inanzi e piglioronla sotto le braccia, e quando fu allo Spedale del Porcellana, cascò morta; i' modo che la morìa si poteva dire grande.

E a dì 20 d'ottobre 1478, si fece una tregua col canpo de'nimici per 8 dì, a disdire due dì inanzi. Non piaque agl'intendenti.

E a dì 31 detto si disdisse, e strinsono el Monte a Sansovino. E fu nel nostro carpo un trattato; e 'l capitano lo 'npiccò uno de' sua principali di canpo.

E a dì primo di novenbre 1478, furono cassi gli Otto che sedevano, e 'l notaio loro, perchè avevano arsi certi libri.

E a dì primo di novenbre 1478, si perdè el Monte a Sansovino; e dèssi a patti, salvo l'avere e le persone. E dissesi per ogniuno che se non si faceva la triegua, ch'egli era rotto el canpo de'nimici, che non aveva rimedio, perchè era assediato di vettovaglia e non poteva durare 3 dì, ch'egli era spacciato; e 'l nostro

canpo non volle mai andare a trovare e nimici. Donde si venissi el male, ogniuno si maravigliava che non si seguitassi la vittoria, ch'avàno un grande onore.

E a dì 14 di novenbre 1478, venne preso da Pistoia un padre e un figliuolo per un trattato. Ebbono della colla.

E a dì 15 di novenbre 1478, cavorono messer Piero Vespucci delle Stinche, e mandorolo al Podestà; e nel detto di lo missono nelle Stinche, a qualche buon fine.

E a dì 3 di dicenbre 1478, mandorono quello pistolese, che si chiamava Piero Baldinotti, in su 'n uno carro, e fu inpiccato, e 'l figliuolo fu confinato nelle Stinche per senpre.

E in questi tenpi andavano a le stanze e nostri soldati in quel di Pisa e altrove, e così el Capitano.

E a dì 7 di dicenbre, andò inbasciadore a Vinegia messer Tomaso Soderini.

E a dì 24 dicenbre 1478, si trovò inpiccato in casa un contadino, quaggiù in questi piani, uno cittadino de' Popoleschi, che s'era inpiccato con uno sciugatoio.

E in questo dì venne Arno molto grosso che isboccò dirinpetto a messer Bongianni; fece molti danni.

E in questo tenpo ci faceva la morìa danno assai, come piace a Dio.

E in questi dì di Pasqua, si stavano e cittadini con sospetto di guerra, e la morìa, di scomuniche papali, di novità. Sono e cittadini molto inpaguriti, e non è chi voglia lavorare. E poveri non truovano da lavorare, nè di seta, nè di lana, o poco, per modo che si duole el capo e'menbri. Iddio ci senti.

E a dì 10 di giennaio 1478, giunse in Firenze 4 inbasciadori franciosi, e quali due ne va al Papa e due al Re di Napoli. Esposono qui alla Signoria, come andavano per mettere pace in Italia e tra' Christiani, e intendere le diferenzie, e giudicare secondo ragione, e protestare, a chi inpedirà la pace, che 'l Re farà inpresa contro di lui; e se 'l Papa fussi quello che scordassi, richiederlo a Concilio; e fatta la pace, si facci inpresa contro agl' Infedeli, tutte le potenzie. Partinsi a dì 16 detto.!

E a dì 17 di giennaio 1478, ci venne un certo romito e predicava, e minacciava di molti mali. Era stato in quello di Volterra a servire uno spedale di lebrosi. Era giovanetto di 24 anni, scalzo, con un saccaccio in dosso; e diceva che gli era aparito San Giovanni e l'Angiolo Raffaello. E una mattina, salì in sulla ringhiera de'Signori per predicare; gli Otto lo mandorono via. E così tutto 'l giorno veniva tal cose.

E in questi dì si fuggì da Pisa un figliuolo del Duca di Milano, ch'era confinato quivi, e andossene a Gienova al signore Ruberto e accostossi co lui.

E a dì 27 di giennaio 1478, tornò Gostanzo di Levante mio frate.

E a dì 4 di febraio 1478, fumo predati in Chianti.

E in questi dì la morìa era molto alenata. Lodato sia Idio.

E a dì 8 di febraio 1478, giunse 4 galee in Porto pisano, dua di Ponente e dua di Barberia, che s'accozzorono insieme. Vennono con gran sospetto per pagura dell'armata del Re e de'Gienovesi. Fu tenuta una grande nuova.

E a dì 9 di marzo 1478, fu inpiccato uno in Mercato Nuovo, che dicevano ch'era viniziano, che tolse la sera dinanzi certi fiorini di su 'n uno banco, di dì chiaro; e quegli del banco lo presono e missollo al Rettore, e quivi fu inpiccato.

E in questi dì ci venne adesso una cavalcata in quel di Pisa, dal signore Ruberto, con molta giente, e venne insino a la porta di Pisa e missevi fuoco drento, e fece poco danno alla porta; e cavalcò in Val di Calci, e arse le mulina, e fece una grande preda, e ritornossi poi di là dal Serchio. E da lato di qua venne el Duca di Calavria insino al Poggio Inperiale per torlo, e nogli riuscì.

E in questo tenpo consono e nostri insino a Siena, e predorono e presono un certo Castelluccio chiamato Selvoli, e tennolo un buon pezzo e molti dì, insino a dì 4 d'aprile 1479.

E in questi dì ci faceva danno la morìa; era ritocca molto bene.

E in questi tenpi s'attendeva a fare fanti, e' Viniziani ci mandavano giente assai, e tutti gli mandavano in quel di Pisa.

E in questi dì giunse el nostro Capitano in quel di Pisa. Aspettavasi el conte Carlo con molti cavagli.

E a dì 12 d'aprile 1479, si fece fatti d'arme a Pisa, el nostro Capitano e 'l signore Ruberto, e morivvi alquante persone. E dissesi che 'l nostro Capitano non volle vincere e che non faceva el dovere, e non si diceva altro per popolo.

E a dì 18 d'aprile 1479, la morìa ci faceva danno in modo che io me n'andai in villa mia a Dicomano, colla mia brigata, e lasciai la bottega a li miei garzoni aperta.

E in questi tenpi ci venne el conte Carlo e feciolo capitano, e feciono due canpi, e anco nel Perugino; afrontò la giente della Chiesa e ruppeg]i in modo n'andorono ingniudi. E allora si poteva ronpere el Duca, ma per difetto del Duca di Ferrara, nostro Capitano, e anche la mala concordia de' cittadini, nella lasciò fare, ch'era vinto sanza dubbio. E 'l Duca di Calavria andò a canpo a Colle. Ogniuno c'inganna senpre, e però non si può essere vittoriosi, perchè piace così a Dio pe' peccati.

E a dì 8 di novenbre 1479, sonò a martello in Mugiello, di mezza notte, e andò sottosopra tutto el Mugiello, con grande sospetto. E avemo voglia di venire in Firenze. Vennono e nimici a Piancaldoli e presolo e non passorono in Mugiello.

E a dì 15 di novenbre 1479, el Duca di Calavria prese Colle di Valdelsa. Stette circa a 7 mesi a canpo inanzi la potessi avere. Trasse 1024 colpi di bonbarda, disfece la maggiore parte delle mura; e poi andorono a le stanze.

E a dì 24 di novenbre 1479, venne un tronbetto

coll' ulivo, a notificare la pace che s'era già praticata.

E a dì 6 di dicenbre 1479, si partì di Firenze Lorenzo de' Medici, e andò a Napoli al Re.

E a dì 8 di dicenbre 1479, si perdette Sarzana.

E a dì 23 di dicenbre 1479, venne preso Bernardo Bandini de' Baroncegli di Gostantinopoli, che lo dette preso el Gran Turco; el quale s'era fuggito di Firenze quando fu morto Giuliano de' Medici, credendo essere sicuro della vita quivi.

E a dì detto, ci fu come el Duca di Calavria aveva preso Siena, avengachè non fu vero; ma bene è vero questo, che n'era signore se voleva; e'Sanesi non avevano rimedio veruno, perchè l'avevano messo drento colla sua giente, e faceva di Siena quello che voleva a sua posta.

E a dì 28 di dicenbre 1479, fu inpiccato, alle finestre del Capitano, Bernardo Bandini ch'era venuto preso di Gostantinopoli, ch' era in quella congiura di messer Iacopo, e dissesi che fu lui quello che dette a Giuliano de' Medici. Ebbesi certi mezzi col Turco, che lo concedette loro.

E a dì 20 di giennaio 1479, si dubitava che la pace non andassi inanzi. E la morìa ci faceva danno assai.

E a dì 13 di marzo 1479, giunse Lorenzo de'Medici a Livorno, quando tornava da Napoli. Fecesi maraviglia che fussi tornato, perchè tutto 'l popolo dubitava che 'l Re nollo lasciassi tornare a sua posta; e massime

si sapeva dell'altre cose ch'egli aveva fatte a gran maestri. Idio l'aiutò.

E a dì 15 detto, giunse in Firenze alle 21 ore.

E a dì 16 detto, giunse la pace, la notte, circa alle 7 ore, e fecesi festa assai di fuochi e canpane.

E a dì 22 di marzo 1479, si apersono le porte che s'erano serrate poco tenpo inanzi.

E a dì 25 di marzo 1480, si bandì la pace e fecionci venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta. Fecesi festa.

E a dì 29 di marzo 1480, ci mandò el Papa un'agravatoria, che fu el mercoledì santo, che non si potessi comunicare; e non fu apalesata, in modo quasi ogniuno si comunicò, contro a coscienza chi lo sapeva.

E a dì 9 d'aprile 1480, si mandò due inbasciadori al Papa e a Napoli, che fu messer Antonio Ridolfi e Piero di Lutozzo.

E a dì 28 d'aprile 1480, fu cavato di prigione messer Piero Vespucci; e partissi di Firenze e andò a Siena al Duca di Calavria, e quivi si stette.

E in questo tenpo si ragionava che 'l Papa aveva

fatto lega co' Viniziani, Sanesi e Duca d'Urbino. Non fu vero.

E a dì 7 di maggio 1480, vinsono dieci Sesti e una Decima, e feciono 3000 fiorini di Sgravo e 1000 fiorini d'Agravo.

E in questo tenpo mandorono al Duca di Calavria 30 mila fiorini per volta, più volte. Pensa se bisognava de' Sesti e delle Decime. Ogniuno che viene a' danni nostri, quando egli à disfatto el contado e rubato, e Fiorentini ànno per un savio uso di dare danari per pagamento di quel danno ci ànno fatto. E non è solo una volta stato, ma sarà ancora per l'avenire. Chi vuole danari da' Fiorentini, ci venga a fare male.

E a dì 27 di maggio 1480, fu preso la donna di Giovanni de' Pazzi e uno de' Giugni, e molti altri che volevano iscarcerare e Pazzi di Volterra.

E a dì 2 di giugno 1480, entrò el signore Ruberto in Firenze.

E a dì 3 di giugno 1480, fu ristituito messer Piero Vespucci, di stare in Firenze; e renderogli lo stato, come volle el Duca.

E in questo tenpo tornò el grano a soldi 15 lo staio e a ogni pregio.

E a dì 20 di giugno, confinò el Duca di Calavria 18 tra cavalieri e cittadini di Siena. E teneva in piazza e sua provigionati, in modo ch'e' n'era signiore a sua posta. E non pareva a' Sanesi avere fatto punto bene, e veniva

fatto; ma e' voleva prima fare el simile a noi; e, come piaque a Dio, per sommo miracolo, venne questo, che

E a dì 6 d'agosto 1480, venne a Otranto l'armata del Turco, e posevi el canpo; onde fu necessario, per comandamento del Re, partirsi e ritornare nel Reame alla difesa di quello. Aveva el Turco in tre luoghi el canpo: a Rodi, e coll'Unghero.

E a dì 18 d'agosto 1480, giunse in Firenze un Cardinale, figliuolo del Re, che veniva d'Ungheria, andava a Roma.

E a dì 2 di settenbre 1480, arse due botteghe d'arte di seta in Porta Santa Maria, presso a Vacchereccia; e l'altra notte, arse tutto 'l Canto di Vacchereccia insino al Chiassolino del Buco. E gittossi el fuoco da l'altro lato della via dirinpetto, e arse tutto l'altro Canto di Vacchereccia, per modo ch'egli arse circa di 20 botteghe di setaiuoli e banchi; che fu una grande perdita, che furono molti che non iscanporono nulla.

E in questi tenpi molto si ragionava della perdita d'Otranto, e dubitavasi ancora di Leccio.

E a dì 27 di settenbre 1480, venne in casa Lorenzo de' Medici, al Poggio a Caiano, un certo romito; e' sua famigli lo presono e cominciorono a dire che voleva amazare Lorenzo; e mandorolo al Bargiello e dettogli dimolta fune.

E a dì 15 d'ottobre 1480, morì a Santa Maria Nuova quello sopradetto famiglio, cioè romito, perchè fu molto straziato da diversi martìri. Si disse che lo dissolorono e piedi, e poi gli davano el fuoco, tenendolo co' piedi ne'ceppi, per modo che gocciolavano e piedi el grasso; poi lo rizzavano e facevalo andare sopra el sale grosso:

in modo che di tal cose morì. Non s' intese el vero, s'egli era peccatore o no: chi diceva sì e chi no.

E a dì 4 di novenbre 1480, si fece 12 inbasciadori per andare al Papa; e a dì 15 si partirono.

E a dì 5 di dicenbre, ci fu come el Papa ci aveva ribenedetti; e fecesi fuochi e festa assai.

E a dì 14 di dicenbre 1480, ci passò el Cardinale di Mantova, ch' andava a Roma. Veniva da Mantova.

E a dì 11 di giennaio 1480, si fece due altri inbasciadori per a Roma, che fu messer Guido Antonio Vespucci e Pierfilippo Pandolfini.

E a dì 12 di giennaio 1480, Antonio Pucci, esendo gonfaloniere, vinse un balzello di 30 mila fiorini; e levò alla gravezza nuova, e fecela albitraria.

E a dì 6 di febraio 1480, venne un tremuoto circa ore 4 2/4 avengachè non fussi molto grande.

E a dì 31 di marzo 1481, si riebbe le castella, cioè Colle, Poggibonizi, el Monte a Sansovino e 'l Poggio Inperiale e altre cose, ecetto che la Castellina, Montedomenici e Piancaldoli e Sarzana. Poco ci faceva la morìa.

E a dì 13 d'aprile 1481, ci mandò el Papa un giubileo di colpa e pena, e dettelo in sei chiese: in Santa Ilaria del Fiore, in alla Nunziata de' Servi, a Santa +, a Santa Maria Novella, a Santo Spirito, a Sa' Iacopo in Canpo Corbolini. E' comincia questo dì detto e dura insino a Pasqua. El quale, chi lo vuole conseguitare, debba vicitare queste 6 chiese, 3 mattine, confesso e pentuto; e debbe porgiere aiuto, a dette chiese, per andare contro al Turco.

E a dì 28 di maggio 1481, ci fu nuove che 'l Turco

era morto, e così fu; e nondimeno non si muove ancora e Cristiani.

E a dì 2 di giugno 1481, fu preso uno de' Frescobaldi e uno de' Baldovinetti e uno de' Balducci; e a dì 6 furono inpiccati alle finestre del Bargiello, o vuoi dire del Capitano, perchè avevano confessato volere amazzare Lorenzo de' Medici.

E a dì 8 di giugno 1481, si serrò la Porta a Faenza, perchè la morìa faceva gran danno di fuori di detta Porta, e in Firenze c' era in 3 o 4 case.

E a dì 4 d'agosto 1481, feciono 12 uomini ch'avessino ogni autorità di potere fare quanto tutto 'l popolo di Firenze. La prima cosa che feciono si fu, che chi avessi debito in Comune pagassi, per ogni fiorino, 3 fiorini di paghe guadagniate.

E a dì 22 d'agosto 1481, noi speziali facemo che noi non istessino a bottega el dì delle feste alle 22 ore come s'era usato insino a qui, ma stessi coloro che tocca per tratta, tutto 'l dì, che sono 4 botteghe in tutto la terra.

E a dì 22 d'agosto 1481, nevicò in sulle montagne di Pistoia.

E a dì 10 di settenbre 1481, maritò Lorenzo de' Medici una figliuola a Iacopo Salviati.

E a dì 18 di settenbre 1481, ci fu come Otranto s'era riavuto. Fecesi festa e fuochi e altre cose.

E a dì 2 d'ottobre 1481, giunse in Firenze el

signore Gostanzo di Pesero; e aveva una bella giente d'arme, parecchi isquadre e balestrieri a cavallo, e andava a Milano.

E a dì 8 d'ottobre 1481, Gostanzo mio fratello ebbe el Palio di Santa Liperata, e fu el primo ch'egli avessi col suo barbero chiamato el Draghetto. Ne menò dua di Barberia: vendenne uno al Conte d'Urbino, che si chiamava el Pellegrino: ebbene cento ducati.

E a dì 15 di novenbre 1481, si fuggirono e prigioni delle Stinche. Apersono colle propie chiavi, che le dette loro un garzone ch'aveva nome Domenico di Cristofano che stava a guardare le Stinche. Uscirono in sulle 7 ore di notte. Quel garzone s'andò con Dio.

E a dì 30 di novenbre 1481, s'incamerò la gravezza chiamata Scala.

E a dì 26 di dicenbre 1481, Gostanzo mio fratello ebbe, col suo Draghetto, el Palio di Prato.

E a dì 4 di marzo 1481, non parve a chi poteva, questi principali, che la gravezza nuova detta Scala fussi el bisogno della città. Rifeciono vegghiare el Sesto, e raddoppiato, e traendo, secondo che parve a' più intendenti. Egli è el vero; chi stava male, col Sesto rimase disfatto a fatto.

E in questo tenpo e Viniziani dinunziorono la guerra al Duca di Ferrara, e molto si dubitava di guerra.

E a dì 14 di marzo 1481, fu inpiccato un Cancelliere del Conte Girolamo alle finestre del Bargiello; el quale fu preso da uno degli Altoviti ch' era rubello, e per essere ribandito, codìo costui, e infra Pionbino e Pisa lo prese; e fu ribandito.

E a dì 18 di marzo 1481, fu preso un cavallaro del signore Ruberto, al Ponte a Valiano, che portava lettere del figliuolo del signore Ruberto: le quali lettere dettono un poco di lume d'un trattato, in modo che si partì di qui Antonio Pucci e altri cittadini, andorono in quel di Pisa, e in pochi dì feciono dimolti fanti.

E a dì 25 di marzo 1482, morì madonna Lucrezia donna di Piero di Cosimo de' Medici, e madre di Lorenzo, e morì el dì della Nunziata. E in tal dì, el Papa ci aveva mandato el perdono in Santa Maria del Fiore, di colpa e pena.

E a dì 15 d'aprile 1482, fu ristituti e cavati di prigione e Pazzi ch'erano in carcere a Volterra e mandati fuori d'Italia; avengachè ne fu cavati due più mesi fa, de' minori, per malattie, perchè vi sarebbono morti.

E in questi anno è venuto a Rodi tremuoti grandi, in modo che v'è rovinato chiese e morto molta giente, massime in una chiesa vi morì 40 Cavalieri Fieri. Non ò el dì a punto, ma in questo anno è stato.

E a dì 20 d'aprile 1482, è nato scandolo a Roma

tra gli Orsini e' Colonnesi; e mandorono sottosopra la città come si suole fare senpre. Per le quistioni di questi grandi ne patisce tutto el popolo.

E in questo tenpo si fornì la cupola di Santo Spirito, e di fatto vi si predicò sotto essa.

E a dì 28 d'aprile 1482, venne in Firenze el Duca d'Urbino, e stette in casa Giovanni Tornabuoni e fugli fatto grande onore. E a dì 29 detto, si partì e andò a Milano per essere capitano, e fermossi a Ferrara, e quivi era el signore Ruberto. E insino a dì primo di giugno 1482, strignevano un castello, che si chiama Ficheruolo.

E in questi dì, el Duca di Calavria strigneva da l'altra parte Ostia, a Roma; e a dì 10 di giugno si disse che l'aveva avuta, ma non l'ebbe. E misse a sacco Corneto. E in questi dì e Sanesi rimessono alcuni de' loro usciti.

E a dì 12 di giugno 1482, venne in Firenze el signor Gostanzo, che tornava da Ferrara.

E in questo tenpo molto si parlava d'una divozione di Nostra Donna trovato a Bibbona, d'un tabernacolo fuora di Bibbona, un trarre di balestro; ch'è una Vergine Maria a sedere con Cristo in braccio come si levò di croce, come si dipingono l'altre Piatà. La quale cominciò insino a dì 5 d'aprile 1482, la quale si trasfigurava, cioè diventava d'azurra rossa, e di rossa poi nera e di diversi colori. E questo dicono avere fatto molte [volte] insino a questo dì, e sanato diversi infermi e fatto molti miracoli e di molte paci, intanto che vi

correva tutto mondo. E non si dice altro in questo tenpo; e io ò parlato a molti che dicono di veduta averla veduto trasfigurare, in modo ch'egli è necessario a crederlo.

E a dì 20 di giugno 1482, ci fu come messer Niccolò Vitegli aveva avuto a nostro proposito Città di Castello; e in detto dì si mandò là una bonbarda. Era appiccato la guerra in più luoghi.

E a dì 2 di luglio 1482, s'ebbe Ficheruolo.

E a dì 4 di luglio 1482, ci fu come avevano avuto le rocche di Città di Castello e tutto.

E a dì 11 di luglio 1482, fu confinato Antonio Belandi da Siena, e mandato a Monte Alcino per sua confini.

E a dì 25 di luglio 1482, ci fu come la Chiesa aveva rotto el Duca di Calavria e avevano presi 300 uomini d'arme, che v'era 19 signori; e così fu.

E a dì 27 d'agosto 1482, fu veduto da molti qui, sopra a Firenze, certe fiamme di fuoco andare per l'aria, inverso levante, circa a un'ora di notte; e fu veduto a Dicomano e altrove.

E a dì 10 di settenbre 1482, morì el Conte d'Urbino a Bologna.

E a dì 14 di settenbre 1482, morì el Magnifico Ruberto a Roma, ch'aveva avuto sì grande onore e vittoria a ronpere el Duca di Calavria a Roma e pigliare 300 uomini d'arme. In 4 dì morì due sì gran capitani, quando credevano essere ben filici. Vedi che errori sono nel mondo, mettersi in tanti pericoli d'amazzare altri o

essere morto lui, per un poco di fumo di questo mondo, non pensando che cos'è amazzare l'uomo, e come presto s'à rendere ragione, e che si muore.

E a dì 24 di dicenbre 1482, venne in Firenze el Cardinale di Mantova, ch'era legato, e andava a.Ferrara. Fecesigli onore.

E a dì 5 di giennaio 1482, venne in Firenze el Duca di Calavria. Partissi a dì 8 detto e andò a Ferrara e menò seco circa 800 cavagli; aveva seco molti Turchi. Fugli fatto un grande onore.

E a dì 6 di febraio 1482, ci passò una parte di que' Turchi che 'l Duca rimandava indietro, perchè se ne gli era fuggiti circa a 400, e andato nel canpo de' Viniziani. Quegli che gli restorono rimandava indietro, e qui in Firenze se ne fece una brigata cristiani.

E a dì 12 di febraio 1482, si partì di Firenze Lorenzo de' Medici, e andò inbasciadore a Ferrara molto a ordine.

E a dì 8 di marzo 1482, tornò Lorenzo de' Medici da Ferrara. Ebbe onore assai là, come valentuomo.

E a dì primo d'aprile 1483, a Siena, fu gittato a terra delle finestre del palagio de' Signori, 4 uomini, e inpiccati da 6; e quali erano della parte del Monte de' Nove; e fuggissi dimolti cittadini in su quello di Firenze.

E a dì 6 d'aprile 1483, venne in Firenze lo 'nbasciadore del Turco.

E a dì 7 d'aprile 1483, e Sanesi tagliorono la testa a tre cittadini sanesi, che fu uno Antonio Belandi e un Cavaliere di quegli che fece el Duca di Calavria. Così fanno le parti, degli uomini superbi che con sono contenti a lo stato che dà Idio.

E a dì 23 d'aprile 1483, scurò la luna. È seguito in questo dì, cascò morto un garzonetto di circa 12 anni, lo quale vidi io morto in San Simone, e un altro ser Bonaccorso notaio, e così una fanciulla. Tutti caddono morti. Fu tenuto in Firenze un forte dì, e un grande effetto della luna.

E a dì 30 di maggio 1483, si fece venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, perchè si racconciassi el tenpo, ch'era piovuto più d'un mese; e inmediate s'acconciò bello.

E a dì 14 di giugno 1483, si conpilò la lega co' Sanesi, per 25 anni, e rendettoci le castella.

E in questi dì morì a Faenza un Frate de' l'Ordine de' Servi, el quale fece molti miracoli: sonare le canpane da loro, quando morì; sanare infermi. Corevavi e paesi di là, e io favellai a chi disse di veduta, a un di fede. E ognindì si dicava di queste cose, quando apariva in un fiume e quando in un monte, di questi miracoli; e chi parlava a una donna, ch'era la Vergine. E

questo dico perchè el mondo era sollevato a 'spettare gran cose da Dio.

E a dì 21 di giugno 1483, si pose in un tabernacolo d'Orso Sa' Michele quel San Tomaso a lato a Giesù, e 'l Giesù di bronzo, el quale è la più bella cosa che si truovi, e la più bella testa del Salvatore ch' ancora si sia fatta, per le mani di Andrea del Verrocchio.

E in questo tenpo el Duca di Calavria e 'l signore Ruberto si partirono da Ferrara e andorono in Lonbardia, dove si fece male assai da l'una parte e da l'altra; e fuvvi avelenato el signore Gostanzo.

E a dì 15 d'agosto, vennono e fuori usciti di Siena a' danni de' Sanesi al castello di Sitorno; e non feciono nulla. Furono presi molti uomini di quel castello e menati a Siena.

E in questi dì, e Fiorentini disfeciono un castello in Val d'Arno di sopra, che si chiamava Monte Domenici che si rubellò. E però lo disfeciono.

E in questo tenpo d'agosto 1483, el Duca di Calavria prese dimolte castella in Lonbardia de' Viniziani, per modo che non potevano resistere, el canpo di Viniziani, e molto lo soprafaceva. E questo fu perchè la Chiesa scomunicava tutti quegli che davano aiuto a' Viniziani, per modo che non potevano avere giente d'oltramonti. E l'armata del Re di Napoli venne nel porto d'Ancona, e quella de' Viniziani la veniva a trovare. E a dì 5 di settenbre 1483, quella del Re si partì e noll'aspettò. Aspettavasi di sentire gran cose, se si fussino afrontati.

E a dì 7 di settenbre 1483, venne inbasciadori in

Firenze dal Re di Francia, ch' andavano a Roma per conpilare la pace d'Italia; e giunti qui, ebbono nuove che 'l Re loro era morto, a dì 30 d'agosto 1483. E a dì 13 di settenbre detto, si morì uno di questi 3 inbasciadori in Santa Maria Novella; e gli altri si partirono e andorono a Roma.

E in questo tenpo, per paura della fame e della guerra grande di Lonbardia, si partiva di là molte famiglie. Passavano di qui molte famiglie e andavano in quel di Roma a 50 e 100 per volta, intanto che furono parecchi migliaia; e anche per la Romagna ne passava assai, e d'altri paesi. Dissesi che furono più di 30 mila persone. Era grande conpassione a vedere passare tante povertà, con uno asinuzzo, colle loro miserie d'un paioluzzo, una padella e simile poverta, in modo che facevano lacrimare chi gli vedeva scalzi e ignudi. E queste cose fanno le maladette guerre. E nulla passrava sanza nostra spesa.

E a dì 8 d'ottobre 1483, si disfece certi muriccioli ch'erano intorno alla Piazza di Mercato Vecchio, che si feciono di poco.

E a dì 23 d'ottobre 1483, venne in Firenze un Cardinale Legato, ch'andava al Re di Francia inbasciadore per confermagli la corona del suo padre ch'era morto. E questo Cardinale era quello Cardinale che 'l Re ch'era morto, tenne in prigione e in gabbia molti anni.

E a dì 10 di novenbre 1483, si partì di Firenze 3 anbasciadori fiorentini mandati al Re di Francia; che fu messer Gientile vescovo d'Arezzo e Antonio Canigiani e Lorenzo di Piero Francesco de' Medici.

E a dì primo di giennaio 1483, entrò la Signoria, e furono più rigidi che gli altri. Mandavano pe' cittadini e volevano che ogniono pagassi quello aveva debito. E

mandavagli al Bargiello e alle Stinche. Molto eravamo tribolati e affannati dalle tante guerre.

E oltre a l'altre tribolazioni, valeva el grano soldi 50 lo staio; e più vendevasi le fave soldi 40 lo staio; vendevasi el pane bianco soldi 1, denari 8 la libra; e andò la farina a lire 3 lo staio.

E a dì primo di marzo 1483, tornorono e nostri anbasciadori di Francia, e tornò Antonio Canigiani cavaliere fatto dal Re di Francia. Fugli fatto onore.

E in questi tenpi, andò lo staio delle fave infrante a lire 4 lo staio, e' ceci a lire 5, el grano a soldi 59, e ogni cosa caro; e fra pochi dì, andò el grano a lire 3 soldi 8 lo staio.

E a dì 6 d'aprile 1484, giunse a Pisa 7 nave di grano, che furono 7 mila moggia; delle quali ne rimase qui 3 mila moggia, e 4 mila n'andò a Ferrara e per la Lonbardia, che v'era grandissima carestia.

E a dì 9 d'aprile, giunse 3 altre navi di grano a Livorno; e nondimeno valeva soldi 50 lo staio, e 'l Comune lo dava a soldi 42.

E a dì 14 di giugno 1484, la morìa ci ricominciò; e in questa mattina sotterrò, uno de' Brogiotti, 3 figliuoli a un tratto, di morbo, due femine e un maschio.

E a dì 19 di giugno 1484, valse el grano nuovo soldi 33 lo staio.

E in questo tenpo, di luglio 1484, si comincia una divozione a Prato, d'una Vergine Maria, la quale vi correva tutto el paese. Faceva de' miracoli come quella

di Bibbona, in modo che si cominciò a murare e ordinare una grande spesa.

E a dì 9 d'agosto, ci fu nuove della pace; e fecesi fuochi e festa.

E a dì 14 d'agosto, ci fu come el Papa era morto, e giunse alle 6 ore. E morì a dì 13 detto a ore 14, che fu Papa Sisto. E a dì 20 si sonò per la sua morte.

E in questo tenpo s'attendeva qui a fare giente assai, per mandare a Sarzana e Pietrasanta.

E a dì 30 d'agosto 1484, ci fu come el Papa era fatto, e sonò a ore 4 in lunedì. E fu un cardinale gienovese che si chiamava messer Giovanni de' Zeboni di Gienova e cardinale di Molfetta; e chiamossi Papa Innocenzio 8.

E a dì 8 di settenbre 1484, si bandì la pace in Firenze, e fecesi festa.

E a dì 23 d'ottobre 1484, fu preso per lo Stato un figliuolo di Filippo Tornabuoni ch'aveva nome Alessandro, e fu confinato in Cicilia. E dissesi perchè pensava contro a Lorenzo de' Medici, ch'era suo parente; e forse non fu, diciamo quello si diceva per la città.

E in questo tenpo si strigneva molto forte Pietrasanta. Eravi molti nostri comessari cittadini con bella giente.

E in questi dì, si cavò di San Giovanni e ceri e' palii, e ordinorono che non vi stessino più. Feciolo nettare tutto, e ch' egli stessi così senplice sanza quelle frasche; che prima vi si poneva tutta l'offerta di ceri e di palii, in modo che non si vedeva.

E a dì 6 di novenbre 1484, venne in Firenze morto Antonio Pucci, ch'era comessario a Pietrasanta.

E a dì 7 detto, s'ebbe Pietrasanta, la quale si dette a Lorenzo de' Medici. E a dì 11 detto, s'ebbe la rocca e fu fatto castellano Piero di Filippo Tornabuoni, e commessario Iacopo Acciaiuoli; e Bartolino Tedaldi, sopra la muraglia. Ginnse qui le nuove alle due ore, e la mattina non s'aperse botteghe; e fecesi festa assai e fuochi. E 'l dì medesimo venne in Firenze messer Bongianni Gianfigliazzi morto, ch'era comessario là.

E a dì 15 di giennaio 1484, vennono e Gienovesi a Livorno coll'armata, e apressoronsi alle torri e non feciono nulla. Partironsi a dì primo di febraio 1484.

E a dì 15 d'aprile 1485, si tirò in sul Palagio de' Signori due travi di quercia grosse e lunghe di gran peso, per sostenere la canpana grossa de' Signori e per acconciarla meglio.

E a dì 18 d'aprile 1485, venne in Firenze un tronbetto.

E a dì 23 d'aprile 1485, si vendeva lo staio del grano soldi 16.

E a dì 17 di luglio 1485, feciono e Fiorentini capitano el Conte di Pitigliano, e dettogli el bastone. E' Sanesi feciono loro capitano el Signore da Farnese.

E insino a questo dì, Gostanzo mio fratello aveva vinto 20 palii col suo barbero Draghetto, cioè 20 palii da dì 8 d'ottobre 1481, insino a dì 25 di giugno 1485; che fu el primo Santa Liperata, e poi di Sant'Anna; San Vettorio più volte. Vinse una volta San Vettorio e vendettolo agli Aretini fiorini 40 d'oro, e andò Arezzo e rivinsero là un' altra volta. E andò a correre a Siena, e anco con un cavallo di Lorenzo de' Medici, che si chiamava el Lucciola, del pari al palio; e quello di Gostanzo andò una testa di cavallo inanzi. E fu giudicato dal popolo che v'era alla presenza, che fussi inanzi, e dicevano: andate alla Ragione, che no' lo proveremo. Nondimeno Gostanzo non v'andò, per reverenza di Lorenzo. E com'ella s'andassi, e' fu dato a Lorenzo. Un altro anno, pure a Siena, gli fu fatto maggiore villania: che andando inanzi el cavallo di Gostanzo un gittare di balestro, e giunto al palio, scavalcò e salì in sul palio. E giunse poi uno altro cavallo; e dissono che quello di Gostanzo non aveva passato el palio, e che quell'altro l'aveva passato. E pero lo dettono a quell'altro. Vedi che massima ingiustizia, che colui ch'à preso el palio non l'abbi avere. Fu isventurato, avendo tanta bontà di cavallo. Tanto andò dietro a questo barbero che ne cavò la morte. Morì a dì 12 di settenbre 1485.

E a dì primo di dicenbre 1485, arsono in Roma le case degli Orsini a Monte Giordano, e fuvvi novità assai. E vennevi el Duca di Calavria in aiuto degli Orsini, perchè erano in guerra col Papa; e seguitò la guerra in Roma.

E a dì 11 di dicenbre 1485, venne un certo vento caldo da mezzodì, come fussi di luglio, e gocciolavano tutte le mura delle case drento, per tutto Firenze, insino nelle camere, avenga che fussino bene asciutte.

E in questi dì di febraio e di marzo 1485, si faceva giente in Firenze tuttavolta, per mandare al Duca che faceva contro alla Chiesa; per modo che fu scomunicato in Firenze tutti quegli ch'avevano renduto partito contro alla Chiesa, e non si potevano comunicare. Ogni intendente si maravigliava che si facessi contro alla Chiesa, massime che non aparteneva a noi questa guerra. Epure si seguitava questo errore pe' nostri peccati e per non temere Iddio.

E a dì 9 di maggio 1486, qui alla Piazza de' Tornaquinci, dalla casa de' Tornabuoni, intervenne che uno orso rilevato qui nella città, molto grande, passato l'ordine usato, sendo da' fanciugli accanito, prese una fanciulla per la gola, di circa a anni 6, figliuola di Gio. vacchino Berardi; e con dificultà di molti uomini gliele trassono di bocca tutta sanguinosa e molto bene stracciata la gola. E come piaque a Dio non perì.

E a dì 10 di maggio 1486, ci fu come la guerra di Roma, el Duca di Calaveia s'era apiccato col signore Ruberto, e fatto gran fatti d'arme, e morivvi assai giente. E ebbe el meglio el Duca.

E a dì 10 di luglio 1486, el Duca di Calavria molto strigneva la Chiesa, e non era sanza nostra spesa.

E a dì detto, morì uno maestro Antonio di Guido, cantatore inproviso, molto valente uomo. In quella arte passò ogniono; però si nota quì.

E a dì 30 di settenbre 1487, si trasse le reliquie di San Girolamo, cioè una mascella e un osso del braccio,

dell'altare della + di Santa Maria del Fiore, e furono legate in ariento e oro, molto riccamente, con grande spesa. E fecesi una bella processione, e posta in detta Cappella molto divotamente. E questo fece di sua propio spesa el laldabile messer Iacopo Manegli, calonaco in detta Chiesa. E dissesi, aveva speso 500 fiorini d'oro, e oltre a questo, dotato una Cappella. E ogn'anno va quella bella reliquia a processione divotamente.

E a dì 9 di novenbre, ci passò dua inbasciadori viniziani, ch'andavano a Roma.

E a dì 11 di novenbre, ci venne certi animali che si disse gli mandava el Soldano; poi s'intese ch' era'stati pure certi amici di Firenze per avere qualche buona mancia. Gli animali furono questi: una giraffa molto grande e molto bella e piacevole; com'ella fussi fatta se ne può vedere i' molti luoghi in Firenze dipinte. E visse qui più anni. E uno lione grande, e capre e castroni, molto strani.

E a dì 12 di novenbre 1487, un garzone che governava e lioni, esendo dimesticato co loro, i' modo ch'egli entrava infra loro e toccavagli, massime uno di loro: e in questo dì un garzonetto di circa 14 anni, figliuolo d'uno de'Giuntini, cittadino fiorentino, volle entrare ancora lui con quello governatore. E stato così un poco, questo lione se gli gittò a dosso, e preselo pe' capo dirietro; e con fatica, quello che gli governa, isgridandolo, glielo levò da dosso. E strinsero e asannollo in modo che 'n pochi dì morì.

E a dì 18 di novenbre 1487, el sopradetto anbasciadore del Soldano presentò alla nostra Signoria la sopradetta giraffa, e lione e l'altre bestie; e stette a sedere in mezzo della Signoria, in sulla ringhiera de' Signori, parlando e ringraziando per bocca d'uno interpetro. Fu,

per questa mattina, in piazza un grande popolo, a vedere tale cosa. Era parata la ringhiera colle spalliere e tappeti, e a sedere tutti e principali cittadini. Stette qui quello inbasciadore molti mesi. Fugli fatto le spese e doni assai.

E a dì 25 di novenbre 1487, el detto anbasciadore presente Lorenzo de' Medici di certe cose odorifere, in begli vasegli alla moresca; e fiaschi pieni di balsamo, e un bello e grande padiglione vergato alla moresca, che si distese, e vidilo.

E a dì 12 di marzo 1487, un frate Bernardino dell'Ordine di San Francesco, eletto predicatore in Santa Maria del Fiore per la Quaresima, e predicando e persuadendo el popolo a fare un Monte di Piatà, e di mandarne gli Ebrei, per modo riscaldandosi, per molti dì di Quaresima; e fanciugli presono animo contro agli Ebrei. E in questo dì andorono molti di questi fanciugli, andorono a casa uno ebreo chiamato Manullino, che faceva el presto alla Vacca; e vollono assassinarlo e mettere a sacco quel presto. Ma subitamente, gli Otto mandorono e loro famigli a riparare, e mandorono bandi, a pena delle forche. E presto si spense tale fuoco. Onde a dì 13, l'altra mattina, gli Otto mandorono a dire al detto frate che non predicassi più, e mandatolo a l'Osservanza di Samminiato, e' non bastò loro, che l'altra mattina, a dì 14 detto, che fu in venerdì di marzo, gli Otto ancora di nuovo mandorono e lor famigli e

alcuni degli Otto in persona, e comandorono ch'egli sgonbrassi el contado nostro e partissi via. Onde parve al popolo, che vuole vivere da cristiani, che fussi un cattivo pronostico per noi, perchè era tenuto un santo. E videsi in poco tenpo capitare male alcuni di quegli Otto: chi fiacco el collo a terra d'un cavallo, e chi una cosa e chi un'altra. Infra gli altri, quello ch'andò in persona a cacciarlo dall'osservanza, morì allo spedale e inpazzò. Parve che fussi finito male. Iddio nel guardi.

E a dì 16 d'aprile 1488, ci fu come el conte Glirolamo, signore d'Imola, era stato tagliato a pezzi, nella città di Furlì, dagli uomini della terra. E così fu.

E in detto dì, si mandò di qui a Piancaldoli molta giente, comandati, Romagniuoli e di Mugello, in modo che, a dì 29, s' ebbe. E quello castellano, ch' era da Imola, si dètte. E costoro gli dettono fiorini 4000 e una casa e l'arme a vita, qui in Firenze, e qui stette.

E a dì primo di maggio 1488, ci fu come el Duca di Milano era entrato in Furlì, e fece morire alcuni.

E a dì primo di giugno 1488, ci fu come el Signore di Faenza era stato tagliato a pezzi con consentimento della moglie di messer Giovanni Bentivogli, ch'era madre della moglie di detto Signore di Faenza. E così fu.

E a dì 5 di giugnio 1488, ci fu come messer Giovanni Bentivogli era stato preso da que' di Faenza, a stanza de' Fiorentini; e gridato Marzocco nella città. E così fu.

E a dì 12 di giugno 1488, fu licenziato messer Giovanni Bentivogli da' Fiorentini. Andò Lorenzo de' Medici in Mugello, dove fu fatto venire el detto messer

Giovanni, e parlò con lui e fecegli onore e rimandollo a Bologna, e bene acconpagnato e pacificato.

E a dì 17 detto, e Bolognesi, per dispetto, come ingrati, feciono certi marzocchi di paglia e certe arme de' cittadini nostri, e arsogli in sulla piazza di Bologna, in dispregio.

E a dì 24 di giugno 1488, el dì di Santo Giovanni, quando andava l'offerta, fu preso un bolognese che tagliava e puntali di cintole, e rubava; e non v'andò un'ora che, sanza riguardo della solennità d'un tanto Santo, lo 'npiccorono alle finestre del Capitano. E stettevi tutto 'l dì insino alla sera, quando el palio andava a le mosse. E in questa ora si levò un vento così grande, tenpesta d'aqua e di gragniuola, che mai fu veduto simile. Per modo che, le tende che si pongono sopra la Piazza.di San Giovanni si stracciorono in migliaia di pezzi, che ventorono cenci da niente; e bisognò rifarle tutte di nuovo. Fu tenuta una cosa molto maravigliosa e ammirativa; stimando fussi per tale omicidio. Fu molto ispaventevole nel cospetto di savi e buoni uomini, perchè parve un poco di passione de' popoli, sendo bolognese, e avendo di pochi dì arsi que' marzocchi a Bologna. Si corse un poco a più furia. Si poteva serbarlo a un altro dì. E per quella sera non si potè correre el palio.

E insino a dì 28 di marzo 1487, intervenne questo caso, che fu inpiccato uno alle forche qui di Firenze, e poi fu spiccato, e finalmente non era morto. Fu portato a Santa Maria Nuova, e stette insino a dì 11 d'aprile 1487. E perchè que' di Santa Maria Nuova lo vidono di mala natura, e per certe parole ch'egli usava, di fare ancora certe vendette e altro; gli Otto deliberorono di farlo di nuovo inpiccare, e così fu inpiccato la seconda volta.

E in detto dì 15 d'aprile 1487, furono rotti e

Gienovesi da' Fiorentini a Serezzana, e morivvi uomini assai. E tolsono loro tutte l'artiglierie e la bastìa, e soccorsono Serezzanello, e mandorono qui due prigioni, messer Luigi dal Fiesco e un suo nipote.

E a dì 22 di giugno 1487, si prese Sarzana a ore 12. E qui fu le nuove a ore venti.

E a dì 30 di luglio 1488, morì madonna Clarice, donna di Lorenzo de' Medici.

E a dì 12 di settenbre 1488, venne in sul Palagio de' Signori una saetta, circa a ore 14, e dètte in su' lione e venne giù. E trovò due forestieri su presso alle canpane, che fu un Cancelliere del Conte di Pitigliano, e fecero cascare quasi morto e tramortì; e l'altro fu poco meno: pure non morirono. Nè fece troppo danno al Palagio. Parve una cosa d'amirazione, toccare a due forestieri, sendo in Palagio centinaia d'uomini. Andavano per vedere el palagio e le canpane.

E a dì 15 di giennaio 1488, passò di qui la figliuola del Duca di Calavria, ch' andava a marito al Duca di Milano, con grande cavalleria e con molti Signori e con molte matrone e damigelle, ch' andavano co lei; con grandissima baronia. Feceseli un grande onore, e grande spesa sanza misura.

E a dì 10 marzo 1488, ci fu come el Papa aveva fatto 6 Cardinali che furono questi: due franciosi, uno milanese, due sua nipoti, e uno fiorentino, che fu figliuolo di Lorenzo de' Medici. Al nome di Dio ch'è una grande grazia alla– città nostra in gienerale, e in particulare al suo padre e alla sua Casa.

E a dì 12 d'aprile 1489, ci fu come a Vinegia era nato uno mostruo di questa qualità: la bocca fessa per lungo del naso, e un occhio dal naso e uno dirietro all'orecchio; e fesso tutto 'l viso, come se gli fussi stato dato una coltellata. E dinanzi alla testa aveva un corno ch'era la natura. Visse 3 in 4 dì. Tagliorono quel corno e subito morì. Dicono che le parti da basso essere di strana maniera. Aveva coda d'animale.

E in questi dì ne naque un altro a Padova, el venerdì santo, ch' aveva a ogni braccio due mani, e due teste. E visse 2 in 3 giorni. Una di quelle teste morì prima, e tagliatola, l' altra visse poco. E in oltre una donna di 60 anni à fatto tre figliuoli a un corpo. Queste cose strane sono state qui a Vinegia in pochi dì. Questa lettera fu scritta apunto come ell' è qui, e fu mandata nel banco di Tanai de'Nerli. E di quivi la copiai, e fu vero. Questi segni significano grande tribulazione alle città dove vengono.

E a dì 10 di luglio 1489, si cominciò a recare ghiaia, per fare e fondamenti del palagio di Filippo Strozzi a lato al Canto de' Tornaquinci, che si cominciò prima da questa parte de' Tornaquinci.

E a dì 16 detto, si cominciò a cavare e fondamenti, pure da questa parte, e presono della Piazza circa braccia 10.

E a dì 6 d'agosto 1489 si cominciò a rienpire e

fondamenti, a ore 10, a punti di luna. E Filippo Strozzi fu el primo che vi cominciò a gittare giù la ghiaia e la calcina, da questa parte, e certe medaglie.

E a dì 20 detto, fu fornito di rienpiere questa parte della Piazza de' Tornaquinci. E tuttavolta si disfacevano le case, con grande numero di maestri e di manovali; ch' erano occupate tutte le vie intorno di montagne di sassi e di calcinacci e di muli, d'asini che portavano via e recavano ghiaia; per modo che con difflcultà di chi passava per queste vie. E noialtri artefici stavamo continuamente nella polvere e nella noia della giente che si fermava per vedere, e chi per non potere passare colle bestie cariche.

E a dì 21 di luglio 1489, si cominciò a murare sopra detti [fondamenti].

E in questi tenpi si faceva tutte queste muraglie: l'Osservanza di Samminiato de' Frati di San Francesco; la sacrestia di Santo Spirito; la casa di Giuliano Gondi, e la Chiesa de' Frati di Santo Agostino fuori della Porta a San Gallo. E Lorenzo de' Medici cominciò un palagio al Poggio a Caiano, al luogo suo, dove à ordinato tante

belle cose, le Cascine. Cose da signori! E a Serezzana si murava una fortezza; e molte altre case si murava per Firenze, per quella Via che va a Santa Caterina, e verso la Porta a Pinti, e la Via nuova da' Servi a Cestello, e dalla Porta a Faenza verso San Bernaba, e in verso Sant' Ambrogio, e in molti luoghi per Firenze. Erano gli uomini in questo tenpo atarentati al murare, per modo che c'era carestia di maestri e di materia.

E a dì 18 di maggio 1490, si puose al palagio degli Strozzi la prima cornice sotto e bozzi, in sul Canto de' Tornaquinci; che senpre si faceva qui innanzi a gli altri canti.

E a dì 2 di giugno 1490, si rizzò l'antenna e 'l falcone da tirare su le pietre, pure qui in sul Canto.

E a dì 11 di giugno 1490, si puose el primo bozzo al detto palagio.

E a dì 27 di giugno 1490, io Luca Landucci apri la bottega nuova qui dirinpetto al detto palagio degli Strozzi; e feci la 'nsegna delle Stelle. E lasciai quella bottega vecchia di sul canto, chi è de' Rucellai. E questa nuova è de' Popoleschi.

E a dì 21 di settenbre 1490, cadde una pietra in Santa Maria del Fiore, grande d'una mezza soma di

mulo, da uno di quegli occhi della cupola alti, di verso la sacrestia dove non si parano e preti; e cadde allato al coro. Ed era l'ora quando si paravano e preti per dire el vespro. E non fece male a persona, ch'era già piena la chiesa di giente, che fu cosa meravigliosa, come piaque a Dio che ci aiuta.

E a dì 19 d'ottobre 1490, si puose el drago di bronzo al palagio.

E a dì 22 di dicenbre 1490, si scoprì la capella di Santa Maria Novella, cioè la capella maggiore. L'aveva dipinta Domenico del Grillandaio; e fecela dipigniere Giovanni Tornabuoni. E fece il coro di legname intorno alla capella. Che costò solo la pittura fiorini 1000 d'oro.

E a dì 10 di giennaio 1490, ghiacciò tutto Arno in modo che vi si fece su alla palla, e arsevisi su scope; fu gran freddo.

E a dì 17 di giennaio 1490, questa notte che seguita verso e 18 dì, piovve una certa aquitrina, la quale in mentre che pioveva ghiacciava, e giugniendo in su gli alberi faceva ghiacciuoli. E fu in tanta quantità che 'l peso tirava in terra gli albori e ronpeva tutti e rami E nota che fu nella somità de' monti. Circa a un mezzo miglio presso a' fiumi non fece danno. E cominciò da Fiesole, insino in Mugiello; e a San Godenzo e a Dicomano fece grandissimi danni. E a me, a Dicomano, cavò delle barbe parecchi castagni grossi e querce, e ruppe quasi tutti e rami d'ulivi e d'ogni altro legniame, per

modo tale che a uno mio podere, de' rami soli si fece circa 20 cataste di legnie e assi di castagni di più d'un braccio larghe; che mai fu veduto al mondo tale cosa. Per tal modo che chi si trovò in tali luoghi, credeva che gli avessi a finire el mondo, sentendo ronpere e schiantare ogni cosa sanza rimedio, a sentire tutti boschi e 'l grande remore. Era tale filo d' erba che pesava parecchi libbre, le secce del grano ne' canpi parevano organi per tutto. E pagliai parevano tetti tutti invetriati, nè si poteva andare per terra in veruno luogo. A chi toccò fu pericolato. E poderi per molti anni restorono guasti che non feciono frutto, gli ulivi restorono piantoni e le querce tutte guaste. Fu una cosa incredibile e vera.

E a dì 19 di gennaio 1490, venne Arno molto grosso e rovinò el mulino del Ponte a Rubaconte a lato a Santa Maria delle Grazie, e affogovvi un portatore. E uscì Arno in più luoghi del lato suo. Questo mulino faceva filatoio.

E a dì primo di maggio 1491, si mutò le monete, cioè si cominciò a spendere le monete bianche. E feciono che 'l grossone valessi 16 quattrini e mezzo, come valevano e vecchi di questa moneta bianca; e che si dovessi pagare le gravezze e le gabelle di moneta bianca, che fu al popolo un poco d'agravamento; che si paga più el quarto, e 'l popolo aveva bisogno d'aleggerire. E' fu aggravato per permessione divina, pe' nostri peccati, perchè e' sono più tristi e poveri ch'e ricchi e grandi, comunemente. Sia a lalde di Dio.

E a dì primo di maggio 1491, si cominciò uno rialto tralla Loggia de' Signori e 'l Palagio, in tanto alto che s'andava al pari dalla porta del Palagio nella Loggia; con iscale, e di verso San Piero Scheraggio e di verso

la Piazza; in modo che non potevano passarvi più n'e cavagli, nè altre bestie; e anche un poco incomodo agli uomini, avere a salire e scendere. A chi piace, e chi no: a me non piaceva troppo.

E a dì 15 di maggio 1491, morì questo Filippo Strozzi che murava el detto palazzo; e non vide andato su insino alla lumiera. Vide fatto insino alle canpanelle. Ben puoi vedere che cosa sono le speranze di queste cose transitorie. E' pare che l'uomo ne sia signore, egli è l'oposito, loro sono signore di noi. Durerà questo palazzo quasi in eterno: guarda se questo palazzo à signoreggiato lui, e di quanti ancora sarà signore. Siàno dispensatori e non signori, quanto piace alla bontà di Dio. Ogni cosa è posto nella volontà di Dio e a decoro del suo universo. Onde io priego Iddio che gli abbi perdonato e sua peccati.

E a dì 7 di settenbre 1491, fu fornito di volgiere l'arco della porta di questo palagio, qui tra' Ferravecchi.

E a dì 5 di giennaio 1491, gli Spagniuoli ch'erano qui in Firenze per stanza, feciono fuochi e festa assai perchè ebbono nuove, come el loro Re di Spagna aveva conquistato tutta la Granata, e vinto e scacciato tutti e Mori ch'erano in quello regno di Granata: la quale nuova, non tanto fu la groria e utilità di quello Re, ma utilità e groria di noi e di tutti e Cristiani e corpo della Santa Chiesa. Fu stimato dagli uomini buoni e fedeli un grande aquisto per la fede di Cristo, e principio all'aquisto degl' Infedeli di Levante e di Gierusalem.

E a dì 10 di marzo 1491, el figliuolo di Lorenzo de' Medici cardinale, ebbe el cappello dal Papa. Fugli

dato alla Badia d'andare a Fiesole; e andogli incontro molti cittadini, e venne in Firenze, e andò a vicitare la Signoria; e l'altro dì andò a udire messa in Santa Maria del Fiore. E in detto dì gli fu presentato dalla Signoria di Firenze 30 carichi di portatori d'arienti, bacini, mescirobe e piattegli, e di tutti gli strumenti che si possono adoperare d'ariento, ad ogni grande signore, che (secondo che si disse) furono stimati più di 20 mila fiorini; benchè a me non mi pareva possibile; pure si diceva per pubrica boce e fama, e però lo scrivo. Per certo fu un ricco e magno dono. A lalde di Dio.

E a dì 12 detto, el detto Cardinale andò a Roma al Papa.

E a dìprimo d'aprile 1492, si cominciò a porre el davanzale al palagio.

E a dì 5 d'aprile 1492, venne la sera, circa a 3 ore di notte, una saetta in sulla lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore, e ruppela presso che mezza, cioè levò uno di que' nicchi di marmo, e molti altri marmi, di verso la porta che va e' Servi, per tale miracoloso modo che ne' nostri dì non vedemo d'una saetta tale effetto. Per modo che, se fussi stato da mattina, quando si predicava (che si predicava ogni mattina in quello tenpo con 15 mila persone d' udienti) bisognava di necessità vi morissi centinaia di persone. Ma nol permisse el Signore. Cadde quel nicchio e dètte in sul tetto della chiesa tralle due porte che va a' Servi, e ruppe el tetto e poi la volta in cinque luoghi, e poi si ficcorono nell'amattonato in chiesa. E cadde molti mattoni e materia della volta, che agiugneva insino alle panche della predica, ch' avrebbe giunti molti a sedere. E anche in coro cascò materia ma non grossa. E di fuori, cascò molti pezzi di marmo, dalla porta che va e' Servi;

de' quali un pezzo ne cascò sopra que' passatoi nella via e ficcò el passatoio e se sotterra; e un altro ne passò la via, e dette in sul tetto della casa dirinpetto alla detta porta che va e' Servi; e passò el tetto e poi più palchi e poi la volta, e ficcassi sotterra nella volta; non fece male a persona; ch'era la casa piena di giente. Stavavi un Luca Rinieri. Pensa che appena rimasono vivi di stupore e di terrore, per gran fracasso; chè non tanto quello ch'andò nella volta, ma più pezzi ch'andorono in su quei tetti di fuora ch' erono quivi intorno, e anche fece danno a quella tribuna di fuori della cupola.

E nota che quello nicchio grande cadde in chiesa e fece una grande buca nell' amattonato, e non si guastò di niente quanto fussi un grosso. Fu tenuta una cosa molto amirativa e significativa di qualche cosa grande, però che gli era tenpo sereno sanza nugoli; venne così inproviso.

E a dì 8 d'aprile 1492, morì Lorenzo de' Medici a Careggi, a' luogo suo; e dissesi, che sentendo lui le nuove dell'effetto della saetta, così amalato, dimandò donde era cascata, e da che lato. Fugli risposto, e fugli detto; e che disse: Orbè: io sono morto, ch'è cascata verso la casa mia. E forse non ne fu nulla, ma pure si diceva.

E a dì detto, lo recorono in Firenze, la notte alle 5 ore, e messolo in San Marco nella Conpagnia; e quivi stette tutto dì 9, che fu lunedì. E a dì 10, martedi, si seppellì in Sa' Lorenzo, circa a ore 20. Ben

può pensare ogniono ch'è la vita umana nostra; questo uomo era, secondo el mondo, el più grorioso uomo che si trovi, e 'l più ricco e 'l maggiore stato, più riputazione. Ogniuno lo predicava che governava l'Italia, e veramente era una savia testa; e ogni suo caso gli riusciva a bene. E al presente aveva condotto quello che per gran tenpo niuno cittadino l'aveva saputo fare: avere condotto el suo figliuolo al cardinalato. E non tanto à nobilitato la casa sua, ma tutta la città. E con tutte queste cose non potè andare più là un'ora, quando venne el punto. E però: uomo, uomo, qual cosa abbiàno noi da 'nsuperbire? El vero atributo umano è la vera umiltà e però ogni volta che noi insuperbiàno, e che noi ci stimiàno più che gli altri, e non riconosciàno da Dio ogni benifizio spirituale, corporale e tenporale; allora usciàno de' termini umani. Ogni cosa ch'esce de' termini sua, quella cosa è guasta, e le cose che gli doverrebbono fare bene gli fanno male. La vera propietà dell'uomo si è la vera mansuetudine e umilità, e stimare Iddio ogni cosa, e' resto nulla, se non in tanto quanto l'à fatta buona Iddio: el quale sia benedetto in etterno da tutte le creature, com'è degno. El quale mi perdoni e miei peccati, e così perdoni al sopradetto morto, come voglio che perdoni a me; e così a tutte le creature umane.

E a dì 20 di maggio 1492, tornò in Firenze el Cardinale de' Medici, e fu in domenica.

E a dì 26 di luglio 1492, morì papa Innocenzio ottavo, in giovedì; e domenica sonò qui per la sua morte, a dì 29.

E a dì 6 d'agosto 1492, fu in Firenze uno adirato tenpo, in tal modo, per buon pezzo, l'aria pareva come fa la girandola quand'ella s'accende; così spesseggiava

di tuoni e baleni: per modo tale che, cessato el tenpo, fu anoverato di quelle che feciono segno evidente, circa a otto saette in Firenze: una in sul canpanile di Santa +, e una in sulla Porta di San Gallo, e una alla Porta al Prato, una alla Porta a Pinti, e i' molti altri luoghi. Non feciono troppo danno, e no' ci morì.

E a dì 11 d'agosto 1492, alle 23 ore, ci fu come el Papa era fatto, e fu fatto un Cardinale, che era Vececancelliere, ed era spagniuolo; e chiamossi Papa Alessandro sesto.

E a dì 12 detto, ci fu el certo in sulla nona; e sonossi le canpane per la sua creazione.

E a dì 7 di novenbre 1492, andorono e nostri anbasciadori a Roma, a vicitare el Papa; e fu uno Piero di Lorenzo de' Medici, e 'l Vescovo d'Arezzo, e Pier Filippo Pandolfini, Francesco Valori, Tommaso Minerbetti. Andorono molto in ordine e massime Piero dei Medici.

E a dì 20 di dicenbre 1492, tornò questo Tommaso Minerbetti, cavaliere per le mani del Papa

E a dì 17 d'agosto 1493, intervenne questo caso ch'un certo marrano, per dispetto de' Cristiani, ma più tosto per pazzia, andava per Firenze guastando figure di Nostra Donna, e in fra l'altre cose, quella ch'è nel pilastro d' Orto Sa' Michele, di marmo, di fuori. Graffiò l'occhio al banbino e a Santo Nofri; gittò sterco nel viso a Nostra Donna. Per la qual cosa, e fanciugli gli cominciorono a dare co' sassi, e ancora vi posono le mani ancora uomini fatti; e infuriati, con gran pietre l'ammazzorono, e poi lo strascinorono con molto vituperio.

E a dì 20 di settenbre 1493, ci fu come 'l Papa aveva fatto cardinali.

E a dì 20 di giennaio 1493, el dì di San Bastiano,

nevicò in Firenze la maggiore neve che si ricordi mai, secondo che dissono e più antichi. E infra l'altre cose mirando, ch'ella venne con certo vento con una bufera, in tal modo, che per tutto 'l dì non si potè mai punto aprire usci, nè bottega, nè finestre di casa. E durò dalla mattina, a l'Avemaria, insino a l'altra mattina a l'Avemaria, che furono 24 ore, che mai cessò punto, senpre colla bufera; per modo tale che non era fesso nè bucolino sì piccolino, che non avessi el monte della neve in casa; nè sì suggellata casa che non fussi sì piena di neve, che si penò più dì a votarle. Vedevi per tutte le vie gittate dalle finestre e monti della neve, che bastorono molti dì, che non poteva passare nè bestie nè persone, in molti luoghi. Ed erono tanta la gran quantità per le strade, che bastò molti dì che non si poteva consumare, come fa qualche volta quando si raguna per fare un lione. Così durorono que' monti, perchè più d'otto giorni durò per la città. Chi lo vide lo crede. El simile fece a Dicomano in villa mia. Mandai Benedetto fra otto dì a votare la casa, che la trovò alta in casa come se non vi fussi stato tetti. E fu in cape d'otto dì. Sicchè fu universale per tutto.

E a dì 29 di giennaio 1493, ci fu, come el Re di Napoli era morto. Alcuni dicevano che gli era morte di maninconia, perchè intendeva tuttavolta che 'l Re di Francia passava.

E a dì 10 di marzo 1493, si gittò dalle finestre del Capitano uno, per fuggire la prigione, e morissi.

E a dì 26 d'aprile 1494, fu sostenuto in Palagio Lorenzo e Giovanni di Piero Francesco de' Medici; e dissesi che vi fu chi voleva che fussino morti, ma non si disse perchè. E a dì 29 detto furono licenziati di

Palagio. E a dì 14 di maggio 1494, andorono a' confini Lorenzo e Giovanni di Pier Francesco de' Medici.

