NOTIZIE DELL'ORIGINE E NOBILTÀ DELLA FAMIGLIA DE'SASSETTI

RACCOLTE DA FRANCESCO DI GIAMBATISTA SASSETTI. MDC.

 

Ettore Marcucci :  Lettere di Filipppo Sassetti Le Monnier Firenze 1855

 

Al nome sia della Santissima Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo, e della gloriosissima Vergine Maria, e delli beati Apostoli SS. Pietro e Paolo, e del gloriosissimo precursore nel nostro Signore Giesù Cristo, San Giò. Batista , avvocato e protettore della nostra città di Fiorenza, e di S. Francesco Confessore (avvocato particolare di me Francesco di Giambatista Sassetti) , e di tutta la celestiale Corte del Paradiso ; li quali ne concedine grazia che tatto quello che si scriverà in questo libro sia a onore e gloria di sua Divina Maestà, e consolazione et onore delli nostri consorti e consanguinei della nostra casata de' Sassetti, e di quelli che per li tempi avvenire verranno i che al Signore Dio piaccia sia per lungo tempo , sempre in grazia di S. D. M. , e con salute e onore di tutti. Amen.

In questo libro, cominciato quest'anno MDC dell'Incarnazione del nostro Signor Giesù Cristo, scriverò, io Francesco di Giambatista Sassetti , tutte quelle poche memorie che sino a qui mi sono venute a notizia della nostra casata de' Sassetti, per lasciarle in casa mia a comodo e satisfazione de' mia figliuoli e de' loro e miei discendenti particolarmente , e poi di tutti gli altri consorti della nostra casata ; con facultà che a ciascuno sia lecito aggiugnere a quello che da me sarà scritto, tutto quello che da qualsivoglia di loro fusse ritrovato delle cose passate che a me non fussino venute a notizia , e quelle che per li tempi a venire succedessino , degne di memoria : et in particolare sarà ben fatto andare tempo per tempo seguitando 1' albero di casa con quell' ordine che da me è stato posto in questo libro, che a tale effetto v'o fatta l'aggiunta di quel mezzo foglio appiccato a quello dov' è descritto l'albero; et ancora sarà ben fatto per comodo e soddisfazione di quelli che vorranno fare tempo per tempo ricordo di tulle le donne che per mezzo di parentadi entreranno e usciranno di casa nostra.

E tutto a onore e gloria di Dio. Considerando io Francesco di Giambatista di Teodoro Sassetti, come nessuno degli antenati della nostra casa de' Sassetti mai per tempo alcuno hanno lasciato alcuna memoria della sua origine ; e che ancora (il che mi fa molto più maravigliare) che nessuno di quelli che hanno per l' addietro fatto men- zione delle case e famiglie nohili di questa città, come sono, delli antichi, Ricordàno Malespini, Gio. Villani et il divino poeta Dante Alighieri, e per avventura qualcu altro hanno lasciato la nostra indietro , senza farne alcuna menzione: il che mi dà a credere che sia proceduto dall'inavvertenza, o qual altra se ne sia stata la causa del primo de' tre di sopra nominati , che potrebbe essere stato Ricordano che venne a lasciarla indietro ; e gli altri che dipoi scrissano o trattorono di questa medesima materia, avendo più presto in questa parte copiato quello che ne scrisse quel primo , che fatto di lor testa cosa di nuovo; non vennano a considerare se vi erano tutte le famiglie nobili di quelli tempi , o se ve ne mancavano.

II medesimo esempio hanno seguito quelli che hanno scritto di poi in questa materia, e mandato li loro libri per le stampe ; e massime in questi nostri tempi il rev. monsignor Vincenzio Borghini Priore de gl'Innocenti, e messer Paolo Mini, medico e filosofo fiorentino (che così lui medesimo s'intitola) e uomo di belle lettere: ché avendo il primo scritto alcuni suoi discorsi della bellezza e grandezza e nobiltà della città di Fiorenza , e il secondo scritta un' apologia , e mandata alla stampa , in difesa della medesima città di Fiorenza contro alcuni maligni che avevano scritto in biasimo di detta città; e venendo a trattare delle famiglie nobili, le hanno distinte, fra 1' altre distinzioni in famiglie di torri et in famiglie di leggio , perché in quelli tempi antichi , quando le città erano travagliate dalle parti guelfe e ghibelline, lutto le case nobili e grandi, tanto dell'una che dell'altra fazione, usavano per loro sicurezza , e salvezza delle loro persone e famiglie , fabbricare nei loro casamenti alcune torre molto alte, con balestriere e trabocchi et oltre difese secondo 1' uso di quelli tempi , dove ne tumulti che nascevano alla giornata fra dette parti, e per ogni altro accidente, ogni consorteria si riduccva alla sua torre; e perciocché erano capaci di stanze e di abitazioni amene, Intrattenevano in salvo lo loro famiglie sino a che li tumulti si quietavano.

Alcune altre famiglie per magnificenza e per comodo proprio edificavano alcuni ridotti , che si chiamavano loggie , nella contrada da loro abitata ; la maggior parte con una piazza circa a detta loggia, dove si radunavano a cert' ore del giorno per ricreazione , o per trattare e deliberare delle loro faccende et occorrenze.

Ora avendo costoro fatta questa distinzione , e contando le famiglie che a quelli antichi tempi avevano edificato una o più torri , non mai feciono menzione della casa nostra de' Sassetti.

Et essendomene io Francesco Sassetti suddetto lamentato con il Borghino, e dimandandolo quello che 1' aveva mosso a non fare nella sua Opera menzione della casa nostra come delle altre , mi rispose che non poteva negare ch'ella non fusse antichissima e nobile , come dimostra il sito delle sue case antiche, che sono (come si dice) nel primo cerchio; e che medesimamente non negava che la non fussi casa di torre, poiché la loro si vede ancora in questi tempi , come a suo luogo avanti se ne farà menzione; ma che, avendo scritto quello che aveva trovato scritto prima da altri , non aveva auto questa considerazione che la nostra restava indietro : risposta, in vero, indegna d'un uomo della qualità che voleva essere reputato lui.”

II medesimo , o voi circa , rispose il Mini al colonnello Tommaso di Vincenzio Sassetti, e li a Lione di Francia, dove si ritrovava , quando scrisse la sua apologià, che li fece la medesima domanda.

E tutto questo viene a corroborare la mia oppenione, detta in principio ; cioè che l'avere quel primo che scrisse di questa materia della nobiltà delle case fiorentine, lasciata la casa nostra indietro per qualunque se ne fusse la causa , è stato cagione che gli altri che hanno doppo lui scritto, sono cascati nel medesimo errore, essendoli bastato di seguire le pedate di quel primo , senza voler durare altra fatica in vedere se quel tale, o altri di poi di mano in mano che hanno scritto, hanno o no errato.

E se mi si dicessi, da che è causato che in tanti libri d'istorie delle cose di Fiorenza , che sono stati scritti in diversi tempi e da vari scrittori d'istorie fiorentine, come sono de' più antichi Gio. e Matteo Villani, lacopo Poggi, Lionardo Aretino e altri, non si trova fatta menzione d'alcuno della detta casa de' Sasselli (il che si potrebbe argomentare esser proceduto per mancamento di nobiltà ) , risponderei, che questo non debbe dare ammirazione, né farsene questa conseguenza.

Prima, perché sono in Fiorenza molt' altre famiglie che si sa di certo essere state et esser nobilissime , et avere auto uomini prestantissimi in ogni facilità , e con tutto ciò non si trova nell' istorie de'tempi antichi, o di quelli tempi che quei tali hanno (come si dice per proverbio) iniigibilibut munii (?) essere stati nominati.

E del medesimo Daute, che fu tanto grand' uomo quanto a ciascuno è noto, se non ci fussero le divine sue opere di mezzo, che lo tengono e terranno del continuo vivo, ce ne sarebbe poca o nessuna notizia ; perché da quello ne trattano i suoi espositori e comentatori , e un poco che ne tratta molto leggermente Gio. Villani con l'occasione del suo esilio, in poi non se ne legge altro.

E pure, cosi ne' maneggi delle cose della repubblica , come nelle scienzie e nella nobiltà , fu uomo della qualità che si sa per tutti.

Oltre di ciò è da considerare, che essendo la casa nostra , in quelli tempi antichi e sediziosi , stata di parte ghibellina , e per questo sempre (come è da credere) sospetta alla guelfa che del continuo in questa città era superiore; per il che si trova a' libri pubblici, che del l'anno 1269 e 1311 furono relegati come sospetti, e banditi come ribelli, al cuni de' nostri (come, piacendo a Dio , si dirà più avanti al suo luogo); non è da maravigliarsi , se non si trova che ne'tempi antichi la nostra famiglia non sia stata adoperata o nominata nelle cose del pubblico governo.

Ma è ben da maravigliarsi e da dolersi grandemente , che li nostri antichi sieno stati , per tanto spazio di tempo, tanto negligenti e poco amorevoli de' loro discendenti , che non ci abbino lasciato alcuna memoria della nostra origine o d'altri fatti della casa nostra.

Onde io, per non cascare con li presenti, e quelli che verranno, nel medesimo errore , avendo trovato in casa mia alcune poche memorie messe insieme con gran fatica et industria della buona memoria di Filippo( il viaggiatore ndr) mio fratello, uomo ne' suoi tempi di bellissime lettere e singulare dottrina ; e qualcnna ancora avendone mess' insieme ancor io ; sono resoluto, per mio passatempo, e a satisfazione de' presenti e mia e di quelli che verranno, farne non poco di conserva in questo libro, a onore della Santissima Trinità, e della gloriosissima Regina del cielo sempre Vergine Maria , e del glorioso Precursore del nostro Salvatore lesù Cristo, S. Gio. Batista , avvocato e protettore della nostra città di Fiorenza , e del Beato S. Francesco confessero , mio avvocato speziale ; per dare a' nostri posteri quel poco di lume che ho sin qui rintracciato di questa materia, mediante il quale potrebbe qualcuno altro de' nostri posteri pigliare occasione di ricercare di questo fatto più minutamente ; e ritrovando d'avvantaggio, aggiugnerlo a queste mia poche e deboli fatiche.

E la prima cosa, mi è parso a proposito e ben fatto metter l’ Albero di casa nostra, secondo che ho potuto mettere insieme, cavato da un Albero antico ch' era in mio potere, in carta pecora, molto imperfetto, e da scritture publiche e da due quadermicci di ricordi tenuti da Paolo d'Alessandro di Federigo Sassetti, che visse da 1340 al 1400 in circa.

E nel detto Albero saranno ancora inserte quelle poche donne le quali ho potute ritrovare ne' detti quadernucci di Paolo, che sono uscite di casa nostra ; acciocché per esse si vegga e conosca come la nostra casa , così nel dare come nel tórre donne sempre sino ne' tempi anti chi , quando in questo si poneva maggior cura e considerazione che non si fa oggi , sempre si è imparentata con le prime case di Firenze : il che dimostra esser sempre stata e tenuta e reputata per nobile , ancorché notizia certa , e se non quanto si dirà più avanti a suo luogo, non ci sia della nostra origine.

 

 

 

 

 

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E ben fatto sarà andar seguitando il detto Albero di tempo in tempo, notandovi quelli che nasceranno per avvenire ; e cosi di far noto dopo quello che da me più avanti sarà scritto delle donne che per via di parentado entreranno e usciranno di casa nostra.

