Espansione dello stato fiorentino

I parte

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Espansione dello stato fiorentino II parte

 

Vorrei parlare delle " Cariche estrinseche " cosi erano chiamate le cariche di governo esterne ma nello stesso tempo vorrei dare l'idea dell'espandersi dei territori sottoposti al controllo della Repubblica fiorentina

Quindi introdurro' le varie citta' nell'ordine in cui caddero sotto il controllo fiorentino

 

Con l’ingresso in Toscana di Federico Barbarossa e di suo figlio Enrico VI nel 1185, l’espansionismo in contado segnò una brusca battuta d’arresto. Se è vero che i fiorentini, con l’aiuto delle truppe imperiali poterono infliggere un’altra sconfitta ai loro eterni rivali, i senesi, nel 1186 , è altrettanto vero che il riconoscimento imperiale dell’egemonia fiorentina su una parte del contado (diploma di Enrico VI del 1187), segnava un forte arretramento rispetto ai confini verso cui tendevano le ambizioni dei cittadini . I limiti della giurisdizione concessa eccedevano di poco lo spazio circoscritto dalle mura: di un miglio verso Fiesole, a nord, di tre verso Campi e Settimo, rispettivamente a nord - ovest ed a sud - ovest, di dieci miglia nelle altre direzioni, "excepto et salvo iure nobilium et militum, a quibus etiam volumus ut Florentini nichil exigant".

Il diploma del 24 giugno 1187 è pubblicato in Documenti, p. XXXVII. Santini Pietro Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze 

 

 

 

 

 

Impruneta

 

Immersa in un paesaggio segnato da colline dolci, coltivate per la prevalenza ad oliveti e vigneti, Impruneta conserva moltissime testimonianze del suo passato ricco di arte e storia, segni della presenza umana armoniosamente integrati con la maestria della natura. Già insediamento etrusco, Impruneta fu feudo dei Buondelmonti nel Medioevo, fino al 1135, quando dovette piegarsi al domino fiorentino.

 

 

Montelupo fiorentino

 

 

 

 

 

 

PONTASSIEVE

 

I primi dominatori del territorio furono i nobili da Quona, la cui signoria è documentata fin dall’XI secolo. Questi, un ramo dei quali assunse più tardi anche il nome di Filicaia, si inurbarono in Firenze alla fine del XII secolo e nel 1207 vendettero al vescovado fiorentino gran parte del territorio di loro giurisdizione.

Nel 1375 Firenze decretava l’edificazione di un castello per uso essenzialmente strategico nella terra di Pontassieve, che avrebbe avuto il nome di Castel Sant’Angelo; nel 1399, per aumentare l’importanza del nuovo insediamento, viene concesso ai terrazzani un mercato settimanale.

Col trascorrere degli anni sul nome di Castel Sant’Angelo prese il sopravvento quello di Ponte a Sieve, grazie all’importanza del ponte che da tempo immemorabile, più volte caduto e sempre ricostruito, serviva di passaggio per l’antica via che collegava Firenze al Mugello, al Casentino e ad Arezzo. Intorno al ponte erano sorte spontaneamente le prime case, che si erano poi sviluppate divenendo un borgo che si situava in basso rispetto al castello edificato dai fiorentini.

Il paese non ebbe grandi occasioni di sviluppo fino alla fine del XVIII secolo, quando per iniziativa granducale vennero aperte la nuova strada per il Casentino attraverso la Consuma e, successivamente, quella per la Romagna attraverso San Godenzo: fu allora che Pontassieve si accrebbe in breve tempo, e nuovo impulso ricevette nel 1859 con la costruzione della ferrovia Firenze-Roma. Durante l’ultima guerra Pontassieve, per l’importanza del suo nodo ferroviario, subì ingenti danni, rimanendo distrutta quasi interamente cosicché l’aspetto attuale è dovuto in gran parte alla ricostruzione post-bellica.

 

 

San Casciano

 

Il territorio di S.Casciano risulta abitato già in epoca etrusca come dimostrano i ritrovamenti di Montefiridolfi (Tomba dell'Arciere) e Valigondoli (scavi di Poggio La Croce). In epoca romana era una stazione di posta (mansio)al decimo miglio da Florentia. Il toponimo Decimo è rimasto alla vicina pieve di Santa Cecilia citata già nel 1043.

Nel XIV secolo S.Casciano fu occupata in ordine da: Arrigo VII imperatore dal novembre 1312 al gennaio 1313,da Castruccio Castacani nel febbraio 1325 e nel luglio del 1343 da Fra Moriale.A seguito di questi fatti la repubblica fiorentina decise nel 1354 di fortificare il borgo con mura e un cassero,in parte tuttora esistenti.

Nel 1494 Carlo VIII re di Francia si accampò in prossimità del paese.Nel 1512 presso L'albergaccio iniziò l'esilio di Nicolò Machiavelli e fu in quel periodo che potè scrivere le sue opere più note come Il Principe e La Mandragola.Con la nascità dello Stato Mediceo cessò la sua funzione militare e la storia seguì quella della Toscana.Il 26 luglio 1944 San Casciano subì un devastante bombardamento alleato che unito alle mine tedesche ridussero il paese quasi in macerie.Lenta e non molto rigorosa fu la ricostruzione.

Sul punto più elevato dei poggi che separano la Val di Pesa dalla Val di Greve, lungo la via Cassia, sorge, in una incantevole posizione, San Casciano . Dista da Firenze solo 15 Km ed è facilmente raggiungibile dalla città transitando sulla via Cassia o per mezzo della superstrada Firenze-Siena .
Fino dall'età romana fu una stazione di posta o "mansio" eretto in cima alla discesa per Firenze dove era posta la decima pietra miliare della colonia fiorentina. Per tale motivo la Pieve di S.Cecilia, che si trova in prossimità della strada romana, fu chiamata "a Decimo". Il primo documento scritto sulla località si trova in una pergamena del 1043 custodita nella non lontana Abbazia di Passignano, ma la località , come risulta dai numerosi ritrovamenti etruschi,era abitata fino dal VIII sec. avanti Cristo. Inoltre la storia della zona, che spesso si confonde con la leggenda, risulta dagli innumerevoli luoghi, ben più antichi del capoluogo, le Pieve di Santa Cecilia a Decimo, la Pieve di Santo Stefano a Campoli, la Pieve di San Pancrazio e la Pieve di San Giovanni in Sugana, ricche depositarie di ricordi più che millenari. In queste "Pievi" Corrado Marchese di Toscana rinunciò al diritto di "albergheria" in favore del vescovo fiorentino Gottifredo nell'anno 1127.
San Casciano in quel tempo era un piccolo borgo raccolto attorno alla chiesa, provvisto di una sede per il Podestà e di una ben organizzata posta per i cavalli. La vicinanza di Firenze e la amenità dei luoghi, attraversati continuamente da mercanti e soldati, mise questa terra a contatto con gli eventi più famosi della storia romana ed italiana.
Il battesimo del fuoco per questa contrada avvenne nel XIV secolo quando il primo novembre del 1312, l'imperatore Arrigo VII, tolto l'assedio a Firenze si accampò sul poggio di San Casciano occupando il borgo . I danni materiali sofferti furono ingentissimi poiché l'Imperatore mandò il fratello Baldovino di Lussemburgo arcivescovo di Treviri ad occupare e devastare tutti i castelli posti in Val di Pesa e Val di Greve. Nell'archivio provinciale di Coblenza esiste, tuttora, un codice contenente preziose miniature relative alla vita di Arrigo VII a S.Casciano.
Dalla partenza dell'imperatore trascorse poco tempo e Castruccio Castracani, in guerra con Firenze, giunse a San Casciano e distrusse tutto il borgo. Nel 1343, Gualtieri di Brienne duca di Atene, preso il potere in Firenze, si rese conto della importanza strategica di S.Casciano ed iniziò una prima cerchia di fortificazioni. Tanta era la considerazione del Duca per questo luogo che volle chiamarlo Castel Ducale, ma la cacciata del Brienne da Firenze interruppe i lavori di fortificazione appena iniziati.
Il 4 luglio del 1354 San Casciano fu nuovamente messo a ferro e fuoco dalle armate di Fra Moriale D'Albano, tanto che per liberarsi di questo flagello la repubblica fiorentina fu costretta a pagare ben 16.000 fiorini d'oro.
Toccata nei suoi forzieri la repubblica fiorentina rinsavì e nel gran libro delle "Provvisioni" si può leggere << Si fortifichi Sancasciano >>.
I lavori per la costruzione delle mura e del "Cassero" furono prontamente iniziati e terminarono nel settembre del 1356. Il recinto delle mura, ancora in parte ben conservato, chiuse tutto il poggio includendo il borgo, la chiesa, il palazzo del podestà ed il cassero. Da allora San Casciano si impose agli eserciti del tempo come una fortezza munitissima ed imprendibile, cessarono i saccheggi e proseguì quella stagione fertilissima di artisti, fiorentini e senesi, che tante opere hanno lasciato in questa zona.
Nel 1304 fu costruita nel borgo di San Casciano una chiesa intitolata a Santa Maria al Prato. I padri Domenicani, che la fecero edificare, vollero che questa chiesetta, con annesso convento e ricovero per i pellegrini, fosse alla altezza della loro colta tradizione, chiamando a lavorare per in essa i più famosi artisti dell'epoca. Nel 1339 Ugolino di Nerio stava dipingendo in questo luogo quando, transitandovi diretto alla corte papale di Avignone, si fermò, forse a salutare l'amico , Simone Martini, che volle dipingere per questa Chiesa quella che divenne la sua ultima opera in Italia, la dolce mestizia della croce dipinta da Simone resta a testimonianza dell'animo presago dell'artista, che infatti non ritornò più a Siena ma mori ad Avignone.
Nel 1349 lo scultore Giovanni di Balduccio, allievo di Giovanni Pisano, scolpì il bellissimo pergamo che tuttora si può ammirare in Santa Maria al Prato. Da quella data cessano le notizie su Balduccio, perciò non è improbabile credere che questa sia la sua ultima opera.
Nella ultima metà del trecento nelle Chiese di San Casciano lavorarono vari artisti come, Taddeo Gaddi, allievo prediletto di Giotto, Giovanni del Biondo, Cecco di Ser Cenno, il Gerini ed altri. Le loro opere si possono ammirare sia nelle Chiese per cui furuno fatte sia nel " Museo di Arte Sacra " ove sono raccolte.
Durante tutto il quattrocento nel castello di San Casciano, le ricche famiglie fiorentine costruirono i loro palazzi, e per volontà di un sancascianese, Girolamo Castrucci, fu costruito fuori delle mura un vasto convento per i francescani, ingrandito nel 1494 per merito di una donazione fatta da Carlo VIII, re di Francia.
Dal 1512 Niccolò Machiavelli, esiliato nella sua villa di Sant'Andrea in Percussina ( L'Albergaccio ), scrisse le sue più significative opere. La valida spietata concretezza dei suoi scritti non può essere disgiunta dalle amare esperienze di questi luoghi, creati per la pace e troppo spesso usati per la guerra.
Dalla prima metà del cinquecento, consolidatosi lo stato toscano sotto i Medici, Sancasciano cessò la sua funzione di scolta per Firenze, e, piano piano iniziarono le demolizioni delle porte, delle torri e dei bastioni.
Fu da allora che i castelli del contado divennero ville spaziose, dove le ricche famiglie fiorentine venivano a ristorarsi con il connubio della natura e dell'arte.
Si aprirono le magiche e colorate fornaci dei Della Robbia, che in questo tempo lasciarono molte loro opere a Casavecchia, San Giovanni in Sugana, ed in altre Chiese e ville.
Alla fine del XVI secolo anche la nostra contrada fu pervasa dalla mania riformatrice in nome del barocco imperante, ma il misurato senso del bello impedì, per fortuna, lo scempio che in altre parti distrusse pregevoli opere d'arte.
Dopo Arrigo VII, Castruccio Castracani e Fra Moriale D'Albano, San Casciano conobbe altre rovine. Il 26 luglio 1944, le mine dell'esercito tedesco in ritirata ed un bombardamento angloamericano ridussero nuovamente questa terra ad un cumulo di rovine.

 

 

 

EMPOLI

 

Da alcuni scavi archeologici, risulta che il centro storico di Empoli fu abitato fin dalla prima età imperiale e continuò ad esserlo in modo continuativo fino al IV sec. d. C; le eccedenze agricole dettero vita in questa fase ad una forma di commercio fluviale, a cui si accompagnava la produzione locale di anfore.

Va fatta inoltre risalire ai Romani la bonifica della piana di Empoli che è ancora riconoscibile in alcuni particolari della disposizione delle strade vicinali e dei fossi della zona.

Nella Tabula Peutingeriana, del IV secolo d.c., Empoli è indicata con il nome In Portu come porto fluviale lungo la via Quinctia che da Fiesole e Firenze portava a Pisa. Ad Empoli si incrociava infatti anche la via Salaiola, che proveniva da Volterra ed era utilizzata per il trasporto del sale proveniente da quella città.

Dal VIII secolo d.c. va costituendosi come cittadina intorno al castello al tempo era nota con il nome di Emporium o Empolis. Divenne parte dei possedimenti dei conti Guidi nel 1119. Nel 1182 entra a far parte dei domini del comune di Firenze. Nel 1260 il trionfo del partito ghibellino a Firenze e in Toscana grazie alla battaglia di Montaperti porta al famoso congresso di Empoli nel quale Farinata degli Uberti si oppose alla distruzione di Firenze e alla disperzione dei suoi abitanti nella piana di Empoli.(Dante, inf,X).

Divenuta Empoli una importane fortezza fu saccheggiata ripetutamente nel 1530 con il saccheggio da parte delle truppe imperiali fu praticamente decisa la sorte della Repubblica fiorentina.

 

Castelfiorentino

 

Il territorio comunale si estende su un'area, sulle colline al centro della Val d'Elsa, che fu popolata in età romana: nell' XI secolo un castello sorse a guardia di Timignano, borgo sulla riva destra dell'Elsa, al crocevia fra la strada per Volterra e la via Francigena, percorsa dai pellegrini romei, quando questa abbandonò il tracciato collinare, sulla riva sinistra, per il fondovalle. Anche nei secoli successivi la posizione di confine tra Firenze, Pisa e Siena ne ha determinato l'importanza politica, economica ed artistica.
L'appellativo "Castelfiorentino" è documentato nel 1149, quando il castello è sotto la giurisdizione del vescovo di Firenze: l'enfasi sulla fiorentinità si deve alla posizione di frontiera. Invano le pretese feudali dei conti Alberti furono avallate dal Barbarossa (1164) e da Ottone IV (1210): a Castelfiorentino, nel 1197, si dettero convegno nella pieve di Sant'Ippolito i guelfi di Firenze, Lucca, Siena, San Miniato e Volterra per contrastare la minaccia sveva. La comunità ambiva all'autonomia: i presuli fiorentini arrivarono sino alla scomunica, nel 1218, Piazzama Castelfiorentino ebbe il proprio podestà nel 1252. Coinvolta nello scontro fra Firenze e Siena, culminato nella disfatta guelfa a Montaperti (1260), vi fu ratificata la pace fra Firenze e Siena. Verso la metà del XIII secolo il castello si pose sotto la tutela di Firenze, e fu sede dell'incontro fra Carlo VIII d'Angiò e Savonarola. A causa del legame con Firenze, il borgo fu oggetto di scorrerie: si ricordano i passaggi degli spagnoli (1529-1531) e le traversie al tempo della guerra di Siena (1555-57), nonchè, oltre due secoli dopo, le violenze delle truppe della Repubblica Cisalpina (1799).

 

Certaldo

 

 Il nome di Certaldo deriva o dal latino Cerrus Altus o dal germanico Cerrus Aldo. In entrambi i casi significa altura ricoperta di cerri.

La nascita del Castello di Certaldo fu favorita dall'avere intorno zone fertili e dal trovarsi sul tracciato della via Francigena nuova. Gli scavi archeologici hanno dimostrato la sua importanza nel periodo etrusco-ellenistico ed alto-medievale.

I Conti Alberti

Nel lontano 1164 Federico Barbarossa concesse ai Conti Alberti il territorio di Certaldo. Nel 1184 i fiorentini, spinti dalla loro tendenza egemonica, imprigionarono Alberto degli Alberti e la sua famiglia nel Castello di Bargazza.

Il Conte fu costretto a giurare fedeltà a Firenze ed a far abbattere le torri di Certaldo. Queste torri, oltre ad essere un mezzo di difesa, erano il simbolo della nobiltà e della grandezza della famiglia.

Firenze sottomette Certaldo

Nel 1198 Firenze sottomise definitivamente Certaldo, che nel 1260 prese parte alla battaglia di Montaperti insieme alle forze guelfe fiorentine. In seguito, i vittoriosi ghibellini danneggiarono buona parte del Castello, a cui, nel 1293, i Priori di Firenze imposero anche delle tasse.

Morì così l'autonomia di Certaldo, che d'ora innanzi vivrà nel riflesso le vicende di Firenze.

Periodo Rinascimentale

Nel 1415 Certaldo ottenne una notevole importanza politica, giudiziaria e amministrativa, divenne infatti sede del Vicariato che comprendeva le Podesterie di molti paesi vicini.

La Dinastia Medicea

Durante il periodo Repubblicano e Mediceo, fu il centro politico e giudiziario più importante della Valdelsa.

L'economia prosperava: ricche famiglie fiorentine investirono notevoli capitali per migliorare le colture e per costruire grandiosi edifici. Si affermarono la mezzadria e la villa-fattoria.

Nel 1479 Certaldo fu assaltata e saccheggiata dalle truppe del Papa e del Re di Napoli che, insieme a Siena, erano in guerra con Firenze.

Tra il 1553 e 1555 furono causati ulteriori danni durante la guerra in cui Firenze riuscì ad assoggettare Siena.

La dinastia dei Lorena

Nel 1737 i Lorena subentrarono alla dinastia dei Medici. Il Vicariato di Certaldo perse alcune podesterie e, conseguentemente, diminuì la sua importanza.