E a dì 4 di maggio 1494, entrò in Firenze 4 anbasciadori franciosi. Aloggiorono in casa che fu di messer Iacopo de' Pazzi.

E a dì 5 detto, andorono alla Signoria; esposono l'anbasciata e ebbono la risposta. E a dì 7 si partirono e andorono a Roma.

E a dì 19 di maggio 1494, fecemo venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, perchè restassi di piovere: fumo esalditi.

E a dì 10 di giugno 1494, venne Arno grosso, in tal modo che coperse di molti grani, e fece un gran danno di sotto e di sopra. E fu tale che niuno di nostri più antico non si ricorda in questo tenpo sì grosso. E venne in sulla sera; fece danno assai a' grani ch'erano come maturi.

E a dì 10 di luglio 1494, ritornorono gl' inbasciadori da Roma, franciosi; rimasene uno in Firenze.

E in questi dì, venne l'armata del Re di Napoli in Porto Pisano, e asediorono la Spezie e Porto Veneri.

E a dì 22 di luglio 1494, andorono di qui anbasciadori a Vinegia che fu Pagoloantonio Soderini e Giovan Battista Ridolfi.

E a dì 5 d'agosto 1494, andò Piero de' Medici incontro al Duca di Calavria, in quello d'Arezzo, a vicitarlo, come si va a vicitare un gran maestro, un signore. Esendo in Firenze gl' inbasciadori del Re di Francia, e chiedendo el passo, e non sendo loro dato così presto, e intendendo questa andata di Piero, presono sospetto che Firenze non fussi amica del Re; secondo che si parlava per la città, e che 'l Re minacciava Firenze. Ed è stato fatica dargli ad intendere che noi siano fedelissimi amici, e che 'l sospetto non era nulla; benchè io non abbi queste cose se non per pubrica boce e fama. E in questi dì, giunse l'armata del Re di Francia a Gienova, e molto si parlava di questo che s'appiccherebono insieme.

E a dì 11 di settenbre 1494, fu rotta l'armata del Re di Napoli a Rapallo da quella del Re di Francia e de'Gienovesi; e non perchè s'appiccassimo insieme l'

armata, ma quella di Napoli, inprudentemente, cavò di galea circa 3000 fanti e mandogli in terra, stimando pigliare Rapallo; e finalmente fu tramezzato loro la via da' Gienovesi e dal Re, e non poterono tornare a galea. Fuggirono verso e monti, e furono tutti presi e morti e tutti spogliati, per modo che rimase l'armata del Re di Napoli disarmata e disfatta.

E a dì 21 di settenbre 1494, ci fu come el Re di Francia era entrato in Gienova, e ch'e Gienovesi gli facevano sì grande onore, parata tutta la città, in tanto ch' avevano posto le porte della città in terra, per più magnificenza e sicurtà del Re. Ma non fu poi vero che 'l Re v'andassi, fu ben vero l'apparato, e che l'aspettavano. Dissesi che non si fidò d'entrarvi.

E a dì 4 d'ottobre 1494, venne in Firenze un secondo inbasciadore del Re di Francia, e andorono alla Signoria, e non ebbono ricisa risposta, ma confusa; in modo isdegnati, che a dì 9 detto si partirono di Firenze, tutt'a due, e ritornorono al Re sanza el passo. Ei qual Re si disse ch'egli aveva giurato di dare a sacco Firenze alla sua giente. D'onde si venissi el non dare el passo volentieri, parve a ogniuno grande stoltizia e pericolo.

E a dì 23 d'ottobre 1494, ci fu come el Duca di Calavria era morto a Napoli, di sua morte, e forse di maninconia; che non fu sanza amirazione che in sì poco tenpo morissi el padre e 'l figliuolo, sotto tanto sospetto di perdere lo stato. Veramente egli era venuto la pienitudine del tenpo, che la mano di Dio lo toccò. Allora si comincia a credere e fermare ogni nostra superbia e così sarà di tutti noi altri. Messer Francesco, che giova soggiogare gli altrui paesi? Iddio ci perdoni e nostri peccati.

E a dì 26 d'ottobre 1494, si partì di qui Piero

de'Medici e andò per la via di Pisa incontro al Re di Francia; e come giunse al Re, gli fece dare le chiavi di Serezzano e di Pietrasanta e anche gli promisse danari. El Re volendo intendere el vero se gli aveva questa comessione, e' venne qui Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, ch'era andato col detto Piero de' Medici, e andò alla Signoria, chè gli fusse dato questa comessione; e nollo vollono fare. E Lorenzo un poco isbigottito non tornò in là: onde Piero fu un poco biasimato. E' fece come giovanetto, e forse a buon fine, poichè si restò amico del Re, a lalde di Dio.

E a dì 29 d'ottobre 1494, e Franciosi presono Fiovizzano per forza, e missolo a sacco.

E a dì 4 di novenbre 1494, andò un bando da parte della Signoria, che ogniuno fussi ubrigato mostrare la sua casa per allogiare e Franciosi. E comandavano che non si toccassi ne cavassi nulla di casa. Non piaque a molti perchè mostravano di avere più pagura che non bisognava; che toccava a loro ad avere pagura, s'e'si fussi cominciato, ancora che fussi male per noi. Ma la mano di Dio non ci fu ned è mai levata di capo, perchè à udito le lacrime e sospiri e preghi de' sua fedeli che vanno in verità, e che tutto 'l giorno lo priegano che facci bene a' buoni e retti di cuore, e che sopra tutte le cose amano l'onore e la groria di Dio e laldallo così nell'aversità, come nella prosperità, e non vogliono nè disiderano altro ch'adenpiere la volontà di Dio.

E a dì 5 di novenbre 1494, certi mandatari del Re di Francia andavano per Firenze, e segnavano le case che più gli piacevano. Andavano in casa, e per tutte le camere, e segnavano, questa per tale signore, e questa per l'altro barone.

E nota ch'elle non furono centinaia ma migliaia, in tanto che tutta la città fu occupata per ogni luogo; che quelle che non erono segnate, quando giunsono le giente dell'arme e la fanteria, occuporono in un tratto tutti e borghi e vie che trovavano drento dicendo: apri qua; e non curavano se era povero o ricco. Davano ad intendere di volere pagare: pochi furono che pagassino. E se pure pagava qualche cosa, pagava le corna e mangiavasi el bue. E fu ancora maggior cosa, che furono pochi che levassino le donne di casa, eccetto che le fanciulle, che furono mandate a'munisteri e a' loro parentadi, dove non era aloggiati. E in vero furono molto onesti, chè non fu solo uno che parlassi una parola disonesta a femine. Avevano pure in secreto una grande paura: tutto 'l giorno dimandavano quanta giente può fare Firenze; e intesono come Firenze, a un suono di canpana, centomila persone tra dentro e di fuori. E'l vero era questo, che gli erano venuti con animo di mettere a sacco Firenze; e 'l Re l'aveva loro promesso; ma non vidono el giuoco pure intavolato, non che vinto. E tutto fece el Signore onipotente.

E a dì 5 di novenbre 1494, si fece qui 5 anbasciadori, che fu Fra Girolamo predicatore dell'Ordine di San Domenico, abitante in San Marco, per patria Ferrarese; el quale noi crediamo che sia profeta, e lui nol niega nelle sue prediche, ma senpre dice da parte del Signore, e predice molte cose. El secondo fu Tanai de'Nerli, el terzo fu Pandolfo Rucellai, el quarto fu Giovanni

Cavalcanti, el quinto fu Piero Soderini; tutti cittadini fiorentini. E andorono a dì detto al Re di Francia ch'era in Pisa.

E in detto dì, ci giugnieva assai Franciosi, ch'era l'antiguardo del Re, aloggiando per le case segnate, che le segnavano col giesso.

E in questa sera circa a ore due, fu sentito in Palagio certi tocchi di canpana. Inmediato fu piena la piazza di giente, intimando suonassi a parlamento; perchè ogniuno era sollevato e in grande timore, aspettando tuttavolta gran cose.

E a dì 8 di novenbre 1494, tornò qui in Firenze Piero de'Medici, che veniva dal Re di Francia da Pisa; e quando giunse in casa, gittò fuori confetti e dètte vino assai al popolo, per recarsi benivolo al popolo; mostrandosi avere buono accordo col Re; e mostrossi molto lieto.

E in detto dì, e Signori mandorono un bando che, insino che stessi el Re in Firenze, non pagassi gabella nè legne, nè camangiari veruno; e 'l vino pagassi a mezza gabella; e che ogniuno potessi vendere e fare taverna.

E a dì 9 di novenbre 1494, in domenica, circa a ore venti che sonava vespro, Piero di Lorenzo de'Medici volle andare alla Signoria in Palagio, e voleva menare seco e sua fanti armati. E non volendo la

Signoria se non lui sanza arme, non vi volle andare solo, e tornossi a dietro. E poi ritornava pure in piazza. E in questo cominciò a venire giente in piazza, e in un momento si cominciò a gridare in Palagio Popolo e libertà, e sonare a Parlamento, e gridare dalle finestre Popolo e libertà. E inmediato, venne in piazza el gonfalone del Bue, e dietro a lui venne Francesco Valori a cavallo, con alcuni altri cittadini a cavallo, tutti gridando Popolo e libertà; che fu el primo che venissi in piazza. E immediatamente, non passò un'ora, che fu in piazza tutti e gonfaloni e tutti e cittadini. Fu piena la piazza d'arme con grandissime grida Popolo e libertà. E benchè non s'intendessi pe'popolo che si volesse dire tanta novità, nondimeno a casa Piero de' Medici non v'andò molti cittadini. Andoronvi e Tornabuoni e anche qualch'altri cittadini, e vestironsi l' arme con molti fanti, che lui aveva ordinati, e uscirono nella via alla sua porta, gridando Palle. E Piero montò a cavallo per venire in piazza colla sua giente; e più volte si mosse e poi stava fermo. Credo che non si vide accompagnato da troppi cittadini, e anche gli dovette esser detto che la piazza era piena di cittadini armati. E in questo, el Cardinale suo fratello si mosse da casa, con molti fanti e con que' cittadini che v'erano, e venne giù pe' Corso insino in Orto Sa' Michele, gridando Popolo e libertà come gli altri; mostrando partirsi da Piero. E in effetto se gli fece inanzi la piazza, mostrandogli le punte con grande grida, chiamandogli traditori, e no'gli vollono acettare. Tornossi indietro non sanza pericolo. E

inmediato andò un bando, che ogni forestiere posassi l'arme, a pena delle forche, che n'andò uno al Canto della Macina, e un altro di poi nella Via de' Martegli, apresso al Chiassolino; a pena delle forche, chi dessi aiuto o favore a Piero de'Medici. E in questo tenpo vedesti abandonare Piero de'Medici d'alquanti, e posare l'arme. Chi si partiva di qua e chi di là, in modo che rimaneva con pochi. Onde el detto Piero si partì e andò verso la Porta a San Gallo; la qual porta aveva fatta tenere aperta da Giuliano suo fratello, con molti fanti e di fuori. E di fuora, aveva el signor Pagolo Orsini con cavagli, armato, per venire drento. No'gli parve tenpo; e aspettò Piero, e parve loro d'andarsene con Dio, e Giuliiano co' lui. El povero Cardinale, giovanetto, si rimase in casa, e io lo vidi alle sue finestre colle mani giunte ginocchioni, raccomandandosi a Dio. Quando lo vidi m'inteneri' assai; e giudicai che fusse un buon giovane e di buona ragione. E veduto partire Piero, si disse che trasvestì come frate, e ancora lui se n'andò con Dio. E in questo tenpo mandorono un bando in piazza, che chi amazzava Piero de' Medici guadagniassi dumila ducati, e chi amazzava el Cardinale n'avessi mille. E in questo tenpo uscì di piazza di molti fanti, che fu co' loro Iacopo de'Nerli; e andorono a casa ser Giovanni di ser Bartolomeo, e missonlo a sacco. E poi si volse la turba, e gridavano Antonio di Bernardo, e missolo anche lui a sacco, e così missono a sacco el Bargiello. Senpre multipricava la giente e 'l popolo per andare a rubare. E questo fu fatto inanzi fussi 24 ore, che fu ogni cosa in manco di 4 ore. Onde la Signoria mandò un bando, che non si mandassi a sacco più case, a pena delle forche. Onde tutti e gonfaloni andorono tutta notte per Firenze alla guardia della città, gridando senpre Popolo e libertà,

con torchi acesi, in modo che non si fece più male; ecetto che fu morto un certo famiglio del Bargiello in piazza, che gridò Palle. E in questo tenpo, Girolamo di Marabotto Tornabuoni e Pierantonio Carnesecchi, e altri di quella parte si rivolsono e gridavano Popolo e libertà come gli altri. E volendo entrare in piazza, fu volto loro le punte e menato loro per modo che le corazze gli salvorono; e andoronsi con Dio. Vero è ch'a Girolamo Tornabuoni gli fu cavato la corazza in Orto Sa'Michele, e raccomandandosi, gli fu salvato la vita. E Giovan Francesco Tornabuoni fu ferito nella gota malamente: si ritornò a casa. E nel prencipio del fatto e Franciosi, ch'erano aloggiati in Firenze, alcuni andorono co' l'arme dalla parte di Piero e gridavano, francia. Credo che fussino avisati ch'ell' era fra cittadini e cittadini, e che non facessino contro al Palagio, ch'egli errerebbono: e così feciono. Tornorono a casa e sanza arme s'andavano per la città.

E a dì 10 detto, lunedì, ritornorono e cittadini in piazza armati, e tuttavolta mandavano a pigliare giente. Fu preso Antonio di Bernardo, ser Giovanni di ser

Bartolomeo, ser Simone da Staggia, ser Ceccone di ser Barone, ser Lorenzo che stava in Dogana, Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, Piero Tornabuoni, cavati di casa. La Signoria mandò un bando, a pena delle forche, chi avessi o sapessi chi avessi beni di Piero de' Medici e del Cardinale suo fratello, e così di ser Giovanni e di ser Simone e di ser Piero che stava in casa e'Medici e d'Antonio di Bernardo e di ser Lorenzo di Dogana. E più mandorono un altro bando, che venissi al Consiglio tutti i veduti e seduti. Andovvi un grande numero di cittadini. E in questa mattina mandorono a sacco la casa del Cardinale che stava in Santo Antonio di Firenze. Mandoronvi e mazzieri, e feciono posare alcune cose ultime che vi restorono.

E a dì 11 detto, martedì, venne uno in piazza, di fuori della Porta [alla] +, e disse avere lasciato indietro giente d'arme e fanti che venivano verso Firenze, di Piero de' Medici. Inmediatamente si cominciò a gridare Popolo e libertà, e in manco di mezza ora fu in arme tutta la città, corendo in piazza di tanta prontitudine, che mai si vide simile unione, così presto, piccoli e grandi, con tante grida Popolo e libertà. Credo che se fussi venuto tutto 'l mondo, non arebbe spuntato tale unione; per tal modo che fu permesso dal Signore che si facessi una tal pruova di questo popolo, in questo tenpo pericoloso de' Franciosi, che tuttavolta entravano

in Firenze con cattivo animo di mettere Firenze a sacco. E veduto un popolo a ordine di questa natura, mancorono d'animo assai. E inteso la verità, che non veniva giente, si mandò bando che si posassi l'arme e fu in sull'otta del desinare. E nondimeno rimasono senpre alla guardia e gonfaloni, di dì e di notte, con buona giente; e tuttavolta entrava molti cavagli e giente del Re di Francia. E la Signoria fece aprire tutta la Porta di San Friano. E in questa sera, el Re di Francia albergò a Enpoli, e venne inanzi al Re più di 6 mila persone e co'lui altrettante, e dietro a lui altre 6 mila. E in questo dì aleggierirono le gabelle e feciono grazie grandi.

E a dì 12 detto, mercoledì, ritornò Lorenzo di Piero Francesco de'Medici, e desinò alla sua casa della Gora, e la sera medesima andò incontro al Re, che veniva 'albergo a Legniaia, in casa Piero Capponi. E in questo dì, fu preso el Bargiello nella chiesa de' Servi. E in questo dì, venne più Franciosi che negli altri dì, e enpierono tutte le case de' cittadini, e anche de' poveri, insino tutto Camaldoli.

E a dì 13 novenbre detto, giovedi, ci fu nuove ch'e Pisani avevano corso Pisa e presa per loro, e tolsono un certo marzocco di marmo e stracinorolo per tutta Pisa, e poi lo gittorono in Arno, gridando: Libertà. E

più ci fu nuove che Piero de' Medici e' frategli erano a Bologna; e qui entrava tanti Franciosi, Svizoli e tanta ciurma, in modo ch' era grande confusione e spavento e sospetto a ogni condizione di giente. Pensi ogniuno che cosa era avere quella ciurma per le case, e non avere levato di casa nulla e trovarsi colle donne, e avere a servigli di ciò che bisognava, con grandissimo disagio.

E a dì 14 detto, venerdì, entrò drento Lorenzo di Piero Francesco de' Medici e 'l fratello, e alcuni altri usciti e confinati, perchè avevano ribanditi tutti gli usciti dal trentaquatro in qua. E sappi che 'l detto Lorenzo de' Medici e 'l fratello ancora loro erano isbanditi. E già erano piene tutte le case.

E a dì 15 di novenbre 1494, sabato, entrava tuttavolta gran giente, e qui s'ordinava di fare un grande onore al Re.

E a dì 16 detto, domenica, si fece grande apparato pe' Re, in casa Piero de' Medici, e massime alla porta del palagio de' Medici. Feciono due grande colonne di fuori, che mettevano in mezzo la porta, con tanti adornamenti, e arme del Re di Francia, che non si potrebbe dire. Era veramente una cosa trionfale, tante erano grandi e ben fatte ogni cosa. Non ti dico nulla drento com'era apparato. E fecesi spiritegli e giganti, e triunfi andare per la terra, e feciono el dificio della Nunziata, con tante gale e arme di Francia per tutto Firenze. E feciono sopra la porta del Palagio de'Signori la detta arme del Re, grande e magna con tanti ornamenti.

E a dì 17 di novenbre 1494, entrò in Firenze el Re di Francia, alle 22 ore. Giunse alla porta a San Friano e andò per piazza, e andorono tanto adagio che gli era 24 ore, quando entro in Santa Maria del Fiore. Scavalcò alle scalee, e andò all'altare maggiore, con tanti torchi, che dalla porta insino all'altare maggiore erano doppi, che lasciavano una via per mezzo netta di giente; e per quella andò con sua baroni e cittadini, insino all'altare maggiore, con tanto tomulto di grida Viva Francia: mai fu sentito maggiore al mondo. Pensa ch'egli era tutto Firenze tra in chiesa e fuori. Ogniuno gridava, piccoli e grandi e vecchi e giovani, tutti d'un animo vero, sanz' adulazione. E vedutolo a piede, parve al popolo un poco diminuta la fama; perchè invero era molto piccolo uomo. Nondimeno non era niuno che nollo amassi di buon cuore, e da dovere. Così fussi stato agievole a dagliene a intendere ch'ogniuno à el corpo pieno di gigli, e che ogniuno gli va in verità; in tanto, che doverebbe amare noi singularmente, e fidarsi di noi d'ogni e qualunche cosa. E questa è cosa vera, e vedrallo per l'avenire la gran fede de'Fiorentini. E uscito di chiesa, rimontò a cavallo e andò a scavalcare a casa di Piero de'Medici al suo palazzo, senpre gridando Viva Francia; che mai fu fatta tanta alegrezza, e tanto onore d'un animo buono e non fitto, sperando in lui ogni nostra pace e riposo. E finalmente non fu così, perchè ci tolse Pisa e donolla a'Pisani, chè non poteva nè doveva farlo; perchè dètte quello che non era suo.

E a dì 18 di novenbre 1494, martedì, el detto Re andò a udire messa in Sa' Lorenzo, e io stetti alla medesima messa e molto lo vidi d'apresso in detto San Lorenzo.

E a dì 19 detto, mercoledì, udì pure messa in Sa' Lorenzo, e poi el dì andò per Firenze e a spasso; e volle vedere e lioni, pure a cavallo. E volle che si cavassi di prigione alcuni ch'erano nel palagio del Capitano, per casi di Stato, che fu un ser Lorenzo e uno Andrea e altri presi; e fugli conceduto di fatto, perchè nel passare quivi volle fare quello beneficio agl' incarcerati.

E a dì 20 detto, giovedì, non ci fu altro se non che per la città molto si mormorava come el Re voleva rimettere Piero de' Medici in Firenze; e pareva ch'e cittadini di stato si contristassino di questo.

E a dì 21 detto, venerdì, circa a ore 21, e Signori avevano mandato per Consiglio e de' più degni uomini della città, e proposto loro come el Re aveva detto una cosa, e al presente ne voleva un'altra, e come e' chiedeva di rimettere Piero de'Medici, e che consigliassino quello s'aveva a rispondere. E in effetto fu risposto da tutti, che per niente non si consentissi del tornare, ancora che'l Re volessi lui; e che si rispondessi al Re, che ogni altra cosa che quella gli sarebbe ceduta. E più, fu consigliato da tutti e cittadini, che se gli era di bisogno

pigliare l'arme, che si facessi contro al Re e a ognuno che volessi dire el contrario, dicendo: se 'l Re à 20 mila persone, noi n'aremo 50 mila de' nostri propi dientro. Mostroron non avere paura del Re, e qui si mostrò avere partorito un grande odio fra' cittadini e questo Piero de' Medici; donde si nasca lo sa el Signore. E in questo tenpo, come piaque a Dio, cominciò un poco di scandolo in Piaza de' Signori; esendo tutto el popolo in sospetto e sollevato a ogni piccolo romore, aspettando tuttavolta qualche cosa pericolosa. Si stava in grande timore e quasi ismarriti; e massime avere le case piene di Franciosi. E tuttavolta si sentiva dire che 'l Re aveva promesso a' soldati Firenze a sacco. E [per] questo poco di scandolo della piazza, ogniuno correva a casa e serravasi tutte le botteghe, e chi mandava panni a casa e chi drappi, dove credeva essere più sicuro. E questo sospetto era così tacitamente, sanza parlare; onde molti Franciosi, non manco ismarriti di noi, pigliavano l'arme, e presono la Porta di San Friano e' ponti per sospetto di loro, per potersene andare a lor posta. E forse avevano inanzi così ordinato infra loro, quando fussi loro bisogno. Onde la Signoria con quello Consiglio che consultorono le sopradette cose, inteso che ogniuno serrava le botteghe, ancora più caldamente vidono el pericolo d'essa tornata di Piero. Allora e Signori inposono al sopradetto Consiglio, e massime a' più degni uomini, ch'andassino al Re e mostrassino el pericolo della città, e che fussi contento nollo chiedere, che gli anderebbe male tutta la città e ogniuno; e simile parole. Onde el Re, veduto e cittadini così disposti, e veduto el pericolo ancora suo, rispuose: Io non sono qui per conturbare ma per pacificare, e se io ò ragionato di tal cosa, credevo fare piacere al popolo e a ogniuno. E

che non voleva altro per niente che l'università; e che per lui non si ragionassi di sua tornata. Allora e cittadini offersono al Re: Quello che v'e di piacere volere da questa libertà, siano senpre parati al vostro aiuto. Allora el Re chiese, che voleva che la città di Firenze gli prestassi 120 migliaia di fiorini, pagati al presente 50 mila, e per tutto luglio 70 mila, e poi ogn'anno, durante la guerra, ne prestassino 12 mila l'anno; e che dopo la guerra lasciare libera la nostra città d'ogni e qualunche cosa, e così morendo lui, lasciarla libera; aquistando o non aquistando, senpre libera. Ma voleva solo queste fortezze di Pisa e alcune altre che gli aveva prese di Serzana e altre, affine di potere tornare indietro a sua posta. No gli fu risposto allora. Al fatto de' fiorini presono tenpo; così si disse per ogniuno.

E a dì 22 detto, sabato, si stava in grande timore dell'andare a sacco, e si diceva: E' non vuole soscrivere l'accordo; quest'è cattivo segno. E tuttavolta la giente del Re s'insignoriva più della città; non lasciavano arme a' cittadini, di dì nè di notte, che la toglievano, e davano bastonate e coltellate; e niuno non parlava nè andava fuori, da l'Ave Maria in là; e spogliavano la notte, e le lor guardie andavano tutta la notte per la città. Ogniuno era avilito e con grande timore. Come vedevano uno che portassi sassi, o chi portava ghiaia, facevano pazie e davano.

E a dì 23 detto, domenica, el Re andò fuora a cavallo con molta cavalleria, e venne per Borgo Sa' Lorenzo e alla Croce di San Giovanni; e quando fu presso alle scalee di Santa Maria del Fiore, girò e volsesi in verso e Servi; e andando pochi passi, si rivoltò un' altra volta, e andò dalla Croce di San Giovanni, e entrò drietro a San Giovanni, per quello Chiassolino stretto, e venne

sotto la Volta di San Giovanni, da' Cialdonai; che chi lo vidde si rideva, e diceva queste cose molto leggiere, e perdendo piutosto di fama che no. E andonne per Mercato vecchio, e andonne infino a San Felice in Piazza per vedere la festa di San Felice, che allora la facevano per suo conto, e giunti alla porta non vi volle entrare; e fecionla più volte e non vi entrò mai. Molti dissono che egli aveva paura e non si voleva rinchiudere, e questo ci mostrava che egli aveva più paura di noi; e guai a lui se cominciava, benchè vi fusse anche el nostro gran pericolo. Ma el Signore Iddio c'à sempre aiutati per l'orazioni de'servi del Signore e di tanti buoni e buone religiosi che sono in questa città, che vanno in verità a Dio. E in questi dì ci venne due ambasciadori Viniziani al Re, e più c'erano gli anbasciatori Genovesi al Re, e dicevasi che venivano per domandare Serezzana e altro.

E a dì 24 detto, lunedì, molto si bisbigliava infra 'l popolo co grande sospetto dicendo: questo Re non sa quello si voglia, non à ancora sottoscritto l'accordo.

E molti dicevano che alcuni sua consiglieri attendevano a sconciare, come fu un certo Signore di Bre, ch' era alloggiato in casa Giovanni Tornabuoni; che si diceva ch' egli aveva promesso ad alcuni di fare rimettere Piero de'Medici, e farlo dimandare al Re, e forse non fu vero. Questo era in oppenioni d'uomini. Onde el popolo stava in grandissimo timore; e ancora più, quando si disse ch'el Re aveva andare questa mattina a desinare in Palagio colla Signoria, e che gli aveva fatto cavare l'arme di Palagio, e lui voleva andare con molta arme, per modo ch'egli entrò el sospetto a tutto 'l popolo, che ognuno attese questa mattina a rienpiere le case di pane e d'arme e di sassi e afforzarsi in casa quanto era possibile, con propositi e animi ognuno volere morire co l'arme in mano e ammazzare ognuno, se bisognassi, al modo del vespro Ciciliano. E fu tanto el timore, che fece caso, in su l'ora del mangiare, si cominciò a dire serra serra, e tutto Firenze serrò, fuggendo chi quà e chi là sanza altra causa, o altro romore; onde molti Franciosi corsono alla Porta a San Friano e presono el Ponte alla Carraia. E in Borgo Ognissanti e in Palazzuolo e in Borgo San Friano furono tanti e sassi dalle finestre, che non poterono pigliare le porte; e dimandando che cosa fussi, niuno el sapeva. Onde el Re non andò a desinare in Palagio. Fu una permissione divina che gli entrasse tanto sospetto da ogni parte, che fu causa che mutorono l'animo loro cattivo in verso di noi che l'

avevamo buono. Ognuno può vedere che Iddio non abbandona Firenze, ma noi siamo troppi ingrati. E in questo dì ci fu come el canpo del Re, che egli aveva per la Romagna, passava di qua e da Dicomano.

E a dì 25 detto, martedì, non ci fu altro se non che Franciosi avevano tanta paura che facevano guardie la notte e 'l dì; toglievano arme e spogliavano chiunche e' trovavano la notte, per modo che la notte ne fu morti e feriti alcuni di loro da questi Fiorentini bravi, ch'avevano fatto pensiero d'ammazzargli quando gli trovavano fuori di notte. E se gli avevono a star più, l'arebbono fatto, che sarebbe stato quello che ci arebbe fatto capitar male. Sempre certi leggieri pericolono le città, che non pensano che cosa è attizzare el fuoco: alle volte uno che non vale un danaio farà isdegnare un Re per qualche sua leggerezza, sanza colpa della città.

E a dì 26 detto, mercoledì, el Re andò, insieme colla Signoria, a udire messa in Santa Maria del Fiore, e quivi giurò osservare e capitoli ch'erano compilati, che furono questi: che noi gli dovessimo prestare 120 migliara di fiorini, dargli al presente 50 mila fiorini e 'l resto per tutto luglio 1494, e che lui ci dovessi rendere e lasciare le fortezze di Pisa e tutte le altre cose, e lasciare le nostre terre libere e spedite, e che Piero de'Medici restassi confinato 100 miglia discosto da Firenze, e che gli fussi levato el bando della taglia di fiorini 2000 e così si levassi a' frategli. Tutto questo giurò osservare in su l'altare di detta Santa Maria del Fiore, innanzi a Cristo Giesù, come parola di re.

E a dì 27 detto, giovedi, andò el Re fuori a vedere certi padiglioni distesi in sul Prato d'Ognisanti, chè gli aveva mandato el Duca di Ferrara a donare al Re, chè ve n'era uno pe' Re, molto bella cosa, el quale aveva sala, camera e cappella, e molte belle cose. Dovevasi partire questa mattina e nol fece: sonassi a gloria e fecesi fuochi. E in questa mattina giunse a Dicomano molti uomini d'arme di quegli del Re che venivano di Romagna: alloggiorono a Dicomano, e insino al luogo mio c'avemo forse 20 cavagli. Lasciavi Benedetto mio figliuolo molto giovanetto, ch'andò più volte a pericolo che nollo ammazzassino, avvenga che facessi loro onore assai, com'io gli imposi; chè ci costorono assai. Alloggiorono per tutto el Val di Sieve, e in sino al Ponte a Sieve e per insino alle Sieci; poi andorono per Valdarno di sopra.

E a dì 28 di novenbre 1494, venerdì, si partì el Re di Firenze, dopo desinare, e andò albergo alla Certosa, e tutta sua gente gli andò dietro e innanzi, che poche ce ne rimase. E dissesi che fra Girolamo da Ferrara, famoso nostro predicatore, andò al Re, e dissegli che non faceva la volontà di Dio, allo stare, e che dovessi partire. E più si disse che v'andò una altra volta quando vedeva che non si partiva, e dissegli che non faceva la

volontà di Dio, e che 'l male che doveva essere sopra altri, tornerebbe sopra di lui. E questo si stimò che fussi la causa che si partì più presto, perchè detto frate Girolamo in questo tempo era in oppenione degli uomini che fussi profeta e di santa vita, in Firenze e per tutta l'Italia. E in questo dì, venne in Firenze el suo Capitano della gente sua di Romagna, ch'aveva nome el signore Begnì, e disse al Re, un poco sopra mano, che si dovessi partire per ogni modo, che 'l tempo era prospero e ch'egli andassi innanzi; e mostrò averlo per male l'essere soprastato. E di fatto el Re si partì perchè prestava più fede a questo Signore che a tutto 'l resto: e meritamente ch'era uno uomo molto savio e buono, secondo che si diceva; e questa fu la cagione potissima del partir presto.

E a dì 29 detto, sabato, el resto del campo del Re ch'era in Romagna, passò di quà e venne da San Godenzo e a Dicomano e al Ponte a Sieve, e poi per Valdarno di sopra, facendo molto danno. E a Corella ammazzarono circa undici uomini e presono prigioni e posono taglie, guastando tutto 'l paese come fussi una fiamma di fuoco. E a me fu rotto el muro della casa, e rotto tutti e serrami, e entrato per forza al mio podere, e feciommi molto danno, e consumorommi vino e biada, e portoronne alcune masserizie ch'attagliavano loro; e quelli di Corella ch'egli ammazzarono, furono certi uomini vecchi, per

accettargli, e non intesano l'uno l'altro. È ben vero che prima si feciono innanzi certi giovani per ributtargli, ma quei vecchi facendogli tirare indietro; e quei Franciosi bestiali dettono a quei vecchi su per la testa e lasciorongli morti pe' campi, e per tutto feciono crudeltà.

E a dì 30 detto, non ci fu altro se non parlare delle crudeltà ch' egli avevano fatto per tutto.

E a dì primo di dicenbre 1494, lunedì, quel medesimo. Tuttavolta passavano per Valdisieve el restante del campo di Romagna.

E a dì 2 di dicenbre 1494, martedì, si fece Parlamento in Piazza de' Signori, circa a ore 22, e venne in piazza tutti e gonfaloni, che ogniuno aveva dietro tutti e sua cittadini sanza arme. Solo fu ordinato armati assai alle bocche di piazza; e lessesi molte cose e statuti che furono parecchi fogli scritti. E prima fu dimandato al popolo se in piazza era e due terzi de' cittadini. Fu risposto da' circunstanti che sì. Alora si cominciò a leggere: e dissono ne' detti capitoli, ch' annullavano tutte le leggi dal trentaquattro in quà e annullavano e Settanta e' Dieci e Otto di Balìa, e che si dovessi fare col Consiglio del Popolo e Comune, e serrare le borse e fare a tratte, come si soleva vivere a Comune; e fare uno isquittino più presto si potrà. E per al presente facevano 20 uomini de'più nobili e savi, c'avessino a fare al presente la Signoria e gli altri Offici, insieme colla Signoria e' Collegi, tanto fussi ordinato lo squittino. E di poi si stessi contento alla sorte, sempre. E detti 20 uomini si toglieva di loro dieci ch'avessino a badare alla guerra di Pisa, e altro che bisognassi.

E a dì 3 detto, mercoledì, si fece e detti 20 uomini; e feciono e Dieci della guerra, e altri ufici.

E a dì 4 detto, giovedì, venne in Firenze l'anbasceria del Duca di Milano.

E a dì 5 detto, venerdì, gli Otto cominciorono a pigliare certi cittadini e mandargli al Podestà, che facessi loro ragione.

E a dì 6 detto, sabato, predicò frate Girolamo e ordinò una limosina pei poveri vergogniosi, la quale s'ordinò in 4 Chiese: in Santa Maria del Fiore, in Santa Maria Novella, in Santa + e in Santo Spirito; la quale si dètte el dì seguente, la domenica. E fu sì grande da non poterla stimare, d'oro e d'ariento, panni lani e lini, drappi e perle e altro: ogniuno porgieva con tanto amore e carità.

E a dì 7 detto, domenica, si fece detta oferta. E predicò pure in Santa Maria del Fiore, e ordinò che si facessi una processione, a ringraziare Iddio dei benifici ricevuti.

E a dì 8 detto, lunedì, si fece la processione, e tutta volta s'oferse pe' detti vergognosi, che non fu manco. Fu una processione molto maravigliosa, di sì grande numero d'uomini e di donne d'una stima grandissima, e con tanto ordine e ubidienza del Frate, che comandò che niuna donna non istessi su pe' muriccioli, ma stessino drento alle lor case, coll'uscio aperto chi voleva; in tanto che non aresti trovato una donna su pegli usci

o moricciuoli. Fu con tanta divozione che non si farebbe forse un'altra volta. Non fu manco limosina che la prima della domenica. Non ebbi el vero del numero della limosina, ma furono migliaia di fiorini.

E a dì 9 detto, martedì, mandorono un bando che Piero de' Medici fussi confinato fuori del tenitorio dei Fiorentini miglia 100.

E a dì 10 detto, mercoledì, si trovava tuttavolta danari avevano nascosi in Dogana, sotto carboni e sotto aguti, e in più luoghi, che confessavano ognindì e detti cittadini presi. E più si diceva che 'l Re era giunto in Viterbo e che 'l Papa s'accordava a dargli passo.

E a dì 11 detto, giovedì, venne in Firenze una soma di danari trovati a Pistoia, che gli aveva nascosti Salvalaglio negli Ingiesuati. Tuttavolta si martoriava Antonio di Bernardo e ser Giovanni di ser Bartolommeo, e confessavano queste cose.

E a dì 12 detto, venerdì, fu inpiccato Antonio di Bernardo di Miniato, la mattina inanzi dì, alle finestre del Capitano; e stettevi inpiccato insino alle 24 ore. E in questi dì e Franciosi aveano tolto seta de' Fiorentini, che veniva di Levante qua, in quello di Cortona, che valeva 40 mila fiorini, e nolla volevano rendere. Pure la renderono col tempo, benchè costassi assai.

E a dì 13 di dicenbre 1494, sabato, c'era nuove che 'l Re segnava le case in Roma.

E a dì 14 detto, domenica, si disse come 'l Re era in Viterbo, e facevano delle cose bestiali come feciono qui.

E a dì 14 detto, domenica, ci fu come in Roma avevano cacciato e segniatori, e morti molti Franciosi, e che si volevano difendere e no' gli accettare in Roma.

E a dì 14 detto, domenica, ci fu come e Cardinali, insieme col Papa, erano entrati in Castello Sant'Agnolo, con animo di tenersi, e tagliato e ponti, ecetto che quello di Castello Sant'Agnolo, e che v'era venuto el Duca di Calavria con molta forza; sì che qui si giudicava ch'e Franciosi avessino a capitare male, e anche si disse, che 'l Re aveva mandato un bando in Pisa che e Pisani dovessino tornare sotto e Fiorentini; altrimenti e Fiorentini faciessino loro tal guerra che gli disfacessino in tutto, alle spese del detto Re di Francia; cioè ch'e danari che egli aveva avere, servissino per tale spesa, e finalmente non era vero, ma pasceva senpre di parole.

E a dì detto, frate Girolamo molto s'affaticava in pergamo, che Firenze pigliassi una buona forma di governo, e predicava in Santa Maria del Fiore ogni giorno; e questa mattina, che fu in domenica, predicò, e non volle donne, ma uomini; e volle e Signori, che non rimase se none el Gonfaloniere e uno de' Signori in Palagio; e fuvi tutti gli Uficj di Firenze: e predicava tutta volta intorno al fatto dello Stato, e che si dovessi amare e temere Iddio, e amare el bene comune; e che

niuno non volessi più levare el capo e farsi grande. Senpre favoriva el popolo; e tutta volta diceva che non si facessi sangue, ma punissesi per altra via; e così predicava ogni mattina. E fecesi più forme, ed era grande controversia fra' cittadini, in modo che ognindì si stava per sonare a parlamento.

E a dì 15 detto, lunedì, quel medesimo. E tuttavolta c'era nuove di Pisa che si tenevano forte e scorrevano per tutto, predando e facendo danno assai con ogni animo.

E a dì 16, martedi, pure colle prediche del detto Frate.

E a dì 19 detto, venerdì, si portò su in Palagio molte bozze di governo. Ogni gonfaloniere fece una bozza, come aveva detto el Frate.

E a dì 21 detto, domenica, predicò; e ancora non volle donne: predicò pure di Stato, e tuttavolta si stava in tremore, che non s'accordavano e cittadini. Chi la voleva lessa e chi arosto, chi andava secondo el Frate, e chi gli era contro; e se non fussi questo Frate, si vieniva al sangue.

E in questa sera, come permisse el Signore, circa a 2 ore di notte, tra' Ferravecchi, presso alla Volta della Luna, Benedetto mio figliuolo gli fu dato una coltellata in sul viso a traverso alla gota e non fu piccola; della quale non sapemo mai da chi. Crediàno fussi colto in iscanbio, non avendo fatto dispiacere a niuno, nè aveva d'alcuno sospetto: fu pe'nostri altri peccati. Della quale ingiuria gli perdono liberamente, come io voglio che 'l Signore perdoni a me, e priego Iddio che gli perdoni, e per questo non gli dia l'inferno.

E a dì 22 di dicenbre, lunedì, dicevasi che 'l Re era in Viterbo, e tuttavolta si ragionava de' Franciosi, di

Roma, di Pisa; e come Roma non voleva dare el passo. Ed eravi giunto el Duca di Calavria, per fargli risistenza.

E in questo dì, vinsono in Palagio molte cose: Chi ammazzava non potessi mai tornare a Firenze: e sopra el vizio inominabile, una leggie che chi fussi trovato la prima volta, stessi in gogna; la seconda, fussi suggiellato alla colonna; la terza, fussi arso; e più altre leggi, con ordine tutte del Frate.

E a dì 25 di dicenbre 1494, fu la Pasqua. E non si faceva se non ragionare de' Franciosi, come a Roma erano giunti, e come la strignevano, e come avevano preso San Pagolo, e fatto ponti di legname.

E a dì 28 di dicenbre 1494, domenica, predicò frate Girolamo, e non volle donne. Ebbe un grande popolo; ch'era giudicato alle sue prediche quasi senpre 13 o 14 migliaia di persone. Stavasi tuttavolta con grande sospetto: dubitavasi di qualche scandolo, in questo prencipio di nuovo governo.

E a dì 29 detto, si trasse e Signori nuovi; cioè un nuovo modo di fare e Signori. E 'l primo Gonfaloniere fu uno de' Corbizi, che non fu sanza dolce alegrezza, parendo un governo popolare e più comune.

E a dì 30 detto, martedì, si fece inbasciadori a Pisa, che fu Piero Capponi e Francesco Valori, insieme con Franciosi, e lettere del Re, come ci fussi renduto Pisa.

E in effetto se ne feciono beffe in modo, ch' el popolo stimò che 'l Re ci dondolassi e ingannassi; e stimossi trista novella come in effetto fu.

E a dì 31 detto, mercoledì, ci fu come certe navi del Re erano andate a traverso, che gli portavano dietro vettuvaglia assai, che gli fu cattiva nuova.

E a dì primo di giennaio 1494, entrò la nuova Signoria, e fu una alegrezza grande vedere tutta la Piazza de' Signori calcata di cittadini, altrimenti che l' altre volte, come cosa nuova, ringraziando Iddio ch'aveva dato questo comune governo a Firenze, e cavati di suggiettitudine: e tutto era ordine del Frate.

E a dì 2 detto, venerdì, feciono dua anbasciadori a Milano, che fu messer Luca Corsini, e Giovanni Cavalcanti. Andorono onorevolmente.

E a dì 3 detto, sabato, tornorono gli inbasciadori da Pisa e non avevano conchiuso nulla; e dubitavasi assai di questa Pisa. E più si diceva, come Piero de' Medici era andato al Re di Francia a dolersi dell'essere stato cacciato, per avere tenuta la parte sua; e ch'egli aveva avuto buone parole da lui; e come detto Piero minacciava, e massime un certo Girolamo Martegli, ch' era sopra ritrovare la roba occulta di detto Piero.

E in detto dì, fu dato sentenzia che ser Giovanni di ser Bartolomeo andassi a Volterra in un fondo d'una rocca; e ser Zanobi, che stava agli Otto, fu condannato in fiorini 500 e confinato in Firenze; e ser Ceccone fu confinato nelle Stinche, con altri presi.

E a dì 4 di giennaio 1494, domenica, ci fu come el Re di Francia era entrato in Roma d'accordo; e nondimeno non gli dettono Castel Sant'Agnolo. Dissesi ch'egli aveva saccheggiato gli Orsini.

E a dì 6 detto, martedì, la Pifania, gli Otto cercando di danari, trovorono in Sa' Marco 1200 fiorini di quelli di ser Giovanni. Alcuni davano carico al frate Girolamo; onde, predicando, poi si scusò e disse no ne avere avuto notizia di detti danari, nè n'era stato richiesto di tal cosa.

E a dì 7 detto, mercoledì, gli uomini che furono fatti a fare grazie, si ragunorono nel Vescovado e cominciorono a fare grazie; e furono sì grandi e magne, che chi avessi avuto debito miglia' di fiorini, pagava una coppia o due di fiorini. Furono sanza misura. Imitorono el Signore che fa così.

E a dì 8 detto, giovedì, si disse che 'l Re di Francia voleva Castel Sant'Agnolo e 'l Papa e' Cardinali e 'l fratello del Turco, ch'erano in detto Castello Sant'Agnolo.

E a dì 9 detto, venerdì, ci fu come el Re aveva fatto licenziare certe sete de' Fiorentini, ch' avevano tolto

e Franciosi, e ch' ell' erano nelle mani de' Fiorentini in Roma; e come trattava bene la Nazione fiorentina. E ognindì passava cavagli e some di panni di Francia, ch' andavano al canpo di Roma de' Franciosi.

E a dì 11 di giennaio 1494, domenica, predicò frate Girolamo e scusossi assai, e disse molto sopra la riforma della città; e come c'era diavoli che tiravano adietro el vivere a Comune; e come loro scrivevano lettere contrafatte, che paressi che 'l Frate dessi speranza a Piero de' Medici che tornassi, per farlo in disgrazia del popolo. E non di meno e' non era vero: che 'l Frate teneva col popolo, e col bene comune. Fu molto infamato da questi golpini, a torto; che la verità sta senpre di sopra. Vero è ch'egli augumentò senpre questo vivere popolare.

E a dì 12 detto, lunedì, si fece fanti per a Pisa, e mandavansi via, e facevasi disegno d'averla in corto tenpo.

E a dì 13 detto, martedì, feciono venire le bonbarde d'Arezzo e mandavansi giù a Pisa, e molte spingarde, e polvere assai. E tuttavolta si praticava la pace qui, tralla discordia de' cittadini.

E a dì 17 detto, sabato, predicò frate Girolamo; e molto s'inpacciava di questa pace e unione de'cittadini; e molti cittadini si cominciarono a scandalizzarsi contro al Frate dicendo: Questo frataccio ci fa capitare male.

E a dì 18 detto, domenica, si bandì un accatto di 100 mila fiorini, porre a tutti e cittadini; e molto isbigottì el popolo, e quasi si fermò ogniuno di lavorare; e stavasi malcontenti. Ogniuno diceva: Così non può

stare; e' poveri che vivono solo di manifatture si morranno di fame, àranno a stare colle limosine di San Martino.

E a dì 20 di giennaio 1494, ci venne molti Fiorentini, circa 400, scacciati da Pisa da' Pisani, e lasciorono le lor donne e' figliuoli e lor botteghe, e furono molto male trattati. E molto si parlava delle pazzie loro.

E a dì 21 detto, andorono via e commessarii di qui a Pisa, e menorono co' loro molti bravi e giovani molto inanimati a fare loro ogni male. E anche si soldava molta giente; e di quello di Pistoia v'andò molti fanti, e di tutto el contado, sanza soldo. Ogniuno correva là, stimando mandare a sacco tutto el paese, per modo che v'andò grande popolo. Ogniuno stimava poco el loro potere, ma non fu così, come si vedrà per l'avenire, che furono molto costanti e uniti alla loro difesa.

E a dì 22 detto 1494, ci venne uno inbasciadore dello 'Nperadore, ch'andava a Roma al Re di Francia.

E a dì 23 di giennaio 1494, si mandava a Pisa tuttavolta giente assai.

E a dì 25 detto, predicò frate Girolamo, e chiese licenza, e disse avere andare a Lucca. Molto dispiacque al popolo.

E a dì 27 di giennaio 1494, si ragunò el Consiglio Maggiore, e feciono uno Consiglio d'80 uomini che, insieme colla Signoria, avessino a fare inbasciadori e rispondere alle lettere, e molte altre cose.

E a dì 28 detto, ci fu come avevano avuti molti Castellucci de' Pisani, e scorrevano tutto el paese.

E a dì 31 di giennaio 1494, vollono vincere negli Ottanta certe cose; non vinsono.

E a dì primo di febraio 1494, non si vinceva nulla, perchè dicevano non volere vincere se non si vinceva una gravezza a' beni.

E a dì 2 detto, ci fu come el Re di Francia aveva avuto rotta a Terracina, nel passare nel Reame, e morti centinaia d'uomini.

E a dì 4 di febraio 1494, si vinse negli Ottanta la gravezza a' beni.

E a dì 5 detto, si vinse nel Consiglio Maggiore la gravezza a' beni, cioè la Decima; con questo, ch'ella non si potessi porla più ch'una volta l'anno o meno.

E a dì 5 di febraio 1494, entra in Firenze el Cardinale Sammalò francioso, el quale aveva fatto Cardinale el Papa; el quale era passato di qua col Re di Francia, ch'era vescovo: e ora si tornava in Francia. Aveva molti cavagli. Aloggiò in Santa Maria Novella nella sala del Papa. E tuttavolta si diceva che 'l Re di Francia era in cattivo luogo e da dubitare.

E a dì 6 detto, se gli mandò el presente molto grande.

E a dì 8 detto, andò la Signoria a vicitarlo; e di poi, dopo desinare, vi mandorono otto cittadini, de' maggiori, a intendere quello voleva. E chiese e danari aveva avere el Re, e anche più 40 mila fiorini in prestanza.

E a dì 9 di febraio 1494, e Signori arsono tutte le polize delle inborsazioni, perchè dicevano s'erano inborsate secondo ch'era piaciuto 'alcuni cittadini grandi.

E a dì 11 detto, si praticava col Cardinale che ci rendessi Pisa, e voleva 70 mila fiorini.

E a dì 17 di febraio 1494, si partì di qui el

Cardinale Sa' Malò, e andò a Pisa per renderci Pisa. E andò co lui alcuni nostri cittadini, fra' quali fu Francesco Valori e Pagolantonio Soderini.

E a dì 18 detto, si bandì che si dessi le scritte della gravezza della Decima s'à porre a' beni, per tutto marzo.

E a dì 19 detto, ci fu nuove che 'l Re aveva avuto rotta.

E a dì 20 detto, ci fu come gli aveva preso Gaeta.

E a dì 22 di febraio 1494, ci fu nuove che 'l Re di Francia aveva preso Capova ed era presso a Napoli. Stimavasi l'aquisterebbe presto.

E a dì 24 detto, venne in Firenze el Cardinale Sa' Malò da Pisa e non ce la fece rendere. E dissesi che bisogniava averla per forza. E dicevasi che 'l Re vi teneva le mani, perocchè 'l Re teneva la cittadella nuova e vecchia.

E a dì 25 di febraio 1494, ci fu come el Re di Francia aveva preso Napoli, e come v'entrò drento a dì 21 detto, sanza colpo di spada. E 'l Re si fuggì nel Castello dell' Uovo. E qui si bandì con grande alegrezza, colle tronbe e pifferi, e fecesi serrare le botteghe e fare molti fuochi e panegli e grandissima festa, in memoria di tale aquisto.

E a dì 26 detto, si fece una grande procissione, e andovvi dietro el Cardinale Sa' Malò, e fecesi tre dì.

E a dì 27 detto, si partì di qui el Cardinale Sa' Malò ch'era venuto per renderci Pisa, e no ne volle fare

nulla, e portonne 22 migliaia di fiorini, e ritornossi verso Napoli al Re.

E a dì 2, lunedì, di marzo 1494, corsono e nostri in quello di Pisa e guastorono le mulina a' Pisani, e presono molti prigioni e bestiame.

E a dì 4 di marzo 1494, ci fu lettere dal Re di Francia molte grate, come gli aveva avuto caro che noi avessino fatto festa dell'avuta di Napoli.

E a dì 5 di marzo 1494, si fece 4 anbasciadori al Re di Francia e di Napoli, che fu messer Guido Antonio, Pagolo Antonio Soderini, el Vescovo de'Pazzi e Lorenzo di Piero Francesco de' Medici.

E a dì 6 detto, molto si ragionava, che vuoi dire che 'l Re non ci rende Pisa, vedendoci tanti amici della corona sua, e anche avendocela promessa all'avuta di Napoli.

E a dì 10 di marzo 1494, andò Piero Capponi al canpo di Pisa e portò danari a' soldati.

E a dì 13 detto, si diceva che 'l Re di Francia voleva tornare indietro.

E a dì 16 di marzo 1494, si praticava la pace de' cittadini, e levare l'autorità alle sei fave; e vinsesi tra' Signori e Colegi.

E a dì 18 detto, si vinse negli Ottanta.

E a dì 19 detto, si vinse nel Consiglio Maggiore. E disse la pitizione che non si riconoscessi fatti di Stato dal dì della cacciata di Piero de' Medici, ecetto che de' danari; e che la Signoria non potessi confinare, sanza el Consiglio Maggiore.

E a dì 22 di marzo 1494, ci fu come el Re aveva preso Castello de l' Uovo.

E a dì 26 di marzo 1495, si faceva qui fanti assai per Pisa.

E a dì primo d'aprile 1495, predicò frate Girolamo, e disse e testificò come la Vergine Maria gli aveva rivelato come la città di Firenze aveva a essere la più groriosa, la più ricca, la più potente ch' ella fussi mai, dopo molte fatiche; e promettevalo assolutamente. E diceva tutte queste cose come profeta; e la maggiore parte del popolo gli credeva; massime chi andava bene, sanza passione di Stato o di parte.

E a dì 2 detto, si disse che gli era fatto una lega, Veniziani, Duca di Milano, Inperadore, el Papa, el Re di Spagna, Gienovesi; e dato tenpo a noi tutto aprile detto a entrare.

E a dì 5 d'aprile 1495, ci fu come el Re di Francia aveva aquistato tutto el Reame; e che 'l Re di Napoli s'era fuggito in Ischia, come perduto la speranza.

E a dì 7 detto, ci fu come 'l Re voleva tornare di qua.

E a dì 8 d'aprile 1495, predicò frate Girolamo in Palagio, e confermò tutto quello aveva detto per passato.

E a dì 9 detto, ci fu come el Re di Francia aveva mandato a chiedere tutto di là d'Arno per abitazione; e dicevasi che ci voleva rendere Pisa.

E a dì 13 d'aprile 1495, ci fu come e nostri soldati erano scorsi in quel di Pisa, e predato insino a San Piero in Grado; e presono molto bestiame.

E a dì 17 detto, ci fu come e Pisani avevano predato in sul nostro, e scorso in quello di Pescia.

E a dì 21 d'aprile 1495, ci fu com' e Pisani erano a canpo a Librafatta, e che la strignevano forte.

E a dì 22 detto, e nostri si missono a ordine per andargli a trovare; e si levorono da canpo e non aspettorono. E nostri v'andorono e tolsono loro l'artiglierie.

E a dì 25 di aprile 1495, ci fu come s'erono appiccati, e morti assai e prigioni dell' una parte e dell'altra. E un certo nostro caporale, ch'aveva nome Francesco Roverso, era scorso insino alle porte di Pisa, e rimase prigione.

E a dì 26 detto, si diceva molto per la città che alcuni cittadini c'ingannavano, che non lasciavano riavere Pisa, e varie cose trattavano col Re, e forse non era. Facevano venire certi caporali per intendere el vero; e tuttavolta si stava in confusione e mali uniti.

E a dì 28 d'aprile 1495, si diceva che 'l Re di Francia tornava in qua. E benchè paressi amico, e che gli

avessi inteso che noi avàno caro l'aquisto suo, nondimeno ogniuno l'aspettava con pagura di non n'andare un tratto a sacco. Niuno si fidava della sua amicizia.

E a dì 3 di maggio 1495, predicava frate Girolamo e confortava molto el popolo che non capiterebbe male.

E a dì 9 detto, venne a Pisa circa 400 franciosi, mandati dal Re i' nostro aiuto.

E a dì 11 di maggio, si vinse che si facessino e Dieci nel Consiglio.

E a dì 16 detto, fu preso due figliuoli di Giovanni dell'Antella. E mandorono per uno loro fratello ch'era commessario in Romagna, e dettono loro di molta fune; e confessorono un trattato che facevano per rimettere Piero de'Medici in Firenze.

E a dì 17 di maggio 1495, ci fu come quegli di Librafatta avevano dato una rotta a' Pisani.

E a dì 18 detto, venne preso quello dell'Antella.

E a dì 20 di maggio 1495, ci fu come Librafatta s'era perduta per mancamento d'aiuto.

E a dì 21 detto, si vinse di porre un balzello, che fu la disfazione della città, e con grande dispiacere de' cittadini.

E a dì 23 di maggio 1495, ci fu come el Re di Francia s'era partito da Napoli e veniva in qua.

E a dì 24 di maggio 1495, fu voluto dare a frate Girolamo, nella Via del Cocomero, quando ebbe predicato.

E a dì 28 di maggio 1495, si mandò uno degli Albizi per staffetta al Re, perchè s'era inteso che gl'inbasciadori non andavano in verità; e forse non era vero.

E a dì 29 detto, feciono altri 3 inbasciadori al Re, per intendere el vero.

E a dì 31 di maggio 1495, si ragunò el Consiglio e Richiesti assai; e fecesi grande pratica sopra la venuta del Re. E infra l'altre, molto si disse che si chiedessi al Re due cose, la prima la libertà, la seconda che noi non ci vogliamo Piero de'Medici.

E a dì primo di giugno 1495, ci fu come el Re era entrato in Roma per passare di qua.

E a dì 2 detto, si fece frate in San Marco Pandolfo Rucellai, ch'era già vecchio.

E a dì 3 di giugno 1495, si ragunorono e gonfaloni nelle chiese, e fecesi molti consigli, in questa venuta del Re. E fu di nuovo consigliato che si chiedessi al Re 4 cose: la prima la libertà, e non volere Piero de'Medici, com'è detto; la terza, che ci renda le cose nostre; la quarta, dimandare se viene come amico o come nimico; e così fu consigliato da tutti.

E a dì 4 di giugno 1495, la città stava in grande sospetti, e molto si provedeva le case e forniva d'arme.

E a dì 5 detto, feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, e fecesegli un grande

onore. E frate Girolamo ordinò che quella rendita dell'oferte che se gli faceva, fussi de'poveri. E ordinò due tavole a San Felice in Piazza, e due a Santa Maria del Fiore, e quivi s'offeriva grande limosina di fiorini e di grossi. Fu grandissima limosina, e fu ordinata da detto Frate, ch'egli era ubidito da chi no' gli credeva. Fece stare in Santa Maria del Fiore le donne da l'un lato e gli uomini da l'altro, che non si trovava uomo mescolato con donne; con una processione tanta ordinata, e divota, che mai ne fu fatta un' altra tale.

E a dì 7 di giugno 1495, rifiutorono e 20 uomini ch'erano eletti al governo della città, e lasciorono el dominio a l'ordine del Consiglio Grande e universale; el quale pare, a ogniuno che vole vivere bene e sanza passione, el più degno governo ch'abbia avuto mai Firenze. E nondimeno tutti e principali attendevano a fornirsi d'arme e mettersi in casa fanti, in modo si dubitò di Parlamento, ma non fu così. Lo facevano per pagura dell'andare a sacco. Ogniuno faceva forte la casa sua. El contado attendeva a sgonbrare in Firenze, massimamente quegli di qua donde aveva a passare el Re. E nondimeno, el frate Girolamo predicava ogni giorno e confortava ogniuno che non avessino paura, che Iddio ci aiuterebbe.

E a dì 11 di giugno, tornò Lorenzo di Pier Francesco de' Medici, ch' era inbasciadore al Re.

E a dì 12, tornò Bernardo Rucellai, ch'era ancora

lui inbasciadore al Re. E in questi dì tuttavolta si forniva d'arme la città, e portavasi a ogni canto legni per potere isbarrare la città. Stava ogniuno in grandissimo sospetto e di mala voglia, perchè si stimava che 'l Re ci voleva male; perchè tuttavolta si perdeva le castella. Eraci nuove che Palaia era perduta, e Montetopoli.

E a dì 13 di giugno 1495, ci fu come el Re era giunto in Siena, con tutta sua giente.

E a dì 14 detto, giugnieva la sua giente a Poggibonizi e facievano ogni male. Ogniuno pregava Iddio che non venissi per Firenze, e fumo esalditi da Dio.

E a dì 15 di giugno, andò frate Girolamo in contro al Re a Poggibonizi, e quivi l'aspettò.

E a dì 16 detto, venne el Re a Poggibonizi, e 'l suo antiguardo andò a Enpoli, e mettevano a sacco ogni cosa, e pigliavano prigioni e facevano ogni male.

E a dì 17 di giugno, parlò frate Girolamo al Re, in Poggibonizi. E dissesi che lui fu la causa che non venne in Firenze; e che 'l Frate gli raccomandò Firenze, e che Iddio voleva che facessi bene a Firenze; e ch'ell'era tutta sua amica. In modo che si disse, che giovò assai a Firenze, e che 'l Re gli prestò fede assai. Era il Frate in quel tenpo in una tanta stima e devozione in Firenze, che ci era molti uomini e donne, che se gli avessi detto loro Entrate nel fuoco, l'arebbono ubidito di fatto. Stimavasi per molti che fussi profeta, e lui lo diceva.

E a dì 18 di giugno 1495, ci fu come gli avèno arso Montetopoli, e messo a sacco Ganbassi e Castel Fiorentino, e molte altre cose, come sanno fare e Franciosi e tutti soldati.

E a dì 19 detto, in verso Settimo, e nostri asaltorono certi anbasciadori Franciosi che si partirono di Firenze, per modo che, per tutti questi piani insino a

Peretola, cominciorono a sgonbrare, che fu causa di certi nostri cervellini e tristi che no'pensono di quanto scandolo e' furono causa, per volere rubare qualche piccola cosa, mettere a pericolo.

E a dì 20, tornò frate Girolamo dal Re, e a dì 21 poi predicò e disse avere parlato col Re, e come gli aveva promesso molto bene, e come lui aveva detto al Re che se e' no gli ateneva la promessa, che lui capiterebbe male e che Iddio gli leverebbe l'uficio, e che non sarebbe più ministro di Dio, e che perderebbe la più cara cosa ch'egli avessi. E così chiamò testimonio tutta la predica, che v'era circa 13 o 14 mila persone, che così sarebbe a ogni modo. E disse, avergli detto certi altri secreti di sua casi particulari.

E a dì 22 di giugno 1495, el Re si partì e andò verso Pisa.

E a dì 23 detto, ci fu come el Re aveva avuto un poco di rotta dalla Lega, al Salto della Cervia, la sua prima guardia. E più ci fu come e Lucchesi avevano messo drento molti fanti della Lega, e non vollono el Re. E ancora ci fu come e nostri avevano dato una grande rotta a Montepulciano, e preso un messer Giovanni Savello capitano de'Sanesi.

E a dì 24 di giugno 1495, el Re entrò in Lucca, e fu pure ricevuto. Si mutorono d'animo. E dicevasi che 'l Re non ci voleva rendere Pisa, e ch'e Pisani l'avevano donata al figliuolo del Re, che così dovè essere, però che s'è veduto l'effetto che lui si partì e nolla rendè; ed era obrigato sotto giuramento, in sull'altare di Dio.

E a dì 25 detto, si partì el Re da Lucca, e andò in verso Serezzana. E nostri anbasciadori, che erono andati al Re, tornorono sanza concrusione di riavere Pisa; in modo che ci fu che dire assai. E fecesi pensiero d'averla per forza a ogni modo. E' nimici del Frate: – Togli, fidati del Frate che dice avere Pisa in pugno!