Senza ritrar tutto intero l' albero della famiglia Sassetti con l'immense e intrigate diramazioni, fin da quell' antichissimo Giunta chc ne fa lo stipite, si è data la sola parte del ramo a cui appartenne Filippo, co' maggiori schiarimenti che si poterono aggìugnere, per non fare una selva di nomi, che tuttavia sono ordinatamente descritti nel seguito della narrazione.

Sopra l' intaglio dello stemma si è voluto pur mettere il segno delle fionde col sasso da scagliare, che furono l'impresa antica di casa, come si dirà nel § 1, e tuttor si vede de' bassi rilievi della cappella gentilizia in Santa Trinita; dov'era altresì dipinta sul di fuori d'un pilastro, a meglio rappresentarne il concetto.

Ma perche oggi si cercherebbe invano questa pittura, mi pare a proposito la seguente memoria che ne lasciò Filippo in una sua Lezione, inedita, delle imprese.- « Sarà forse poco dicevole che io faccia qui menzione della impresa della famiglia mia ; ma lo avere di lei, più che di niuna altra, contezza, fa che io di quella ragioni. È adunque l'impresa nostra una frombola col motto franzese A MOS POUVOIR, che importa: a mio potere. Fu la frombola quell'arme con la quale il giovanotto David ammazzò il gigante Golia; onde quegli che fece in Santa Trinita dipignere la cappella nostra, da quella parte di fuori sopra un pilastro, fece immaginare quel giovanetto armato dì questa arme, con un motto tale: Tutanti puero patrìam Deus arma ministrai'

Donde, s'io non sono errato, si cava il concetto dell'im presa nostra, quasi dicesse chi la fece : A mio potere m' adopererà io ; e Dio fara il restante sì come egli prestò aiuti a David contro al nimico. »

 

 

 

 

 

1) Dovendo , sì come ho proposto e deliberato di voler fare , descrivere al cuna cosa della nostra famiglia e consorteria de' Sassetti, e non avendo sino a qui trovato alcuna pubblica ne privata scrittura che ne abbia trattato con fondamento, mi converrà di attenermi a quel poco che ne ho trovato scritto da chi sia, e quello ne ho ritratto da' nostri vecchi a voce, li quali mi dicevano averlo ancor loro inteso pure a voce da' loro antenati.

E se in facendo questo non soddisfarò interamente a quelli che vedranno questa piccola fatica, non saprei che altra scusa mettermi loro avanti , se non che ho fatto quello che ho saputo e potuto , che non mi pare del tutto aver gettato via il tempo.

E se quelli che sono stati avanti di noi avessino fatto il medesimo , facilmente non saremmo d'ogni cosa al buio, come siamo, et a me arebbono levato la briga et il pensiero di dover durare questa fatica.

Ma perché della loro negligenza o trascurataggine possiamo più presto dolerci che emendarla , non occorre dire altro.

Ma perché ciascuno abhia la sua parte, e non sia defraudato di quel poco di buono che si trovassi in questa mia fatica, dico che buona parte dell' Albero di casa con qualche altra notizia , come si dirà a' suoi luoghi, io l'ho ricavato e messo insieme da dua quadernucci di ricordi di Paolo d'Alessandro di Federigo Sassetti , che sono appresso di me , il quale moriassai vecchio l'anno 1400, per li quali si conosce che egli era assai diligente in notare le cose di casa de' suoi tempi. Ora passando avanti nel proposito da me proposto, dico, quanto all'origine di casa nostra, che in mia gioventù ragionan done alcuna volta, come occorre, con la buona memoria di Giambattista mio padre, che passò di questa a miglior vita l'anno 1565, d'anni sessanta, mi diceva aver sempre sentito dire da Teodoro suo padre e da Cosimo suo zio , che la nostra casa era antichissima e nobile, e veniva di Germania, restataci in quelli tempi che gl'imperatori tedeschi venivano spesso in Italia o per la corona dell'imperio o per altre occorrenze.

Il medesimo diceva et affermava Bartolomeo di Gentile di Bartolomeo Sassetti, che mori l’anno 1516, vecchio di 99 anni ; ché altri vecchi non ho io conosciuti di casa nostra , per essere stati da gran tempo in qua sempre pochi fiati in casa nostra , conforme a questo o vel circa , e quanto ne lasciò scritto Francesco di Tommaso di Federigo Sassetti, che visse sino all'anno 1490 , o vel circa , in un ricordo che fece , come lui dice , del corso di sua vita , scritto di sua mano tutto, in 4 fogli cuciti insieme, dell'anno 1444, oggi in potere di Francesco Sassetti, presente scrittore. Dice detto ricordo cosi : « De' nostri antecessori non ho interamente notizia , perché i libri e scritture di casa ha appresso di se Bartolomeo mio fratello; ma sono bene informato, la nostra famiglia esser nobile e vetusta , venuta anticamente dalla Sassetta, castello in maremma di Pisa, de'signori e gentiluomini di quel luogo , che seguirono in quel tempo le parti degli Imperatori della Magna e lor setta , che allora dominavano e imperavano in Italia.

Dipoi vennano ad abitare la città , et edificorono le case nostre antiche de' Sassetti, dal forno di Borghese e nel chiasso che va tra' ferravecchi, che in quel tempo furono molto belli edifizi nel primo cerchio. »

Sino a qui di questa materia scrive il detto Francesco nel suo ricordo, oltre a qualche altro particolare che vi è di questa materia, che, se mi parra a proposito il farne menzione, lo metterò più avanti a'suoi luoghi.

In conformità e corroborazione dell' oppenione de' nostri vecchi , io ho trovato un autore assai lontano da questi nostri tempi , che fu nel 1490 , o velcirca , il quale si chiamava al suo tempo Ugolino Verini fiorentino, il quale scrisse una operetta latina in versi, divisa in tre libri, la quale fu stampata l’anno 1585 in Parigi nella stamperia di Mamerto Patissonio, stampatore regio, intitolata Ugolini Verini Poeta fiorentini, de illuttratione Urbi Florentiae.

Nel primo libro tratta della maestà e gloria dì Fiorenza ne' tempi antichi ; nel 2° tratta di molti uomini illustri e prestanti che sono stati in detta città ; nel 3° tratta delle famiglie fiorentine e della loro origine ; e della nostra Sassetta scrive come appresso : Saxoneque egregium cognomen ab hoste perempto, Saxoniam domuit cum pubem Celticos Hector Saxetum traxisse genus, serosque nepotes : Inde ferunt ortum, famae si credere dignum est.

Da queste poche memorie di sopra poste, mi pare che assai sicuramente, e con buon fondamento, si possa concludere l'origine della nostra casa essere di Germania , e molto antica di questa città ; poiché a' libri pubblici se ne trova fatto memoria sino dell'anno 1269, come a suo luogo si dirà.

 

 

 

 

 

E Francesco di Tommaso Sassetti, sul ricordo di là nominato, dice che Bartolcmeo suo fratello aveva scritture che mostravano memorie del 1105; ma queste oggi non si ritrovano: ma non si debbe metter dubbio nella fede di chi ci ha lasciato questa memoria , che non arebbe scritto una cosa per vera , se non ne fusse stato capace ; oltre che la cosa si prova evidentemente per se medesima , per ché avendo a' libri pubblici Pacino e lacopo di Azzo , nel 1269 , come si dirà a suo luogo , et avendo innanzi a loro sino a Giunta , che è messo per il primo di casa nostra, come si vede per l'Albero cinque età, non è gran fatto pensare e credere che dall'uno all'altro fussi passato lo spazio di 160 anni, potendo essere molti più.

Ora, avendo sino a qui trattato succintamente quel poco che ho saputo e mi è venuto a notizia dell'origine di casa nostra, descriverò con la medesima brevità quelle pocho memorie che ritrovo restarci in piede, degne di essere notate e considerate per satisfazione de' presenti e notizia di quelli che verranno.

 

Dico adunque che

 

2) (sic) La prima memoria pubblica di casa nostra pare che si possa contare la torre de' Sassetti , della quale si vede per loro scritture private , che loro ne sono stati padroni da 350 anni in qua del continuo , ché di tempo avanti non si trovavano scritture né pubbliche né private : nel primo piano della quale e nella sala principale e un cammino , dell'antichità del quale non si potrebbe, senza pericolo di pigliare errore, dar giudizio certo ; nel quale su la mano destra della pietra , che è nella bocca , è I' arme de'Sassetti , e su la sinistra è l'arme de' Bardi, o d'altri a quella somigliante, perciocché non vi sono colori da' quali si possa distinguere di qual casata ella sia;

e tra l'una e l'altra di queste due arme è un' arme che ha lo scudo diviso per la lunghezza , e la parte del campo che è su la mano destra , è rilevata sopra l'altra parte dalla banda sinistra ; né dentro vi ha altr' arme o imprese di sorte alcuna.

Andando verso S. Piero Buonconsiglio, in sul canto che fa un chiassolino con la chiesa di S. Piero detto , oggi e un fornaio, e sopra il fornaio una casetta, la quale usci di casa i Sassetti, 25 o 30 anni sono ; e nella facciata che riesce nella via de' ferravecchi e un piccolo sporto che guarda verso Mercato vecchio sono duo armi antichissime di pietra, d' onesta grandezza, di casa Sassetti.

Questa casa fu lasciata da Manente di Ghino Sassetti, che morì, senza figliuoli, dell' anno 1390 , o voi circa, allo spedale di Santa Maria Nuova, con ogni altro suo avere : onde i consorti , per riaverlo , molto brigorono con un messer Paolo spedalingo di quella casa ; et alla fine , datoli certi danari, lo riebbono.

Apparisce ciò per scrittura privata di casa Sassetti , e massime per un quadernuccio di ricordi di Paolo d'Alessandro Sassetti , nominato addietro, nel quale molte delle pubbliche sono nominate.

Quello che tra la torre e questa casa possedessino li Sassetti , non e' é memoria autentica che ce ne dia lume.

Vedesi bene per un libro di conti , tenuto da Gentile d'Ugo Sassetti (che mori l'anno 1285), ch'egli riscuoteva molte pigioni di botteghe e diverse stanze che appigionava a diversi artieri ; e per un libretto d'istorie antichissimo , ch' é in mio potere , senza nome d' autore , si vede che nel 1215 li Sassetti possedevano tutto quel ceppo di case che riguarda, dal canto della via che va a S.Maria Ughi sino a S. Piero Buonconsiglio, e rigirava tutto quel quadro; e di quello che particolarmente ne tratta il detto libretto, se ne farà menzione più avanti.

Oggi, nella facciata dinanzi che ri guarda la via de' ferravecchi , é l’arme degli Anselmi assai antica : però si conosce esservi stata appiccata , e non murata da principio ; e può facilmente esser loro pervenuta per via di donne , trovandosi per li quadernucci di Paolo nominato, che delle nostre donne entrorono in quelli tempi in casa loro.

Dalla torre, pigliando per la torre in questo luogo la facciata che riesce nella via de' ferravecchi, si veniva sul canto della via ch' é a riscontro , dove già erano le volte de' Vecchietti , la quale finisce nella strada che va a S. Maria Ughi dalla mano destra ;

e quello che va a S. Miniato tra le torri dalla sinistra ; e tutto quello che era tra la torre e questo canto, ora é de' Sassetti , salvo che una casetta di sul canto , la quale ha un primo piano , che é d' un materassaio ; et ancora sotto la torre é una bottega con una stanza di sopra, la quale é di Valore Valori, anta dall'anno 1558 o 59 da Luigi di Vincenzio Sassetti, allora padrone di detta torre per parte della dote della Cammilla sua sorella, maritata a detto Valori; e tutto il resto per l'altezza é loro.