Nel 1784 venne soppresso il Vicariato, e Certaldo fu aggregata alla podesteria di Castelfiorentino, che dipendeva dal Tribunale di San Miniato.

 

 

La storia di Certaldo è documenta dal 1164 quando Federico il Barbarossa concesse il territorio ai Conti Alberti che vi esercitarono il dominio fino alla fine del 1200. Assoggetto alla Repubblica di Firenze, Certaldo divenne dal 1415 sede del Vicariato, tanto che anche nel periodo Mediceo fu il centro politico e giudiziario più importante della Valdesa. La facciata, come l’atrio e il cortile del Palazzo Pretorio, reca le insegne dei diversi Vicari fra cui i bellissimi stemmi in terracotta invetriata della bottega dei Della Robbia.

 

 

 

 

VINCI

La complessa storia amministrativa della Comunità di Vinci, strettamente legata alle vicende di Cerreto Guidi ma anche a quelle di tutte le altre Comunità del territorio circostante da Empoli a San Miniato sino a Fucecchio, è la dimostrazione della multiforme gestione politico - amministrativa del contado fiorentino durante il granducato mediceo - lorenese che prevedeva delle commistioni e delle ingerenze tra giurisdizioni che adesso ci appaiono così nettamente separate (ad es. la provincia di Pisa dalla provincia di Firenze), regalandoci una visione più unitaria del territorio. Ma soprattutto è in questa complessa gestione del territorio che si radicano le ragioni storiche della tortuosa storia dell’archivio vinciano che ci ha portato alla conservazione nella sezione pre-unitaria di unità archivistiche per la maggior parte appartenenti al periodo ottocentesco essendo stati dispersi o custoditi in altri archivi i documenti risalenti ai secoli precedenti. Nasce da qui l’esigenza di una futura ricomposizione virtuale del patrimonio documentario riguardante la Comunità di Vinci che andrà ricercato appunto negli archivi delle Comunità limitrofe, partendo da uno studio della storia dell’Ente:

Comune dalla metà del ‘200 ( i suoi primi Statuti risalgono al 1382), Vinci divenne sede di podesteria negli anni ’70 del ‘300. Nel 1424 le due podesterie di Vinci e Cerreto Guidi vennero unite in una unica podesteria. Il territorio della Podesteria comprendeva, oltre le Comunità di Cerreto e di Vinci (Parrocchie o popoli di S. Croce a Vinci, S. Pantaleo, S. Amato, S. Maria a Orbignano, S. Maria a Faltognano, S. Lucia a Paterno. S. Donato in Greti, A. Bartolommeo a Streda), le parrocchie o popoli della Lega di Colle alla Pietra (S. Leonardo a Cerreto, S. Stefano a Corliano, S. Maria a Bassa, S. Bartolomeo a Gavena, S. Leonardo a Ripoli) e della Lega di Collegonzi (S. Maria a Collegonzi, S. Ansano, S. Maria a Petroio, S. Bartolommeo a Sovigliana, S. Maria a Spicchio), ed il Popolo di S. Pietro a Vitolini. La giurisdizione civile venne allora esercitata in Cerreto e Vinci da un podestà locale valido per entrambe le comunità: Vinci fu eletta a sede principale mentre Cerreto fu declassata a sola sede di banco attuario. Dal 1475, a fronte della protesta dei rappresentanti della popolazione di Cerreto che si lamentavano di una cattiva amministrazione della giustizia civile all’interno del loro territorio, i podestà della podesteria di Cerreto Guidi e Vinci risiederono alternativamente un semestre a Cerreto e un semestre a Vinci. La residenza alternata durerà sino alla riforma dei tribunali provinciali del 1772. L’unione delle due podesterie aveva all’inizio creato non poche difficoltà per quanto riguardava la scelta dell’autorità pertinente all’esercizio della giurisdizione criminale. Vinci apparteneva infatti al Vicariato della Valdelsa, ovvero al Vicariato di Certaldo, istituito nel 1415, mentre Cerreto faceva parte del Vicariato del Valdarno inferiore, ossia di San Miniato, istituito nel 1370. Dopo un primo periodo passato sotto il Vicariato della Valdelsa, nel 1462 Cerreto e Vinci andarono a far parte del Vicariato di San Miniato.

La legge per il nuovo compartimento dei Tribunali di Giustizia dello Stato Fiorentino del 30 settembre 1772 conservò in Cerreto la Podesteria (comprendendola fra le minori). In tale occasione si abolì la duplice residenza del Podestà in Cerreto e a Vinci, prescrivendo che egli dimorasse sempre a Cerreto, recandosi a Vinci per il banco giudiziario ogni martedì. La giurisdizione criminale in Cerreto e Vinci passò al Vicariato di Empoli.

Il 23 maggio 1774 Il Comune di Vinci fu soppresso e riunito, assieme ai popoli della Lega di Collegonzi (S. Maria a Collegonzi, S. Ansano, S. Maria a Petroio, S. Bartolomeo a Sovigliana, S. Maria a Spicchio), della Lega di Colle alla pietra e di Vitolini, alla nuova Comunità di Cerreto Guidi.Da quel momento in poi (anni 1775-1808) gli atti riferibili a quello che un tempo era il territorio della Comunità di Vinci vennero fusi con quelli della Comunità di Cerreto. Gli antichi atti del Comune di Vinci(assieme a quelli del Comune di Vitolini e della Lega di Collegonzi) furono trasportati nella Cancelleria comunitativa di Empoli, dove vennero dispersi.

La giustizia civile e criminale continuò ad essere esercita nell’ex territorio della Comunità di Vinci rispettivamente dal Podestà di Cerreto e dai Vicari di Empoli (dal 1774 al 1782) e di Fucecchio (dal 1782 sino alla rivoluzione francese).

Sotto il governo francese fu soppressa la Podesteria di Cerreto. L’archivio del Podestà di Cerreto (1484-1808) fu interamente portato ad Empoli, dove tutt’ora viene conservato.

Sempre durante il periodo francese, grazie alla riorganizzazione delle comunità rurali dei dipartimenti della Toscana, con

 

Cerreto Guidi

La denominazione Cerreto in Greti restò in uso fino al 1079 quando subentrò quella originata dal dominio dei Conti Guidi, antichi signori feudali che vi avevano edificato un castello non lontano dal percorso della via francigena, la via dei pellegrini e dei mercanti.

Dal 1085 il loro potere divenne puramente nominale a favore della Repubblica Fiorentina. Formalmente la fine dell'epoca feudale e la cessione completa di Cerreto ai fiorentini avvenne nel 1273. Da quel momento in poi le vicende di Cerreto si legheranno indissolubilmente a quelle di Firenze. Centrale per la storia di Cerreto, in quanto ne condizionerà profondamente il futuro, è il secolo XVI durante il quale il nome della città si legò a quello dei Medici. Da "territorio di frontiera" Cerreto divenne luogo di delizie e di cacce della corte medicea. Non lontano dal Padule di Fucecchio e dalla rinomata tenuta del "Barco reale mediceo", nel Cinquecento Cosimo I de' Medici scelse di farvi erigere una splendida villa, in posizione preminente sulle colline e e le valli.

 

Le prime testimonianze storiche relative a Cerreto risalgono al 780.
La denominazione Cerreto in Gretì restò in uso fino al 1079 quando subentrò quella originata dal dominio dei Conti Guidi. Formalmente la fine dell'epoca feudale e la cessione completa di Cerreto ai Fiorentini avvenne nel 1273. Centrale per la storia di Cerreto, in quanto ne condizionerà profondamente il futuro, è comunque il secolo XVI, durante il quale il nome della città si legò a quello dei Medici.
Il Complesso Mediceo, attestazione del dominio della famiglia sul borgo, sorge in posizione centrale. E costituito dal Museo Villa Medicea, dalla fattoria, separata dall'edificio padronale dalla Pieve di San Leonardo, e dalle quattro rampe di accesso al piazzale antistante la villa nota come ponti medicei.
Il luogo era evidentemente così gradito a Cosimo che, sulla sommità del colle dove il castello ormai fatiscente dei Guidi ne testimoniava l'antico possesso volle costruire una splendida dimora.
Con lettera del 1564 il Granduca dette inizio ai lavori. In un documento del 1575 si attesta la presenza a Cerreto dell'architetto mediceo Bernardo Ruontalenti a cui è verosimile attribuire l'opera.
La facciata della Villa è austera.

Fanno da contrappeso l'imponente e decisa colorazione delle rampe di accesso al piazzale, i cosiddetti ponti, di grande risalto cromatico, realizzati in mattoni a vista e pietra.
L'interno è estremamente rigoroso, impreziosito da decorazioni pittoriche che risalgono al XIX sec. Sede del Museo Villa Medicea, ospita al momento una raccolta iconografica medicea.
Di origini sconosciute, anche per la scarsa documentazione, la Pieve di San Leonardo

 

 

 

 

Figline

Il castello di <Fegghine> è citato per la prima volta in un documento del 1008. A sinistra dell'Arno, su un colle dominante il fiume (nella zona delI'attuale San Romolo), fu dominato e forse fondato dalla famiglia feudale degli Ubertini, potenti e al riparo del loro poderoso castello di Gaville. Nel 1109 vengono menzionate varie chiese (fra cui quella di Santa Maria, ubicata sul colle)nel territorio di < Fighine >. Forse già prima del 1109 gli abitanti del borgo collinare intorno al castello erano scesi ad una piaggia sul fondovalle, stabilendovi un luogo di scambio e di mercato dei prodotti del suolo, del bosco, della pastorizia: il < grande forum > di Figline (già citato nel 1210), una piazza mercatale, da cui le merci venivano smistate a dorso di mulo o per via fluviale (sull'Arno, navigabile da secoli lungo tutto il suo corso, sarebbe presto arrivato il legname delle foreste del Casentino fino a Firenze e Pisa). Un "mercatale", dunque, sovrastato da fortilizi (delle famiglie degli Azzi, Guineldi, Benzi) e sul cui perimetro nascevano case e portici per le merci.

Intorno al 1167 si registra il tentativo di Fiesole di trasferire la sua sede vescovile nel castello di Fegghine, per collocarsi al centro della propria diocesi, verso Arezzo, in un luogo fortificato più lontano da Firenze: che proprio in questo periodo, e nella sua rivalità con Fiesole, cerca di allargare il proprio dominio al territorio circostante. E proprio nel 1167 i Fiorentini distruggono castello e chiese, affermando così l'importanza strategica di Fegghine nel loro sistema di difesa e d'espansione verso sud.

Nel 1198, al formarsi della Lega Tuscia, in funzione antiimperiale, il castello di Fegghine giura obbedienza e sottomissione alla città di Firenze. Ma intorno al 1215 s'accende in Firenze la cruenta divisione interna fra Ghibellini e Guelfi (che sposano, questi ultimi, la causa delle autonomie locali alla politica del Papato, contro i signori feudali e le fortune dell'Impero). Gli Ubertini di Gaville, ghibellini, fomentano un focolaio antifiorentino nel castello di Fegghine, che già intorno al 1223 appare decisamente sotto l'influenza d'Arezzo e orientato a favore della causa ghibellina. Così, dopo una sanguinosa irruzione nel castello (1250), I'esercito della Repubblica Fiorentina nell'agosto 1252 lo espugna e lo rade al suolo cancellandone le tracce, obbligando la popolazione ad abbandonarlo per sempre. Gli abitanti più influenti vengono convogliati in Firenze, gli altri costretti a scendere intorno al mercatale (indennizzati e anche agevolati per rimanervi). Nel 1259 il Comune fiorentino invia i suoi mensuratores a ridisegnare il "grande forum". I Fiorentini tracciano successivamente tre vie parallele, poi intersecate ortogonalmente (secondo il classico schema a scacchiera diorigine romana), dove si allineano strette e alte case a schiera. Nel 1353, dopo ripetuti attacchi dei nemici ghibellini, Firenze deli-bera la costruzione di un imponente anello di mura intorno a Figline, che, iniziata nel 1356, sarà completata intorno al 1363-1375. Prima d'allora Figline, difesa solo da un fossato e forse da una palizzata, costituì un caso anomalo: << terra più di mercato di grano, o di biada che terra nel contado di Firenze ) il borgo di Fegghine suscitava la meraviglia dell'imperatore Arrigo VII, nel 1312, per essere, "un buono luogo senza muri ".

Ma intorno al 1250 Firenze aveva iniziato la propria espansione, contro le famiglie feudali, in varie direzioni del contado. Di essa l'aspetto più appariscente sarà, nel XIV secolo, la fondazione delle " Terre nuove ", terre murate (nel contado fiorentino verso sud San Giovanni, Terranuova, Castelfranco di Sopra). Di tale espansione gli obbiettivi principali erano uno di politica annonaria (approvvigionamento della città), uno di controllo della viabilità. Il problema che si poneva era il destino delle popolazioni: per legarle stabilmente al destino della città attraverso un controllo politico, Firenze doveva garantire loro una sicurezza difensiva. E Figline, appunto, si proponeva, già dalla metà del XIII secolo, nelle sue caratteristiche fondamentali. La fertilità "pliocenica" della sua terra (ora la larga pianura dell'Ar-no non era più paludosa) ricca di frumento vigneti, oliveti, allevamenti di bestiame, ne faceva un granaio, un centro agricolo in gra-do di raccogliere la produzione della campagna circostante e convogliarla verso Firenze. La sua posizione centrale in una zona di passaggio obbligato, in prossimità della strada per Arezzo e del fiume, faceva poi di Figline il cardine naturale del sistema di sicurezza fiorentino nel Valdarno Superiore. Perciò Firenze s'impadronì di Figline e dovette assicurarsene la piena fedeltà (vacillante invece in passato) prima di costruirvi intorno un'imponente cinta di mura: con esse finisce "l'anomalia" di Figline e una storia autonoma di questo borgo del contado fiorentino, che stabilmente entra nella storia della grande città vicina. Ma se finisce qui il frammento di storia che interessava anche soltanto evocare, pure ci sono alcuni fatti posteriori di cui non si dovrebbe perdere il ricordo.

Dopo il profondo travaglio del secolo XIV (peste, tumulti, distruzioni), il Quattrocento è fecondato da una ventata di nuova cultura umanistica che vide protagonisti uomini provenienti proprio da terre valdarnesi, come il grande Marsilio Ficino (nato a Figline nel 1433), Poggio Bracciolini (nato a Terranuova nel 1459) e nel '500 Benedetto Varchi, nativo di Montevarchi. E nel Quattrocento, incentrato sulle città e in particolare su Firenze, nasce Masaccio a San Giovanni Valdarno (1401) e rinnova la pittura dando inizio al " Rinascimento " fiorentino con il suo capolavoro giovanile del 1422, il Trittico di San Giovenale. Poco lontano, a Borgo San Sepolcro, nasce nel 1406 Piero della Francesca, che lascerà fra la Val Tiberina, il Montefeltro ed Arezzo tanti capolavori. Forse non è un caso; di certo dal microcosmo del Valdarno è possibile una visione storica efficace dei momenti più significativi della storia dell'arte fiorentina oltre che delle vicende della storia civile e culturale italiana ed europea.

  

 

RUFFINA

Facendo riferimento alle più antiche circoscrizioni ecclesiastiche (le pievi), si osserva che l'attuale territorio comunale comprende l'intera area del plebato di Castiglioni, buona parte di quello di Pomino, e porzioni dei plebati di Diacceto (popolo di Falgano) e della Rata (limitatamente al popolo di Turicchi: la chiesa plebana di S. Maria si trova infatti nell'odierno territorio comunale di Londa).

In età feudale la giurisdizione sopra il territorio del comune di Rufina era divisa tra il vescovado di Fiesole (con la "contea" di Turicchi, comprendente la villa omonima, e i castelli di Castiglione e Agna) e i conti Guidi (Poggio Castello -sopra Pomino- e Falgano).
Il castello di Rufina (antenato dell'odierno capoluogo che, come agglomerato di una certa importanza, non è anteriore alla metà del XVIII secolo) fu invece un "condominio" tra le due signorie, ma solo fino al XIII secolo, quando il potere vescovile prese il sopravvento .
I più antichi documenti che provano il dominio temporale del vescovo di Fiesole sono due bolle pontificie, l'una del 1103 e l'altra del 1134.
La signoria della dinastia comitale dei Guidi è documentata a partire dall'XI secolo (1068,1099,1164, 1191, 1220: le ultime tre date si riferiscono a diplomi imperiali) fino all'incirca al primo quarto del XIII secolo.

Con la conquista fiorentina del contado, il territorio di Rufina fu compreso nella lega di Diacceto (1311); nel 1376 si sovrappose l'ordinamento podestarile cosicché dall'unione della lega di Diacceto con quelle di Monteloro e Rignano, nacque la Podesteria di Diacceto, detta poi del Ponte a Sieve.

Continuò a fare eccezione Turicchi che, pur legata da un patto di accomandigia a Firenze fin dal 1398, mantenne una formale dipendenza dal vescovo di Fiesole e una certa forma di autonomia fino al 13 dicembre 1775.

Con la cosiddetta riforma delle comunità di epoca lorenese (1774), la lega di Diacceto fu unita con quella di Monteloro per comporre la nuova comunità del Ponte a Sieve.

Da quest'ultima realtà amministrativa fu staccato in epoca napoleonica (1809) il territorio dell'antica lega di Diacceto: nacque così la nuova comunità di Pelago, in cui rimase compreso anche l'attuale territorio di Rufina.

Infine con decreto luogotenenziale del 2 dicembre 1915 , mediante la separazione dal comune di Pelago dei popoli di Rufina, Casi, Falgano, Castiglione, Petrognano, Pinzano, Agna, Cigliano, Pomino e Turicchi, nonché di una porzione dell'antico popolo di Vico (Selvapiana) e di quello di Tosina, venne decretata la nascita di un'autonoma comunità: l'odierno comune di Rufina.