E a dì 26 di giugno, si fece la Signoria, la prima fatta per elezione, secondo la nuova riforma, e come si fanno gli altri ufici grossi; e non fu più fatta da'Venti come prima, che già avevano rifilato, com'è detto. E fu gonfaloniere Lorenzo Lenzi; e parve contento tutto questo popolo di tal modo d'eleggere. Ogniuno s'accordava che questo fussi el vero modo del vivere popolare fiorentino, più che fussi mai.

E a dì 27 di giugno 1495, ci fu come noi avàno condotto in patti Montepulciano.

E a dì 29 detto, ci fu come el Re era in quel di Pietrasanta e Serezzana, e in que' paesi. Pensa come stavano!

E a dì 30 detto, ci fu come el Re aveva messo a sacco e a filo di spada un Castelluccio presso a Pontriemoli.

E a dì primo di luglio 1495, ci fu come el Re non poteva andare innanzi, e che vi pioveva la giente di Lonbardia e di Bolognese e per tutto, sanza soldo, la maggior parte; e dubitavasi del Re che non capitassi male.

E a dì 2 detto, ci fu come e nostri avevano preso 50 uomini di que' di Cascina; e fuvvi un figliuolo del Capitano de' pisani, de' Malvezzi.

E a dì 3 di luglio, ci fu come el Re di Francia era di là da Pontriemoli, in luogo che si morivano di fame. Erano stretti e avuto un poco di rotta dalla Lega.

E a dì 6 detto, mandorono e Fiorentini al Re inbasciadori, che fu messer Guido Antonio e Neri Capponi.

E a dì 8 detto, ci fu come a dì 6 detto s'apiccorono la battaglia el Re di Francia colla Lega, in Parmigiano in sul Taro, a ore 16; e durò insino a notte, e funne morti dell'una parte e dell'altra, 3 mila. Uomini famosi sono suti morti e molti uomini di conto, presi molti prigioni da taglia. E' Franciosi ànno perduto la maggiore parte de' cariaggi e artiglierie. El Conte di Pitigliano si fuggì da' Franciosi e andò dalla Lega. E morti dal canto di là furono: el signore Ridolfo da Gonzaga, el signore Anton Maria, el signore Carario, el conte Bernardo dal Monte, e messer Giovanni capitano del Marchese di Mantova. El Signore Rinuccio da Farnese rimase preso e ferito.

E a dì 9 di luglio, si vendevano a lo 'ncanto le cose di Piero de'Medici, e così e panni; e penossi più dì, in Orto Sa' Michele.

E a dì 11 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva riavuto Napoli, e morti molti Franciosi. E più c' era nuove che 'l Re di Francia se n'andava, e la Lega lo secondava, e lasciavalo andare; perchè nella Lega vi fu chi non andava in verità. Che se gli avessino voluto, e fussino stati d'accordo, e' non ne tornava in Francia testa di loro; nè anche el Re.

E a dì 14, ci fu come gli avevano fatto un poco di triegua, e ch'e Franciosi potessino passare un certo fiume. E per ventura de' Franciosi, come piaque a Dio, quel fiume venne grosso, perchè piovve grandissima aqua, e' nostri non poterno andargli a trovare, per non potere passare el fiume, per modo ch'e Franciosi dettono a ganbe.

E a dì 15 detto, ci fu come e Franciosi erano giunti in Asti, e molto si disse che fu per miracolo di Dio. E dissono ch'el Re giurò di volere tornare aquistare Milano, e com' è gran nimico de' Viniziani e di chi era nella Lega.

E a dì 18, ci fu come e Gienovesi avevano preso l'armata del Re con molti legni e prigioni, per modo che fu vituperato e rovinato di tale inpresa, per modo che Firenze potè dire che fussi ogni sua disgrazia per peccato ch' egli aveva fatto a ronpere el giuramento ch'egli aveva fatto in sull' altare di Santa Maria del Fiore, che giurò di renderci Pisa, come gli aveva Napoli; e come uomo di poco intelletto non volle mai conoscere gli amici suoi. Vedeva chiaramente noi essere soli a non volere entrare nella Lega controgli, e diventàmo nimici di tutta l'Italia, per suo amore. Anzi ci à fatto spendere un tesoro a volerla per forza. Ma secondo che dice questo Frate (che noi stimiàno profeta) che presto gli à a 'ntervenire peggio; e come e' sarà dato a altri l'uficio dell'essere ministro di Dio a purgare l'Italia de' peccati.

E a dì detto, fu finito el primo finestrato del palagio di Strozzi. E più si faceva nella Dogana e fondamenti per la sala grande; e tuttavolta el Frate

confortava si tirassi inanzi. Per suo consiglio si faceva detta sala. E in questo tenpo tuttavolta si faceva giente per a Pisa.

E a dì 29 di luglio 1495, ci fu come e Sanesi erano in arme, e che s'amazavano, per volere rifare un certo loro Monte de' Nove; chi voleva e chi no.

E a dì 31 di luglio 1495, ci fu come e nostri avevano preso el Ponte di Sacco e mandatolo a sacco. E tuttavolta, qui non si faceva altro che mandare giente.

E a dì primo d'agosto, ci fu come e Sanesi avevano confinati molti cittadini, e rifatto el Monte de' Nove.

E a dì detto, al Ponte di Sacco avevano presi circa 70 Franciosi ch'erano pe' Pisani in detto castello. E nostri, come uomini non Taliani ma barberi, e inparato da loro, e perchè gli avevano in odio per più conti, si dilettorono d'amazzargli e tagliarli tutti a pezzi, perchè de' Taliani si truova de' crudeli e tristi.

E a dì 3 d'agosto 1495, si dettono a patti parecchi castellucci de' Pisani, Lari e altri.

E a dì 4 d'agosto, ci fu come lo 'Nperadore aveva mandato un bando che niuno suo suddito non andassi al soldo de' Viniziani nè del Duca, e che voleva citare el Papa a' Concilio; e se non voleva passare di là, lo voleva a Firenze. Nollo citò però.

E a dì 6 d'agosto 1495, andorono di qui al canpo nostro di Pisa, ch'era al Ponte ad Era, e nostri

commessari, che fu Francesco Valori, Pagolantonio Soderini, e portorono molti danari a' soldati, circa 20 mila fiorini.

E a dì 9 d'agosto, la domenica, quando si diceva el vespro, venne una saetta in sulla cupola. Non fece molto danno, ma grande paura chi era in coro, però che cadde alquanti calcinacci in coro, piccola cosa.

E a dì 11 detto e per tutti questi dì, si vendeva in Or Sa' Michele robe di Piero de'Medici a lo 'ncanto, che v'era coperte da letto di velluto e con ricami d'oro, e molte e varie cose, dipinture, quadri e molte belle cose; a mostrare quanto può la fortuna in queste cose transitorie, ma diciàno meglio, le permissioni divine, acciocchè l'uomo riconosca da Dio ogni cosa, che le dà e toglie a sua posta, e che l'uomo non debbe insuperbire per vedersi e trovarsi gran maestro e ricco; ma debbe l'uomo, quanto più à ricevuto da Dio, tanto debbe essere più umile e parègli essere più ingrato a Dio che gli altri; che la gravità de' peccati istà nella ingratitudine.

E a dì 12 d'agosto 1495, fu finita la volta della sala grande, quella parte che copriva la corte del Capitano.

E in questi dì, si diceva che 'l Duca di Milano non lasciava passare lettere che venissino dal Re di Francia.

E a dì 13 detto, si vinse in Consiglio Maggiore, che chi ragionava di fare Parlamento, glien' andassi la vita e la roba. E in questi dì, si strigneva forte Palaia.

E a dì 14 d'agosto 1495, s'ebbe Palaia a patti che fussino salvi l'avere e le persone, e dettono fiorini 400.

E a dì 18 detto, el canpo andò a Cascina, e presono la Badia di San Severino, ma poi non v'andorono; m'

andorono a Vico Pisano, e l'altro dì gli dettono battaglia e morivi de' nostri assai. E ogni dì si conbateva, e fuvvi morti più di 20 uomini.

E a dì 29 d'agosto, si levorono da canpo da Vico.

E a dì 31 detto, ognindì si diceva: El Re manda a rendere Pisa, e che le lettere non possono passare. Non era nulla.

E a dì primo di settenbre 1495, tornò Piero mio cognato, di canpo, ferito d'uno scoppietto nel tallone. Stette male.

E a dì 4 detto, andò el canpo presso a Pisa.

E a dì 5 di settenbre 1495, e Franciosi ch' erano nella cittadella di Pisa, avevano chiesto l'altra cittadella vecchia, e che l'avevano data loro. E dubitavasi ch'e Pisani avessino soccorso dalla Lega.

E a dì 7 di settenbre, ci fu come el canpo nostro era nel borgo di San Marco di Pisa, e che gli avevano avuta la rocca Stainpace.

E a dì 8 detto, ci fu una patente e contrasegno del Re di Francia per renderci Pisa; e non valse niente, perchè erano sostenuti dalla Lega, e massimamente da' Viniziani.

E a dì 10 di settenbre 1495, andorono al canpo a Pisa 2 de' Dieci, 2 degli Otto, 2 de' Colegi, per fare forza a Pisa.

E a dì 14 detto, ci fu come gli avevano preso la bastia de' Pisani e alcuni prigioni Pisani. E se non fussi che 'l Castellano de' Franciosi cominciorono a trarre

spingarde a' nostri e amazzorono alcuni de' nostri; e fu ferito quello de'Vitegli; e non ci atennono quello avevano promesso, di renderci la forteza, come diceva le lettere del Re.

E a dì 16 di settenbre, andò a Pisa Monsignore di Lilla francioso, ch' era qui in Firenze, per farci dare la cittadella; perchè quello Francioso che v'era drento nolla voleva dare. E andovvi in cataletto perch'era amalato, in servigio de' Fiorentini; e non giovò niente.

E a dì 18 detto, ci fu come el Fracassa era entrato in Pisa con poca giente, che si stimava era mandato dalla Lega.

E a dì 20 di settenbre 1495, si fuggì di qui l'Alfonsina donna di Piero, de' Medici e andonne a Siena, al marito.

E a dì 23 detto, andò un bando, che se un figliuolo di Bernardo de' Medici non conpariva agli Otto, avessi bando di rubello perchè l'aveva condotta lui a Siena.

E a dì 25 di settenbre 1495, mandorono un bando, che chi amazzava Piero de' Medici avesse 4 milia ducati, e l'arme a vita con due conpagni, e potere ribandire uno, chi e' voleva; e colui che l'ammazza fussi rubello, abbi 2 mila ducati d'oro e sia ribandito, e possa portar l'arme a vita come gli altri.

E a dì 2 d'ottobre 1495, fu finito le volte della sala grande di Dogana, che sarà una magna cosa.

E a dì 3 detto, si cominciò a dubitare di certa ragunata si faceva negli Agnoli, d'opra di Parlamento. E mandorono a pigliare don Guido e certi altri frati degli Agnoli. Si disse tenevano mano a questa congiura. Non s'intese che fussi vero.

E a dì 4 d'ottobre, venne el canpo a Cascina.

E a dì 5 detto, tornò Monsignore di Lilla, e disse avere protestato al Castellano che, se non rendeva la cittadella, ch'egli ere rubello del Re. Morì detto Monsignore.

E a dì 6 d'ottobre 1495, presso a Canpi, si scoperse una casa di morbo, e in casa Antonio di Bono morì un garzone e una fante; e in casa Andrea di Bono v'era amalati di morbo; e in casa di Iacopo di Piero Berardi, e un altra nella Via della Scala e più luoghi. Ci fece danno.

E a dì 15 d'ottobre 1495, si fece l'onoranza di Monsignore di Lilla, e fugli fatto un grande onore. Sotterrossi a' Servi. Ebbe 280 torchi, e predicossi sopra el corpo in sulla Piazza di Sa' Lorenzo.

E a dì detto, si vinse che chi amazzava Piero de' Medici, e fussi morto lui, l' erede sue avessino e 4 mila fiorini.

E a dì 17 detto, dettono bando a uno de' Ricasoli che trattava con Piero de' Medici di dargli Ricasoli.

E a dì 18, predicava frate Girolamo e confortava tuttavolta a tenere fermo questo reggimento e 'l Consiglio Maggiore.

E a dì 27 d'ottobre 1495, venne un fante che recò

nuove che 'l Re di Francia mandava un signore che ci rendessi Pisa per ogni modo; el quale era indietro; e toccò dalla Signoria 100 ducati, e nonne fu nulla.

E a dì 29 detto, cadde l'antenna del palagio degli Strozzi che tirava su le pietre, perchè si ruppe un vento sopra la Loggia: e cadde in verso Santa Trinita, e ruppesi nel mezzo dov'era la commettitura; e non fece male a persona.

E a dì 3 di novenbre 1495, ci venne uno inbasciadore del Re di Francia, che si chiamava Lancia in pugno, e veniva per darci Pisa; e andò là e fu preso da' Pisani e poi lasciato. E a questo modo eravamo uccellati. E in questo tenpo la morìa ci facea un poco danno.

E a dì 14 detto, ci fu come Piero de' Medici era in quello di Perugia con molta giente.

E in questi dì, tuttavolta si vendeva e beni di Piero de' Medici a lo 'ncanto.

E a dì 24 di novenbre 1495, si disfece un certo rialto che s'era fatto tra 'l Palagio de' Signori e la Loggia de' Signori, che s'era fatto di poco tenpo, che s'andava nella Loggia di Palagio al pari colla porta.

E a dì 26 detto, si vinse in Palagio 3 pitizioni: la prima, una taglia dietro a Giuliano de' Medici, chi l'amazzava; e la seconda, vendere e beni della Torre; la terza, la riforma del trarre sanza chiamare.

E a dì 3 di dicenbre 1495, ci fu come Piero de' Medici fu per esser preso a Cortona. S'ebbe a fuggire.

E a dì 4 detto, ci fu come Ramazzotto, amico della Casa de'Medici, asaltorono la strada al Cavrenno, e tolsono muli carichi; e come poi, l'altro dì, el podestà di Firenzuola aveva preso alcuni di loro. E comandossi fanti in Mugiello in aiuto di Firenzuola.

E a dì 7 di dicenbre 1495, si vinse in Palagio una gravezza a' preti di 50 mila fiorini e alla roba di Piero de' Medici 30 mila.

E a dì 8 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva preso el Castello Nuovo, e così raquistava ogni cosa.

E a dì 9 di dicenbre 1495, si portò in Palagio de' Signori un Davitte ch'era in casa Piero de' Medici, e posesi in mezzo della corte del Palagio de' Signori.

E a dì 10 detto, ci fu come el Re di Francia aveva arso le case di quello Castellano ch'era in Pisa, per non avere ubidito al Re di renderci la cittadella che teneva.

E a dì 11, ci fu come el Papa mandò a comandare a frate Girolamo che non predicassi; e così osservò più dì.

E a dì 12 detto, si mandava comessari a tutti e passi a provedere.

E a dì detto, ci fu nuove come a Roma era venuto el Tevero sì grosso ch'egli alzò in Banchi insino al primo solaio, e passò sopra 'l segno di tutte le volte più braccia; e morivvi assai bestie e uomini e certi ch'erono in prigione in fondi di torre, e più altri.

E a dì detto, si disse questa cosa poco credibile, che nel Reame era aparita una donna a uno pecoraio e avevagli detto: Dammi una di coteste pecore, e dandola gli disse: Partila per mezzo. E partendola, n'uscì fuori assai serpe, scorzoni e serpenti e brutti animali. Di poi gli disse: Richiudila e raccostala insieme, e ritornò viva come prima, e disse al pecoraio: Va, di' al Papa che sarà una grande pestilenzia; che faccino penitenzia e digiunino el primo sabato, e stieno 3 dì sanza mangiare carne.

E a dì 12 di dicenbre 1495, ci fu un'altra cosa da ridersene; pure la dirò, poich'ella si diceva per tutto, che gli aparì a Milano. Aparì nella via el Duca di

Milano ch' era stato morto, e dette una lettera a uno e dissegli: Porta questa al signore Lodovico. E portandola, el cancelliere nella poto aprire. E come el signore Lodovico l'ebbe in mano, s'aprì; e leggiendola, inchinò el capo e stette un pezzo amirato. E chiedendo la risposta el messo, el signore Lodovico disse: Ell'è fatta. E immediate sparì el messo. Onde si diceva molte cose: che sarebbe morìa, fame e massimamente guerre, come fu veduto per processo.

E a dì 14 di dicenbre 1495, ci venne uno inbasciadore dal Re di Francia. Avàno buona speranza di Pisa; e venne a Pistoia e non venne in Firenze, dicendo voleva andare a Pisa. E là fu vicitato da' nostri cittadini e non giovò.

E a dì 15 detto, si tirava su e cavalletti della sala di Dogana per porre el tetto.

E a dì 21 di dicenbre 1495, si pose in sulla ringhiera del Palagio de' Signori, a lato alla porta, quella Giuletta di bronzo, ch' era in casa Piero de' Medici.

E a dì 26 di dicienbre 1495, s'arse in Palagio quel resto delle polize.

E a dì primo di giennaio 1495, s'aspettava Pisa per la venuta di quello inbasciadore; e fu tutto el contrario, perchè l'altro dì el Castellano dètte le fortezze a' Pisani e tutti e Franciosi che v' erano s' andorono con Dio, a Lucca. Onde si pote molto bene vedere che 'l Re ci dileggiava, nè voleva si riavessi. E stavasi ogniuno di mala voglia; e dove ci dovàno dolere del Re, alcuni ignoranti volsono l'odio contro al Frate; andando di notte intorno a San Marco, gridando e dicendo parole disoneste: Questo porco di questo frataccio vuole arderlo in casa, e simile parole. E fu chi volle mettere fuoco nella porta di San Marco.

E a dì 4 detto, mandorono cavallari in Francia, volando, a dolersi dell'essere ucciellati. Niente giovò mai.

E a dì 9 di giennaio 1495, andò in sul carro due contadini e furono inpiccati, che volevano dare Montecatini a Piero de' Medici. E in questo dì mandorono un bando, che non si ragionassi di Stato, o di Re, o di Frati, e non portare maschere; a pena di fiorini 25, o dieci tratti di fune.

E a dì 17 detto, tornorono e cavallari di Francia, e uno di loro si ruppe una coscia. E dissono, che gli avevano dal Re, che fussi rimesso in Sa'Malò e fatti di Pisa, di Sarzana e Pietrasanta; e che ci voleva rendere ogni cosa, e che gli era di buona voglia. Non ne fu altro.

E a dì 19 di giennaio, ci fu lettere dal Re di Napoli, che chiedeva aiuto, altrimenti farebbe cose che l'Italia piagnerebe.

E in questi dì, c'era disputa si doveva entrare nella Lega o no. Chi diceva che passerebbe un'altra volta di qua el Re, chi diceva no; perchè già gli era morto el figliuolo e stavasi in molte parte e dispute.

E a dì 26 di giennaio 1495, si partirono di Firenze gli usciti di Siena e andorono a Siena colla forza de'Fiorentini, co' molta giente e 'l nostro capitano Conte d'Urbino, con tutti e nostri caporali. E così vennono e Perugini con molta giente, e col resto degli usciti, e favvi in un dì o due 8 mila persone, e rimissogli in Siena. Partissi di Siena alquanti cittadini e venono a Colle.

E a dì 29 di giennaio 1495, fu dato bando di rubello a un maestro Lodovico medico e altri, che vollono dare el Bucine a Piero de' Medici.

E a dì 7 di febraio 1495, e fanciugli levorono di capo una veliera a una fanciulla e fuvvi scandolo di sua giente, nella Via de' Martegli. E questo fu perch'e fanciugli avevano avuto animo di frate Girolamo, che dovessino correggiere le disoneste portature e' giucatori, per modochè quando si diceva: Ecco e fanciugli del Frate, ogni giucatore, quantunche bravo fussi, ogniuno si fuggiva, e le donne andavano con ogni onestà. Erano

venuti in tanta reverenzia e fanciugli che ognuno si guardava delle cose disoneste e massimamente del vizio inominabile. Non si sarebbe sentito ragionare di tal cosa nè da' giovani nè da' vecchi in questo santo tenpo; ma fu piccolo. Ànno potuto più e tristi ch' e buoni. Sia laldato Idio da poi ch' i' vidi quel piccolo tenpo santo. Onde i' priego Iddio che ce lo renda quel santo vivere e pudico. E che sia stato un tenpo benedetto, vedi e pensa bene le cose che si feciono in tal tenpo.

E a dì 16 di febraio 1495, fu el Carnasciale. E avendo predicato fra' Girolamo, più giorni inanzi, ch'e fanciugli dovessino in luogo di pazzie, del gittare e sassi e fare cappanucci, dovessino accattare e fare limosine a' poveri vergogniosi; e come piaque alla divina grazia, fu fatta tale comutazione, che in luogo di pazzie, accattorono molti dì inanzi; e in luogo di stili, trovavi su per tutti canti Crocifissi nelle mani della purità santa. Per modo tale, che in questo dì del Carnasciale, detto vespro, si ragunorono le schiere in 4 quartieri di Firenze, ogni quartiere ebbe la sua bandiera. La prima fu un Crocifisso, la seconda una Nostra Donna, e così l'altre; colle tronbe e co' pifferi di Palagio, co' mazzieri e ministri di Palagio, cantando delle lalde, senpre gridando: Viva Cristo e la Vergine Maria nostra regina; tutti con

una ciocca d'ulivo in mano, che veramente pe'savi uomini e buoni lacrimavano teneramente dicendo: Veramente questa nuova commutazione è opera di Dio. Questi giovanetti son quegli ch'ànno a godere le cose buone ch'esso promesse. E ci pareva di vedere quelle turbe di Gierusalem ch'andavano inanzi e dietro a Cristo la domenica d'ulivo, dicendo: Benedetto sia tu che vieni nel nome del Signore. E ben si può dire le parole della Scrittura: Infanzium e lattenzium perfecisti lalde. E note che furono stimati seimila fanciugli o più, tutti da 5 o 6 anni insino in 16. E tutti e quartieri si raunorono a' Servi, nel portico de' Nocenti e sulla Piazza, e tutti si partirono di quivi e passorono pella cappella della Nunziata, e poi per San Marco. Poi feciono la via che fanno le procissioni; passorono el Ponte a Santa Trinita e poi in Piazza. E poi in Santa Maria del Fiore feciono l'offerta, la quale era calcata d'uomini e di donne, divise, da l'un lato le donne e dall'altro gli uomini, con tanta divozione e lacrime di dolcezza di spirito, che non fu mai fatta tale. Fu stimata l'oferta parecchi centinaia di fiorini. Vedevasi dato loro ne' bacini molti fiorini d'oro, e la maggior parte grossi e arienti. Chi dato loro veliere, cucchiai d'ariento, fazzoletti, sciugatoi e molte altre cose. Si dava sanza avarizia; pareva che ogniuno volessi dare ciò che gli aveva, e massime le donne; pareva che ogniuno volessi offerire a Cristo e alla sua Madre. Io ò scritte queste cose che sono vere, e io l'ò vedute, e sentito di tal dolcezza, e de'mie'figliuoli furono in fralle benedette e pudiche schiere.

E a dì 17 di febraio, fu el primo dì di Quaresima, vene alla predica di frate Girolamo in Santa Maria del Fiore un grande numero di fanciugli. Fu fatto certi gradi accosto al muro, dirinpetto al pergamo, per detti

fanciugli, dietro alle donne; e molti anche si stavano in fralle donne; e tutti quegli che stavano in su' gradi cantavano inanzi alla predica dolci lalde; e poi venivano e cherici in sul pergamo e cantavano le Tanie; e' fanciugli rispondevano. Per modo che facevano per dolceza piagnere ogniuno, e massime gl'intelletti sani, dicendo: Questa è cosa del Signore. E questo durava ogni mattina di Quaresima, inanzi che 'l Frate venissi. E nota questa maraviglia, che non si poteva tenere nel letto la mattina niuno fanciullo; tutti correvano inanzi alle lor madre alla predica.

E a dì 25 di febraio 1495, si trasse la Signoria nella sala nuova, la quale era fornita di coprire, e non era ancora amattonata, nè fatto panche. Era fatto la porta del Palagio ch'andava nella sala; era inbastito, e non v'era ancora fornito nulla. Nella qual sala fu posto due epitaffi di marmo, l'uno era in volgare e in versi; l'altro in latino. El vughare diceva una stanza d'otto versi: in sentenzia diceva: Chi vuol fare parlamento vuol torre al popolo e' reggimento. L'altro ch'era in latino diceva, che tal Consiglio era da Dio, e chi lo cerca guastare capiterà male.

E a dì 26 di febraio 1495, s'incamerò la gravezza della Decima.

E a dì 27, e fanciugli furono confortati dal Frate, che dovessino torre le zane de' berlingozzi, e' tavolieri dei giocatori e molte licenzie dell'usanze delle donne, per modo che quando e giocatori sentivano che venivano e fanciugli del Frate, ogniuno fuggiva, nè era donna che avessi ardire d'andare fuori fuor dell'usanza.

E a dì 28 di febraio 1495, ci fu nuove che Sarzana e Serzanello, el Castellano francioso l'aveva dato a' Gienovesi. Chi non si sarebbe ribellato da' Re di Francia?

Veramente si può dire, e Fiorentini essere al Re di Francia stati e più fedeli e più ubidienti uomini ch'abbia el mondo, e lui non pare che l'abbi mai conosciuto.

E a dì 29 di febraio 1495, e detti fanciugli andavano per tutto, lungo le mura, alle taverne, dove vedevano ragunate; e questo facevano ogni quartiere, e chi si fussi rivolto a loro, portava pericolo della vita, e' fussi chi vuole.

E in questo tenpo ci rinforzava la morìa.

E a dì 8 di marzo 1495, predicando frate Girolamo, fece gridare quella mattina: Viva Cristo e simile cose spirituali, per modo che fu una grande comozione di spirito. E aveva, ogni dì di lavorare, 14 o 15 mila di persone, che la maggior parte lo teneva profeta.

E a dì 14 di marzo, si fece certe leggi contro a'notai, che chi volessi usare el notaio non potessi avere ufici nella città.

E a dì 22 detto, venne gragniuola e neve grande ch'alzò mezzo braccio per tutto. Perdessi de' fiori e frutti.

E a dì 27 di marzo 1496, che fu la domenica d'ulivo, fece fare fra'Girolamo una procissione a tutti e fanciugli, coll'ulivo in mano e in capo, e più portorono in mano ogniuno una croce rossa, lunga circa una spanna o più. Furono stimati 5 mila fanciugli, e poi grande numero di fanciule; tutti vestiti di bianco, e così le fanciulle, colle + e coll'ulivo in mano e in capo; e di poi tutti gli Ufici di Firenze e tutte le Capitudini; dipoi tutti gli uomini di Firenze, dipoi le donne; che non fu mai fatta la maggiore processione. Non credo restassi nè uomo nè donna che non andassi a fare tale oferta. E ofersesi in Santa Maria del Fiore, in su 'n uno altare per fare el Monte della Piatà. Fu fatta grande oferta. E andava inanzi a detta procissone un tabernacolo al quale v'era dipinto Cristo in su l'asino, come gli andò in Gierusalem, la domenica d'ulivo. E di sopra portavano l'onbrella, tutti gridando: Viva Cristo ch'è 'l nostro Re; per tutta la città.

E a dì 28 detto, si diceva che'Re voleva passare. E Viniziani facevano molta giente.

E a dì 4 d'aprile 1496, si portò una bonbarda alla Porta alla Giustizia, fatta di nuovo; e provandola, trasse e rovinò una casa alla Cappanaccia.

E a dì 7 detto, ci fu come a Siena era piovuto

sangue sopra due porte di Siena; e che a Viterbo era aparito una donna ch'aveva detto ch'a Firenze era el vero profeta. Le scrivo perchè si dice di queste pazie.

E a dì 10 di aprile 1496, fu asaltato el canpo nostro da' Pisani, di notte, e presono più di cento cavagli, e amazorono e cavorono gli occhi a due uomini d'arme. Non presono però el castello di Buti.

E a dì 12 detto, el Signore Piero prese di loro e fece el simile, cavò gli occhi a loro.

E a dì 14 detto, ci fu come que'di Faenza avevano cacciati di Faenza tutti chi v'era pe' Viniziani, e morto un loro mandatario.

E a dì 17 d'aprile 1496, predicò frate Girolamo a Prato nella Chiesa di San Marco, e fuvvi tanto popolo di Firenze e del contado che pioveva là ognuno. E disse loro che sarebbono e secondi 'avere le filicità, dopo le tribulazioni.

E a dì 24 detto, ci fu come e Pisani avevano ingrossato el canpo, e ch'e nostri avevano el peggio, e che verrebbono a' danni nostri.

E a dì 26 d'aprile 1496, si ragunò el Consiglio nella sala grande, per fare la Signoria; e' frati di San Marco vi dissono la Messa; e dissela frate Domenico, e poi predicò un poco. E in questo tenpo che se ragunavano, fu trovato chi bucherava e dava polize; e quali gli Otto

feciono pigliare. Fra gli altri fu un Giovani da Tignano, e mandorlo al Podestà, e feciogli dare 4 tratti di fune, e poi presono Filippo Corbizi e Giovanni Benizi e altri e molti ne feciono sostenere in Palagio; e molti no' furono scoperti; in modo che 'l Consiglio stette fino alle 22 ore inanzi fussi fatto. E Signori poi feciono fare la guardia per Firenze, la notte.

E a dì 28 detto, fu confinato nelle Stinche in perpetuo Filippo Corbizi e Giovanni Benizi e Giovanni da Tignano, per la detta intelligienzia. E più fu amuniti 25 cittadini per dette intelligenzie.

E a dì 2 di maggio, mandorono e Fiorentini al Re di Francia due lioni in su due muli in gabbie di legname; nè ci giovò nulla mai co' lui.

E a dì 3 detto, ci fu lettere del Re di Francia ch'aveva isbandeggiato Viniziani, Lonbardi e Gienovesi, che non potessino andare con mercatantie veruna nel suo tenitorio; e che gli aveva mandato a protestare ch'e Gienovesi e Lucchesi rendessino e Serezzana e Pietrasanta a di chi ell'era. Fu da beffe.

E a dì 4 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva ripreso ogni cosa nel Reame ecetto che Gaeta, e morti molti Franciosi.

E in questo tenpo non restava di piovere ed era durata questa piova circa a undici mesi, che mai fu una settimana che non piovessi.

E a dì 8, domenica, di maggio, sonò la canpana grossa di Palagio al Consiglio maggiore, e fu la prima volta ch'ella sonò a tal Consiglio; e fu dopo desinare. E quegli confinati nelle Stinche e amuniti appelorono al Consiglio maggiore, e fu cimentato e non si vinse. Bisognò che gli avessino pazienza.

E a dì 11 di maggio 1496, fu finito d'amattonare la Sala grande del Consiglio.

E a dì 14 detto, la morìa si risentì in più luoghi in Firenze.

E a dì 16 detto, ci fu come e nostri avevano rotti e Pisani e preso 40 uomini d'arme. Morì de' nostri un fante.

E a dì 18 di maggio, venne un'aqua sì grande ch'ella menò via e seminati insino qui ne'piani, e qui a Rovezzano ruppe due muri intorno a una via.

E a dì 20 di maggio 1496, ci fu come el Duca di Milano s'era scoperto nimico de'Fiorentini.

E a dì 22 detto, si battezò una fanciulla ebrea, ch'aveva circa 20 anni, che si fuggì da sua madre, ch' era figliuola di madonna Perla ebrea.

E a dì detto, ci venne uno inbasciadore francioso, ch'era Vescovo. Aloggiò al Canto de'Pazzi.

E a dì 24 di maggio 1496, andò in Palagio alla Signoria el detto Vescovo inbasciadore, e disse come era nostro amico, e come gli aveva conosciuto come e Fiorentini erano sua amici, e che de'danni nostri ci voleva ristorare e fare rendere le cose nostre, e anche avere dell'altre. E senpre da lui avemo di queste buone parole ma non fatti. Ci fu senpre molto ingrato. Ma Firenze si lasciò senpre ucciellare come gl'ignoranti. El detto inbasciadore andò a vicitare frate Girolamo a San Marco, e fu fatto. Pisa si stette a quel medesimo.

E a dì 28 di maggio 1496, ci cominciava una certa infermità, che le chiamavano bolle franciose, ch'erano come un vagiuolo grosso; e non si trova medicine, ma andavano senpre peggiorando.

E a dì 30 detto, e figliuoli di Bartolomeo Pucci andorono a l'Arte della Lana e ruppono la prigione, e cavoronne lor padre.

E a dì 31 detto, furono mandati al Bargiello.

E a dì 6 di giugno 1496, venne sì grande aque, che venne el fiume di Rifredi più grosso che mai. Fece dimolto danno.

E in questo tenpo non pasò, in questo anno, soldi 34 lo staio del grano.

E a dì 10 di giugno 1496, ci fu come el Papa mandava con giente d'arme el figliuolo in verso Siena, e aveva seco Piero de'Medici.

E a dì 12 detto, ci fu come egli era giunto a Pisa molti Stradiotti mandati da'Viniziani; e, secondo me, qui sta el male nostro de'fatti di Pisa: sono quegli che gli sostengono e che possono durare alla spesa.

E a dì 17 detto, ci fu come quegli cavagli pisani scorsono in quel di Bibbona e feciono grande preda.

E a dì 23 di giugnio, scorsono e Pisani in Valdinievole e arsono el Borgo a Buggiano.

E a dì 24 detto, non si fece festa veruna se none la procissione e l'oferta di San Giovanni.

E a dì 25 detto, si cominciò a fare e partiti colle pallottole d'oro come si fa a Vinegia.

E in questo tenpo, ci era circa 20 case di morbo.

E a dì 5 di luglio, e Pisani scorgono in quel di Volterra; e nostri gli rinchiusono e ruppogli e presono 60 cavagli e morivvi 20 uomini. Fu a' Pisani una grande rotta.

E a dì 8 di luglio 1496, ci venne l'anbasceria Sanese, e feciono lega co' Fiorentini per due anni.

E in questo tenpo si cominciò apriare quelle dette bolle chiamate franciose, che già n'era piena la città di maschi e femmine, quasi tutti d'età grandi.

E a dì 16, fece la mostra u' nostro condottiere chiamato el signore Rinuccio da Farnese, con 400 cavagli; e andò in quel di Pisa, al canpo nostro.

E a dì 23 di luglio 1496, si vinse in Consiglio grande

uno balzello a' preti, di 50 mila fiorini; e vinsono di levare la metà de' salari degl'ufici di Firenze drento, e un terzo a quegli di fuori, per uno anno.

E a dì 24 di luglio 1496, ci fu come 'l canpo de' Pisani era venuto a Bientina. Ogniuno n'aveva maraviglia che gl'avessino tanto animo. Ogni cosa nascieva dall'aiuto de'Viniziani in secreto.

E a dì 28 di luglio 1496, e nostri feciono una spianata presso a Cascina, per fare fatti d'arme; e' Pisani non accettorono.

E a dì 29 di luglio 1496, ci fu come e nostri erano scorso tanto che presono el Marchese di Fivizano e 'l castello. Che varie cose fanno le guerre! Or paiono al di sotto, ora al disopra, per modo ch'e Pisani s'erano recati in luogo forte per paura.

E a dì 31 di luglio, ci fu come e Franciosi ch'erano in certe fortezze nel Reame, le tenevano pe' Re, avevano chiesti patti al Re di Napoli, insino a dì 23 d'agosto avere soccorso, da ind' i'là si volevano dare, salvo le persone, e posti in Provenza.

E a dì 2 d'agosto 1496, s'aperse per la prima volta el Monte della Piatà, nella casa di Francesco Nori.

E a dì 4 d'agosto 1496, si vinse che si pagassi le gabelle e 'l sale co'quattrini bianchi, che fu trista giornata pel povero populo, secondo alcuni. Fu gonfaloniere Tomaso Antinori.

E in questo tenpo la morìa era quasi terminata.

E a dì 8 d'agosto 1496, fu morto u' nostro comessario in verso Firenzuola ch'era de' Canigiani. Dissesi perchè gli aveva fatto tagliare la testa a'lor fratello.

E a dì 10 d'agosto 1496, valse lo staio del grano più di soldi 40. Era cattiva ricolta in ogni luogo.

E a dì 15 detto, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore e, per la gran giente, rovinò uno di que'gradi de'fanciugli, di verso la porta di San Giovanni, e non si fece male persona. Fu tenuto un miracolo. E sappi che gli erano 4 gradi, 2 n'era accostato al muro dirinpetto al pergamo, gli altri due n'era uno di sopra, dagli uomini e uno di sotto dalle donne, nel mezo della chiesa. Tanto erano multipricato e fanciugli, fu di bisogno fargli. E nota, che in quel tenpo era tanto spirito in quella chiesa, e tanta dolceza a udire que' figliuoli

cantare, quando di sopra, quando di sotto e quando da lato, cantando a parte con ogni modestia e silenzio, che non pareva cosa da fanciugli. Io lo scrivo perchè mi trovai presente e vidi molte volte, e sentii tale dolceza spirituale. Veramente era piena la chiesa d'angioli.

E a dì 19 d'agosto, venne in Firenze uno inbasciadore di Massimiano inperadore, e a dì 20, andò in Palagio alla Signoria, e protestò e disse, che si dovessi levare l'offesa a' Pisani, e che noi entrassino nella lega, e lasciare el Re di Francia, dicendo che non è della stirpe reale.

E a dì 22 d'agosto 1496, venne una tenpesta qua su da Quinto e insino a Fiesole e Montereggi, che cavò delle barbe molti noci e frutti, e portò via ulivi; e fu tanta e tale gragniuola che tolse vino e olio e ogni cosa.

E a dì 24, si partì detto inbasciadore dello 'Nperadore.

E a dì 2 di settenbre 1496, ci fu una lettera del Duca di Milano e letta in Palagio, la quale diceva che 'l Frate scriveva al Re che venissi, che non poteva più sostenere. E ancora lo 'nbasciadore di Francia andò su alla Signoria a dire che questo Frate era quello

che guastava Firenze. El povero Frate aveva tanti nimici!

E a dì 5 di settenbre 1496, fu fornita di volgiere la cupoletta della sacrestia di Santo Spirito.

E a dì 9 di settenbre 1496, ci fu come el canpo nostro aveva dato una rotta a' Pisani e morto 80 uomini.

E a dì 19 detto, ci fu come el Re di Francia aveva avuto un figliuolo maschio.

E in questo tenpo non restava di piovere ogni settimana, come l'anno passato, per modo che non era ancora battuto in molti luoghi, e non si maturava le biade nè l' uve n' e fichi: ogni cosa mancava dalla sua perfezione.

E a dì 24 di settenbre 1496, ci fu come e Pisani avevano preso 30 muli carichi di zucchero e coiami nostri.

E a dì 26 di settenbre 1496, ci fu come Piero Capponi era stato morto in canpo da uno arcobuso. E a dì 27 si fece la sua onoranza in Firenze.

E a dì 8 d'ottobre, sabato, valse el grano soldi 50 o più.

E a dì 13 d'ottobre, ci fu come 'l Re di Napoli era morto, e che don Federigo s'era fatto Re e aveva rotto le bandiere del Re di Francia.

E a dì 14 d'ottobre, ci fu come lo 'Nperadore si partiva da Gienova e veniva a' Pisani.

E a dì 16 d'ottobre 1496, andò un bando, chi sapessi chi avessi gittato una fanciulla di circa a 22 anni in una sepoltura di Santa Maria Novella, morta, legata in due sacca, la quale non si conosceva; e non si trovò di chi si fussi.

E a dì 24 d' ottobre, ci fu come lo 'Nnperadore era giunto in Pisa, e come gli aveva scritto qui, come voleva che noi entrassino nella lega; altrimenti arderebbe a' danni nostri, e arderebbe a canpo a Livorno e a tutto el Contado, e metterebbe a filo di spada ogniuno.

E a dì 30 d'ottobre, facemo venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta. E quando giunse in Firenze, giunse nuove da Livorno, come era giunto 12 nave di grano, ch'era l'armata del Re di Francia; e quegli di Livorno usciron fuori e ruppono el carpo dello 'Nperadore e de' pisani, e amazzorono circa 40 uomini, e tolsono loro l'artiglierie: che fu opera di Dio, per la gran divozione che fu di Nostra Donna. Giunse tal novella apunto quando giunse lei in Firenze. E ancora si trovò, che quando fu diliberato di mandare per lei, che

in quel dì si mossono le navi da Marsilia; e quando fu disposta, giunsono in porto di Livorno. E fu tenuto che veramente la Vergine Maria voleva aiutare Firenze, e che quello fussi un saggio. E videsi chiaramente el miracolo espresso.

E in questo tenpo valeva el grano, 58, e, alcune cime, lire 3.

E a dì 10 di novenbre 1496, rovinò la cupoletta della sacrestia di Santo Spirito, quando si spuntellò.

E a dì 17 di novenbre 1496, ci fu come l'armata de' Viniziani e de' Gienovesi andò a traverso nel Porto di Livorno, e afogò molti uomini. E que' di Livorno guadagnorono molto tesoro. Ed era nell'armata una certa navetta di grano che ci avevano tolta, che si riebbe. E più v'era una nave aparecchiata per lo 'Nperadore, che v'era su sue veste e argenterie (era sceso in terra di poco quando venne la fortuna), la quale era intorno a Livorno per asediarlo co' pisani. E di fatto levorono el canpo, e lo 'Nperadore perdette la sua nave e pressochè la vita. Veduto tale segno e miracolo, l'aiuto di Dio a' Fiorentini, inmediato s'andò con Dio e lasciò tale inpresa, ch'era venuto insino della Magna per insignorirsi di Pisa, ch' e Pisani gliene davano. E in un dì fu spento un tale fuoco. Che non manco fu questo miracolo che quegli del Testamento Vecchio. Ma molti ingrati Fiorentini non l'ànno stimato, ma bene è vero che una buona parte d'uomini buoni e savi, che senton bene delle grazie e maraviglie di Dio, lo stimano asai e danno lalde a Dio.

E a dì 21 detto, andandotene con gran vergogna, Iddio gli volle ancora mostrare la 'npresa sua ingiusta, che, passando da Lucca e chiedendo vettovaglia, e Lucchesi feciono pena la testa chi gli dava niente, per modo ch'io mi credo che dubitò più volte di tornare nella Magna.

E a dì 27 detto, ci fu come lo 'Nperadore era passato in Lonbardia e caminava quant' e' poteva.

E a dì 30 detto, venne l'armata del Re di Francia a Livorno, con certe galee di Brettagna, e di que' Brettoni ne scese in terra. E andavano e' danni de' Pisani, e feciono gran danno pel paese loro.

E in questo dì, valeva lo staio del grano lire 3, e tuttavolta.

E a dì 5 di dicenbre 1496, ci rinovò una casa di morbo, ch' era stato mesi che non c'era stato nulla.

E in questo tenpo c'era già pieno di bolle franciose Firenze e 'l contado, ed erano in ogni città per tutta Italia e duravano assai. Chi le medicava e ristrigneva, davano doglie assai per tutte le giunture, e finalmente ritornavano. E questo modo non si trovava medicine; e no' ne periva molti, ma stentavano con molte doglie e schifezza.

E a dì 12 di dicenbre 1496, mandamo el canpo a Cascina.

E a dì 15, ci fu come e nostri avevano preso Tremoleto, che l'avevano messo a sacco e a filo di spade e

morto ogniuno che v' era drento. E la cagione fu che trattando l'accordo, che si volevano dare e dare statichi, e apressandosi alla porta, uno sciocco (che sono quegli che fanno capitare male e popoli che vogliono ben vivere) trasse, dalle mura, trasse un passatoio, e dette nella testa a uno conestavole francioso che si chiamava el Pitetto, e cascò morto. Onde vedendo e Franciosi ch'erano nel canpo nostro, feciono fare indietro gli altri e dissono: E' tocca a noi a fare la vendetta, e feciono forza e entrorono drento, e amazzorono ogniuno e saccheggiorono tutto. E in questo caso, e nostri non dovevano lasciare fare a quegli uomini barberi, che godono d'inbrodolarsi nel sangue umano.

E a dì 17 di dicenbre 1496, rinviliò lo staio del grano soldi 5, e tutta volta mandavano assai muli per grano a Livorno.

E a dì 21 detto, ci fu come avevàno preso Soiano per forza, e inpiccorono parecchi uomini e amazzoronne, e spogliorono tutti soldati e donne e fanciulle e tutti gli mandorono in camicia.

E a dì 23 detto, ci fu da'nostri inbasciadori di Francia, come e' non se gli poteva dare a intendere che noi fussino sua amici del Re. E intesesi, come gli erano e cittadini di qui ch'ordinavano tutto; e fu grande romore infra gli Ottanta che si dovessi fare giustizia e punire chi è peccatore, e non fu altro.

E a dì 3 di giennaio 1496, ci fu come a Livorno era giunto due navette di grano di certi mercatanti.

E a dì 5 detto, si vinse di porre una gravezza di 200 migliaia di fiorini e fussi posta da 20 uomini.

E a dì 11 di giennaio 1496, giunse in Firenze Monsignore Begnì, che veniva da Napoli, con forse 50 cavagli, ed era amalato. Aveva le bolle franciose. Venne nelle ceste. Aloggiò in casa di messer Iacopo de' Pazzi. Fecesegli onore, e 'l presente grande.

E a dì 20 detto, si vinse ch'e quatrini bianchi si spendessino per le gabelle e sale, per due altri mesi.

E più vinsono, che s'arogiessi al Consiglio giovani, bisognando, da 24 anni in su.

E in questo tenpo valse la farina lire 3 e soldi 10 lo staio.

E a dì 23 di giennaio 1496, si partì di Firenze el signore Begnì e andossene in Francia, ch' aveva perduto tutto el Reame, che non passò sanza vergogna del Re, che non mandò mai soccorso. Aveva aquistato sì grande regno in pochi dì, e in pochi perduto.

E a dì 25 di giennaio 1497, valse el grano lire 3 soldi 14 lo staio. E in questo dì, morì una donna nella calca alla Piazza del Grano, dove si vendeva el pane e 'l

grano del Comune. E più ci fu, come un povero contadino, che veniva a Firenze per accattare del pane, e' lasciò a casa 3 banbolini sanza pane, e ritornando a casa trovò que' fanciugli che morivano, e no' gli potendo confortare, tolse un capresto e inpiccossi.

E a dì 28, sabato, rinviliò el grano 12 o 15 soldi lo staio; e dettesi el più debole a soldi 54 lo staio.

E a dì 3 di febraio 1496, fu mandato via un predicatore de' Frati Minori che predicava in San Lorenzo.

E a dì 6 detto, afogò nella calca più donne alla Piazza del Grano, e chi ne usciva mezze morte, ch'era una cosa incredibile, ma fu vera perch'io la vidi.

E a dì 10 detto, afogò un'altra donna e uno uomo, al detto pane del Comune.

E a dì 11 detto, sabato, valse lo staio lire 4, la cima.

E a dì 19 detto, andò la Piazza del Grano a sacco.

E a dì 20, ci fu come l'armata del Re, ch'era a Livorno, aveva preso due navette di grano nel Porto di Pionbino e condotto a Livorno. Stava a nostra stanza.

E a dì 28 di febraio 1496, valse e' grano quel medesimo.

E dì 10 di marzo 1496, s'incamerò la gravezza detta Ventina.

E a dì 12 di marzo 1496, ci fu com'egli era giunto in Porto Pisano 3 nave di grano per nostro conto.

E a dì 13 detto, ci fu come el Papa aveva riavuto Ostia da' Franciosi, per danari.

E a dì 15 detto, avemo el perdono in Santa Maria del Fiore.

E a dì 19 di marzo 1496, fu trovato per Firenze fanciugli morti di fame, e più d'uno.

E a dì 20 detto, fu confinata la suocera di Piero de' Medici, e detto dì andò via.

E a dì 21 detto, ci fu sospetto di trattato di Piero de' Medici, che si diceva che voleva entrare in Firenzuola, e dare grano e farina al popolo, e fare gridare Palle. E no' ne fu nulla.

E a dì 24 di marzo, Venerdì santo, predicava un frate in Santo Spirito, che diceva contro a frate Girolamo, e tutta Quaresima diceva ch'el Frate c'ingannava e che non era profeta. Diceva cose da fanciugli, e a frate Girolamo gli cresceva tutta volta el populo. Aveva alla predica continuamente 15 mila persone, ognindì di lavorare.

E a dì 27 di marzo 1497, tuttavolta ci cascava uomini e donne e fanciugli per la fame, e alcuni ne moriva, e molti ne moriva allo spedale, ch'erano venuti meno per la fame.

E a dì 2 d'aprile 1497, intervenne fuor della Porta di San Piero Gattolino questo oribile caso a un sevaiuolo, che se gli appiccò el fuoco in casa e arse ogni cosa e le persone; che furono 4 tra donne e fanciulle, e tre maschi, che v'era un garzone grande; che furono sette persone. No' ne canpò niuno se none un lor padre che si trovava 'Arezzo in quel dì.

E a dì 4 d'aprile 1497, isvenne molte donne alla Piazza del Grano, e morivene due.

E a dì 5, ci venne una certa monaca di verso el Ponte a Rignano, la quale era un poco in oppinione di santità, e cominciò a parlare e dire contro a frate Girolamo. E presto si spense.

E a dì 8 d'aprile 1497, valse el grano lire 4, soldi 10.

E a dì 12 detto, valse el grano lire 5. E io lo vendetti, un poco che m'avanzava, lire 4, soldi 13. Di ciò mi chiamo ingrato.

E a dì 14 d'aprile 1497, ci fu come a Livorno era giunto una nave di grano ch' era 2500 moggia.

E a dì 16 detto, ci fu come e nostri avevano tolto a' Pisani e preso el bastione del Ponte a Stagno.

E dì 18 detto, si levò un romore per Firenze, che venne di Piazza de' Signori e del Grano. Furono cierte povere donne ch'andorono alla porta del Palagio e chiedevano misericordia del pane, in modo corse per Firenze, che si cominciò a gridare serra, serra; in modo che ogniuno tirò drento e rastregli, e chi serrò la bottega.

E a dì 19 detto, mercoledì, rinviliò el grano soldi 8 lo staio.

E a dì 21, fu fornito di porre quelle colonne di marmo a l'andito che va di Palagio nella Sala grande, di verso la Mercatantia.

E a dì 25 d'aprile, ci fu come Piero de' Medici era a Siena con giente assai, i'modo che si faceva le guardi la notte.

E a dì 27 detto, ci fu come Piero de' Medici era a Staggia.

E a dì 28 detto, ci fu com' egli era alla Castellina; e più rinfrescava: egli è a Certosa. E in effetto, non fu 20 ore che fu insino alle Fonti di San Gaggio, con dumila persone tra piede e cavallo. Onde, in sull'otta di desinare, s' armorono e gonfaloni e molti cittadini e tutti e principali, e andorono alla Porta di San Piero Gattolino. E circa a ore 21 si partì, vedendo non avere seguito di Firenze. E fu tenuto la più sciocca cosa mettersi in tanto pericolo, che, se gli avessino voluto, lo potevano pigliare: sonare a martello di fuori, sarebbe stato rinchiuso. Tornossi a Siena e non sanza paura.

E a dì primo di maggio 1497, ci fu come Giuliano de' Medici faceva giente qua in quel di Bruscoli.

E a dì 4 di maggio 1497, l'Ascensione, e' predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore; e certi uomini sua nimici di poca coscienza feciono una grande isceleranza. La notte, per dispetto, entrorono in chiesa e per forza, spezzando la porta ch'è dal canpanile, e entrorono in sul pergamo e quello vituperosamente inbrattorono di sporcizie; in modo s'ebbe a piallare quando ebbe a montare in pergamo. E predicando questa mattina, aveva detto e due terzi, fu fatto certo romore in

verso el coro, che dettono co' na mazza in una cassetta. Crediamo fussi fatto a arte da' medesimi. E si levò inmediate un romore, gridando tutti Giesù. E questo fu che 'l popolo stava sollevato, aspettando scandoli da' cattivi. E pure quietato el popolo per un poco di tenpo, un'altra volta si gridò Giesù; perchè all'uscio del pergamo, sendo alcuni ch'avevano arme sotto in difensione del Frate, cavoro fuori l'arme. E vedendo alcuni, di chi avevano sospetto, apressare al pergamo; uno ch'aveva nome Lando Sassolini menò di piatto a uno ch'aveva nome Bartolomeo Giugni. E per ventura era degli Otto, onde e detti Otto dettono bando al detto Lando di rubello, non conparendo; ma conparì. E funne scandolo assai.

E a dì 5 detto, feciono e Signori un partito, che non fussi niuna regola di Frati che potessi predicare sanza loro licenzia, e feciono levare tutti panche e gradi de' fanciugli di Santa Maria del Fiore. E questo fu fatto per grande invidia che aveva questo povero Frate, che disse inanzi: Io intendo che voi non vuole' che si predichi; nol fate che voi capiterete male. E nollo

vollono ubidire. Onde gli omini di spirito, aspettando grande novità, stimandolo el vero profeta, e disse cose grandi raffermando le cose dette, e che si dovessi scrivere per tutto e tra gl'infedeli, che gli era in Firenze un Frate che diceva la novazione della Chiesa, e disse: Scrivete ancora questo, che lo dice Iddio. Onde a questo tenpo, di questi Signori e Otto, si dette ognuno a' giuochi e a 'largare la vita a ogni male, e aprire el Frascato e taverne.

E a dì 6 detto, rinviliò el grano soldi 20 lo staio; tornò a lire 3.

E a dì 8 detto, frate Girolamo fece una pistola e gittossi di fatto in forma, la quale confortava a stare fermi nella fede, e mostrando come e tristi e gli Arabiati s'avevano dato la sentenzia contro, a fare tale scelleranza, a violare el tenpio di Dio.

E a dì 11 di maggio, la Signoria, ch'era gonfaloniere Piero degli Alberti, feciono disfare e scarpellare tutte l'arme delle palle nel palagio de' Medici e in Sa' Lorenzo e altrove.

E a dì 12 detto, vinsono nel Consiglio ch'a fare certi ufici grandi si facessi a 'lezione come prima, e gli ufici piccoli si traessi sei, e chi vinceva s' inborsassi e traessi.

E a dì 13 detto, sabato, rincarò el grano e valse lire 4, soldi 15.

E a dì 18 di maggio 1497, in questi tenpi, ci moriva di febre molta giente per la terra e agli spedali; la quale febre faceva farneticare e uscire quasi di sè: e anche veniva loro uscita, e morivano in due o 3 dì. Andavane a Santa Maria Nuova 12 per dì. Ordinorono di mettere e poveri a 'bergo nelle stalle del Papa, e dare a ogniuno un pane per sera.

E a dì 24, si diceva che 'l Papa mandava a citare frate Girolamo.

E a dì 25 di maggio 1497, fu el Corpo di Cristo. E andando la processione, e andando molti fanciugli alla processione, e' portavano in mano crocelline rosse; e

perchè gli era ordine di frate Girolamo quel portare quelle croci così rosse, el povero frate Girolamo era in odio molto agl'uomini; e' giovani comunemente più cattivi che gli altri. Però chè senpre troverai, che chi à in odio le cose che sono di loro natura bene e non vede nè sa altra verità, cului senpre erra e pecca. Ma questa mattina fu fatto questa scelleranza e infedelità, che, passando la detta processione in sul Ponte di Santa Trinita, alcuni giovani stavano a vedere passare a lato a una chiesolina ch'è in sul ponte a man ritta a 'ndare verso Santo Spirito. Vedendo que' fanciugli con quelle croci dissono: Ecco e fanciugli di fra Girolamo. E accostandosi uno di loro, prese una di quelle crocelline e, strappandola di mano a quello fanciullo, la spezzò e gittò in Arno, come fussi uno infedele; e tutto faceva per odio del Frate. Si vendicò con Cristo. Or questo fu tenuto molto tristo caso per gli uomini intendenti e savi. Gli sciocchi si ridono del male come de' bene.

E a dì 27 di maggio, sabato, valse el grano lire 4, soldi 10 lo staio, e quello del Comune lo davano a soldi 52 lo staio, e lire 3 lo staio, ma con grande dificultà se ne poteva avere.

E in questo tenpo eravamo privati del verbo di Dio. Non lasciavano predicare in chiesa veruna.

E in questo tenpo fu cavato fuori certe pistole molto vituperose contro a frate Girolamo, di mano d'un frate di Santo Spirito.

E a dì 31 di mangio 1497, valse el grano lire 5 lo

staio, e io lo vendetti lire 4, soldi 16. Arène avuto più di lire 5, s'i 'avessi voluto, bench'io n'avessi da vendere poco.

E a dì primo di giugno 1497, ci moriva di febre molta giente in pochi dì, chi in otto e chi in dieci dì, e chi in quatro dì, ci fu un cittadino. E dissesi che in questo fondo di luna che faceva questo dì, n'andò 120 tra gli spedali e la città. E anche si disse che c' era qualche cosa di morbo allo spedale. N' andava, per dì, dieci o dodici. E in questo dì ne morì, a Santa Maria Nuova, 24.

E tuttavolta avàno quest'altro dispiacere, ch'avàno la carestia spirituale e corporale, in modo che poco doleva la morte a' poveri, e tuttavolta ci moriva assai. Ogniuno diceva: Quest'è una morìa onesta.

E a dì 10 di giugno, ci fu in Piazza, del grano nuovo e rinviliò qualche cosa.

E a dì 11 di giugno, si corse el palio di Santo Barnaba, che s'era stato anni che non se n'era 'corsi in Firenze più, per le prediche del Profeta. E a questa Signoria, deliberonno di correre e no' stare più al detto del Frate dicendo: Risucitiano un poco questo populo, abiàno noi a diventare tutti frati? E nondimeno ci levavano el verbo di Dio.

E a dì 13 di giugno, ci morì, in un dì, circa a cento, tra spedali e la città, ch'era nella quintadecima la luna

E a dì 16 di giugno 1497, cadde uno canpanuzzo di que' di Santa Maria del Fiore, di quegli che si suonano a' levare del Signore, e dètte in sulla testa a uno cierto Dino, in mentre si leva el Signore, e stette per morire. Si cavò più pezzi d' osso.

E a dì 18 di giugno 1497, venne dal Papa una scomunica che scomunicava frate Girolamo, la quale si gittò

in questa mattina a Santo Spirito, in Santa Maria Novella, in Santa +, nella Badia e ne' Servi. La quale sentii io leggierla e gittarla in Santo Spirito, nel pergamo di coro, infra due torchi acesi e più frati; e letta e gittata per le mani d' un frate Lionardo, loro predicatore e aversario di detto Frate Girolamo. La quale conteneva che 'l detto frate non aveva ubidito a un certo brieve a lui mandato insino di novenbre 1496 che lo citava in santa ubidienza ch' andassi al Papa; e non volendo ubidire lo scomunica, e che non sia chi gli dia aiuto o sussidio, e che non si possa andare a udire, nè andare a luogo dove sia, sotto pena di scomunicazione.

E a dì 19 di giugno 1497, ci fu come un figliuolo del Papa era stato morto e gittato in Tevere.

E a dì 20, mandò fuori una pistola frate Girolamo in difensione della scomunica, la quale si difendeva, secondo alcuni.

E a dì 23 di giugno 1497, cadde un fanciullo dalla canpana grossa di Palagio in sul ballatoio, e in pochi dì morì.

E a dì 24 detto, sabato, valse el grano in Piazza lire 3.

E a dì 28 detto, ci moriva pure di febre, si disse, 60 per dì.

E a dì 30, si scoprì più case di morbo per la terra, ed era nel borgo di Ricorboli bene 8 case.

E a dì primo di luglio 1497, fu gonfaloniere Domenico Bartoli.

E a dì 2 detto, ci moriva assai di febre e di morbo e morinne solo in un dì, a Santa Maria Nuova, 25 el dì.

E a dì 3 detto, ci si scoprì più case di morbo, in modo che ogniuno faceva pensiero di fuggire. E in questo tenpo valeva un paio di pollastre lire 3, e un paio di capponi 7 o 8 lire; tanti c'era l'infermi.

E a dì 8 di luglio 1497, gli Uficiali dell'Abondanza missono in Piazza el grano a soldi 35.

E a dì 9 di luglio 1497, si scoprì morbo in San Marco, e uscissene di molti frati e andavano alle ville de'loro padri e loro parenti e amici. E frate Girolamo rimase in San Marco con alquanti frati. E in questi dì, c'era in Firenze circa 34 case di morbo e anche di febre.

E a dì 11 di luglio 1497, ci fu come el Signore di Mantova andò a Vinegia, e Viniziani, gli vollono mozzare la testa, o veramente lui n'ebbe sospetto; e calossi d'una camera dov'egli era, con teli di lenzuoli, e

fuggissi a Mantova. E questo perchè si diceva ch'egli era fatto capitano del Re di Francia.

E a dì 12 detto, mercoledì, valse e' grano nuovo e bello, soldi 45.

E a dì 16 detto, era in Firenze circa a 30 case di morbo, e morivane anche assai di febre. E nota che moriva tutti capi di case, da'20 anni in su insino in 50, e non fanciugli. Pareva si verificasse el detto del Frate, della novazione della Chiesa e del mondo.

E a dì 20 di luglio 1497, ci moriva assai poveri per le vie, di stento, e a ogn'ora per la città n'era ricolti da chi era sopra ciò, co' cataletti, e portati allo spedale, e là morivano.

E a dì 23 di luglio 1497, fu preso un prete ch'uficiava in Santa Maria Maggiore, dagli Otto, el quale confessò avere tamburato frate Girolamo e frate Domenico e tutti Frati di San Marco, com'erono soddomiti, per certi isdegni e passioni. E questa mattina fu mandato dagli Otto a rendere loro la fama. E andò in su 'n uno pergamo posto in sulle scalee di Santa Maria del Fiore, in sulla Piazza, apoggiato al canpanile, e in presenzia di tutto 'l popolo disse avere detto le bugie, e confessò pubricamento avere errato. E di poi nondimeno gli Otto lo mandorono alle Stinche e in gabbia.

E a dì 29 di luglio 1497, scurò el sole e morivaci di peste e di febre, in modo che la città si votava di cittadini, ch' andavano alle ville, chi poteva.

E a dì 5 d'agosto 1497, fu preso uno di quegli dell'Antella ed ebbe della colla, e confesso certo trattato con Piero de'Medici, e abominò molti, e quali fu

mandato per loro e sostenuti in Palagio e al Bargiello, e dato fune. Fra' quali fu Lorenzo Tornabuoni, Gianozzo Pucci, Bernardo Del Nero, Niccolò Ridolfi, e altri che si fuggirono, che fu Piero di Filippo Tornabuoni, el Butte de'Medici e altri.

E a dì 6, mandorono pe' Signore Rinuccio e per certi caporali, e feciono fanti in Piazza.

E a dì 10 d'agosto 1497, molto si parlava per la città che sarà di loro. Chi diceva: e' non ànno errato, chi diceva sì.

E a dì 13, si disse ch'e Tornabuoni avevano spacciato una staffetta al Re di Francia, e chiedere Lorenzo.