Et entrando per la via che va a S. Maria Ughi , passata la porta della casetta del materassaio, detta di sopra , si trovano tre portoni grandi, molto antichi, a canto l'uno al’ altro , che quel del mezzo entra nella torre ; nella corte della quale sono più magazzini e volte possedute da loro , con una casetta ancora ; e della corte si va su in torre : l' altre due porte grande , che mettono in mezzo questa entrata , servono oggi con la loro stanza per botteghe.

Che uso già le avessero , malamente si può giudicare ; e, quanto a me , considerato l' effetto che le fanno di mettere in mezzo la porta principale con la riuscita delle finestre su la corte della torre, direi che ne' tempi antichi le avessino servito per ridotto e radunata della consorteria in luogo di loggia , che avevano molte al tre famiglie nobili.

Oggi tutto quello che posseggono i Sassetti in questo ceppo di case , salvo che dua stanze che servono per magazzini , e sono di Galeazzo di Federigo di Galeazzo Sassetti , é posseduto da Cosimo di Federigo di Carlo Sassetti, pervenuto a suo padre per testamento di Luigi di Vincenzio Sassetti suo cugino, con rendita di fiorini cento l’ anno di pigione.

Passate queste tre porte della torre sino al canto della via , non é cosa che sia loro, né che possino provare averlo posseduto , se non mediante l' istoria scritta a mano, della quale a suo luogo se ne farà menzione, e che si allegherà a dietro.

Ma volgendo su la mano manca , si trova un ceppo di case con una grande, nella quale è oggi il segno della S:A. , la quale era già de' Sassetti, e, circa 94 o 100 fa, fu venduta da un Priore di Bartolomeo di Tommaso Sassetti.

Questa casa era anticamente da loro chiamata il palagio, come si vede per le scritture di casa loro.

 

 

 

 

 

3). Doppo questa memoria, pare che si possa mettere la sepoltura de' figlioli d' Azzo di Sassetto Sassetti , che furono dal 1250 al 1270 in circa, la quale è nel cortile o vero campo di S. Maria Novella , entrando dalla piazza Vecchia ; et è, passando la porta grande, che di detto cortile si entrava in chiesa, che oggi è rimurata , andando verso la piazza, la quinta sepoltura , la quale è a guisa di cassone con volticciola di sopra, come 1' altre che vi sono; ma in tanto differente, che dove tutte 1' altre sono di macigno , questa è di marmo ; e ancora vi si vede scritto dentro : S. FILIORUM AZZOINIS SAXETTI -, e sono scritte queste parole nella cornice della cassa , dove il coperchio si posa sopra un angioletto che vi è dentro di basso rilievo , il quale è messo in mezzo da due scudi antichi di basso rilievo, déntrovi l'arme de' Sassetti. Oggi detta se poltura rimane occupata e soffocata dalla fabbrica della Compagnia di S. Benedetto, restando fra la muraglia di detta Compagnia e quello di chiesa.

In detta sepoltura si sotterrano tutti li Sassetti, eccetto che li discendenti di Francesco di Tommaso di Federigo, che vanno in S.a Trinita, nella cappella e sepoltura da lui construtta.

Un' altra sepoltura pure de' Sassetti si ritrova medesimamente in S. M.a Novella , scendendo di chiesa a mano sinistra nel primo chiostro, voltandosi per andare al Pellegrino , che ha un' arme nel muro dalla mano sinistra, di pietra, di casa Sassetti, fatta da Soldo di lacopo Sassetti, che dovette vivere dal 1280 al 1340 in circa, trovandosi di lui memoria che fa bandito per ribello del 1315, come più avanti si dira.

 

 

4). In mano e potere di me scrittore Francesco Sassetti si ritrova un libretto coperto con carta pecora.

Per quello si può conoscere e dalla qualità dello scritto, e dalla qualità del foglio, e dalla pronunzia della favella, e da ogni altra circostanza, si può giudicare che sia molto antico, il quale in forma di memoriale d'istorie conta molte cose seguite per li tempi addietro; e nell'ultimo capitolo della terza carta dice come segue : « Nel 1215 surse parte guelfa e ghibellina in Firenze, cioè per un certo parentado fatto per messer Buondelmonte de'Buondelmonti. E' non l'attenne: fu morto una mattina di Pasqua a piè del ponte vecchio per uno delli liberti , e uno .' de' Lamberti , e uno degli Amidei , e uno de' Sifanti , o uno de' Conti da » Gangolandi ; ed era vestito di hianco ; di che la terra n' andò a remore , e tennesi parte : e chi tenne con li liberti, e chi tenne co' Buondelmonti. E qui appresso saranno scritte quelle famiglie e gente che governavano la n città: e governavasi a consoli e a sesti; e tutta la città era sei sestieri. I sesti sono questi : sesto d'oltrarno; sesto di porta S. Piero; sesto di S. Piero Scheraggio ; sesto di borgo S. Apostolo ; sesto di S. Prancazio ; sesto di Duomo”

Questo scritto comincia a contare le famiglie del sito d'oltrarno in buon numero, disegnando per la maggior parte il sesto delle loro case : e finito detto sesto, con il medesimo ordine continua a contare le famiglie d'altri quattro sesti, cioè S. Piero Scheraggio, Porta S. Piero, Porta di Duomo, Borgo S. Apostolo.

Poi con il medesimo ordine comincia a contare le famiglie del detto sesto di S. Prancazio , dicendo : « Quelli che governavano la città di detto sesto nel consolato , et altri offizi della città ec. ; » e comincia. contare le famiglie di detto sesto , ponendo il sito delle loro abitazioni ; e doppo aver contato sei famiglie, dice: “i Sassetti stanno dirimpetto ai Manfredi in su 1' altro canto, e le loro case pigliano nella via che va da' ferri vecchi ad andare a S. Miniato tra le torri ; e tutto quel quadro é loro insiiio alla via che entra in Mercato vecchio ec. » Sino a qui dice questa istoria in questo luogo de' Sassetti.

Poi seguita contare molt’altre famiglie di detto sesto ; e de' Vecchietti dice : « Stanno a dirimpetto a' Sassetti ; » et alla fine della narrazione delle famiglie del detto sesto, dice : « Nota che tutte queste famiglie scritte ne' sesti di Firenze sono quelle che avevano il governo della città nell'anno 1245; et in Firenze non c' era gnuno a » sospetto, e ognuna di dette famiglie erano nel reggimento che fusse uomo di sapere, governava l’ufizio, e cosi si governava la terra a consoli.” Per questa istoria, ancorché imperfetta e senza nome d'autore, si vede pure che la nostra casata é antichissima.

E Francesco di Tommaso Sassetti nel suo ricordo, nominato a dietro, dice aver visto memorie in mano di Bartolomeo suo fratello, che si distendevano sino all'anno 1105: ma non dicendo quello che le contenessero, et oggi non si ritrovando appresso li suoi discendenti, non si può dire altro con fondamento.

Basta che sino a qui, per le memorie a dietro notate , non ci mancano apparenze da provare la nostra antichità e nobiltà , le quali saranno corroborate da quel più che si dirà avanti a' suoi luoghi , secondo 1' occasioni che se ne porgeranno.

Non è già manifesto che professione fussi de' nostri antichi in quelli primi tempi ; cioé , se attendevano a vita cavalieresca e vivevano da grandi , o se pure se ne stavano da cittadini privati , attendendo a vivere.

Non si ha memoria che fra li nostri fussino cavalieri a spron d' oro , come usavano li grandi e magnati di quelli tempi.

Anzi, per il contrario, si vede per scritture private di Gentile d'Ugo Sassetti, che morì vecchio nel 1285, ch'egli era cambiatore e persona molto facoltosa , e che attendeva alle faccende del suo banco e di casa con gran cura : e pare che da' quadernucci di ricordi di Paolo d'Alessandro Sassetti nominato a dietro, ancorché più moderno di detto Gentile cento o più anni , se ne ritragga il medesimo : e non di manco veggiamo il figliuolo e tre nipoti del medesimo Gentile, come Ghibellini e contrari allo stato, essere insieme con altri consorti confinati parte, e parte dichiarati ribelli , e cacciati dalla città , come più avanti si dirà.

E ciò fu in di versi tempi ; e da questo possiamo arguire , che se pure da principio avessino tenuto vita di grandi e cavalieresca , che doppo la divisione della città per la morte di messer Buondelmonte, avendo loro visto che la parte, alla quale si gettorono (che fu la ghibellina), restò al di sotto; e desiderando loro godersi la patria e le facultà (delle quali, secondo quelli tempi, dovevano essere como damente forniti), si ritirassino a modo di vivere quieto: ma in ogni modo non venne loro a sortire il disegno, poiché insino all’ anno 1318 steltono, se non tutti li consorti, la maggior parte fuori di Firenze, come ribelli.

Accordati poi il detto anno con il Comune , e tornati in Firenze , come si dirà a suo luogo , stettano molto tempo abbattuti , come quelli che per la memoria della contraria fazione non erano, da quelli che governavano, visti con buon occhio nè volentieri: solo erano ritrovati, sempre che si aveva a mettere qualche gravezza per li bisogni della città, che erano assai e spesso nelle quali i Sassetti, che erano in concetto di danari , e però si cercava tenerli bassi, erano ritrovati e riconosciuti dagli altri.

E questo si ricava da un quadernuccio di ricordi di Paolo d'Alessandro, già più volte nominato, e da altre scritture ancora , che sono in casa.

E cosi, almanco da quel tempo in qua , sono sempre stati (come si dice) ne' soppanni , attendendo alla mercatura; e particolarmente tenevano tavola in Mercato nuovo, e facevano il cambiatore: e si vede questo per li libri di conti e qnadernucci di ricordi di Gentile di Ugo e di Paolo di Alessandro Sassetti nominati.

 

6) Nel 1269 essendo venuto in Fiorenza un vicario del re Carlo di Sicilia , di casa Valois de' Reali di Francia, chiamato da' Guelfi che dominavano in Fiorenza per assicurare lo stato loro, quale si domandava Ugolino Stuardo; costui , per debito di suo offizio , confinò e cacciò di Fiorenza una quantità grande di cittadini che erano in concetto di Ghibellini , e sospetti al presente governo , e fra li confinati furono Pacino d'Azzo, Tacconaio di Pietro , lacopo d’Azzo e Caccia di Gentile de' Sassetti.

Apparisce questa memoria al libro del Chiodo esistente nella cancelleria de' Capitani di Parte, 62. 63. 65. ; dove chi di questo fatto avessi qualche dubitazione, potrà ricorrere e chiarirsene.

 

 

 

 

 

7 ) Nel 1285 morse' un Gentile d' Ugo di Sassetto Sassetti, assai ben vecchio.

Costui, per quanto se ne vede da un libro di conti, era molto facoltoso, et esercitava la mercatura.

Ebbe 4 figlioli masti, fra' quali era quel Caccia nominato nel cap. di sopra, che fu confinato per ghibellino dal vicario del re Carlo di Sicilia.

Questo Gentile , per quanto si vede di sopra , anzi per il suo Libro di conti che oggi é in potere di me Francesco, fu padrone di buona parte de' nostri antichi casamenti ; poiché si vede che egli riscuoteva molte pigioni di botteghe e casette e stanze da diversi artieri , alli quali le appigionava.