 

 

Tavernelle

 

Il capoluogo prende nome da tabernulae, cioè dalle antiche taverne che erano posto di tappa sulla via Cassia per chi intraprendeva il viaggio da Firenze a Siena. Sul territorio nel Medioevo, signoreggiavano alcune grandi famiglie, quali gli Alberti e i Buondelmonti; pervenuto nella prima metà del XIII secolo sotto il dominio di Firenze, questa non giudicò mai necessario cingere il borgo di mura, potendo contare per il sistema difensivo della zona sui vicini castelli di San Donato e di Barberino.
Lo sviluppo e l'importanza di Tavarnelle è comunque recente: più importanti per la loro storia sono sicuramente le frazioni di San Donato e della Badia di Passignano. San Donato in Poggio, ancor oggi cinto di mura, fu sede per due volte, nel 1176 e nel 1255, della stipulazione di trattati di pace fra Firenze e Siena e presso la sua pieve si riuni nel 1260 l'esercito fiorentino che si accingeva alla battaglia di Montaperti; fu capoluogo di comunità fino al 1774. La Badia di Passignano, sorta su un terreno che era stato insediamento etrusco e romano, secondo la leggenda fu fondata da san Zanobi nel 395; ma per attenerci alla storia va detto che essa, divenuta vallombrosana fin dal X secolo, fu una delle residenze predilette da san Giovanni Gualberto, che qui mori nel 1073. Nel 1485 il monastero, ricco di beni e di privilegi, fu occupato manu militari da Lorenzo il Magnifico, che l'aveva ottenuto in commenda per il proprio figlio Giovanni, cacciandone i monaci. Giovanni, divenuto papa Leone X, lo restituì ai vallombrosani nel 1499 e ad essi rimase fino al 1810, quando con la riforma napoleonica il convento fu soppresso e la proprietà venduta a privati.

 

 

Greve

 

 

Il territorio del comune di Greve si estende per 169,04 kmq per lo più in media e alta collina, nella valle omonima, tra la Val d'Ema, la Val di Pesa e i Monti del Chianti. Sede podestarile, fu eretta in comunità nel 1773 e ad essa venne aggregata anche quella parte di territorio prima appartenente alla lega di Cintoia.

 

Greve andò sviluppandosi nei secoli del basso Medioevo come "mercatale" di Monteficalle e degli altri limitrofi castelli. Piccolo agglomerato - fino alla metà del Quattrocento non era ancora sede parrocchiale e nel censimento del 1551 il villaggio contava solo 92 abitanti - conobbe una rapida crescita a partire dalla seconda metà del XVI secolo, certo favorito dalla sua posizione geografica, trovandosi all'incrocio della strada che da Firenze conduceva al Chianti con quella che dalla Valdipesa portava a Figline, e dalla conseguente vivacità del suo mercato settimanale, che si svolgeva nella caratteristica piazza ancor oggi cuore del paese. Divenuto dunque capoluogo della lega di Val di Greve e sede podestarile, in epoca moderna era già centro di discreta importanza ("Il luogo è grande e pulito", scrisse Pietro Leopoldo nel 1773) e proseguì poi nella sua crescita arrivando a raddoppiare i propri abitanti nel corso dell'Ottocento. Ricchi di storia sono i molti castelli del suo territorio, antichi possessi di famiglie eminenti in Firenze; oltre al già citato Monteficalle (oggi Montefioralle), vanno ricordati almeno Panzano, la cui prima notizia documentaria è del 1041 e che fu a lungo il più popoloso centro della Val di Greve; Lamole e Uzzano, due tra i più muniti castelli della zona; Cintoia, oggi village déserté,ma importante insediamento probabilmente fin dall'epoca longobarda. Tra i figli illustri del comune vi furono l'uomo politico Niccolò da Uzzano (1359-1431) e il navigatore Giovanni da Verrazzano (1485-1528).

 

STEMMA. Spaccato, d'azzurro e d'oro; l'azzurro caricato da un agnello pasquale passante d'argento.
L'oro e l'azzurro, colori dell'antica casata degli Adimari, signori del castello di Cintoia in Val d'Ema, dividono in due parti lo stemma del comune di Greve in Chianti. Sull'azzurro della parte superiore emerge la bianca figura dell’
Agnus Dei, antico simbolo del Cristo.

 

 

 

 

REGGELLO

 

 

 

 

 

 

L'attuale Reggello è, probabilmente, quello che anticamente era chiamato Castenuovo della pieve di Cascia, come risulta da due bolle papali del 1103 e del 1134, e che si distingueva dal Castelvecchio di Cascia, di proprietà dei conti Guidi, dove trovarono rifugio nel 1248 alcuni guelfi fiorentini cacciati dalla fazione ghibellina allora dominante in Firenze.
Passato sotto il dominio della Repubblica fiorentina tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, il castello di Cascia fu fortificato nel 1385, con una spesa di 2000 libre stanziate dal capoluogo toscano.
La denominazione Reggello, intesa a significare il capoluogo di comunità, risale alla legge del granduca Pietro Leopoldo del 1773.

 Nel Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, Emanuele Repetti scrive:
"La vicinanza del paesetto di Reggello alla pieve di Cascia potrebbe forse far nascere il dubbio che in Reggello fosse stato il Castelnuovo di Cascia rammentato nelle bolle de' Pont. Pasquale II (anno 1103) e Innocenzo II (anno 1134) ai vescovi di Fiesole, cui fu confermata anche la pieve S. Petri sitam Cascia cum curte et parte Castelli quod vocatur Novum. Il qual Castello fu detto nuovo a differenza del Castelvecchio di Cascia ch'ebbero i Conti Guidi a Ostina, dove si refugiarono nel 1248 e quindi assaliti si difesero molti Guelfi cacciati da Firenze dai soldati di Federigo II."
La storia del contado s'intreccia con quella delle città vicine e viceversa, così gli insediamenti religiosi in questo territorio erano sotto la diocesi di Fiesole e le fortificazioni realizzate con i contributi finanziari di Firenze.

 

 Il nome antico "Castelnuovo della Pieve di Cascia" fu mutato sotto i Lorena, all'epoca di Pietro Leopoldo, in "Reggello", che trae origine dal diminutivo "rege", termine con il quale si indicavano le antiche proprietà dei Longobardi. La sfera caricata dalla croce rossa indica la dipendenza dal popolo di Firenze e l'albero rappresenta il borgo di Leccio.

 Vallombrosa

Nel territorio di Reggello ha storia più antica il monastero di Vallombrosa, fondato da San Giovanni Gualberto de' Visdomini e basilica madre dell'ordine vallombrosano. L'importanza del piccolo romitorio costituitosi nella prima metà del Mille crebbe rapidamente per le numerose donazioni di terre circostanti; gli abati ebbero il titolo di conti di Magnale conferitogli già da Matilde di Canossa e, nel XV secolo, di marchesi di Canneto e Monteverdi. Ricostruito nella seconda metà del Quattrocento e poi di nuovo a metà del XVI secolo, dopo che nel 1519 le milizie di Carlo V lo avevano gravemente danneggiato, il monastero fu soppresso dalle leggi napoleoniche nel 1808. Ricostruito nel 1817, fu soppresso ancora dal governo italiano nel 1866. È dal 1963 che la congregazione è tornata a disporne totalmente.

 

 

 

 

San Giovanni Valdarno (Arezzo )

 

La decisione di fondare San Giovanni e Castelfranco risale, secondo lo storico Giovanni Villani al 1296. La provvisione del 26 gennaio 1299 prevede la costruzione ex novo, accanto a San Giovanni e a Castelfranco, di Terranuova. La popolazione di Castel San Giovanni confluisce dai piccoli centri abitati e dai castelli dei dintorni già possesso di potenti feudatari locali. La provvisione del 1299 stabilisce che nessun nobile possa risiedere nelle terre murate di recente fondazione. I coloni sono attratti nei centri di recente fondazione da esenzioni fiscali ma sono gravati da diversi obblighi: devono realizzare le opere di fortificazione, delle quali Firenze si assume l'onere finanziario, e devono costruire a proprie spese le nuove abitazioni.

La lentezza con la quale si realizzano le opere di fortificazione dei nuovi centri del Valdarno li espone, impreparati, ad attacchi esterni. I frequenti assalti subiti indeboliscono le incomplete strutture difensive di San Giovanni che nel 1352 risultano in pessime condizioni. Fra il 1356 e il 1363 la cinta difensiva viene ristrutturata e rafforzata portando a ventiquattro il numero delle torri delle mura. Dopo la sottomissione di Arezzo la minaccia più grave per lo stato fiorentino viene dalla politica espansionistica dei Visconti. San Giovanni mantiene così la sua funzione di importante presidio militare.

Al periodo di continue lotte segue, fra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, un ventennio di relativa tranquillità e di sviluppo del centro.
Il Palazzo Pretorio che fino al 1401 era stato sede del solo Podestà di San Giovanni accoglie, agli inizi del XV secolo, i Vicari del Valdarno Superiore.
I Vicari di San Giovanni hanno giurisdizione sui territori di Greve, Pontassieve, Incisa, Figline, Cascia di Reggello, Castelfranco di Sopra, Terranuova, Montevarchi, Bucine, Laterina.

Nel 1431 diversi centri del Valdarno sono colti, ancora una volta, impreparati dai temuti attacchi dei Visconti. Nel 1478 é la volta delle truppe di Sisto IV che invadono il Valdarno e conquistano San Giovanni e Montevarchi. L'anno successivo San Giovanni é devastata dalla peste che causa la morte di quasi due terzi della popolazione. All'avvenimento é legata la costruzione dell'Oratorio della Madonna delle Grazie, in ricordo del "miracolo del latte".

La città perde progressivamente il carattere originario di avamposto, venendo meno la funzione militare del centro valdarnese in seguito all'instaurarsi di uno stabile equilibrio di forze nel contado fiorentino. Tra l'altro, la politica di investimenti a prevalente carattere immobiliare che la borghesia fiorentina, dal XVI secolo in avanti, attua a discapito di più dinamiche imprese commerciali ridimensiona il ruolo economico del centro. Così le mura di San Giovanni, seriamente danneggiate nei primi anni del Cinquecento da una delle frequenti piene dell'Arno, sono interessate da semplici lavori di manutenzione ordinaria

http://www.comune.san-giovanni-valdarno.ar.it/storia.html

 

Palazzo Pretorio, meglio noto come Palazzo d'Arnolfo, dal nome dell'architetto Arnolfo di Cambio che ha progettato l'intero castello duecentesco e, probabilmente, per notizia di Giorgio Vasari, anche questo palazzo. E' situato esattamente nel centro, tra le due piazze principali, Cavour e Masaccio, affacciandosi sulla via principale del centro, Corso Italia. L'impianto medievale è stato rimaneggiato già nel quattrocento; nel corso degli anni ottanta il palazzo ha goduto di lavori di restauro. E' sede di alcuni uffici comunali e di mostre d'arte. Il piano terreno è recintato su tutti i lati da un ampio porticato, con quattro arcate sulle facciate e sei sui fianchi, scandite da pilastri ottagonali ornati da stemmi della città dominante (il giglio fiorentino) e dalla parte guelfa (l'aquila quelfa). Nell'atrio è conservato l'originale del Marzocco, la statua su alto piedistallo in pietra che rappresenta il dominio fiorentino: un leone seduto che regge con la zampa lo scudo gigliato. Originariamente posto in piazza Cavour; di fronte al palazzo, è ora sostituito da una copia e custodito all'interno del Palazzo Pretorio.

Alle pareti dell'atrio affreschi e stemmi dipinti del Quattrocento. Il primo piano presenta sulle facciate due loggiati su colonne e capitelli di gusto rinascimentale. Una torre emerge dal centro della parete posteriore, con duplice ordine di finestre e coronamento merlato. Palazzo d'Arnolfo ha una bellezza eccentrica per le abitudini costruttive toscane, rifacendosi più a modelli settentrionali che del centro Italia; il suo fascino è indubbiamente aumentato dai numerosissimi stemmi di vicariato che costellano la facciata principale: duecentocinquanta quelli rimasti, dal più antico del 1410 al più recente del 1772, in pietra, ceramica, taluni scolpiti nelle colonne e nei pilastri, altri dipinti. Su piazza Masaccio si affacciano la Basilica di Santa Maria delle Grazie, la chiesa di San Lorenzo ed il Palazzaccio. Quest'ultimo, detto anche Palazzo Salviati, è di origine trecentesca con successive rielaborazioni. La facciata ricorda modelli dell'architettura toscana tardo-rinascimentale nella triplice sovrapposizione di loggiati ed archi ribassati nei primi due ordini, e architravato a guisa di terrazza terminale il terzo.

http://www.comune.san-giovanni-valdarno.ar.it/arnolfo.html

 

 

 

 

 

Scarperia nel Mugello

 

 

 

Ci sono vicari dei Carnesecchi anche a Scarperia non ne possiedo l'elenco

 

Su Scarperia il libro :

Romby, Giuseppina Carla - Diana, Ester
Una terra nuova nel Mugello : Scarperia : popolazione, insediamenti, ambiente, XIV-XVI secolo / Giuseppina Carla Romby, Ester Diana. Comune di Scarperia, 1985.

 

 

 

 

 

Fucecchio 1328--1330

 

 

 

 CROCE di VAL D'ARNO 1328--1330

 

 

 

COLLE ( COLLE Val d'ELSA ) 1333

 

 

 

Colle era conteso fra le due Repubbliche di Firenze e Siena e si offrì di diventare provincia fiorentina in cambio della protezione dell'economia colligiana. Da quest'unione il Comune ricavò molti vantaggi: si sviluppò l'economia e ci fu più sicurezza dal punto di vista militare. Lo svantaggio maggiore fu che Siena, gelosa, distrusse, con lunghe guerriglie, le attività economiche del Comune.


Il comune colligiano combatté molte guerre a fianco di Firenze: venne devastata nel 1260 dai senesi, vincitori su Firenze a Montaperti ma, dopo alterne vicende, nel 1269 ritornò di nuovo con i fiorentini.

 

http://www.lenni.it/

Il comune di Colle Val d’Elsa sorge nel cuore della Toscana, poco lontano dalle città di Siena, Firenze e Volterra. Antico insediamento etrusco-romano, Colle diventò rapidamente un centro importante per l’intera area. Diventata libero comune, Colle instaurò rapidamente stretti rapporti di collaborazione con le città di Firenze e Siena, diventando, nel 1500, "municipio fiorentino".
Nel corso del Medioevo il Comune ricoprì un ruolo importante nella vita economica del paese, grazie alla cospicua produzione di lana, carta, ferro, cereali e legnami. Scesa in campo a fianco di Firenze nella "guerra dei Pazzi", conosciuta ovunque per le sue famose cartiere e per l’arte della stampa, Colle Val d’Elsa fu eletta, nel 1592, sede vescovile. La sua popolarità continuò a crescere nel periodo cinque-seicentesco, in seguito all’affermazione di giuristi, letterati, storiografi e cortigiani che s’integrarono pienamente nella cultura medicea: la famiglia degli Usimbardi rivestì ruoli importanti nelle corti e negli uffici toscani; Francesco Campana venne inviato da Papa Clemente VII a Londra per incontrare Enrico VIII a seguito dello scisma inglese. Nel XIX secolo le cartiere che, in quello precedente erano molto rinomate, tanto da fornire la carta anche per i manoscritti dell’Alfieri, furono sostituite da vetrerie, tipografie e molerie. L’industria andò affermandosi lentamente nei primi del ‘900, quando cominciarono a prosperare le numerose Scuole di Avviamento ed i Conservatori e conseguentemente s’inserirono nella vita culturale del luogo artisti come Salvetti, Meoni, Maccari, Fusi e Manganelli.

 

 

alle città di Siena, Firenze e Volterra, sul percorso della via Francigena, l'autostrada medioevale dei grandi pellegrinaggi dal nord Europa verso Roma.
L’abitato si è sviluppato originariamente in tre borghi autonomi, distinti per strutture e configurazione planimetrica: il Borgo di Santa Caterina, il Castello di Piticciano e il Piano.
I primi due insediamenti sono i più antichi, sedi privilegiate dei gruppi egemoni cittadini, e sono posti su uno stesso crinale collinare nella direzione Est-Ovest e separati da un ampio vallone, dominano la zona del fondovalle dove sorge il terzo "borgo", quello del Piano, più recente per diffusione urbana e da sempre adibito alle attività produttive.

Colle di Val d’Elsa è situata nel cuore della Toscana, in una posizione strategicamente favorevole, vicino alle città di Siena, Firenze e Volterra, sul percorso della via Francigena, l'autostrada medioevale dei grandi pellegrinaggi dal nord Europa verso Roma. Pur presentando il territorio di Colle grandi ritrovamenti archeologici, risalenti addirittura al IV millennio avanti Cristo, i primi documenti, dove si nomina Colle di Val d'Elsa, risalgono al X secolo, ma è dalla fine del XII secolo che la cittadina acquistò progressivamente autonomia e identità politica: i primi statuti comunali documentati risalgono al 1307.
Il tessuto urbano occupava, già nel Medioevo, un’area molto ampia che comprendeva, oltre alla parte alta, il Piano disposto lungo il tracciato delle antiche gore.
Quest'ultime sono le canalizzazioni artificiali del fiume Elsa, costruite nel corso dei secoli a partire dai primi del 200, con la presenza di numerosi edifici andanti ad acqua, come mulini, cartiere e gualchiere.
Le gore in questo senso furono quindi un fattore decisivo per l’economica della città, favorendo lo sviluppo delle attività industriali.

Nella sua storia Colle di Val d’Elsa fu teatro di frequenti episodi bellici.
Tra i più famosi ricordiamo la battaglia del 1269 tra guelfi e ghibellini, che ebbe notevoli ripercussioni sull’assetto politico della Toscana e l’assedio delle truppe del Duca di Calabria subìto nel 1479 a difesa del territorio fiorentino, che portò prima a gravi distruzioni, poi a nuovi potenziamenti del sistema delle fortificazioni.
Nel corso del Cinquecento, Colle di Val d’Elsa gravita ancora nell’orbita fiorentina, acquistando potere progressivo, soprattutto grazie alla famiglia dei Medici ed agli illustri colligiani che curarono l’amministrazione del Principe.
Dopo la guerra di Siena e la costituzione del Granducato di Toscana, nel 1592 con la Bolla di Clemente VIII, Colle divenne la sede di una nuova diocesi.
Nel XVI secolo con la famiglia Usimbardi si apre il nuovo capitolo della storia moderna di Colle di Val d’Elsa.