E a dì 15 d'agosto 1497, intervenne questo, che alla chiesa di San Pagolo, al carnaio ch'è fuori della chiesa, e beccamorti seppellivano uno, e cadde a uno di loro certe chiavi là giù e andò per elle; e fu tanto el puzzo, che vi morì di fatto inanzi lo potessino tirare su.

E a dì 16, andò el grano in sù insino a lire 3.

E a dì 17 d'agosto 1497, si ragunò la Pratica, e stettono in Palagio dalla mattina insino a mezza notte. E furono più di 180 uomini. E fu determinato a voce viva, che fussino morti e confiscati e beni secondo che dice la leggie. E fu giudicato questi 5 uomini, che fu el primo Bernardo Del Nero, e Niccolò Ridolfi, Giovanni Canbi, Gianozzo Pucci e Lorenzo Tornabuoni, de' quali ne 'ncrebbe a tutto el popolo. Ogniuno si maravigliò che fussi fatto tal cosa, nè a fatica si poteva credere. E feciogli morire la notte medesima, che non fu sanza

lacrime di me, quando vidi passare a' Tornaquinci, in una bara, quel giovanetto Lorenzo, inanzi dì poco.

E benchè chiedessino l'appello, e che fusse consigliato da' dottori che si poteva dare, e massimamente messere Guido Antonio Vespucci, non fu voluto dare loro; che parve troppa crudeltà a simili uomini. Pure è posta nella volontà di Dio ogni cosa. Sia senpre a sua lalde ogni cosa.

E più mandorono un bando chi avessi beni di questi 5.

E a dì 24 d'agosto, confinorono una buona quantità: el Tinca Martegli e Iacopo di messere Bongianni, Tomasino Corbinegli, Lionardo Bartolini, Francesco Dini.

E a dì 17 di settenbre, andorono e fanciugli alla Signoria, a chiedere che frate Girolamo predicassi, e racconciassino e gradi in Santa Maria del Fiore.

E a dì primo d'ottobre 1497, predicò un Frate del Carmino a quella Vergine Maria ch'è nel canto delle mura, dalla Porta a San Friano; e afermava molto la dottrina di frate Girolamo, dicendo: E' m'à detto Iddio che gli è santo uomo e che la dottrina sua è vera, e chiunche gli à fatto risistenza e detto male della divina opera, sieno signori, sieno religiosi, o gran maestri, gli sarà cavato la lingua e dato a' cani, e simile pazzie. E fu mandato per lui, esaminato al Vescovado, e fugli comandato che non predicassi.

E a dì 5 d'ottobre 1497, venne in Firenze un figliuolo di messer Giovanni Bentivogli, al soldo dei fiorentini, e aveva 100 elmetti. Era molto bene a ordine e andò a Pisa.

E a dì 16, lunedì, confinorono molti cittadini per un medesimo peccato. Fu cavato di prigione quel Filippo dell'Antella e Sforzo Bettini, e confinati infra 'l terreno nostro. E più, fu confinati quegli ch'erono citati e non conpariti; che fu messer Piero Alamanni, Messer Tommaso Minerbetti, messer Luigi Tornabuoni e Piero suo fratello.

E a dì 18 d'ottobre, ci moriva di febri assai capi di casa e di buoni cittadini, e non moriva nè donne nè fanciugli.

E a dì 19 d'ottobre 1497, e in questo tenpo si scoperse la morìa a molte case, in modo che fermò in villa e cittadini.

E a dì 28, fu in Mercato Nuovo, in su'n uno moricciuolo tra que' banchi, standosi a sedere uno uomo di circa 50 anni, si pose la gota in sulla mano, come si volessi riposare per sonno; e così stando, passò di questa vita, che niuno se n'avide de' circustanti. Non fece atto veruno. Ma poi vedendolo interriato e toccandolo, vidono ch'era morto. E così stette ore morto con quella gota in sulla mano, e ogniuno stava discosto, credendo fussi amorbato, perchè la morìa ci faceva danno.

E a dì primo di novenbre 1497, finì la triegua co' Pisani e tutta Toscana, e tuttavolta si faceva giente perchè si diceva ch'e Viniziani mandavano giente a Pisa;

e noi stavàno tuttavolta in sulla spesa, aspettando el Re che si diceva: E' passa di quà.

E a dì 3 di novenbre 1497, ci fu come a Roma cadde una saetta in sul Castello Sant'Agnolo, insino a dì 29 d'ottobre 1497, in domenica, a ore 14. La quale fece cose grandi: dètte in sull'Angielo e gittollo giuso per terra, e cascò giuso nella munizione, e appiccossi el fuoco, e scoppiò la torre, e fece andare pietre e legni, balestre, corazze di là dal Tevere; e morivvi uomini. Fu una cosa spaventevole.

E a dì 6, ci venne Pisani per accordo; e no' ne fu nulla.

E a dì 7, cominciò la morìa a Dicomano.

E a dì 9 di novenbre 1497, tornò lo Studio a Firenze che leggieva a Prato, e leggievano forse 40 lettori.

E a dì 13 detto, venne cavagli a Pisa mandati da Viniziani, e qui si faceva giente tuttavolta, aspettando di roppere guerra.

E a dì 15 di novenbre 1497, si trovò sotto el portico dello Spedale di San Pagolo di Firenze, fu trovato, una mattina, una fanciulla morta, la mattina in sul dì; la quale fu scoperta da quegli che governavano gli ammorbati, e giudicato non era ammorbata ma più tosto strangolata. E inteso gli Otto el caso, mandorono un bando a pena della testa chi lo sapessi e non lo rivelassi.

E a dì 18 di novenbre 1497, rinviliò el grano, tornò a soldi 50, e l'Abbondanza lo mise a soldi 40.

E a dì 19 di novenbre 1497, gli Otto fero bando a frate Mariano da Ghignazzano e altri sua compagni, che non potessino venire in quello de'Fiorentini a pena della testa perchè si dicevano che tenevano mano che Piero de'Medici tornassi a Firenze.

E a dì 26 di novenbre 1497, ci fu come e' Pisani avevano fatto una preda in sul nostro insino a Bibbona, di bestiame.

E a dì 29 detto, si levò el Crocifisso dell'altare di Santa Maria del Fiore, e posesi quaggiù di sotto, dove seggono e Calonaci, e posono in su l'altare maggiore un tabernacolo di legname per el Corpo di Cristo, che non era ancora dorato, a vedere se piaceva.

E a dì 2 di dicenbre, venne in Firenze un Cardinale figliuolo del Duca di Ferrara, ch' andava a Roma a vicitare el Papa che l'aveva fatto Cardinale di nuovo. Era giovanetto di circa 22 anni. Fugli fatto assai onore; andogli incontro assai cittadini.

E a dì 14 di dicenbre, ci fu come e nostri avevano corso insino a Pisa, e predato in Val di Calci.

E a dì 16 detto, taglionno la testa al Cegino, nella

corte del Capitano, per quel medesimo peccato, d'avere fatto e fatti de'Medici.

E a dì 6 di giennaio 1497, andò la Signoria di Firenze a offerire a San Marco, e baciorono la mano a frate Girolamo all'altare, e non sanza grande maraviglia de' più intendenti, e non tanto degli avversari, quanto degli amici del Frate. Fu el dì della Pifania.

E in questi dì fu grandi freddi; ghiacciò Arno.

E a dì 11 di febraio 1497, cominciò a predicare frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e rifecesi e gradi come prima, e andovvi molta giente, e molto si parlava

di lui ch'era scomunicato, e molti mancorono d'andarvi per temenza della scomunica dicendo: giusta vel ingiusta, timenda est. Io fui di quegli che non vi andavo.

E in questo tenpo poco si ragionava di morìa, se c'era in una casa o in due, non c'era in più.

E a dì 15 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in San Marco, e non volle se non preti e religiosi, e scoperse loro le loro magagne, secondo che mi fu riferito da uno.

E in questi dì la guerra di Pisa s'era un poco quietata per la vernata cruda.

E a dì 17, sabato, valse el grano da 49 a 50 soldi lo staio.

E a dì 18 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e manconne ancora più giente.

E in questo tenpo fu grandi freddi, in modo che stette ghiacciato più di due mesi, che si dubitò non si perdessi el grano e la ricolta ne' luoghi freddi.

E a dì 24 di febraio, sabato, valse el grano quel medesimo, da 49 a 50 soldi lo staio.

E a dì 25 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, senpre provando la scomunica non valere nè tenere; e nota che tutte le dette prediche sono state scritte e gittate in forma da un giovane notaio ch'à nome ser Lorenzo Vivuoli, se si può dire, stato più ch'uomo, avere scritto ciò che à mai detto questo Frate in pergamo, e pistole e altre cose dette in molti anni: non si può trovare maggiore meraviglia al mondo, e non bisogna altro miracolo in questa opera, avere scritto ogni minimo atto e parola come l'à dette apunto, che non ne manca un iota, ch'è inpossibile; ma è stata permissione divina a qualche buon fine, e così è giudicato dagli uomini che fanno bene.

E dì 27 di febraio, fu Carnasciale, e fecesi in su la Piazza de' Signori un capannuccio di cose vane, di figure ignude e di tavolieri, libri eretici, Morganti, specchi e molte cose vane e di gran valuta, stimate migliaia di fiorini. Come e' feciono anno la processione de' fanciugli, così feciono al presente: ragunati in 4 quartieri, colle croci e ulivi in mano, ogni quartiere ordinati con tabernacoli innanzi, andorono dopo desinare a ardere detto capannuccio; e benchè fussi dato noia da certi tiepidi, gittando gatte morte e simile lordura, non di meno vi misono el fuoco, e arse ogni cosa, perchè v'era stipa assai. E nota che 'l capannuccio non era cosa da fanciugli, ch'era un certo quadro di legname di più di 12 braccia per ogni verso, fatto da legnaiuoli in più dì, e molte opere; per modo che fu necessario la notte dinanzi tenere la guardia di molti armati a guardare, perchè certi tiepidi lo volevano guastare, di certi giovani che chiamavano Conpagnacci. E nota che 'l Frate era in tanta reverenza a chi gli credeva, che questa mattina, ancora che fussi Carnasciale, frate Girolamo disse la messa in San Marco e comunicò di sua mano tutti e sua frati, e poi parecchi migliaia d'uomini e di donne; e dipoi venne col Corpo di Cristo in su un pergamo in sulla porta della chiesa così di fuori, e, mostrandolo, benedisse el popolo con molte orazioni: Fac salvum populum tuum Domine, e certe altre orazioni. Eravi venuto grande popolo, stimando vedere segni: e tiepidi si ridevano e facevano beffe e dicevano: Egli è scomunicato e comunica altri. E benchè a me e' pareva errore, ancora che gli credessi; ma non volli mettermi mai a pericolo andare a udirlo, poichè fu scomunicato.

E a dì 28 di febraio 1497, che fu el primo dì di Quaresima, predicò e disse ch'e tristi avevano pieno el

sacco e fatto ogni male; e massime la notte si fece una certa cena di Conpagnacci, tutti tiepidi che vorrebbono vedere le cose un poco più larghe, e non tanto riprendere e peccati, e avere licenza di vivere all'epicura.

E a dì primo di marzo 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e prese licenza, e disse predicherebbe in San Marco, perchè e c'era venuto una aggravatoria del Papa: e sendolo, prese licenza da lì, e predicava in San Marco, e un frate de' sua predicava in Santa Maria del Fiore la sera: e seguitando in San Marco, gli cresceva el popolo, e dissesi ch' egli aveva scritto al Papa che si correggessi, altrimenti capiterebbe male, e aspettassi gran flagello, e presto.

E a dì 11 di marzo 1497, predicando pure in San Marco, alluminando la città, che volevano fare un tiranno e già si vedeva per molti certi segni.

E a dì 14 detto, si fece richiesti e pratica per pigliare modo di questo Frate, e finalmente s'andò in bigoncia molti cittadini: chi voleva levarlo dal predicare, e chi no; e fuvvi grande controversia d'anbizione di Stato; non di meno tutta volta predicava, e 'l Papa minacciava d'interdire la città. Pareva cosa meravigliosa che 'l Papa nollo potessi fare star cheto e cessare dal predicare; e molto maggiore era che lui stessi pure forte e non cessassi dal predicare.

E a dì 17 di marzo, la Signoria mandò 5 cittadini a frate Girolamo, la sera di notte, a pregarlo che non predicasse per qualche dì; e lui rispose che voleva prima

dimandarne colui che lo mandò a predicare: e nondimeno pure predicò in San Marco, e chiese licenzia, minacciando di gran cose a chi era cagione di questo.

E a dì 18 di marzo 1497, predicò in San Marco frate Domenico da Pescia, e in Santa Maria del Fiore predicava la sera uno de' frati loro di San Marco.

E a dì 21 di marzo 1497, ci fu nuove come 'l Papa era adirato co' Fiorentini, e che non si poteva quietare. Eraci lettere in molti mercatanti ch'avevano paura di andare a sacco Roma. E più c'era lettere come frate Mariano da Ghignazzano molto soffiava nel fuoco, e come gli aveva fatto una predica, infra l'altre, a Roma, e come chiamò senpre ubbriacone frate Girolamo; e più venne in tanta insania, che nella predica, dov'era più cardinali, ch'egli usò volgere el parlare e disse: Alessandro; se non fussi la reverenza tua, io ti farei due fiche agli occhi; e attualmente fece con mano simile lordura in pergamo, così si disse da chi veniva da Roma. Or vedete quanto può la invidia! e nota s'ella pare invidia, che innanzi che fussi scomunicato gli erano molto maggiori nimici, gli apponevano molti falsi: pareva sola invidia; forse che no.

E a dì 24 di marzo 1497, ci fu come el Duca di Milano era venuto a Genova e menato seco 200 cittadini per fuggire el sospetto ch' egli aveva.

E a dì 25 di marzo 1498, fu trovato certe scritte alla porta di Santa + e d'Orto San Michele, che dicevano: Popolo, e' non è il Frate la tua malattia, ma sono certi pinzocheroni; ed eravi nominato Francesco Valori e Pagoloantonio Soderini, e dicevano: Andate a casa loro col fuoco. E nota che in questi tenpi si facevano beffe di queste cose spirituali; si trovava per la terra tale infedele gente alla sfrenata, che toglieva moccoli e

andava cercando così accesi, e dicevano: Io cerco della chiavicina ch' ha perduto el Frate; chi pigliava la giente e facevagli inginocchiare a una lanterna accesa, e diceva: Adora el vero lume; chi ardeva finestre inpannate, e altri spregi: perchè el Frate aveva usate dette parole, la chiavicina, e che la novazione della Chiesa sarebbe el vero lume. E questi erano una gente di giovanaglia di poco spirito.

E a dì 26, ci fu chi diceva che la interdizione di Firenze era venuta, ma non era vero, e che la fu occultata; e nondimeno el Frate faceva in San Marco dentro, processioni e orazioni con un Crocifisso innanzi, in mano al Frate, con grande lacrime e divozione, con alquanti cittadini, che v'entravano dentro di nascosto dagli altri.

E a dì 27 di marzo 1498, frate Domenico da Pescia, frate pure di San Marco, invitò nella predica un predicatore che predicava in Santa + a entrare nel fuoco per questa verità, el quale diceva contro a frate Girolamo: e andorono parecchi cittadini a Santa + per ambasciadori.

E a dì 28, predicava frate Domenico in San Marco e dicendo di volere entrare nel fuoco; e più disse che molti di questi miei Frati faranno el simile; e volgendosi verso le donne, ancora di queste donne faranno questo; e fu tanto l' empito dello spirito che molte si levarono ritte dicendo: Io sono di quelle.

E in questo medesimo dì, el predicatore di Santa + disse in pergamo volere entrare nel fuoco, e accetto lo 'nvito, e disse: Io credo bene ardere, ma sono contento per liberare questo popolo; e disse: se lui non arde, credetegli come vero profeta.

E a dì 29 di marzo 1498, andarono in Palagio alquanti frati di San Marco e alquanti di Santa +, e portorono le conclusioni e' capitoli in che modo si dovessi entrare; e rimasi dovessi entrare un frate di San Francesco, de'Rondinegli, e per la parte di San Marco frate Mariano Ughi.

E a dì primo d'aprile 1498, predicava in Santa Maria del Fiore frate Mariano Ughi, frate di San Marco, el quale s'era sottoscritto di volere entrare nel fuoco; e più raffermò questa sera inginocchiato in pergamo innanzi al Crocifisso, promettendo per questa verità per ogni modo entrare nel fuoco, pregando strettamente che a chi toccava dovessi tirare innanzi questa opera. E queste cose disse pubricamente e in pergamo.

E a dì 2 d'aprile 1498, frate Girolamo fece dentro in

San Marco una processione con tutti e sua frati e molti cittadini: uscirono per chiostro e girorono tutta la piazza e ritornorono in chiesa; e frate Girolamo portava in mano el Crocifisso e imponeva e salmi.

E a dì 6 d' aprile 1498, cominciò a predicare frate Girolamo in San Marco, e predicò come era preparato a mandare de' sua frati nel fuoco per questa verità predicata, e non tanto alcuni sua frati, ma tutti a voce viva erano preparati, quanto parecchi migliaia di secolari e di donne e fanciugli, per modo che nel mezzo della predica si rizzò tutto 'l popolo gridando e offerendo la vita per quella verità.

E a dì 7 detto, fu ordinato in Piazza de' Signori un palchetto lungo braccia 50 e largo braccia 10 e alto braccia 4, e fu fondato in certe capre di legname, in sul quale fu fatto da ogni sponda un muricciuolo di mattoni crudi, alto braccia 1/2, e nel mezzo missono ghiaia e calcinacci, e in effetto tutto coperto che 'l fuoco non potessi trovare l'asse e'l legname; e in su detto palchetto fu fatto a ogni sponda legne grosse a uso di cataste, alte braccia 2 1/2, tutto el palchetto quanto era lungo, lasciorono da ogni testa senza legne braccia 4, intanto che le legne erano lunghe braccia 40 da ogni lato: e lasciorono in quel mezzo braccia 2 di spazio d'onde s'aveva a passare: e di fuora e dentro a dette legne si rizzò molte scope e frasconi in modo che restò un braccio di luogo l'andito: e più vi fu gittato su olio, acqua arzente e altre ragie perchè meglio ardessi. E dato l'ora in detto dì a ore 17 si dovessino appresentare in Piazza detti Frati di San Marco e di San Francesco, e quali dovessino fare lo sperimento del fuoco, come s'erano patteggiati e soscritti; che dalla parte di San Marco dovessi entrar fra Domenico da Pescia, e dalla parte di San

Francesco dovessi entrare fra Giuliano de' Rondinegli dell'Osservanzia. E a l'ora data giunse quei di San Francesco e entrorono nella Loggia dei Signori, la quale avevano diviso per mezzo collo steccato, e stettono inverso San Piero Scaraggio sanza dir niente. E poi venne quei di San Marco con grandissima divozione, grande numero di frati, circa 250, a coppie a coppie; e poi frate Domenico con uno Crocifisso in mano; e di poi frate Girolamo con il Corpo di Cristo in mano: e aveva dietro un gran popolo con molti torchi e lumi, cantando e salmeggiando con grande divozione: entrati nella Loggia, avevano parato uno altare e cantoronvi una Messa; dipoi el popolo aspettava questo grande spettacolo. E stando più ore, si maravigliava el popolo, e la cagione era che avevano differenzia: che quei di San Francesco vollono che frate Domenico si cavasse insino alle mutande, dicendo che era incantato, e lui fu contento; poi gli missono un'altra cosa, che non v'andassi col Corpo di Cristo: per modo ch'e Frati di San Francesco si vide che volevano farne fuora. In modo ch'andò insino a sera questa controversia, fra andare su in Palagio e tornare: onde si ruppe ch'e Frati di San Francesco s' andorono via, e di poi si partirono quei di San Marco, per modo che 'l popolo si conturbò tutto, quasi perdendo la fede del Profeta. Molto si parlava di questo fatto; e massimamente quegli che erano contro al Frate presono grande animo, ch'era una certa compagnia che si diceva Compagnacci, e quali comincìorono a fulminare e a sparlare disonestamente e dileggiare tutti quelli che credevano questa opera del Frate, chiamandogli Piagnoni e pinzocheroni e simili ingiurie; per modo che non era niuno di quelli del Frate che potessi parlare.

E a dì 8 aprile 1498, che fu la domenica d'ulivo,

cominciò a scoppiare questo fatto ordine, che, sendo in Santa Maria del Fiore per cominciare el vespro, e la giente era a sedere alla predica, un buon popolo d' uomini e di done, e preti soprastavano a cominciare el vespro, alcuni dissono perchè non s'avessi a predicare, e forse a stanza di questi Compagnacci, e quali cominciarono a dare in quelle spalliere delle donne, e usando parole e dicendo: Andatevi con Dio piagnonacci e simile parole, in modo che molte si levarono da sedere, e fu fatto un tumulto grande per chiesa; e beato chi poteva trovare la porta: e se alcuni garrivano, loro volevano dare con ogni arroganza, e appicca' la quistione; e tratto fuori arme addosso alquanti di quelli del Frate, fuggendo verso la Via del Cocomero, fu dato e feriti alcuni in modo che in poche ore fu in arme tutta la città, tutti di quegli contro al Frate, e questa compagnia de' Compagnacci, e fulminando verso San Marco gridando: A' frati; a' frati, a San Marco; e tutto il popolo e' fanciugli corrono co' sassi; intanto che molti uomini e donne ch'erano in San Marco non potevano uscire fuora pe' sassi. E io mi trovai; e se non fussi che del chiostro uscì e andane in verso la Porta di San Gallo, rimanevo forse morto. E in effetto ognuno s'armava: di Palagio venne bandi, chi pigliava o menava preso frate Girolamo avessi 1000 ducati. Fu commota tutta la città, e niuno fu ardito di parlare, di quegli del Frate, che sarebbe stato morto. E innanzi che fussi ore 22, venne in Piazza qualche Gonfalone armati, gridando popolo, ch'erano quasi tutti Conpagnacci, e cominciorono a dire e gridare: A casa Francesco Valori, a sacco; e corsono là e missono fuoco nella porta, e andò a sacco ogni cosa. E in questo tenpo Francesco Valori uscì di San Marco sconosciuto, dietro per l'orto è lungo

le mura: fu preso da due uomini vili e menato a casa sua: dipoi la sera fu cacciato fuori da' mazzieri de' Signori e fugli promesso la vita, e menanvanlo in Palagio: e quando fu presso a San Procolo, in sul canto da quella Vergine Maria, venne uno di dietro, e detteli in su la testa con una roncola due o vero tre volte, e morì quivi di fatto. E nell'andare a sacco la casa sua fedirono la donna sua e morì, e fedirono figlie e balie, e ruborono ogni cosa.

E più andò a sacco Andrea Cambini; e una casa nella Via Larga d'un povero uomo, che gittò parecchi tegoli nella via dalle finestre. E in questo tempo si combatteva San Marco, e tuttavolta vi cresceva popolo; e portoronvi circa 3 passavolanti, nella Via Larga e Via del Cocomero, e fuvvi feriti e morti alcuni. Dissesi che n'era morti di qua e di là 15 o 20 persone, e feriti circa 100.

E circa alle 6 ore di notte arsono la porta di San Marco della chiesa e del chiostro, e entrati in chiesa si combattè; e finalmente il Frate era in coro a cantare ufizio, e vennero fuori due frati, e dissono: Noi vi daremo el Frate, se voi lo volete dar salvo in Palagio, e così fu promesso: e alle 7 ore gli detto' el Frate e frate Domenico e frate Salvestro, e menoronlo in Palagio con molte ingiurie per la via. E dissesi che gli davano de' calci, e dicevano: Va là, tristo; e fugli messo e ferri in ganba e le manette, e tenuto molto stretto come un grande malfattore, e dettogli molti improperi e ingiurie.

E a dì 9 di aprile 1498, non si fece altro, si posò l'arme ma non la lingua, pareva aperto l'inferno; non si potevano isfamare di dire e ladro e traditore. E non

si poteva per niente parlare per la parte del Frate, che sarebbe stato morto, e dileggiavano e cittadini Piagnoni e pinzocheroni.

E a dì 10 d'aprile 1498, a ore 21, el Frate fu portato al Bargello a predelline, perchè era co' ferri in gamba colle manette, e ancora frate Domenico; e missono mano e dettongli 3 tratti di fune, e a frate Domenico ne dettono 4; e disse frate Girolamo: posatemi che io vi scriverò tutta la vita mia. E pensa quando fu udito, quando egli aveva avuto la colla, dagli uomini che vogliono ben vivere e che gli credevano, che non fu sanza lacrime perchè aveva insegnato questa orazione: Fac bene bonis et rectis corde. Non fu sanza lacrime e dolore e forte orazioni a Dio.

E a dì 13 di aprile 1498, ci fu come el Re di Francia era morto, e morì a dì 7 detto, quando venne un grande tuono e un brusco tempo, pareva l'aria molto crucciata e piovve; e io lo so che mi immollai molto per vedere l'esperimento del fuoco, perchè fu in tal dì circa a ore 20. E in detto dì ci fu come lo 'Nperadore s'aveva rotto una coscia da un cavallo che gli cadde addosso. E in tal dì venne il Turco a Otranto. E in tal dì fu tagliato la testa a due gentiluomini che volevano avvelenare el Duca di Milano.

E a dì 15 di aprile 1498, che fu la Santa Pasqua, arsono dentro le Murate più refettori, e fece loro grande danno e massime di robe di cittadini; e discesi che non si sapeva in che modo si fusse acceso questo fuoco.

E a dì 17 d'aprile 1498, ci fu come el Duca d'Orliens era stato fatto Re di Francia.

E a dì 19 d'aprile 1498, si lesse in Consiglio, nella sala grande, el processo di frate Girolamo, ch'egli aveva scritto di sua mano, el quale noi tenevamo che fussi profeta, el quale confessava no' essere profeta, e non aveva da Dio le cose che predicava; e confessò molti casi occorsi nel processo delle sue predicazioni essere el contrario di quello ci dava ad intendere. E io mi trovai a udire leggere tale processo; onde mi maravigliavo e stavo stupefatto e in ammirazione. E dolore sentiva l'anima mia, vedere andare per terra uno sì fatto edificio per avere fatto tristo fondamento d'una sola bugia. Aspettavo Firenze una nuova Gierusalemme donde avessi a uscire le leggi e lo splendore e l'esempio della buona vita, e vedere la novazione della Chiesa, la conversione degli infedeli, e la consolazione de' buoni; e io sentii el suo contrario, e di fatto presi la medicina: In voluntate tua Domine omnia sunt posita.

E a dì 21 d'aprile 1498, si scoperse la morìa in molte case, di nuovo nella Via della Scala circa quattro case, e qui intorno a San Brancazio, insino alla + al Trebbio, altre quattro case. Faceva in due dì assai, perchè faceva la luna. Fece un poco isbigottire el popolo circunstante.

E a dì 22 d'aprile 1498, si prese el perdono in Santa Maria del Fiore, del Giubileo che ci aveva concesso el Papa; e concesse penitenziali che potessino assolvere da ogni e qualunche caso, e massime in queste scomuniche che ci aveva fatto incorrere questo Frate, per le sue prediche: e per la gran fede che gli portava el popolo, in mentre ch'egli era scomunicato c'era assai che l'andavano a udire.

E a dì 23 d'aprile 1498, dettono martirio al Frate; e fu sostenuto certi cittadini, che fu Domenico Mazzinghi e altri.

E a dì 24 d'aprile 1498, s'intese come Pagoloantonio Soderini se n'era andato a Lucca per sospetto del Frate.

E a dì 26 d'aprile 1498, ci fu un mandatario del Papa, e un breve che dava licenza che facessino del Frate quanto paressi al suo mandatario.

E a dì 27 d'aprile, si dette colla a tutti e cittadini presi per tal caso, in modo che, dalle 15 ore insino a sera, si sentì sempre gridare al Bargello.

E a dì 28 d'aprile 1498, si fece pratica sopra Frati e sopra cittadini ch'erano nominati da' Frati, e stettono insino alle 7 ore, e non feciono conclusione; e fu molto contradetto a manomettere e cittadini.

E a dì 30 d'aprile 1498, si ragunò el Consiglio e feciono e gonfalonieri, e vinsono di restituire certi confinati nelle Stinche, e certe altre provisioni: e de' cittadini ch'avevano errato nello Stato, vinsono pagassino danari, e del Frate non si ragionò. Furono condannati circa 23 cittadini in danari e ammuniti, chi in cento, chi in dugento, e chi in mille, che fu una somma di 12 mila fiorini.

E a dì primo di maggio, furono rimandati tutti e cittadini a casa; e rimase e 3 poveri Frati.

E a dì 2 di maggio 1498, si levò quel tabernacolo ch'era stato posto in Santa Maria del Fiore all'altare maggiore, per tenere el Corpus Domini, e riposesi el Crocifisso com'era prima.

E a dì 5 di maggio 1498, valse el grano soldi 35, e così lo dava el Comune.

E a dì 7 di maggio, ci fu come a Pescia era scorso e Pisani e predorono. Dissesi che v' era trattato di un francioso, ma non riuscì.

E a dì 8 di maggio 1498, ci fu come frate Girolamo aveva isposto el Miserere mei in prigione in Palagio, nell' Alberghetto.

E a dì 9 di maggio 1498, si vinse negli Ottanta che gli Ebrei potessero prestare. Se fu lecito lo sa el Signore, e nel Consiglio maggiore non si vinse che prestassino.

E a dì 12 di maggio 1498, gli Uficiali del morbo andorono per gli spedali, cacciavano e poveri, e dove ne trovavano per la città tutti gli mandavano fuori di Firenze; e feciono ancora più crudele cosa, che posono all'arte de' Corazzai un canapo colla carrucola per dare colla a chi tornava dentro. Fu tenuta cosa crudele e una medicina contraria.

E a dì 13 detto, ci fu come el Papa mandava un mandatario e 'l Generale di San Marco per giudicare frate Girolamo; e più ch'egli aveva dato licenzia a' Fiorentini che potessino porre a' preti e religiosi tre Decime. Alcuni pure amici del Frate, interpretavano e dicevano: Questo frate è stato venduto 30 danari come 'l Salvatore, perchè tre vie dieci fa trenta. E nota che molti preti si rallegravano del male del Frate, e tornò sopra loro.

E a dì 14 di maggio 1498, si tirò su due campane grosse in su uno campanile, così alla salvatica, sopra la porta di San Lorenzo di Firenze.

E a dì 18 detto, fu finito el secondo finestrato di Filippo Strozzi.

E a dì 19 detto, venne in Firenze un mandatario del Papa e el Generale di San Marco per esaminar frate Girolamo.

E a dì 20 di maggio, domenica, quello mandatario lo pose alla colla, e innanzi lo tirassi su, questo dimandò, s'egli era vero le cose ch'egli aveva confessate, e lui rispose e disse di no, e come egli era messo e mandato da Dio; e lui allora lo fece collare, e confessò quel medesimo, ch'era peccatore, come disse prima.

E a dì 22 di maggio 1498, determinorono di fargli morire; e fu determinato d'ardergli vivi, e finalmente la sera fu fatto un palchetto, el quale copriva tutta la ringhiera del Palagio de' Signori, e poi si partiva un palchetto dalla ringhiera allato al lione e veniva in mezzo della Piazza, verso el tetto de'Pisani: e quivi fu ritto un legno grosso e alto molte braccia, e intorno al detto legno un palchetto tondo e grande: e al sopradetto legno fu posto un legno a traverso a uso d'una croce; e vedendo gli uomini dicevano: E' gli vogliono crucifiggere; e sentendo mormorare della croce, andorono a segare di quel legno, in modo che non paressi croce.

E a dì 23 di maggio 1498, mercoledì mattina, si fece questo sacrifizio di questi tre Frati. Gli trassono di Palagio e feciongli venire in su quel palchetto della

ringhiera; e quivi furono gli Otto e' Collegi e 'l mandatario del Papa e 'l Generale, e molti calonaci e preti e frati di diverse regole, e 'l vescovo de' Pagagliotti, al quale fu commesso digradare detti 3 Frati: e qui in su la ringhiera fu fatto dette cerimonie. Furono vestiti di tutti i paramenti, e poi cavati a uno a uno, colle parole accomodate al digradare, affermando sempre frate Girolamo eretico e scismatico, per questo essere condannato al fuoco; radendo loro el capo e mani, come si usa al detto digradare. E fatto questo, lasciorono e detti Frati nelle mani degli Otto, e quali feciono inmediate el partito che fussino inpiccati e arsi; e di fatto furono menati in sul palchetto allo stile della +. Dove el primo fu frate Silvestro, e fu inpiccato al detto stile a uno de' corni della croce; e non avendo molto la tratta, stentò buon pezzo, dicendo Giesù molte volte in mentre ch'era impiccato, perchè el capestro non stringeva forte nè scorse bene. El secondo fu frate Domenico da Pescia, senpre dicendo Giesù; e 'l terzo fu el Frate detto eretico, il quale non parlava forte ma piano, e così fu inpiccato. Sanza parlare mai niuno di loro, che fu tenuto grande miracolo, massime che ognuno stimava di vedere segni, e ch'egli avessi confessato la verità in quel caso al popolo; massime la buona gente, la quale disiderava la grolia di Dio e 'l principio del ben vivere, la novazione della Chiesa, la conversione degli infedeli: onde non fu sanza loro amaritudine: nè fece scusa veruna, nè niuno di loro. Molti caddono dalla lor fede. E come furono inpiccati tutti a tre, in mezzo frate Girolamo, e volti verso el Palagio; e finalmente levorono del palchetto della ringhiera, e fattovi el capannuccio in su quello tondo, in sul quale era polvere da bonbarda, e' dettono fuoco alla detta polvere, e così s'arse detto capannuccio

con fracasso di razzi e scoppietti, e in poche ore furono arsi, in modo che cascava loro le gambe e braccia a poco a poco: e restato parte de busti appiccato alle catene, fu gittato loro molti sassi per fargli cadere, in modo che gli ebbono paura che non fussino tolti dal popolo; e 'l manigoldo, e chi lo aveva a fare, feciono cadere lo stile e ardere in terra, facendo arrecare legne assai: e attizzando sopra detti corpi, feciono consumare ogni cosa e ogni reliquia: dipoi feciono venire carrette e portare ad Arno ogni minima polvere, acciò non fussi trovato di loro niente, accompagnati da' mazzieri insino ad Arno, al Ponte Vecchio. E non dimeno fu chi riprese di quei carboni ch'andavano a galla, tanta fede era in alcuni buone genti; ma molto segretamente e anche con paura, perchè non se ne poteva ragionare nè dire niente, sanza paura della vita, perchè volevano spegnere ogni reliquia di lui.

E a dì 26 di maggio detto, fu trovato in Piazza certe donne per divozione inginocchiate dove furono arsi.

E a dì 27 detto, quel mandatario del Papa fece fare un' amunizione che chi avessi scritture del Frate le dovessi portare a lui in San Piero Scaraggio, dove stava, per arderle, sotto pena di scomunicazione, e così le croci rosse. E fuvvene portate molte, e dipoi se ne fece beffe ognuno, perchè non si truova eresia in tutte sue cose.

E Signori e Otto, che si trovorono a dare e giudicare questi tre frati, fu Piero di Niccolò Popoleschi gonfaloniere, Chimenti Ciarpelloni, Filippo Cappegli, Alessandro Alessandri, Lionardo di Giuliano Gondi, Antonio Berlinghieri, Lanfredino Lanfredini; e gli Otto che renderono tal partito, Piero Parenti, Antonio di Domenico Giugni, Francesco Pucci, Domenico Fagiuoli,

Doffo d'Agnolo Spini Ruberto di Giovanni Corsini, Francesco di Cino, Gabbriello Becchi.

E a dì 29 di maggio 1498, se n'andò quello mandatario.

E a dì primo di giugno 1498, feciono un capitano della guerra e fu Pagolo Vitegli, e dettongli el bastone.

E a dì 4 di giugno, fu veduto una fiamma di fuoco andare per aria, grande, e sfavillava e lasciava la via d'onde passava buon pezzo, ed era bassa bassa.

E a dì 5 di giugno 1498, andò el nuovo Capitano a Pisa. E in questo dì corsono e Pisani sino a San Miniato al Tedesco e feciono una grande preda e presono prigioni e arsono una osteria sotto San Miniato alla via di Stibbio.

E a dì 7 detto, e Pisani posano el canpo a Ponte di Sacco, e l'altro dì si fuggirono perchè 'l nostro s'appressò e ingrossava.

E a dì 10 detto, venne in sul prato de' Servi e dal Tiratoio certi bruchi neri a mangiare quei prati, in modo che quelli ispruneggioli rimanevano tutti bianchi e mondi; e innanzi che n'andassi quattro dì, quei bruchi diventorono che parevano d'oro; e' fanciugli gli pigliavano e gridando: questi sono e bruchi del frate Girolamo; e quale pareva d'oro e quale d'ariento. E quali avevano queste condizioni: un viso umano con gli occhi e 'l

naso, pareva avessino una corona in testa, e intorno al viso come una diadema, come si soleva fare all'antica, e tra la corona e la testa si vedeva una crocellina, col busto giù tutta pareva oro; e di dietro con una coda nera, piccola e sottile, colla quale mangiavano quei pruni. Parve 'alcuni cosa miracolosa non se n'essere veduti mai più, e che dovessino significare qualche cosa; e parve ad alcuni che dovessino significare che la vita del Frate fussi stata d'oro, e che dietro a lui, s'avessi a sterpare le male erbe; e 'l pruno, di quella ragione, pare e più tristo e disutile e spiacevole; che la coda, cioè el dirieto, dovessi consumare le più cattive erbe.

E a dì 19 di giugno 1498, gli Otto ammunirono 28 cittadini tutti di quegli del Frate.

E a dì detto, fece la Signoria 50 uomini che avessino a prestare 1000 fiorini per uno a dodici per cento, all'assegnamento.

E a dì 24 di giugno 1498 fu San Giovanni, e feciono una girandola, in su la quale posono un porco e giganti e cani, e un gigante morto; e dicevasi che l'avevano fatto in dispregio del Frate: e dicevano el porco essere el Frate, e 'l gigante morto Francesco Valori; e simili pazzie. E strascinando quel gigante, che cadde, sempre dicendo: quel porco del Frate, e simili cose da sciocchi.

E a dì 26 di giugno 1498, fu morto un cittadino,

che era uscito di Siena, da uno, per guadagnare una taglia di fiorini 1000; e fu nel mezzo di Mercato Vecchio, in su la terza dirimpetto allo speziale del Re. E più fu feriti altri giovani la notte dinanzi. E la causa era che ognuno aveva allargato la vita, e vedevasi la notte pieno d'arme in aste e spade ignude per tutta la città, e co'lumi giucare in Mercato Nuovo e per tutto, sanza freno. Pareva aperto l'inferno; e tristo a quello che riprendeva e vizii.

E a dì 27 di giugno 1498, fu inpiccato quello che ammazzò ieri quello in Mercato Vecchio, in quello luogo proprio dove fece el male, e fu attanagliato per tutta la città in su uno carro. Fu fatto una bella giustizia e presto.

E a dì 28 di giugno 1498, fece la mostra uno figliuolo della Madonna d'Imola, che à nome Ottaviano, che venne condottiere de' Fiorentini, con 100 uomini d'arme e 50 balestrieri a cavallo; venne molto a ordine.

E a dì 30 detto, tolsono a San Marco la canpana loro e mandossi all' Osservanza a San Miniato.

E a dì 4 di luglio 1498, s'aperse San Marco.

E a dì 7, sabato, valse el grano soldi 26.

E a dì 18 di luglio 1498, ci fu come Montepulciano aveva cacciato fuori e fanti forestieri e gridato Marzocco.

E a dì 26 di luglio 1498, vinsono in Palagio, in Consiglio maggiore, di fare una inborsazione di tutti gli ufici da 600 lire in giù, tutti chi à beneficio dal padre o dall'avo o dall'arcavo, da 50 anni in su per 3 polizze, e da 40 a 50 per due, da 30 a 40 per una e da indi in giù insino a 25.

E a dì 27 di luglio 1498, ci fu come el nostro Capitano aveva preso 150 cavagli e 'l cariaggio e vettovaglia ch' andavano in Cascina, e morti molti fanti e morto un fratello del Governatore di Pisa, ch'era gentile uomo di Vinegia: e dissesi che 'l Capitano l'aveva fatto per iscaltri modi, che gli aveva mandati alcuni a predare per cavare fuori quei di Cascina, e così fu, che, uscendo fuora, el Capitano gli tramezzò e da più luoghi gli mise in mezzo; e non ne scampò niuno di quegli ch'uscirono di Cascina.

E in questo anno fu una abbondanzia di frutte, la maggiore.

E a dì 6 d'agosto 1498, mandorono due ambasciadori a Vinegia, che fu messer Guidantonio Vespucci e Bernardo Rucellai.

E a dì 21 detto, ci fu come e nostri avevano preso Buti a patti, a discrezione, e mozzo le mani a 5 bonbardieri. E tuttavolta si faceva spingarde nuove e mandav' i' giù. E impicco uno, e presono a' prigioni 33 uomini che ci erano, infra loro ci era de' fanciulli. Vennono in Firenze legati.

E a dì 31 d'agosto 1498, ci fu come e nostri avevano preso el bastione di Vico, e morti tanti quanti ve n' era dentro; e anche de' nostri ne morì e feriti assai.

E a dì 3 di settenbre 1498, si bombardava Vico Pisano, e sentivasi di su' ponti tale ch' annoverò 150 colpi.

E a dì 5 di settenbre, ci fu come gli avevano avuto Vico a patti, salvo l' avere e le persone.

E a dì 10 di settenbre 1498, ci fu come e nostri avevano rotto e Pisani, e preso 200 cavagli e morto centinaia di uomini, e anche de' nostri morì. E questo

fu a Pietra Dolorosa, a un nostro bastione che loro volevano pigliare ch'è presso alla Verrucola; e 'l Capitano, avendone sentore, cavalcò per piano e girò el monte verso Pisa e rinchiusegli.

E a dì 11 di settenbre 1498, ci fu come Siena era in arme e come quello de' Petrucci aveva preso el Palagio e la piazza e teneva la parte nostra; e noi gli mandammo aiuto e mandammo el conte Rinuccio nostro soldato, e prese una porta di Siena e aiutò que' de' Petrucci.

E a dì 11 di settenbre 1498, ci fu come el Conte d'Urbino veniva con giente in aiuto alla contraria parte a Siena; uscirono di Perugia e Baglioni e assaltorongli e non gli lasciorono passare.

E più ci fu, come e Viniziani avevano avuto una rotta da' nostri in Val di Lamona e presi di molti uomini d'arme: queste quattro nuove in manco di 24 ore.

E più venne in Firenze 12 prigioni Pisani, e tutti dicevano ch' erano connestaboli.

E a dì 13 detto, si fece l'accordo tra' Sanesi.

E a dì 23, sonò a martello tutta la valle di Dicomano, perchè giente de' Viniziani avevano preso el Borgo di Marradi. Era co' loro Giuliano de' Medici. Ebbono el passo da Faenza, ch'andava co' Viniziani e lasciò noi; dubitossi non passassino in Mugello, e posono el campo a Castiglione di Marradi.

E a dì 24 di settenbre 1498, lunedì, alloggiò a Dicomano el signor Rinuccio con otto isquadre di cavagli e molti balestrieri a cavallo, e l'altro dì andò in Mugello. E in questi dì si faceva in Firenze molta fanteria, e mandava in Mugello e in Romagna 4 o 5 migliaia di persone; e anche si diceva che v'era venuto Piero de' Medici nel campo de' Viniziani. E questo facevano e Viniziani per levarci da Pisa; e loro furono sempre quegli che sostenevano e Pisani, e quali non potevano durare alla spesa se non fussi e Viniziani e quali facevano contro a ogni dovere: ma non sanno quello abbia a intervenire a loro.

E a dì 27 di settenbre 1498, ci fu come s'ebbe certe bastìe di Librafatta. Pensa che c'era da fare assai, avere a riparare in più luoghi. Iddio ci à senpre aiutati perchè le nostre guerre sono lecite, ma non così quelle degli ambiziosi e invidiosi Viniziani.

E a dì 28 di settenbre 1498, passò per Firenze el Signore di Piombino, con molte squadre di cavagli a cavallo e fanti assai, condotto al nostro soldo, e andò in Mugello dall'Uccellatoio; e dicevasi che in Faenza vi era garbuglio, chi voleva Firenze e chi Vinegia.

E in questo dì valeva el grano soldi 22 lo staio.

E a dì 30 di settenbre 1498, tuttavolta si soldava giente; chiunque veniva toccava danari e andava via.

E a dì 3 d'ottobre, bonbardavano Marradi e Viniziani, ma pure vi si mise vettovaglia per forza, che fu un bel fatto.

E a dì 4 d' ottobre 1498, ci fu come e nostri avevano avuto Librafatta, che s'ebbe ieri a ore 22.

E a dì 5 detto, tuttavolta strignevano Marradi con bonbarde.

E a dì 6 d'ottobre 1498, ci fu come el campo nostro è ito in Casaglia, presso a Marradi, et è ben provveduto: stimasi s'andranno a trovare tra pochi dì, e dicasi che s' andranno con Dio se potranno; s'aspetta gli rinchiugghino e nostri. E in detto dì avvenne questo miracolo da Dio, che sendo assediati d'acqua quegli della rôcca di Marradi e stati più dì sanza acqua e non potevano più stare, si botorono alla Vergine Maria di fare un castello d'ariento, se pioveva; e fatto el boto, intanto si raccoglieva e danari, in un tratto rannugolò e piovve tanto che raccolsono 50 barili d'acqua.

E in questo anno fu una ricolta grande e d'ogni e qualunche cosa, e di frutte e d'olio, vino e grano. Fu ogni cosa a buona derrata. Iddio non abbandona e poveri.

E a dì 11 d' ottobre 1498, Marradi si stava pure così e non aveva più paura, ch'avevano avuto l'acqua miracolosamente.

E a dì 12 d'ottobre 1498, mandorono a Pisa al Capitano, che gli aveva chiesti, quanti scarpellini era in Firenze; di poi tornorono indietro e non andorono.

E a dì 13 d'ottobre 1498, ci fu come el Capitano nostro aveva due porte di Pisa, e che vi si gridava Marzocco.

E a dì 14 detto, ci fu come el Capitano aveva avuto la torre di Foce o dato al Castellano 2000 ducati e l'abitazione in sul nostro dove voleva, e che gli aveva trattato accordo co' Pisani e presto sarebbe, e ch'egli aveva mandato un bando che tutti e contadini pisani potessino uscire fuori a seminare sicuramente e feciono le viste di volere accordo, ma feciono perchè potessino andare a seminare.

E a dì 17, uscì di Pisa certi che chiamano Ghingherli, che corsono insino a Montetopoli e predorono 120 capi di bestie e buoi e bifolchi, e furono assaltati dal paese e tolti loro tutta la preda e presono uno di loro.

E a dì 21 d'ottobre, entrò in Firenze el Capitano di Firenze e non quello della guerra; e levossi el Bargello, ch' eravamo stati buon tenpo sanza Capitano, avàmo fatto col Bargello. Era romano, stette nella medesima casa del Capitano.

E a dì 24 d'ottobre 1498, ci fu come Piero de'Medici era passato la Pieve Santo Stefano, ed era presso a Bibbiena, e poi preso, col campo ch'era a Marradi de'Viniziani; e fecionsi forti a Bibbiena, e dissesi che Piero vi aveva degli amici.

E a dì 27 d'ottobre 1498, questo campo de'

Viniziani, ch'era con Piero de' Medici in Bibbiena, presono uno altro Castelluccio che si chiama Fronzoli.

E dicevasi per ognuno ch'e nostri, se si voleva, che gli erano rinchiusi e che non se ne potevano andare; e già vi era giunto el Signore di Piombino co'sua cavagli, e potevano esservi tutti e nostri caporali e pigliavano ognuno. Donde si venisse, non seguitoron la vittoria; mandorono alle stanze e soldati.

E a dì 5 di novenbre 1498, passò di qua el Fracassa che veniva di San Benedetto, e alloggiò a Dicomano con 400 cavagli e poi al Ponte a Sieve e per Valdarno, e andò a Arezzo.

E a dì 6 detto, alloggiò a Dicomano uno altro Conte con 300 cavagli, tutti di quegli del Duca di Milano, e andò per la medesima via.

E a dì 8 di novenbre 1498, passò el conte Rinuccio a Dicomano con 400 cavagli, e andò alloggiare per Val di Sieve e non s'appresentò in Casentino dov'era il Signore di Piombino; e però si partì da Pratovecchio el Signore di Piombino, con la sua giente, e venne alloggiare a San Lorino e a Caiano e insino a Londa, e feciono spaventare tutto 'l paese stimando fussino e nimici, poi andorono alloggiare a Dicomano.

E a dì 24 di novenbre 1498, venne Arno molto grosso e fece danno assai, e fece rovinare un ponte che era tra la Porta al Prato e la Porticciuola, in sul Mugnione; el quale Mugnone venne molto grosso e entrò per Borgo di fuori e affogò un mugnaio col cavallo e la farina, e una donna ch'era in su detto ponte e fece molti danni.

E a dì detto, intervenne ch' a Ricorboli, essendo alloggiati vetturali con 10 muli carichi di polvere da bombarda e artiglierie, alcuni giovani volendo provare

uno scoppietto, s' appiccò el fuoco a quella polvere e arse la casa e muli; e' vetturali ne fu guasti dal fuoco cinque in modo che furono portati allo spedale. Credo ne morissi alcuni.

E a dì 25 di novenbre, el Capitano nostro alloggiò in questi piani del Poggio a Caiano, che si partì di quel di Pisa, e mandavanlo in Casentino.

E a dì 27 detto, ci fu come e nimici in Casentino avevano preso un Castelluccio che si chiama Santerma, nel quale era fuggito molto grano e robe, e missonlo a sacco, ammazzorono ogniuno.

E a dì 30 detto, e nimici avevano posto el campo a Pratovecchio. E in questo tempo pioveva assai, e bisognò andassino alle stanze per tutto insino a Vicchio, consumando tutto 'l paese. E dubitavasi tuttavolta d'un trattato, e non si vinceva più danari e avevasi gran sospetto. Chi ci lasciava, de'soldati, e chi minacciava, e massime chi era alla guardia delle castella e massime le castella di Pisa.

E a dì 20 di dicenbre 1498, ci fu come e nimici in Casentino avevano fatto una preda, e' nostri di Camaldoli la tolsono loro e presono di loro. Era piovuto molti dì e neve in su l'Alpe. Stimava fussi per noi, perchè la neve serrava loro el passo. Per gli intendenti si stimava avergli tutti prigioni, e così era; ma dove si fussi el male, e' non vollono una grande vittoria avere vituperato e Viniziani.

E a dì 18 di dicenbre 1498, ci fu come e nostri avevano ripreso Marciano e preso 70 o 80 uomini d'arme e molti fanti e preso tutti e passi; e tutti quegli del paese gridavano: lasciate fare a noi che non ànno rimedio. Ognuno si disperava qui a Firenze. Perchè non vogliono costoro, e che vuol dire? E vedevasi la cosa chiara sanza

dubbio e nondimeno assediorono Bibbiena, e preso di nuovo assai cavagli e fanti, in modo che si facevano tuttavolta spacciati; e pensavano in che modo se ne potessino andare.

E a dì 23 di dicenbre 1498, si diceva ch'e nostri non volevano guastare l'arte loro, e non vollono fare quello che potevano, ch'erano vincitori sanza dubbio.

E a dì 25 di dicenbre 1498, la notte della Pasqua, fu fatto questa isceleranza nel popolo di Dio e in Firenze e in Santa Maria del Fiore: la notte quando si diceva la prima messa della mezza notte, certi, non so s'io mi dico uomini o demoni, che missono in detto tempio un certo cavalluccio facendolo correre per la chiesa con molte grida, vituperando e facendo cose innominabile nel postribolo, ferendo con arme il cavallo, e co' bastoni, mettendo e bastoni nelle parte di dietro, facendo ogni iniquità, facendolo cadere per terra in chiesa, insanguinando e imbrattando el tempio del Signore; e per modo guasto e straziato detto cavallo caduto quasi morto a terra delle scalee di Santa Maria del Fiore, e quivi stette tutto il dì, che ognuno potè vedere, così come morto e lacerato. Per la qual cosa e buoni e savi uomini tremavano di paura di giudizio di Dio grande, ricordandosi anco di quello fu fatto pochi anni innanzi che furono aperte sepolture a Santa Maria Novella, fuori della chiesa, in dispregio della resurrezione in nella notte della Resurrezione; e più fu messo inchiostro in sulle acque benedette in Santa Maria del Fiore, e ch' è peggio, fu rotta la porta della chiesa di notte, e salito in pergamo e inbrattato el pergamo e violato innanzi a Cristo dove si dice la parola di Dio, e molte altre iniquità sanza timore di Dio. E dissesi che gli era stato tolto la corona alla Nostra Donna di San Marco e dato

a una meretrice: non ebbi la verità di questo della corona, ma per molti si disse. E più in questa notte della Natività, missono in su' foconi, per le chiese, in molte, azafetica in luogo d'incenso e feciono correre capre per Santa Maria Novella.

E a dì 27 di dicembre 1498, in questi dì, el nostro Capitano prese per forza un castello di là dalla Vernia che chiama Monte Fatucchio, ch'è di là dalla Vernia 7 miglia, e morivvi molte persone eravi fuggito. El meglioramento de' nemici, ch' erano in sul passo, restorno come assediati, avevano fuggito qui per andarsene a'lor posti.

E a dì 28 di dicenbre 1498, e nimici di Pisa avevano avuto per forza Montetopoli, e saccheggiato e preso prigioni e arse molte case.

E a dì 11 di giennaio 1498, el Capitano nostro attendeva tutta volta a serrare e passi a nimici di là da la Vernia, e dicevasi che faceva una bastia a Monte Lione.

E a dì 14 di giennaio 1498, ci fu come e nimici di Casentino avevano messo in Bibbiena 1000 fanti e quali

erano venuti secreti e arrecorono uno staio di farina in collo per uno. Così si disse, che fu lo scampo loro.

E a dì 19 di giennaio 1498, ci fu come el nostro Capitano avere preso circa 70 muli carichi d'artiglierie e vettovaglia che veniva a Bibbiena e circa a 60 cavagli leggieri e molti fanti, e un Commissario Viniziano che portava buona somma di danari a Bibbiena. Fu tenuta una grande novella. Erano i nimici per ogni modo ispacciati, e non seguitorono la vittoria. Donde si venisse si diceva da' nostri cittadini. E quali chi fussi, fece gravissimo peccato, perocchè Firenze aveva el maggiore onore ch' ella avessi mai, a vituperare e Viniziani, ma non è la prima volta che l'hanno fatto e Fiorentini.

E a dì 21 di giennaio 1498, ci fu come e Pisani erano corsi in Valdinievole e predato bestiame assai. E a questo modo n'avàmo una calda e una fredda, avàmo a riparare in due luoghi.

E a dì 26 di giennaio 1498, ci fu come e nostri avevano presi in Casentino, a Montefatucchio, circa 200 cavagli leggieri che si fuggivano. E così di Montalone si fuggì giente e arsono el castello; e funne anche presi e dicevano che in Bibbiena non era più vettovaglia di niuna ragione e che gli stavano male.

E a dì 13 di febraio 1498, ci fu come egl'avevano lasciato andare el Duca d'Urbino e Giuliano de' Medici, con 40 cavagli e lasciato forse 400 fanti a guardia.

E a dì 15 di febraio 1498, ci fu che feciono

ambasciadori a Vinegia, che fu Pagoloantonio Soderini e Giovan Battista Ridolfi, e uno ne feciono a Roma che fu messere Antonio Malegonnelle. Stimavasi si dovessi far pace.

E a dì 17 di febraio 1498,ci feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, per pigliare buon partito di lega e di lasciare el Re di Francia.

E a dì 19 di febraio 1498, ci fu come el Conte di Pitigliano, mandato da' Viniziani, scorse e predò in Galeata e quivi si fermò. E qui si stava pure a vedere, e non si poneva el campo a Bibbiena, che non si poteva tenere un'ora; in modo ch'ognuno mormorava e dicevasi che gli era qui chi non voleva che si vincessi. E sarebbe paruto a ognuno, a vedere non seguitare la vittoria certa. Insino a' contadini del paese venivano a dire: E' sono in prigione, lasciate fare a noi. E qui non si dava mai licenza, in modo che ognuno si maravigliava.

E a dì 5 d'aprile 1499,ci fu lettere dagli ambasciadori di Vinegia, e lessonsi in Consiglio; e quali avisavano che le chieste de'Viniziani erano disoneste e perdevasi la speranza dello accordo. E 'l Re di Francia scrive, che noi abbiam tempo pochi dì a entrare in lega con lui. E molto si diceva sopra pigliare partito di lasciare el Re o 'l Duca, e mostrossi molti pericoli per l'una parte e per l'altra.

E a dì 8 d'aprile 1499, venne el cavallaro coll'ulivo da Vinegia, dell'accordo fatto co'Viniziani e Pisani in

questa forma: che noi abbiamo a dare a' Viniziani, in dieci anni, fiorini 180 migliaia, e ch'e Pisani tenghino certe fortezze di Pisa e abbino a chiamare un podestà a lor modo, di nostra giurisdizione. E questo dispiacque assai al popolo, perchè dovevano dare a noi, ch'erano in prigione a Bibbiena e vituperati; e furono molto biasimati gli ambasciadori.

E a dì 12 d'aprile 1499, ci fu come fu morto e tagliato a pezzi, a San Benedetto, un garzone che aveva nome Ottaviano, che s'apparteneva la signoria di Faenza. Era stato qui in Firenze. Era un poco guercio. E dissesi che l'aveva fatto morire messer Giovanni Bentivogli; e forse che non fu vero.

E a dì 14 d'aprile 1499, venne quì el cavallaro da Vinegia, e arrecò la retificazione dell'accordo. E fucci come in Pisa s'era fatto rumore per alcuni che non piaceva l'accordo, e per modo che 'l Commissario Viniziano fu di bisogno andassi a Pisa, e fece morire da 5 uomini, di tale discordia.

E a dì 17 di aprile 1499, ci fu come e Pisani avevano ritte le bandiere del Re di Francia, e che a gnun modo non volevano tale accordo, nè stare mai sotto e Fiorentini; e come e' s' erano deliberati di disfare gli arienti delle chiese e aiutarsi, e mettere la vita prima che darsi a' Fiorentini; e non vollono l'accordo ch' avevano fatto e Viniziani.

E a dì 23 d'aprile 1499, gli Otto dettono bando a Simone Tornabuoni e al Grasso de'Medici, e più dì fa dettono bando a uno Marcuccio Salviati el quale andò al soldo de'Viniziani e tenne pratica con Piero de'Medici; e per questo medesimo errore lo dettono al detto Simone e al Grasso.

E a dì 24 d'aprile, si riebbe Bibbiena tutta disfatta

E a dì 26 d'aprile 1499, ci fu come el Duca di Ferrara aveva giudicato e dato la sentenza dell'accordo in favore de' Pisani, e che gli avessino a tenere, oltre le cose dette, ancora le torre delle porte, e che riscotessino le gabelle. E finalmente fu consultato nel Consiglio degli Ottanta, che per niun modo non si accetti; e a questo modo non se ne fece nulla.

E a dì 3 di maggio 1499, ci fu come e Pistolesi avevano fatto scandolo, le parte dentro; e morivvi circa 16 uomini, e feriti più di 40, con artiglierie e altro.

Arsono due porte per mettere dentro le lor parte de'contadini.

E in questi dì valse el grano soldi 15 in 16 lo staio.

E in questi dì facevano e Fiorentini disfare le mura di Bibbiena.

E a dì 15 di maggio 1499, ci fu come gli era morto el Soldano, e morinne quattro innanzi che fussi fatto la lezione. E andò a sacco e magazzini de' Viniziani.

E a dì 19 di maggio 1499, ci fu come el Duca di Milano mandava a dire di renderci Pisa; ma voleva che ci obbrigassimo, al suo bisogno, pagargli uomini d'arme.

E a dì 2 di giugno 1499, mandorono pe' Capitano in Casentino per mandarlo a Pisa.

E a dì 3 di giugno 1499, fu un fornaciaio di mattoni, a Settimo, che in questo dì prese due sue figliuoli, uno di 3 anni, uno di 7, e sì gli scannò con un coltellino, come si fa un caveretto.

E a dì 5 di giugno 1499, passò di qui el Capitano e 'l signor Rinuccio, e andorono in quel di Pisa. Non entrò in Firenze. Andorono guastatori di questi piani per dare el guasto a' Pisani.

E a dì 12 detto, dettono el guasto a' grani; e 'l campo era tra Cascina e Pisa.

E in questo dì vinsono una gravezza che la chiamorono la Graziosa, e feciono danari.

E in questi tempi apparì in Firenze moltitudine di bruchi neri e piccoli e pilosi; entravano per le case e mordevano le persone e facevano male e enfiava dove mordevano. Mostravano d'aver veleno.

E a dì 17 di giugno 1499, caricorono bombarde per a Pisa, e mandaronle in su le scafe per Arno.

E a dì 21 di giugno 1499, piantarono le bombarde a Cascina.

E a dì 26 di giugno 1499, ci fu il cavallaro coll'ulivo dell'avuta di Cascina. Giunse alle 20 ore, ed ebbesi a ore 17 a discrezione della Signoria e del Capitano. E venneci molti prigioni di Cascina, e missongli in sul ballatoio, in Palagio.

E a dì 2 di luglio 1499, ci fu come el Turco era corso insino a Zara, per terra, e predato 200 anime e bestiame, e arso e dibruciato tutto el paese; e che la persona del Turco era per terra e veniva verso Raugia, e coll'armata sua era fuori dello stretto, nell'Arcipelago. E fucci lettere da Vinegia, che parevano tutti smarriti e Viniziani. E più ci fu come el Re di Francia passava di qua, e che gli aveva in Turino molte gran rote d'artiglierie e tuttavolta ne faceva gittare.

E a dì 12 di luglio 1499, tornorono quì l'artiglierie ch'andorono in Casentino, per mandarle a Pisa.

E a dì 13 di luglio 1499, passò di qui sconosciuto messer Ascanio cardinale, e andava a Milano al Duca; che cominciavano a credere che 'l Re veniva a'danni loro.

E a dì 18 di luglio 1499, andorono in campo a Pisa due Collegi con 30,000 fiorini numerati.

E a dì 19 di luglio 1499, ci fu da Roma, come 'l Duca di Milano rimetteva Piero de'Medici in punto, e davagli 10,000 fiorini, e che venissi a' danni nostri, perchè Pisa non s'abbia.

E a dì 31 di luglio 1499, si pose el campo a Pisa, la sera a ore 3, con ordine grande e forza.

E a dì primo d'agosto 1499, presono una torre che si chiama Asciano, e mozzo le mane a 6 uomini ch'erano dentro, e che non si vollono dare. Aspettorono le bombarde.