Di questo Gentile si trova scritto in una cronaca d' uno delli Stefani, in mano degli eredi di Messer Marco degli Asini , ch' egli fu uno de mallevadori per la parte ghibellina , alla pace che fece fra' Guelfi e Ghibellini l' anno 1280 messer Latino vescovo d' Ostia , mandato Legato dal papa a trattare detta pace. E con tutto che in un libretto che io Francesco scrittore ho in mio potere, quale tratta di molte cose occorse a quei tempi antichi , e fra l'altre di questa pace , perché non é finito e ci manca pure assai , io di questo fatto non ho altro riscontro che quanto ne ho trovato in un foglio notato di mano di Giambatista mio padre, che dice averlo visto in detta cronaca, avuta dal detto messer Marco degli Asini che era vivo quando lui.

Nel capo 7 di questo libro si tratta avere auto notizia da una cronaca in mano a messer Marco degli Asini, che Gentile d' Ugo Sassetti fu uno dei mallevadori per i Ghibellini alla pace che fece il cardinale Latino fra li Guelfi e Ghibellini, l’anno 1280.

Ora soggiungo,che questo medesimo viene confermato da' libri publici, trovandosi nel lib. 29 de' capitoli esistente nel publico Archivio delle Riformagioni, 331, che il detto Gentile, e con tal Jacopo e Sassetto d ‘Azzo Sassetti, furono mallevadori alla detta pace, con pena , alla parte che non osservassi, di cinquantamila marchi di buono et puro argento.

Et in detto tempo il detto Jacopo veniva a essere uomo assai bene attempato, poiché nel medesimo libro 29 di capitoli, 301, si trovi nominato per testimonio a un contratto della compra d' una casa con terreni fatta il Comune di Fiorenza, dell' anno 1254.

 

 

 

 

 

8) Per li quadernucci di ricordi allegati sin qui più volte, si trova che nel 1300 fu fatta una pace fra la casa dei Sassetti e quella de' Vecchietti : dico ne' quarlernucci dì Pagolo di Alessandro Sassetti, il quale dice che a' 6 di luglio 1300 fu fatta detta pace con contratto rogato per Buoninsegno Gostigiani ; e soggiugne che il contratto era in potere di Bernardo di Tommaso di Federigo Sassetti , il quale oggi è perso, come ancora le imbreviature ' di quel notaio, non essendo state rappresentate nel pubblico archivio fiorentino.

Trovasi più altre volte nelli medesmi quadernucci fatta menzione di nuove pacie e

tregue fra le dette due case ; et ultimamente nel 1380 ne fu fatta un' altra, che è l'ultima di che si abbia notizia : e fu fatta, per quanto dimostrano li ricordi di Paolo nominato , per mezzanità d' alcuni paciali eletti in quelli tempi dal Comune a procurare queste et altre pacie fra diversi cittadini , essendo che la città in quei tempi doveva essere , oltre alla divisione generale di Guelfi e Ghibellini , in molte inimicizie particolari cho la tenevano del continuo travagliata ; e per ovviare a molti disordini , vennono a creare l'offizio di quei paciali , per mezzanità de' quali fu condotta detta pace fra le dette dua famiglie , e ne fu rogato ser Miniato Franceschi , notaro di detti paciali, a' d'i 15 di febbraio 1380; che ancora le scritture di questo notare non si trovano.

Che inimicizia fusse fra le dette due famiglie, non mi è noto: bene mi sovviene che essendo li Vecchietti di fazione guelfa e li Sassetti ghibellina , et essendo le case loro cosi vicine che si vedevano e riscontravano del continuo, che 1' umore delle fazione potessi generare fra di loro grossezza e mala satisfazione; dal che poi con ogni occasione si viene a rottura et aperta inimicizia. Con tutto quanto, non ho notizia che fra di loro occorressi mai né omicidii né busse , se bene con il vedere tra di loro tante reiterate pacie e tregue , danno occasione di dubitare.

 

9) Nel 1311 aspettandosi in Toscana l'imperatore Arrigo di Luzimburgh, quale veniva armato e di cattivo animo contro alla città di Fiorenza, che in quei tempi si reggeva a parte guelfa, contraria al detto imperatore ; e perché avevano deliberato di non volerlo ricevere, e per indebolirli le forze, quando avessi auto (come era da credere) qualche intendimento con li loro fuorusciti , che in quei tempi ne avevano assai per le novità che erano occorse fra li Bianchi e Neri ; si risolvermi di revocare dall' esilio tutti i loro fuorusciti , da alcuni pochi eccettuati in poi : e fra li richiamati furono quelli de Saxetti.

Apparisce questa memoria al libro del Chiodo 73.

Non ce' è memoria in casa nostra, né sin qui s'è trovata a' libri pubblici , come né quando né per qual cagione questi fussino usciti; ma si può credere seguissi nel 1304, quando cominciorono le differenze de' Bianchi e Neri, delle quali fa menzione Giovanni Villani , per la venuta in Firenze di Carlo di Valois dello senza Terra , dicendo il Villani nell'8° libro della sua istoria, al cap. -18 nella fine: « Per la qual cosa furono condennati per il detto messer Carlo come ribelli, e disfatti i loro palazzi , e guasti i loro beni in città e in contado , e cos'i di molti loro seguaci grandi e popolani. »

Per il che pare che si debba credere elic questi nostri uscissero in detto tempo , non ci essendo cosa che di mostri altrimenti.

 

10). Con tutto che quelli de Saxettis fussero richiamati dall' esilio , come li sopra è detto, non è però certo se e'tornorono , e se tornorono tutti o parte ; e di questa ambiguità è cagione il vedere scritto in uno de' quadernucci di Paolo, più volte nominato di sopra , in questo modo: « Ricordo che la Riformatone , quando noi ci accordammo con il Comune di Fiorenza , quando noi tornammo in Fiorenza, ancora in quella si contiene, e in spezialità I' università dell' arte della lana , e ancora con Uberto di Lando degli Albizi in speziatità , che aveva avere gran quantità di danari dalla compagnia de' Sassetti : la detta Riformagione ha Tommaso e Bernardo di Federigo Sassetti in casa loro, e fu fatta negli anni di Cristo 1318, indizione seconda, di 3 del mese di gennaio ; e fu perché ci ritrovavamo nel campo dell' Imperatore,

volessimo noi o no , però che Ghino e Sassettino di Banco di Sassetto Sassetti si ritrovarono a un loro luogo che si chiama Polvereto in Val di Pesa, che vi furono presi e rubati : di che si deliberarono di starsi nel campo dell' imperatore Arrigo di Lnzimbnrgo, ché fu loro forza.

Ma lasciamo andare come le cose andorono, ché sarebbe troppo lungo dire : ma la detta Riformagione ha Tommaso e Bernardo sopra detti , rogata per mano di ser Folco di ser Antonio, allora notaio alle Riformagione del Comune di Firenze , di ser Grazioso di messer Corrado. »

 

 

 

 

 

11) Come si vede per il cap. addietro e per il ricordo di Paolo Sassetti, con tutto che fra li richiamati dall' esilio 1' anno 1311 fussino quelli de' Sassetti , eglino o non dovettono voler servirsi del benefizio della richiamata , sperando forse , quando fussino rientrati in casa con il favore dell' imperatore che favoriva la parte loro , avere meglio fare che non ritornarvi richiamati da' Guelfi che lo facevano per interesse proprio, con i quali tanto sarebbe durata 1' amicizia loro , quanto durava la paura che avevano di quello imperatore che veniva loro contro armato.

E questa credo che fussi la cagione the se ne restorno con l' imperatore , e non quella che allegò Paolo nel suo ricordo della cattura di quelli dua che erano in villa , non avendo del verisimile che per la prigionia di due uomini soli tutta la consorteria volessi perdere la patria e le facultà e ogni altro bene.

Ma perché in cose tanto antiche, senz' altro maggior lume, diffìcilmente se ne pnò rintracciare il vero per l'appunto, di questo proposito non dico altro.

Ma seguitando la narrazione incominciata , dico che essendosene tornato l' imperatore Arrigo senz' aver fatto cosa nessuna , et essendo restata la città nostra libera dalla paura che di lui aveva , si volse a gastigare con 1' esilio e altre pene tutti quelli cittadini che avevano seguito la parte di detto imperatore: fra li quali in tutti furono XVI de Sassetti (che, per maggior satisfazionc di quelli che leggeranno , si nomineranno tutti a basso) i quali ebbero bando di ribelli, come nemici del Comune di Firenze, per essersi ritrovati a guastar chiese, rubar case, sforzar donne, et altro (cosi dicono le parole del decreto o partito de' Capitani di parte guelfa, notato al libro del Chiodo, a dietro altre volte citato, 77).

E questo medesimo è tocco ancora da una storicina scritta a mano, altre volte sin qui citata, in mio potere dove sono ancora copiate alcune sentenze che fulminò il soprascritto Arrigo imperadore contro la città di Fiorenza , e molti Suoi nominati cittadini guelfi ; e cosi contro a molte altre città , terre e castella di Toscana, che in quei tempi si reggevano a parte guelfa.

 

Li Nomi de' Sassetti, di sopra scritti, sono questi:

 

-Ghino e Sassettino di Banco Sassetti

-Neri di Manfredi Sassetti

-Soldo di Jacopo Sassetti

 

-Pierozzo, Luca, Giovanni di (Federigo) Ghigo Sassetti

-Piero di Manfredi Sassetti

 

-Sinibaldo e Gherardo di Ghino Sassetti

 

-Salvestro e Lapo di Mercenario Sassetti

 

-Francesco e Alessandro di (Gio)Vanni Gentile Sassetti

 

-Spada e Marcuccio di Caccia Sassetti

 

 

 

tutti della casata de' Sassetti, popolo di S. Piero Bonconsiglio e del sesto di San Pancrazio : che così dice il decreto de'Capitani di Parte, ma in latino, al libro del Chiodo, nel luogo di sopra citato.

12.)Essendo stati li suddetti molto tempo per il mondo ribelli del Comune di Fiorenza, con grand' incommodo loro e d' altre persone assai, che erano con loro interessati , perché al tempo che furono dichiarati ribelli esercitavano la mercatura, e' vennano a lasciare di molti intrighi e debiti , che malamente senza la presenza loro si potevano risolvere o accomodare : e però dell'anno 1318 e a' dì 3 di gennaio, fu presentata una supplica al supremo Magistrato per parte dei Consoli dell'arte della lana, e de' creditori della compagnia de' Sassetti, e di Ghino e Sassettino di Banco , e di Pierozzo di Ghigo , e di Soldo di Jacopo in nome loro e di tutti gli altri di casa Sassetti , e per li loro figlioli e discendenti ; per la quale , in somma , addimandarano d' essere abilitati a potere ripatriare , e potere in giudizio addimandare e conseguire il loro , a fine di poter soddisfare i loro creditori , promettendo nell' avvenire essere obbedienti figlioli del Comune.

E così la loro dimanda fu accettata, e messa a partito, e vinta, come si dice , per li Consigli opportuni, come apparisce al libro delle Riformagioni

 

13 ) Chi fussino quelli che delli 16 di sopra nominati nel cap. XI fussino ribenedetti, non si trova scritto, fuora delli 4 nominati nel cap. XII i e può stare che alcuni di essi , nello spazio di sette o più anni che stettano fuora ne fussino morti , e che qualcun altro non si curasse di tornare : e fra quelli che tornorono , vi fu , come di sopra si vede , Pierozzo di Ghigo o Federigo , dal quale sono discesi tutti quelli che oggi ci sono e che saranno per 1' avvenire di questa casa. Basta che quelli che tornorono, se ne stettano sempre bassi e rimessi, come quelli che , se bene attendevano a' fatti loro , per la memoria nondimeno dell' antica fazione ghibellina non erano visti volentieri , e da quelli che governavano erano del continuo bistrattati.