Alle porte dell’era contemporanea la produzione cartaria fu soppiantata dalle nuove industrie del ferro e del vetro.
Sarà soprattutto la produzione del vetro prima e del cristallo poi, a caratterizzare l’attività industriale di Colle di Val d’Elsa che già dall’Ottocento fu definita "la Boemia d’Italia", mentre oggi è diventata vera "Città del Cristallo" con il 15% di tutta la produzione mondiale ed oltre il 95% di quella italiana.

 

 

 

 

PESCIA 1339

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 SAN GIMIGNANO 1348--1354

 

 

 

VOLTERRA 1361

 

 

 

 

 

 

 

PRATO

 

Nel 1328 i pratesi, avendo per capitani Chiolo Guazzalotti e Guido del Cinque, passarono anzi all'offensiva sul Montalbano, vincendo a Carmignano le truppe dell'Antelminelli. Allontanato infine il comune pericolo, tornò ad acuirsi il contrasto che già da tempo opponeva Prato a Firenze ed aveva alle sue origini gratuita animosità reciproca, rivalità economiche, conflitti di giurisdizione. L'enorme disparità di forze non poteva lasciare dubbi sull'esito finale del confronto: pure i pratesi resistettero a lungo con abilità e fierezza, alternando concessioni e rappresaglie. Dopo varie vicende politiche e militari si giunse alla guerra del 1350 e Prato, accusata di aver tentato di far ribellare Colle Val d'Elsa a Firenze, venne assediata dall'esercito fiorentino. Stremata da un'epidemia e agitata dalle fazioni contrarie ai Guazzalotti, la città dovette cedere alla forza del numero e patteggiò una resa onorevole. L'anno successivo, per 17.500 fiorini d'oro Firenze comprava dalla regina Giovanna di Napoli, testimone del contratto Giovanni Boccaccio, quei diritti su Prato che da tempo gli Angioini non erano più in grado di esercitare. Nel 1328 i pratesi, avendo per capitani Chiolo Guazzalotti e Guido del Cinque, passarono anzi all'offensiva sul Montalbano, vincendo a Carmignano le truppe dell'Antelminelli. Allontanato infine il comune pericolo, tornò ad acuirsi il contrasto che già da tempo opponeva Prato a Firenze ed aveva alle sue origini gratuita animosità reciproca, rivalità economiche, conflitti di giurisdizione. L'enorme disparità di forze non poteva lasciare dubbi sull'esito finale del confronto: pure i pratesi resistettero a lungo con abilità e fierezza, alternando concessioni e rappresaglie. Dopo varie vicende politiche e militari si giunse alla guerra del 1350 e Prato, accusata di aver tentato di far ribellare Colle Val d'Elsa a Firenze, venne assediata dall'esercito fiorentino. Stremata da un'epidemia e agitata dalle fazioni contrarie ai Guazzalotti, la città dovette cedere alla forza del numero e patteggiò una resa onorevole. L'anno successivo, per 17.500 fiorini d'oro Firenze comprava dalla regina Giovanna di Napoli, testimone del contratto Giovanni Boccaccio, quei diritti su Prato che da tempo gli Angioini non erano più in grado di esercitare.
Prato mantenne comunque l'autonomia, e in forza dei patti del 1350 si assicurò statuti, leggi e magistrature proprie; soprattutto mantenne la sua individualità e la sua ragione d'essere.
Non mancarono tentativi di recuperare la completa indipendenza. Congiure, tumulti, insurrezioni si susseguirono dal 1351 al 1353, quando Jacopo di Zarino Guazzalotti invase da nord con le sue masnade la Val di Bisenzio, e si ripeterono poi alla fine del '300 ed ancora nel secolo seguente. Per decenni un gruppo di fuorusciti pratesi sostenne la causa della libertà, combattendo contro Firenze e intessendo una rete d'intrighi che giunse ad interessare anche i Visconti duchi di Milano; proprio in questo ambiente di esuli iniziava la sua carriera Bartolommeo Gherardacci detto il Boccanera, il celebre capitano di ventura pratese che divenne consigliere del reame di Napoli e signore di San Felice e Ruvo di Puglia. I Guazzalotti, perduta la signoria e allontanati dalla città dove le loro dimore venivano atterrate, furono i maggiori protagonisti della resistenza. Ma ancor più dell'amore di patria era in loro vigoroso l'interesse di parte: gli esuli che volevano riportare Prato all'indipendenza erano perciò temuti dagli antichi rivali che ne avevano preso il posto e primeggiavano nella città. Pronti ad opporsi con le armi ai liberatori, essi ne resero vano ogni tentativo; fattisi per calcolo fautori di Firenze, ricevevano da questa onori, prebende e cariche, favorendo il formarsi di uno spirito pubblico che vedeva Prato rispetto a Firenze non come una rivale tenuta con la forza, ma piuttosto come amica ed alleata, partecipe di eguali fortune. Cavalieri e balestrieri pratesi, con le insegne del loro Comune, combatterono così a fianco dei fiorentini; Prato eleggeva fra i suoi cittadini il connestabile di Castiglion Fiorentino e i castellani delle rocche di Barga. D'altronde Firenze era ben conscia di non avere a che fare con un comunello rurale e cercava di blandire l'irrequieta vicina (essendo anche "[...] i Pratesi più ringhiosi che non fosse lor possa" come scriveva nel '400 l'Anonimo fiorentino commentatore di Dante): così si occupava di farla "città di vescovado", con una diocesi che si sarebbe estesa da Montemurlo a Carmignano, da Gricigliana in Val di Bisenzio ad Artimino; ma la morte di Papa Alessandro V (1410) impedì la firma del decreto istitutivo. Comunque la "vocazione" territoriale di Prato venne ribadita istituendovi nel '400 una "podesteria maggiore" la cui giurisdizione comprendeva le Podesterie di Prato (con Vaiano), di Carmignano (con Poggio a Caiano) e di Campi (Bisenzio) col Comune di Montemurlo. Ma la città appariva tuttavia in declino, per la perdita della completa indipendenza e per la pressione fiscale, con la popolazione urbana ridotta a meno di 4.000 anime;

 

 

San Miniato ( al Tedesco )

 

 

San Miniato è terra di insediamento etrusco e poi romano, come testimoniano gli scavi di una necropoli del III secolo a.C. in località Fontevivo e quelli di una villa romana in località Antonini, i cui reperti sono visibili al Museo archeologico di Firenze e in piccola parte nel Museo Civico.

reperti della necropoli di Fontevivo, le lapidi, le sculture di marmo, i bronzi e i mosaici ritrovati dagli scavi in varie località tra le quali, Montecalenne e Motappio testimoniano le origini di San Miniato nell'epoca etrusco-romana. Dapprima fu colonizzata dai legionari di Augusto, poi stazione militare col nome di "Quarto", ma solo in seguito all'invasione dei Longobardi, divenne un borgo e nel 783, vi costruirono una Chiesa dedicata al martire San Miniato, dal quale prese poi il nome la città.

Il nucleo originario della Città risale all’VIII secolo, quando diciassette longobardi, secondo il documento originale del 713 conservato all’Archivio Arcivescovile di Lucca, edificarono una chiesa dedicata al martire Miniato.

Nel Medio Evo sarà conosciuta come San Miniato al Tedesco.

San Miniato, la Città delle XX miglia.

San Miniato è situato lungo la Via Franchigena, che collegava nel Medio Evo l'Europa settentrionale a Roma, flusso ininterrotto di uomini, eserciti, traffici, idee e culture. Su questa direttrice, San Miniato era all'incrocio, nel cuore della Valle dell'Arno, delle strade fra Firenze e Pisa, Lucca e Siena. Ed entro le venti miglia si collocavano anche Pistoia e San Gimignano, Volterra e Vinci

Nel 962 l'Imperatore Ottone I° fece costruire il castello, e vi costituì la sede dei Vicari Imperiali, con giurisdizione su tutta la Toscana. Fu anche residenza di Bonifacio, marchese e vicario dell'imperatore, nonché padre della contessa Matilde, nata a San Miniato, presumibilmente nel 1046 . Vari imperatori germanici visitarono la città e vi si trattennero, dimorando nell'Imperiale Paòlagio(oggi vescovado): Federigo Barbarossa nel 1167 e 1178; Enrico IV nel 1184, 1186 e 1194; Ottone IV nel 1209. Oltre agli imperatori, San Miniato ha ospitato anche tre sommi Pontefici e vale a dire Gregorio V nel 996, Eugenio IV nel 1434 e Clemente VII nel 1523. Nel 1211 giunse sul colle sanminiatese San Francesco d'Assisi, di ritorno da Pisa, e vi fondò lo storico e monumentale convento.
Durante l'epoca comunale, il borgo, di corrente ghibellina, ottenne consistenti privilegi dall'imperatore Federico II, che intorno al 1236 fece costruire opere di difesa militare tra le quali, la Rocca dove, secondo gli storici, fu improgionato e morì Pier delle Vigne cancelliere di Federico. destinandola alla raccolta dei tributi per l’Italia centrale.

San Miniato, al declinare della potenza sveva, diviene libero comune. Dal secolo XII°, San Miniato cominciò a reggersi con propri magistrati e fu coinvolta nelle lotte scoppiate tra le città vicine.

La città si estende con grandi conventi, scuole, istituzioni e ospedali.

Gli Statuti comunali, conservati nell’archivio storico, ne testimoniano l’indipendenza e la fortuna.


In seguito al crollo della potenza di Pisa ghibellina (1284), alla quale la città si era appoggiata, i sanminiatesi furono poi sottomessi da Carlo d'Angiò, al cui dominio si ribellarono per costituirsi in libero comune. Nel 1291 entrò a far parte della lega guelfa fino a che non furono assimilati dalla Repubblica Fiorentina.

Solo alla fine del XIV secolo San Miniato dovrà sottomettersi alla nascente Signoria fiorentina.

Si ribellarono però anche a questa nel 1370 e nel 1396. La città subì due assedi dei Fiorentini e un terzo, nel 1530, da parte degli spagnoli di Carlo V, comandato dal duca d'Amalfi. Essi occuparono la città il 1° Febbraio 1530, ma ne furono ricacciati il 1° Novembre dello stesso anno da Francesco Ferrucci, e che inalberò di nuovo sulla torre la bandiera gigliata della Repubblica Fiorentina. Quando, sotto Carlo V la Città del Giglio cadde, San Miniato fu sottomessa al Duca Alessandro dei Medici ed entrò in seguito a far parte del Governo Granducale. Sotto i granduchi, con la potente famiglia dei Grifoni, divenne una delle più importanti città della Toscana Medicea.
Sarà di nuovo una tedesca, Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo dei Medici a privilegiare San Miniato, facendone sede vescovile nel 1622.
 

Nel 1622 Maria Maddalena d'Austria, moglie di Cosimo II, chiese ed ottenne dal marito il benestare acciocché San Miniato fosse chiamata Città e ottenne dal Papa Gregorio XV l'autorizzazione affinché la città diventasse sede vescovile.
Il 28 Giugno 1797 Napoleone I° venne a visitare in San Miniato e qui tenne un consiglio di guerra presso la casa di suo zio canonico Filippo. Dopo aver dato il suo aiuto alla prima guerra d'indipendenza, nel 1860 San Miniato entrò a far parte del Regno di Sardegna

 

 

 

 

 

Montale

 

Non ho informazioni specifiche su Montale

 

 

PISTOIA

 

 

  Palazzo Pretorio di Pistoia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arezzo

Poco dopo il Mille anche in Arezzo cominciarono a istituirsi e a prender via via sempre maggior vigore quegli ordinamenti democratici, quelle organizzazioni artigiane, che porteranno alla costituzione del libero Comune. Tuttavia la vita della popolazione e la floridezza cittadina erano basate sull'agricoltura; perciò i nobili feudatari e prima di tutti il vescovo-conte, i quali possedevano quasi tutte le terre del contado, conservarono sempre un posto preminente ed una grande autorità nella politica del Comune. Nel frattempo Firenze si era andata ingrandendo ed aveva potuto sviluppare un fiorente artigianato e varie industrie; mirava quindi ad espandere la sua sfera d'influenza politica e ad acquisire nuovi mercati per lo smercio dei suoi prodotti. Nella seconda metà del secolo XIII Arezzo lottò a lungo contro Firenze e gli altri comuni guelfi di Toscana. Nel I287 Fiorentini e Senesi alleati assediarono Arezzo, strenuamente difesa dal popolo guidato dal suo vescovo Guglielmino Ubertini, ma fallirono e si allontanarono. Ma gli Aretini li inseguirono e sconfissero decisamente i Senesi a Pieve del Toppo (1288); sul campo di battaglia rimase ucciso anche Lano da Siena, come ricorda l'Alighieri (Inferno XIII v. 120). L'anno seguente però tutti i guelfi di Toscana si coalizzarono contro Arezzo e gli altri Comuni ghibellini e nella famosa battaglia di Campaldino, l'11 giugno 1289, li batterono rovinosamente. In questo periodo, pur tanto burrascoso e non sempre fortunato, che va dall'inizio del secolo XIII alla morte di Guido dei Tarlati (1327), Arezzo conseguì una magnificenza ed una floridezza non mai prima e non più dopo godute: vi convenivano i migliori artisti dell'epoca, chiamati a costruire nuove chiese e nuovi palazzi o a decorare quelli già esistenti; fioriva I'università, dalla quale uscivano eccelsi teologi e rinomati giuristi. Ma dopo la morte del grande Vescovo e Signore cominciò la decadenza, e dieci anni più tardi la città fu ceduta alla rivale Firenze, perdendo così definitivamente la sua libertà.

 

Firenze acquista il contado e la citta' di Arezzo nel 1337 , ma deve attendere il 1384 perche' una nuova cessione per una buona cifra faccia cadere in suo potere e non senza resistenza , la citta' con la zona del Casentino ,l'Appennino costiero e , a sud gli accessi alla val di Chiana e all'Umbria

 

È vero che gli Aretini non subirono tale perdita rimanendo passivi; al contrario, tra la fine del XIV e I'inizio del XVI secolo più volte insorsero tentando riconquistare l'indipendenza , ma dopo I'avvento della Signoria medicea gli Aretini abbandonarono I'idea di ribellarsi, e la formazione del Ducato di Toscana (divenuto poi Granducato) deferito ancora dai Medici riportò la tranquillità in tutta la regione: Arezzo entrò a farne parte insieme con Firenze e con tutte le altre città della Toscana 

 

 

 

 PISA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lari in provincia di Pisa

 

 

 

Lari

San Pietro in Belvedere (Pisa)

Lorenzana (Pisa)

Gello ( Pisa)

Vicarello (Livorno)

Collesalvetti ( Livorno)

 

 

135 metri sul livello del mare, 8092 abitanti, Toscana, provincia di Pisa. Sull'intersezione di tre crinali delle colline pisane superiori sorge l'abitato di Lari, piccolo borgo abitato fin da epoca etrusca. Al centro del paese si erge la massiccia sagoma del castello, già documentato nell'alto Medio Evo, anche se la struttura attuale è della prima metà del '600. Grazie alla sua posizione dominante su tutto il valdarno (dalle sue mura la vista spazia libera dai monti pisani alle balze di Volterra, dalla costa livornese fin oltre Peccioli) è stato un importante presidio militare della Repubblica Pisana fino a che questa non venne conquistata da Firenze, nell'ottobre del 1406.

 

Posta al centro delle dolci colline pisane, la cittadina di Lari vanta una sicura origine etrusca. Abitato anche in epoca romana e in alto medioevo, il centro assume notevole importanza a partire dagli inizi del secondo millennio. Documentato nell' XI secolo l'attuale Castello, da cui è possibile dominare una ampia distesa di territorio, diventa ben presto oggetto delle lotte tra Pisa e Lucca. Dal XII secolo di proprietà degli Arcivescovi di Pisa, il Castello divenne nel 1230 dimora della potente famiglia pisana degli Upezzinghi. Divenuto a partire dal 1289 importante roccaforte di confine della Repubblica di Pisa è più volte assediato alle truppe della Repubblica di Firenze. Nel 1406 Firenze conquistò Pisa e con essa Lari, che elevò a capoluogo delle colline pisane. Il Castello divenne così dimora dei Vicari, governatori fiorentini e membri delle più nobili famiglie cittadine (Medici, Pitti, Peruzzi, Strozzi, Degl'Albizzi,...), che lo trasformarono nei secoli in una lussuosa residenza, atta ad ospitare i regnanti di Toscana (da Cosimo I Medici a Leopoldo II Asburgo).

Il Vicario larigiano estendeva il suo potere su un territorio molto vasto, che andava dalla costa tirrenica (da Vada, a sud, fino a toccare Livorno, a nord), alle podesterie di Palaia e Peccioli, ad est, mentre verso sud raggiungeva Riparbella ed a nord Pontedera. Per tutto il XV secolo, ogni volta che Pisa si ribellò a Firenze, Lari partecipò attivamente ai tentativi di ristabilire l'autonomia da Firenze. Per questo fu ripetutamente assediato, ma invano: quello di Lari mantenne fama di castello inespugnabile. Con il XVI secolo la cittadina è definitivamente nelle mani dei fiorentini, che provvedono a rafforzare ed abbellire il Castello. Grandi opere -tutt'ora esistenti- vennero intraprese tra '400 e '500: Francesco da San Gallo nel 1530 e David Fortini nel 1559 restaurarono le fortificazioni; le facciate sul cortile interno vennero decorate con stemmi commissionati ad Andrea (1435-1525), Andrea il giovane (1475-1548) e Giovanni della Robbia (1469-1529/30), Benedetto (1461-1521) e Santi Buglione (1494-1576).