E a dì 3 d'agosto 1499, ci fu come avevano rotto un pezzo di muro di più di 40 braccia, colle bombarde, e entrorono dentro molti fanti, e furono ripinti fuori con morte d'uomini, perchè facevano la guerra disperata.

E a dì 5 d'agosto 1499, venne di Pisa un contadino che avisò come gli avevano fatto dentro fosse cieche, e come saettavano medicame. Credo venissi in benefizio de' Pisani, per mettere più paura a chi volessi entrare dentro.

E a dì 7 d'agosto 1499, ci fu come el Capitano aveva preso la Porta a Mare e la Torre Stainpace.

E a dì 11 d'agosto, si partì di qui uno ambasciadore lucchese, di furia, perchè s'intese qui com'e Lucchesi avevano mandato soccorso a' Pisani; perchè fu trovato dal nostro Capitano uno ch' aveva una lettera in una

palla di cera, che mandavano e Lucchesi a proferire danari a' Pisani.

E a dì 15 d'agosto 1499, ci fu come el Capitano aveva preso, dentro, la chiesa di San Pagolo.

E a dì 19 d'agosto 1499, si vinse, tra' Signori e Collegi, che Pisa andassi a sacco, e di poi non si vinse in Consiglio. E in questi dì ci tornava molti amalati e feriti di campo, e non tanto soldati quanto cittadini che erano andati a vedere; e molti ne moriva, e feriti quasi tutti, ch' erano feriti dal medicame. E fu bisogno mandare altri Commessari.

E a dì 24 d'agosto 1499, feciono venire in Firenze la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi molti doni. E intervenne questo che passando, nel venire, sotto uno ulivo, s'appiccò un ramicino di quello ulivo a una stella del mantello di Nostra Donna e rimase appiccato alla detta stella; e alcuni di quegli che portavano vollono con una canna farlo cadere, e provandosi più volte, nollo potè spiccare; onde chi era da lato, vedendo, giudicorono che fussi per miracolo (perchè fu deliberata perchè noi avessimo vettoria di Pisa, chè se gli dava tuttavolta la battaglia), dicendo: questo è buono pronostico, ella porta l'ulivo a Firenze. E molto fu divulgato per la città. E quando giunse a San Felice, gli levorono quel mantello e spiccorono l'ulivo, e appiccoronlo in quel luogo medesimo ch'era, in su la spalla ritta, chè ognuno lo potè vedere nel venire e nell'andare.

Era una forchettina di due ramicini, lunga circa una spanna.

E a dì 27 d'agosto, ci fu come el Re di Francia aveva preso 7 castella, che fu Tortona, Razza, Nori, Valenza, Castelnuovo, Pontecorona e Bovera, e andava a Pavia.

E a dì 29 d'agosto 1499, venne un nostro conimissario da Pisa in furia per staffetta. Si dubitava di tradimento.

E a dì primo di settenbre 1499, ci fu come el Re di Francia aveva avuto Alessandria. Aveva di fatto, dove egli andava, ogni cosa.

E a dì 2 di settenbre 1499, passò per Firenze un Cardinale legato, ambasciadore del Papa al Re di Francia.

E a dì 3 di settenbre 1499, ci fu come 'l Duca di Milano s'era andato con Dio e lasciato Milano, e dentro si gridava Traù e Francia. Lasciò el Castelletto fornito d'uomini e di vettovaglia per 6 anni o più. El Cardinale Ascanio aveva portato via el tesoro verso la Magna. E più ci fu, come e Gienovesi avevano levato la bandiera di Francia.

E a dì 5 di settenbre, si levò el campo da Pisa, e fu grande mormorìo per Firenze: ognuno si maravigliava.

E in detto dì, si dirizzò la croce in su la Cupola, ch' era stata torta molti anni per gran venti.

E a dì 12 di settenbre 1499, ci fu come el Duca e' figliuoli era stato preso, e tolto el tesoro; e che si

compilò lega tra el Re, e Viniziani, el Papa, e' Fiorentini. Non fu vero.

E a dì 13, el Capitano volle mandare le bombarde a Livorno, e misele in mare, e affondonne due grosse e uno altro dragonetto, che fu una perdita grande.

E a dì 17 di settenbre 1499, ci fu come e Pisani avevano ripescato quel dragonetto che cascò in mare di nostro, e che gl'era entrato in Pisa Franciosi.

E a dì 19 di settenbre 1499, ci fu come el Re di Francia aveva avuto el Castelletto di Milano e insignoritosi di tutto 'l Ducato; e giunse qui alle 22 ore el cavallaro, e immediate si sonò a gloria e fecesi fuochi per la città, e fecesi e panegli in Palagio e per tutto. Fu grandissima allegrezza per la città.

E a dì 21 di settenbre 1499, si mandò al Re di Francia 3 ambasciadori, che fu messer Francesco Gualterotti e Lorenzo Lenzi e Alamanno Salviati, per rallegrarsi col Re.

E a dì 26 di settenbre 1499, ci fu come 'l Turco aveva preso Corfù e che faceva gran patti a' Cristiani: la prima, chi si dava d'accordo, non toccava la Fede, lasciava credere ognuno a suo modo, e non voleva da loro se non la metà di quello pagavano a' Viniziani l'anno; e facevagli esenti per 5 anni, e da 5 anni in là voleva la detta metà.

E a dì 27 di settenbre 1499, ci fu come el Re di Napoli aveva mandato al Papa, dicendogli che se non riparava che 'l Re di Francia non venissi a' danni sua, che metterebbe il Turco in Italia. E sarebbe riuscito se 'l Re di Francia voleva andare più innanzi verso e danni suoi; ed era da credere, perchè el Turco aveva preso un modo d'acquistare, al non toccare la Fede. Iddio non volle tanto male alla povera Italia.

E a dì 29 di settenbre 1499, ci fu come noi avàmo preso el nostro Capitano in Cascina come traditore della patria. E l'altro dì venne preso in Firenze e giunse alle due ore e tre quarti di notte, con molti torchi. E questo fu el Re di Francia ch'avvisò la Signoria che fussi preso, s' egli era traditore. E più fu avisato la Signoria da quello de' Traù, che prese un cavallaro del Duca, el quale rivelò come el Duca era d'accordo col nostro Capitano, e come el Duca spendeva lui in Pisa. E fucci, come un nostro cittadino, essendo a Milano col Re e dicendo come avevano levato el campo da Pisa, el Re dimandò perchè, e lui gli disse: noi siamo ingannati dal nostro Capitano; allora disse: fatelo pigliare. E venne qui per staffetta a recare questa nuova, chè fu un pignere la pedina a torgli la vita.

E a dì primo d'ottobre 1499, in martedì, fu tagliato la testa al Capitano, cioè Pagolo Vitegli, in Palagio de' Signori, su alto, in sul ballatoio; e fu alle 23 ore e tre quarti, ch'era la Piazza molto piena di popolo. Aspettavano lo gittassino giù a terra del Palagio; nollo gittorono, ma mostrorono la testa alle finestre del ballatoio, con un torchio acceso, mostrandolo al popolo in su 'n una mazza. Allora el popolo si partì, giudicando che si fussi fatto giustizia e grande onore alla città. Ebbe prima molta colla, e prima gli dettono bando di rubello, innanzi 2 ore, e mandarono el bando per la città. E nota ch'egli era gonfaloniere Giovacchino Guasconi, el

quale seppe molto segretamente mettere le mani addosso a questo Capitano. Fu molto commendato da questo popolo per uomo savio e buono e di grande animo.

E tuttavolta facevano confessare certi cancellieri del Capitano, per avere la verità.

E a dì 11 d'ottobre 1499, fu impiccato alle finestre del Podestà un messer Cherubino, ch'era dal Borgo, che teneva le mani col Capitano del tradimento voleva fare.

E a dì 19 d'ottobre, ci fu da Vinegia come el Turco era scorso presso a Vinegia a 20 miglia, e arsono circa 17 ville e presono 8 mila anime e altrettante n'mmazzorono; per modo che tutti paesi fuggivano a Vinegia insino alle vicine terre. E perchè certi loro commissari e capitani de'Viniziani non feciono el dovere a resistere a' Turchi, n'andorono così presi e detti commissari. N'andorono presi a Vinegia; che vi fu un messer Bartolomeo da Lutiano e un Carlo Orsini, che ci feciono contro a Bibbiena. E fu, questa preda, el dì di San Girolamo.

E a dì 22 d'ottobre 1499, ci fu e capitoli della Lega tra noi e 'l Re di Francia e' Viniziani e 'l Papa e' Sanesi. Fecesi gran festa e fuochi e panegli.

E a dì 23 d'ottobre, si bandì detta Lega, e come prometteva bene a' Fiorentini, e come volevano che noi riavessimo le cose nostre innanzi che noi fussimo obbrigati a pagare niente. E poi voleva che noi l'aiutassimo di giente d'arme, quando passassi all'acquisto di Napoli.

E a dì 25 d'ottobre, ci fu come era alla Velona 20 mila Turchi; e chi diceva ch'egli erano in Puglia.

E a dì primo di novenbre 1499, la Madonna d'Imola isgombrava la roba sua e mandavala a Firenze, e mandò sue fanciulle e missele nelle Murate; perchè 'l Papa, co' caldo del Re di Francia, voleva torgli la signoria e darla a un suo figliuolo. Onde la Madonna diliberò di stare lei a difendersi.

E a dì 10 di novenbre 1499, ci fu come 'l Re di Francia s'era partito da Milano e ritornava in Francia, e dimandava 30 mila fiorini che 'l Duca diceva ci aveva prestati, come suo ereda. E non dimeno Pisa non ci rendeva.

E a dì 27 di novenbre 1499, ci fu come el figliuolo del Papa aveva preso Imola, ma non aveva avuto la rocca; e bombardava la rôcca in modo che io sentivo le bombarde insino da Dicomano, al mio luogo, che strignevano la fortezza; e que' della fortezza travano per la terra e disfacevano tutte le case. La Madonna s'era partita e andata a Furlì, e quivi s'affortificava; e dissesi ch'ella aveva lasciato nella fortezza uno che gli aveva dato per statichi e figliuoli e la sua donna, se dava mai la fortezza, che Lei ammazzassi la detta donna e figliuoli.

E a dì 29 di novenbre 1499, si vinse in Consiglio di cavare di prigione ser Giovanni, ch' era in prigione a Volterra.

E a dì 2 di dicenbre, si cominciò a cavar el campanile di San Miniato, per dirizzarlo, da un maestro di murare.

E a dì 10 di dicenbre 1499, ci fu come aveva avuto la fortezza d'Imola e morti molti uomini.

E a dì 13 di dicenbre 1499, ci fu come el campo era a Furlì.

E a dì 16 di dicenbre 1499, ci fu come la Madonna d'Imola s'era accordata col Papa di dargli Furlì, e che 'l Papa gli facessi cardinale un figliuolo, e anche dargli danari.

E a dì 21 di dicenbre 1499, ci fu come Furlì s'era perduta, e non restava se non la rôcca, che v'era dentro la Madonna.

E a dì 25 di dicenbre 1499, fu la santa Pasqua; e cominciò el giubileo a Roma, e passava assai Tramontani.

E a dì 9 di giennaio 1499, ci fu come la Madonna chiedeva la sua dota al Papa, e come la Regina di Francia voleva ch'ella l'avessi.

E a dì 13 di giennaio, ci fu come la Madonna aveva perduto la fortezza di Furlì, dove ella era, ed era rimasta prigione. E morivvi circa 500 uomini, e ammazzorono tutti quegli della rôcca, eccetto lei ch' era ferita.

E a dì 14 di giennaio 1499, fu rotta la strada presso a Viterbo da certi Côorsi, e ruborono un oste con un carriaggio d'un certo signore ch' egli aveva alloggiato, ch' aveva bene 16 muli, e andava al Perdono. E fuggendo l'oste e gridando, fu corso dietro a' detti Côrsi e tolto loro la preda, e presono di loro 8, e giunti in

Viterbo gli impiccorono di fatto, e tuttavolta correva la strada.

E a dì 16 di giennaio 1499, ci fu come la Madonna era mandata al Papa, e poi fu ritolta da' Franciosi; e cavorono fuora detti Franciosi, come el Papa aveva fatto la lega co' Viniziani e col Duca, e ch'egli era contro al Re; e non volevano dare le fortezze al figliuolo del Papa.

E a dì 5 di febraio 1499, ci fu come messer Ascanio e 'l Cardinale di San Soverino, erano entrati in Milano; e 'l Duca era indietro con molta giente Tedeschi, e come el popolo lo chiamava, e che gli avevano preso la città; e 'l castelletto si teneva pe' Franciosi. E entrorono in Milano a dì 3, il dì di San Biagio.

E a dì 6 di febraio 1499, ci fu che 'l Papa s'era fuggito in Castello Sant'Agnolo, che Roma era in arme, erano rotte le strade.

E a dì 9 di febraio 1499, ei fu come el Duca di Milano era entrato in Milano, a dì 5 detto, alle 16 ore.

E a dì 12 di febraio 1499, ci fu come e Franciosi che si partirono di Romagna, passando da Tortona, essendo assaltati per isvaligiarli, si strinsono insieme e missono a sacco la terra e ammazzarono insino a' fanciugli, e feciono gran crudeltà come sono usi.

E a dì 15 di febraio 1499, ci fu come 'l Duca s'era partito di Milano, che 'l Castelletto traeva per la terra e faceva danno.

E più si disse, che l'ambasceria del Turco era venuta a Napoli, e che 'l Re gli aveva fatto grande onore e giostre.

E a dì 16 di febraio 1499, venne in Firenze la Duchessa di Milano che se andava a Napoli, la quale fu donna del Duca giovanetto che fu avvelenato; e lei era figliuola del Duca di Calavria; e menonne seco due figliuole

femmine; e 'l figliuolo maschio gli tolse el Re di Francia e mandollo in Francia. E a dì 19 detto si partì di qui; e facemole le spese per tutto el nostro territorio.

E in questi tempi era cessato il morbo e non se ne ragionava.

E a dì 25 di febraio 1499, ci fu come el Duca aveva acquistato molte terre, Bergamo e altre.

E a dì 27 di febraio 1499, ei fu come l'ambasceria del Turco era venuta a Roma al Papa, a chiedere el passo per andare a Milano contro al Re di Francia. Non l'ebbe.

E a dì 11 di marzo 1499, ci fu come el Re di Francia era già giunto a Lione, e veniva con molta giente.

E a dì 12 di marzo 1499, fu impiccato due da Bruscoli, e quali avevano morto quel commissario de' Canigiani che n'è ricordo indietro. E andorono in sul carro e furono attanagliati per tutta la città, e uno di loro fu isquartato e appiccati e quarti in su le forche. Furono presi alla Castellina ch' andavano al Giubileo.

E a dì 25 di marzo 1500, ci fu come el Re di Francia aveva mandato di qua 1500 lancie, e appressàvi forte.

E a dì 28 di marzo 1500, ci fu come el Duca aveva avuto Novara e morto molta giente, e non aveva avuto la fortezza.

E a dì 3 d'aprile 1500, ci fu come s'era fatto una lega, el Re d'Ungheria, el Re di Napoli, el Papa e'

Viniziani e Ferrara, e lasciato lo spazio a noi. E non volemo mai lasciare el Re, che doverrebbe conoscere la grande fedeltà de' Fiorentini, che siamo diventati nimici di tutta la Italia e con grandissimi pericoli.

E a dì 12 di aprile 1500, ci fu come 'l Duca di Milano era stato preso dal Re di Francia; e fucci alle 4 ore di notte. E dissesi che quegli del Duca l'avevano dato preso, e che non si trovava di quegli del Duca che volessino andare più innanzi alla guerra per paura; e anche dicevano, ch' e soldati non erano pagati.

E a dì 14 d'aprile, ci fu el vero com'era stato preso, e come vi era stato morto 12 mila persone. E qui si fece una gran festa; serrossi le botteghe, arsesi panegli e molti gran fuochi e colpi d'artiglieria, e posesi le spalliere in su la ringhiera, e la corona al Lione; e posesi alla porta de' Signori un Cristo di rilievo molto bello, come parve che noi volessimo dire Non abbiamo altro re che Cristo. Credo fussi una permissione divina, come più volte aveva detto frate Girolamo, che Firenze non aveva altro re che Cristo. E in questa sera, andando un fabbro a porre e panegli alle porte di Firenze, quando fu in sulla Porta a Pinti per acconciare e detti panegli,

e non s'avedendo d'una certa piombatoia, cascò per quella insino in terra, e sfracellossi e morì di fatto.

E a dì 18 d'aprile 1500, ci fu da' nostri ambasciadori al Re, come el Re scriveva che le gienti sua e la sua artiglieria era messa a nostra posta e nostra stanza, per andare a Pisa.

E a dì 23 d'aprile 1500, vinsono un balzello aperto a chi non aveva stato, che fu tenuta una cosa tirannesca.

E a dì 25 d'aprile 1500, venne in Firenze un mandatario dal Re di Francia, el quale veniva per andare a Siena a farci rendere Montepuliciano, e andare a Pisa per farcela rendere, e a Lucca a notificare che ci fussi renduto le cose nostre; e benchè gli andassi per tutto, non giovò niente.

E dì 20 d'aprile 1500, feciono venire la Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi grande onore perch' ella ci aiutassi.

E a dì 9 di maggio 1500, ci fu che 'l Turco aveva messo in terra in Puglia molta giente; e come e Viniziani, per paura e per fare piacere, gli mandorono messer Ascanio e molti altri cittadini milanesi fuggiti a Vinegia, e avevano da loro salvacondotto; e nondimeno

feciono questa infideltà, che furono molto biasimati da chi lo intese.

E a dì 10 di maggio 1500, ci fu come e nostri ambasciadori di Francia avevano fatto col Re di Francia, che lui ci facessi rendere Pisa, Pietrasanta, Serezzana, Montepulciano; e che gli avesse avere da noi 30 mila fiorini.

E a dì 19 di maggio 1500, ci fu da Roma come gli era venuto da Napoli una processione, con un tabernacolo el quale dicevano aver fatto molti miracoli per la via, ralluminare ciechi, rattratti e molte altre infermità; e venne con gran divozione, e molti battuti che s'avevano tutte le reni insanguinate dalle discipline.

E a dì 23 di maggio 1500, ci fu come Lucca s'era levata in arme, e ch'el popolo era contro a' granai, perchè e grandi avevano preso per partito di renderci le cose nostre, e facevano per obidire al Re che gli aveva minacciati; e non volle ubidire loro ambasciadori. E finalmente non fu mai ubidito per nostro conto; credo pure ch'egli arebbe voluto, ma non potè mandare giente perch' ebbe da fare.

E a dì 24 di maggio, noi Speziali di Firenze ci ragunammo, circa 40 maestri, in San Gilio, per risuscitare una nostra Compagnia, cominciata insino 1477, e avànla abbandonata; e facemo certi uomini che facessino el bisogno.

E a dì 6 di giugno 1500, ci fu come in Mugiello, alla Collina, fu un contadino ch'ammazzò 4 fanciugli da otto anni in giù, ch'erano sua nipoti, e fedì un vecchio a morte. El Podestà lassù lo prese.

E a dì 8 detto, ci fu com' e Pisani s'erano dati al Re di Francia e levate le sue bandiere; e in questo venne un mandatario del Re e disse loro se si volevano dare:

dissono che sì, al Re, ma non volevano essere sotto i Fiorentini. Rispose che non aveva quella commissione, ma che si dessino liberi; e così si dettono liberi, e nondimeno non ne fu nulla.

E a dì 10 di giugno 1500, mandamo ambasciadori incontro a' Franciosi inverso Librafatta, che ne cominciava a venire, che fu uno degli ambasciadori Luca degli Àbizi. E fucci come Pietrasanta avea ritto le bandiere del Re, e che vi si gridava anche Marzocco; e questi Franciosi venivano per farci riavere Pisa e Pietrasanta e Serezzana. E fucci com' e Pisani si volevano difendersi e stavano duri, e fu anche un dondolo.

E in questi dì, ci fu come a Bologna era cascato in un dì 5 saette, una in San Michele e una ne' Servi, una a' Crociati e due per la terra, e feciono gran danno.

E a dì 20 di giugno, ci fu come Montepulciano gridava Marzocco.

E a dì 21 di giugno 1500, ci fu come e Franciosi erano andati co' nostri a campo a Pisa, e come e Pisani traevano a' Franciosi, e morto parecchi uomini. E venne qui el Capitano de' Franciosi, e dicevasi che Franciosi andavano e uscivano di Pisa a lor posta. Dubitavasi non c' ingannassimo, e così fu.

E in questi dì ci era delle case di morbo e delle bolle assai.

E a dì 2 di luglio 1500, ci fu come a Roma era venuta una gragniuola che alzò due braccia, con tanto empito di vento e tempesta che fece rovinare el palazzo

del Papa, dove era certa parte d'una sala dove era el Papa in sedia, e cascogli addosso; e come piacque a Dio, rimase sotto un legno che s'appoggiò al muro e sostenne el resto del palco per modo che non vi morì. Fecesi un poco di male al capo e a una mano e alla gota; e morivvi 12 o 13 persone ch'erano in quella sala. E fu el dì di San Piero, circa a ore 20. E al Papa feciono cavare un poco di sangue. Fu tenuto un grande segno e pronostico per detto Papa.

E in questi dì si mandava al campo di Pisa quanto pane si poteva fare in Firenze; pigliavano quante bestie venivano in Firenze e caricavanle di pane. E mandorono loro 8 mila fiorini d'oro. Avevasi buona speranza di Pisa.

E in detto dì usciva certe donne di Pisa in camicia, e' nostri le presano; e dubitando non portassino ambasciate, deliberorono di cercarle; e furono tanto disonesti e soldati che vollono cercarle insino nella natura a quelle donne, e finalmente fu trovato loro in detto luogo lettere ch'andavano al figliuolo del Papa. Pensa quello che fanno le guerre e' casi che intervengono innumerabili, e 'l peccato di chi d'ordina.

E in questi dì si scopri in Firenze da 15 case di morbo.

E a dì 8 di luglio 1500, ci fu come nel campo nostro di Pisa v'era venuti con que' Guasconi insieme co' Franciosi, e come quei Guasconi cominciorono a mettere a sacco la vettovaglia del campo, e 'l Capitano loro dètte loro licenza, e loro andorono per la Val Nievole e missono a sacco qualche casa pel paese, onde quì si

fece romore assai, parendo che noi fussimo dondolati da questo Capitano francioso.

E a dì 9 di luglio 1500, ci fu come Luca degli Albizi, commissario in campo, fu preso dal Capitano francioso nostro in campo, ch'avàmo condotto con 700 fanti; in modo che si scrisse di fatto al Re e modi di questi bestiali e pazzi Franciosi, in modo che se n'andavano da loro, parendo loro avere servito male.

E a dì 12 di luglio 1500, si levò il campo e andorono in quello di Lucca, e missono a sacco certe castella di quelle di Lucca.

E 'l Re di Francia scriveva a' suoi Franciosi che facessino d'avere Pisa in ogni modo e che poi tornassino indietro. E scrissono e nostri ambasciadori di Francia che 'l Re aveva avuto per male che 'l campo si fussi levato da Pisa, e che voleva s'avessi in ogni modo, e ch'e sua Franciosi tornassino, a pena di bando di rubello. E a questo modo ogni dì era quel medesimo.

E in questi dì ci fu come Perugia aveva romoreggiato e mandato fuori e Baglioni, colla morte di 100 uomini. E più ci fu com' e Sanesi erano in arme; e fu morto un suocero del Petruccio.

E in questi dì si fornì di porre le mensole del cornicione del Palagio delli Strozzi, cioè la metà del Palagio, di verso Mercato vecchio.

E in questo tempo valse el grano manco di soldi 20 lo staio.

E a dì 9 d'agosto, non s'acquistava nulla, e sanza danari e anche con poca prudenzia. Ognuno si maravigliava che nostri ambasciadori sempre dietro al Re, e che non abbino mai veduto se 'l Re va di buone gambe o no all'aiuto nostro.

E a dì 11 d'agosto 1500, Pistoia si levò in arme per loro differenze.

E in questi tempi si stava qui di mala voglia tutto 'l popolo, e massime pe' balzello ch'era stato molto aspro, e per vedere non acquistare nulla e stare in sulla spesa grande. E Pisani vennono a saccheggiare l'Altopascio, e come gli avevano preso Librafatta.

E a dì 17 d'agosto 1500, ci fu come e Pistolesi erano in arme, e come v'era morti 150 uomini, e ardevano le case, e arsono San Domenico; e come v' era corso tutto il contado e la montagna. E più si disse che messer Giovanni Bentivogli aveva mandato giente a piè e a cavallo.

E a dì 19 d'agosto 1500, ci fu come e Pisani avevano avuto la bastìa e morto ognuno che v'era, e come gli erano a campo a Rosignano; e nostri non soccorrevano nulla, e pareva ch' ognuno fussi sbigottito. Ci trovavamo senza soldati, o veramente con pochi che non

erono sofficienti a potere soccorrere el bisogno, in modo che ci pareva essere tra 'l monte e 'l mare. Era molto affannoso tempo e pericoloso, in modo che a dì 20 detto, el dì di san Bernardo, non lasciorono sonare campane in Palagio per sospetti dentro e di fuori: pure Iddio ha sempre aiutato questa città.

E a dì 30 d'agosto 1500, si faceva giente e mandavasi a Pistoia e a Livorno e alle castella.

E a dì primo di settenbre 1500, ci passava molta giente al Giubileo.

E a dì 5 di settenbre 1500, ci fu come 'l Turco aveva preso Corfù e Modone e morto ognuno, e spianato Modone. E più si disse che 'l Turco aveva rotto l'armata de' Viniziani e presa, e morto 30 mila persone tra l'armata, e le città e' Turchi.

E a dì 15 di settenbre 1500, fu finito di porre el cornicione del palagio degli Strozzi della metà del palagio verso Mercato.

E a dì 18 di settenbre 1500, ci fu come e Pistolesi s'erano azzuffati di nuovo e morti assai, e come e Panciatichi ebbono el meglio.

E a dì 19 di settenbre 1500, piovve tanto forte e continuo che e' venne grosso Arno, e fece molto danno per questi piani; ma ove fu la gran piova fu a Dicomano, e in Mugello venne la Sieve più grossa che mai, ma maggiore cose fece el Dicomano e la Moscia, la quale

Moscia rovinò el ponte di Londa e quanti difici era in sul fiume. E in Turicchi menorono giù quei fossati montagne di sassi alla riva della Sieve, e fece per tutti quei paesi rovinare le terre e mondare e campi insino in sul masso. E possolo dire perchè a me toccò, che guastai molti campi, fra gli altri un mio chiamato Chiassaia m'andò per un mezzo una certa chiassaiuola che ne menò insino al masso, che lo peggiorò 25 ducati.

E a dì 8 d'ottobre 1500, ci fu come Valentino partiva di Roma con molta giente e artiglierie, e andava alla volta di Faenza o di Pesero.

E a dì 13 d'ottobre 1500, ci fu come Valentino era colla sua giente verso el Borgo, e aveva seco Vitellozzo e dubitavasi che non andassi a' danni nostri.

E a dì 15 d'ottobre 1500, ci fu come Rimine s'era dato a Valentino, e che 'l popolo aveva dato l0mila ducati al Signore e che lui se n'andassi.

E a dì 16 d'ottobre 1500, ci fu come Pesero aveva fatto el simile, e che 'l Signore se ne veniva qui.

E a dì 29 d'ottobre 1500, ci fu da Murano lettere che ci era su disegnato un bue come gli era stato trovato sotterra, di rame, ch'aveva queste condizioni: aveva in capo una città, dalla zampa ritta aveva una testa d'uomo, che la teneva colla zampa; dalla manca aveva una banderuola colla croce, e allato aveva tre campane a rovescio; nel mezzo del corpo uno uomo, e sotto le parte di dietro un calice con una ostia; dal lato manco del corpo aveva un Cristo molto strano, aveva più lettere, una giù dal corpo che diceva: quarto luce. Era interpretato in molti modi, ma, perchè era l'arme del Papa, si dava a lui: questo sa el Signore. Tanto è che 'l mondo è troppo gravido de' peccati. N'ò fatto memoria perchè io vidi la lettera così disegnata.

E a dì 9 di novenbre 1500, Valentino aveva preso Berzíghella ed era colle sue giente in quel di Furlì.

E a dì 16 di novenbre 1500, si pose le lumiere al palagio degli Strozzi, che furono 4, a ogni canto una, che costò l'una, la manifattura sola, fiorini 100 d'oro.

E a dì 21 di novenbre 1500, sabato, e a dì 22 domenica, e a dì 23 lunedì, e a dì 24 martedì, e a dì 25 mercoledì, nevicò continuamente in Firenze, e ghiacciò, che stette insino alla domenica che non gocciolò mai tetti, che non fu mai veduto in Firenze la maggiore neve e stare più. Fecesi molti lioni e cose per Firenze.

E a dì 29 di novenbre 1500, noi Speziali ridirizzammo la nostra Compagnia, ch'era quasi dimenticata, che fu fondata insino 1477, e rifacemo e Capitoli, e facemo Capitani e ciò che bisognò.

E a dì 15 di dicenbre 1500, fu sostenuto qui un Frate di san Francesco, osservante, e vicario della Provincia ch'aveva predicato a Pisa in questi tempi della guerra e avevagli molto confortati che stessino forti, che Iddio gli aveva liberati, e tenevamo per intendere se gli aveva errato, o aveva secreto veruno. Non s'intese altro; lascioronlo.

E a dì 29 di dicenbre 1500, tagliorono la testa a due uomini da Castiglione Aretino, capi di parte, ch'avevano disubidito alla Signoria.

E a dì 30 di dicenbre 1500, la sera circa a ore tre, rovinò l'albergo delle Bertucce, e rovinò la volta di sotto, prima, e poi una altra volta di sopra, e venne dietro poi el tetto e coprì molte persone ch'erano a bere, circa di 16 uomini. Funne trovati tre morti e molti pericolati, trovati sotto certi cantucci dove si sostenne certe alie di volte. Pendette tutto el vino e le botte. Fu una grande rovina. Fu tenuto un miracolo che non ne morissi se non tre di 16.

E a dì 2 di giennaio 1500, si bandì qui un Giubileo che mandò el Papa per chi non potessi andare a Roma; e dettelo con questo si facessi visitazioni in Santa Maria del Fiore e in Santo Spirito e in Santa Croce e in Santa Maria Novella, co' penitenzieri ch' avevano la medesima autorità ch'è come andare a Roma, d'ogni quelunche caso, e comunemente dicevano che, chi poteva, dessi la limosina di tanto quanto uno logorassi la settimana, e più v'era dispensazioni di boti, che v'era una cassetta secondo e penitenzieri.

E a dì 6 di giennaio 1500, ci fu come e Pisani predorono insino al Ponte ad Era; e presono circa 27 uomini, e 5 n'affogò che si giettorono in Arno; e menoronne bestiame assai.

E a dì 14 di giennaio 1500, andorono di notte per la città certi nostri giovani de' principali con arme, e riscontrandosi col cavaliere del Podestà, si ferirono e morì due birri, e furono fediti parecchi de' nostri, e andorono insino al Palagio del Podestà per tôrre e prigioni. Fu tenuta cosa mal fatta e superba.

E a dì 16 di giennaio 1500, ci fu come Faenza aveva dato una rotta a Valentino.

E a dì 7 di febbraio 1500, ci fu come e Pistolesi s' erano affrontati di fuori, e morivvi 200 uomini.

Avevano e Cancellieri 1600 uomini, e' Panciatichi n'avevano 800 e nondimeno vi morì manco de' Panciatichi che de' Cancellieri. Furono al di sopra e Panciatichi, si disse.

E a dì 24 di febbraio 1500, fu morto un Sanese, ch'era medico, del casato de' Belanti, di Siena, da tre mandati da Pandolfo Petrucci, si disse, e quali gli dettono dal beccaio ch'e in sul canto di Via Ghibellina, dalle Stinche; e funne preso uno dal popolo, allora, e poi la sera ne fu preso uno altro che fu trovato di verso Sant' Ambruogio, l'altro si fuggì e scampò, perchè si disse che l'aveva fatto con grande astuzia, che fu el primo che gli dette, poi disse agli altri: dategli; e dètte a gambe e lasciò loro, in modo ch'el popolo badò a loro, e lasciorono andare cului. Si disse che gli aveva ingannati.

E a dì 26 detto, furono impiccati in sul Canto delle Stinche, dove feciono el male. Andorono in sul carro, attanagliati per tutta la tema molto crudelmente; e qui a' Tornaquinci si spezzò el caldano dove affocava le tanaglie. E non v'essendo molto fuoco, che non isfavillava, el cavaliere, minacciando il manigoldo, fece fermare el carro, e 'l manigoldo scese del carro e andò pe' carboni al calderaio, e per fuoco al Malcinto fornaio, e tolse un paiuolo per caldano, onde fece grande fuoco. El Cavaliere gridava sempre: falle roventi; e così tutto 'l popolo disiderava fare loro grande male sanza compassione. E fanciugli volevano assassinare el manigoldo se non gli toccava bene, onde gli fece molto gridare terribilissimamente. E tutto questo vidi qui a' Tornaquinci.

E a dì 2 di giennaio 1500, ci fu come e Pisani gittorono a terra delle finestre de' Signori due uomini ch' erano uomini d'un loro caporale che si chiamava el Bianchino, perchè andarono a rammaricarsegli di certe ingiustizie che gli avevano ricevute. Furono sempre uomini crudeli. E per questo el detto Bianchino si partì da loro e venne dal nostro, benchè molti non se ne fidavano.

E a dì 5 di marzo 1500, ci fu come certi Pistolesi Cancellieri vennono dietro a tre Panciatichi che si partirono da Pistoia e venivano quì, e quando furono a San Piero a Ponte, e detti Cancellieri gli assaltorono, e loro si fuggirono in una casa, e loro ruppono l'uscio e presongli e menorongli discosto un miglio, e qui gli ammazzorono. Tanto possono le passioni delle parti in una città Io sono sanza passione di parte o di stati, e non desidero se non la volontà di Dio.

E in questo tempo ci ritoccò la morìa. Era in Firenze in più di 10 case.

E a dì 10 di marzo, ci fu come e Pistolesi s'ardevano le case l'una parte all'altra, per il contado, e come s'affrontorono, a dì 12 detto, e ammazzorono del una parte e dell'altra, assai pur più de' Cancellieri, secondo si diceva.

E a dì 9 di marzo 1500, la morìa ci ritoccava forte, in questo fondo della luna, e scopersesi in più luoghi molte case, e massime nella Via della Scala vi si scoprì in un dì in 4 case, che vi fu tal casa che in una notte vi morì tre persone, che non vi rimase niuno vivo. Ebbesi a rompere l'uscio di fuori e cavarne detti morti.

E a dì 24 di marzo 1500, e Pistolesi ammazzorono un capo di parte che si chiamava el Zavaglia.

E a dì 2 d'aprile 1501, s'azzufforono i Pistolesi, e morivvi 64 uomini; e a questo modo si disfacevano l'uno l'altro, e non si rimediava a nulla de' casi loro. Non si trovava rimedio: pure ne incresceva a ognuno.

E a dì 13 d'aprile 1501, ci fu come Valentino aveva gittato a terra delle mura di Faenza. Stimavasi l'arebbe.

E a dì 15 d'aprile 1501, venne in Firenze dieci cittadini di Pistoia, de' principali, a dire e tristi casi loro. E quivi si mandò un nostro commissario: entrò in Pistoia e impiccò certi disubidienti; e nondimeno presono l'arme e non vollono ubidire.

E a dì 21 d'aprile 1501, ci fu come Faenza aveva morti dimolti Franciosi, circa 400, e come Valentino era entrato dentro, e fu ripinto fuori con vergogna.

E a dì 23 d'aprile 1501, ci fu nuove che 'l Re di Francia aveva licenziati e nostri anbasciatori, e dubitavasi che non fussi nimico.

E a dì 26 d'aprile 1501, ci fu come Valentino aveva messo a sacco Faenza; ma la terra si ricomperò e dètte 40 mila fiorini e non andare a sacco.

E a dì 27 d'aprile 1501, non s'era preso altro partito di Pistoia: stavasi così. La morìa ci era in assai case, el grano valeva soldi 40 lo staio, e qui non si lavorava, e massime di seta, e massime e poveri stentavano e dolevansi.

E a dì 29 d'aprile 1501, ci fu come messer Giovanni Bentivogli s'era fuggito di Bologna per paura di

Valentino, e poi ci fu come s' era accordato con Valentino, e così fu.

E a dì 2 di maggio 1501, ci fu come Valentino era a campo a Firenzuola, in modo tale che si sgomberava insino qui presso alle porte, in Firenze; e qui si stava con sospetto di rumoreggiare la città.

E a dì 3 di maggio 1501, si mandò al Re di Francia 20 mila fiorini; che v'andò Lorenzo di Pierfrancesco.

E a dì 6 di maggio 1501, ci fu come Valentino chiedeva el passo, e 'l Papa ci mandò un mandatario e fugli concesso.

E a dì 8 di maggio 1501, feciono venire in Firenze l'artiglierie ch'erano in Empoli, che furono 90 paia di buoi.

E a dì 9 di maggio 1501, si mandò Piero Soderini e Benedetto de' Nerli come ambasciadori a Valentino. E in questi dì isgombrava tutti questi piani. Vedevasi tutte le povertà de' poveri contadini, tutte calcate le strade di carri e di bestie cariche.

E a dì 12 di maggio 1501, ci fu come Valentino era giunto a Barberino di Mugello, e faceva ogni danno, e ardeva e rubava, e tagliava grano. E in queste notte per Firenze si faceva guardie; lumi su per le finestre.

E a dì 13 di maggio 1501, giunse la giente di Valentino a Carmignano, e scorse insino a Peretola e a Sesto. E questa mattina, circa a ora di desinare, e Signori mandorono un bando che quando e' facessino quegli segni cioè due colpi d'artiglierie e sei tocchi di campana, in due volte, ognuno atto a portare arme vadi al suo gonfalone; e che niuno porti arme fuori del

gonfalone, a pena d'essere rubello. Onde ognuno serrava le botteghe e isgomberava e portava a casa, stimando questa cosa grande pericolo; e ognuno di fuori s'ingegnava di mettere dentro in Firenze.

E a dì detto, alloggiorono a Campi, e quivi intorno e feciono assai danno: alcuni contadini ne presono di loro parecchi a cavallo e menorogli in Firenze. E in questo dì andorono ambasciadori a Valentino, a Campi, che fu el Vescovo de' Pazzi e Francesco de' Nerli, e tornorono; e nel passare dissono che le cose andrebbono bene, e ognuno si maravigliava, e dicevasi: che abbiamo noi a fare con Valentino? non abbiamo guerra con lui. E ognuno desiderava di andarlo a isvaligiare, che non era per uno asciolvere solo a' contadini; chè non fu mai la semplice cosa e cattiva a lasciargli guastare el nostro contado con tante iniquità, ch'è da vergognarsi d' essere fiorentino, avere a fare compromesso delle cose sue in uno che non valeva tre quattrini. Ebbe tanto animo che disse volere Campi; e aveva dato tempo insino alle 18 ore a darsi se none lo saccheggerebbono, onde qui s'accordorono di dargli 300 uomini d'arme, e non gli dare noia all'acquisto di Piombino.

E a dì 15 di maggio 1501, si fece l'accordo che se gli dovesse dare 36 migliaia di fiorini l'anno, per tre anni, e che fussi nostro Capitano, cominciando questo

dì primo di maggio 1501, e che se gli dovessi al presente 9 mila fiorini, e lui voleva che non si conoscessi niuno ch'avessi fatto contro allo Stato dal dì che lui si partì d'Imola in qua; e questo perchè si diceva per molti, che c'erano alcuni cittadini ch'avevano ordinato che venissi a lor proposito, che forse erano cascati in tale errore. E in questo dì intervenne più cose: uno di loro volendo entrare in Firenze per forza, per la Porta a Faenza, colla spada ignuda in mano, le guardie ch'erano poste alla porta lo passorono da l'uno lato all'altro con una lancia e morì di fatto. E molti altri intorno alle porti e intorno al campo gli spogliavano e toglievano loro e cavagli, e chi uno e chi quattro, in modo che non potevano andare punto spicciolati; e loro facevano el simile rubando e facendo ogni male.

E a dì 16 di maggio 1501, mandò la Signoria due mazzieri e due comandatori a dire che si partissino, e ordinare che gli avessino e buoi che gli aveva chiesti, bene 80 paia; ed abbono tanto animo che gli spogliorono e tolsono loro le mazze e ferirono uno loro di molto male, e non si vollono partire dicendo che volevano danari.

E a dì 17 di maggio 1501, si mutò el campo e passorono a Signa e alloggiorono di là d'Arno verso Ugnano e al luogo de' Pandolfini, e scorrendo insino a Montelupo, rubando e facendo ogni gran male. A chi arrandellavano la testa, e chi impiccavano pe' testicoli, quando potevano, qualcuno, perchè insegnassi la roba; perchè molto trovorono le case vuote. E qui si diceva tutto il

contrario. Se gli dètte e buoi ch'egli aveva di bisogno, cioè se gli prestarono; e più si mandò un bando che niuno facessi danno a lui, e chi lo avessi fatto lo debba rendere a pena delle forche. E più si condussono andare gli Otto in persona, questa mattina, per tutti questi piani; e pigliavano chi stava alla strada.

E a dì 17 di maggio 1501, ci fu lettere dal Re di Francia, come e' non era volere del Re che questo Valentino ci facessi danno e ponessi taglie, e che si mandassi via; e se non si partissi, ordinava a Milano che ci fussi mandato aiuto; per modo che si pensava di non gli osservar quello che gli era stato promesso.

E a dì 18 di maggio 1501, s' intendeva tutta mattina le iniquità di costoro: infra l'altre, missono Carmignano a sacco e menoronne quante fanciulle vi trovorono, ch'erano ragunate in una chiesa, di tutto 'l paese. E più si disse che furono parecchi, peggiori che 'l diavolo dell'inferno, e quali trovando una donna con un suo fratello di circa 17 anni. (Non so se mi potrò scrivere questa isceleranza, che al sentirla dire tremavo del timore di Dio. Un tal peccato merita la dissoluzione d'una città; e ben si legge nel Testamento vecchio, per tal peccato fu distrutta una città, disfatta insino ne' fondamenti. Guai a coloro che ne sono stati cagione, e anche a quegli che non ànno punito un tal eccesso, a chi poteva; che si poteva struggere Valentino con più giente che non aveva tre volte. Ma a me non è nuovo quello sanno fare e nostri cittadini; non si curano d'ogni gran male per un lor commodo. E questo s'è veduto più volte, potere vincere e avere un grande onore, non avere

voluto, solo per discordia). El quale peccato fu questo: trovato quella donna e quel fanciullo di 17 anni, come è detto, e isforzando e l'una e l'altro disonestamente, e più di loro guastando el fanciullo, e lei lasciando come morta. Alcuni altri trovando la donna e 'l marito giovani, legando el marito a una colonna, e in presenza sua vituperare la donna da più ribaldi, e bastonare. E così si sentiva a ogn'ora cose che non si sentiron più. Quando ci passò el Re di Francia, non si sentì pure un caso di donne ben piccolo; anzi stettono insieme colle gentildonne, in molte case de' cittadini, e non feciono mai un cattivo cenno.

E in questo dì ci fu come Pisani avevano preso Ponte di Sacco e che gli scorrevano per tutto; e tuttavolta si diceva che venivano 4mila Guasconi di dietro a questo serpente. E in questo dì andò a romore tre volte la Piazza de'Signori. La prima volta el Cavaliere volle pigliare uno isbandito, e ponendogli le mani addosso, fu aiutato da certi bravi, e fedito un famiglio d'Otto; e fedito quello isbandito, fuggissi e passò di qui da' Tornaquinci fuggendo, tutto sangue el viso. Si cominciò a serrare per tutto. Una altra volta uno de' Baroncegli dette a uno de' Cambi una coltellata in su la testa e mandogli giù uno orecchio e un pezzo di capo; e questo fu perchè questo de' Cambi si trovò degli Otto quando fu fatto morire un figliuolo di questo de'Baroncegli; che dicevano ch'era un certo bravo che faceva ogni male per contado: e questo caso fece serrare una altra volta le botteghe per tutto. Un'altra volta si levò sanza altro caso, ch' era sollevata la città.

E in questo dì Valentino chiedeva l'artiglierie nostre ch'erano in Empoli, in prestanza; e danari. Fugli risposto che non volevamo fare nè l'uno nè l'altro: ch'e danari, gli avevamo a dare per tutto agosto, e così volevamo osservare, e che dovessi partire.

E a dì 19 di maggio 1501, si partì Valentino da Signa e andò tra Montelupo e Empoli, sempre predando e faciendo ogni iniquità; e in questa sera se gli mandò Piero Soderini ambasciadore.

E a dì 20 di maggio 1501, e poveri contadini colle loro famiglie e loro povertà si ritornavano difuori, e in su la sera si levò el romore di verso Malmantile che Valentino tornava indietro, e corse el romore fino a Firenze; per modo che quei contadini ch' erano tornati difuori, fu di bisogno ritornassino in Firenze, con molti pianti e affanni. E crebbe tanto el sospetto di tornare indietro, che per tutti questi piani rifuggivano dentro; e più ancora crescevano perchè Vitellozzo aveva menato e nostri buoi a Pisa per artiglierie, e non gli vollono rendere. E stimavasi non volessino porre el campo a Empoli. Parevano gli uomini ismarriti, non vedendo pigliare niuno partito alla Signoria. Facevano come e Turchi, mettevano a fuoco e fiamma tutti e paesi, e pigliavano fanciulle e donne; e fu chi trovò per la via di Roma le some di fanciulle che mandavano a Roma a presentarle, e forse venderle, come fanno e Turchi de' Cristiani. E non mi pare maraviglia, che gli era condotto quel campo da due uomini crudeli, Valentino e Vitellozzo. Se Vitellozzo somigliò suo padre fu troppo crudele, che venendogli innanzi un fanciullo della parte contraria, mandato dalla sua madre, e gittandosi ginocchioni chiedendo perdonanza e misericordia, si cavò da lato un coltello e ammazzollo di sua mano: e arse le torri piene di donne

e di fanciugli e molte gienti colla roba, che non vi campò niente vivi, con grandissime urla e strida. E questo suo figliuolo imparò da suo padre, che non ànno temuto Iddio, ànno mandato accattando le centinaia di contadini per vendicare le loro passioni, e sonsi vendicati con chi non à fatto loro male veruno, come uomini vili che non temono la mano del Signore, nè conoscono come ella è grande, e come è presso a loro.

E a dì 22 di maggio 1501, si stavano intorno a Empoli alloggiati e scorrevano per tutto la Valdelsa e paesi, rubando e predando. Non si sentiva se non crudeltà. E tuttavolta si vedeva empiere quì la città di poveri contadini colle loro povertà e loro famiglie, piccoli e grandi, con molta amaritudine.

E a dì 23 di maggio 1501, si partì Valentino da Empoli e andonne inverso Castello Fiorentino colle artiglierie; e tuttavolta si diceva che tornerebbe indietro, e questo sospetto nasceva dalle intelligenzie che ci erano. E che sia el vero, ognuno attendeva a mettersi in casa pane, per modo che in questa sera non si trovava pane a' fornai; e andò el grano a soldi 53 lo staio. Firenze era ripiena di maninconia e pareva s' affogassi in un bicchiere d'acqua.

E a dì 24 di maggio 1501, Valentino mandava a dire non si volere partire se non gli era dato almeno 8mila fiorini. Ogni dì si sentiva cose crudeli de' fatti sua.

E missono a sacco Castel Fiorentino e poi Barbialla, che v'ammazzorono più di 60 uomini e 6 donne, e ruborono ogni cosa. Dicevasi di loro cose più non sentite; e nondimeno gli era mandato di qui vettovaglia, e tutti e nostri Commissari tuttavolta comandavano che non si offendessino di nulla, e facevano rendere a chi toglieva loro nulla, e facevano disperare ogni nostro suddito: e chi era rubato e morto s'aveva el danno.

E a dì 26 di maggio 1501, ci fu come el Re di Francia mandava 30mila persone per a Napoli, e che gli erano mezzi di verso Pontremoli, e mezzi venivano di quassù di Romagna, e questa sera erano a Castrocaro, ch'era con loro el Signore Begnì.

E a dì 27 di maggio 1501, si partì Valentino e andò verso Colle, e que' di Colle gli feciono resistenza e ammazzorono di loro una brigata; e l'altro dì andorono verso Casoli di Volterra, disfeciono tutto el paese. Dove egli andorono andò male mezza la ricolta; segavano el grano a' cavagli; e per ristoro s'aspettava e Franciosi di sotto e di sopra, di dì in dì.

E a dì 2 di giugno 1501, ci fu come e nostri di Pisa avevano preso tre Pisani, e balestrieri del Prefetto.

E a dì 3 detto, vennono in Firenze, che v'era un messer Piero Gambacorti e altri cittadini.

E a dì 4 di giugno 1501, ei fu come certi nostri contadini da Ronta avevano morto un francioso per la strada di Ronta, el quale era parente del Signore Begnì; che fu tenuta mala nuova, perchè passava di quà col campo, ed era religioso. Fu poi seppellito a' Servi e fecesi grande onore, perchè el Signore Begnì non l'avessi preso da noi tale maleficio; e fugli fatto grande scusa. Sempre qualche bestiuolo mette a pericolo una città; ma, secondo molti, quello era un uomo savio, buono e un bello uomo; ognuno l'amava, e non riprese tal cosa per odio.

E dì 6 di giugno 1501, giunse a Dicomano la fanteria de' Franciosi col Signore Begnì; portaronsi bene asse. E in questo medesimo tempo passavano di quaggiù da Empoli e per la Valdelsa molto più numero, in modo che dissono di 30mila tra di quassù e di quaggiù, e dicevasi che ne veniva di nuovo.

E a dì 10 di giugno 1501, giunse a Dicomano 4mila

cavagli e quali feciono el contrario che la fanteria. Feciono ogni male: segorono e grani pe' cavagli per tutto dove passorono, e missono a sacco le canove, dando bastonate; nè stimavano Commissari nè persona. E in sull'Alpe vollono tor polli a certi contadini, e loro rivolgendosi e' non se gli lasciò torre; in modo che l'ammazzorono. E levandosi su altri contadini si fece una mischia e morivvi 20 uomini.

E a dì 11 di giugno 1501, vennono in Valdisieve insino al Ponte a Sieve, e poi si andarono per Valdarno.

E a dì 14 di giugno 1501, ci fu come erano entrati in Siena e che se n'erano insignoriti; e mandoronne e Signori a casa, e Pandolfo Petrucci si nascose.

E a dì 18 di giugno 1501, ci fu come era presso a Roma, e come di quaggiù n'era venuti per mare, e che gli smontavono a Livorno per andare per terra, e che veniva in Firenze el Cardinale di Roana, che veniva da Milano; e dicevasi che 'l Re di Francia era di pensiero di farlo Papa; era così in oppinione. E più ci fu come el Papa s'era partito di Roma e andato a Orvieto.

E a dì 19 di giugno 1501, ci fu come Federigo re di Napoli aveva fatto, el dì del Corpo di Cristo, una processione molto grande e divota, e che lui andò dietro scalzo, e quando fu in chiesa fece una orazione a tutto 'l popolo, e disse che credeva a Cristo e al Sagramento; e che così voleva. E testificò a tutto il popolo che non

metteva in Italia Turchi per fare contro alla fede, ma per aiutarsi; e che se 'l popolo non lo volevano per Signore, che se ne andrebbe, e se lo volevano aiutare, che rispondessino. E tutti a una bore, el popolo, gridorono volerlo aiutare; per modo che si dice che venne verso Roma.

E a dì 22 di giugno 1501, ci fu come a Modona era venuti tremuoti grandi in modo ch'era caduto molte case e morti molti uomini, e infra l'altre una chiesa profondata.

E in detto dì 22 di giugno 1501, qui in Firenze, tirando su le tende di San Giovanni, e intraversando canapi, s'appiccorono alla croce ch'era in su la colonna di San Giovanni, che rappresenta el miracolo di San Zanobi, e tirolla in terra; e più si ravvilupporono e detti canapi e feciono cadere embrici da un tetto e ammazzorono uno uomo; e a un fanciullo ruppono una gamba. Fu tenuto tristo pronostico.

E a dì 24 di giugno 1501, ci fu come el Signore Begnì colle sua giente era entrato in Roma, e ognindì pigliavano l'armi que' Romani: pensa come stava Roma!

E a dì 3 di luglio 1501, e Franciosi erano passati Roma e affrontatosi con don Federigo, e morti ben 5mila persone.

E a dì 4 di luglio 1501, e Pistolesi s'erano di nuovo affrontati, e morti bene 200 uomini; e furono quasi tutti soldati forestieri. E l'altro dì si raffrontorono e morivvene l00; e andò dentro nella povera e isventurata città forse 12 teste d'uomini in su le lancie; e facevano alla palla co' capi degli uomini di fuora e dentro.

E a dì 7 di luglio 1501, ci fu come e Franciosi avevano trovato certe botte di vino sotterrate e avvelenate, e avevanle beute.

E in questo tempo valeva el grano soldi 36, e non ci era quasi nulla di morìa.

E a dì 13 di luglio 1501, ci fu come a Piombino era venuto 60 vele di Turchi.

E a dì 14 di luglio 1501, ci fu come e Franciosi avevano avuto un poco di rotta, e nondimeno c'era come gli erano passati Capova e seguitavano.

E a dì 21 di luglio 1501, fu preso uno che à nome Rinaldo, fiorentino, ch' era giucatore; el quale, perchè aveva perduto, gittò sterco di cavallo a una Vergine Maria ch'è dal Canto de' Ricci in uno chiassolino da quella Chiesa ch'è in su una piazzuola di dietro alle case; e dettegli nella diadema. E vedendolo un fanciullo disse come egli era stato un uomo; e fugli andato dietro e coniato, e fu preso all'osservanza di San Miniato, e quando e famigli degli Otto gli furono presso si dètte d'un coltellino nella poppa manca, e loro lo presono e menoronlo al Podestà, e confessò averlo gittato per passione d'avere perduto, e la notte lo impiccorono alle finestre del Podestà, e fu la mattina di Santa Maria Maddalena, che fu una festa doppia. Vi venne tutto Firenze

a vedere, per modo che venendo el Vescovo a vedere questa Vergine Maria, levò detto sterco da lei, in modo che non fu sera che vi fu appiccato molte libbre di cera, e tutta volta crescendo la divozione. E in pochi dì vi venne tante immagini come si vedrà col tempo.

E a dì 22 di luglio 1501, si ripose sù quella croce in su la colonna da San Giovanni, che fece cadere el canapo.

E a dì 24 di luglio 1501, ci fu come Franciosi si avevano avuto rotta presso a Napoli: pure seguitavano la vittoria animosamente.

E a dì 25 di luglio 1501, venne qui a Castello la Madonna d'Imola, che si partì da Roma; che la chiese al Papa Monsignore Begni, e lei se ne venne a stare qui.

E a dì 28 di luglio 1501, ci fu come Franciosi avevano preso Capova e messo a sacco e a fil di spada ognuno. E fu a' 24, la vilia di Sant' Jacopo.

E a dì detto, ci fu come e Pistolesi s'erono

appiccati, e' Panciatichi avevano avuto el peggio, e che n'avevano impiccati parecchi Panciatichi in Pistoia alle finestre, e che gli feciono impiccare a un prete, e poi vollono che 'l prete s'impiccassi da sè; e furono circa 7 Panciatichi.

E a dì 2 d'agosto, ci fu come Franciosi avevano avuto Napoli per primo fante.

E a dì 4 d'agosto 1501, si vinse in Consiglio che 'l detto Consiglio grande tornassi, e bastassi almeno 600 uomini.

E a dì 6 d'agosto 1501, ci fu el vero come el Re di Napoli aveva perduto lo Stato e prese pel Re di Francia. E qui, in questo dì, si fece gran festa, sonossi a gloria, e arsesi e panegli e molte scope per la terra, con molti colpi d'artiglierie. Ebbe Napoli insino a dì detto, entrorono e Franciosi in Napoli; che 'l Re don Federigo, e chi si voleva partire, potessi portarne la roba; avessi tempo due dì.

E a dì 21 d'agosto 1501, venne in Firenze un francioso con molti cavagli, el quale andava a Napoli in luogotenente per Re di Francia.

E a dì 29 d'agosto 1501, ci fu come e Pistolesi avevano fatto la pace, e fatto la Signoria, 4 d'una parte e 4 dall'altra, e 'l Gonfaloniere s'imborsò due dell'una e due dell'altra, e trarre; e così rimasono in pace dopo la morte di tanti e tanti uomini: e fussi almeno fine!

E in questi dì e Pisani presono de' nostri soldati.

E a dì 5 di settenbre 1501, e Pistolesi ammazzorono 2 o 3 di loro.

E a dì 7 di settenbre 1501, e Pistolesi ammazzorono uno altro de' Cancellieri, qui alla Porta al Prato di Firenze. Vegga ognuno la bella pace che gli ànno fatto.

E a dì 8 di settenbre 1501, ci fu come Piombino era in pace dalle giente di Valentino, e lui era ammalato in Roma.

E a dì 9 di settenbre 1501, ci fu come lo 'mperadore era in sul Lago maggiore, ch'aveva preso Navarra con molta crudeltà, et altri castelli.

E a dì 11 di settenbre 1501, ci passava assai Tedeschi di quelli che erano col Re a Napoli, perchè l'Imperadore aveva mandato un bando che tutti e Tedeschi ch'erano al soldo tornassino a lui, a pena d' essere rubello.

E a dì 17 di settenbre, passò per Firenze forse mille fanti e forse 600 cavagli, che venivano da Napoli e andavano in Lonbardia per il Re di Francia.

E a dì 18 di settenbre 1501, ci fu come Piombino s'era dato al Papa liberamente.

E in questi tempi non c'era infermità di corpo, ma bene era inferma la città e impoverita; non si rendeva Monte di niuna ragione, nè dote, nè guasti; ognuno si doleva. Valeva el grano soldi 33 lo staio, el vino un ducato la soma, l'olio lire 16 el barile, e non si lavorava molto.

E a dì 9 d'ottobre 1501, noi Speziali facemo all'Arte degli speziali che noi non potessimo fare più candele di due danari.

E a dì 10 d'ottobre 1501, fu un tempo molto brusco d'acqua, di tuoni, e venne molte saette, infra le quali ne venne una in sul campanile della chiesa da Legri, la mattina quando el popolo era in chiesa; e fu in domenica, e il prete apunto parato per andare all'altare, e fece cadere una parte del campanile in su la chiesa e morivvi 5 persone, e più di 40 se ne fece gran male.

E a dì 14 d'ottobre 1501, venne in Firenze un tremuoto alle 2 ore di notte, e non fece rovinar nulla.

E a dì 25 d'ottobre 1501, si vinse in Palagio che si dovessi mercatare a Fiorini d'oro e Lire.

E a dì 2 d'ottobre 1501, si bandì la pace de' Pistolesi con sodamento: chi la rompessi, pena assai.

E a dì 3 di novenbre 1501, e nostri di quel di Pisa presono 57 cavagli e prigioni, ch'erano scorsi in verso Volterra, di quei Pisani: e' nostri gli tramezzorono.

E a dì 14 di dicenbre 1501, venne in Firenze il Cardinale di Ferrara con molti cavagli, che andava a Roma per la figliola del Papa, e menarla a marito al fratello a Ferrara; e aveva 150 muli di carriaggio.

Fugli fatto un grande onore; molti giovani di Firenze gli andorono [incontro]. E alloggiò in casa sua al Canto de' Pazzi, e i cavagli alle stalle del Papa. E a dì 15 si partì.

E a dì 27 di dicenbre 1501, venne in Firenze la tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi solenne precessione e grande onore; e dissesi per cagione che 'l Re di Francia chiedeva cose inoneste, di volere rimettere usciti e governatori a suo modo.

E a dì primo di giennaio 1501, molto si ragionava dello Imperadore che voleva passar qua con gran giente.

E a dì 23 di giennaio 1501, mandò la Signoria ambasciatori a presentare la figliola del Papa ch'era giunta a marito a Ferrara, e mandorono gran presente. Non ritornò da Firenze quando andò a marito.

E a dì 11 di febbraio 1501, venne in Firenze l'ambasciatore dell'Imperatore; alloggiò in casa i Portinari. Andò alla Signoria.

E a dì 23 di febbraio 1501, ci fu come e Pistolesi s'erano azzuffati, come e Cancellieri avevano cacciati fuori tutti e Panciatichi e arse loro le case, con la morte di molti uomini. Ora si può dire che a' casi loro non v'a più riparo: non giova sodare la pace, nè altra medicina. Firenze è scusata, perchè non può far bene a chi non vuole: bisogna lasciar rompersi il capo da loro: e' sono vaghi del sangue.

E a dì 10 di marzo 1501, ci fu come el Turco era nel Golfo con grande armata, e come e Viniziani gli avevano affrontati con danno dell'una parte e l'altra.

E a dì 15 di marzo 1501, andò di qui a Pistoia nostri commissari, e impiccorono una brigata di quei capi.

E a dì 23 di marzo 1501, ci fu come e Pisani avevano preso la terra di Vico Pisano, e poi s'intese che gli avevano avuto la rôcca, che l'aveva data el nostro Commissario ch'era de' Pucci, e 'l Castellano ch'era de' Ceffi, e uno certo conestabile di Piamonte.

E a dì 4 d'aprile 1502, dettono bando di rubello al sopradetto Commissario e al Castellano di Vico, e confiscato lor beni. E in questa sera venne preso un certo Francesco di mona Tarsia, ch' era stato in detta rôcca di Vico.

E a dì 23 d'aprile 1502, si vinse di dare el guasto a' Pisani; e valeva el grano in questo tempo soldi 25 lo staio.

E a dì 30 d'aprile 1502, mandarono a Pisa l'artiglierie e bombarde assai, e facevano tuttavolta giente per Pisa, e fu fatto commessario Antonio Giacomini.

E a dì 10 di maggio 1502, si cominciò a dare el guasto a' Pisani, di grano e di vigne e frutti e ciò che si trovava; e feciono che contadini pisani fussino esenti, (chi veniva dal nostro), e non fussi dato el guasto a lui

E a dì 15 di maggio 1502, cadde una pietra dalla casa dell'Arte della Lana, in sul canto di quel chiassolino dirimpetto a Orto San Michele, che si spiccò da sè

ch'era fessa e cadde in sulla testa d'un povero uomo e morì.

E a dì 16 di maggio 1502, ci fu dal Re di Francia mandatari, e quali andavano al Papa, e a tutte potenzie, che non fussi chi facessi contro a' Fiorentini, sotto la sua disgrazia, e mostrocci grande amore e amico.

E a dì 17 di maggio 1502, ci fu come e Pisani avevano presi certi contadini marraiuoli, e avevangli impiccati e isquartati e scorticati.