E solo quando si aveva a porre qualche gravezza (che in quei tempi occorreva molto spesso) erano ritrovati gagliardamente di che Paolo d'Alessandro , più volte allegato con li suoi ricordi, se ne lamenta.

Non si mette di questa cosa alcuno particolare, non essendo venuto a mia notizia, se non d' una imposizione che si fece l'anno 1305 o 1306, di fiorini ventimila, posta a' Ghibellini per la battaglia di Monte Accianico ; della qual somma a tutti li Sassetti ne toccò per la loro parte fior. 258, che in quei tempi non erano pochi.

Non so già dove questo particolare si trovi a' Libri pubblici, avendolo trovato fra alcune memorie di Filippo mio fratello senza questa nota : ma per quello posso giudicare, alle Riformagioni , ché a' libri di quei tempi facilmente si potrebbe trovarne qual che memoria.

E per una nota di mano di Giambatista Sassetti, mio onorando padre, trovo che nota che nel1357 fu fatto un ordine, che chi fusse tenuto ghibellino, o non fussi vero guelfo, fussi ammonito e sospeso da tutti gli uffizi : per il che una gran quantità di nobili furono privati e stracciati dalle borse, et in quello scambio messori gente nuova e bassa.

E da questo si può giudicare che sia proceduto che non si trova mai che insino al 1450 nessuno di casa nostra sia stato de' Signori o Priori, né Gonfaloniere di Giustizia, o che avessino altri ufizi o magistrati nella città ; ma non per questo nessuno però leverà la nostra nobiltà, la quale si conosce per gli edifizi pubblici e per il luogo dove sono situati , per 1' antichità delle sepolture de' nostri maggiori , per le memorie in più luoghi e volte d' alcuni de' nostri a' libri pubblici et in molti de' privati , come se né fatta menzione a dietro più volte , e facilmente occorrerà farne per avanti : e per li parentadi fatti d' ogni tempo con le prime case di Fiorenza , tanto in dare delle nostre donne , che nel torre in casa come si vede in parte per l'Albero di casa messo nel principio di questo libro , chè di tutte non se n' é potuto aver notizia per la poca diligenza de' nostri antecessori.

E ultimamente , l'istesso Albero con la sua continuata di scendenza di 17 età sino a oggi, dimostra la nostra antichità, con la quale, massime quando é continuata di tempo in tempo, come si vede esser questa, si congiugne la nobiltà.

E questo basti avere scritto in questo luogo della qualità e stato e condizione della nostra casata sino alli tempi de' sopraddetti.

 

14) Nel 1324 mori in S. M. Novella di Fiorenza, convento de' frati Predicatori di S. Domenico, un fra Barone de'Sassetti, del quale a' libri di detti frati , dove tengono conto de' loro morti si trova fatta qnesta memoria : Fr. Baro de parentela Saxettorum, confessor idoneos et magnus praedicator, sacristiam exornavit paramenti de serico duplicati ac etiam tabulam maiori altari sua procuratione fieri fecii. Fuit bis subprior huius conventus S. Mariae Novelae. Vixit in Ordine plusquam sexaginta anno*. Obiti anno Domini MCCCIXIV, in vigilia S. Jacobi Apostoli, die xxiv Julii. Questo frate, il 229mo frate che morissi in quel convento di quell'Ordine, del quale non abbiamo altra notizia che quella se ne cava dal suddetto libro de' suoi frati; e però sull'Albero di casa non se li assegna luogo determinato.

Ma dicendo li suoi frati , ch'egli visse nell'Ordine più di 60 anni, e che mori nel 1324 , si può contare ch' egli pigliasse l'abito dal 60 al 64 sopra il 1200, che venne a essere molto vicino al tempo del loro Patriarca S. Domenico, e facilmente de' primi suoi seguaci.

E quanto a'nostri, potette essere coetaneo de' figliuoli d'Azzo secondo, che feciono la sepoltura ne' chiostri di S. M. Novella , come é fatta menzione a dietro al cap. 5 ; e forse fu loro fratello , e a sua requisizione , poiché avevano fatta la sepoltura , facilmente feciono ancora la tavola dell'altar maggiore, la quale tavola si conservò a detto altare sino agli anni di Cristo 1485, o vel circa: che quelli frati essendo venuti in disparere con Francesco di Tommaso Sassetti , come si dirà più a basso , la levorono e la posono all'altare del loro Capitolo , dove si raguna e sotterra la nazione spagnola; e quivi se ne stette sino all'anno 1591 , o vel circa, ché avendo li Spagnoli fatta di nuovo una tavola a detto altare a loro fantasia, fu levata quella, e da quelli frati é stata trafugata per il convento, né mai hanno voluto dire dove se l'abbino messa.

E per esser quelli che ci sono di casa nostra pochi e poveri , e una parte oggi pupilli , non si può fare impresa con detti frati di rinvenirla, e farla mettere in luogo che la si vedessi per memo ria e onore e riputazione di casa nostra : chè in vero è una bella memoria della nostra antichità e nobiltà, essendovi nella basa di detta tavola da ogni canto l'arme de' Sassetti, la quale dimostra il nostro patronato, il quale, per un contratto fatto fra li detti frati e Francesco di Tommaso Sassetti , l'anno 1469, come si dirà più avanti al suo luogo, è non solo accennato, ma di nuovo conceduto farsene questa memoria cosi distintamente per memoria e chiarezza de' nostri posteri, acciocché, concedendoci Iddio che venissimo in miglior fortuna e più comodo stato, abbino pensiero di farla tornare a luce, ricordando loro, che oggi sono in Fiorenza facilmente poche case che possino mostrare un'antichità di casa loro di 500 e più anni, come è questa.

La detta tavola , per quanto si ritrae da quello che ne scrive Giorgio Vasari nella prima parte delle Vite de' Pittori, fu dipinta alla maniera antica greca da Ugolino pittore sanese , discepolo di Cimabue; e avvegnaché il detto Giorgio non dica averla fatta fare li Sassetti , nientedimeno da' segnali che vi pone essere stata molt’ anni all'altare maggiore, e poi levata e messa nel Capitolo all' altare delli Spagnoli; e dal tempo che visse il detto Ugolino , che mori vecchissimo (dice il Vasari) nel 1339 ; si vede che non può essere altri che questa nostra, la quale io Francesco scrittore veddi più volte, mentre stava nel Capitolo: e vi è dentro una Madonna vestita alla greca, con il figliolo in braccio, messa in mezzo da due Santi, che non mi sovviene per chi sieno fatti; e nella base, come di sopra è detto, sono due arme de' Sassetti : e vi può essere qual che angiolo o qualch' altra figura di più, ché, essendo molti anni che non l'ho vista , non mi sovviene di queste minuzie particolari.

 

15). Al libro del Chiodo, 62, 65, 65, come addietro al cap. 6, si trova che nel 1269, insieme con altri tre de'Sassetti, fa relegato a' confini Tacconaio di Piero Sassetti, de' quali dua non aviamo per le nostre scritture altra notizia; o però sull'Albero di casa non si è potuto assegnare luogo proprio; e per notizia di quelli che leggeranno m' è piaciuto farne questa memoria.

 

16). Dalla tornata che feciono i nostri antenati in Fiorenza nel 1358, come a dietro si è detto al capo 42, fino al 1450 o vel circa, se ne stettano quietamente, attendendo a' loro negozi e faccende mercantili, senza intromettersi ne essere adoperati in cose pubbliche ; come in più luoghi dimostrano li già più volte allegati quadernucci di ricordi di Paolo d' Alessandro : per li quali si vede come particolarmente tenevano tavola o vero banco in Mercato nuovo, e di fuora facevano molte faccende ; trovandosi che Niccolo fratello di detto Paolo, con Lionardo suo figlio, del 1395 stavano a Monpelieri ; e ancora tenevano casa a Barcellona negoziando, e di quando in quando davano di volta a casa, dove essendo stati qualche tempo, tornavano alle faccende.

Et in casa nostra, in potere di me Francesco Sassetti , si conserva una lettera, seconda di cambio, fatta in Lisbona del 1360 da Niccolo Sassetti suddetto, che traeva in Avignone, a Chiaro del Rosso e compagni, fiorini 2570; e su la soprascritta di detta lettera era il segno di Niccolo, ch' è a modo d'una frombola da trar sassi, impresa antica di casa nostra, fatto detto segno come di contro che mi piace, per memoria di questo, fatto registrar qui il segno e la lettera , la quale dice come segue.

E prima la soprascritta dice « Chiaro del Rosso e compagni in Vignone seconda di 2570 fiorini ; » e dentro dice : « Al nome di Dio, Amen. A Chiaro e compagni, Niccolo Sassetti e compagni, salute ; di Lisbona. Questo dì vi scriviamo, per una lettera prima, passassi costà, cinque mesi doppo la presentazione, a messer lo tesoriere del papa e a messer Gio. Garriga, Collettore in Portogallo e in Castello per la Chiesa, o vero all' uno di loro, fiorini di Fiorenza , al peso della sentenza , dumila trecento settanta ; i quali fio rini 1MCCCLXX sono per cambio di n° settemila centodieci portogallesi , che qua ne avemo avuto, tra più volte, dal detto messer Gio. Garriga, per compimento de n ° dodicimila della detta moneta , che il detto ne doveva dare qua per lo cambio di fiorini quattromila d'oro, che costà faceste col sopraddetto tesoriere.

E però , se per la sopraddetta prima lettera non gli aveste pagati, pagateli per questa seconda, pagandoli, tra per la detta prima e questa seconda, una volta e non più , e così graziosamente ne fate , e poi gli acconciate come si conviene. Iddio vi guardi. Fatta di xxi di novembre 136O. »

La copia di questa lettera così qui registrata , se bene si poteva far di manco , non sarà forse del tutto superflua per quelli che aranno piacere di conoscere e intendere li modi et usanze del negoziare antico.

E tornando allo stato de' nostri antichi , oltre quello che si dice al cap. 7 di Gentile d'Ugo che negoziava nel 1230, e quello che si dice di sopra di Niccolo d'Alessandro e di Lionardo suo figliolo, il medesimo Paolo, insieme con altri con sorti attendevano in Firenze a' negozi, tenendo in Mercato nuovo del continuo tavola o banco che vogliamo dire , e come si vede in più luoghi notato a diverse occasioni a' suoi quadernucci : a' quali ancora si vede che Tommaso di Federigo di Pierozzo fu uomo assai adoperato nelli negozi di Ruggeri di messer Gio. de' Ricci, e Gio. d'Arrigo da Prato e compagni, cambiatori in Mercato nuovo; e per loro andò più volte a Venezia et in Lombardia , a Raugia ( Ragusa sicilia) et altri luoghi , come dimostrano detti quadernucci ; e li servì in tutte loro oecorrenze, sino a che li suddetti suoi maestri feciono male i fatti loro , e fallirono di giugno 1396.

Et in quel tempo il detto Tommaso si fermò a casa, e poco di poi tolse donna , come si dirà appresso.

A uno de' detti quadernucci, p143 ho, trovo di mano di Paolo, fatto nel 1398, questo ricordo: “Trovai per una scritta di mano d'Alessandro nostro, a cui Iddio perdoni all'anima sua , che in calen di gennaio, anno 1311 , si trovano i compagni della compagnia : ciò furono allora in quel tempo :

Soldo di Jacopo d'Alessandro Sassetti in £ 4124 as

Ghigo di Sassetto d'Azzo in £ 1199 as.