All'interno furono realizzati numerosi affreschi (per i quali si fanno i nomi di Andrea da Pisa, di fine '400 e di frà Bartolomeo della Porta o.p.), le architravi furono pregevolmente ornate, una Madonna con Bambino venne realizzata da Andrea della Robbia su modello di Luca della Robbia per adornare la camera da letto del Vicario Alessandro Segni. Gli ampi locali del Castello furono abitazione dei Vicari fino al 1848, anno in cui questa carica fu abolita e rimpiazzata dal pretore. Il Castello fu quindi trasformato in Palazzo Pretorio, funzione che ha svolto fino al 1962.

 

 

 

Livorno

 

 

1421

Firenze acquista Livorno dai genovesi per 100.000 fiorini d’oro.

1423

Durante la signoria di Cosimo il vecchio de’ Medici, viene costruita di fronte a Livorno la Torre del Marzocco, dal nome Martocus, statua del dio Marte che si trovava su Ponte Vecchio a Firenze.

1458

Viene innalzata una seconda cinta di mura intorno al villaggio. Per Livorno comincia un periodo di prosperità.

1495

Assedio di Livorno da parte dei nemici di Firenze: un’alleanza formata da Pisa, Siena, Genova, Venezia, Milano e l’Imperatore d’Austria Massimiliano I. I livornesi innalzano un bastione e dopo una dura battaglia riescono a sconfiggere gli assedianti. I fiorentini riconoscenti costruiscono la Fonte del Villano, un monumento alla fedeltà e al coraggio dei livornesi, e donano loro uno stendardo bianco con la scritta "Fides". Lo stendardo verrà inserito nello stemma di Livorno.

1543

Cosimo I "il Grande" fa costruire a Livorno una nuova dogana, una fabbrica di ancore ed un arsenale marittimo. Il villaggio si popola di marinai, soldati e mercanti.

1550

Sull’area dell’antico villaggio, Cosimo I fa costruire la Fortezza "vecchia", che incorpora il Mastio e la Quadratura dei Pisani. La Fortezza ha quattro bastioni: uno è lo stesso Mastio, gli altri vengono chiamati Canaviglia, Ampolletta e Capitana. Inoltre Cosimo fa scavare il Canale dei Navicelli che collega Livorno a Pisa, ormai conquistata da Firenze e sostituita da Livorno come sbocco al mare del Ducato mediceo.
E’ ancora Cosimo I de’ Medici, Duca di Firenze e vero fondatore di Livorno, a far scavare intorno alla Fortezza il Fosso Reale, collegato con il Canale dei Navicelli, per scopi militari e commerciali. Viene eretta in questo periodo la Torre di Calafuria.

1562

Cosimo I istituisce l’Ordine di Marina Militare dei Cavalieri di Santo Stefano, per difendere le coste toscane dai pirati turchi, con base operativa nel porto di Livorno.

1571

Cosimo I, diventato Gran Duca, fa costruire un nuovo Porto di Livorno, creando un bacino fra la terraferma, il Fanale e la Fortezza vecchia.

1577

Il Granduca Francesco I, succeduto al padre Cosimo I, fa edificare all’artista Buontalenti la nuova città a pianta pentagonale, con appunto cinque bastioni difensivi, circondata dai Fossi e da mura cinque volte più grandi rispetto a quelle di Pisa. Inoltre fa costruire la Fortezza nuova e la piazza d’Arme (oggi piazza Grande).

1593

Ferdinando I, succeduto al fratello Francesco, emana la Costituzione Livornina: si tratta di bandi che concedono garanzie e privilegi fiscali a tutti i mercanti che si vogliono stabilire a Livorno con i loro capitali e le loro capacità.

1595

Viene realizzato il Duomo.

1603

Ferdinando I istituisce tre ordini di cittadini, Gonfalonieri, Anziani e Huomini, che a turno costituivano la magistratura civica livornese. Il Granduca fa costruire la via Ferdinanda (oggi via Grande), numerose chiese e le sei porte della Città. Viene costruito il Palazzo Granducale (oggi sede della Provincia).

1606

Livorno viene intitolata "Città", con a capo un Primo gonfaloniere nella persona di Bernardetto Borromei. Livorno estende il suo territorio ai comuni vicini: Rosignano, Vicarello, Lorenzana, Nugola e altri. Vincolo sui terreni di Livorno: l’acquisto è subordinato alla residenza in Città.

1610

Il figlio di Ferdinando, Cosimo II, fa erigere dal Bandini una statua del padre, in divisa di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano, per celebrare le vittoriose lotte contro i barbareschi, nemici dei cristiani. I quattro mori in bronzo incatenati sotto la statua di Ferdinando I sono del Tacca. Cosimo II fa costruire anche il Molo Cosimo. Livorno ospita un’intera flotta di galee di Santo Stefano ed ha una propria moneta locale granducale, con il porto impresso su una facciata.

1618

Per volontà di Cosimo II, Livorno è porto franco: lo scalo è esente da tasse e gabelle, le merci depositate hanno una franchigia completa. La popolazione raddoppia e raggiunge le 9.500 unità.

1629

Ferdinando II, figlio di Cosimo II, fa costruire il nuovo quartiere "Venezia", detto Isola Ferdinanda, reclutando maestranze veneziane che collegano con vari ponti i 23 isolotti al di là del Fosso. Inoltre fa edificare il nuovo quartiere San Marco.

1643

La Città ha il suo stemma: un castello che sorge dal mare, sormontato dallo stendardo con la scritta "fides".

1647

Ferdinando II fa erigere il Forte San Pietro, tra la Fortezza vecchia e quella nuova, per difendere il quartiere Venezia.

1670

Cosimo III, successore di Ferdinando II, fa costruire la Porta San Marco e il Palazzo della Dogana (oggi sede della Camera di Commercio).

1700

Viene innalzato il Palazzo del Picchetto, sede del Reggimento Toscano.

1703

Cosimo III fa costruire, a picco sulla scogliera di Calafuria, il Castello del Romito (oggi detto Castel Sonnino).

1720

Viene realizzato il Palazzo Municipale (oggi sede del Comune).

1737

Muore senza eredi il figlio di Cosimo III, Giangastone. Con lui finisce la Dinastia dei Medici, che in 204 anni di governo ha trasformato Livorno da villaggio di pescatori in una splendida città rinascimentale con uno dei porti più importanti del Mediterraneo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cortona e il suo contado 1411

 

 

Romagna fiorentina

 

 

Montepulciano

 

 

 

 

 

Catasto 1427

 

 

 

 

 

LA BATTAGLIA DI ANGHIARI

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

POPPI nel Casentino

 

 L’antica "Pupium", ricordata fin dal 1166, fu una delle sedi principali dei conti Guidi, feudatari del Casentino, di parte del Mugello e della Romagna.
Il primo signore di Poppi fu Guido Bevisangue, il capostipite della famiglia che, si dice, avesse meritato il terribile soprannome per le vendette compiute a Ravenna, sua terra d’origine. Secondo Carlo Beni, invece, fu chiamato così "[…] perché nella voluttà dell’odio e della vendetta solea leccare sulla spada il sangue tratto dalle vene de’ suoi nemici"79.
Ebbe come discendenti, Guido Novello e Simone da Battifolle che, avendo ereditato Poppi, ne fece il capoluogo del proprio dominio. Nel 1274 Simone si alleò con Firenze, consolidando così il suo potere, ciò lo spinse a trasformare l’antica fortezza in residenza e in centro amministrativo. Il castello era allora costituito dalla torre, innalzata nel 1191, e dalla cortina, protetta dal fossato. Simone fece erigere il palazzo comitale, in bozze di pietra forte, disposte a filaretto, e nuove opere difensive.
La storia di Poppi cambiò nel 1440 quando il conte Francesco si alleò con i Visconti, tradendo Firenze. La risposta fu immediata: un esercito marciò su Poppi e, dopo un breve assedio, lo costrinse alla resa. Il Guidi fu pertanto costretto ad abbandonare gli aviti domini e a recarsi in esilio. 

 Poppi e il suo castello

 

 

 

 

 

Versilia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIENA

 

 

 

 

 

 

 

POGGIBONSI

Posto in una terra di antico insediamento al centro della Val d' Elsa e quasi baricentro della Toscana, Poggibonsi, nonostante vicende talora assai negative, è stato sempre avvantaggiato dalla sua felice posizione di nodo stradale. Il suo antenato medievale, Poggiobonizzo, che Giovanni Villiani nella sua cronica descrive come ".... uno dei più forti castelli d' Italia con belle mura e torri, con molte belle chiese e pieve e ricca badia e con bellissime fontane di marmo e accasato e abitato da genti, come una buona città ...", era allora sulla sommità del colle dove ora sono i resti della fortezza di Poggio Imperiale.

L' origine dell' insediamento va ricercata quel "Saint Michel Castellum" ricordato dall' itinerario percorso da Filippo II Augusto per tornare in Francia dalla terza Crociata nel 1191, cioè quel castello di Podium Marturi formatosi presso l' abbazia di San Michele Arcangelo (oggi al suo posto è un castello neogotico), riccamente dotata dal marchese Ugo nel 998. Ai piedi del colle era sorta la pieve di Santa Maria (di cui resta il campanile presso l' attuale Collegiata), attorno alla quale crebbe il borgo di Marturi, che sarà invece il nucleo rigeneratore dell' attuale Poggibonsi.

Il castello di Marturi, sul quale avevano signoria i conti Guidi, per esser divenuto un importante nodo stradale sul ramo nuovo della via Francigena, suscitò il risentimento di Firenze che, nel 1115 , lo assalì e lo distrusse. Qualche decennio dopo i conti Guidi, con l' aiuto dei Senesi, ricostruirono un nuovo castello sul Podium Bonizi, ma la sconfitta dello schieramento imperiale nella metà del XII sec. portava Firenze ad avere sul castello gli stessi privilegi di Siena. Nonostante dovesse giurare fedeltà ad entrambe le città, il nuovo castello , sfruttando abilmente la rivalità che costantemente le opponeva e raggiunto un accordo con gli altri importanti centri della Val d' Elsa organizzati in comune (Colle e
S. Gimignano), riuscì a gestire una certa autonomia. Lo dimostra , se non altro, il fatto che Ogerico, podestà di Poggiobonizzo, emetteva nel 1203 la sentenza per la definizione dei confini tra i territori di Siena e di Firenze nel Chianti. In realtà, la politica di Poggiobonizzo nei confronti delle due città fu più spesso sbilanciata verso Siena, tanto da avere riconoscimenti ufficiali da Federico II , che concedeva la giurisdizione sui vari castelli della (tra i quali quello importante di Staggia), e stringere un' alleanza con le città, poi sciolta nel 1235. Seguirono alterne vicende, dall' imposizione fiorentina di demolire parte della fortificazione alla ricostruzione delle stesse dopo il successo ghibellino di Montaperti, dalla fortificazione di Staggia da parte dei Senesi ad un riavvicinamento a Firenze, ma dopo il ritorno dei guelfi a Firenze nel 1267, Poggiobonizzo tornò ad essere luogo di concentrazione di elementi ostili a questa città. Nello stesso anno Poggiobonizzo fu assediato e conquistato da Carlo d' Angiò che vi iniziò la costruzione di un cassero, ma dopo la disfatta Ghibellina di Colle (1269), tornò ad essere un caposaldo antiguelfo. Nel 1270 il castello fu costretto ad una nuova resa dall' esercito di Guido di Montfort e Firenze pagò 4000 fiorini a questo condottiero perché lo distruggesse completamente. Di esso rimase praticamente solo la fonte delle Fate, a mezza costa, e gli abitanti si trasferirono in basso, nel borgo di Marturi, dando vita all' odierno Poggibonsi.

Nessuna delle molte emergenze di rilievo di cui è ricco il territorio si trova entro i limiti del Chianti Classico. Per il rimanente ricorderemo il grosso borgo fortificato di Staggia, con il palazzo-fortezza che fu dei Franzesi; la quattrocentesca fortezza del Pogigio Imperiale, rimasta incompiuta, presso la quale è francescana chiesa di San Lucchese; le chiese romaniche di Cedda, Talciona, Papaiano e dello spizio della Magione, il castello di Strozzavolpe.

L’attuale centro storico di Poggibonsi corrisponde all’antico assetto urbanistico di Borgo Marturi, appartenente all’Abbazia e al Castello omonimi che lo sovrastano. Un borgo che, già ai primi del XII secolo, era divenuto un insostituibile "carrefour", viario sul più antico tracciato della Francigena, punto di passaggio obbligato ai confini fra gli stati di Siena, Volterra e Firenze e alla confluenza dei torrenti Staggia e Foci con il fiume Elsa. Tanto importante questa collocazione da provocare, nel corso dei secoli e a più riprese, distruzioni, rivolgimenti e disastri che hanno accompagnato a lungo la storia di questa città.

Già nel 1115 l’esercito fiorentino occupò e distrusse il castello sovrastante costringendo i suoi abitanti ad emigrare nel borgo ai suoi piedi.. Una delle ragioni, questa, per la quale Guido Guerra dei Conti Guidi dette inizio, nel 1155, d’accordo con i senesi, ai quali riservava un ottavo dell’insediamento, alla costruzione di una nuova città sul poggio di Bonizio, di connotazione politica ghibellina, cioè opposta alla guelfa Firenze. La qual cosa non poteva lasciare indifferenti i fiorentini che, nel 1270, nel momento cioè di massima affermazione della nuova città, la distrussero, imponendo il divieto assoluto a reinsediarvisi. Nel 1313 l’imperatore Arrigo VII riaccese le speranze dei poggibonsesi, nel frattempo ritornati nel loro antico borgo, al quale avevano dato il nome di Poggiobonizio, dando inizio alla ricostruzione della città sul colle che, grazie a lui, si chiamerà Poggio Imperiale.

Continuarono ancora a lungo le controversie con Firenze, conseguenti alla forte e pressante ingerenza dei senesi nelle loro cose di confine, sottolineate sempre da distruzioni, da abbattimenti di mura e fortificazioni anche nel nuovo, cioè ripristinato, insediamento del Piano, dove la comunità, dopo le tremende esperienze delle pestilenze che avevano ovunque decimato la popolazione, i nuclei familiari avevano ripreso ad espandersi.

Nel periodo che va dal 1340 al 1360 prendono vigore le istituzioni comunali attraverso gli statuti, così come avviene per gli altri Comuni limitrofi. Tuttavia con l’affermarsi della Signoria dei Medici a Firenze, anche Poggibonsi ne subisce pesantemente gli effetti, soprattutto in ragione delle sue rinnovate intese e ripristinati accordi con Siena e i Senesi; effetti che si concretizzano in demolizioni delle mura e delle fortificazioni (esercito di Papa Clemente VII nel 1529) e avranno termine con la definitiva sottomissione di Siena a Firenze.

Una sottomissione che aveva tuttavia convinto Lorenzo de’ Medici dell’opportunità di far costruire dal Sangallo la grande Fortezza di Poggio Imperiale, la cui inutilizzazione per altro sembrò aprire le porte a speranze di pace di più a lungo periodo. Iniziava così la cosiddetta Era moderna... Ma né la dominazione spagnola del Seicento né il consolidarsi del regno dei Lorena nel secolo successivo portarono a Poggibonsi granchè di nuovo se non gli echi delle prime esperienze industriali in Toscana. Un buon quarto dell’Ottocento poggibonsese è caratterizzato poi dall’occupazione francese, dal lento diffondersi delle idee della Rivoluzione, e in qualche misura, dalla attesa della nostra unificazione politica, che produrrà qualche favorevole effetto sociale ed economico con Firenze Capitale.

Ma è il Novecento, il secolo che sta per concludersi, che ha fatto registrare i più profondi cambiamenti della città degli ultimi seicento anni: un più moderno assetto urbanistico dei primi anni, con il libero accesso al centro, sottratto al vincolo delle mura di cinta e delle porte; la nascita di una intensa attività commerciale e industriale con l’esportazione del Vino Chianti e con la conseguente intensa produzione Vetraria, la distruzione pressoché totale della città sotto oltre 50 bombardamento aerei, con rovine e morte, dal dicembre '43 all’aprile '44; la ricostruzione un po' caotica della città, sotto la sferza dell’emergenza, la nascita e la prodigiosa affermazione di uno dei poli industriali più importanti della regione; il miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta, con il conseguente massiccio fenomeno dell’inurbamento, che trasformò socialmente e strutturalmente la città.

Nata come "Podium Bonitii", in un territorio appartenuto all’Abbazia e al Castello omonimi che la sovrastano, l’odierna Poggibonsi è una cittadina del senese che vanta una popolazione di 27 mila abitanti in continua crescita. Situata lungo la Via Francigena, luogo di confluenza tra gli stati di Firenze, Volterra e Siena, ed i fiumi Staggia, Foci ed Elsa, Poggibonsi è stata sin dal Medioevo un importantissimo "emporio", tanto che ancora oggi il commercio rappresenta di gran lunga l’attività economica prevalente. L’odierno centro storico sorge sui resti di quello che un tempo era Borgo Marturi, luogo di tante aspre battaglie e di continue distruzioni, a cominciare da quella del 1115; in quest’epoca l’esercito fiorentino diede assalto al Castello, costringendo gli abitanti alla fuga verso il borgo sottostante.

Nel tentativo di mettere fine ai continui disfacimenti, il Conte Guido Guerra della famiglia dei Guidi stipulò un accordo con Siena ghibellina, che s’impegnò a costruire una nuova città sul poggio di Bonizio. Gli accordi intercorsi tra le due città provocarono la reazione della guelfa Firenze che, nel 1270, rase al suolo il nuovo centro, impedendone la ricostruzione. Gli abitanti, trasferitisi nell’antico borgo grazie all’intervento dell’Imperatore Arrigo VII, diedero nuovamente inizio alla costruzione di quella che sarà poi chiamata Poggio Imperiale.