E a dì 18 di maggio 1502, venne in Firenze certi prigioni pisani, e quali mandò Giovacchino Guasconi da Volterra, che portavano lettere inverso Roma.

E a dì 19 di maggio 1502, ci fu come e nostri ci mandorono una brigata di prigioni pisani, che ci era un capo de' principali el quale era ferito e non poteva andare; e que' di Vicopisano davano el guasto anche a noi in quel di Bientina: e a questo modo andava male ogni cosa.

E a dì 20 di maggio 1502, ci fu come quei di Barga avevano preso el Fracassa con molti compagni ch'andavano in Pisa.

E a dì 22 di maggio 1502, ci fu come e nostri avevano presi 28 pisani e impiccatigli tutti.

E a dì 26 di maggio 1502, ci fu come e nostri avevano fatto una preda di 100 muli carichi di robe, e 130 pisani co' cavagli loro.

E a dì 29 di maggio 1502, venne preso el Fracassa con molti fanti, ed era preso con lui el figliuolo del conte Jacopo. E in questo dì venne qui Antonio Giacomini ch'era commessario, e andò alla Signoria.

E in detto dì, ci fu come e nostri avevano in patti Vicopisano e la rôcca per tutto dì d'oggi.

E a dì 2 di giugno 1502, uno maestro Lorenzo Lorenzi medico, che leggeva in Studio, e stimato assai, stigato dal dimonio, si gittò in un pozzo e morì.

E a dì 5 di giugno 1502, ci fu come Arezzo s'era ribellato.

E a dì 6 detto, ci fu come non s'era perduto la cittadella, e che gli erano in tutto 12 o 14 case che s'erano levate in arme; e di fatto costoro levorono il campo da Vico e mandorono 'Arezzo, e passorono di quì questo dì detto.

E a dì 8 di giugno, si partì di quì Antonio Giacomini, che l'avevano fatto governatore del campo, e andò 'Arezzo.

E a dì 9 di giugno 1502, ci fu come gli avevano preso Guglielmo de' Pazzi, e come Vitellozzo s'accostava 'Arezzo, e come e contadini loro stavano sospesi per vedere come le cose andavano, e se v'era fondamento. E più ci fu, come s'era ribellata Rassina.

E a dì 10 di giugno 1502, ci fu come Vitellozzo era entrato in Arezzo con molti fanti e artiglierie, e come Valentino veniva con molta giente; era di là da Siena. Onde parve qui ismarrito el popolo, dubitando avessi maggior fondamento; e pareva che fussi questo male, come egli era, in su la ricolta.

E in detti dì, e Pisani iscorrevano e predavano e ammazzavano, che pareva loro avere el campo libero; e così avàno el fuoco di intorno intorno, benchè a' più intendenti parve leggierezza rimuovere el campo sì di leggiero. E in questo dì, si vinse gravezze assai, decime e condizioni di paghe.

E a dì 11 di giugno 1502, ci fu come non era vero di Vitellozzo fussi entrato in Arezzo, nè di Valentino; che feciono per vincere danari.

E a dì 12 di giugno 1502, ci fu come e Pisani erano a campo a Bientina, benchè fussino da' nostri ributtati.

E a dì 13 di giugno 1502, ci fu come Vitellozzo aveva preso un certo monte ch'e nostri non potevano soccorrere la cittadella.

E a dì 15 di giugno 1502, ci fu come Castiglione Aretino avevano preso 40 muli carichi di farina ch'andavano 'Arezzo, e come e nostri avevano guaste le mulina d'Arezzo.

E a dì 10 di giugno 1502, andò Piero Soderini a Milano per la giente del Re di Francia.

E a dì 18 di giugno 1502, ci fu come Arezzo avevano preso la cittadella e mozzo el capo al Vescovo de' Pazzi e certi altri uficiali ch'erano in Arezzo; ma non fu vero del mozzare le teste, ma bene gli mandorono prigioni in Città di Castello, Guglielmo de' Pazzi e 'l Vescovo e alcuni altri; e gli altri fu salvo l'avere e le persone.

E a dì 19 di giugno 1502, ci fu come el campo nostro si tornò indietro a Montevarchi.

E a dì 20 di giugno 1502, ci fu come Piero de' Medici era entrato in Arezzo, e che vi si gridava Marzocco e Palle.

E a dì detto, si fece quì in Firenze 50 uomini per gonfalone che stessino qui a' Tornaquinci, un gonfaloniere, a guardia della città; in modo entrò la paura, che di sotto e di sopra ognuno isgomberava, che fu cosa spaventevole.

E a dì 21 di giugno 1502, ci fu come Valentino aveva morto el garzone ch' era signore di Faenza, ch'egli aveva a Roma, e tre altri tali; fecegli strangolare e gittare nel Tevere, e fecero quando e' giucava alla palla con altri giovanetti come lui, ch'era ancora fanciullo. Credo che si mosse perchè lo vedeva troppo amato dal popolo, per gelosia della signoria, come un uomo diabolico.

E a dì 22 di giugno 1502, ci fu come el Re di Francia aveva mandato un suo mandatario a protestare, come gli era rubello a tutti quegli che facevano contro e' Fiorentini.

E a dì 23 di giugno 1502, ci fu come Valentino aveva preso Urbino e poi Città di Castello; e più, questo dì giugnevano e Franciosi in Mugiello, che venivano in nostro aiuto; e più si disse che Vitellozzo aveva preso Cortona. Andava tante cose attorno.

E a dì 24 di giugno 1502, non si corse palio per non ragunare giente, per sospetto.

E a dì 26 di giugno 1502, ci fu come Valentino

aveva mandato a dire che voleva fare lega con noi, altrimenti verrebbe a' danni nostri: davaci tempo 4 dì.

E a dì 27 di giugno 1502, si serrò 5 porte di Firenze, che fu San Giorgio, San Miniato, la Giustizia, Pinti e la Porticciuola al Prato delle mulina; e fecionlo per sospetto che non entrassi giente e lettere. E comandarono alle case lungo Arno che non porgessino scale a niuno in Arno.

E a dì 2 di luglio 1502, ci fu, el Borgo s'era ribellato, e Anghiari s'era dato a patti, e la Pieve stava male. E così pareva ch'e Fiorentini avessi le budella in un catino. Ognuno vicino si rideva de' Fiorentini.

E a dì detto, giunsono quì e Franciosi e alloggiorono da Sesto insino quì alla Porta a San Gallo e a Faenza.

E a dì 3 luglio 1502, ci fu come Cortona era tornata sotto e Fiorentini.

E a dì 4 di luglio 1502, feciono la mostra de' fanti avevano fatti quì in pochi dì, che furono 250. E ordinarono tutta questa settimana processioni e predicare ogni mattina in ogni Quartiere.

E a dì detto, la notte alle 7 ore, andarono via le gienti de' Franciosi inverso l'Ancisa, che furono 100 uomini d'arme e fanteria assai.

E in detta notte fu fatto alla casa del Gonfaloniere e alla casa di Piero Soderini, e madonna Selvaggia Strozzi, dipinto forche e cose disoneste, da uomini che non temano Iddio, che non sanno che sono ubrigati alla ristituzione della fama, altrimenti sono dannati. Iddio ne gli guardi.

E a dì 5 di luglio 1502, ci fu come e nimici erano a campo a Poppi e a Chiusi: pareva che noi fussimo in preda.

E a dì 6 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia aveva giurato sopra la sua corona di vendicare tutte le ingiurie fatte e' Fiorentini e farci gran bene, e come veniva in Italia ed era già a' confini.

E a dì 7 di luglio 1502, ci fu come el campo de' nimici s'era partito da Poppi e tiratosi indietro, e 'l nostro campo era venuto al Ponte a Sieve per andare in

Casentino, e come quei Franciosi pareva loro mille anni d'affrontare e nimici.

E in questi dì, e Pistolesi andavano rubando per tutti questi piani insino a Campi.

E a dì 11 di luglio 1502, tornorono in Firenze e prigioni che noi avàmo 'Arezzo, che si scambiorono con quegli che noi avàmo qui di loro, che fu fatto el baratto a Siena, infra 'quali vi fu Guglielmo de' Pazzi, e 'l Vescovo suo figliuolo, e rimandossi 'Arezzo un certo aretino genero di Bernardino d'Arezzo.

E a dì 14 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia avea soldati tutti e signori d' Italia e gli usciti di Romagna, e 'i Marchese di Mantova e messer Giovanni. E dissesi che Valentino s'aveva rotto una coscia, che gli era caduto un cavallo addosso.

E a dì 15 di luglio 1502, feciono costoro quì un bargello per Pistoia e uno altro per Valdinievole, con molti balestrieri a cavallo. E in questa notte, venne un tremuoto in Firenze alle 3 ore di notte: non fu molto grande.

E a dì 16 di luglio 1502, venne in Firenze el Capitano della giente franciosa con pochi cavagli; e la giente d'arme ch'era ancora con lui andorono per Mugiello ed a Dicomano. El Capitano alloggiò in casa e Pazzi, e 'l dì dopo desinare andò a vicitare la Signoria.

E in questo dì, ci fu come Vitellozzo s' era fuggito. E a dì 17 di luglio 1502, giunsono la giente de' Franciosi al Ponte a Sieve all'altro campo.

E a dì 18 di luglio 1502, si partì di quì el Capitano de' Franciosi, e caricoronsi l'artiglierie, e mandavansi su in campo in Valdarno.

E a dì 21 di luglio 1502, ci fu come el Capitano era andato in Arezzo e parlato con loro.

E a dì 25 di luglio 1502, ci fu come el Capitano de' Franciosi aveva fatto che noi riavessimo tutte le cose di là, eccetto ch'Arezzo. Parve al popolo non molta buona novella: pareva una cosa fuori d'ogni ragione.

E a dì 28 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia aveva citato tre uomini, Vitellozzo, Valentino e Pandolfo Petrucci di Siena.

E a dì 29 di luglio 1502, s'ammazzorono 150 Pistolesi fra uomini, donne e fanciugli. Non è mai giovato nulla con loro.

E a dì 30 di luglio 1502, ci fu come Vitellozzo aveva messo a sacco Arezzo.

E a dì 31 di luglio 1502, ci fu come Valentino contro a Vitellozzo.

E a dì 7 d'agosto 1502, s'impiccò un fanciullo da sè, in casa sua, ch'era de' Vettori.

E a dì 9 d'agosto 1502, mandorono commessari 'Arezzo che pigliassino le cose nostre ch' erano smarrite.

E a dì 11 d'agosto 1502, mandorono un bando che comparissi quì 50 Pistolesi d'una parte e 50 dell'altra,

sotto pena di rubello e d'essere confiscati e beni loro, fra quattro dì.

E a dì 12 d'agosto 1502, e Franciosi ch'erano in Arezzo e in quelle altre terre, facevano molte avanrie, e in Arezzo tolsgono loro l'arme e comandorono loro che non si partissino d'Arezzo sanza loro licenzia, e chi si volessi partire pagassi 200 fiorini. E fuvvi chi gli pagò e caricò 9 some e andavansene; e quando fu alla porta gli tolsono otto some e mandaronlo via con una sola. Vedi se le loro pazzie sono per esempio d'altri!

E a dì 15 d'agosto 1502, comparirono quì 100 Pistolesi e mandavasi là nostri fanti, e loro non avevano licenzia di partirsi di quì. Valeva el grano, in questo tempo, soldi 40.

E a dì 22 d'agosto 1502, ci venne un francioso mandatario del Re di Francia, per farci rendere le nostre cose; e a dì 24 andorono insieme co' nostri commessari.

E a dì 26 d'agosto, ci fu come gli avevano ripreso Arezzo, e come quegli principali aretini s' erano andati con Dio a Siena e altrove.

E a dì 26 d'agosto 1502, si vinse in Consiglio Maggiore si facessi un Doge a uso viniziano.

E a dì 27 d'agosto, s'accordorono e Pistolesi e tolsonsi loro le gabelle; e questo guadagnarono delle lor pazzie.

E a dì 2 di settenbre, venne una saetta in villa mia in su uno cerro, allato alla mia casa a 50 passi; e mondollo tutto e seccossi insino nelle barbe, nè mai rimisse.

E a dì 8 di settenbre 1502, si partirono e Franciosi d'Arezzo e andorono per la Valdelsa facendo danno assai.

E a dì 20 di settenbre, a questi dì e Franciosi erano ancora a San Miniato al Tedesco, e disfacevano per tutto dove passavano e non pareva che volessino uscire del nostro.

E a dì 21 di settenbre, ci feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta a fine che Dio ci concedessi un Doge buono e savio.

E a dì 22 di settenbre 1502, si ragunò el Consiglio, e feciono un Gonfaloniere a vita, che fu Piero di messer Tommaso Soderini; andò a partito più di 150, e vinsono solo tre, che fu messer Antonio Malegonnelle, e Giovacchino Guasconi e 'l detto Piero, e nell'ultimo partito rimase Piero di messer Tommaso Soderini detto, a laude di Dio; e di fatto mandorono per lui ch'era 'Arezzo e statovi tutta la guerra. Fu quello ch'andò a Milano per la giente del Re e condussela lui di quà, come uomo valente e buono. E quanto bene fu assunto a questa degnità, e quanto bene giudicò el magno Consiglio! Veramente fu da Dio tale opera.

E a dì 7 d'ottobre 1502, venne in Firenze Piero Soderini ch'era stato 'Arezzo, come è detto.

E a dì 12 d'ottobre 1502, in questi dì ci fu come 'l Papa a Roma era in discordia cogli Orsini e que' casati, in modo che 'l Papa s'era fuggito in Castel Sant' Agnolo; e a Bologna faceva giente per sospetto del Papa; e' Viniziani ne facevano a Ravenna.

E a dì 16 d'ottobre 1502, si fece certa lega contro al Papa e a Valentino, che fu messer Giovanni Bentivoglio e Vitellozzo e gli Orsini. E ripresono Urbino e sua castella.

E a dì 24 d'ottobre 1502, ci fu come molte castella di Romagna s'erano ribellate da Valentino, che fu Camerino e altre castella.

E a dì 31 d'ottobre, entrò el Cardinale di San Severino con molti cavagli; fugli fatto onore assai.

E a dì primo di novenbre 1502, in martedì, entrò Piero Soderini, gonfaloniere a vita, in Palagio insieme colla nuova Signoria. Fu in piazza tutto Firenze, come cosa nuova, mai più non fatta a Firenze. Parve che ognuno avessi speranza d'avere a vivere bene.

E a dì 13 di dicembre 1502, la notte, arse el tetto e' deschi de'beccai in Mercato Vecchio, e non fece danno alle botteghe.

E a dì 29 di dicembre 1502, fu riformato certe sante leggi contro al vizio innominabile e contro alla bestemmia; e altre buone leggi. E feciono che quando non fussino conosciute o punite dagli Otto o Conservadori, in

tal caso si debba andare innanzi e' Signori e Collegi e Dodici.

E a dì 3 di giennaio 1502, ci fu come Vitellozzo era stato morto in Città di Castello, e che Valentino aveva preso Sinigaglia; e più, che gli avisava quì di certi trattati.

E a dì 5 di giennaio 1502, ci fu come Valentino aveva preso Città di Castello e aveva morto Vitellozzo e un suo fratello ch'era prete notaio, e altri sua amici e parenti di Vitellozzo. Guarda come la divina giustizia paga alle volte el Sabato! vedi lo sterminio di questa casa: Pagolo quì tagliatogli la testa, e ora tutto el resto de'frategli. Non vi maravigliate: e'mi ricordo che messer Niccolò loro padre, essendo el principale della città e avendo vinto tutti e sua aversi della parte contraria, v'era restata una povera madre co'un fanciullo, la quale disse a questo suo figliuolo: Io voglio che tu vada innanzi a messer Niccolò e che tu ti getti ginocchioni e chiedigli perdonanza e misericordia, credendo che gli avessi misericordia alla purità del fanciullo; e fu tanto crudele e scelerato che si cavò da lato un coltello e di sua mano sì lo scannò e ammazzò. E più si disse che, essendo fuggiti in certe fortezze suoi nimici, che v'arse dentro donne e fanciugli e molta giente, che non volle n'uscissi persona. Guai a chi è crudele e non teme Dio.

E a dì 5 di giennaio 1502, ci fu come a Siena s'era scoperto trattato, e che Pandolfo aveva mozzo la testa a due cittadini, a uno de' Tagliacci, e preso uno degli

Scipioni. A questo modo fanno le maladette parte che non temono Iddio e credono avere a vivere sempre e essere loro quegli che ànno a recare el mondo: quest' è la maggiore ignoranza che sia, che pensano contro allo sperimento che non ànno bisogno di fede, e forse che n' è in Italia uno di questa ragione!

E a dì detto, ci fu come el Papa aveva preso el Cardinale Orsino e 'l Vescovo di Firenze ch' è degli Orsini.

E a dì 11 di giennaio 1502, ci fu ambasceria Sanese alla Signoria, a dimandare aiuto perchè Valentino veniva a' danni loro; e fu risposto che noi non possiamo muovere contro al Re, e che noi siamo in un medesimo caso di loro.

E a dì 15 di giennaio 1502, ci fu come Pandolfo s'era partito di Siena e' suoi figliuoli.

E a dì 22 di giennaio 1502, ci fu come Valentino era in quel di Siena presso a Buonconvento.

E a dì 30 di giennaio 1502, si bandì una processione che si dovessi fare per reverenza della Cappa di San Francesco che s'era avuta dal castello di Monte Aguto, perchè se gli era tolto el castello e disfatto da' Fiorentini perchè ci fu contro ne' casi d'Arezzo. Onde, venendo nelle mani de' Frati Osservanti di San Miniato, s'ordinò detta processione per Firenze, innanzi detta Cappa la quale era molto vecchia e consumata. Fu fatta con grande divozione, gli andò dietro tutto Firenze, e poi si portò all' Osservanza di San Francesco di San Miniato, e quì sta.

E a dì 30 di giennaio 1502, ci fu come Pandolfo Petrucci se n'era andato a Lucca, e che Valentino stava fermo alla 'mpresa di Siena, benchè, con disagio di vettovaglia, a disagio.

E a dì 2 di febbraio 1502, ci passò 400 fanti di quei di Valentino ch'erano tedeschi, ch'erano licenziati da lui: e lui aveva rimessi in Siena usciti e fatto accordo, e che lui se n'andava alla volta di Roma.

E a dì 3 di febbraio 1502, andò a procissione la Cappa di San Fancesco; fugli fatto grande onore, tutte le compagnie e regole di Firenze; e fu posata alla Piazza de' Mozzi e fatto quivi un palco con colonne grandi come si fa a San Felice quando viene Nostra Donna di Santa Maria Impruneta. E quivi gli andò incontro la processione; e portata a San Miniato all' Osservanza, dove si debbe riposare e stare.

E a dì 8 di febbraio 1502, fu fornito el tetto de' beccai di Mercato Vecchio, e fattovi intorno le botteguzze.

E a dì 19 di febbraio 1502, andò la donna del Gonfaloniere, ch'à nome madonna Argentina, in Palagio de' Signori, albergo e per stanza, la prima volta. E parve cosa molto nuova vedere abitare donne in Palagio.

E a dì primo di marzo, arsono tutte le scritture de' Cinque del Contado: fu grande danno e scandolo. Valeva el grano soldi 35 lo staio. In questi temnpi fu gran piove, che durò 4 mesi alla fila.

E a dì 7 di marzo 1502, ci fu la lega fatta tra 'l re di Francia e di Spagna e Inperatore e Papa; e fecesi festa.

E a dì 11 di marzo 1502, ci fu come Valentino aveva preso un Castelluccio degli Orsini, che v'ammazzò parecchi Signori con una artiglieria che fece rovinare una casa, e morironvi sotto.

E a dì primo di maggio 1503, quì si faceva giente per Pisa.

E a dì 7 di maggio 1503, ci fu come gli Spagniuoli avevano ripreso nel Reame ogni cosa, che non restava se non Napoli.

E a dì 13 di maggio 1503, si faceva quì molta giente per a Pisa; e questa mattina fece la mostra in piazza Giampagolo Baglioni con 40 uomini d'arme, e andarono a Pisa. E tuttavolta mandavano fanti assai e facevano la mostra molti conestaboli, e più mandavano molti guastatori. El grano se n'andò in lire 3.

E a dì 24 di maggio 1503, ci fu come la Badia a San Savino era rovinata addosso a circa 60 guastatori, e dissesi ch' e Pisani l'avevano messa in puntegli a questo fine per giugnere questi alla schiaccia.

E a dì 29 di maggio 1503, fu morto el manigoldo dal popolo co' sassi al luogo della giustizia. Intervenne questo, che un certo banderaio, giovanetto, avendo morto un altro banderaio per una certa invidia, andò questa mattina a giustizia, e questo manigoldo non gli tagliò el capo nè al primo nè al secondo nè al terzo colpo; el cavaliere che gli era a lato gli dette due bastonate; e perchè egli

era un giovanetto di circa 20 anni quello che moriva, venne al popolo sì grande compassione che si levò un tumulto fra 'l popolo: A' sassi, a' sassi; per modo ch'e Battuti abbono alquanti colpi di sassi, e 'l cavaliere e chi v'era ebbe delle fatiche di scampare a gittarsi a terra del muro, in modo tale fu la furia del popolo che lo ammazzorono, e poi e fanciugli lo stracinorono insino a Santa +. Alcuni vollono dire che gli era intervenuto perchè gli impiccò e arse quei 3 Frati.

E a dì 30 di maggio 1503, si vinse in Palagio che 'l sale si comperassi 7 quattrini la libbra, bianchi, che dolse a' poveri assai: pure ànno pazienzia perchè si fusse men gravezze.

E a dì primo di giugno 1503, ci fu come el Vescovo de' Soderini era fatto cardinale, e fecesi gran festa e fuochi, panegli. E fecene el Papa circa 9 Cardinali.

E a dì 3 di giugno, passò di quaggiù da Campi la giente del Marchese di Mantova condotte da noi per a Pisa, che furono 100 uomini d'arme.

E a dì 4 di giugno 1503, ci fu come e Franciosi erano giunti a Pisa in nostro aiuto per modo ch' e Pisani stavano male. Valeva el grano in Pisa lire 4, soldi 15 lo staio, e non avevano potuto ricorne ch'era stato loro guasto.

E a dì 14 di giugno 1503, ci fu come avàmo Vico a patti.

E a dì 19 di giugno 1503, ci fu come avevàno preso la Verrucola.

E a dì 25 di giugno 1503, in sul correre del palio di Santo Lò, venne una acqua con tanta gragniuola in Firenze, e massime di là d'Arno, e ruppe tutte le tende di San Giovanni ed e canapi: fece gran danno.

E a dì primo di luglio 1503, rompemo e Pisani ch' avevano fatto una preda, e tolsonla loro. E poveretti stavano male.

E a dì 15 di luglio 1503, si mandò el cappello al Cardinale de' Soderini alla Badia di Fiesole, con molti cavagli e giovani; e a dì 16 entrò el Cardinale in Firenze, e dissesi la messa in Santa Maria del Fiore molto adornato, e divota.

E a dì 19 di luglio 1503, si cominciò a battere quattrini bianchi, e grossoni di 20 quattrini.

E a dì 28 di luglio 1503, ci fu come in Roma fu

assaltato el Cardinale di San Severino e lo Ambasciadore del Re di Francia da circa 40 travestiti colle maschere, e fu morto uno staffiere del Cardinale e ferito la mula del Cardinale.

E a dì 30 di luglio 1503, levorono la giente da quello di Pisa e mandoronle in quello d'Arezzo, perchè si diceva che Valentino veniva in qua. Furono troppo leggieri a muovere.

E a dì 4 d'agosto 1503, giunse e Franciosi in quello di Pescia, e poi qui a San Donnino, ch' erano Franciosi, Mantovani e Ferraresi, mandati dal Re a soccorrere el Reame.

E a dì 13 d'agosto 1503, giunse a Dicomano 4mila cavagli franciosi per andare nel Reame: alloggiorono per le ville, e io n'ebbi al luogo mio; avemo tra me e al Moro 24 cavagli, ch'ebbi a dare le spese a tutti. Andovvi Benedetto, e fece loro onore el meglio che potette, con pericolo della vita a sopportargli: gli vollono dare più volte.

E a dì 14 d'agosto, si partirono e alloggiorono al Ponte a Sieve. Andavano via presto, chè bisognava loro.

E a dì 19 d'agosto 1503, ci fu come el Papa era morto alle 23 ore; e a dì 20 si sonò le campane per la sua morte.

E a dì 21 d'agosto 1503, ci fu come Valentino era morto con 4 Cardinali. Non fu vero, non morì se none

un Cardinale; e dissesi che Valentino aveva avvelenato fiaschi di vino, e che quello Cardinale morì di quello: e più s'è detto, che 'l Papa n'aveva bevuto anche lui, in iscambio d'altri fiaschi. Per avvelenare e Cardinali, avvelenò el suo padre. Se fu vero o no, lo sa Iddio; tant'è, che fu un dì o dua da l'uno all'altro a morire. Vedi questo Valentino dove si truova al presente, con tanti nimici che gli verranno addosso!

E a dì 26 d'agosto 1503, ci passava più Cardinali ch' andavano via a Roma per staffetta: infra gli altri, uno gli cadde un cavallo addosso, e ruppesi una gamba a Montebuoni, e rimase qui in Firenze a medicarsi.

E a dì 29 d'agosto 1503, giunse quì 4 mila fanti Svizzeri, e alloggiorono alle porte, di fuori; mandati dal Re di Francia per soccorrere el Reame: e ogni dì passava giente del Re di Francia pe' reame.

E a dì 31 d'agosto 1503, ci fu come el Signiore di Piombino aveva ripreso Piombino.

E a dì primo di settenbre 1503, ci venne el Signiore di Mantova, e alloggiò in casa quegli del Tovaglia, soldato dal Re. E a dì dua si partì, e andò verso el Reame di .... Faceva el Re grande isforzo di giente, che mandava ogni dì.

E a dì 4 di settenbre 1503, ci passò el Cardinale di San Giorgio, e non si fermò in Firenze: andava via in furia.

E a dì 5 di settenbre 1503, giunse qui monsignore della Tramoia; alloggiò in casa e Salviati. Andava via con furia nel Reame, mandato dal Re.

E a dì 7 di settenbre 1503, giunse qui tre Cardinali; che fu Ascanio, Roano e Aragona: alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni; e desinato, cavalcorono via.

E a dì 12 di settenbre 1503, venne in Firenze, in manco di mezz'ora, 6 o 7 saette: infra l'altre, ne venne una in su la Porta di San Piero Gattolino, e dètte in su uno San Giovanni e mandogli la croce per terra, e in Via Gora ne venne un'altra, e in più luoghi della città; e non tanto dentro, quanto ancora di fuori. A Peretola, sendo per la strada uno Bartolommeo Nelli, a cavallo, gli cadde addosso la saetta, e ammazzò lui e 'l cavallo; e uno altro cavallo, che gli era un poco adietro, isbalordì; e 'l cavallo diventò zoppo: e dissesi di due altri morti, uno al Poggio a Caiano, e uno a Calenzano; e in Mugiello, in una casa, uno uomo e una donna e fanciugli morì.

E a dì 16 di settenbre 1503, entrorono e Cardinali in conclave; e prima disse una messa dello Spirito Santo un Cardinale innanzi al corpo di San Piero; e fatto un bello sermone si rinchiusono; e furono 38 Cardinali.

E a dì 23 di settenbre 1503, fu fatto el Papa el Cardinale di Siena. Fu creato a dì 21 a ore 14, e chiamossi Papa Clemente; poi si disse Papa Pio terzo.

E a dì primo d'ottobre, ci fu come e Franciosi erano passati Roma, e come Valentino aveva dato a' Franciosi 200 uomini d'arme, e altrettanti se n'aveva serbati. El canpo degli Spagniuoli si faceva incontro, ed erano appresso. Aspettavasi ogni dì sentire qualche grande rotta.

E a dì 6 d'ottobre 1503, venne Valentino in Roma, ammalato in cataletto, col resto di sua giente.

E in questo tempo valeva el grano soldi 36 lo staio, e 'l vino valeva di fuori soldi 15 el barile.

E a dì 15 d'ottobre 1503, ci fu come gli Orsini avevano voluto ammazzare Valentino in Roma; e che presono uno Raffaellino de' Pazzi, ch'era con lui, fiorentino, ch' era a cavallo armato, e legatolo in sul cavallo, lo gittorono nel Tevere. Valentino fu avisato e messo in Castello Sant'Agnolo. E dicevasi che tutti e romani Orsini erano dagli Spagniuoli, e che 'l Marchese di Mantova s'era tornato indietro in Roma; e come e Franciosi si morivano di fame, e chi si fuggiva di qua e chi di là: el canpo loro indeboliva, e gli Spagniuoli pigliavano animo assai. Pensa dove si trovavano e Franciosi!

E a dì 20 d'ottobre 1503, ci fu come Papa Pio era morto, o morì ieri a dì 19 a ore 18; e in detto dì si sonò le campane. Visse manco d'un mese.

E a dì 24 d'ottobre 1503, andò Antonio mio figliuolo a Studio a Bologna per farsi dottore in medicina.

E a dì 30 d'ottobre 1503, entrorono e Cardinali in conclavi per fare el Papa.

E a dì 2 di novenbre 1503, ci fu come 'l Papa era fatto, e fu San Piero in Vincola gienovese. Fu qui le nuove a ore 18, e sonossi le campane all'ave mania; e fu fatto ieri a ore 3, e chiamossi Papa Giulio II. Fecesi gran festa.

E a dì 14 di novenbre 1503, ci fu come e Viniziani avevano preso tutta Val di Lamona, e come gli avevano una rôcca di Faenza.

E a dì 17 di novenbre 1503, ci fu come e Franciosi s'erano appiccati cogli Spagniuoli, e come v'era morta molta giente, ma più de' Franciosi.

E a dì 21 di novenbre 1503, ci fu come e Viniziani avevano avuto Faenza, e feciono loro questi patti: esenti 10 anni la città, e 20 anni el contado.

E a dì 28 di novenbre 1503, ci fu come Valentino era stato preso ad Ostia e mózzogli la testa; e dicevasi che voleva dare la Romagna a' Viniziani, e passare di qua colla sua giente, perchè si vedeva spacciato, sanza aiuto, e nimico d'ogniuno. Non fu vero che fussi morto.

E a dì 29 di novenbre 1503, ci fu come don Michele, conduttore delle gienti di Valentino, era stato preso qua in verso Città di Castello e 'l Borgo, e svaligiato tutta sua giente d'arme.

E a dì 5 di dicenbre 1503, venne don Michele preso in Firenze. Vedi se Valentino rovinava affatto! e se gli era pagato del lume e de' dadi delle sue crudeltà.

E più c'era ch' e Viniziani avevano preso Imola, e così gli toglievano ogni cosa di Romagna. Halla goduta manco del conte Girolamo. Queste povere città della Chiesa, di Romagna, ogni dì ànno queste rivoluzioni, e non si possono riposare.

E a dì 9 di dicenbre 1503, venne in Firenze el Marchese di Mantova, che veniva del Reame: aveva lasciati e Franciosi, perchè vedeva gran pericolo nella fame e aspra guerra; e andossene a Mantova l'altro dì. Dicevano ch'avevano fatto tregua el Re e gli Spagniuoli.

E a dì 18 di dicenbre 1503, venne in Firenze el Cardinale di Roano, con un suo nipote fatto cavaliere di

nuovo: alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni; e quali se n'andavano in Francia: e più si tornava a Ferrara el Cardinale di Ferrara.

E a dì 28 di dicenbre 1503, si partirono di qui e nostri Ambasciadori ch' andavano a Roma al Papa nuovo, che furono, el Vescovo de' Pazzi, el Maggiore dell'Altopascio, e Matteo Strozzi, e Tommaso Soderini, uno de'Girolami, e messer Antonio Malegonnelle.

E a dì detto, ci fu come a Roma avevano isquartati due uomini ch' erano stati avelenare quel Cardinale. E così s' era fuggito dua Cardinali, che fu uno quel mandatario che venne qui ammazzare quei tre Frati e ardergli. E così Valentino era stato collato a Roma. E qui si teneva ancora don Michele.

E a dì 5 di giennaio 1503, ci fu come e Franciosi erano stati rotti e morti gran quantità, e perduto Gaieta, che l'ebbono per forza.

E in detto dì, affogò Piero di Lorenzo de' Medici con molti baroni franciosi, nel fuggire di Gaieta, ch'era in Gaieta; e capitorono male tutti e Franciosi.

E a dì 7 di giennaio 1503, venne in Firenze 50 cavagli mandati dal Papa per menarne don Michele: e alli 9 ne lo menorono, el detto don Michele, a Roma. E più si disse ch' era preso quel Cardinale, che si chiamava Niccoletto, el quale venne qui innanzi fussi cardinale, mandato da Papa Alessandro a giustiziare quei tre Frati di San Marco, dell'Ordine di San Domenico, che fu fra Girolamo da Ferrara, e frate Domenico da Pescia, e uno altro fra Salvestro; e fecegli ardere. E dissesi che per avere fatto tal benefizio al Papa diventò cardinale; e forse non fu vero.

E a dì 10 di giennaio 1503, ci fu come e Pisani presono una brigata di fanti, di quegli di Livorno, e fuvvi un Borgo Rinaldi fiorentino; e questo fu che gli andorono aizzare tanto gli trassono fuori, e, rinculando, gli missono in mezzo; e furono tutti presi.

E in questi tempi freddi, s'era fuggiti del Reame molti Franciosi, chi aveva potuto, tutti isvaligiati e ignudi: n'era in quel di Roma molte migliaia che

morivano per le fosse di fame e di freddo, che non trovavano chi gli aiutassi, per le loro crudeltà che gli avevano fatto di mettere le città a filo di spada e saccheggiare ogni cosa; e per permissione divina morivano in Roma ne' monti del letame; ignudi entravano nel letame per freddo: e se non fussi che 'l Papa fece fare 300 o 400 saltambarca, e dettene a ognuno uno, e dètte loro danari e misegli in galea che passavano di là in Francia, sarebbono tutti morti. A ogni modo, ci fu come n' era morti più di 500 di freddo: ne' monti del letame ignudi si trovavano morti la mattina. Per Roma entravano nelle case, quando ne trovavano una aperta, e non se ne potevano cavare; davano loro delle mazzate, non ne gli potevano cavare; dicevano: ammazzaci. Non fu mai fatto tale sterminio. E nondimeno el Re non gli mandava aiutare, s'era dimenticato di loro; perchè così fa la giustizia di Dio, perchè vanno per ammazzare altri e rubare; e sono tutti bestemmiatori con tutti e vizi, sanza fede o timore di Iddio.

E a dì 4 di febbraio 1503, ci fu come e Viniziani avevano preso Furlì, e così non v'era contradizione.

E a dì 7 di febbraio 1503, ghiacciò Arno; fu gran freddo. E a dì 12 di febbraio 1503, venne un Cardinale in Firenze, ch'era nipote del Papa, ch'aveva avuto el suo cappello; e alloggiò in casa Guglielmo de' Pazzi.

E a dì primo di marzo 1503, ci fu come la lega del Re di Francia col Re di Napoli era rotta.

E a dì 14 di marzo 1503, andò a giustizia una fanciulla che stava per fante con uno miniatore; la quale ingravidò e fece una fanciulla femmina, e ammazzolla e gittolla giù per un cesso. El votacesso, che fu Bardoccio, trovò questa bambina e portolla agli Otto; e di fatto fu presa detta fanticella: e colui ch'aveva usato con lei si fuggì; e la detta fanciulla andò in su uno carro, e fulle tagliata la testa.

E a dì 31 di marzo 1504, si vinse che le robbe che venivano di quel di Lucca pagassino 20 per cento.

E a dì 21 d'aprile 1504, si consecrò la chiesa di San Francesco da San Miniato, ch' era fornita di tutto.

E a dì 28 d'aprile 1504, ci passò una ambasceria del Re d'Inghilterra ch' andava al Papa.

E a dì 3 di maggio 1504, giunse qui molti cavagli romani, ch' avevano soldati costoro, e facievano molti fanti per a Pisa.

E a dì 11 di maggio 1504, fece la mostra Giampagolo Baglioni con 100 uomini d'arme e molti balestrieri a cavallo: e ghindoli! è bella compagnia ; e andò via a Pisa.

E a dì 14 di maggio 1504, si trasse dell'Opera el gigante di marmo; uscì fuori alle 24 ore, e ruppono el muro sopra la porta tanto che ne potessi uscire. E in questa notte fu gittato certi sassi al gigante per far male; bisognò fare la guardia la notte: e andava molto adagio, così ritto legato che ispenzolava, che non toccava co' piedi; con fortissimi legni, e con grande ingegno; e penò 4 dì a giugnere in Piazza, giunse a dì 18 in su la Piazza a ore 12: aveva più di 40 uomini a farlo andare: aveva sotto 14 legni unti, e quali si mutavano di mano in mano; e penossi insino a dì 8 di giugno 1504 a posarlo in su la ringhiera, dov'era la Giuditta, la quale s'ebbe a levare e porre in Palagio in terra. El detto gigante aveva fatto Michelagnolo Buonarroti.

E a dì 23 di maggio 1504, venne in Firenze una influenza d'una tossa con freddo, che, de' cento, e novanta dentro e di fuori tossivano ed avàno la febbre: pochi ne morì: bastò più mesi. Non si trovava medicina che la guarissi, se non col tempo.

E a dì 30 di maggio 1504, ci fu come noi avemo Librafratta a patti, salvo l'avere e le persone; e Pisani

che v'erano drento rimasono nostri prigioni, con patto di scambiare quegli avevano in Pisa de' nostri.

E a dì primo di giugno 1504, si pose a la colonna di Mercato Vecchio un ferro da mettere in gogna e tristi, che non v'era più stato.

E a dì 16 di giugno 1504, fu finito questo palagio degli Strozzi, questa mezza parte; e menovvi moglie dentro Lorenzo di Filippo Strozzi, e fece molte belle nozze e begli apparati.

E a dì 29 di giugno 1504, ci fu come e nostri di Pisa avevano fatto una preda a' Pisani, e presi 35 cavagli ch'erano usciti di Pisa, e fu preso loro uomini di capo, che fu el Berzighella; e ferito Rinieri della Sassetta e altri.

E a dì primo di luglio 1504, e nostri di Pisa feciono una grande preda in quello di Lucca, e morti molti uomini lucchesi; e tolsono loro una preda di vettovaglia che portavano a' Pisani; e corsono a' magazzini de' Lucchesi a Viareggio, e ruborono e arsono tutti, e feciono una preda di 25 migliaia di fiorini.

E a dì 3 di luglio 1504, venne in Firenze 5 prigioni de' pisani; e ve ne fu uno che si chiamava el Berzighella che dette avviso come stavano e Pisani.

E a dì 3 di luglio 1504, giunse a Livorno 3 galee, che venivano di Francia in nostro benefizio.

E a dì 7 di luglio 1504, venne in Firenze el Duca di Ferrara e alloggiò in casa sua. Veniva alla Nunziata, e non volle presenti; e a dì 8 detto se n'andò.

E a dì 19 di luglio 1504, ci fu come le nostre galee di Livorno avevano combattuto co' navili gienovesi che portavano grano in Pisa, e ruppongli in modo che non vi andorono, eccetto ch' un brigantino che portò biscotto ch' era fracido. E poverini stavano male, perchè valeva qui el grano soldi 48 lo staio; loro l' avevano a lire 4.

E a dì 28 di luglio 1504, ci fu come e Pisani mandavano a pascere loro bestiame un poco di fuori, e come e nostri lo tolsono loro. Stavano male; e nondimeno più ostinati che mai; e non potevano uscire di fuori a fare nulla, nè poterono ricorre e loro grani.

E a dì 29 di luglio 1504, ci fu una cosa da non la scrivere, pure si diceva espressamente molti dì, tanto e da molti, ch' i' la dirò; e quest'è, che gli era veduto da molti apparire in su 'n un prato presso a Bolognia molta giente d'arme; e mandando messer Giovanni a sapere queto che volevano, uno andò a loro e lasciò gli altri. Fu veduto, come giunse, tagliarlo a pezzi; e poco stante colui tornare, e dire non avere veduto nuda E chi vedeva, vedevano d'un bosco uscire prima un trombetto e poi la fanteria, e poi la giente d'arme; e giunti in sul

prato s'azzuffavano e morivavi molta giente: di poi tornavano nel bosco; di poi uscire di quel bosco molte carrette e ricoglievano e morti e portavangli al bosco. Questo vedeva molta giente discosto una occhiata; e come andavano presso, non vedevano nulla: e questo fu veduto più volte. Si disse che significava grande uccisione di coltello.

E a dì 22 d'agosto 1504, si mise mano a volgere Arno a Livorno, poi si lasciò stare.

E a dì 8 di settenbre 1504, fu fornito el gigante in Piazza, e scoperto di tutto.

E a dì 28 di settenbre, valse el grano lire 3 lo staio.

E a dì 19 d'ottobre 1504, andava una bella sementa; tornò el grano a soldi 50.

E a dì 21 d'ottobre 1504, ci fu come costoro levavano la giente da Pisa, e Pisani attendevano a' ripari.

E a dì primo di novenbre 1504, venne a Bibbiena un tremuoto sì grande che fece rovinare più case, e morivvi due uomini e molti ne guastò; e disse, alcuni che vi si trovorono, che in sul mercato che si rompevano l'uova e le stoviglie.

E a dì 12 d'ottobre 1505, ci fu come quegli di Barga dettono una rotta a' Pisani, e presono di loro molti cavagli e molti uomini pisani.

E a dì 20 di novenbre 1505, si pose una Santa Caterina con una ruota in capo in su la porta ch'è a mezzo la scala nel palagio del Podestà, che va su nel palagio, partendosi della corte; in memoria dell'ordine avevano

di tenere 4 dottori a giudicare e casi del palagio del Podestà, che si chiamavano la Ruota: e in questo dì si cominciò un tale ordine.

E a dì 20 di dicenbre 1505, dètti a Simone del Pollaiuolo un ricordo e un disegno, perchè egli era architettore, e parvemi che lui fussi atto a conducere questa mia invenzione; e questo fu, che in quello luogo dov'è San Giovanni Evangelista in Firenze, si dovessi fare un bello tempio e una bella cupola a onore di San Giovanni Vangiolista, e per gloria di Dio e della nostra città, dandogli questo disegno, che levando tutte le case e botteghe, quanto tiene la Piazza di San Lorenzo, ch'è un quadro di circa 100 braccia per ogni verso, si farebbe un bello tempio che arebbe queste condizioni: dirimpetto a San Lorenzo e in su la strada, e che noi avessimo un avvocato in paradiso con San Giovanni Batista che fu el diletto di Cristo e suo fratello, secondo la carne, che in vita eterna non è manco. E così gli detti ad intendere tutta mia fantasia, onde gli piacque assai e dissemi più volte non aver mai avuto più bella invenzione; e disse come credeva di poterla mettere innanzi a chi potessi: gli pareva mille anni.

E a dì 9 di giennaio 1505, cadde una colonna di sul campanile di Santa Maria del Fiore da una finestra delle più basse di verso la cupola, e presso non dette a uno cittadino; dissono avergli tocco e panni.

E a dì 14 di giennaio 1505, ghiacciò Arno in modo che vi si fece su alla palla, e giovani.

E a dì 24 detto, andò a giustizia un giovane, e fu inpiccato; e medici e scolari dello Studio, che c' era molto copioso di dottori e valentuomini, lo chiesano agli

Otto per fare una notomia, e fu conceduto loro; e fecionla in Santa + in certe loro stanze, e durò insino a dì primo di febbraio 1505, ogni dì due volte. Vi furono e medici e fuvvi anche il mio maestro Antonio, ogni dì, a vedere.

E a dì 24 di giennaio 1505, si scoprì la gravezza.

E a dì 15 di febbraio 1505, fece la mostra in Piazza 400 fanti e quali aveva ordinati el Gonfaloniere, di nostri contadini, e dava loro a ogniuno un farsetto bianco, un paio di calze alla divisa, bianche e rosse, e una berretta bianca, e le scarpette e un petto di ferro e le lance, e a chi scoppietti; e questi si chiamorono battaglioni; e dava loro un conestabole che gli guidassi e insegnassi adoperare l'arme. E questi erano soldati e stavansi a casa loro obrigati, quando bisognassi che sieno mossi; e a questo modo ordinava di farne molte migliaia per tutto el contado in modo che non bisognassi avere de' forestieri. E così fu tenuto la più bella cosa che si ordinassi mai per la città di Firenze.

E in questo tempo si fece e muricciuoli intorno alla piazza di Mercato Vecchio; benchè non piacessi a molti. Tornò el grano a soldi 28 lo staio.

E a dì 17 di marzo 1505, gli Otto dettono bando della testa a uno ch' aveva fatto questa sceleranza, e furono più, se non compariva, e quali ebbono animo a

minacciare un padre se non dava loro el figliuolo. Non altrimenti feciono e giovani di Soddoma a Lotto, che chiedevano gli angeli a Lotto. E anche a questo meriterebbono quel medesimo che seguitò loro. Mal volentieri n'ò fatto ricordo, perch' è 'l vizio innominabile. Dio mi perdoni.!

E a dì 18 di marzo 1505, si bandì el perdono di Santa Maria del Fiore, raffermato da papa Giulio Secondo, come fu di prima, 1481, di colpa e pena.

E a dì primo d'aprile 1506, tolsono al soldo don Michele, che fu condottiere di Valentino, e fu qui in prigione.

E a dì 10 d'aprile 1506, fu el giubileo a' Servi, alla Nunziata: e cominciò a dì detto, el Venerdì Santo, a vespro, insino a vespro del Sabato Santo.

E a dì 11 detto, cominciò el giubileo anche a Santa +, el Sabato Santo, e dura tre dì, insino a lunedì al tramontare del sole; pure da papa Giulio.

E a dì 19 d' aprile 1506, fece la mostra don Michele con 100 fanti e 50 cavagli, di balestrieri e stradiotti.

E a dì primo di maggio, lo mandorono in Casentino e arse case; e più lo mandorono a Dicomano per certe brighe, e arse le case e rovinò a que' dalla Nave.

E a dì 2 di maggio 1506, valse el grano soldi 20.

E a dì 18 di maggio 1506, fece la mostra qui Luzio Savelli con 50 uomini d'arme e altri cavagli leggieri per andare a Pisa a dare el guasto.

E a dì 4 di giugno 1506, feciono la mostra e fanti da Dicomano e dal Ponte a Sieve, che furono 800.

E a dì 4 di detto, andorono e fanti da Dicomano a Pisa.

E in questo dì, mi venne al luogo mio a Vegna una saetta appresso alla casa, e passò in su una quercia molto grande, la quale non se n'avide persona, nè gli fece graffio veruno; non si vide. E in fra pochi dì si cominciò a vedere le cime di sopra, ch'era piena di ghiande, a diventare passe, e ogni dì si vedeva seccare più giù, in modo che in manco d'un mese si seccò insino nelle barbe, che mai più non à rimesso dal piede.

E a dì 10 di maggio 1506, fu finito di porre la Giuditta in sulla Loggia do' Signori, sotto el primo arco verso Vacchereccia.

E a dì 22 di giugno, si stracciorono le tende di San Giovanni e rovinorono un tetto in su quel canto de' Cialdonai, per grandi venti.

E a dì 24 di giugno, il dì di San Giovanni, si ruppe una ruota al carro del palio di San Giovanni, quando andava alle mosse; e la mattina, quando andò a offerire el palio in su la piazza, cadde la crocellina di mano a San Giovanni che sta in su la stanga del palio. Parve a molti cattivo segnio.

E in questi dì fu novità in Gienova, al popolo ne mandò e ammazzorono molti de' grandi, e molti se ne fuggì.

E a dì primo d'agosto 1506, valse el grano soldi 17 lo staio.

E a dì 5 d'agosto 1506, ci fu come e Pisani furono rotti e presi di loro assai, e ben 40 cavagli; o vennono in Firenze molti prigioni pisani.

E a dì 4 di settenbre 1506, ci fu como el Papa era giunto a Perugia con molti cardinali e giente d'arme; e mandò qui un suo mandatario a chiedere.

E a dì 6 di settenbre 1506, si partì di qui el Cardinale di Roana ch' andava al Papa e veniva di Francia; alloggiò in casa Giovanni Tornabuoni.

E a dì 8 di settenbre 1506, s'ammazzò uno da sè, che si tagliò el capo, perchè aveva perduto 18 ducati.

E a dì 11 di settenbre 1506, si partì di qui nostri ambasciadori e andorono a Piombino a vicitare el Re di Napoli ch' andava a pigliare el regno.

E a dì detto, si riammattonò la chiesa della Nunziata de' Servi, e misono le sepolture da lato per ordine, e nel mezzo alzorono un poco, con certi compassi triangolati missono per mezzo della chiesa.

E in questi tenpi si faceva el cornicione intorno al tetto della chiesa di Santa Maria del Fiore dal lato del campanile, alto alla gronda del tetto.

E a dì 20 di settenbre 1506, ci fu come el Papa era giunto a Urbino, e 'l Re di Napoli era giunto a Napoli.

E a dì 24 di settenbre, si vinse in Palagio che le gabelle di Dogana e de' Contratti pagassi più.

E a dì primo d'ottobre 1506, ci fu come el Papa era giunto a Cesena, e come gli aveva bandito la guerra contro a' Viniziani.

E a dì 29 d'ottobre 1506, ci fu come messer Giovanni Bentivogli fu cacciato da Bologna e andossene a Mantova, e fu preso da' Franciosi, sotto la fede del salvoeondotto; si disse.

E a dì 3 di novenbre 1506, ci fu come el Papa era entrato in Bologna d'accordo. Non fu vero.

E a dì 4 di novenbre 1506, venne una saetta in sul monasterio di Santa Caterina e ammazzò una monaca, e due altre stettono per morire; e così uno cittadino che era alla porta sbalordì, cioè alla grata; e poi ne morì una altra di quelle monache, che fu una figliuola di Niccolò Michelozzi; e l'altra fu figliuola di Bartolommeo Ricciardi, le quali erano all'orazioni.

E a dì 11 di novenbre 1506, venne un tremuoto in Firenze allo 9 ore. Non fu molto grande.

E a dì detto, el dì di San Martino, entrò el Papa in Bologna d'accordo.

E a dì 12 di novenbre 1506, venne 2 altri tremuoti alle 9 o 10 ore.

E a dì 13 di novenbre 1506, cioè la sera circa a 24 ore, qui a San Michele Berteldi, una figura di Nostra Donna, ch'è sopra uno uscio, si cominciò a dire ch' ella aveva fatto miracoli e serrato gli occhi, ch' era dirimpetto all'uscio della stufa. Parve ch'ella dicessi non volere vedere le disonestà che e' vi si fa, in modo che non fu l'altro dì che vi si accese tante candele e venne in gran reverenza per modo che vi si fece un muro e come una chiesa; e se non fussi che 'l luogo di quella stufa è disonesto alle donne andarvi, sarebbe andato più donne; e nondimeno vi venne molte immagini di cera e dimolte vota.

E a dì 27 di novenbre 1506, fu inpiccato qui due pisani alle finestre del Bargello, che v'era un certo capo di Pisa degli Orlandi, ch'erano stati qui prigioni più mesi; e perchè a Pisa presono un nostro caporale volterrano e fu tagliato a pezzi in Pisa e stracinato per la città, e per questo si messono qui a inpiccare questi due.

E a dì 31 di dicenbre 1506, ci fu come gli usciti di Gienova erano entrati dentro e morto molta giente popolani; a questo modo va el mondo.

E a dì primo di giennaio 1506, uscirono fuori e quattrini neri che gli avevano battuto di nuovo, e feciono che non si potessi spendere niuna moneta forestiera eccetto ch' arienti di peso.

E a dì 15 di febbraio 1506, el dì di carnasciale, alla Piazza di Madonna, rizzando uno stile per cappannuccio, cadde e ammazzò di fatto due garzonetti.

E a dì 17 di febbraio 1506, venne in Firenze cinque pisani che furono presi in mare in su uno brigantino a Livorno, de' principali di Pisa.

E a dì 22 di febbraio 1506, venne in Firenze el Cardinale de' Soderini che veniva da Bologna dalla Corte. E in questi dì si partì el Papa da Bologna e andò per la Romagna a vicitare l'altre terre della Chiesa.

E a dì 25 di febbraio 1506, venne in Firenze el Cardinale di San Giorgio, che veniva da Bologna; alloggiò

in Cestello. E l'altro dì venne due altri Cardinali che venivano da Bologna, che fu Santa Pressedia e Sanmalò.

E a dì primo di marzo 1506, si mostrò e scoperse la Nunziata de' Servi a questi 4 Cardinali, la sera alle 24 ore, con grande divozione e grida misericordia, perchè vi [era] piena la chiesa, ancora che si facessi molto secretamente, che se si sapessi per la terra, sarebbe cosa da affogarvi el popolo.

E a dì 22 di marzo 1506, venne in Firenze 2 prigioni pisani, e avevano preso dimolti altri prigioni e bestiame assai, e ogni dì ne pigliavano.

E a dì 29 d'aprile 1507, ci fu come el Re di Francia aveva preso Gienova per forza, con aiuto degli usciti di Gienova.

E in questi dì el Papa si partì da Viterbo e andò a Roma.

E a dì 29 d'aprile 1507, ci fu come e Pisani avevano avuto da' nostri una scorreria e preso molto bestiame, in modo ch' e poveretti stavano male.

E in detto dì, ci fu come el Re di Francia si partiva da Gienova e andava a Milano, e come pose a' Gienovesi 300 migliaia di fiorini di taglia e che dovessino fare un muro dal Castelletto alla marina, e alla marina una fortezza; e che lui vi avessi a mandare uno governatore pagato da loro, e pagare 200 provigionati continuamente, e come lasciava loro 100 mila ducati e non ne voleva se non 200 migliaia.

E a dì 18 di maggio 1507, ci passò uno Cardinale

che portava 3 cappegli al Re di Francia a Milano per dargli a' sua amici.

E a dì 23 di maggio 1507, entrò el Re di Francia in Milano e fece fare giostre e feste, e andogli incontro mille giovani armati di tutte arme, eccetto che gli elmetti in testa, co' cavagli grossi.

E in questo dì si cominciò a mattonare la Piazza de' Signori, cioè a rammattonare.

E in questo dì ci furono e capitoli dell'accordo de' Pisani, se sarà da dovero.

E a dì 15 di luglio 1507, andò el Re di Francia a Savona e quivi s' accozzorono insieme col Re di Napoli e intesonsi insieme; e dicevasi che lo 'mperadore passava di qua, e come e Viniziani facevano giente, e che gli avevano gran sospetto.

E a dì 15 di luglio 1507, ci fu come l'Imperadore aveva fatto una dieta e consiglio di molti Signori, e come

s'era fermo che per niente si mancassi che e' non venissi per la corona; e che quei Signori facevan 160 migliaia di combattenti e 22 migliaia di cavagli, e ch' e Viniziani e 'l Papa s' intendevano con lui, e ch' e Viniziani facevano molta giente.

E a dì 25 di luglio 1507, non si potè correre el palio delle navi perchè non era quasi punto d'acqua in Arno. Era stato parecchi mesi sanza piovere, non si poteva macinare; e ricolsesi poche biade, e per il contado erano mancate molte fonte vive.

E a dì 2 d'agosto 1507, come piacque a Dio mio, arse la casa mia dove abitavo, appresso alla bottega, che vi è in mezzo una casa, e perdetti tutte le mie camere, che v'avevo dentro ogni mia cose, che perdetti più di 250 ducati d'oro. Ebbi a rifare tutte le mie masserizie di panni e di legniame, 3 camere fornite di tutto, che toccò a perdere, solo a maestro Antonio mio, più di 50 o 60 ducati; un mantello rosato, una cioppa pagonazza, nuovi, e tutti sua altri panni e farsetti di seta, e tutto el suo studio di tutti sua libri che valevano più di 25 ducati. E io con tre altri mia figliuoli rimanemmo in camicia; e più forte, chè Batista uscì del letto ignudo come nacque, perchè s'appiccò el fuoco nel letto dov'egli era a dormire, e andò fuori per la vicinanza a farsi dare una camicia. Non iscampai nulla senone quello ch' avevano le donne in villa e maestro Antonio ch' era con loro, e non si trovorono a vedere sì fatto dolore circa la nostra sensualità. Ma perchè io accetto l'avversità come la prosperità, e così dico gran mercè dell' una come dell'altra al

Signiore; pertanto io prego che mi perdoni e miei peccati e mandimi tutte quelle cose che sono per sua gloria. Sia sempre laudato Iddio da tutte le creature; e con questa medicina ognuno può curare ogni infermità e pene; si può imparare dal santo Giobbe che disse: quel medesimo Signiore che me le diè, quel medesimo me l'à tolte: sia laudato Iddio.

E a dì 18 d'agosto 1507, venne in Firenze el Cardinale di Santa +, ch'era legato e andava ambasciadore all'Imperatore: fugli fatto onore assai.

E a dì 24 d'agosto 1507, venne presi in Firenze 20 pisani e mettevangli nelle Stinche, e chi mandavano a lavorare al Poggio Inperiale.

E a dì 28 d'agosto 1507, ne venne presi altri 40 pisani e mandavangli legati insino al Poggio a lavorare.

E a dì 13 d'ottobre 1507, cadde la saetta in su la Porta al Prato e cavò una pietra dell'arco della porta,

che v'era scolpito dentro la croce, e appiccò el fuoco nella porta, e fu poi spento.

E a dì 14 d'ottobre, cadde una casetta appresso a Santa Trinita, e ammaccò tre persone, che ve ne fu uno legnaiuolo, figliuolo del Cortopasso, che vi faceva bottega.

E a dì primo di novenbre 1507, fu fornito el cornicione di marmo al tetto di Santa Maria del Fiore, verso el campanile, ch'e lungo el tetto.

E a dì 20 di febbraio 1507, ci fu come lo 'mperadore aveva preso una terra de' Viniziani e messola a sacco e a filo di spada, e ogni male.

E a dì 31 di marzo 1508, ci fu lettere alla Signioria come, nelle montagne di Lucca e di Pistoia, s'era veduto la sera fuochi, e che pareva che di quei fuochi uscissi cavagli e giente d'arme. Non ci do fede a queste cose.

E a dì primo d'aprile 1508, si bandì qui un giubileo molto grande, che s'aveva a cominciare a dì 9.

E a dì 2 d'aprile 1508, c'era molti predicatori, che la maggior parte gridorno grande tribulazione, e la novazione della Chiesa, e molto si parlava dello 'mperadore.

E a dì 7 d'aprile 1508, ci fu come e Viniziani erano stati rotti dallo 'mperadore, e morto 50 uomini d'arme e 300 della fanteria.

E a dì 9 detto, ci mandò el Papa un giubileo di colpa e pena, e cominciò detto dì. E fecesi uno altare in Piazza de' Signiori a piè delle scalee della Loggia, e uno in Santa Maria del Fiore, dove s'aveva a offerire e all'uno e all'altro; e fecesi una processione grande a vicitare detti altari. E fu di tanta autorità che conteneva ogni caso e di ristituzione e di chiese, chi l'avessi per simonia; e ancora, chi offeriva per e morti, valeva in forma di suffragio.

E a dì 22 d'aprile, passorono qui un condottiere di que' della Colonna con giente d'arme, e andò a Pisa.

E a dì 5 di maggio 1508, si cominciò a mandare giù fanti di quegli del battaglione per dare el guasto.

E a dì 4 di giugno 1508, ci venne un Cardinale legato ch' andava a Bologna.

E in questi dì fu disposto el Podestà di Firenze, e toltogli l'uficio, per certe cattività che gli aveva fatto.

E a dì 5 di giugno 1508, quello Cardinale legato fece scoprire la Nunziata de' Servi; e fucci tanta giente che per la calca vi tramortì giente, e una donna partorì in San Bastiano, cavata della calca con grande difficultà.

E a dì 11 di giugno 1508, s'appiccò el fuoco nel Palagio de' Signiori, e fu la notte dello Spirito Santo. Fè danno; morivvi una guardia di fuoco.

E a dì 12 di giugno 1508, ci fu come e battaglioni si tornavano indietro, ch' avevano dato el guasto.

E a dì primo di luglio 1508, ci fu come a Bologna era stata novità, perchè quello Cardinale legato fece morire parecchi uomini.

E a dì 6 di luglio 1508, ci fu come el nostro Arcivescovo, ch' era a Roma, aveva rinunziato el vescovado di Firenze e datolo al Vescovo de' Pazzi, el quale rinunziò anche lui el Vescovado d'Arezzo e dettelo; e fecesi festa assai.

E a dì 13 di luglio 1508, ci fu come in Candia era venuti grandi tremuoti ch' avevano rovinato molte case; e, non so che luogo, profondato e fatto uno lago grande.

E in questi dì si cominciò e fondamenti della Nunziata da' Ricci, che si dice Santa Maria Alberighi, quella che si cominciò da quello che gli gittò nel viso bruttura e fu inpiccato.

E a dì 22 d'agosto 1508, si cominciò a ronpere el

muro del Palagio de' Signori, per fare la porta ch'andava nella sala grande per la Dogana.

E a dì 24 d'agosto 1508, la notte che seguita dopo San Bartolommeo, venne Arno grosso in modo che gli affogò molte persone quaggiù a Brozzi, e a S. Donnino circa quattro uomini e muli; e in fra l'altre cose menò via un tesoro di lino e legname, perchè venne che qui non c'era piovuto, e accozzossi la Sieve e Arno, e venne qui inprovviso.

E in questi dì, si gittò dalle finestre una fanciulla in pruova, e morì di fatto.

E a dì 27 di settenbre 1508, entrò in Firenze e in possessione l'Arcivescovo di Firenze fatto di nuovo, che fu figliuolo di Guglielmo de' Pazzi ed era vescovo d'Arezzo, prima. Fecesegli un grande onore e, per una preminenza, fu mandato una sella a Alfonso Strozzi, colle tronbe innanzi.

E in questi dì si murava una cappella in Santa Maria Novella, allato alla cappella maggiore, dal lato manco, cioè si faceva più bella di marmi e d' altre cose.

E a dì 12 di novenbre 1508, ci fu come e nostri di Pisa avevano andato a' danni de' Lucchesi e predato Viareggio e arsono ciò che vi restò; che fu un bottino di diecimila fiorini, perchè è el porto di Lucca. E poi scorsono insino presso a Lucca, in modo che 'l popolo di

Lucca uscì fuori; e furono rotti e morti circa 40 uomini di loro con grandissimo loro danno. E questo e poveretti si sono andati cercando el male, senpre tenendo la parte piana e aiutatogli; dovevano pensare che Marzocco era atto a fare loro male: pigliavano la fallace.

E a dì 8 di dicenbre 1508, si disse d'uno acquisto ch' avea fatto el Re di Portogallo d' un' isola che gli aveva trovata di là da l'Equinozio 34 gradi, dirinpetto Alessandria.