Sassettino di Banco di Sassetto in £ 5206 as

Ghino di Banco di Sassetto in £ 4855 as.

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Sommano £ 4 2,584: sono…….

Vedesi per questo ricordo di Paolo, e per altri suoi ricordi , e per la memoria allegata al cap. 7 di Gentile d'Ugo Sassetti, che i nostri antichi se ne stavano attendendo a' loro traffichi , non essendo adoperati in cose publiche per le cause pur avanti dette, che non si replicano: et al libro della Sega e Catasti si vede questo manifestamente, e come continuamente erano travagliati dall'imposizioni o prestanze del Comune, che assai se ne ponevano.

 

17.) Non voglio lasciare di far menzione , come a un libro di Bernardo di Federigo di Pierozzo Sassetti , che visse dal 1450 al 95 sopra 1300, si trova un ricordo che dice che Scali e Sassetti sono e furono un ceppo.

E Francesco di Tommaso nipote del suddetto Bernardo, in un suo ricordo , fatto in 4 fogli cuciti insieme, dice che Scali e Palermini sono usciti da' Sassetti : ma dimostra questo averlo cavato dal suddetto Bernardo, di maniera che tutto esce da un medesimo.

È ben vero che anticamente Scali e Palermini erano consorti : oggi , e molto tempo prima, Palermini erano spenti ; e delli Scali ci resta qualcuno, ma non so che opinione si abbino circa questo particolare, non avendolo ricerco.

Mi ricordo bene aver sentito dire a mio padre, buona memoria, che un cittadino nuovo, volendo pigliare un casato nobile, supplicò al Ser.mo Gran Duca Cosimo di felice memoria, che in quel tempo non aveva ancora auto il titolo di Gran Duca , di poter pigliare il casato da' Palermini , spento molto tempo avanti ; e che da S. A. S. fu rescritto : « Bisogna vedere se li Sassetti se ne contentano. »

Questo rescritto se apparissi, come non apparisce, confermerebbe per vera questa openione; della quale non avendo io altra maggior certezza, mi basta averne detto questo poco che ne ho rimettendomi nel resto a quello che sia la verità: ché quando ancora non sia vero, non per questo la nostra casata de' Sassetti non sarà di peggio nulla , dovendoci contentare del grado nel quale il Signore Dio ci ha posti.

 

18). Avendo in questo libro, al cap. 8, trattato d'una pace che nel 1300 fu fatta tra la

famiglia de' Sassetti e quella de' Vecchietti , senza mettere il nome di nessuno di quelli che v'intervennero tanto dell'una che dell'altra casata et avendone poi trovato memoria a uno de' quadernucci del più volte nominato Paolo d' Alessandro Sassetti ; al quale abbiamo molt' oblìgo, perché senza queste sue diligenze di questi suoi ricordi saremmo del tutto all'oscuro, o per lo manco della maggior parte, di quel poco che in questo memoriale si tratta de' fatti di casa nostra; et a uno degli allegati suoi quadernucci, il più lungo et il più consumato, 36, scrive che appresso di Federigo di --Pierozzo Sassetti era il contratto di detta pace alla quale per la parte nostra intervennano gl' infrascritti , cioé:

-Cecco d'Azzo Sassetti, che promesse per se, e per Spada e Fabro suoi figlioli assenti.

-Pacino d’Azzo Sassetti, che promesse per se e per Albizo e Sassettino suoi figlioli assenti.

 

-Mercenario e Soldo di lacopo d'Azzo Sassetti

-Vanni di Gentile Sassetti per se, e suoi figlioli piccoli.

-Ghigo e Lapo di Sassetto d’Azzo Sassetti| e loro fìgIioli piccoli

-Ghino e Sassettino in nome loro, e come procuratori dì Banco di Sassetto lor Padre

 

E soggiugne il detto Paolo, seguendo il detto ricordo: « Di Neri di Manfredi non ha nominagione alcuna che noi trovassimo : non doveva essere in Firenze.

E questi in quel tempo mostra fussino al mondo uomini compiuti , cioé nel 1300. “ Mi piace seguitare il detto ricordo di Paolo, e notare qui a basso tutti quelli de' Vecchietti , che scrìve avere ritrovato nel detto contratto . che intervennano alla detta pace li quali sono questi, cioé:

Messer Rinuccino di messer Gherardo, per se e per suoi figlioli e descendenti, e massimamente per Gindino suo figliolo, e per i figlioli di detto Gindino suoi nipoti. Lapo di Bernardo, per se e per suoi figlioli e descendenti.

Durazzino di Neri di messer Guidalotto, per se e per suoi figlioli e descendenti ; e ancora a suo proprio nome, promesse per messer Durazzino di messer Guidalotto, per se e per suoi figlioli e descendenti.

Bernardo di ser Paltonieri , per se e per figlioli e descendenti.

Ser Neri, suo fratello, del detto Bernardo, per se e per suoi figlioli ;

e ancora per Gherardo e Giovanni figli di detto Ser Neri di Paltonieri e ancora messer Rinuccino sopradetto promesse a suo proprio e privato nome per Vanni di messer Marsilio e suoi figlioli ; e ancora Bernardo sopraddetto a suo nome, e come procuratore di Vecchio Gherardi, per se e suoi figlioli e descendenti.

E poi, nella fine del ricordo dice detto Paolo : « Sodossi la detta pace per buoni e cari cittadini, amici e parenti dell'una parte e dell'altra, come si contiene in essa carta. » Se bene ora è necessario, per seguire l'ordine cominciato metter li nomi di quelli de' Sassetti che furono presenti al contratto della pace , non mi pare che sia stato superfluo registrarci ancora quelli de' Vecchietti , poiché li aveva notati Paolo nel suo ricordo : e che potranno essere di soddisfazione a quelli che leggeranno questi scritti : e però ciascuno pigli leggendo quella parte che più gli accomoda.

 

19). Nel 1394, e a' 9 di marzo, morì Manente di Ghino Sassetti senza figlioli. Quest'uomo dovette essere di buone facultà , e nelli suoi tempi dovette essere uomo assai reputato , e , come si dice , il primo di casa nostra.

Et in alcuni luoghi de' suoi ricordi il nominato Paolo, quando li occorre farne men- zione, scrive Messer Manente; il quale Messere in quelli tempi solo si dava a quelli che avevano grado d'un cavaliere; et altre volte lo chiama assolutamente Manente in più luoghi , e massime nel ricordo che fa della sua morte : di maniera che non avendo altri riscontri , si può tenere che quel messere sia stato posto da Paolo più presto per farli quell'onore, che perché veramente avessi grado di cavaliere. Costui negli ultimi suoi anni dovette avere poca concordia con gli altri consorti de' Sassetti, poiché morendo senza figlioli, et avendo fatto testamento sotto dì 18 di luglio 1390, rogato da ser Manno da Villano, non fece menzione di nessuno di loro, ma dovette lasciare il suo a madonna Ghilla de' Pigli sua donna , e doppo lei a S. M.a Nuova , per quanto si può ritrarre dalli alligati ricordi di Paolo , e dagli altri ricordi di Tommaso e Bernardo di Federigo Sassetti, che pretendevano in detta eredità: e questo libro di Tommaso e Bernardo oggi si trova in mano d' Alessandro di Bernardo di Gentile Sassetti.

Quello che seguisse delle loro pretensioni non mi è venuto a notizia, e però altro di questo fatto non tratto.

 

20). Nel 1400 , del mese di novembre , piacque a Dio chiamare a se Paolo d'Alessandro Sassetti , tante volte menzionato di qui a dietro.

Piaccia a Dio averli dato verace riposo, ché certo tutti gli abbiamo un grand' obligo, per ché senza la sua diligenza saremmo al buio della maggior parte di quanto sin qui si è notato , e massime di una buona parte degli uomini di casa nostra ; ché con il suo aiuto io Francesco Sassetti ho ridotto l'Albero di casa nel grado ch' oggi si trova , oltre a quanto se n' è trovato per le scritture publiche , e per un Albero antico ma assai imperfetto, messo insieme, circa agli anni di Cristo 1470, da Francesco di Tommaso Sassetti.

 

21 ) In questo tempo della morte di Paolo suddetto, che non lasciò figlioli non avendo mai auto moglie, rimase solo in casa Sassetti Tommaso di Federigo di Pierozzo , il quale pochi mesi prima aveva preso per moglie la Caterina figliola di Filippo di messer Andrea Falconi da Lucignano , con la quale visse poco tempo , ché ella si mori senza lasciarli figlioli ; e lui tolse la seconda donna, Pippa di lacopo Strozzi, la quale li fece Federigo e Piero , e poi ancor essa si mori : ond'egli tolse la terza donna, la Betta di Bartolo di Beltramo de' Pazzi , della quale ebbe Manentino , Bartolomeo e Francesco , e di questa e dell'altra degli Strozzi più figliole femmine, come dimostra l'Albero: e questa donna, ultima de' Pazzi, la tolse nel 1412, con fiorini.... di dote. E perché più avanti a suo luogo si farà menzione dove fumo maritate le figliole, qui si lascia.

E tornando a Tommaso, lui mori nel 1421 , lasciando figliole femmine, e tre masti, cioè Federigo, Bartolomeo e Francesco.

E madonna Betta de' Pazzi, sua ultima moglie, l' anno 1450 fuggendo la peste che in Fiorenza faceva molto male, se n'andò a Rimini, e quivi si morì il medesimo anno; et è sotterrata nella chiesa de' Frati Minori d' Arimino, avendo fatto testamento sotto li 8 settembre 1450, rogato ser Gio. di ser Francesco di Valle avolano (sic) di Rimini, dove lasciò suoi eredi Bartolomeo e Francesco suoi figlioli : il qual testamento è in casa di Francesco di Gio. Batista, scrittore, in publica forma.

 

22) Come di sopra si dice , dal suddetto Tommaso di Federigo sono discesi tutti quelli che oggi vivano di casa nostra.( intende la sua linea nrd) Lasciò, come è detto, tre figlioli alla sua morte, cioè Federigo, Bartolomeo e Francesco: de' quali Federigo, il maggiore, tolse per moglie una degli Strozzi , ancorché egli fussi nato per madre de' medesimi Strozzi ; e di detta donna, della quale ebbe Tommaso e tre femmine , cioè la Cammilla maritata 'a casa Alberti , la Filippa in casa Strozzi , e la Fiammetta in casa Folchi.

Tommaso tolse per moglie la Cammilla Guasconi, della quale ebbe Bernardo, Vincenzio e Carlo; de' quali Bernardo fu prete e priore di S. Michele Berteldi ; Vincenzio tolse moglie madonna Lisabetta Squarcialupi, della quale ebbe Tommaso, Piero, Carlo e Luigi, e madonna Cammilla maritata in casa Valori , la quale ancora oggi vive , ma assai ben vecchia; Tommaso fu uomo di guerra, e in Francia ebbe titolo di capitano e carica di soldati ( ndr vedi strage degli Ugonotti) ; poi si ridusse a servire la Regina d'Inghilterra con titolo di colonnello e provvisione perpetua, sua vita durante, di fiorini 200 l'anno ; e quivi, doppo la servitù di molti anni, si mori vecchio di 70 anni, l'anno di Cristo 1593.

Piero suo fratello , ancor lui fu soldato, e si morì affogato in mare l'anno 1565, tornandosene a casa doppo l'essere stato con il soccorso a Malta, che quel l'anno era stata assaltata et assediata da una potentissima armata turchesea.