Con l’affermarsi dei primi comuni, anche Poggibonsi cominciò ad usufruire di un proprio statuto; ciò non impedì a Firenze, rinvigorita dall’ascesa al potere della famiglia dei Medici, di cercare di assoggettare al proprio controllo la città che, ancora una volta, si era alleata con Siena. L’azione fiorentina si concretizzò nuovamente con atti vandalici che portarono alla distruzione delle mura cittadine, atti che cessarono solo alla definitiva sottomissione di Siena a Firenze.

Il XVII secolo fu caratterizzato dalla dominazione francese e dalla diffusione delle idee rivoluzionarie, ma la vera evoluzione per Poggibonsi avvenne nel corso del 1900, un secolo caratterizzato da profondi mutamenti nell’ambito dell’urbanistica e da una notevole svolta nel settore commerciale; quest’ultimo continuò ad essere una delle maggiori fonti di ricchezza, grazie anche all’esportazione vinicola del Chianti ed alla produzione e vendita del vetro. Durante la Seconda Guerra Mondiale Poggibonsi fu teatro di massicci bombardamenti che portarono alla completa distruzione del paese, seguita da una rapida e caotica ricostruzione e, nel corso degli anni ’50 e ’60, dalla rinascita dell’economia e dal conseguente ripopolamento del centro urbano.

Il gran numero di aziende dislocate nel territorio (oltre 3.000 unità locali, oltre 2.600 piccole e medie imprese, più di 900 aziende artigiane) fanno di Poggibonsi una meta importante per chi è in cerca di un’occupazione. I maggior guadagni vengono dall’industria meccanica (specializzata nella fabbricazione di macchinari per la lavorazione del legno), dall’elettronica (legata alla produzione di componentistica utilizzata poi nelle missioni spaziali) e dalle aziende artigiane (che tuttora si occupano prevalentemente della confezione di oggetti in vetro). A completamento di questa florida realtà economica è funzionante anche il Centro di Formazione Nuove Tecnologie, che fornisce alla regione Toscana e all’intero paese tecnici specializzati nel settore dell’artigianato. Negli ultimi anni Poggibonsi si è riscoperta città turistica, ospitando annualmente numerosi visitatori che vanno ad accrescere i profitti delle molte aziende agrituristiche locali.

 

 

 

 

 

 

CERTALDO

Palazzo Pretorio di Certaldo (FI)

 

 

 

Interno del Palazzo Pretorio

 

Le notizie relative ai Vicari , la bellissima fotografia dello stemma di Bernardo di Francesco e le notizie relative mi sono state fornite dal dottore architetto Filippo Gianchecchi

( autore di una tesi di laurea legata al Palazzo dei Vicari )

La tesi di laurea è dell'Università di Firenze, facoltà di architettura, dipartimento di restauro e conservazione dei beni architettonici.

Il titolo è "Il palazzo Vicariale di Certaldo: un edificio pubblico attraverso modifiche, trasformazioni e restauri" dott. arch. Filippo Gianchecchi,
Relatrice Prof. Arch. Daniela Lamberini

la fotografia dello stemma proviene ovviamente dal Palazzo Vicariale di Certaldo (FI)

 

Per Certaldo è stato pubblicato l'elenco dei Vicari nella Miscellanea Storica della Valdelsa. Dovrebbe essere :
Cioni, Michele, Ricordi del Vicariato di Certaldo / M. Cioni. - Castelfiorentino : Società Storica della Valdelsa, 1906.

 Tra i Vicari due Carnesecchi :

Bernardo di Francesco Carnesecchi fu Vicario della Val d'Elsa e della Val di Pesa per conto della Repubblica Fiorentina a Certaldo nel 1501

Giovanni di Mariotto Carnesecchi fu Vicario della Val d'Elsa e della Val di Pesa per conto della Repubblica Fiorentina a Certaldo nel 1505

 

 

 

 

 

Di Bernardo di Francesco Carnesecchi rimane l'affresco dello stemma di Giovanni di Mariotto no

 

 

Importanti le imprese nell'inquartatura dello sfondo circolare : nei cartigli si leggono le frasi mutile: "SVPRIS DEV[...]S[...]T" e nel secondo: "[...]PRIS [...]S RES[...]T

 

Questo stemma presenta la stranezza delle bande argentate anziche' dorate

 

Forumista IAGI pseudonimo Fra Eusanio :

L'accuratezza del manufatto induce ad escludere l'errore dell'artefice.

Rimangono altre ipotesi: scoloritura? Da escludere, perchè il rocco di scacchiera è rimasto nitidamente dorato.

Ritocco improvvido? Restauro superficiale? Possibili: ma chissà se e quando ne furono eseguiti, lì sopra...

Manomissione volontaria? Teoricamente sì... ma da parte di chi, e perchè?

"Rifacitura" dell'intero manufatto dopo il 1501? Molto probabile, visto che le lettere che lo circondano sembrano scritte in uno stile maiuscolo capitale dalla grafia non priva di incertezze, e che lo stesso stemma spicca al centro della composizione per la nitidezza che lo contraddistingue da tutto il resto... "troppo bello e preciso", insomma...

Sappiamo qualcosa di più sulle vicissitudini materiali di questo dipinto?

 

Dr. arch. Filippo Gianchecchi :

Sicuramente almeno uno di cui sono a conoscenza e molto recente (2002) e molto pesante, tanto più che nella foto di prima dei restauri non si legge affatto nemmeno la scritta circolare dello stemma) delle due parti, tanto che il rocco (su cui tre anni fa si vedevano ancora tracce di oro) è stato ricolorato d'oro; mentre le bande (totalmente acrome) sono state lasciate bianche e quindi appaiono d'argento .

 

 

 

 

Bernardo di Francesco di Berto Carnesecchi ( era figlio di un Gonfaloniere di Giustizia ) fu :

1495 Priore veduto ma non seduto

1499 Priore 

1495 Gonfaloniere di compagnia veduto ma non seduto

1510 gonfaloniere di compagnia

1497 Buonuomo

 

 

Giovanni di Mariotto Carnesecchi per cio' che io so non occupo' alcuna carica nei tre maggiori

 

 

SAN GIOVANNI VALDARNO

 

 

 

Tra i Vicari due Carnesecchi :

  1. Antonio di Paolo di Bartolomeo Carnesecchi, vicario a San Giovanni Valdarno nel 1444-1445; ( ??? piu probabilmente Antonio di Paolo di Berto Carnesecchi )

  2. 2) Piero di Simone di Paolo di Berto C., vicario a San Giovanni Valdarno nel 1490-1491.


    Entrambi lasciarono traccia del loro vicariato nel locale Palazzo "di Arnolfo", ognuno con uno stemma in pietra il cui blasone coincide con quello che ormai ben conosciamo: va però detto che quello di Antonio fu mal realizzato, giacchè al posto del bandato gli furono scolpite tre bande.

l'informazione e' stata tratta da il libro del Prof. Luigi Borgia "Gli stemmi del Palazzo di Arnolfo'",.

E segnalata dal moderatore del Forum di araldica dello IAGI "fra Eusanio da Ocre"

 

 

Ho notizia di un altro Carnesecchi

3) Giovan Battista di Zanobi Carnesecchi Vicario (1628 ago. 20 - 1629 feb. 19)

 

 

PESCIA

 

  

Egregio signor direttore Archivio di Stasto di Pescia dr Vivoli

Ho bisogno del suo aiuto …………………………

Le ho scritto per chiederLe

1 se esiste un elenco dei Vicari fiorentini di Pescia e se Lei puo' fornirmelo ?

2 Se possiede notizie sui Carnesecchi nel suo Archivio

 

 

Con riferimento alla Sua richiesta Le comunico che nella pubblicazione curata da M. Cecchi e E. Coturri, "Pescia e il suo territorio" (Pistoia, Tip. Pistoiese, 1961) è riportato un elenco dei vicari e dei podestà, da cui risulta appunto Zenobio di Berto Carnesecchi vicario nel 1402, ma anche Zanobi Carnesecchi (forse lo stesso) podestà nel 1384, Piero di Simone Carnesecchi vicario nel 1473 e almeno altri quattro Carnesecchi vicari a Pescia tra il 1509 e il 1528, per non andare oltre. Per uno di questi ultimi quattro, gli unici dei quali è ancora conservata la documentazione nella Sezione di Archivio di Stato di Pescia, dal momento che la più antica è andata distrutta nel corso dell'Ottocento, e per l'esattezza per Bernardo di Francesco Carnesecchi del 1509, c'è una filza degli Atti con lo stemma sulla coperta, sugli stemmi dei vicari pesciatini è in corso di pubblicazione uno studio di Vanessa Gabelli che dovrebbe essere pubblicato nel bollettino "Valdinievole-Studi storici" pubblicato dall'Istituto Storico Lucchese, sezione Valdinievole. Per quanto riguarda i vicari del XIV e XV secolo, dei quali non è come detto conservata la documentazione, forse potrebbe esserci qualche citazione nelle Deliberazioni dell'Archivio del Comune per le quali andrebbe fatta una ricerca specifica in loco. La Sezione di Archivio di Stato di Pescia è aperta tutti i giorni dalle ore 8.45 alle ore 13.45, il mercoledì fino alle ore 18.45 cfr. http://archivi.beniculturali.it/SASPESCI

Cordiali saluti

Il Direttore

Dr. Carlo Vivoli Archivio di Stato 51100 PISTOIA
tel. 0573 23350/367416 fax 0573508116 e-mail
aspt@libero.it

 

La cortesia non e' una virtu' che s'incontra facilmente , su dieci e mail che spedisco a meno della meta' ricevo risposta . Ringrazio il dr Carlo Vivoli e i suoi collaboratori

 

Dalla lettura del libro "Pescia e il suo territorio"

Ricavo i seguenti dati : fino al 1424 vi sono due cariche distinte Podesta' e Vicario. Dal 1425 la carica di Podesta' viene riunita con quella di Vicario.

Fino al giugno del 1606 la carica di Vicario e' semestrale dal Luglio 1606 la carica diventa annuale.

I Carnesecchi in carica

1384

Zanobi Carnesecchi

Podesta'

1402

Zenobio di Berto Carnesecchi

Vicario

1473

Piero di Simone Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1509

Bernardo di Francesco Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1520

Simone di Pietro Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1521

Bernardo di Andrea Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1528

Bartolomeo di Piero Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1613

Pierfrancesco del sen Cristoforo Carnesecchi

Podesta' e Vicario

1630

Giovanni Battista di Zanobi Carnesecchi

Podesta' e Vicario

 

 

 

 

 

Mi lascia fortemente perplesso quel Zanobi Carnesecchi Podesta' nel 1384 , che stante le mie genealogie e' il medesimo individuo di Zenobio di Berto Carnesecchi del 1402 ( vedi lettera Datini )

Non mi risulta che gia' dal 1384 i Carnesecchi fossero cosi cognominati

Ritengo possa trattarsi di un attribuzione di cognome cioe' di un individuazione a posteriori dove ad una persona non ancora cognominata viene assegnato un cognome che assumera' solo molto tempo dopo o che addirittura assumeranno i suoi discendenti

Non ho per il momento modo di consultare il libro per vedere se esistono elementi chiarificatori

E' un libro del 1961 per cui non posso nemmeno tentare il contatto con gli autori

Certo che se fosse vero che gia' dal 1384 i Grazini si fossero cognominati Carnesecchi ……………………………………….

 

 

Giustamente il dr Vivoli suggerisce :

 

Come Le scrivevo le notizie sono ricavate dal libro in questione e dalle ricerche effettuate dagli autori, peraltro non sempre documentate chiaramente, tuttavia un ulteriore strumento di prova per confermare la veridicità dell'elenco può essere rappresentato dai registri degli "ufficiali estrinseci" dell'Archivio delle Tratte, conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze

 

 

 

 

 

Vicari di nome Carnesecchi a San Miniato

1491-01-09 / 1491-07-08
Vicario: Matteo Carnesecchi di Manetto
Notaio: Carlo Ghini di Lazzaro da San Gimignano
Filza; cc.99; 30x24x2; Pergamena

1565-04-21 / 1565-10-20
Vicario: Pierfrancesco Carnesecchi di Andrea
Notaio: Niccolò Quarquali di Girolamo da San Gimignano
Filza con Rep.; cc.310; 30x24x6; Pergamena
In allegato "Bastardellus banci" di cc.15

1578-06-27 / 1579-01-17
Vicario: Chiaro Carnesecchi di Giuliano
Notaio: Camillo Montigiani di Niccolò da San Gimignano
Filza con Rep.; cc.846; 31x24x15; Pergamena
In allegato: "Bastardellus banci" di cc.17
su questi ho il dubbio di un errore e che appartenga ad altra famiglia i Casavecchia
 

http://www.archiviosanminiato.org/archivio/inve/Vicariato/crim1.html

http://www.archiviosanminiato.org/archivio/inve/Vicariato/civili1.html

 

 

A proposito dei Carnesecchi fiorentini ricevo dall'amico Roberto Segnini :

 

Dal libro di

MARIA PIA MANNINI, Gli stemmi dei Podestà e commissari di Prato-Museo civico di Prato-Quaderni di Storia e Arte n.2, Comune di Prato, Pacini editore, 1989.

 

Bibliografia di riferimento:

 

G. GUASTI,"Serie di alcuni Podestà, Capitani di Giustizia,Commissari e Vicari regi risieduti in Prato dal 1240 al 1800.

 

A.S.P miscellanee. Memorie di Notai, Podestà, e Vicari regi di Prato, cart.2 fasc. 1, cc. 129-155 (Misc).

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Anno 1412 Marco di Jacopo Ghinetti (misc. c. 134 - Guasti p. 46)

Cristofano di Berto Carnesecchi ( misc. c. 134 ; Guasti p. 46)

 

Frammenti di arme dipinta con scritta: <<XPOFORI – BTI >> (CARNESECCHI)

 

Arme: troncato; nel primo bandato d’oro e d’azzurro nel secondo d’azzurro ad un rocco d’oro (riferibile a Carnesecchi Cristoforo di Berto, eletto nel 1412).

 

Lo stemma si vede malissimo.

 

 

 

PISTOIA

 

  

  Palazzo Pretorio di Pistoia

 

 

 Sulla facciata del palazzo pretorio di Pistoia figurano , riferibili ai Carnesecchi

uno stemma ( sotto il quale vi e' una lapide attribuibile alla famiglia Sacchetti )

una lapide del senatore Francesco di Bartolomeo Carnesecchi che fu commissario generale nel 1667-1668 penso si tratti in realta' del senatore Francesco di Giovanbattista di Zanobi Carnesecchi

 

Queste informazioni le debbo a Stefano Mari che le ha tratte dal libro

Dario C.Berni
Gli stemmi del Palazzo Pretrorio di Pistoia
Gli Ori Storia.

Francesco di Giovanbattista di Zanobi Carnesecchi

(1617 1691)

Senatore eletto nel 1663

 

  

 

 

 

 

 

MONTALE

 

 Conosco solo :

Anno 1500 Mariotto Carnesecchi podesta' di Montale

 

 

 

Unusual crest, from the Palazzo Pretorio, Arezzo. Arms of Carnesecchi (dry meat!): Azure a rook or and a chief bendy or and of the field (1482).

http://www.heraldica.org/topics/national/italy/touring2.htm

 

 

 

 Vicari fiorentini divisi per famiglie :

 

Alberti 1 Aldobrandini 1 Alessandri 1 Altoviti 2 Ambrogi 1 Ammannati 1 Anselmi 1 Arrighetti 2 Arrighi 1 Arrigucci 2 Baldi 1 Balduccio 1 Banchi 1 Barbadori 1 Barghini 1 Baroncini 2 Bartoli 4 Bati 1 Belcari 1 Benci 3 Benizi 1 Benozzi 1 Bernardi 1 Biliotti 2 Bonci 1 Boninsegni 1 Bonsi 3 Bonvanni 1 Borgognoni 1 Borsi 1 Brancacci 1 Bruni 1 Bucelli 1 Busini 2 Caccini 1 Caffarelli 2 Canigiani 3 Capponi 4 Carducci 1 Carnesecchi 4 Casini 1 Castellani 1 Cavalcanti 1 Ceffi 1 Ceffini 1 Centellini 1 Cerretani 1 Cherichini 1 Chiari 1 Ciacchi 2 Ciachi 1 Ciai 1 Ciampelli 1 Cicciaporci 1 Corbinelli 2 Corsini 2 Cortigiani 2 Cresci 1 da Filicaia 2 da Verrazzano 2 de Nobili 2 de' Pazzi 1 degli Albizi 3 del Benino 1 del Bugliaffo 1 del Forese 1 del Soldato 1 del Tovaglia 1 del Zacheria 1 della Badessa 1 della Rena 1 della Stufa 1 della Tosa 1 dello Scelto 1 Deti 2 Dietisalvi 1 Dini 1 Donati 2 Duranti 1 Fagioli 1 Falconi 2 Federighi 1 Fronti 1 Gianfigliazzi 1 Giani 1 Gianni 2 Ginori 1 Giugni 2 Gualterotti 1 Guidetti 1 Guidotti 2 Guiducci 1 Iacopi 1 Lapaccini 1 Lippi 1 Lotti 1 Macchiavelli 1 Malegonnelle 1 Martelli 1 Masi 1 Mazzinghi 1 Medici 1 Michelozzi 1 Michi 1 Migliorotti 1 Minaiti 1 Minerbetti 1 Monti 2 Morelli 1 Mori 1 Muzi 1 Nardi 2 Nerini 1 Oricellai 1 Orlandi 1 Orlandini 1 Ottavanti 1 Pagnini 1 Parenti 1 Pepi 2 Peri 1 Pieri 1 Pitti 3 Popoleschi 2 Portinari 1 Pucci 2 Puccini 1 Quaratesi 1 Raugi 1 Redditi 1 Ricci 3 Riccialbani 1 Ridolfi 6 Rinaldi 1 Risaliti 1 Rucellai 2 Sacchetti 2 Salomei 1 Salviati 3 Salvucci 1 Sapiti 1 Sassolini 1 Scarfa 1 Scarlatti 1 Scarlattini 1 Scodellari 1 Segni 2 Serragli 1 Serristori 1 Signorini 1 Spinelli 3 Strada 1 Stradi 1 Strozzi 6 Tagliamchi 1 Tei 1 Tucci 2 Ubaldini 1 Ubertini 1 Unganelli 1 Valori 1 Vecchietti 1 Vespucci 1 Vettori 3 Vezzano 1 Villani 2 Zati 2