E a dì 14 di dicenbre 1508, ci passò el Cardinale di Santa Croce legato, che tornava dall'Inperatore a fare l'accordo; e qui si disse che l'Inperadore e 'l Re di Francia e 'l Re di Spagna e 'l Papa e ' Fiorentini e tutti gli aderenti avevano fatto lega e accordo.

E 'l detto Cardinale volle dire messa lui proprio in Santa Maria del Fiore questa mattina della Pasqua, e dètte l'indulgenza a tutti quegli ch' udirono la sua messa in detta chiesa. Fuvvi un grande popolo.

E a dì 6 di giennaio 1508, disse la messa in Santa Maria del Fiore l'Arcivescovo nostro, e dètte la 'ndulgenzia plenaria per tutto el detto dì dal levare di sole insino al coricare, con una autorità a lui concessa.

E a dì 20 di giennaio 1508, si bandì la lega tra noi e ' Lucchesi per anni ..., che non dovessino porgere aiuto a' Pisani nè in palese nè in segreto.

E a dì 20 di febraio 1508, ci fu come e Pisani avevano presi circa 87 de' nostri scoppiettieri.

E a dì 2 di marzo 1508, si fece due commessari per a Pisa, che fu Alamanno Salviati e Iacopo suo fratello.

E a dì 10 di marzo 1508, andorono e detti ambasciadori a Pisa; e ordinorono qui di mandar giù tutti e battaglioni. E in questi dì missono e piè ne' ceppi a tutti e prigioni che noi avàmo nelle Stincbe, perchè s' intese ch'e Pisani facevano el simile a' nostri.

E a dì 21 di marzo 1508, ci fu come egli era arso l'arzanà de' Viniziani e mortovi uomini, che fu loro cattivo segno, e massime sendo fuori della lega: vedevasi apparecchiare grande ruina sopra loro.

E a dì 5 di aprile 1509, ci fu come e Pisani, e' nostri, avevano presi circa 60 cavagli e morto e presi molti uomini che conducevano grano in Pisa: si disse l'avevano tratto di Lucca segretamente. E in detto dì ci giunsono 54 uomini di quei presi, legati a una fune tutti; e missongli nel palagio del Podestà, e dicevano che n'era morti circa 60. Andorono a mostra che gli potè vedere ogniuno.

E a dì 9 di aprile 1509, ci fu come e' fu un certo Alfonso del Mutolo, che mandò a dire a' nostri Commessari che dava loro una porta a entrare dentro, e quando ebbe dentro un numero d'uomini che volle, lasciò cadere

la saracinesca e rimasono presi molti uomini; e in un tratto dettono fuoco a molte artiglierie, a quelli che rimasono fuori, e ammazzaronne molti.

E a dì 21 d'aprile 1509, ci fu come el Papa aveva posto el canpo a Faenza, e 'l Re di Francia l'aveva posto a Cremona, e 'l Re di Spagna l'aveva posto alle terre de' Viniziani in Puglia, e 'l Gran Maestro di Rodi l'aveva posto in Cipri. O poveri Viniziani, che farete voi? avete el canpo in quattro luoghi! Non credo vi ridiate piè de' Fiorentini quando ànno avuto le loro tribulazioni, e anche pensiate più a sostenere Pisa, come avete fatto insino a qui: bisogna adoperare la pecunia altrove. Non sapevi voi che facevi contro a coscienza di fare contro a chi non fa ingiuria a voi, e anche tòrre le terre al Santo Padre? Vi doveva bastare avere Ravenna tenuta tanto tenpo; ma così conducono e peccati, e chi fa contro a coscienza e non teme Iddio. Siete stati cagione di tutti e mali ch'ànno avuto e Pisani, perchè sarebbono tornati el primo dì a noi se non fussino stati sostenuti dalle vostre persuasioni; e così in Casentino, a Bibbiena, tutto per vostra cagione: e tutta è stata stolta inpresa, che, se non fussi la discordia de' Fiorentini, rimanevi vituperati affatto; benchè ve n'andassi con vergogna a ogni modo.

E a dì 6 di maggio 1509, ci feciono venire la tavola di Madonna di Santa Maria Inpruneta, per essere stato buon tenpo sanza piovere: e l'altro dì piovve, come piacque a Dio, che ci fa grazia senpre pe' prieghi della Vergine benedetta.

E a dì 8 di maggio 1509, la giente del Papa avevano messo a sacco Berzighella, e preso e morto molti prigioni, insino alle donne.

E in questi dì Pisa era molto stretta dallo assedio e stavano molto male; tuttodì si sentiva di loro cose molte ostinate, e, infra l'altre, venne una donna di Pisa con due sue figliuoli, e andò innanzi al Commissario dicendo che si moriva di fame e aveva lasciata sua madre in Pisa che stava male della fame; e 'l Commissario comandò che le fussi dato del pane per sè e per la madre e figliuoli; e tornando col pane in Pisa ne dètte a sua madre che stava già male, e quella vecchia vedendo quel pane bianco disse: Che pane è questo? e la figliuola gli disse che l'aveva avuto di fuori da' Fiorentini; ond' ella gridò e disse: portatelo via el pane de' maladetti Fiorentini, voglio prima morire; e non ne volle. Pensa quanto odio portavano le povere persone a questa città, trovandosi a così dure sorte sanza lor colpa. O quanto gran peccato a ordinare le guerre! Guai a chi la causa. Iddio ci perdoni; benchè questa nostra inpresa è presa lecitamente: pensa che peccato fa chi la piglia inlecitamente!

E a dì 16 di maggio 1509, ci fu come e Viniziani furono rotti dal Re di Francia, insino a dì 14 detto, presso a Carafaggio nel piano dell'Alberello; e morivvi 12 mila uomini, e così si raffermò molte volte di 12 mila. E qui si fece fuochi e festa assai. Viniziani! di quattro canpi n'avete già uno in poco tenpo al disotto.

E a dì 25 di maggio 1509, venne in Firenze otto anbasciadori pisani, e a dì 26 abbono udienza; e a dì 28 ne tornò due a Pisa a fermare e capitoli.

E in questi dì ci fu come el Re di Francia aveva mandato a dire a' Viniziani che s'eleggessino un principe sopra loro, chi e' volevano; e tuttavolta acquistava tutte le terre di Lonbardia. Guarda se la superbia à el pagamento, che gli è mandato a dire che da loro si levino a cavallo!

E insino a questo dì el Papa aveva avuto Ravenna, Faenza e più altre cose di Romagna, che toccano alla Chiesa, sanza difficultà.

E 'l Re di Spagna faceva in Puglia, con l'armata, la parte sua alle terre de' Viniziani.

E a dì 28 di maggio 1509, ci fu come el Turco aveva mandato fuori una grossa armata, e 'l Papa faceva processioni per pigliare partito di fare la crociata

E in questo tenpo e Viniziani erano come balordi e isbigottiti vedendosi avere contro tutte le potenze.

El Marchese di Ferrara era andato a racquistare el Pulesine, e di fatto l'ebbe. E poveri Viniziani non potevano più soccorrere nulla; non restava più nulla loro in terra, rimanevano solo col guscio in capo, presso ch'assettato la pecunia.

E a dì 2 di giugno 1509, e Pisani ratificorono all'accordo alle 14 ore: e come, quasi un miracolo, che alle dette 14 ore, entrò in Palagio una colonba per la porta del Palagio de' Signori, e girò per tutta la corte, e di poi

volò sopra el capo d'una parte de' Dieci, che' erano per l'androne del Palagio; e volendosi appiccare nel muro, cadde giù a' piedi di detti Dieci, in modo che 'l proposto, ch'era Giovacchino Guasconi, la prese in mano e nolla tenne, ma rimasegli delle penne in mano. Fu giudicato un buon segno, e massime che in quell'ora ch'avevano ratificato l'accordo e Pisani, che fu segno che gli era da dovere, e che s'era posto fine a tanto male, e ch'ella sarebbe buona pace: benchè molti dicono sono cose naturali. Nondimeno fu pure gran cosa ch' andassi a' Dieci che facevano l'accordo, e, più forte, in mano al preposto; e non è niuno che n'abbi veduto andare più in quel Palagio, in quel modo. Gli uomini buoni dissono ch' era da Dio; e che sia el vero, permesse Iddio ch'e Viniziani avessino perdute tutte le forze; che come e Pisani viddono così al disotto e Viniziani, di fatto vennono all'accordo, e di qui si può vedere che loro gli tenevano così ostinati e feciongli tanti anni pericolare.

E a dì 6 di giugno 1509, mandorono e Signori la canpana a San Marco, la quale canpana fu tolta a San Marco insino al tenpo che fu preso frate Girolamo; perchè c'era chi poteva, ch' aveva molto in odio San Marco, e volentieri arebbono disfatto quella chiesa per tanto odio ch'avevano conceputo per questo frate Girolamo: onde parve ad alcuni di dover dar bando a questa canpana fuora di Firenze, e mandoronla confinata all'Osservanza; e stette quivi insino al dì d'oggi, e però la rimandorono da loro.

E a dì 7 di giugno 1500, el dì del Corpo di Cristo, s'aspettava l'avuta di Pisa. E venendo un cavallaro, circa a ore 21, e credendo la brigata ch'elle fussino buone, in modo tutte le chiese dove si diceva el Vespro fu una commozione che si lasciò el Vespro e andavasi in piazza; e quegli ch'erano nelle Stinche ronpevano forte, e in modo ruppono che non fu un' ora di notte che si usciron tutti; benchè ne cavassino alquanti prima di buone poste, come fu quel Podestà di Firenze ch' era in prigione nelle Stinche per mancamenti ch' egli aveva fatti; e fu da Fano, e fu molto vituperato da non tornare mai più a casa sua: era vizioso, secondo che si disse.

E a dì 8 di giugno 1509, in venerdì, circa a ore 18, giunse el cavallaro con l'ulivo dell'avuta di Pisa; e fecesi gran festa e serrossi le botteghe, e fecesi molti fuochi e panegli a tutte le torri e Palazzo.

E a dì detto ci venne l'anbasciadore dello Inperadore, e a dì 10 gli fu dato udienza, e chiedeva 100 mila fiorini; e più tosto si disse che veniva per inpedire che noi non avessimo Pisa, come quegli ch' erano ricorsi là, vedendo e Viniziani che non gli potevano aiutare. Come piacque a Dio non giunse a tenpo, chè s'era avuta el dì medesimo.

E insino a questo dì 8 di giugno 1509, aveva avuto el Papa quattro città, che fu Faenza, Rimini, Cervia, Ravenna.

E 'l Re di Francia n'aveva avute, insino a questo dì 8 di giugno 1509, circa nove, che fu Crissale, Trevigi, Carafaggio, Cremona, Crema, Brescia, Bergamo, Peschiera, Estri.

E l'Imperadore n' aveva avute otto insino a detto dì 9 di giugno 1509, che fu Gorizia, Triesti, Fiume, Piacenza, Verona, Udine, Civitale, Padova.

E 'l Re di Spagna in Puglia n' aveva avute sette, insino a questo dì 8 di giugno 1509, che fu Otranto, Cuttone, Brandizio, Trani, Napoli, Fulignano, Nola.

E 'l Marchese di Ferrara n'aveva avute tre, insino a questo dì 8 di giugno 1509, che fu Rovico, el Pulesine, la Saliera.

Vedi dove si truovano e Viniziani! avere perduto tutte queste terre erano loro. Doveva cadere loro un poco di superbia.

E a dì 20 di giugno 1509, ci fu come l'Inperatore aveva venduto tutte le terre ch' egli aveva acquistate in Lonbardia a' Viniziani, e loro davano a lui 500 mila fiorini e ogni anno 50 mila fiorini, per 20 anni. Così s'è detto; se sarà vero, bisognerà loro la cava dell'oro. Fanno le faccende co' danari.

E a dì 4 di Luglio 1509, io Luca dètti una mia invenzione a Giovanni piffero di Palagio, la quale dètti, piu tenpo fa, a Simone del Pollaiuolo, che poi si morì, e al presente l'ho data al detto Giovanni perchè la metta innanzi a chi la potrà mettere in opera, se piacerà a Dio.

E questo è un disegno di fare un tenpio a San Giovanni Vangiolista, in quel luogo dove egli è, dirinpetto a San Lorenzo; cioè pigliare un quadro quanto tiene la piazza di Santo Lorenzo, ch'è circa cento braccia per ogni verso, come per una scritta l'ò avisato.

E a dì 22 di luglio 1509, ci fu come Padova si levò in arme, chi voleva Vinegia e chi l'Inperadore, in modo ch'e Viniziani entrorono dentro e corsonla per loro e morivvi giente assai; e anche feciono morire di quegli partigiani dell'imperio, da' Viniziani, e dissesi che facevano un canpo di quarantamila persone.

E a dì 18 d'agosto 1509, ci fu come e Mori di Barberia avevano ripreso la città d' Orano, la quale s'acquistò quando el Re di Spagna prese Granata.

E a dì 24 d'agosto 1509, l'Inperadore s'appressava a Padova col canpo suo e colle giente del Re di Francia.

E a dì 4 di settenbre 1509, ci fu come l'Inperadore si ritirò indietro, perchè non gli parve essere bastante.

E a dì 10 di settenbre 1509, passo di qui 500 spagniuoli ch' andavano a Padova in aiuto dello 'Nperadore, mandati dal Re di Spagna da Napoli. E più si diceva che ne mandava ancora migliaia; e questo fu che fece tirare indietro l'Inperadore per aspettare questa giente. E in questo dì ci passò due Cardinali franciosi, ch' andavano a Roma, che ve n' era uno ch' andava per il cappello.

E a dì 15 di settenbre 1509, ci fu come l'Inperadore aveva dato la battaglia a Padova, ed eravi morto molta giente dell'una parte e dell'altra, e tuttavolta giugneva giente dell'Inperadore; e come el Papa aveva comandato a' Vescovi di Francia e della Magna che venissino all'aiuto dello Inperadore, e chi non veniva gli era tolto e benefizi e rimanevano scomunicati. E più si disse ch'egli

aveva levato el battesimo a' Viniziani. E tuttavolta ci passava molti Spagniuoli ch'andavano all' Inperadore; tanti che furono più di dumila.

E a dì 24 di settenbre 1509, ci fu come 'l canpo dell'Inperadore era molto ingrossato, e come gli avevano tolto el fiume della Brenta a Padova, e come facevano molte scorrerie per tutti quei paesi; in modo che e detti paesi fuggivano in Vinegia colle robe e colle donne e figliuoli.

E a dì 15 d'ottobre 1509, l'Inperadore levò el canpo da Padova e tirossi indietro. Pensa come facevano quei paesi!

E a dì 28 di ottobre 1509, ci fu come in Gostantinopoli era stati tremuoti sì grandi ch'avevano rovinato quattromila case ed eravi morto settemila persone, e fattosi male innumerabile giente; e morivvi de' nostri fiorentini, che fu uno Antonio Miniati nostro fiorentino, e più fiorentini si feciono male. E venne tale tremuoto a dì 10 di settenbre 1509 alle 4 ore; e, per quello medesimo tremuoto, era in Candia e quivi appresso rovinato una città e fatto un lago; come pochi anni fu un' altra volta in quei medesimi paesi circunstanti in Grecia e in Andrinopoli e in più città molti grandi danni e rovine; e delle mura di Gostantinopoli rovinò una buona parte oltre alle case. E 'l Turco si partì di quivi e andossene in Bursia: la qual cosa non fu più sentita, e, secondo la buona giente, era segno a' Cristiani e al Santo Padre di dovere muoversi a conquistare tutto il Levante. Ma il nimico della umana natura aveva ordinato loro e ordito una altra tela in Italia, per e nostri peccati, e perchè non è venuto ancora la plenitudine del tenpo; perchè bisognia prima purgare la malizia de' cattivi cristiani, de' tanti infedeli cristiani bestemmiatori, adulteri, involti nel vizio innominabile, micidiali sanza ignuno timore dello

onnipotente Iddio, che non si curano di guastare le creature sue nè penson mai che si è fatti da lui. O ignoranzia grande, che si truova tanti che non si fanno mai coscienza d'ammazzare l' uomo, di mettere a sacco la roba e le persone de' poveri che si stanno alle loro povertà e non ànno fatto ingiuria loro veruna! ammazzare, rubare, ardere le case, menar via le vergini al postribolo, tagliare le vignie, tagliare tanti mirabili frutti che manda Iddio a l'uomo, e guastare grani e biade e tutto quello che manda Iddio pe' nostri bisogni. O grande miracolo che si truovi tanti di sì perversa natura che par loro andare a offerire! Signore mio io vi priego che voi perdoniate loro perchè e sono nella profonda notte della ignoranzia, non ànno mai pensato che cosa sia le gran maraviglie degli effetti di Dio; perdona a me che n'ò maggiore bisogno che veruno, fatemi misericordia.

E a dì 12 di novenbre 1509, fu finito di porre e conci della porta di Palagio che va in dogana, per andare in su la sala maggiore.

E a dì 15 novenbre 1509, ci fu un certo Spagniuolo el quale montava in panca come ciurmatore, per vendere sue orazioni, e diceva: Acciocchè voi crediate ch'ell'è d'una santa che fa miracoli, e ch'egli è vero quello che io vi dico, venite e menatemi a un forno che sia caldo, e io v'entrerò dentro con questa orazione. E finalmente fu menato a questo forno, da Santa Trinita, col popolo dietro e molti cittadini de' principali; perchè si partì di Mercato nuovo dove egli montò in panca. E giunto al fornaio disse: Datemi un pane crudo; e gittollo nel forno per mostrare ch' egli era caldo, e poi si spogliò in camicia e mandò giù le calze a piè del ginocchio, e così entrò nel forno insino lassù alto, e stettevi un poco, e recò quel pane in mano, e voltolovvisi dentro. E nota che 'l forno era caldo, aveva

cavato el pane allora, e non si fece male veruno. E uscito del forno, si fece dare un torchio e acceselo, e così acceso se lo mise in bocca e tennelo tanto che lo spense; e più molte volte in panca, e in più dì, toglieva una menata di moccoli accesi e tenevavi sù la mano per buono spazio di tenpo, e poi se gli metteva in bocca così accesi, tanto che si spegnevano. E fu veduto fare molte altre cose del fuoco; lavarsi le mani in una padella d'olio che bolliva sopra 'l fuoco, fu veduto molte volte da tutto il popolo. E così vendeva di quelle orazioni quante ne poteva fare; e io dico che, fra tutte le cose che io ò mai vedute, non ò veduto el maggiore miracolo che questo, se miracolo è.

E a dì primo di dicenbre 1509, si cominciò a non pigliare più se non monete fiorentine.

E a dì 20 di dicenbre 1509, ci fu come e Ferraresi avevano dato una gran rotta alle galee de' Viniziani nel Po.

E a dì 24 di febbraio 1509, ci fu come el Papa aveva ribenedetti e Viniziani; e dissesi che non ne fu contento lo 'Nperadore nè 'l Re di Francia nè di Spagna, perchè non si vollono trovare col Papa e loro anbasciadori ch' erano in Roma.

E a dì primo di maggio 1510, ci fu come el Re di Francia aveva preso un castello in Lonbardia, che si

chiama Lignaco, per forza, ed eravi morto circa mille franciosi, e loro missono a sacco el castello e ammazzonvi ogni giente insino a' fanciugli. E più si disse ch'egli era rifuggito giente in su uno monticello molto forte e, non potendolo avere nè salirvi, ch' e Franciosi avevono fatto certa buca in quel monte, e messovi buona quantità di polvere da bonbarda, e poi datogli fuoco, e fattolo rovinare buona parte del monte.

E a dì 11 di giugno 1510, venne una saetta a San Donnino e ammazzò un padre e un figliuolo, e due altri figliuoli ch' egli aveva tramortirono e stettono male.

E in questi dì fu trovato una fanciulla in un pozzo affogata, e non si trovò mai chi la fusse, nè chi la conoscessi, e non si seppe mai chi se l'avessi meno in tutti quei paesi.

E a dì 15 di giugno 1510, si cominciò a murare le case della Via de' Servi, dell'Arte della Lana, cioè quelle che sono fatte dov'era el tiratoio, e disfacevano el tiratoio di mano in mano che facevano le case. E cominciorono la prima di verso e Servi.

E a dì 18 di giugno 1510, si cominciò a votare la volta della Loggia de' Signori, la quale era in volta sotto, e fu fatta quando si murò la Loggia, e non si sapeva; ma volendo fare nella Loggia un pezzo di fondamento per

porvi la Giuletta di bronzo, trovorono v'era la volta; e notificato al Gonfaloniere n' ebbe allegrezza assai, e, come valente uomo, disegnò di fatto farla votare pensando fussi utile a tenere l'artiglierie.

E a dì 19 giugno 1510, e festaiuoli di San Giovanni mandorono un bando che non fussi niuno artefice ch' aprissi botteghe da dì 20 detto insino fatto San Giovanni, a pena di lire 25, sanza loro segno; e chi aveva el segno costava a chi due grossi e chi tre e chi quattro. E feciono grande avanìe a' poveri, perochè 'l bando disse che non s'intendeva pe' lanaiuoli, nè setaiuoli, nè banchi; che fu tenuta una ingiusta e infamatoria cosa e vile a far fare la festa di San Giovanni agli artefici.

E in questo tenpo venne in Firenze e per tutta Italia una influenza di una tossa con la febbre, che l' ebbe la maggior parte del popolo. Bastava la febbre quattro o cinque dì e fu chiamato in Firenze el male del tiro. Perchè feciono la festa di San Giovanni e feciono molte cose; la prima si giostrò in Piazza, cioè feciono fare fatti d'arme a molti uomini d'arme, armati di tutte armi, colle lancie come se fussino in canpo, e uno andò in sul canapo; e per ultimo feciono la caccia di un toro. E fu quel dì caldo grande e poi piovve una grande acqua che si immollò ogniuno ch' era scoperto; che fu fatto grande numero di palchetti, che v' era tutta Firenze e gran numero di forestieri; e per questa cagione dell'essersi molle col grande caldo si chiamava el male del tiro.

E a dì 7 d'agosto 1510, venne due tremuoti alle 6 ore, e alle 7 ne venne uno altro, e l'altra notte ne venne due altri nel medesimo tenpo di notte.

E in questi dì ci fu come nel contado di Bologna venne un sì grande vento che rovinò molte case per il contado. Pensa de'frutti quello potè fare!

E in questo tenpo feciono rifondare e rilastricare sotto el ponte a Rubaconte.

E a dì 24 di settenbre 1510, giunse el Papa a Bologna.

E a dì 26 di settenbre 1510, venne in Firenze due Cardinali, cioè 3 Cardinali ch' andavano a Bologna al Papa. Alloggiorono in Santa Croce.

E a dì 30 di settenbre 1510, ne venne due altri Cardinali per andare a Bologna. Alloggiorono ne' Servi.

E a dì 17 d'ottobre 1510, si partirono di qui e andorono verso Pisa e Lucca per passare in Francia e non andare al Papa, perchè erano franciosi e avevano sospetto del Papa; e per non fare ingiuria al Re.

E in questi dì si diceva che 'l Re di Francia veniva con due canpi a Bologna per assediare el Papa, in modo che si diceva che 'l Papa stava con sospetto. E anche si diceva che verrebbe abitare in Firenze.

E in detti dì venne el Re e scorse insino a Bologna, guidato da' figliuoli di messer Giovanni, che credettono che 'l popolo facessi novità a loro stanza, e non si mosse nulla; per modo che se 'l Papa voleva, ronpeva el Re

appena si ritrasse e scostossi assai indietro: in modo che 'l Papa non à più sospetto e stimasi arà Ferrara presto.

E a dì 2 di novenbre 1510, intervenne questo caso che al ponte a Rubaconte, tralla porticciuola e 'l ponte, facevano rifondare el muro. Perchè v'era acqua assai, forse 12 braccia, facievano venire la ghiaia e calcina per l'acqua in su certi navicegli. Avevano fatto un palco in su detti navicegli, e portavano in sul palchetto a lato al muro con forse 25 uomini; e quando s'accostorono al muro e detti navicegli s'enpierono d'acqua, per il peso grande, e tirorono giù el palco e gli uomini, in modo che n'affogò da 3 o 4 uomini. E così avevano una nave grossa con un palco ch' andò bene sanza pericolo; e io ne vidi ripescare.

E a dì 4 di dicenbre 1510, arse la bottega di in sul Canto de' Tornaquinci dello speziale, la quale facevano e figliuoli di Giampiero speziale a San Felice, e 'l sito era di Cardinale Rucellai; la quale arse tutta che non si scanpò nulla se non qualche rame che si trovò sotto el fuoco tutti guasti; e spianossi le mura fino a' fondamenti.

E a dì 22 di dicenbre 1510, si scoprì un trattato del Gonfaloniere, di chi lo voleva ammazzare; che fu un figliuolo di Luigi della Stufa ch'era a Bologna, che si chiamava Prinzivalle. Si disse ch' egli aveva disegnato 3 modi d'ammazzarlo; el primo, d'ammazzarlo in Consiglio; el secondo, in camera sua; el terzo, quando andava fuori. E questo scoperse una donna; e fu conferito a Filippo Strozzi, el quale, come lo seppe, l'andò di fatto a notificare alla Signoria: e difatto mandorono per Luigi della Stufa suo padre e sostenuto in Palagio.

E a dì 30 di dicenbre 1510, fu confinato per 5 anni in quel d'Enpoli, e ronpendo e confini s'intendeva bando di rubello; e 'l figliuolo s'andò con Dio.

E a dì 3 di giennaio 1510, gli Otto mandorono un bando che chi fussi fiorentino e stessi in casa el Cardinale de' Medici, o del fratello o di niuno de' suoi, havessino bando di rubello se infra tre dì non fussi partito da loro; e tutti quegli ch'andassino a parlare e stare in casa loro per conto veruno, s'intendino avere bando di rubello, se non fussi notificato fra tanti dì qui alla Signoria.

E in questi dì ci fu un Cardinale sanza timore di Dio che per forza di danari fece corronpere una fanciulla fiorentina figliuola d'uno uomo da bene, buon cittadino e d'antico casato, e maritata a uno altro uomo da bene; e quali non voglio nominare per salvare el loro onore. E furtivamente la fece menare via a lui a Bologna, ch' era quivi col Papa, con dispiacere di suo padre e madre e sua parenti: e fu molto odiosa a tutta la città. E finalmente fra pochi dì fu rimenata, con molti mormoramenti e infamia per tutta la città, perchè fu molto manifesto a tutto 'l

popolo. E benchè sia stato un caso particolare, fu stimato universale, quando si diceva fiorentina.

E a dì 13 di giennaio 1510, cominciò a nevicare in Firenze e per tutto el contado, e nevicò 4 dì alla fila, che mai restò, per modo che l'alzò per tutto Firenze mezzo braccio, e ghiacciò in modo che bastò in Firenze insino a dì 22 che nevicò di nuovo sopra quella, in modo ch'ella alzò in Firenze in molti luoghi un braccio. E fecesi per Firenze molti lioni di neve molto begli, e da buon maestri; infra gli altri se ne fece uno dal canpanile di Santa Maria del Fiore, grandissimo e molto bello, e a S. Trinita; e molte altre figure fu fatto al Canto de' Pazzi, igniudi, da buon maestri; e in Borgo S. Lorenzo si fece città con fortezze e molte galee: e questo fu per tutto Firenze.

E a dì 23 detto, si cominciò a struggere e addolcare in modo che fece per tutte le vie un tal macco che per tutto non si poteva passare nè andare a fare niuna sua faccenda; per un dì o due, non c'era rimedio a potere passare le vie sanza fare ponti, e però n'ò fatto ricordo.

E a dì 23 di giennaio 1510, ci fu come el Papa aveva avuto la Mirandola a patti, salvo l'avere e le persone.

E a dì 15 di marzo 1510, ci fu come el Papa aveva avuto un poco di rotta a Ferrara.

E in dì detto ci fu come a Cortona si faceva una certa festa, e rovinò palchetti e la sala dove si faceva detta festa; e morivvi circa 20 persone tra maschi e femmine, e più di cento se ne guastò; e fuvvi qualcuno fiorentino.

E a dì 5 d'aprile 1511, si pose giù una figura di marmo ch' era sopra la porta di San Giovanni, di verso l'Opera, per porvi figure di bronzo fatte di nuovo.

E a dì 11 d'aprile 1511, si vinse in Consiglio che le dote delle fanciulle non si potessino fare in sul Monte, nè dare più di dota che millesecento fiorini.

E a dì 17 di maggio 1511, ci fu come el canpo del Re di Francia s'era appiccato con quello del Papa, e erasi accostato a Bologna a due miglia.

E a dì 21 di maggio 1511, entrò in Firenze un Cardinale fatto di nuovo, ch' era fiorentino, che si chiamava messer Piero Accolti.

E a dì 22 di maggio 1511, feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta perchè restassi di piovere; perchè pareva in questo tenpo troppa acqua. Et ebbe molti doni, ch' avanzò tutte l'altre volte; e ebbe 8 mantegli molto ricchi, e così molte pianete e paliotti e cose di drappi, numero 24, e cerati bianchi e gialli furono numero 90, e una bella croce d'ariento.

E a dì 23 di maggio 1511, ci fu come le giente del Re di Francia erano entrate in Bologna, e le giente del Papa s' erano isbaragliate e andato col Papa a Ravenna. E 'l Cardinale di Pavia si fuggì di Bologna, el quale era legato della Chiesa e a guardia di Bologna, e andò a Ravenna dov'era el Papa; e 'l Prefettino, ch'era Signore d' Urbino e Capitano della Chiesa, se gli fece incontro e dissegli: O traditore! tu ài rovinato la Santa Chiesa; e dettegli d'uno stocco nel petto e passollo da l'un lato all'altro in modo che morì in poche ore. Vedi che fa la

giustizia di Dio! chè questo Cardinale fu quello che tolse quella fanciulla fiorentina; e pensa quello faceva in Bologna ch' era governatore di Bologna. Secondo che si diceva, aveva fatto molte cose di quelle medesime e più cattive.

E a dì 20 di giugno 1511, ci fu come el Papa era giunto a Roma, che si partì da Ravenna; e giunto a Roma scomunicò Bologna e tutti quegli che gli dessino aiuto o favore, d'una scomunica molto forte, ch'era scomunicato el Re di Francia con tutta sua giente e chimiche dava loro aiuto.

E a di 21 di giugno 1511, si scoprirono quelle tre figure di bronzo sopra la porta di San Giovanni di verso l'Opera, donde si levorono quelle di marmo antiche, e furono fornite di tutto.

E insino a dì 13 di giugno 1511, circa a ore 20, venne in Firenze una fortuna d'acqua, e per tutto insino in Mugiello; e in Firenze venne in manco d' un' ora parecchi saette; una a San Giorgio e ammazzò un fanciullo, e una al Ponte vecchio in su la torre della Parte, e fece isbalordire parecchi che sedevano in sulla panca, e, infra gli altri, uno de' Ridolfi ne fu portato a braccia a casa, non vi morì. Una altra ne cadde in Sitorno e ammazzò una donna; una altra ne cadde a Bellosguardo fuori di Firenze, e ammazzò una donna ch'era maritata a uno de' Tosinghi ch'era quivi in villa; e anche morì una sua fante ch'era sù di sopra a uno altro palco; una altra ne

venne a Montebuoni in sul canpanile della chiesa, e ammazzò una mula; una altra ne venne a San Benedetto fuori della Porta a Pinti e cadde sopra la cappella maggiore e passò la volta, e poi in due luoghi forò la tavola dell'altare, poi si ficcò in terra tra due mattoni. La quale vidi tutti questi segni, e fu tanta acqua grande ch'allagò tutto el Mugiello e 'l Valdisieve, e qui a San Salvi e tutti questi piani. Menò via molto legniame.

E a dì 16 di luglio 1511, cavorono le nostre artiglierie di Santa Maria Novella, dalle stalle del Papa, e misonle sotto la loggia de' Signori che gli avevano cavata e acconcia; e la prima vi missono con difficultà per modo che, ronpendosi el canapo, scorse giù per lo sdrucciolo della volta, e fu per ammazzare e buoi e gli uomini.

E a dì 17 di luglio 1511, ci fu come la giente del Papa avevano preso un figliuolo di messer Giovanni Bentivogli, e come la giente del Re di Francia gli corsono dietro e riscattoronlo, e come in Bologna si gridava: Papa, e come fu mozzo la testa a più cittadini che volevano rimettere e figliuoli di messer Giovanni e colla forza del Re.

E a dì 26 di luglio 1511, furono e primi poponi che si vendessino in Firenze, e non si maturava nulla quest' anno: e fu la causa che gli andò tutta la primavera fresca, e piovè così insino a questo tenpo, però ne fo ricordo.

E a dì 3 d'agosto 1511, ci fu come noi avàmo preso la tenuta di Montepulciano.

E a dì 4 d'agosto 1511, affogò 3 uomini vuotacessi, in un certo pozzo nero presso alla Porta a San Piero Gattolino, alle Monache di San Giovanni.

E a dì 7 d'agosto 1511, ci fu ambasciadori da Montepulciano, e fermoronsi e capitoli fra noi e loro: e a dì 9

si sonò a gloria e fecesi fuochi e festa assai. Fu una cosa sanza saputa di persona, e massime del popolo.

E a dì 3 di settenbre 1511, ci fu come el Papa aveva interdetto Pisa, perchè ritenevano e Cardinali che volevano fare el concilio quivi.

E a dì 4 di settenbre 1511, ci fu come a Crema in Lonbardia era venuta una gragniuola con pietre arsiccie di peso di libbre 150 l' una, la maggiore, e la gragniuola vi fu pezzo di libbre 30 l'una, che ruppe e tetti e ammazzò più giente e bestiame assai. Così si disse da più giente.

E in questi dì medesimi fu veduto la sera in aria, al castello di Carpi, fuochi grandissimi, e poi vedevano ispartire el fuoco in tre parti e fare grandissimi tuoni; e venne in un tratto gragniuola e venti che ne portava e tetti e' canpanili, e fecie grandissime cose.

E a dì 23 di settenbre 1511, venne dal Papa la 'nterdizione a Firenze, pure per quello medesimo, chè credeva che noi tenessimo le mani al Concilio.

E a dì 23 d'ottobre 1511, fummo ribenedetti insino a mezzo questo altro mese di novenbre.

E in questi dì fu fornito di coprire la chiesa della Vergine Maria di Por San Piero, cioè 'l corpo della chiesa.

E a dì 4 di novenbrè511, venne in Firenze la notte che seguita, circa a mezza notte, due saette, l'una dètte in sul palagio de' Signori, la quale dètte sù dall'orivolo, e venne giù nella corte e levò una certa coreggia di bronzo ch'era per basa al Davitte della corte, e più ismosse un pilastro della porta che comincia andare su per la scala, e ruppe certi scaglioni ancora su per la sala, poi sù fece el simile; e di fuori giunse giù per la porta, e tinse e guastò tre gigli sopra, pure de' Signori; che fu tenuto tristo segnio per il Re di Francia. E quella che venne in su la cupola ismosse circa tre nicchi, benchè non caddono; e anche questo significava qualche incomodo della Chiesa.

E a dì 12 di norenbre 1511, si partirono e Cardinali da Pisa che volevano fare el Concilio.

E a dì primo di dicenbre 1511, riavemo dal Papa di potere dire le messe, che ce n'aveva privati già tanti mesi.

E a dì 15 detto, ci ritolse le messe e ritornammo nelle interdizione.

E più ci fu come la giente del Papa erano in Romagna e verso Bologna e verso Ferrara.

E in questi dì pose el Papa el canpo alla bastia di Ferrara, e presto l'ebbono per il Papa.

E in pochi dì la recuperorono e perderono di giennaio; e come s'era tirato indietro, e che 'l Re di Francia aveva messo in Bologna 400 lance. E tuttavolta noi stavamo interdetti insino tutto giennaio.

E a dì 15 di febbraio 1511, ci fu come Brescia s'era ribellata dal Re e data a' Viniziani, benchè la fortezza si teneva per il Re, e bisognò che 'l Re levassi la maggior parte della giente da Bologna e andò a Brescia. E 'l canpo del Papa si stava, benchè si disse che 'l Cardinale de' Medici era entrato in Bologna: non fu vero.

E a dì 19 di febbraio 1511, si fece qui 300 balestrieri e scoppiettieri a cavallo, tutti di nostro contado. Feciono la mostra.

E in detto dì si disse che li Viniziani avevano avuto una rotta dal Re presso a Parma.

E a dì 23 di febbraio 1511, ci fu come el Re aveva ripreso Brescia e morto quasi ogniuno; in modo si disse 18 migliaia d'uomini, poi si ridussono a 4 o 5 migliaia. Dipoi scrisse qui Francesco Pandolfini, che v'era ambasciadore, che se n'era sotterrati novemila; e qui si fecie fuochi e festa della vittoria del Re.

E a dì 2 di marzo 1511, nevicò e fu grande freddo; e a dì 5 detto rinevicò di nuovo una altra grande. La

notte era gran freddi. Pensa come stava el canpo di Bologna che n'è camera.

E in questi dì ci fu come el Concilio aveva comandato in Bologna che niuno ubbidissi al Papa, e che dicessino le messe; e aspettavasi che facessino uno altro Papa di corti dì.

E a dì 11 di marzo 1511, ci fu come a Ravenna era nato d'una donna un mostro, el quale venne qui disegnato; e aveva in su la testa un corno ritto in sù che pareva una spada, e in iscanbio di braccia aveva due ali a modo di pilpistrello, e dove sono le poppe, aveva dal lato ritto un fio, e dall'altra aveva una croce, e più giù, nella cintola, due serpe, e dove è la natura era di femmina e di maschio; di femmina era di sopra nel corpo, e 'l maschio di sotto; e nel ginocchio ritto aveva uno occhio, e 'l piè manco aveva d'aquila. Lo vidi io dipinto, e chi lo volle vedere, in Firenze.

E a dì 17 di marzo 1511, ci fu come e Franciosi, ch'erano nella rôcca di Brescia, avevano di nuovo messo a sacco tutti e monasteri e frati di Brescia, e morto molti frati e donne, e rubato ogni resto che v'era.

E a dì 18 di marzo 1511, si partì di qui l'anbasciadore francioso, e fecegli la Signoria un presente di circa 2 mila ducati, d'una pezza di broccato e molte altre cose di drappi. Avevasi in secreto sospetto ch' el Re non ci avessi per nimici, come andava parole attorno, chè voleva mettere

a sacco Firenze e Siena. E più se gli donò una tavola d'altare di Nostra Donna, molto ricca, ch'era posta in San Marco.

E a dì 21 di marzo 1511, riavemo dal Papa le messe; però 'n sino all'ottava di Pasqua; e venne un suo ambasciadore a liberarci per senpre.

E a dì 29 di marzo 1512, ci fu come el canpo del Papa e degli Spagniuoli con quello del Re di Francia avevano fatto una spianata di circa 4 miglia per fare fatti d'arme. E in questi dì presono Ravenna e saccheggioronla e feciono molte crudeltà: non ebbono la rôcca allora. Vedi se 'l mostro indovinava loro qualche gran male! e pare che senpre seguiti qualche gran cosa a quella città dove nascono tal cose: così intervenne a Volterra ch'andò a sacco, e poco tenpo innanzi vi nacque un simile mostro.

E a dì 3 d'aprile, si bandì un perdono alle Murate per 3 dì, cioè Venerdi, Sabato Santo e la Pasqua, di colpa e pena.

E a dì 12 d'aprile 1512, ci fu come el canpo della Chiesa e gli Spagniuoli furono rotti dal Re e morivvi 10 mila persone, e' due terzi spagniuoli e 'l terzo

spagniuoli. Morì circa 22 signori franciosi, fra' quali vi morì un nipote del Re, il quale si diceva per molti ch' era nostro nimico: forse non era. E dissesi che se non fussi ch'e Franciosi adoperorono molte artiglierie, che feciono morire molte centinaia d'uomini d'arme e cavagli, arebbono avuto el peggio. E questo fu a dì 11 detto, el dì della Pasqua di Resurresso, appresso a Ravenna dove feciono la spianata, e concioronsi in modo che benchè e Franciosi fussino al disopra, nondimeno si disolvè l'un canpo e l'altro per modo che non poterono niuno fare male a Firenze, anzi ebbono di grazia gli Spagniuoli potersene andare che non fussino isvaligiati. Chi se n'andò per la Romagna, molti ne furono isvaligiati e morti; ma tutti quegli che vennono per le nostre terre non fu torto loro un pelo. Passorono tutti a Roma; e' Franciosi se n'andavano alla volta di Milano.

E ogni dì s'intendeva molte crudeltà de' Franciosi e Spagniuoli di vituperare, ammazzare e vendere monache e frati e ogni generazione di giente; rubare gli arienti dove stava el Corpo di Cristo, e reliquie, sanza paura o timore o riverenza. Non si dice nulla delle vergini; che si trovò padri, infra gli altri, che volendo nascondere le sue figliuole, el quale n'aveva cinque grande, per la paura, fece una certa caverna e missele dentro con cibo d'alquanti dì, stimando tornare a loro e porgere loro più cibo; e venendo la tribolazione fu morto, e ancora chiunque n'aveva notizia; in modo, che non potendo uscire

per via alcuna, vi morirono dentro; e trovata che fu la detta caverna, trovorono le dette fanciulle tutte morte o mangiatesi le braccia l'una a l'altra. E non si potrebbe narrare le grandi crudeltà che ognora si sentiva. E dissesi ancora che un certo capitano del Re, entrando in Brescia, tolse a un gentiluomo di Brescia una sua figliuola molto bella, e tenendola molti dì, el suo padre glie ne fecie chiedere più volte che gliene dovessi rendere, e finalmente nollo volle fare. E dopo molte volte gli mandò a dire, che se la voleva, che gli dessi mille ducati; e 'l detto cittadino fecie e detti danari e portogli, e lui gli tolse, e poi disse che la voleva ancora quella notte. E 'l povero cittadino vinto dalla passione disse: signore! poiché tu non me la vuoi rendere to'mi anche la vita; e 'l detto non timente Iddio, si cavò l'arme da lato e ammazzollo. Se questo peccato merita punizione dallo onnipotente Iddio, chi non direbbe che gli è necessario l'inferno? Iddio nel guardi e perdonigli e gran peccati.

E in questo tenpo si murava el canpanile di San Spirito, dietro alla sagrestia della chiesa.

E a dì 22 di maggio 1512, morì a Siena un certo Pandolfo Petrucci che ne' sua dì occupò molto la detta città facendosi grande e cacciando e sua avversari, e anche togliendo la vita ad alcuni; e finalmente si muore. Oh quanto è più senno a stare basso che volere soprastare agli altri! è manco pericolo all'anima e al corpo. Se gli uomini grandi e ricchi fussino savi, e' fuggirebbono el volere dominare quello che à essere comune a ogniuno, perchè si tiene con troppo grande odio, e che si stessino con la loro ricchezza e stare contenti al bene comune e farsi grande nelle mercanzie e nello onesto vivere da cristiani, e dare molti guadagni e' poveri di Dio e amare la sua patria con retto cuore.

E a dì 5 di giugno 1512, ci fu come e Svizzoli avevano ripreso Brescia e Peschiera e altre città di Lonbardia, e come ' Franciosi si fuggivano del paese.

E in questi dì si raffermò e capitoli col Re di Francia, che noi fussimo obrigati, a' sua bisogni, dargli 400 cavagli pagati di nostro, e che lui fussi ubrigato a dare a noi ne' nostri bisogni 600 cavagli pagati di suo; e più tutto quello ci facesse di bisogno. Promise con pure parole.

E a dì 13 di giugno 1512, ci fu come el Cardinale de' Medici s'era fuggito dal Re di Francia, che l'aveva prigione e mandavalo in Francia. E in questi dì venne in Bologna.

E a dì 16 di giugno 1512, ci fu come Milano s'era ribellato dal Re, e più altre terre; per modo che si diceva ch'e Franciosi erano a un grave partito, e che s'erano ristretti nel borgo, e che gli avevano difficultà di vettovaglia e con grande paura

E a dì 20 di giugno 1512, ci fu come e Franciosi s'erano partiti da Milano e scostatosi dal canpo de' Svizzoli e andato a Pavia, con grande diffilcultàa di vettovaglia: e 'l Papa s'era insignorito di Bolognia; e' Bentivogli s'andorono con Dio; e dubitavasi che e Franciosi non perdessino ogni cosa. E ancora Gienova s'era voltata e conbattevano le fortezze che tenevano e Franciosi, e anche Milano si tenevano le fortezze pe' Franciosi. Stavansi così sanza essere molestate quelle di Milano.

E a dì primo di luglio 1512, passò da Dicomano la giente del Papa, che mandava a Bologna circa 1000 cavagli, e dicevasi ch' e Franciosi erano usciti d'Italia, quegli ch'erano potuti scappare che non fussino stati morti o

presi a' passi, ch'assai ne capitò male. E la giente nostra, ch'erano colle giente del Re, ebbono salvacondotto da' Svizzoli per potere tornare di qua, e non fu osservato loro, che furono tutti isvaligiati: a fatica salvorono la vita.

E a dì 11 di luglio 1512, ci fu una lettera dal Papa che comandava a questo popolo che dovessi mandare a casa el Gonfaloniere e levarlo di signoria, onde parve una cosa molto animosa e strana; onde ogniuno pensava che voleva mutare questo stato e rimettere e Medici in Firenze.

E a dì detto ci venne un suo anbasciadore, ch' era fiorentino, un messer Lorenzo Pucci, con bella cavalleria: stimavasi per questo medesimo effetto.

E a dì 14 di luglio 1512, venne, circa a ore 21, in sul canpanile di Santa + di Firenze, una saetta o veramente un sì fatto vento o fortuna, che lo fece cadere in su la chiesa, e rovinò la chiesa con 7 cavalletti in modo tale che scoperse tutto el coro e guastollo tutto; e le travi in più luoghi fororono lo spazzo della chiesa, e molte sepolture guastorono, e le scalee dell'altare maggiore parte ruppono e guastorono per modo che non fu mai veduto tale ruina, quasi incredibile: danno di più di 20 mila fiorini. Stimavasi cattivo segno. Chè questi principi e signori, in luogo di racconciare la Chiesa di Cristo e ampliarla, la ruinano per loro ambizioni. Dove debbe essere l'unione di tutti e cristiani contro a gli infedeli e morire per la fede di Cristo, e al presente s'attende a versare el sangue di Cristo contro a ogni carità di tante miserie de' poveri popoli afflitti e dilaniati della povera Italia. Sia senpre a laude e gloria di Dio.

E a dì 26 di luglio 1512, ci fu come el Re di Francia si rifaceva gran giente, e come gli aveva posto a' sua sudditi due milioni di fiorini, e a' religiosi; e come faceva grande sforzo.

E a dì 28 di luglio 1512, ci fu come gli Spagniuoli s'erano azzuffati colle giente della Chiesa, e ch' el Vicerè s'era fuggito e partitosi, e che gli avevano arso el suo padiglione. Tutte queste cose pareva che 'l Signore aiutassi Firenze, chè chi aveva in animo di farci male gli era tolto le forze, come più volte s'è veduto: gli Spagniuoli avevano tristo animo.

E a dì 21 d'agosto 1512, ci fu come el canpo della Chiesa e degli Spagniuoli veniva a' danni de' Fiorentini: per modo crebbe el sospetto, che si cominciò a isgonberare in quello di Barberino e in Val di Marina, insino alle porte di Firenze, che tutta h domenica colle carra

e muli e bestie, con tanta furia, per modo che in Palagio si vinse 50 mila fiorini per difendersi. E ancora non avevano tocco nulla del contado nostro.

E a dì 23 d'agosto 1512, la Signoria mandò uno bando che chi ammazzava un certo Ramazzotto da Bruscoli, guadagniava 2000 ducati, e chi lo dessi vivo ne guadagnassi 3000; e, se fussi isbandito, s'intenda ribandito e possa ribandire due altri, e così chi lo ammazza possa ribandire due altri a suo modo, eccetto che di Stato.

E in questi dì si sgonberava tutto questo piano di Prato per modo che la porta di San Gallo, Faenza, el Prato e San Friano era per modo calcata che duravano le carra più d' un miglio alla fila ' aspettare di potere entrare dentro, che fu necessario lasciare passare dentro sanza gabella quasi ogni cosa in su le carra: se non vi era qualche soma di biada o vino, o olio, passava dentro le carra del lino e forzieri serrati, e nulla si guatava nè si fermava nulla. Le povere donne colle fanciulle e fanciugli carichi di loro povertà. E chi gli vedeva era mosso e isforzato lacrimare. E più feciono che la farina non pagassi nulla di gabella.

E a dì 24 d'agosto 1512, la scorreria non aveva ancora passato Barberino, e intendevasi che facevano ogni male.

E in questi dì ci fu nuove come a Roma era venuto una gragniuola tanto terribile el dì di Nostra Donna di mezzo agosto, che fu tanto scuro che pareva di notte, e ammazzò molti animali, e anche percosse e venne in su una

figura di Nostra Donna e non la maculò di nulla, e altre figure guastò. Era grossa come uova.

E a dì 25 d'agosto 1512, si bandì di fare venire Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta.

E in questi dì si soldava uomini d'arme e fanteria, quanta ne veniva, in gran quantità, e fornivasi per tutto; e più si badava a Prato ch'altrove, in modo che nel Mugiello non si mandò aiuto, e loro presono la Scarperia e 'l Borgo, e non facievano troppo danno in Mugiello, ma volevano della vettovaglia.

E a dì 26 d'agosto 1512, ci fu anbasciadori dal Vicerè che chiese alla Signoria tre cose: che noi entrassimo nella lega; la seconda, che si rimettino in Firenze e Medici; la terza, che 'l Gonfaloniere se n'andassi a casa e uscissi d' ufficio.

E a dì 27 d'agosto 1512, venne presi in Firenze 6 Spagniuoli che presono e nostri fanti in Mugiello. E tuttavolta s' attendeva a isgonberare per tutto; e non era tanta la paura de' contadini, quanto e' vedevano fare così a' cittadini, in modo ch'e' poveri contadini ispiritavano di paura, ma in verità per gli intendenti non era d'averne tanta; più tosto toccava a loro avere paura, perochè, se gli scendevano in questi piani, tutti capitavano male. Così

giudicava ogni intendente. Tanti battaglioni s'era fatto e giente d'arme tutti inanimati d'andare a trovargli alla guadagnia, con animo d'ammazzare ogniuno. Che sono inaino a oggi la nostra giente 17 migliaia d'uomini, tra battaglioni e giente d'arme.

E in detto dì scesono e presono Canpi sanza contrasto, e entrorono e ammazzorono una brigata d'uomini e ruborono ciò che ne poterono portare, e arsono lini e molte cose, menoronne molti prigioni; benchè di loro ne fu morti 4 e feriti. E la causa che l'ebbono sì presto fu che vi fu alcuni che apersono una porta per andarsi con Dio, e non riuscì loro; e furono tutti presi; e entrorono dentro e, tolto quello che vollono, se n'uscirono e lascioronlo e andorono alla volta di Prato.

E a dì 29 d'agosto 1512, el dì di Santo Giovanni Batista, circa a ore diciotto, gli Spagniuoli presono Prato per forza di bonbarde e di battaglia. Che solo in un dì avessino un tale castello fu cosa maravigliosa perchè v' era 4 mila fanti e tanti contadini del paese che v'avevano la roba, le donne e' figliuoli, che v' era fuggito tutto el paese, che v' era un tesoro grande, e tutti diventassino come topi a non salvarlo un sol dì. E la causa che furono così fieri di fuora fu due cose; la prima che gli erano in due dì assediati sanza vettovaglia; e la seconda che sapevano che v'era un grande tesoro, benchè e' ci fussi una causa più potente, chè non si mandò di qui el soccorso che si poteva. Da qual negligenza si fussi io nol so, ma io vedevo tenere le giente qui dall'una porta all'altra, e niuno le moveva a mandarle via, e tuttavolta sentivàno strignere colle bonbarde, onde molti si maravigliavano di questa tardità. Onde entrato dentro e

crudeli marrani e infedeli, ammazzorono ogniuno che veniva loro innanzi, e non bastò loro avere un sì grande bottino, che non perdonavano la vita a persona; e se vi rimase niuno vivo, lo pigliavano e ponevangli la taglia a' piccoli e grandi e a ogniuno, molte disoneste, in modo inpossibile, che non potendo farla, gli straziavano con diversi martìri. E missono a sacco e monisteri; e donne e fanciulle missono a brodetto con ogni crudeltà e vituperio; e dissesi che furono morti 5 mila persone. Pare che la sia una permissione divina ch' e nostri principali facessino sì adagio, avendo 18 mila persone, ch'avàmo più giente di loro; avavamo già inpedita loro la vettovaglia che non potevano scanpare 3 o 4 dì che non morissino di fame; erano tutti morti e prigioni. E anche non furono molto prudenti a mandare più fanti e munizione in Prato: fu una certa furia quasi inpossibile, che a dì 27 abbino Canpi e a dì 29 abbino Prato, e però sono e peccati nostri. E rimasono e traditori sì forniti di vettovaglia da stare quanto volevano, e divennono tutti ricchi di tal bottino, e noi perdemmo ogni speranza di vincere in niun modo e Pistolesi.

E a dì 30 d'agosto 1512, portorono le chiavi e Pistolesi al canpo degli Spagniuoli, e presono accordo con loro; e così Pescia, per modo che si mandò dalla Signoria al Vicerè, per accordo, due nostri cittadini, e dopo più volte, andando e tornando, si fece un accordo col Vicerè che noi entrassimo nella lega pagando 60 mila fiorini; e la seconda, che 'l Gonfaloniere ch' era a vita se n'andassi a casa; e la terza, che si rimettessino e Medici.

E a dì 31 detto, tornorono gli anbasciadori, e fu consentito tutto; e, giugnendo qui, andorono in Palagio circa alle 18 ore e mandoronne el detto Gonfaloniere, ch'era a vita, chi aveva nome Piero Soderini, pacificamente e d'accordo, perchè lui disse non volere essere scandolo al

suo popolo, e ch'era contento a tutto quello ch'era la volontà di Dio; onde si restò sanza Gonfaloniere; e dipoi s'andò con Dio di fuori. E così si partì dimolti cittadini, chi a Siena, chi di qua e chi di là, per loro maggiore sicurtà.

E a dì primo di settenbre 1512, entrò in Firenze Giuliano de' Medici, e in Palagio entrò la nuova Signoria sanza Gonfaloniere; e tutti e cittadini che gli stimavano amici de' Medici tenevano la porta del Palagio e della piazza, tutti armati, e isbarrate tutte le vie di Piazza. Onde ancora el Vicerè non fu d'accordo a primo accordo, ma mosse lite, e disse voleva 120 mila fiorini in tre paghe: e anche non si partiva ancora, ma tuttavolta voleva le taglie de' poveri Pratesi che gli avevano presi, facendo molte cose crudeli e disoneste. Non bastò loro avergli morti e spogliatogli di tutto, che volevano anche le taglie di quelli che restorono vivi.

E a dì 3 di settenbre 1512, venne una saetta in sul palagio qui degli Strozzi e ammazzò uno maestro di murare, el quale aveva murato detto palagio, e al presente era venuto a visitare un poco la cosa; e toccò a lui tale disgrazia che s'era trovato in tanti pericoli a murarlo, e perì così sanza quegli pericoli, come piacque a Dio. Era un buono uomo.

E in questi dì ci veniva certi Spagniuoli a vendere robe di Prato; e infra l'altre cose venne uno con un carro di panni; essendo giunto presso alla piazza de' Signori, il popolano gli misseno a sacco quei panni, e a fatica fu scanpato che non lo ammazzorono. E in più luoghi ne fu presi e morti; fra gli altri, a' Servi, capitandovene uno el quale un prete lo riconobbe che gli aveva morto el padre in Prato, e lui lo fece ammazzare appresso a' Servi; uno altro gli fu mozzo una mano dalla + al Trebbio, volendogli ammazzare ch' erano tre insieme; e furono messi per le case, a fatica gli scanporono.

E a dì 4 di settenbre 1512, n'ammazzorono uno alla Piazza di Madonna e dipoi lo stracinorono da Santa Maria Novella e per la Via de' Fossi, e finalmente lo gittorono in Arno. Per modo che fu necessario mandare bandi a pena delle forche chi dessi loro noia o alcuno inpedimento o male. E queste cose fanno certi ignoranti che sono senpre causa di fare inciprignire e fare incrudelire con nostro maggior danno; che, quando era da loro sentito, straziavano e poveri prigioni che gli avevano nelle mani, e non si voleva partire, anzi s'ingegnava di fare ogni male al povero contado di Prato, e dovunche gli andavano ne portavano ciò che potevano; el resto ardevano.

E in questi dì e nostri battaglioni si partivano quasi tutti, e ancora non s'era rifatto el Gonfaloniere; e secondo che si diceva, e cittadini erano in qualche discordia circa come s'avessi a governare; ma maggior cosa era el fare e danari che s'erano promessi, in modo ch' e detti Spagniuoli ancora non si volevano partire da Prato, nè 'l Cardinale non ci veniva. E infra l'altre crudeltà che facevano questi maledetti marrani si era che quegli che non avevano morti gli avevano prigioni, e posto loro taglie inportabili facendo loro molti martori. E questo fu molto maggiore male che non fu l'enpito dell'ammazzare in su la furia, ma lasciare durare el sacco tanti dì quanto vi stettano e pigliare anche prigioni e volere le taglie da chi gli avevano rubato ogni cosa. Ma credo sarà guai assai a quel Vicerè e a chi poteva riparare; e dovevasi chiedere nell'accordo di porre fine, e massime a' prigioni.

E a dì 6 di settenbre 1512, si vinse tra' Signori e' Collegi e Ottanta la provisione di limitare el Consiglio maggiore.

E a dì 7 detto, si vinse nel Consiglio maggiore.

E a dì 8 detto, si vinse nel Consiglio un Gonfaloniere per 14 mesi, che fu Giovan Battista Ridolfi.

E a dì 11 di settenbre 1512, fu morto uno spagniuolo su la Piazza di Santa Maria Novella, e strascinato in Arno, e ognora era corso loro dietro; chi toglieva loro el cavallo, e chi e danari. Non si poteva riparare con bandi, le quali cose erano cagioni di maggior male.

E a dì 12 di settenbre 1512, si portò e danari agli Spagniuoli. E in questo dì ci passò forse venti Spagniuoli che se n'andavano verso Roma, e per sospetto si feciono acconpagnare a un tronbetto della Signoria e non giovò loro, perchè furono assaltati di là da San Casciano di verso Roma, e furono morti e isvaligiati. E dissesi che gli avevano parecchi migliaia di fiorini e anche avevano lettere di canbio per Spagnia di danari che loro mandavano là, e dissesi che quegli che gli assaltorono avevano le maschere e non furono conosciuti. E in questo tenpo, loro in quel di Prato e per tutto non facevano se non male, e pigliare prigioni e non osservavono patti nè lega, e venderono tutte cose di Prato e di Canpi, tutto el grano, biade, masserizie, e ciò che trovavano da vendere, e dicevano di volere ardere ciò che lasciavano.

E a dì 16 di settenbre 1512, giovedì, circa a ore 19, Giuliano de' Medici e tutte sua giente, andò in Palagio de' Signori armata mano e prese el Palagio avenga che non gli fussi fatto resistenza. Fu bisogno fare el parlamento, e circa a ore 21 sonò la canpana, e la Signoria venne giù in ringhiera, e lessesi e capitoli e quali furono questi: che feciono 12 uomini per quartiere che potessino quanto tutto el popolo di Firenze per uno anno, che potessino fare e disfare ogni uficio della città. Mandorono un bando che chi voleva venire in Piazza potessi sanz'arme; e nondimeno la Piazza era tutta armata, e con giente d'arme e isbarrate tutte le vie e le bocche della Piazza, senpre gridando Palle, e così in Palagio per

insino alle canpane; e alcuni del popolo ch'erano entrati in Piazza dettero la boce essere contenti al parlamento e al nuovo governo. A laude di Dio. Ogniuno debbe essere contento a quello che permette la Divina bontà, perchè tutti gli Stati e Signorie sono da Dio, e se in questi mutamenti di Stati ci accade qualche penuria, danno o ispesa o disagio del popolo, stima ch'egli è pe' nostri peccati e a fine di qualche maggiore bene.

E a dì 18 di settenbre 1512, cominciorono a disfare gli Otto che sedevono al presente, e feciongli Capitani di Parte, e feciono altri Otto. E in questo dì venne in Firenze el Vicerè con forse 50 cavagli, e andò vedendo la città e le chiese, e volle andare in su la cupola di Santa Maria del Fiore a vedere, e andò con alquanti cittadini, e andò el mio Benedetto con loro. E a dì detto si partì e ritornò a Prato, e ordinò di partirsi.

E a dì 19 di settenbre 1512, si partirono gli Spagniuoli e vennono a Calenzano e menandone e prigioni che non s'erono potuti riscuotere; onde e nostri contadini ch'erano rifuggiti in Firenze cominciorono a ritornare a casa, pure con sospetto. E 'l Cardinale si partì di qui e andò a trovare el Vecerè e vicitarlo nel suo partire.

E a dì 20 di settenbre 1512, si partirono da Calenzano quegli più crudeli che 'l diavolo, e partironsi da Canpi e per tutto, andorono per la via che vennono; alloggiorono a Barberino; e molti contadini si partirono di qui e ritornorono a casa loro colle loro povertà.

E a dì 21 di settenbre 1512, si partirono da Barberino e arsono case e feciono ogni male, e noi gli demmo più pezzi d'artiglierie.

E a dì 22 di settenbre 1512, si tirò su el primo cavalletto del tetto di Santa +, che si tirò intero, che fu tirato con moltitudine perchè era grande cosa e pericolosa.

E a dì 24 detto, si tirò su el secondo.

E a dì 26 di settenbre 1512, ci venne l'immagine di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, che ricevemmo grazia di non andare a sacco la nostra città, perchè portammo grande pericolo avendo de' nostri dentro 18 mila persone e di fuori altrettante, che tutta volta balenava ogni cosa.

E a dì detto arrosono a' 48 di balìa altri 12 uomini. E in questi dì arrosono a' 60 di balìa altri 50 uomini per Quartiere, che fu la somma 260 cittadini, e quali potevano fare ogni cosa; e mandavasi el bando da parte della Signoria e degli uomini della balìa.

E a dì 2 d'ottobre 1512, e Medici feciono ridipignere l'arme loro al Palagio loro, alla Nunziata e in molti luoghi; e feciono levare la immagine del Gonfaloniere dalla Nunziata de' Servi.

E a dì 5 d'ottobre 1512, mandorono un bando chi avessi de' beni della casa de' Medici li dovessi notificare, a pena delle forche, e ritrovossi molte cose.

E a dì 13 d'ottobre 1512, gli Otto confinorono Piero Soderini gonfaloniere passato e diposto, ch'era a vita, per cinque anni a Raugia, e che non si potessi partire a pena dell'essere rubello; e più confinorono e sua frategli per tre anni chi a Roma, e chi a Napoli, e chi a Milano, a pena, chi ronpessi e confini, s'intenda rubello.