Carlo, 5° figliolo di Vincenzio, l'anno I561, prese l'abito de' cavalieri di Malta ; e l'anno seguente, quando quell'isola fu assaltata dall'armata turchesca , essendo alla difesa vi fu morto combattendo.

Luigi, il 4° figliolo di Vincenzio, attese a qualche negozio di mercatura ; finalmente essendosi ripatriato, si morì l'anno 1577 senza figlioli , non avendo auto donna.

Fece testamento di dicembre di detto anno per mano di ser Frosino Ruffoli, e lasciò che la torre de' Sassetti sempre restassi per fidecommisso in casa Sassetti; et in lui terminò la linea di Vincenzio suo padre.

Carlo, 3° figliolo di Tommaso di Federigo tolse per moglie Maria Costanza de' Minerbetti, della quale ebbe Tommaso, Francesco, Federigo e Cosimo, e madonna Ginevra maritata in casa Pinadori e madonna . . . monaca in santo Salvestro : l'uma e l'altra sono morte.

De'masti, Tommaso, Francesco e Cosimo morirono ; Giovanni non avendo avuto moglie, Federigo fu uomo di negozi, e attese alla mercatura , prima a Perugia , poi qui in Fiorenza.

Tolse moglie madonna Ginevra de' Machiavelli, della quale ebbe Carlo , Cosimo, la Costanza e Ippolita ; e si mori l'anno 1577.

Le due fanciulle sue figliole si feciono monache nelle Poverine, dove ancora vivano. Carlo suo primo figliolo si fece prete Giesuito, e ancora vive.

Cosimo, l'altro figliolo di Federigo, é oggi a Perugia , giovane di 28 anni , e non ancora maritato.

E cosi di tutta la descendenza di Federigo , primo figliolo di Tommaso di Federigo , contenuto in questo a n° 21 . non ci resta altri che li detti Carlo prete, e Cosimo suo fratello, di sopra nominati.

 

23) Francesco ( ndr il banchiere ), il minore figliolo di Tommaso di Federigo , dal quale io discendo, nacque a 9 di marzo 1420. Fu uomo di gran virtù e valore in sua gioventù, e su circa il 1440 andò in Avignone nelle faccende di Cosimo de'Medici , che fu chiamato Padre della Patria, dove si portò di maniera, che in capo a poco tempo lo messane compagno, e poco appresso gli dettano il nome con uno dei Rampini, e poi con Amerigo Benci.

Morto Cosimo, successe Piero suo figliolo , con il quale continuò nel medesimo servizio.

Poi , morto ancora Piero , successe il Magnifico Lorenzo suo figliolo , con il quale il nostro Francesco ebbe tanta familiarità , che li confidò tutto lo stato suo interamente , di maniera che , quanto a' negozi , non si faceva se non quanto disponeva e voleva Francesco.

Et essendo occorso che li negozi che si facevano in Avignone , si trasferirne a Lione sul Rodano, qui ancora si condussano quelli de' Medici, e di molti anni cantorono (negoziavano in nome dei Medici ndr) in Lorenzo de' Medici e Francesco Sassetti , e al governo assoluto di Francesco , il quale 1' anno 57 o 58 sopra il 1400 se ne tornò a Fiorenza , lasciando li medesimi negozi e nomi.

E non solamente si negoziava a Lione , ma qui in Fiorenza e a Roma e a Milano o a Bruggia in Fiandra si negoziava con li medesimi nomi, al governo di vari ministri, li quali tutti, d'ordine e volontà del Magnifico Lorenzo, riconoscevano Francesco nostro per principale , e a lui davano conto e ragguaglio del tutto : e con questi tanti maneggi et occasioni aveva fatto grandissime facultà ; di maniera che in quei tempi la sua si contava per una delle prime ricchezze di Fiorenza.

Ma perché nulla in questo mondo é stabile, quella fortuna che per spazio di 40 o più anni 1' aveva sempre favorito e prosperato , non solo l'abbandonò, ma ancora se li mostrò contraria, essendo a Lione et in Fiandra, per colpa de' ministri, seguito di molti disordini e danni gravissimi, con avere messo lo stato istesso de' Medici in grandissimo pericolo : di maniera che il povero Francesco, l'anno 1488, di sua età 68, fu necessitato, per riparare a tanto disordine , andare a Lione quasi che in posta , dove il rimedio non potette essere senza scapitare grossamente delle facultà per avanti guadagnate

Tornato in Fiorenza di L(i)eone , poco sopravvisse, ché morì l'anno 1494 .

Fu uomo molto conosciuto e stimato et amato generalmente da ogni sorte di persone , così in Fiorenza come in altre parte dove li occorse farsi conoscere; e con il Marchese di Monferrato tenne stretta familiarità e amicizia, e tale che tolse battezzarli il suo primo figliolo, che dal suo nome fu chiamato Teodoro.

Con molti gentiluomini bolognesi ebbe familiarità e grand' amicizia , li quali generalmente nel passare che facevano per Fiorenza , sempre da lui erano accarezzati , alloggiati in casa sua, e magnificamente trattenuti e pasteggiati.

Né questo faceva con uno o dua amici particolari , ma generalmente con tutti : per il che vi era in universale' tanto amato, che l'anno 1484, a' 9di giugno, per pubblico decreto di quel Senato lo crearono loro cittadino, lui e suoi descendenti in perpetuo, abilitandolo a tutti gli onori e dignità della loro città, come cittadino originario di essa , e gliene mandorono il decreto in amplissima forma sino in Fiorenza ; il quale si conserva in casa mia, in carta pecora, in una conserva di stagno.

Tornato in Fiorenza l'anno 1468 per ripatriare , tolse moglie madonna Nera de' Corsi, della quale ebbe X figlioli, cioé 5 masti e 5 femmine : cioé Vaggia, che fu moglie de' Antonio Carnesecchi ; Lisabetta moglie di Giò. Batista de' Nerli , e poi d' Antonio Gualterotti ; Sibilla, moglie d'Antonio Pucci, che fu madre del cardinale Pucci e Violante moglie di Neri Capponi ; Lena moglie di messer Luca Corsini.

Li masti si addomandarono Teodoro ( morto piccolo), Galeazzo, Federigo, Cosimo , Teodoro; e d' un' altra donna n' ebbe un naturale , il quale chiamò Ventura.

Fu il detto Francesco uomo splendido, onorevole e liberale.

Tornato in Fiorenza, non intermettendo la cura de' negozi , attese alla cura particolare della sua casa e famiglia , cercando di lasciarla in quel buon grado che debbe fare ogni onorato e buon padre di famiglia.

Ne' governi pubblici fu assai adoperato, e , dal Gonfaloniere di Giustizia in poi , ebbe tutti li supremi onori e magistrati della città ; e nella borsa del Gonfaloniere era imborsato , ma non uscì mai , come lui stesso testifica in un suo ricordo che fa del corso di sua vita , che appresso di me si conserva.

Fece di belli acquisti di beni stabili.

Al canto de' Pazzi compri una bella e comoda casa , dove egli abitò gran tempo ; e credo che sia quella che oggi é di messer Lorenzo Niccolini .

Poi ne comperò un'altra più comoda nella via larga da' legnatoli di S. Trinita , di' é quella che oggi é de' figlioli di Simone Corsi i e in processo di tempo comperò quasi tutte l'al tre case quivi intorno verso li Tornaquinci sino a quelle della Vigna ; e dalla banda di dietro comperò il sito dell' osteria dell' Inferno, con altre case quivi ali' intorno ; e dalli ufiziali della Torre comperò quella viuzza senza riuscita che, uscendo di sotto le vòlte di S. Trinita, si dà all'uscio di dietro della sua casa, che oggi à de' Corsi, e si chiamava il Chiasso de' Sassetti.

E ancora nel ceppo delle case antiche de' Sassetti fra' ferravecchi, fece qualche acquisto, rimettendo in casa alcuni membri di detti casamenti , che per avanti n'erano usciti.

Oggi di tutti questi acquisti non resta ne' suoi descendenti altro che una casa in Parioncino ; di rimpetto alle vòlte di S. Trinita , e due stanze nel ceppo delle case antiche fra' ferravecchi , che sono de' descendenti di Galeazzo suo figliolo : 1' altre tutte sono uscite di casa o per vendita o per dote o per altri accidenti , come occorre. Costavano tutte queste case, salvo quella del canto de' Pazzi , che la rivendè il medesimo Francesco in vita sua, come si trova per alcuni suoi ricordi , circa fiorini ottomila.

Oltre a dette case, si vede avere speso altri tredici o sedicimila fiorini in altri beni stabili in diversi luoghi, come a Montughi, Nuovoli, Gonfienti e Val di Bisenzio ; de' quali beni oggi ne resta in casa la minor parte. E perchè era persona magnifica et onorevole, stava in casa splendidamente , e fornito di masserizie et altri abhigliamenti , forse più di quanto comportava lo stato e grado suo : a tal che si trova (per un calculo che fece dello stato suo l’anno 1472, registrato a un suo quadernuccio coperto di cartapecora ) che in quell' anno si trovava tra la casa di Fiorenza e quella di villa, masserizie per il valore fiorini 5550 : panni per il vestire suo e della moglie e de' figlioli , per fiorini 4 4 00 : argenti in vasellil per uso di casa per fiorini 1 600 : gioie et orerie di più sorte per uso suo e della moglie e figliole, per fiorini 4750. E se bene non fu uomo di lettere, si dilettò con tutto ciò di tener pratica di persone letterate. Per il che tenne amicizia e pratica con Marsilio Ficiuo, Bartolomeo Fonzio et altri letterati di quelli tempi ; 1 et aveva condotto in casa sua una libreria de' più stimati libri latini e volgari che in quelli tempi andassino in volta, e la maggior parte scritti in penna, che, come si vede per suoi ricordi, li costavano meglio di fiorini 800. Murò in Fran cia e a Ginevra sul ponte del Rodano un Oratorio in onore di Nostra Donna, dove spese fiorini duemila ; che oggi s' intende essere rovinato dalla rabbia e furore degli eretici. Tornato in Fiorenza, fece edificare il palazzo di Montui, con spesa di fiorini dodicimila o di passo , fabbrica tanto bella e magnifica, che è reputata fra le belle di questo Stato ; la quale ancor oggi ne serba il nome de' Sassetti, e della quale facendo menzione Ugolino Verini nel secondo libro del suo trattato De illustratione Urbi Fiorentiae, ne dice in questo modo :

 

Montuguas Saxettis si videres aedit, Regis opus credes.

 

Oggi è posseduto detto palazzo dal sig. Francesco Capponi, per compra fattane da Piero suo padre sino l'anno 1545 Di più, nella badia di Fiesole edificò e dotò una cappella, con figure bellissime di torretta. E avendo disegnato di restaurare et abbellire l'altare e cappella maggiore di S. M.a Novella, che era di giurisdizione di casa nostra, come è fatta menzione a dietro in questo al cap14 et avendone convenuto con li frati di detto convento per pubblico notaro, nominato ser Baldovino di Domenico Baldoviui, sotto dì 22 di febb. 1469, dando principio a mettere ad effetto detta sua intenzione, vi fece paramenti di broccato ricchissimi, con spesa di fiorini 300, come lui medesimo testifica in nn suo ricordo: li quali paramenti sino a oggi sono conservati da' detti frati con gran diligenza , e messi in opera 4 o 5 volte 1' anno nelle maggiori solennità. Venuto poi detto Francesco in disparere con li frati per conto di quello si doveva dipiguere nella cappella, li detti frati non volsano mantenerli quello avevano convenuto , et allogorono il medesimo sito di cappella a' Tornabuoni ; e Francesco nostro si gettò in S. Trinita, dove fece edificare la cappella che vi è ora, e la fece dipignerc a Domenico del Grillandaio ,(Ndr. il Vasari ne disse: “la quale opera è mirabilmente condotta, e da lui con grazia, con pulitezza e con amor lavorata. A' due lati dell' altare ben vi si veggono ritratti Francesco e Nera sua moglie et i suoi figliuoli (aggiunge il predetto Vasari); ma questi nell' istoria di sopra dove si risuscita un fanciullo, con certe belle giovani della medesima famiglia, che non ho potuto ritrovare i nomi ; tutte con gli abiti e portature di quella età : cosa che non è di poco piacere, e da ogni banda dell'altare fece il ritratto suo e di madonua Nera sua donna.