 

Sono 4 i Carnesecchi :

 

 

Manetto di Zanobi Carnesecchi, 1443

Francesco di Berto di Zanobi Carnesecchi, 1461

Giuliano di Simone Carnesecchi, 1481

Antonio di Paolo di Antonio Carnesecchi, 1523

 Fatto salva la presenza di Matteo di Manetto Di Zanobi nel 1482

 

 

Elenchi per anno :

Iacopo di Geri Risaliti, 1386
Guerrante di Iacopo ritagliatore, 1386
Pegolotto di Francesco di Balduccio, 1387
Andrea di Lorenzo Tagliamchi, 1387
Leonardo di Pagno Pagnini, 1388
Casino di Niccolò Casini, 1389
Bernardo di Bardo Altoviti, 1389
Giannozzo di Piero Strada, 1390
Giovanni di Bartolo di Moro Ubaldini, 1390
Iacopo di Niccolò Riccialbani, 1391
Giuliano di Ranieri del Forese, 1391
Iacopo di Geri Risaliti, 1392
Cante di Giovanni di Cante Ammannati, 1392
Salvestro di Lodovico Ceffini, 1393
Niccolò di Iacopo Vecchietti, 1393
Giovanni di Francesco Bucelli, 1394
Francesco di Matteo di Iacopo Arrighi, 1394
Andrea di Neri Vettori, 1395
Ugone di Andrea di messer Ugone, 1395
Andrea di Sandro Ruagi, 1396
Andrea di messer Ugone della Stufa, 1396
Benintendi di Nuccio Salomei tavolacciario, 1397
Francesco di Niccolò Riccialbani, 1397
Mariotto di Lodovico Banchi, 1398
Anselmo di Giovanni Anselmi, 1398
Gherardino di Niccolò di Gherardino Gianni, 1399
Piero di Filippo di Biagio Strozzi, 1399
Antonio di Cocco Donati, 1400
Lorenzo di Piero Borsi, 1400

Francesco di Giorgio Canigiani, 1401
Niccolò di Michele di Vanni Castellani, 1401
Bartolomeo di Mariano Caffarelli, 1402
Antonio di Marignano Sassolini, 1402
Giovanni di Bartolo di Moro Ubaldini, 1403
Giovanni di ser Ugo Orlandi, 1403
Giovanni di Francesco Pepi, 1404
Francesco di Andrea Unganelli, 1404
Cante di Giovanni di Cante Ammannati, 1405
Arrigo di ser Coluccio di Piero, 1405
Betto di Giovanni Busini, 1406
Francesco di Lapo Federighi, 1406
Andrea di Sandro Raugi, 1407
Giovanni di messer Donato Barbadori, 1407
Bartolomeo di Neri Pitti, 1408
Biagio di Loderigo Strozzi, 1408
Giovanni di Matteo Corsini, 1409
Simone di Filippo di messer Leonardo Strozzi, 1409
Niccolò di Antonio Ridolfi, 1410
Felice di Michele Brancacci, 1410
Ugolino di Piero Michi, 1411
Niccolò di Luca di Piero di Filippo degli Albizi, 1411
Filippo di Franco Sacchetti, 1412
Andrea di Zanobi Borgognoni, 1412
Francesco di ser Andrea armaiolo, 1413
Carlo di Matteo dello Scelto, 1413
Michele di Vanni degli Albizi, 1414
Strozza di Sineraldo Strozzi, 1414
Ubaldo di Fetto Ubertini, 1415
Michele di Alessandro Arrigucci, 1415
Betto di Giovannozzo Biliotti, 1416
Sandro di Biliotto Biliotti, 1416
Niccolò di Tommaso Malegonnelle, 1417
Puccino di ser Andrea armaiolo, 1417
Antonio di Piero Benizi, 1418
Bartolo di Roberto Cortigiani, 1419
Corsetto di Iacopo Arrighetti, 1419
Onesto di Bernardo Pepi, 1420
Iacopo Arrighetti, 1420
Cristoforo di Niccolò Chiari fabro, 1421
Antonio di Piero Fronti, 1421
Puccio di Antonio Pucci maestro, 1422
Agostino di Gino Capponi, 1422
Leonardo di Antonio de Nobili, 1423
Tommaso di Andrea Minerbetti, 1423
Niccolò di Giovanni di Vezzano, 1424
Tommaso di Bartolomeo Corbinelli, 1424
Lodovico di Guccio della Badessa, 1425
Bartolomeo di Benedetto di Neri di ser Benedetto, 1425
Guglielmo di Bardo Altoviti, 1426
Niccolò di Cocco Donati, 1426
Miniato di Bertaldo di Bendo, 1427
Francesco di Niccolò di Andrea calzolaio, 1428
Leonardo di Giusto Bati coltriciaio, 1428
Giovanni di Marco di Goro Strozzi, 1429
Niccolò di Astore di Niccolò Gianni, 1429
Tommaso di Matteo di ser Luca di Panzano, 1430
Bonsignore di Niccolò Spinelli, 1430
Zenobi di Lorenzo chiavaiolo, 1432
Puccino di ser Andrea corazzaio, 1432
Antonio di Bernardo Ridolfi, 1433
Roberto di Bartolo Cortigiani, 1433
Luigi di Astore di Gherardino Gianni, 1434
Giovanni di messer Forese Salviati, 1435
Piero di Francesco di Andrea Quaratesi, 1435
Niccolò di Matteo di Niccolò Cerretani, 1436
Francesco di Nerone di Nigi Dietisalvi, 1436
Bonamico di Leonardo Tei corazzaio, 1437
Giovanni di messer Lorenzo di Antonio Ridolfi, 1437
Francesco di Filippo di Benedetto Lapaccini, 1438
Ruggero di Ruggero di Giovanni Ricci, 1438
Simone di Giorgio di Agostino di Lapo Bruni, 1439
Amerigo di Giovanni di Amerigo Cavalcanti, 1439
Bernardo di Silvestro di Michele Nardi, 1440
Puccino di ser Andrea corazziao, 1440
Alamanno di Iacopo Salviati, 1441
Angelo di Neri di ser Andrea Vettori, 1441
Francesco di Piero di Francesco Ginori, 1442
Giovanni di Antonio Pucci, 1442
Manetto di Zanobi Carnesecchi, 1443
Bartolomeo di Lorenzo di Totto Gualterotti, 1443
Piero di ser Andrea di Guiglielmino de' Pazzi, 1444
Bartolomeo di Giovanni Giani linaiolo, 1444
Zenobi di Piero di Zenobi Marignolli, 1445
Niccolò di Francesco Busini, 1445
Mariano di Stefano di Neri Duranti forbiciaio, 1446
Scolao di Tommaso di Scolao Ciachi, 1446
Alessandro di Filippo Macchiavelli, 1447
Agabito di Ardingo di Ugocciozzo Ricci, 1447
Geri di Maso di Geri della Rena, 1448
Benci di Niccolò di Paolo Benci, 1448
Filippo di Brancaccio Rucellai, 1449
Zenobi di Clemente Guidotti, 1449
Iacopo di Giovanni di messer Forese Salvtiati, 1450
Rosso di Matteo di Niccolò Cerretani, 1450

Bartolomeo di Buonsignore Spinelli, 1451
Benedetto di Bartolomeo di Ugone Alessandri, 1451
Francesco di Tommaso di Francesco di Giovanni, 1452
Matteo di Domenico di Matteo Caccini, 1452
Giuliano di Nofri di Romolo lastraiolo, 1453
Luca di Agostino di Gino Capponi, 1453
Nicola di Giuliano di Cola Nerini, 1454
Ser Tommaso di Guidone di Tommaso Deti, 1454
Antonio di Tommaso di Scolao di Lapo Ciacchi, 1455
Vanni di Paolo di Vanni Rucellai, 1455
Fantone di Antonio di Fantone vinattiere, 1456
Pellegrino di Giuliano di Cola Nerini, 1456
Giovanni di Donato di Ugolino Bonsi, 1457
Bertoldo di Gherardo di messer Filippo Corsini, 1457
Lorenzo di Cresce di Lorenzo Cresci, 1458
Giano di Giano di Bonacorso Bernardi, 1458
Benedetto di Giovanni di Pazzino Cicciaporci, 1459
Pietro di Giannozzo di Stoldo Gianfigliazzi, 1459
Tommaso di Francesco di Tommaso di Giovanni, 1460
Antonio di Migliore di Tommaso Guidotti, 1461
Francesco di Berto di Zanobi Carnesecchi, 1461
Bartolomeo di Giovanni di Piero di Bartolomeo Scodellari, 1462
Antonio di Bernardo di Miniato Dini, 1462
Larione di Iacopo di Bartolo Ciacchi, 1463
Cece di Fruosino di Cece da Verrazzano, 1463
Marsilio di Bernardo di Vanni Vecchietti, 1464
Piero di Niccolò di Piero Popoleschi, 1464
Stagio di Lorenzo di Stagio di Barduccio Ottavanti, 1465
Antonio di Simone di Antonio Canigiani, 1465
Marco di Iacopo di Iacopo del Zacheria coltriciaio, 1466
Simone di Amerigo di Bartolo Zati, 1466
Simone di Filippo di Simone Lippi, 1466
Piero di Mariotto di Francesco Segni, 1467
Andrea di Francesco di ser Andrea corazzaio, 1468
Bartolomeo di Filippo di Bartolomeo Valori, 1468
Tommaso di Simone di Francesco Guiducci, 1469
Lorenzo di Bernardo di messer Lorenzo Ridolfi, 1469
Apollonio di Biagio di Niccolò Monti, 1470
Zaccheria di Giovanni di Zaccheria Iacopi, 1470
Niccolò di messer Donato di Niccolò di Cocco Donati, 1471
Francesco di Roberto di Bonacorso Pitti, 1471
Malatesta di Antonio di Silvestro Serristori, 1472
Lodovico di Antonio di ser Tommaso Masi, 1472
Girolamo di Antonio di Niccolò Martelli, 1473
Francesco di Schiatta di Umberto Ridolfi, 1473
Piero di Tommaso di Domenico Fagioli, 1474
Geri di Maso di Geri della Rena, 1474
Bindaccio di Domenico Boninsegni, 1475
Luigi di Bonacorso di Neri Pitti, 1475
Francesco di Piero di Bencivenne Scarfa, 1476
Nicola di Piero di Bartolomeo Capponi, 1476
Alberto di Iacopo di Giovanni Villani, 1477
Tommaso di Marco di Tommaso Bartoli, 1477
Corso di Maso di Geri della Rena, 1478
Giovanni di Francesco di Lorenzo Spinelli, 1478
Niccolò di Andrea Giugni, 1479
Carlo di Niccolò di Guccio de Nobili, 1479
Mariano di ser Antonio di Mariano Muzi, 1480
Niccolò di Piero di Silvestro Nardi, 1480
Coppo di Guido Caffarelli, 1481
Giuliano di Simone Carnesecchi, 1481
Francesco di Giuliano di Giovenco Medici, 1482
Francesco di Giovanni di Arrigo Arrigucci, 1482
Neri di Gino di Neri di Gino Capponi, 1483
Niccolò di Paolo di Niccolò di Paolo Bonci, 1483
Piero di Carlo di messer Ristoro Canigiani, 1484
Roberto di Giovanni di Federigo Ricci, 1484
Nicola di Bernardo di Piero Vespucci, 1485
Lorenzo di Giovanni di Iacopo Villani, 1485
Niccolò di Matteo di Niccolò Sacchetti, 1486
Andrea di Gamberino di Andrea del Soldato, 1486
Piero di Giovanni di messer Bartolomeo Orlandini, 1487
Bernardo di Matteo di Marco Bartoli, 1488
Giovanni di Lorenzo di Giovanni Centellini, 1488
Giovanni di Roberto di Giovanni degli Albizi, 1489
Alessandro di Piero di Niccolò da Filicaia, 1489
Rinaldo di Borgo Rinaldi, 1490
Iacopo di Francesco di Iacopo Monti, 1490
Puccio di Francesco di Puccio Pucci, 1491
Carlo di Cece di Fruosino da Verrazzano, 1491
Lorenzo di Giovanni di Silvestro Popoleschi, 1492
Tommaso di Iacopo di Guidetto Guidetti, 1492
Filippo di Francesco di Giannozzo Alberti, 1493
Schiatta di Niccolò di Schiatta Ridolfi, 1493
Andrea di Lorenzo di Ceffo di Masino Ceffi, 1494
Francesco di Giovanni di Baroncino Baroncini, 1494
Iacopo di Neri di Niccolò del Benino, 1495
Lodovico di messer Tommaso di Guidone Deti, 1495
Cherichino di Matteo di Giovanni di Barduccio Cherichini, 1496
Lorenzo di Luca di Lorenzo Salvucci, 1496
Girolamo di Marco di Luigi Bartoli, 1497
Carlo di Geri di Iacopo Bartoli, 1497
Francesco di Giovanni di Aderardo Portinari, 1497
Giovanfrancesco di Benedetto di Benedetto Lapaccini, 1498
Migliorotto di Manetto Migliorotti, 1498
Niccolò di Feduccio di Niccolò Falconi, 1499
Giovanni di Luigi Vettori, 1499
Giovanni di Bernardo di Paolo Lotti, 1500
Bartolomeo di Lapo di Piero del Tovaglia, 1500

Carlo di Giovanni di Bartolo Stradi, 1501
Luigi di Antonio di Scarlatto Scarlatti, 1502
Signorino di Antonio di Signorino Signorini, 1502
Girolamo di ser Antonio di Mariano Muzi, 1503
Francesco di Bernardo di Domenico Mazzinghi, 1503
Angelo di Francesco di Sinibaldo ritagliatore, 1503
Lorenzo di Francesco di Francesco Ciai, 1504
Antonio di Lorenzo di Miniato Minaiti, 1504
Bartolomeo di Piero di Giovanni Pieri, 1505
Filippo di Niccolò di Lamberto del Bugliaffo, 1505
Antonio di Tommaso di Antonio Redditi, 1506
Leonardo di Lorenzo di Luca Salvucci, 1506
Silvestro di Andrea di Lorenzo Corbinelli, 1507
Filippo di Niccolò di Giovanni Mori, 1508
Galeazzo di Bernardo di Iacopo Villani, 1508
Giovanni di Bartolomeo di Giovanni Baroncini, 1509
Giovanni di Piero di Mariotto Segni, 1509
Niccolò di Benedetto di Niccolò Bonvanni, 1510
Federigo di Francesco di Antonio Benci, 1510
Stefano di Stefano di Taddeo Ambrogi, 1511
Feo di Iacopo di Feo Belcari, 1511
Giovanni di Niccolò di Simone Zati, 1512
Lodovico di Girolamo di Francesco Bonsi, 1512
Francesco di Angelo di Antonio Tucci, 1513
Gabriele di Soldo di Bernardo Strozzi, 1514
Matteo di Giovanni di Donato Bonsi, 1514
Tommaso di Girolamo di Niccolò Scarlattini, 1515
Matteo di Tommaso di Puccino Puccini, 1515
Angelo di Francesco di Angelo Tucci, 1515
Filippo di Baldo di Niccolò della Tosa, 1516
Iacopo di Giovanni di Tommaso Barghini, 1516
Agostino di Onofrio di Bartolo Stradi, 1517
Pero di Lorenzo di Pero Peri, 1517
Angelo di Bonaiuto di Niccolò Serragli, 1518
Pietro di Mariotto di Pietro Oricellai, 1518
Lorenzo di Giovanni di Donato Bonsi, 1519
Onofrio di Francesco di Baldo di Onofrio Baldi, 1519
Girolamo di Tommaso di Paolo Morelli, 1520
Matteo di Giovanni di Donato Bonsi, 1521
Lorenzo di Francesco di Lorenzo Spinelli, 1521
Girolamo di Michelozzo di Bartolomeo Michelozzi, 1522
Oddo di Gentile di Oddo Altoviti, 1522
Antonio di Paolo di Antonio Carnesecchi, 1523
Giovanni di Alessandro Falconi, 1523
Leonardo di Francesco di Niccolò Benci, 1524
Giovanni di Antonio di Domenico Giugni, 1524
Lorenzo di Angelo di Lorenzo Carducci, 1525
Marco di Pietro di Marco Parenti, 1525
Giovambattista di Simone di Antonio Benozzi, 1526
Niccolò di Bernardo di Niccolò Ciampelli, 1526
Bartolomeo di Berto di Francesco da Filicaia, 1527
Lorenzo di Iacopo di Lorenzo Aldobrandini, 1527
Raffaele di Gentile di Oddo Altoviti, 1528
Antonio di Bernardo di Antonio Sapiti, 1528

 

L'elenco e' tratto da " Names from Arezzo, Italy, 1386-1528" by Sara L. Friedemann (Aryanhwy merch Catmael) che non sono riuscito a contattare

L'elenco credo vada ricontrollato !!!

Mariano di Stefano di Neri va corretto come sappiamo in Mariano di Stefano di Nese di Durante

 

 

 

 

 

 

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Commissario: Cristoforo Carnesecchi. 161. [ 287 ]. 1592 set. - 1593 ago. ...
Commissario: Cristoforo Carnesecchi. 167. [ 293 ]. 1597 set. - 1598 ago. ...

 Commissario: Francesco Carnesecchi.