E più arrosono agli uomini della balìa insino alla somma di 500 uomini, per loro partito.

E a dì 22 d'ottobre 1512, alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni, circa a 6 anbasciadori ch'andavano al Papa, dello 'Mperadore, del Re di Spagnia e de' Viniziani e di quello che s'aspetta Duca di Milano, chiamato el Moro; eravi un vescovo della Magna ch' andava per essere Cardinale.

E a dì primo di novenbre 1512, entrò la Signoria nuova, e feciono gonfaloniere Filippo Buondelmonti, fatto dalla balìa.

E a dì 6 di novenbre 1512, si partì di qui el Cardinale de' Medici e andò a Bologna.

E in questo tenpo si diceva che la giente del Papa e Viniziani ponevano el canpo a Ferrara; de' Franciosi non si diceva nulla, nè che venissino a soccorrere Milano, benchè le fortezze si tenevano per lui.

E a dì 4 di novenbre 1512, si partirono due nostri cittadini anbasciadori al Papa.

E in detto dì fu fornito el tetto di Santa +, non però degli enbrici di tutto, ma di legniame.

E a dì 11 di dicenbre 1512, venne in Firenze quei sopradetti Vescovi tornando da Roma. E dicevasi che gli era fatto Cardinale, ancorachè non portassi el cappello. Alloggiò in casa e Pucci, benchè non fu vero poi.

E a dì 12 detto, si partì ed ebbe da noi 30 mila fiorini per la lega e per la pace de' Svizzoli.

E in questo tenpo piacque a questo governo nuovo di guastare la sala del Consiglio maggiore, cioè el legniame e tante belle cose, ch'erano fatte con tanta grande spesa, e tante belle spalliere; e murorono certe camerette per soldati e feciono una entrata dal Sale; la qual cosa dolse a tutto Firenze, non la mutazione dello Stato, ma quella bella opera del legniame di tanta spesa. Ed era di grande riputazione ed onore della città avere sì bella residenza. Quando veniva una anbasceria a vicitare la Signoria, facieva stupire chi la vedeva, quando entravono in sì magna residenza e in sì grande cospetto di consiglio de' cittadini. Sia senpre a laude e gloria di Dio ogni cosa, e posto nella sua volontà.

E a dì 20 di dicenbre 1512, cominciorono a squittinare in Palagio; e ancora io andai a partito, come volle

alcuni miei amici con mia poca volontà; ma per fare a modo de' Signori. A laude di Dio.

E a dì 19 di giennaiò512, venne in Firenze el Cardinale de' Medici, che veniva di Bologna.

E a dì 24 detto, gli Otto confinorono Martino dello Scarfa per 5 anni fuora di Firenze, e in tremila forini, pagandone la metà al presente. E confinorono anche un Piero mazziere per 5 anni a Livorno, el quale gli avevono anche tolto l' uficio prima, e anche ebbe della colla, perchè dissono che gli aveva isparlato dello stato, et è da credere, perchè era uomo senplice, e lasciava andare le parole spesso carattando e cittadini, sanza pensare alcuna ingiuria.

E a dì 18 di febbraio 1512, si scoprì un poco di trattato, e inmediato alle 4 ore di notte feciono pigliare

circa a 14 giovani cittadini de' principali, che vi fu de' Capponi, Strozzi, Nobili, e Valori, Boscoli e altri.

E a dì 19 detto, gli Otto mandorono un bando che ogniuno dessi notizia dell'arme che gli avessi, per tutto dì 20 detto, a pena di fiorini 100, e dettonsi a dì 20 detto.

E in detto dì si disse che 'l Papa era morto.

E a dì 22 di febbraio 1512, andò el Cardinale de' Medici a Roma con grande prestezza.

E a dì detto si sonò lo canpane per la morte del Papa, ch'era nona; e morì a dì 20 detto in domenica.

E in questa notte mozzorono el capo a due di quegli, presi per lo stato, che fu uno Agostino Capponi e l'altro un giovanetto de' Boscoli, nel Capitano; e più confinorono Niccolò Valori in prigione a Volterra per due anni, e poi confinato per senpre a Città di Castello.

E a dì 4 di marzo 1512, entrorono e Cardinali in conclavi per fare el Papa.

E a dì 11 di marzo 1512, innanzi dì due ore, si levò el romore per Firenze che 'l Cardinale de' Medici era Papa,

e sonò molte canpane e fecesi fuochi in molti luoghi per Firenze con tanto romore e allegrezza, con tante grida, senpre Palle, che feciono levare ogniuno in Firenze insino alle donne, ogniuno alle finestre, ch' era innanzi dì più di due ore, benchè comincio alle otto ore d'uno ch'andò gridando per la città come gli era Papa; nondimeno non ce n' era nulla, perchè andando al Palagio de' Signori e de' Medici dissono che non c'era ancora nulla. E finalmente non si potè, per tutto dì, non si potè mai fare altro che gridare Palle sanza sapere nulla. Pareva ch' el popolo indovinassi quello ch'era, che fu cosa maravigliosa; ch'è vero el proverbio " boce di popolo, " boce di Dio " e nondimeno, per gli intendenti, parve cosa leggiera a sonare canpane e fare fuochi sanza sapere el vero.

E a dì 11 di marzo 1512, a ore due, in venerdì, ci fu la nuova, e 'l vero, che gli era Papa el Cardinale de' Medici, e chiamato Papa Lione Xmo; e se prima s'era fatto fuochi e festa, si fece altrimenti e d'altra voglia, per modo che s'arse innumerabili fastella di scope e frasconi, corbegli, barili e ciò che s'aveva in casa ogni povero uomo; e per tutte le minime vie della città, sanza niuna masserizia; e non sendo contento el populo, corsono per tutto Firenze a rovinare tutti e tetti d'asse che trovavono alle botteghe e in ogni luogo, ardevano ogni cosa. Pericolorono tutta la città con danno grandissimo; e se non fussi gli Otto mandorono un bando che non si rovinassi più tetti e che non si dicessi più ingiuria a' piagnioni, a pena delle forche, arebbono rovinato quegli degli enbrici e messo mano a rubare le botteghe. E durò questa pestilenzia tutto venerdì e 'l sabato a fare fuochi e panegli in Palagio, in su la cupola, alle porte e per tutto, con tanti colpi d'artiglierie, senpre gridando Palle,

Papa Lione, che pareva ch'andassi sotto sopra la città, e chi fussi stato alto arebbe detto: Firenze arde tutta la città, tanto era le grida e' fuochi e 'l fumo e gli scoppietti, e piccoli e grossi; e poi la domenica quel medesimo, e 'l lunedì poi via peggio che mai. Posono in su' canti del ballatoio del Palagio una botte da malvagìa dorata a ogni canto, piene di scope e cose da ardere, e così su per la ringhiera molte botte dorate, e su per la Piazza, con tanti colpi di spingarde. Era cosa incredibile el numero de' fuochi ch'era per la città; ogni povero aveva el fuoco all'uscio suo. E più feciono più trionfi, e ogni sera n'ardeva uno a casa e' Medici a loro proposito; che fu uno la discordia, la guerra, la paura; uno altro ne feciono della pacie, e questo non arse, come se fussi posto fine alle passioni, e che si rimanessi in pace e trionfi.

E a dì 18 di marzo, venerdì, ci feciono venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta; fugli fatto grandissimo onore, ebbe nove mantegli, che ve ne fu 7 di broccato d'oro dalla Signoria e da' Medici; e altri molti e molti altri doni innanzi a tutte le altre volte.

E a dì 21 di marzo fu fornito di coprire una volta la quale si fece in Mercato vecchio a lato a l'entrare de' beccai, verso la colonna, la quale si penò più mesi a cavarla perchè trovorono fondamenti molti difficili a cavare; e nel penare assai accadde che, per pochi provvedimenti, vi cadde di notte molte persone, e chi si ruppe braccia e chi la coscia, e dissesi che ve n' era morti. Chi l' ebbe a fare non ebbe troppa carità.

E a dì 8 d'aprile 1513, la notte, morì el nostro Arcivescovo ch'era figliuolo di Guglielmo de' Pazzi; e a dì 12 gli feciono un grande onore in Santa Maria del Fiore, e quivi è seppellito nel mezzo della chiesa. Dio gli perdoni.

E in questi dì ci fu una copia che quando e Cardinali furono in conclavi, innanzi facessino el Papa, creorono fra loro 30 capitoli di quello fussi obbrigato el Papa che sarebbe creato, sotto giuramento d'osservargli; e che 'l Papa che sarà fatto sia ubrigato a ratificare a detti capitoli sotto giuramento, innanzi sia pubblicato: fra gli altri capitoli furono questi.

1. Che non possi fare più che due cardinali di sua consanguinità, quando mancassi el numero di 24, senpre vincendo co' due terzi de' cardinali.

2. El secondo, che fussi ubrigato a ragunare una congregazione di cristiani a ordinare la Santa Chiesa, e pensare contro a gli infedeli, e leggere due volte l'anno questi capitoli nella congregazione.

3. El terzo, che non possi trarre la Corte di Roma per l'Italia sanza consenso della metà de' Cardinali, e per fuori di Italia bisogni 2/3 de' Cardinali.

E in questo tenpo stette mesi che non piovve mai, ma nevicò e stette freddo per molti dì come di giennaio, in modo che ci moriva molta giente: in pochi dì morivono e non si sapeva di che male.

E a dì.... d'aprile 1513, fu coronato Papa Lione a Roma, con grande onore e assai magnificenza e spesa.

E a dì 17 d' aprile 1513, ci fu come messer Giulio de' Medici era fatto Arcivescovo di Firenze, e fecesi molta

festa e fuochi per tutto Firenze, in modo che s'appiccò el fuoco nelle case del Vescovado, di dietro, di verso San Giovanni, che s'appiccò a certe scope che teneva in un magazzino el fornaio di sotto le volte.

E a dì 17 d'aprile 1513, andò a Roma Giuliano de' Medici fratello del Papa, a visitarlo; e andò con lui più giovani de' Tornabuoni e altri.

E a dì 17 di maggio 1513, andorono a Roma al Papa anbasciadori nostri cittadini; andorono molto in punto e orrevoli di vestimenti e cavagli, con molti giovani con diverse livree, e 50 muli di carriaggio.

E a dì 28 di maggio 1513, ci fu come el Re di Francia aveva preso Genova per forza.

E a dì 9 di giugno 1513, ci fu come el Re di Francia fu rotto da' Svizzoli che venivano a Milano.

E a dì detto ci fu come el Papa aveva fatto tre cardinali, che fu messer Giulio di casa sua, el quale prima aveva fatto Arcivescovo di Firenze; el secondo messer Lorenzo Pucci; el terzo un figliuolo di Franceschetto suo parente, e un fratello di ser Piero da Bibbiena.

E a dì detto si disse aveva fatto 4 cavalieri fiorentini, ma non furono se non due, che fu Filippo Buondelmonti e Luigi della Stufa.

E a dì 24 di giugno 1513, si fece la festa di San Giovanni.

E a dì 25 detto feciono in su la Piazza de' Signori uno castello di legniame, e fecionlo conbattere con diverse lance e arme e con mattoni crudi e bastoni, tutti sanza ferro: era dentro circa 100 uomini e di fuori furono circa 300; e fu in modo bestiale la guerra che di quegli di fuori ebbono di quei mattoni in modo che ne andò assai allo Spedale, e anche ne morì. E oltre a questo, vi cadde un palchetto e morivvi due donne e uno uomo nel medesimo dì.

E a dì 26 di giugno 1513, si gittò in Arno un cittadino al ponte a Rubaconte, e volontariamente volle affogare. E in detto dì si gittò uno altro in un pozzo volontariamente, ma fu veduto e ripescato che non affogò.

E a dì 26 detto feciono una caccia, pure in Piazza de' Signori, di tre tori, e feciono dimolto male: guastorono dimolti uomini ch'andorono a Santa Maria Nuova. E di quei tre tori n' uscì due dello steccato, uno ne corse per il Corso insino a San Giovanni, e l'altro corse insino a la Piazza del Grano, e non feciono male a persona, ed

erano calcate le vie di giente; e corsono loro dietro, e là gli fornirono d'uccidere.

E a dì 29 di giugno 1513, venne in Firenze messer Luigi della Stufa fatto cavaliere dal Papa: fugli fatto onore.

E a dì 22 di luglio 1513, venne in Firenze messer Filippo Buondelmonti fatto cavaliere dal Papa a Roma, e dettongli le bandiere la Signoria e la Parte Guelfa, e così l'ebbe anche messer Luigi.

E a dì 26 di luglio 1513, venne una saetta a Bellosguardo e ammazzò un famiglio di Francesco Girolami, el quale era dietro al detto Francesco, ch'era a cavallo, e Francesco fece mezzo isbalordire, e non morì se non el famiglio.

E a dì 10 d'agosto 1513, tornò in Firenze Lorenzo di Piero de' Medici.

E a dì 14 d'agosto 1513, venne in Firenze l'Arcivescovo nuovo, che fu messer Giulio ch' era cardinale.

E a dì 15 detto, udì la messa in Santa Maria del Fiore e dètte l'indulgenza di colpa e pena, chi stette a quella messa.

E a dì 18 di settenbre 1513, fu confinato Francesco Del Pugliese per 10 anni, che non potessi appressarsi a Firenze a due miglia, perchè aveva isparlato della Casa de' Medici d'alcune parole.

E a dì 27 di settenbre 1513, comandò la Signoria che questo dì si guardassi come la Domenica, o così si fece, che non s'aperse botteghe, a riverenza di San Cosimo e Damiano, e fecesi una processione. E in quel dì si pose a' Servi l'immagine di Papa Lione. Aveva un breve che diceva: Pastorem ut me fecisti: fammi grazia ch'io vinca l'arme colla pace, ch' io possa riducere alla fede e Turchi.

E a dì 7 di ottobre 1513, fece la Signoria che lo Spedale di Santa Maria Nuova non pagassi gabelle.

E a dì 12 d'ottobre 1513, la Signoria di Firenze si insignorì di Pietra Santa e di Mutrone, e in detto dì si prese la tenuta. A laude di Dio.

E in questi dì ci fu come gli Spagniuoli avevano rotto e Viniziani e scorso per terra quanto vollono, con grande

preda. Dovrebbono ricordarsi quando si ridevano de' Fiorentini, e quando vennono a canpo insino a Bibbiena, e come tenevano mano di tôrre loro Pisa, e senpre la tennano confortata che non tornassi sotto e Fiorentini; ora va per adverso; chi la fa l'aspetti.

E a dì 18 d'ottobre 1513, ci fu come el Re di Portogallo aveva mandato l'ubidienza al Papa e presentato queste cose: un Papa di zucchero con 12 Cardinali tutti di zucchero, grandi come uomini naturali, 300 torchi di zucchero di 3 braccia l'uno, 100 casse di zucchero e molte casse di spezierie sottili, di cannella, garofani e di tutte altre cose, uno cavallo bianco che passa tutti gli altri di bellezza; e più à mandato un moro, di quegli di Calicut, alto circa braccia 4, con molte gioie appiccate a gli orecchi e per tutto.

E a dì 20 d'ottobre 1513, venne in Firenze uno spagniuolo el quale aveva seco un garzonetto di circa 13 anni, el qual garzonetto era nato con questa voglia, o vogli dire mostro, el quale andava mostrando per la città e guadagnava molti danari; el quale gli usciva del corpo una altra creatura che aveva el capo in corpo suo e fuori pendevano le ganbe colla natura sua e parte del corpo, el quale cresceva come el garzonetto, e orinava col detto mostro, e non dava molto affanno al garzone.

E in questi dì si ruppe una catena alla sala grande sopra la Dogana, perchè vi avevano murato su.

E a dì 12 di dicenbre 1513, morì in Santa + di Firenze un frate ch' aveva predicato più dì in detta chiesa, el quale predicava molte tribulazioni a Firenze, e tutto el popolo correva alle sue prediche, perchè egli era in fama e tenuto santo, perchè era uno omuccino molto abietto,

con una cappa sola corta, a mezza ganba e misera. Chi lo vedeva si maravigliava che potessi vivere per tali freddi. Era in grande divozione e fu seppellito in Santa +; e in pochi dì vennono sua parenti ch'era da Montepulciano, e portoronlo là.

E a dì 15 giennaio 1513, ci fu nuove come la Regina di Francia era morta.

E a dì 17 di giennaio 1513, si gittò in un pozzo uno de' Martegli ch'era di tenpo d'anni 50, el quale era ammalato gravemente e morì. Forse fu per farnetico del male.

E in detto dì si gittò una monaca a terra d'un tetto alto e morì di fatto, e fu nel monasterio di Sant'Orsola.

E in questi dì ci fu come in quel d'Arezzo era una fanciulla d'un contadino la quale andava a una fonte poco discosto da casa, e qui diceva che gli appariva la Nostra Donna, e non una volta ma più volte, in modo che 'l Vescovo v'andò con molti, e lei fece vedere loro questo segno: mostrò loro una stella in cielo di mezzodì. Ho scritto questo perchè molto se ne parlava.

E a dì 19 di giugno 1514, si bandì una giostra per San Giovanni.

E a dì 21 di giugno 1514, si fecie una bella mostra.

E a dì 22 detto la processione grande.

E a dì 23 detto, si fece otto difici begli e la sera altrettanti, quando trionfò Cammillo, che rappresentava molti atti, come aveva menati molti prigioni e le spoglie e difici da conbattere, l'ariete di legname, e molte ricchezze di veste e argenterie; e dietro al trionfo di Cammillo era un canto, e dietro veniva 4 squadre d' uomini d'arme vestiti di tutte arme colle lancie in su la coscia; molto magna cosa.

E a dì 24 detto, la festa ordinaria, e 'l corso del palio, e la sera la girandola e, arso la girandola, arsono a' piedi della girandola tutti e ceri vecchi che s'offerivano per San Giovanni per mutare più belli difici.

E a dì 25 di giugno 1514, si fecie una caccia in Piazza de' Signori, e feciono venir fuori due lioni, e fuvvi orsi, leopardi, tori, bufoli, cervi e molte altre fiere di diverse ragioni, e cavagli, e finalmente e lioni: e massimamente uno che venne prima, non fece nulla per il grande tumulto del popolo, eccetto che venendo a lui certi cani grossi ne prese uno e strinselo e lasciollo morto in terra, e così el secondo; non stimando alcuna altra fiera; si posava se non era molestato e andavasene più colà. Avevano fatto una testuggine e uno istrice dove stavano dentro uomini che lo facevano andare in su le ruote, e frugavano colle lancie le fiere per tutta la piazza.

E fu di tanta stima questa caccia che si fece tanti palchetti e tanti attorniamenti in quella piazza che non fu mai veduto tal cosa di legniame, la maggior spesa al conducerlo e poi levarlo; nè credere che città al mondo potessi avere tanta copia di legniame. E fuvvi tale legniaiuolo che per potere accostarsi a una di quelle case pagava fiorini 40 d'oro, per potere appoggiare el palchetto alla casa, e fuvvi chi pagava 3 e 4 grossoni per andare in sul palchetto, e enpieronsi tutti e palchetti, finestre, tetti, che non fu mai veduto tale popolo, perchè c'era venuto gran quantità di forestieri di molti paesi. E da Roma eraci, sconosciuti, 4 Cardinali, e molti romani con molta cavalleria con loro. E finita la sera si trovò molta giente aversi fatto male e morti circa tre per conbattere con gli animali, e una bufola n'ammazzò uno. Avevono fatto in mezzo della piazza una fonte grande e bella che gittava acqua per 4 zanpilli, e intorno alla fonte un bosco di verzure con certi ripostigli da nascondersi le fiere molto bene a proposito, con truogoli bassi pieni d'acqua intorno alla fonte da potere bere le fiere. Fu ogni cosa ben considerata, eccetto che ci ebbe qualcuno di poco timor di Dio, feciono una cosa molto abominevole, che in tale piazza, alla presenza di 40 mila donne e fanciulle vi mettessino una cavalla insieme co' cavagli dove poterono vedere gli atti inonesti, che molto dispiacque alla buona e onesta giente, e credo spiacessi insino agli uomini disonesti. E

finalmente e lioni non feciono altro assalto, ma avvilissono dal grande rumore del popolo. E mi ricordo che una altra volta, che è più di 60 anni, si fece una altra volta detta caccia, e feciono venire ancora due lioni; e nel primo assalto uno si gittò a uno cavallo e preselo nel corpo, nel mollame, e 'l cavallo potente, spaventato, lo strascinò dalla Mercatantia insino a mezzo la Piazza, e se non che si spiccò tanta pelle quanta n' aveva presa colla bocca non lo lasciava; e fu tanto el rumore di questo caso che 'l detto lione se n' andò in un canto isbigottito e non fece mai più assalto nè egli nè l'altro. Per modo che non è da provarsi più per il romore del popolo. E fecesi questa caccia perchè egli era venuto a Firenze el Duca di Milano.

E a dì 26 detto, lunedì, si fecie la giostra a Santa +, che furono circa a 16 giostranti, tutti soldati, e giostrorono due onori, un palio di broccato d'oro e uno di broccato d'ariento.

E a dì 27 detto finirono la giostra e dettesi gli onori. E uno de' giostranti ebbe un colpo tale che in 3 o 4 dì morì. E sappi che questo fu via più maraviglia avere fatto e' palchetti a Santa +, ch'erano ancora el legniame in Piazza de' Signori. Avevano fornito l'una Piazza e l'altra in modo che si stupiva di tanto legniame.

E perchè e' lioni non avevano fatto prova in Piazza nella caccia come s'aspettava, deliberorno di mettere uno orso grande fra' lioni, e stettono sanza far male a l'orso

più dì; pure un tratto un lione, di quei maschi, e grande, prese quello orso per la gola e arebbelo finito, ma come dissono alcuni che vi si trovorono, una cosa incredibile, che una lionessa, veduto la quistione, andò a aiutare l'orso, e morse el lione tanto che lo lasciò; e così si stettono buon tenpo insieme sanza azzuffarsi, in modo che l'orso crebbe in modo ch' e lioni si stavano volentieri da parte.

E a dì 3 di luglio 1514, venne di mezzo dì, a Dicomano, una fortuna d'un vento più non udito, e cominciò in Val di Sieve, circa alla Ruffina, e giunse in Capraia, e giunse a Vico e alla chiesa di San Iacopo a Frascole, e al luogo mio a Vegna, e passò su pel Dicomano e all'Isola. La quale giugnendo a Vico e alla detta chiesa isbarbò molti noci, ulivi, querce, e scoperse la chiesa quasi tutta; e giunse al luogo mio e isbarbò 4 querce grosse ismisurate, 2 castagni grossissimi e molti alberi, e attorsegli come ritortole: isbarbò un noce grossissimo e un ciriegio e molti susini e peri e altri frutti, e scoperse mezza la colonbaia e ruppe molti rami di querce e d'olmi, e, per miracolo, passò alta la sua via; e all'ontaneto nostro attorse gli arbori come ritortole, che venendo el vento di Val di Sieve non doveva potere là. Fece a Poggio marino un grande danno.

E a dì... di dicenbre, a' nostri cittadini piacque loro rimettere gli ebrei in Firenze a prestare come altre volte. A molti dispiacque.

E in questi tenpi el Re di Francia tolse per donna una sorella del Re d'Inghilterra, e molto aveva assodato lo stato suo. Ogniuno giudicava che poteva con quella forza insignorirsi di Italia a sua posta.

E a dì 9 di giennaio 1514, ci fu come el Re di Francia era morto. Vedi quanto poco durò tale felicità! forse un mese stette con lei. Vedi che felicità è l'umana vita nostra, e come interronpe. Infiniti pensieri vani vengon quando altri non aspetta; messer Francesco.

E in questo tenpo andò Giuliano de' Medici per la donna chi egli aveva tolta, figliuola del Duca di Savoia.

E a dì 11 di febbraio 1514, el Vicario dell'Arcivescovo di Firenze avendo preso un certo frate di San Felice in Piazza, esaminato di certi errori fatti, lo mandò in detto dì sul pergamo di Santa Maria del Fiore, e lessesi el suo processo, e fecionlo disdire e chiedere perdonanza a Dio e al popolo; onde si ragunò tanto el popolo che fu in pericolo d'essere lapidato. Più volte si gridò, e fu necessario adoperare el bargello con fanti assai e colle spade, a rimetterlo nel Vescovado.

E a dì 15 di marzo 1514, nevicò la notte e fecesi sì grande freddo che si perderono le mandorle tutte ch'erano già grosse, diventorono guaste tutte dentro; e

nota che in tutto el verno, insino a questo dì, non era mai nevicato nè stato freddo. A ogniuno pareva essere sicuro di non avere più verno, e nondimeno fu freddo insino a mezzo aprile e rinevicò di nuovo per modo che si perderono tutte le altre frutte, e le viti n'ebbono gran danno.

E a dì 17 d'aprile 1515, nevicò di nuovo una neve sì grande che insino in Valdisieve e per tutto Mugiello, per tutti e piani, alzò assai, e finalmente insino a dì 24 detto s' ebbe gran freddo e ancora rinevicò di nuovo in su le montagne.

E in questi dì si pose a San Giovanni di Firenze catene molte grosse, e posonsi in sul cornicione di mezzo, di fuori, intorno intorno, le quali si congiugnevano insieme con chiavarde e paletti che strignevano forte, perchè parve facessi segno.

E a dì 24 di maggio 1515, fu vinto in Palagio che Lorenzo de' Medici fussi Capitano de' Fiorentini, e che lui potessi fare e disfare quanto può tutto el popolo.

E a dì 4 di giugno 1515, venne in Firenze madonna Alfonsina madre di detto Lorenzo de' Medici.

E a dì 17 di luglio 1515, venne in Firenze Giuliano de' Medici.

E a dì 12 d'agosto 1515, la Signoria dette el bastone a Lorenzo detto, e feciono la mostra di molti uomini d'arme e molti battaglioni de' nostri contadini.

E a dì 13 d'agosto 1515, venne in Firenze el Cardinale de' Medici che era Arcivescovo di Firenze e Legato della Chiesa. Fugli fatto grande onore.

E a dì 14 d'agosto, venne in Firenze la moglie di Giuliano de' Medici.

E a dì 16 d'agosto 1515, si partì di qui el Cardinale de' Medici e Lorenzo e andorono a Bologna; e tutti uomini d'arme ch' erano in Firenze.

E a dì 17 di settenbre 1515, ci fu come el Re di Francia s' era appiccato colla giente di Milano e co' Svizzoli, e che ci era morto 20 mila persone.

E a dì 24 detto, ci fu come el Re di Francia era entrato in Milano per accordo.

E a dì 26 di settenbre 1515, si disse che s'era fatto accordo, e come si bandirebbe.

E a dì 18 d'ottobre 1515, si pose quello San Giovanni Vangiolista di bronzo in Orto San Michele, e levorno quello che v'era di marmo.

E a dì 21 d'ottobre 1515, ci fu l'accordo del Re di Francia, e sonossi e fecesi festa e fuochi assai.

E in questi dì si diceva che verrebbe in Firenze el Re e 'l Papa, in modo che si cominciò a rincarare ogni cosa di camangiare e vettovaglie, e andò el barile dell'olio a lire 18, el grano andò a soldi 30, el vino a un mezzo ducato el barile, e lire 4 el meno.

E a dì 30 d'ottobre 1515, gli Otto mandavano a segnare le case per la giente che s'aspettava del Papa e del Re, e presono le case de' principali e d'ogni ragione.

E a dì 26 di novenbre 1515, alloggiò el Papa a Santa Maria Inpruneta.

E a dì 27 alloggiò a Marignolle, al luogo di Iacopo di messer Bongianni. Pensa che Firenze andava sottosopra di grande provvedimento.

E a dì 30 di novenbre 1515, el dì di Santo Andrea, in venerdì, entrò el Papa in Firenze con tanto grandissimo e trionfante onore, e incredibile spesa, che dire non si può. Direnne qualche particina.

Andogli incontro tutta la città di cittadini principali; e in fra l'altre, circa 50 giovani, pure de' più ricchi e principali, tutti vestiti a una livrea di veste di drappi pagonazze, con vai al collo, a piede, con certe asticciuole in mano darientate, molto bella cosa; poi grandissima cavalleria di cittadini. E el Papa aveva molta giente appiede, e fra l'altre aveva la guardia del Papa, moltissimi fanti Tedeschi a una divisa che portavano tutte manare alla franciosa; e a cavallo molti balestrieri e scoppettieri tutti alla sua guardia. E lui fu portato per tutta la città dalla Signoria con ricco baldacchino, e fu posato a Santa Maria del Fiore, e andò su per palchetto insino a l'altare maggiore, nella qual chiesa era tanta adorna di drappelloni con un padiglione nel mezzo, con più gradi che non s'usa: e fu accese tante falcole, che, oltre al coro, erano pieno tutto l'andito primo insino alle porte, e intorno intorno; e poi gli altri due anditi della cupola intorno tutti pieni di falcole accese; poi el palchetto ch'andava dalla porta insino in coro pieno di detti lumi e falcole. E sappi ch' el coro era con travi alzato sopra le spalle di detto coro, e uno altare nel mezzo molto adorno.

E poi, venendo giù verso Santa Maria Novella, senpre dando la benedizione, con tronbe e pifferi assai, con tanto popolo che s'aveva fatica di vederlo. Non si raunò forse mai tanto popolo in Firenze. Faceva gittare danari per le vie, grossi e monete d'ariento. E insino qui è uno ordinario; ma al presente parleremo delle cose che si missono a fare tali festaiuoli ismisurate in modo che ne rimase alcune inperfette per mancamento di tenpo. E non credere che niuna altra città o signoria del mondo avessi potuto o saputo fare tale apparecchiamento; e furono tanto grandi quanto tu potrai conprendere, che avendo più migliaia d'uomini a lavorare più d'un mese innanzi, dì di festa e dì di lavorare, non fu possibile avessino condotto dette opere a perfezione, ma alquante rimasono inperfette, avenga chè a ogni modo si vedeva la perfezione dell'opera, e la spesa tanta smisurata. E che sia el vero i' narrerà per ordine tale opere, e se io dirò le cose fatte, i' non dirò quasi nulla, tanto sono maggiori.

La prima fu alla Porta di San Piero Gattolino, la quale ruppono le mura dell'antiporto, per magnificenza, posono in terra la saracinesca, e ornorono la porta di fuori di 4 colonne grandissime di 16 braccia alte e grossissime, darientate, con base e capitegli come quelle di Santo Spirito, con più altre colonne piane con grandi architrave e cornicioni e fregi, come a tale colonne si richiede, per modo ch' andavano alte insino a certi tabernacoli che sono nella faccia della porta, con tante figure in tutti e quadri e vani, tutti di mano di buoni maestri, che non si sarebbono un'altra volta fatte con centinaia di fiorini, tutte a similitudine di storie magne che pascevano l'occhio tuttodì.

La seconda fu a San Filice in Piazza, a l'entrare in via Maggio, un arco trionfale che teneva tutta la via, molto ornato. Aveva intorno 8 colonne tonde grandi come quelle di Santo Spirito, co' molte colonne piane, co' loro capitegli e corniconi, che si richiede a dette colonne, sanza miserie d'adornamenti. E quivi era ancora molte figure di mano tutte di principali maestri, posate ne' lor vani e quadri, in modo che tenevano l'uomo a badare per intondere e loro significati e bellezza.

La terza fu al Ponte a S. Trinita che passò tutte l'altre di bellezza. All'entrare del ponte, di verso via Maggio, un arco trionfale, largo come el ponte, molto ornato; e questo aveva 6 colonne grandi come l'altre, e maggiori, posate con tanto bello ordine e maesterio, che io giudicai allora che Firenze avea tanti degni architettori e molti, che più non si può trovare al mondo. Facevano quelle colonne un certo portico che contentava tanto l'occhio che non si poteva partire da tale oggetto, con più ornamenti di figure e di colori, inanzi ad ogn'altro.

La quarta fu alla Chiesa di Santa Trinita: presono tutta la Piazza di Santa Trinita e feciono, con 22 colonne, un certo tondo come un castello con quelle colonne piane intorno, e in que' vani tra l'una e l'altra, erano panni d'arazzo e cornicioni intorno intorno, sopra dette colonne, con certe lettere in detto fregio. Di poi con altre colonne volgievano la via in Porta Rossa. Fu tanta grande opera

che rimase un poco inperfetta; benchè fu grande spesa, e non sanza amirazione a mette' a fare tale spesa.

La quinta fu in piazza de' Signori, in sul canto del Lione, el quale fu tanto bello disegno che più non si potrebbe agiugnere niente. Era un certo quadro ch'avea 4 archi trionfali, che si passava in croce in quà e in là; e ogni canto avea due base alte e grandi, e ogni basa aveva una colonna, che furono 8 colonne grandi di più di 16 braccia l'una con suo architrave, e cornicioni come si richiedeva a tali colonne. Ogni cosa pareva marmo, con tanto ordine che mai si potrebbe pensare. Che solo questo dificio sarebbe difficile a città veruna farlo: e tanto contentava l'occhio, che doleva vederlo disfare, co' maravigliose figure di buoni maestri.

La sesta fu a Palagio del Potestà, che furono 24 colonne, non sì grandi, erano più gientili, tutte dorate, le quali avevano preso in verso la via del Palagio molte braccia, con grandi cornicioni intorno intorno, per ogni verso tutte le vie; molto gientile cose, dorate; e molte figure pure buone, pure di grandissima spesa, e molte gientile disegno di gran diletto.

La settima. fu a Canto de' Bischeri, che, non sanza amirazione a vederla, aveva 27 colonne piane, le quali facevano un certo quadro che passava la via che va verso San Piero, con tanti ornamenti d'oro. Tutte quelle colonne aveano giù per mezzo loro, un festone di certe

melagrane e pine, come s'usa, tutte dorate che pareva una, cosa più ricca che l'altre di tante buone figure, che facevano badare ore intorno queste cose, alte insino alla sommità delle case, con magni archi trionfali in croce come stanno le vie.

L'ottava fu a Santa Maria del Fiore, la quale avea alla faccia 12 colonne di marmo alte e maggiori che quelle di San Lorenzo, co' magni archi trionfali alle porte, con tanti grandi cornicioni sopra alle colonne, come richiede quella grande facciata. Andavano alte presso a' primi occhi della Chiesa. Facevano stupire ogniuno con tanti quadri e ornamenti; e discesi che gli era fatto per modello a fare detta faccia, perehè piaceva a ogniuno, tanto pareva superba e signorile: s'aveva dispiacere a vederlo disfare. E in Chiesa si fece un palchetto dalla porta insino al coro, largo quanto era la porta, con ispalliere intorno; e 'l coro alzarono sopra le spalle del coro, e nel mezzo uno altare con molti ornamenti di drappelloni, e padiglione di sopra con più gradi ch'altre volte intorno al coro. E nota che tutti questi legniami si lavororono in Chiesa dì di festa e di lavorare: più d'un mese stettono con disagio le Chiese.

La nona fu al Canto de' Carnesecchi, el quale prese tutte a due le vie con un magnio arco trionfale sopra la via maestra che va alla piazza, el quale aveva dinanzi 4 colonne tonde e grandi come quelle di San Lorenzo, e 6 colonne piane co' loro cornicioni e ornamenti; molto belle cose e grandi. Andavano alte sopra le case con tante

figure di buon maestri che facevano stupire ogniuno, che davano che guatare e pensare ad ogniuno.

La decima fu a l'entrare della via della Scala, dalla Vergine Maria, con un cornicione alto quanto le case. Teneva tutta la via, con due colonne da ogni lato, una di grandezza come l'altare e maggiori con più ornamenti.

L'undecima fu alla porta del Papa, che fu preso la via tutta da l'un lato a l'altro, e lasciato solo un poco di via agli usci delle case, e turate tutte le case, le finestre ch' andavano sopra le case. Quivi era parecchi archi trionfali, uno sopra la via a l'entrare tra le case, uno nel fine, e uno ch' andava verso la sala. E teneva questo andito parecchi case, era di lunghezza... braccia, lo quale andito aveva 8 colonne grande e tonde maggiori che l'altare, e 26 colonne piane e 12 colonne piccole, a certi tabernacoli. Quivi era due facciate, quanto tenevano le case, piene di tante figure e ornamenti che, chi si poneva a guatargli si smarriva, tante varie cose di mano di maestri principali. Vi si leggieva varie fantasie e similitudini; vi si vedeva le nove Beatitudini, Beati Pacifici, Beati mundo corde, e così molte belle fantasie di storie, che io per me stupivo de' begli disegni e belle fantasie; e non erono cose da uomini grossi e goffi, ma tutte perfette figure, e poste tanto bene a proposito da valentuomini. E nota ch' a far queste cose di legname fu necessario operare queste cose Santa

Maria del Fiore, Santa Maria Novella, la chiesa e chiostri, Santo Spirito, la chiesa, chiostri e rifettorii, Santa Filicita in Piazza, S. Jacopo Soprarno, Santa Croce, el Palagio del Podestà, lo Studio, San Michel Addomini, Santo Michel Berteldi e molte altre stanze. Ed erono in modo occupate queste dette chiese, che bisognava dicessino l'uficio per altre stanze. E dì di festa e dì feriali, di notte e di dì, v'era magiore romore e fracasso, e tanto legname ch'occupava tutte le chiese, e bastò più d'un mese inanzi con più migliaia d'uomini. Non era in Firenze sì da meno dipintorello, e d'ogni arte, che non fussi condotto in tale arte, diverse cose che bisognava.

La dodecima fu un cavallo grande isfrenato sanza briglia, aveva fra le ganbe un Gigante, el quale era levato a correre ed era tutto dorato. Fu tenuto molto buona cosa, e posato nel mezzo della Piazza di Santa Maria Novella in su 'n un quadro fatto di nuovo, alto 4 braccia, di mattoni.

La tredecima fu d'una aguglia a similitudine e misura di quella di Roma, pure di legname e fasciata con tele, e dipinta del colore di quella di Roma, e feciola rizzare al Ponte di Santa Trinita dal lato di qua di verso la Chiesa, in sul canto verso el Ponte alla Caraia.

La quattordecima fu una colonna pure di legname grandissimo, alta più di 50 braccia, pure fasciata di tela e dipinta variate cose, e feciola rizzare nel mezzo di Mercato Nuovo; benchè non parve a molti che la fussi fatta a proposito; piuttosto cosa sciocca.

La quintadecima fu un gigante nella loggia de' Signori, che pareva di colore di bronzo, e posato in su le

spalliere della Loggia sotto el primo arco verso el Palagio: non fu molto stimato.

E perchè tu intenda che non s'è perdonato a spesa veruna, a Santa Maria Novella e in più luoghi, disfeciono quella bellissima scala ch' andava in sulla Sala del Papa, e feciono di nuovo un' altra, che andava insino in sala l'uomo a cavallo, come si può vedere: e non bastò questo, che gittorno in terra le mura della corte e le porte; a molti dispiaque; e più rivoltorono drento molte stanze con molta grande spesa.

E più gittorno in terra in Porta Rossa più sporti di case, e tutti e tetti delle botteghe, e in più luoghi, dove volevano la via larga. Guastorono le scalee della Badia, e di que' tetti. Non si perdonava a nulla. Fracassavasi sanza discrezione.

E sappi ch' io non n'òö scritto delle 10 parte una di quello che si potrebbe dire, e vedi, e pensa che aveamo più di 2 milia uomini a lavorare, che così si stimava, più d'un mese, di diverse arti, legnaiuoli, muratori, dipintori, carette, portatori, segatori, e di diversi esercizi, in modo che si ragionava d'una spesa di settanta migliaia di fiorini e più, in queste cose non durabili che passorono com' un' onbra, che si sarebbe murato ogni bellissimo tenpio a onore di Dio, a groria della città. Ma pure giovò al guadagno ch'ànno fatto e poveri artefici, che s' è sparso un poco el danaio.

E a dì primo di dicenbre 1515, si partì el Papa da Santa Maria Novella, e andò a casa loro al palazzo de' Medici, in sabato.

E a dì 2 detto, andò alla messa in Sa' Lorenzo, domenica.

E a dì 3 detto, in lunedì, si partì el Papa, e andò alla volta di Bologna, pure aconpagniato, buon pezzo da molti cittadini e da que' medesimi giovani vestiti a una loro livrea.

E a dì 7 detto, in venerdì, entrò el Papa in Bologna.

E a dì 11 detto, entrò el Re di Francia in Bologna.

E a dì 13 detto, el Re andò a vicitare el Papa e quivi si praticò le cose che s'ànno a fare. E 'l Papa comunicò el Re di sua mano con molta divozione, e con isperanza di pace; e non di meno non si intese nulla di loro patti.

E a dì 15 detto, si partì el Re di Bologna.

E a dì 18 detto, si partì el Papa di Bologna.

E a dì 22 detto, in sabato, giunse in Firenze el Papa a ore 24.

E a dì 23 detto, andò el Papa alla Messa in Sa' Lorenzo.

E a dì 24 detto, andò el Papa al Vespro in Santa Maria del Fiore.

E a dì 25 detto, andò el Papa in Santa Maria del Fiore, e disse la Messa lui propio, e fu ornata la chiesa di drappelloni e padiglione che passò ogni altra volta, e fra l'altre, fu accese u' numero di falcole in questa forma: pieni tutti gli anditi su alto tutta la Chiesa insino alle porte, e tutti e ballatoi della cupola intorno intorno, con grandissima solennità e grande populo.

E a dì 8 genaio 1515 venne Arno grosso in modo ch'alagò tuto el Prato d' Ognisanti e insino in Borgo Ognisanti, e fece in questi piani di gran danni; e affogò più persone quagiù di sotto.

E a dì 17 di genaio sopradetto, si consecrò la Chiesa della Nunziata de' Servi di Firenze per le mani del Cardinale.

E in questi dì fu fornito di coprire le stalle fatte dalla casa de' Medici drieto a la Sapienza, a lato alla Chiesa di San Marco da manritta.

E a dì 10 di febbraio 1515, si partì di qui più Cardinali, cioè San Giorgio e altri, ch'erano colla Corte del Papa, per andarsene a Roma.

E in questo tenpo rincarò el grano in pochi dì più di soldi 10 lo staio, andò insino a soldi 40, in modo che non si lavorando, e valendo ogni cosa. Vino valeva lire 5 el barile, l'olio andò a lire 18 el barile, la carne del porco a soldi 2, denari 4 la libra; e tutte carne care e pesci. E pesci d'Arno fu venduto soldi 16 la libbra, e altri pesci cari, e lengne molto care. In modo ch' e' poveri furono molto adolorati. Aspettavano dal Papa facessi venire grano forestiero, non ne fece nulla. Si sbigottì ogniuno vedendo consumare la roba alla gente ch' era drieto alla Corte del Papa di forestieri.

E in questi dì, insino a mezzo febraio, n'andò el grano a soldi 47 e più, e se non che la Signoria mandò bandi per coloro che lo facevano alzare, andava insino in lire 3 lo staio; lo fermorono a soldi 45.

E a dì 19 di febraio, si partì el Papa di Firenze, e andò abergo a Santa Maria Inpruneta; e partissi a ore 18 in martedì, e partissi di mala voglia, per conto de' mali cittadini che facevono rincarare el grano, e così se n'andò.

E a dì 17 di marzo 1515, morì Giuliano di Lorenzo de' Medici, fratelo di Papa Lione, e morì la notte che seguita, alle 6 ore, nella Badia del Ponte alla Badia.

E in questo tempo si stava el grano a soldi 40 o quarantadua lo staio.

E a dì 19, si sepelì el sopradetto Giuliano de' Medici in San Lorenzo di Firenze con grandissimo onore.

E in questi dì giunsono e Tedeschi in Lonbardia presso a Milano.

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E a dì 26 di maggio 1516, si mandò le gente del' arme a pigliare el Ducato d'Urbino, e fu preso quasi tutto insino a' dì 4 di giugno, ecetto Pesero e Santo Leo, e in pochi dì fu preso ogni cosa, che non vi fu contradizione.

E a dì 19 d'agosto, ci fu nuove come Papa Lione aveva coronato duca d'Urbino el Signore Lorenzo de' Medici, con tutto el Colego de' Cardinali.

E a dì primo di luglio 1517, fu fatto 31 cardinale da Papa Lione decimo, e' nome de' quali è questo qui di sotto.

L'Arcivescovo di Como da Trauzi.

L'Arcivescovo di Siena

Signore Frangoto Orsino

L'Arcivescovo di Trani da Monte feltro

El Vescovo de' Pandolfini

El Vescovo della Valle, romano

El Vescovo Colona, romano

El Vescovo Cavaglione, genovese

El Castelano

Iacobacco

Ivrea figliuolo del generale di Milano

Feltrensis

Como

Messere Ferando Puccetti

Un francese, J. Laudovensis

Portughette figliuolo del Re di Portogallo

Fiamingo

Regente di Camera romana

Ceserino Romano

Messere Luigi de' Rossi

Giovanni Salviati

Mesere Antonio Ridolfi

El conte Ercole di Rangone

El Datario

El figliuolo di messer Iacopo da Trauzi

Mesere Francesco Ermelino da Perugia

Devichi spangnolo

El Generale di San Domenico

El Generale di Santo Agustino

El Prete notaio pisano

El Generale di Santo Francesco

E a dì 22 d'agosto 1517, fu confinato circa cento cittadini dagli Otto.

E a dì 4 di maggio 1518, si cominciò a sonare l'Ave Maria a nona, perchè s'aveva a fare la crociata, a ciò che Dio ci fussi favorevole; e fecesi digiuni e processioni asai.

E a dì 7 di settenbre vene a marito la Duchessa in Firenze al Duca Lorenzo de' Medici, e fecesi gran trionfo e festa, ed era franzese.

E a dì 4 di maggio (1519), morì el Duca Lorenzo de' Medici, e morì la moglie in capo a sette giorni.

E a dì 19 di maggio 1519, s' era cominciato la Chiesa di Santo Josefe, e in questo dì vi si fece la festa con grandissima devozione, al dirinpetto al Crocifisso drieto a Santa Croce.

E a dì ultimo di marzo si cominciò lo Spedale degl'Incurabili.

E a dì primo di dicenbre morì Papa Lione, 1521.

E a dì 9 di genaio fu fatto un Papa fiamingo ch' ebe nome papa Adriano.

E a dì 30 di maggo 1522 lo 'nperadore prese Genova per forza, che vi morì 14 mila persone, e andò a sacco.

E a dì 2 d'agosto, si sonò a festa e fecesi fuochi per la canonizazione del' arcivescovo Antonino fiorentino.

E a dì 3 detto, uno contadino da Santa Maria Inpruneta amazò in casa sua tutta la brigata, cioè sette persone, la donna, e figliuoli e 'l genero, e ficcò fuoco in casa e andossi con Dio.

E in questo anno cascò la manna quasi per tutto, che fu sì gran caldo che secava l'uve in su le vite.

E a dì 14 di settenbre, morì Papa Adriano 1523.

E a dì 19 di novenbre, fu fatto Papa Cremente; e morì a dì 25 di settenbre millecinquecentotrentaquatro.

E a dì 23 di febraio 1524, fu preso prigione el Re di Francia dallo Inperadore; e morivvi circa 8000 uomini intorno a Pavia, e andò prigione in Ispagna.

E a dì utimo di febraio, fu finito el pavimento intorno al coro di Santa Maria del Fiore, di marmo bianco, nero e rosso, che si penò circa 4 anni.

E a dì 21 di settenbre 1526, ci fu nuove come el Turco aveva preso l'Ungeria e morto el re; in un fiume anegò.

E del mese di dicenbre, fu morto el Singnore Giovanni de' Medici, de' Lanzi presso a Mantova. E facevasi le bonbardiere e tutte le torre de le mura di Firenze, che prima non s'erono fatte, e rovinavonsi le torre dette, insino al pari delle mura.

E a dì 6 di maggo andò a sacco Roma, 1527, e fugì el Papa in Castelo con ventidua Cardinali, e quivi furono tutti prigioni de' Lanzi e Spagniuoli, come piaque a Dio.

E a dì 16 di maggo, si mutò lo stato d'acordo e pacificamente, e andosene e Ipolito de' Medici e 'l Cardinale di Cortona insieme.

E del mese di dicenbre, fu liberato el Papa ch' era stato 7 mesi prigione in circa.

E a dì 27 di dicenbre, fu finito di scrivere l'ordinanza de' soldati cittadini di Firenze, gonfalone, per gonfalone.

E a dì 25 di genaio, 26, 27, 28, si fece quatro orazione, una in Santo Spirito, in pergamo, una in Santa Maria Novella e una in Santo Lorenzo e una in Santa Croce, da quatro govani fiorentini, a esortazione di detta milizia. E a dì 5 di febraio, s' apiccò 16 bandiere verde, co' loro sengni de' gonfaloni, in Piazza, che erono fatte di nuovo pe' la sopradetta milizia.

E a dì 19 di settenbre (1529), ci fu nuove come Cortona s'era data a patti al Principe d'Arangio, capitano dello Inperadore.

E così s'era ribelato Arezo.

E a dì 2 d'ottobre, venne in Firenze la Vergine Maria, e portossi in Santa Maria del Fiore nella Capela di San Zanobi, acciò chè guardasi la sua città da questa guera aparecchiatogli; e poi che fu quivi fugì la paura e lo spaventò a tutta la Città.

E a dì 10 d' Ottobre 1529, venne el Canpo delo 'nperadore e del Papa alle mura di Firenze, e col tenpo circundò intorno intorno tutta la città d'un grandissimo asedio e stette così presso a uno anno, che fu una carestia che valse lo staio del grano L. 3 e soldi 15 – che così volse la Signoria

E la libbra del Cacio.....L. 2. 18. –

E uno paio di Caponi.....L. 49. –. –

E uno paio di Galine.....L. 21. –. –

E libbre una di Carnesecca.....L. 2. 15. –

E uno Cavretto.....L. 25. –. –

E uno Agnello.....L. 18. –. –

E una libbra d'Asino o Cavallo.....L. –. 10. –

E uno cesto di Lattuga.....L. –. 6. –

E due Susine acerbe.....L. –. –. 4

E una Susina matura.....L. –. 1. 8

E una Granata.....L. –. 6. –.

E uno quartuccio di Fave molle.....L. –. 2. –

E uno mazzo di Radice.....L. –. 1. 8

E uno fiasco d' Olio.....L. 7. –. –

E la libbra de le Confezioni.....L. 2. 10. –

E libbre una di Salsicciuoli bolognesi L. 2. 18. –

E once una di Pepe.....L. –. 16. –

E una coppia d' Uova.....L. –. 18. –

E libbre una di Pere moscadelle L. –. 12. –

E libbre una di Ciriege.....L. –. 8. –

E libbre una di Castrone.....L. 2. 10. –

E un Cipolla.....L. –. 4. –

E uno fiasco di Vino.....L. 2. 2. –

E libbre una di Pesce.....L. 2. 2. –

E una Testicciuola di caveretto.....L. 1. 5. –

E una Curatella.....L. 1. 5. –

E libbre una di Candele di cera.....L. 1. 16. –

E libbre una di Mele.....L. 1. –. –

E uno Limone.....L. –. 7. –

E una Melarancia.....L. –. 6. –

E libbre una d' Uve secche.....L. –. 12. –

E una Aringa......L. –. 7. –

E libbre una di Mandorle stiacciate L. 3. 12. –

E due Noce a quatrino

E un piccolo mazzo di Bietola..... L. –. 1. –

E un piccolo mazzo di Cavolo....... L. –. 1. –

E un mazzo di Cipole fresche poraie L. –. 1. –

E una Zucca fresca.......L. 1. 15. –

E una Albercoca.......L. –. 4. –

E un Papero.....L. 14.–. –

E libbre una di Salsiccia..... L. 2. 16. –

E a dì 25 d'aprile 1530, si riebbe Volterra, che la teneva gli Spagniuoli, che la riprese per forza el Ferruccio.

E a dì 28 di maggio, si perdè Enpoli.

E a dì 3 d' agosto, fece fatti d'arme el Ferruccio, tra San Marcello e Gavinano, e ammazzò el principe d'Orangne e morì anche lui, cioè fu morto.

E a dì 8 di settenbre, si partì el canpo degli Spagniuoli e Lanzi.

E a dì 12 di settenbre, si partì Malatesta con le nostre gente.

E a dì 8 d'ottobre, venne un diluvio a Roma sì grande che fece molto più danno che non fece el sacco.

E a dì 5 di luglio 1531, venne el Duca Alessandro de' Medici in Firenze a la sua ritornata.

E del mese d'agosto 1531, si messe el ducato a lire 7 soldi 10, che prima valeva lire sette. E 'l barile valeva soldi 12, danari 6 e andò a soldi 13, danari 4. E 'l grossone valeva soldi 7 e andò a soldi 7 danari 6, e le monete che valevano soldi 28 andorono a soldi 30; e 3 quattrini bianchi andorono a 4 neri.

E a dì primo di maggio 1532, aveva a entrare la nuova Signoria, e no' la feciono più.

E a dì 3 di dicenbre, venne in Firenze, mandate da Papa Clemente, 100 reliquie in quarantacinque vasi, messe in San Lorenzo.

E a dì 17 d'Aprile 1533, venne in Firenze la Duchessa moglie del Duca Alessandro, e a dì 26 detto andò a stare a Napoli, ch' era figliuola delo Inperadore, non ligittima.

Nel 1529, si cominciò a lasciare la portatura de' capucci, e nel 1532 non se ne vedeva pure uno, che fu spenta l'usanza, e scanbio di capuccio si porta berrette e cappegli. E più, in detto tenpo, si cominciorono a mozzare e capegli, che prima ognuno gli portava lunghi insino a le spalle, e non si trovava pure un solo sanz' essi; e or cominciossi a portare la barba, che prima non si trovava persona che portassi barba ecetto che due, in Firenze, el Corbizo, e uno de' Martegli.

E più in detto tenpo si cominciò a fare le calze di duo pezzi, che prima si facevono d'un pezzo, e sanza tagli veruno, che ora si tagliano per tutto e mettevisi sotto taffettà, e fassi uscire per tutti e tagli.

E a dì 27 di maggio 1533, si cominciò a fare e fondamenti della nuova cittadella fuora della Porta a Faenza, e lavoravasi dì di festa, e dì di lavorare, e più e dì dela Pasqua.

E a dì 25 di settenbre 1533, morì Papa Cremente.

E a dì 11 d'ottobre 1533, fu fatto Papa Paulo 3.

E a dì 25 d'aprile 1535, si cominciò a stanpare monete di soldi 40 l' uno con la testa del Duca Alessandro, un lato, e dal' altro San Cosimo e Damiano.

E a dì 20 di luglio, ci fu le nuove come lo 'nperadore aveva preso Tunizi di Barberia.

E a dì 5 di dicenbre 1535, fu finito quasi afatto tutte le mura di fuori dela cittadella, e cantossi la messa e benedissesi, e messesi la guardia in detta cittadella.

E a dì 19 di dicenbre, si partì el Duca per andare a Napoli a vicitare lo 'nperadore ch' era tornato da Tunizi di Barberia.

E a dì 11 di marzo, tornò el Duca Alessandro de' Medici da Napoli.

E a dì 28 d'aprile 1536 in venerdì a 21 ora, entrò lo 'nperadore in Firenze con 5000 fanti, e 2000 cavalli e 'n prima andò in Santa Maria del Fiore, e di poi nel Palazzo de' Medici, e a dì 29 detto andò a vedere la fortezza, e di poi se n'uscì e andò lungo le mura verso San Gallo, e volse ale stalle del Duca. E a dì primo di maggio andò alla messa in Santa Maria del Fiore, e stette in uno tabernacolo fatto di ricchi drappi.

E a dì 2 di maggio, andò alla Nunziata alla messa, e scopersono la Nunziata.

E a dì 2 di maggio 1536, venne lo 'nbasciadore del Re di Tunisi a lo 'nperadore e recogli el tributo, cioè 4 cavagli e 2 camegli e 8 falconi, e lasciò al Duca e 2 sopradetti dormendari. E a dì 3 detto portò el detto tributo a palazzo alo 'nperadore che era qui in Firenze.

E a dì 4 di maggio 1536, si partì lo' nperadore di Firenze a 15 ore, e andò alogiare a Pistoia.

E a dì 6 detto, andò a Lucca.

E a dì 15 di giugno 1536, venne la Duchessa a marito al Duca Alessandro de' Medici.

E a dì 6 di genaio 1536, in sabato, a 6 ore in circa, la notte di Befanìa, fu tagliato a pezzi, e sgozzato el Duca Alessandro de' Medici, e s'è sepellito che non fu veduto da persona, se none da coloro che lo portorono.

Queste sono le parole quando faceva bandire: Lo inlustrisimo e degnissimo Signore Duca nostro Alessandro de' Medici e sua Consiglieri.

E a dì 9 di genaio 1536, fu fatto el signore Cosimo de' Medici Signore in luogo del Duca, in martedì.

E a dì 20 di genato 1536, venne tre Cardinali e uno Vescovo, cioe Salviati, Ridolfi e Gadi, e 'l Vescovo de' Soderini, per fare acordo col popolo e non si fe nulla.

E a dì primo d'agosto 1537, fu rotto el Canpo de' fuorusciti di Firenze a Montemurlo, che fu tenuta cosa miracolosa, che si rinchiusano nella gabbia da loro a loro: e fuvvi morti assai, e presono molti prigioni.

E Prigioni furono questi, a dì 3 d'agosto 1537.

El figliuolo del capitan Galeoto da Barga, fu inpiccato.

El Sacchettino, per sopranome; inpiccato.

E Vico Rucellai, tagliato el capo.

E Bacciotto del Sevaiuolo, tagliato el capo. A dì 4 d'agosto detto.

El capitano Gerardino, tagliato el capo.

E Govanbatista Giacomini, tagliato el capo.

E Lionardo Ringnadori, tagliato el capo.

El capitano Guera, tagliato el capo, e 'npicato per un piè a la citadela de la Justizia. A dì 20 d'agosto.

E a Baccio Valori, tagliato el capo.

E a Filippo suo figliuolo, tagliato el capo.

E a Filippo Valori di Niccolò tagliato el capo.

E Anton Francesco degl'Albizi, tagliato el capo.

E Alessandro Rondinegli, tagliato el capo.

E Cecchino del Tessitore, inpiccato. E a dì 18 di dicenbre 1538.

Si sgozzò Filippo Strozzi da sè con una spada, che era in prigione nella Cittadella.

E Pagol' Antonio Valori, in un fondo di torre.

E Fabaie del Benino, che s'era fuggito, fu ripreso e tagliatogli el capo.

E Bernardo Canigiani.

E Boccaccino Adimari.

E Giovan Francesco Capponi.

E Cecchino Tosinghi.

E Nigi del Tarchia.

E Gio. Francesco Giugni.

E Sandro da Filicaia.

E figliuolo di Gian Filippo Bartoli.

E Lepre de Rinieri.

E Amerigo Antinori.

E 'l capitano Betto Rinuccini.

E Vieri da Castiglione.

E Neri Rinuccini.

E molti altri, che io none scrivo.

E a dì 5 di genaio 1537, fu fatto Duca di Firenze da uno mandatario dello 'nperadore.

E a dì ... d'ottobre 1538, andò a Roma la Duchessa ch'era moglie del Duca Alessandro morto, ch' era rimaritata al nipote del Papa.

E a dì ... di novenbre 1538, ci vene la Vergine maria de la 'Npruneta, perchè era piovuto lungo tenpo. E subito fatto el partito cesò la piova e fessi bello tenpo, che fu cosa miranda.

E a dì 18 di dicenbre 1538, si sgozò o fu isgozato, Filippo Strozi ch'era prigione in cittadella, stato 16 mesi e 18 giorni, che fu cosa che merita gran considerazione.

E a dì 29 di giugno 1539, entrò la Duchessa del Duca Cosimo de' Medici in Firenze, che era venuta da Napoli a Pisa per mare.

E a dì ... di luglio 1539, di ricolta valeva el grano soldi 70 lo staio.

E a dì 15 d'ottobre, fu finito di fare el pozo nel mezo del chiostro grande di Santa Maria Novella, che prima v'era un pino ch'averà 237 anni; e ponso tutto el chiostro a melaranci, che prima era prato, e di grandissimo piacere.

E di settenbre andorno a stare gli Otto nel Palagio del Podestà, che prima stavano in Palazzo de' Signori.

E più vi tornò el Bargello, che prima stava a lato alla Dogana di verso Santa Croce.

E a dì 3 d'aprile 1540, el Duca Cosimo ebe una figliuola della Duchessa Leonora sua donna.

E a dì 15 di maggio 1540, la villa dello Spirito Santo, andò ad abitare el Duca Cosimo in Palazzo de' Singnori.

E a dì 27 di febraio 1540, fu menato dua leoni in Piazza de' Singnori, in dua gabie come dua stie e, quando gli cavorono fuori delle gabie, un toro gli andò incontro e uno lione prese uno salto e saltogli in sù la schiena e non gli fece male nessuno, e l' uno andò in là e l' altro in quà e non dissono mai più nulla l'uno a l' altro. E molti cani grossi che v'erono non gli dissono mai nulla. In modo gli rimandorono a la stanza loro per la via ch' erono venuti, che vi ritornorono sanza fatica veruna. E nel 1514 ve n' era stato menato un altro, che non fece se non che con una brancata sola amazzò un can corso, che non si mosse punto.

E a dì 25 di marzo 1541, ebe el Duca Cosimo un figliuolo maschio della Duchessa Leonora sua donna, e posegli nome. ...

E a dì primo d'agosto 1541, si batezò con gran festa e grande aparato in San Giovanni.

E a dì 24 d' agosto 1541, andò el Duca Cosimo a vicitare lo 'nperadore a Genova e tornò.

E a dì. ... d' aprile 1542, fu mandato al Duca Cosimo 2 tigri dal Vece re di Napoli suo suocero, in dua gabie, e messogli in una stanza dove stanno e lioni.

E a dì 12 di giugno 1542, venne uno tremuoto in Firenze, non mai più udito el magiore; durò tanto che si sarebbe detto uno Paternostro, e molti altri piccoli. E non fece danno nessuno in Firenze, benchè si sentissi in tutto el dominio fiorentino, eccetto che in Mugello che ruinò tutto el castello della Scarperia. E a l'intorno ruinò 1740 case e morivi 113 uomini, e più 289 feriti e percossi e guasti dalla ruina.

E a dì 6 d'agosto 1542, venne una saetta in su la cupola e non fece quasi danno.

E a dì 18 di settenbre, venne una saetta in su la cupola e non fece danno, o poco.

E più ne venne una in Palazo de' Signori dove ogi abita el Duca Cosimo.

E molte altre ne cadè per Firenze.

E a dì 14 d' ottobre 1542, venne una saetta in su la cupola, e una ne venne in Palazo e molte altre per Firenze.

E a dì 22 di dicenbre venne una saetta in su la cupola, e dètte in su la lanterna e ruinò e spezò tanti marmi che si giudicò che a raconcare si spenderebe più di 12 mila iscudi.

E più ne venne una in Palazo del Duca.

 

 

 

 

 

 

 

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