 

 

 

 

 

Carnesecchi  Vicari e Podestà di Lari

anno

semestre

carica

nome

cognome

note

1455

primo

vicario

Simone di Paolo

Carnesecchi

-

1478

secondo

Potesta'

Paolo di Antonio

Carnesecchi

 

1549

secondo

vicario

Simone d' Andrea

de' Carnesecchi

-

1586

secondo

vicario

Cavaliere Raffaello di Leonardo

Carnesecchi

-

1618

primo

vicario

Giovanni di Giovanni

Carnesecchi

-

 

L'elenco dei vicari è tratto dal libro "Lari Vicariato e Podesteria delle Colline Pisane" trascrizione a cura di Benozzo Gianetti dell'"Odeporico o sia itinerario per le colline pisane" di Giovanni Mariti, edito da CLD

 

Stemma di Simone di Andrea Carnesecchi Vicario di Lari nel 1549

( debbo questa illustrazione al sig Giovanni Bacci dell'associazione culturale " Il Castello " )

 

 

 

Stemma di Giovanni di Giovanni Carnesecchi Vicario di Lari nel 1618

( debbo questa illustrazione al sig Giovanni Bacci dell'associazione culturale " Il Castello " )

 

 
......gli stemmi che le ho inviato fanno parte di un lavoro collaterale alla
pubblicazione di un libro sul vicariato di Lari. In pratica furono
fotografati gli stemmi che quasi sempre si trovano nelle 'memorie' dei
vicari, ovvero i volumi dove si annotava quello di cui si occupava il
vicario durante il suo mandato (spese sostenute, processi celebrati,
etc.). Dunque gli stemmi in discorso proviengono dai diari relativi
per appunto a Simone di Andrea Carnesecchi e a Giovanni di Giovanni Carnesecchi

Giovanni Bacci

 

 

Tutte le notizie su Lari , il castello , i Vicari sono tratte dal sito http://www.castellodilari.it/italiano/castello.shtml 

Vedi nelle note in fondo alla pagina alcuni cenni all' Associazione culturale Il Castello

 

 

 

Ricevo dall'Archivio di Stato di Livorno :

Volendo quindi individuare tracce dell’insediamento di una determinata famiglia, si cercano vie traverse in altri fondi documentari da valutare caso per caso.

Nel corso della ricerca sui Carnesecchi, per esempio, si è consultato il "repertorio antico" dei possessori di decima (Decima n.42, 1646-1772)e ultimamente anche il "Catalogo dei cittadini livornesi decorati con pubbliche dignità e gradi e degli ammessi alla semplice cittadinanza" (Comune preunitario n.1684…), con esito negativo.

Noi non conserviamo documentazione anagrafica (eccetto copie dello Stato Civile dal 1866 che per il momento sono inaccessibili in quanto inscatolate e conservate in un magazzino a Perugia) per cui in genere si indirizzano i richiedenti presso la Curia Vescovile e presso il Comune di Livorno (segnalazioni@comune.livorno,it) per il periodo successivo al 1866; questa potrebbe essere una via per verificare se c’è stato un insediamento dei Carnesecchi nel periodo che le interessa.

Nella precedente risposta non avevamo indicato il capitano fiorentino, in quanto a seguito delle sue richieste ci eravamo orientati nel senso della verifica circa una presenza stabile e non episodica di famiglie Carnesecchi nel tessuto cittadino.

 

 

 

Rodolfo Carnesecchi di Firenze e' nel 1551 1552 Capitano e commissario della terra e del porto di Livorno e sara' l'unico di questa famiglia

 

 

 

 

Ricevo dall'Archivio di stato di Livorno questo prezioso materiale che penso possa essere utile anche ad altri

 

Io voglio ringraziare in modo particolare il Direttore dell'Archivio dottoressa SERAFINA BUETI

Perche' mi ha sempre mostrato in maniera tangibile una grande disponibilita'

ed inoltre ha dato risposta ai miei quesiti con estrema serieta' e competenza

Io voglio attraverso , l'unico strumento che , queste poche righe , ringraziarla e con Lei tutti i suoi collaboratori

 

 A seguito della sua richiesta del 14 aprile 2005 le inviamo la Lista dei Capitano poi Governatore poi Auditore Vicario:

Lodovico di Castello Corsini di Firenze, capitano 1550

Capitano e commissario:

Rodolfo Carnesecchi di Firenze, 1551-1552

Francesco di Luca di Francesco degli Albizi di Firenze, 1552

Ridolfo di Giov Francesco Ridolfi, 1553

Lorenzo di Piero Davanzati, 1554-1555

Antonio di Conte de’ Mozzi, 1556-1557

Francesco di Leonardo Boninsegni, 1557-1558

Iacopo di Pietro de’ Nerli di Firenze, 1559-1560

Antonio Corbinelli, 1560-1561

Girolamo di Taddeo de’ Lucci 1561-1562

Giovan Battista Canigiani 1562-1563

Bartolomeo Ugolini di Firenze 1563-1565

Bernardo Baroncelli 1565-1566

Giovanni Compagni 1566-1567

Francesco Pitti 1567-1568

Andrea di Tommaso Minerbetti 1568-1569

Filippo di Antonio Corbizi 1569-1570

Giuliano Giocondi del Giocondo 1570-1571

Carlo Bonaccorsi 1571-1572

Bernardo Baroncelli 1572-1573

Bernardo di Lutozo Nasi 1573-1574

Pietro Salvetti 1574-1575

Lanfredino Lanfredini 1577-1578

Giovanni Dini 1578-1579

Lelio Bonzi 1580-1581

Ramonino Manelli 1581-1582

Leone de’ Medici 1582-1583

Bernardo Rabatti 1583-1584

Bastia Borgianni 1583-1585

Bartolomeo Bandinelli 1587-1588

Pietro di Tommaso Salvetti 1588-1589

Lelio Bonsi 1589-1590

Ilarione Buonguglielmi 1590-1591

Ottaviano Conti 1591-1592

Rinieri Soderini 1592-1593

Donato di Donato Rondinelli 1593-1594

Antonio Martelli 1594-1602

Dal 1595 il capitano giusdicente fu sostituito da un governatore civile e militare, che dal 1634 si avvalse della collaborazione di un auditore di governo che dalla seconda metà del Settecento rimase l’unico amministratore della giustizia con il titolo di auditore vicario. (in fotocopia a parte la lista dei governatori)

Segue la lista degli Auditori:

Bartolommeo Martini 1781-1789

Bernardo Lessi 1790-1791

Angiolo Felici 1792-1795

Leonardo Frullani 1796-1798

Giovanni Alliata 1799-1801

Ranieri Benvenuti 1801

Michele Niccolini 1802-1806

Pietro Mazzini 1806-1808

 

Di tutti questi personaggi noi conserviamo gli atti civili, che costituiscono una serie dell’archivio del Capitano poi governatore poi auditore vicario, in queste carte non si trovano indicazioni relative alla persona e alla famiglia.

 

 

Mi e' stata anche inviata dall'Archivio di Stato di Livorno la lista  dei Governatori di Livorno che inserisco nelle note di questa pagina

 

  

  

 

 

Castello di Lamole

 

 "Voliamo che subito, alla hauta della presente, si mandi Jacopo Carnesecchi colla sua compagnia di fanti al Castello di Lamole per guardia di quello luogo"

29 luglio 1478

 

 

 

  

La lista dei Vicari fiorentini a Poppi  e' consultabile sul lavoro del dr .Bicchierai

 

Dr Marco Bicchierai…………….Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato del Casentino (1360-1480) 

http://www.storia.unifi.it/dotmed/ricerche/tesi/Bicchierai.htm

 

 DR MARCO BICCHIERAI : A quanto ne so non ci sono liste edite affidabili complete dei vicari del Casentino. Per il mio lavoro ho dapprima visto gli appunti dell'abate Goretti Miniati del secolo scorso (conservati alla Biblioteca Rilliana di Poppi) a sua volta presi da eruditi seicenteschi. Ma ho ritenuto poi opportuno confrontarli e correggerli con quanto emergeva dal fondo delle Tratte dell'Archivio di Stato di Firenze (dove sono indicati i sorteggiati a ricoprire ogni ufficio interno o esterno della Repubblica fiorentina). La lista di lavoro che ne ho ricavata arriva fino al 1500, ed è il file che le allego. I nomi sono mantenuti nella forma latina della fonte. M.B.

 

DR MARCO BICCHIERAI : La mia tesi dovrebbe essere finalmente pubblicata da Olschki a settembre (settembre 2005 )

 

 

Dalla lista fornitami dal dr Bicchierai risultani i seguenti vicari dei Carnesecchi :

 

 

 

Amerigus Simonis Pauli Becti Carnesecchi 6 dec. 1476- 5 iunii 1477

Paulus Simonis Pauli de Carnesecchi 1 mar.1482

 

 Stemma segnalato da Stefano Mari

 

Matteus Manetti Zenobii de Carnesecchis 23 nov 1499- 22 mai 1500

 

 

Andrea Carnesecchi  1530

 

 

 

 

Stemma segnalato da Stefano Mari

 

 

 

 Giovanni di Luca Carnesecchi 1568

 

 

 

 

 stemma segnalato da Stefano Mari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per darti una notizia in breve nel comune di Poppi all'interno del castello e precisamente nella sala del consiglio e' presente lo stemma dei Carnesecchi, ( Ilio Carnesecchi )

 

 

 

Fotografia fornita da Ilio Carnesecchi

 

 

 

 

 

 

 

ASF, Tratte, 984, cc. 32- ; 985, c. 25

Vicarii Casentini et Puppii cum uno milite socio notario, uno alio notario, quattuor domicellis, otto famulis, tribus equis, cum salario libr. Mille quadrigentis f.p. solvedarum per dictum vicariatum primi ordinis

 

Dominicus Francisci de Sapitis 21 apr. 1441

Laurentius Lapi Nicholini 21 ott. 1441

Franciscus Niccolai Andree del Benino 21 apr. 1442

Johannes domini Foresis Salviati 21 ott. 1442

Gentile magistri Tomasi del Garbo 21 apr. 1443

Leonardus Francisci Ventura 21 ott. 1443

Loysius Pieri domini Loysii Guicciardini 21 apr. 1444

Dominicus Leonardi Boninsegne 21 ott. 1444

Rubertus Bonacursii Nerii Pitti 21 apr. 1445

Antonius domini Andree Guglielmini de Pazzis 21ott. 1445 (annullata il 3 novembre)

Laurentius Andree domini Ugonis de Stufa 8 dec 1445

dominus Pierus Leonardi Bechanugi 8 iunii 1446

Johannes Antoni Filippi Lorini 8 dec. 1446

Orlandus Ghucci de Medicis 8 iunii 1447

Lottus domini Foresis Salviati 8 dec. 1447

Nicolaus Laurentii domini Tomasii de Soderinis 8 iunii 1448

Iohannes Marchionnis Giani Torrigiani 8 dec. 1448

Robertus Mancini Sostegni 8 iunii 1449

Johanni Filippi Johannis de Carduccis 8 dec. 1449

Vierius Johannis Vieris Altoviti 8 iunii 1450

Franciscus Dominici Mattei Caccini 6 dec. 1450

Chiricus Johannis Francischini Pepi 6 iunii 1451

Bartolomeus Monsignori Spinelli 9 dec. 1451

Vannes Pauli Vannis Rucellai 6 iunii 1452

Jacobus Johannis Jacobi Ludoçi Nasii 6 dec. 1452

Benedictus Johannis Paçini Cicciaporci 6 iunii 1453

Antonius Leonardi Francisci Ferrucci 6 dec. 1453

Franciscus Nicolai Francisci Sachetti 6 iunii 1454

Filippus Brancatii Rucellai 6 dec. 1454

Johannis Lapi Johannis Nicholini 6 dec. 1455

Franciscus Antonii Francisci Giraldi 6 dec 1455

Ormannozzus Guidonis Tomasi Deti 6 iunii 1456

Ridolfus Jacobi ser Francisci Ciai 6 dic 1456 ◄

Giovencus Laurenti Andreae de Ugonis de Stufa 6 iunii 1457 (Tratte 985 c.25)

Zanobius Pieri domini Zanobi de Meçola 6 dec 1457

Iohannes Antonini Jacobi Canigiani 6 iunii 1458

Nicolaus Nerii Zanobi Macigni 6 dec. 1458

Petrus Gregorii Andreae del Benino 6 iunii 1459

Nicola Johannis Stefani Corsini 6 dec. 1459

Andreas Filippi Johannis Carducci 6 iunii 1460

Franciscus Laurentii Antonii Spinelli 6 dec. 1460

Antonius Laurentii domini Andreae de Montebuoni 6 iunii 1461

Pierus Lutoçi Jacobi Nasi 6 dec.1461

Donatus Neri domini Donati Acciaiuoli 6 iunii 1462

Jacobus Nicolai Cocchi Donati 6 dec.1462

Bocchaccius Silvestri domini Filippi Alamanneschi 6 iunii 1463

Marchus Salvatoris Thomasii del Caccia 6 dec.1463

Antonius ser Thomasii Masi 6 iunii 1464

Niccholaus Matthei Niccholai Cerretani 6 dec. 1464

Andreas Guidonis Giuntini 6 iunii 1465

Antonius domini Alexandri Ugonis de Alexandris 6 dec. 1465

Saracinus Antonii Puccii 6 iunii 1466

Alexander Antonii Luce Manetti da Filicaia 6 dec. 1466

Guglielmus Cardinalis Rucellai 6 iunii 1467

Pierus Nicolai Andreae del Benino 6 dec. 1467

Filippus Leonardi Marci Bartoli 6 iunii 1468

Franciscus Pieri Joannis Dini 6 dec. 1468

Pagnoçus Pagnoçi Ridolfi 6 iunii 1469

Loisius Joannis Stefani Corsini 6 dec. 1469

Angelus Neri domini Andree de Vettoris 6 iunii 1470

Recchus Uguccionis Recchi Capponi 6 dec. 1470

Andreas Niccholai Andreae Giugni 6 iunii 1471

Johannes Giani Bonannis Berardi 6 dec. 1471

Pierus Mariotti Pieri d’Amorotto 6 iunii 1472

Antonius Puccii Antonii Puccii 6 dec. 1472

Migliore Laurentii Cresci 6 iunii 1473

Nicolaus Tomasii Nicolai Buoni Busini 6 dec. 1473

Loisius Pieri domini Loisi Guicciardini 6 iunii 1474

Laurentius Amphicionis Laurentii Lenzi 6 dec. 1474

Jeronimus Pagnoçi Ridolfi 6 iunii 1475

Tomasius Johannis ser Luce Franceschi 6 dec. 1475

Antonius Simonis Antonii Canigiani 6 iunii 1476

Amerigus Simonis Pauli Becti Carnesecche 6 dec. 1476

Benedictus Bartolomei Ugonis de Alexandris 6 iunii 1477

Bartolus Bartoli Iohannis Mori 6 dec. 1477

Bonus Niccolai Lodovici Rinucci 6 iunii 1478

Tommaso d’Antonio di Tommaso Martini 6 dec. 1478

Silvester Johannis Gentilis de Albiçis 6 iunii 1479

Pierus Bertoldi Gherardi Corsini 1 mar. 1480 (1479 stile fiorentino)

Pierus Bartolomei Laurentii Gualterotti 1 sett. 1480

Roggerius Tomasii Andree Minerbetti 1 mar. 1481

Antonius Pieri Nicolai Malegonnelle 1 sett. 1481

Paulus Simonis Pauli de Janneschi 1 mar.1482

Paulus Johannis Laurentii Machiavelli 1 sett. 1482

Tomas Johannis Tomasi Lapi 1 mar. 1483

Carolus Bernardi Pieri Rucellai 1 sett. 1483

Gioampaolus Pauli Ridolfi Lotti 1 mar. 1484

Paulus Antonius domini Tomasi Soderini 1 sett. 1484

Andreas Gagliardi Caroli Bonciani 1 mar. 1485

Tomas Andree Tomasii Minerbetti 1 sett. 1485

Pierus Iuliani Niccholai Antonii Ridolfi 1 mar. 1486

Iohannes Francisci Laurentii Spinelli 1 sett. 1486

Migliore Laurentii Cresci 1 mar. 1487

Laurentius Federici Nicolai Gori 1 sett. 1487

Attavianus Cesari domini Tani Petrucci 1 mar. 1488

Julianus Pieri Simonis Mariotti Orlandini 1 sett. 1488

Franciscus Orlandi Bartolomei Gherardi 1 mar. 1489

Preticinus Iuliani Preticini de Preticiniis 1 ott. 1489

Matteus Filippi Simonis Lippi 1 apr. 1490

Antonius Jacobi Orsini Lanfredini 1 ott. 1490

Iulianus Nicolai domini Juliani Davanzati 1 apr. 1491

Pierus Simi Francisci Ginori 1 ott. 1491 ◄

Guidantonius Johannis Simonis Vespucci 1 apr.1492

Bernardus Johannis domini Bartolomei Orlandini 1 ott. 1492

Pierus Niccolai Pieri (….) 1 apr. 1493

Franciscus Bernardi domini Naldi della Casa 1 ott. 1493

Nicolaus Tomasi Bernardi Antinori 1 apr. 1494

Bernardus Averardi Bernardi de Medicis 1 ott. 1494

Simon Johannis Simonis de Filicaia 1 apr. 1495

Accursio Folchi Portinari 1 ott. 1495

Lucas Antonii Luce domini Masi de Albizi 1 apr. 1496

Johannis Nicolai Mattei Cerretani 1 ott. 1496

Larione Bartolomei Nicolai Martelli 1 apr. 1497

Pierus Silvestri Micaellis Lapi 1 ott. 1497

Franciscus Nicolai Ugonis de Alexandris 1 mai 1498

Johannes Bartoli de Mozis 1 nov. 1498

Napoleone ser Georgii de Aldobrandinis 1 mai 1499

Matteus Manetti Zenobii de Carnesecchis 23 nov 1499

Donatus Johannis Donati de Bonsis 23 mai 1500

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovanni Carnesecchi Commissario di Pietrasanta (1566)

 

1565 July 7

Da Cosimo I a Giovanni Carnesecchi

[...] denari per fornire la torre e per le spese del giardino del Casino di Seravezza [...]

 

Cosimo I authorizes payments for the tower and garden of the Casino at Seravezza.

 

Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato

Volume No: 225 Folio No: 4 Entry No: 1205

 http://www.medici.org/hum/topics/topicreports/Fortifications_1Page90.html

  

 

 

 

 

 

 

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