E per lui e per lei fece fare duo cassoni di pietra di paragone, bellissimi ; et in uno di essi fu sotterrato l’anno 1491 , che si morì, e che a Dio piaccia aver ricevuto l’ anima sua nella sua santa gloria.

Come è detto , oltre alle femmine , ebbe 5 figlioli masti legittimi , e uno naturale ; de' quali legittimi il primo si chiamò

 

 

24. Teodoro, che in sua gioventù andò a Lione nelle faccende de' Me-

dici e Sassetti, e quivi si morì giovanetto d'anni 18.

 

25. Galeazzo, il secondo, rimase dopo il padre. Fu uomo piano, e che

poco si fece conoscere. Tolse moglie una de' Valori, della quale ebbe due

figliole femmine e tre masti : le femmine, cioè, la Nera fu moglie d'Antonio Tad-

dei ; e la Violante di Gio. Gentili.

 

Li maschi :

 

26. Francesco, il primo, mori giovane, senza figlioli, non avendo

moglie.

 

27. Filippo, l'altro figliolo, fu uomo di poco valore : tolse per moglie

madonna Caterina Mazzinghi, della quale generò due figliole femmine et un ma-

stio.

Delle femmine, la Fiammetta fu moglie d'uno de' Filiromoli, e poi d'un

capitano dal Monte a Sansavino; oggi è vedova.

La Lucrezia fu moglie di

Gio. Lopez , spagnolo ; et oggi è moglie di Giambatista Griselli , con il quale

vive. Il maschio si chiamò:

 

28. Galeazzo; fu uomo che fece poco bene, e morì a Roma meschina-

mente. Tolse moglie madonna Diamante Bicci , della quale ebbe una figliola,

moglie d' uno degli Alberti.

 

29. Federigo, 5° figliolo di Galeazzo , tolse moglie madonna Lessandra

Mori, della quale ebbe una figliola femmina, nominata Nera, che è moglie di

Baldino Martellini ; ed un mastio addomandato :

 

50. Galeazzo, che oggi vive,( 1600) e attende alla mercatura, ma fino a qui in

servizio de'sigg. Salviati. Ha per moglie madonna Lavinia da Fortuna, della quale

ha auto più figlioli ; cioè, sino a oggi, 4 femmine, cioè Lucrezia, Lessandra,

Margherita e Maria, tutte fanciulle in casa; e de' masti ne ha oggi due vivi,

Giovanni e Federigo, fanciulletti : et essendo d'età assai fresca con la mo-

glie, potranno averne degli altri. ( ne avranno avuti?)

 

51. Cosimo, 3° figliolo di Francesco di Tommaso, fu uomo assai repu-

tato nella repubblica , se bene la sua principal professione fu la mercatura ,

nella quale s'impiegò più per stralciare le cose restate in pendente alla morte

di suo padre, che di propria inclinazione.

Attese al governo delle cose publiche; per il che passò per tutti gli uffizi e magistrati della città, e nel 1523 fu Gonfaloniere di Giustizia. Mantenne e conservò di lungo P l’amicizia e servitù cominciata da Francesco suo padre con la Ser. ma Casa de' Medici , e da PP. Leone X e Clemente VII fa assai amato.

E venendo PP Leone in Fiorenza l’anno 1515, essendo Cosimo de' Priori, fu da lui con gli altri suoi colleghi fatto Conte Palatino, con autorità di poter creare notari, e di portare nella sua arme de' Sassetti la palla azzurra con li 3 gìgli d’ oro che è nel’ arme de' Medici , con più altri privilegi, come appare nel Breve spedito in Firenze, di gennaio 1516, in cartapecora, che si conserva in casa nostra in una conserva di stagno.

Doppo Leone, successe al papato Adriano che visse poco , e doppo lui fu fatto PP. Clemente VII, con il quale Cosimo mantenne buona servitù, e tal che gli fece dono di più tomi di libri greci , latini e vulgarì, tutti libri scelti , la maggior parte scritti in penna, li quali da Francesco suo padre erano stati messi insieme con grande spesa e diligenza; che, secondo ho visto per alcune memorie del medesimo Cosimo, valevano fiorini 400 o più; e dal papa furono fatti mettere nella libreria di S. Lorenzo.

E quando Cosimo n'aspettava qualche degna ricognizione, si morì' et il papa per le cose che di poi successane di guerre e altri garbugli, ebbe da pensare ad altro.

 

E tornando a Cosimo, egli tolse donna madonna Maria Niccolini, della quale non ebbe mai figlioli. ( quindi il titolo è passato agli eredi in maggiorasco )

Fu uomo splendido e liberale, e visse sempre onoratamente.

Murò da' fondamenti in Val di Bisenzio , dove aveva 4 o 5 poderi , una casa per sua abitazione ( ndr il Mulinaccio) , che, secondo il paese, è tenuta bellissima; e morendo la lasciò per fìdecommisso et in maiorasco a Gio. Batista suo nipote e figliolo di Teodoro.

 

32. Federigo, 4° figliolo di Francesco, attese alla prelatura, et in vita di suo padre fu fatto Priore di San Michele Berteldi su la piazza degli Antinori , e con essa ebbe in petto altri benefizi ; e mentre attendeva agli studi per poter camminare più avanti nella prelatura , avendo auto ancora la dignità di Protonotario Apostolico, si mori giovane, poco tempo doppo suo padre.

 

55. Teodoro, 5° figliolo di Francesco, attese, come si dice, per lo più a vivere, se bene ancora ebbe di molti ofizi nella città e fuora , cosi al tempo della repubblica, come doppo che di quella ne ebbono il governo i Medici i et in tutti dette buon conto e soddisfazione.

Tolse moglie madonna Lena de'Nerli, della quale ebbe 5 figliole femmine e 2 masti. Delle femmine, la Nera fu moglie di Batista Buondelmonti , la Dianora di Carlo Marucelli , la Ginevra di Piero Filippo Ridotti, la Margherita del sig. Alessandro de'Bardì de' Conti di Vernìo , e la Luisa si fece monaca in S. Giorgio.

Delli due masti :

 

54. Galeazzo di Teodoro di Francesco banchiere di Tommaso, che fu il secondo, attese all' arme, e andò alla guerra in Alemanna assai giovane l’anno I547 , o vel circa ; e tornato in Fiorenza mal sano, si morì poco appresso giovane. (ndr vedi sue memorie sulla strage degli Ugonotti)

 

55. Giò. Batista , primo figliolo di Teodoro di Francesco banchiere di Tommaso, andò giovanotto in Inghilterra a Londra nelle faccende de' Corsi , suoi parenti , dove dimorò qualche anno ; e, tornato a Fiorenza, si maritò in madonna Margherita de' Gondi, e poco appresso li convenne andare a Lione, dove, per conto d'una dependenza vecchia delle faccende di Gio. de' Medici e Sassetti, fu messo in prigione, dove stelle circa tre anni.

Alla fine se ne liberò, e, tornato a Fiorenza, se ne stette, come si dice, ne' suoi panni, ( ndr Ma pare che non fosso privo di lettere, anzi molto bene esercitato anche lui nell'opera della penna, come si può scorgere da un suo ragionamento o sia prefazione a un Discorso di Giambatista Ramusio sul crescimento del fiume Nilo, e alla risposta di Girolamo Fracastoro: Magliabechiano , n 90 Classe XIII, con un altro Discorsetto d' un prete portoghese, Don Francesco Alyarez, composto nel 1529, intorno ai particotari del paese della bassa Etiopia etc.) attendendo a vivere, ché per essere corpulento fuori di misura et assai impedito dell' udire, poco poteva esercitare la sua persona.

Generò due figlioli maschi , cioé Francesco e Filippo; e 4 femmine, delle quali la Nera fu moglie, prima di Girolamo Gondì e poi di Dietisalvi Rinieri; la Sibilla fu monaca in San Vincenzio di Prato; la Maria fu moglie di Niccolò Bartoli; e la Margherita che mori in fasce.

Li masti furono dua , cioé :

 

56. Francesco, di Giò. Batista di Teodoro di Francesco banchiere di Tommaso, che andò giovanetto in Ancona nelle faccende di lacopo Giacomini; dove si trattenne qualche anno. Restato poi con li negozi sopra di lui, in capo di qualche anno ebbe fortuna contraria, e fece male.

Onde, tornatosene a Fiorenza, in capo a poco tempo tolse moglie madonna Gostanza degli Strozzi, con la quale ha generato dieci figlioli; e un maschio ne aveva auto prima in Ancona d' un’ altra donna.

Li dieci della moglie sono tre maschi , cioé Giambatista, Giovanni e Filippo; de' quali, Giovanni morì in fasce; gli altri vivano, e per essere giovanotti , non c’ é sino a oggi che trattare. ( ndr che fine avranno fatto?)

Le femmine sono state Maddalena, Fiammetta, Sibilla e Maria binate ( gemelle), che si morirono, un'altra Sibilla, Nera, e l’ ultima una sconciatura che si morì in sieme con la madre; e l'altre, che sono vive, sono fanciullette in casa, dove piaccia a Dio prepararli buona ventura.

 

57. FILIPPO,( ndr il viaggiatore) l' altro figliolo di Giambatista, in sua gioventù attese e s'in dirizzò alla mercatura per volontà del padre; ma pervenuto in età di 24 anni, non piacendoli quella professione, si gettò allo studio delle lettere d'umanità, dove in poco tempo fece tal frutto, che era tenuto in gran considerazione fra tutti i letterati.

Andò a Pisa a studio , dove studiò filosofia con grandissimo profitto, e fu uomo universale in tutte le scienze ; e se fussi di morato in Fiorenza , et avessi continuato la professione delle lettere , e fossi vissuto il tempo che naturalmente poteva vivere , per giudizio di tutti li scienziati, diveniva uomo raro. Ma sopraggiuntoli addosso il disordine del fratello, et appresentandoseli avanti occasione onorata ( con apparenza e grande speranza di buona fortuna) di rimettersi a' negozi , si risolvette abbracciarla: e cosi l’anno 1577 si trasferì a Siviglia, e poco di poi a Lisbona , dove non riuscendoli il guadagno come si era promesso , essendoseli pòrta nuova occasione d'altri negozi, l'anno 1581 risolvé di passare nell'Indie orientali di Portogallo ; dove , doppo molti travagli della navigazione , si condusse a Goa ( dove fa residenza il viceré delle Indie per il re di Portogallo) , con carico di assistere a tutto il negozio de' pepi che d' India si navicano in Portogallo : negozio princìpalissimo di quel traffico, e tale che, doppo il viceré, lui era il primo nome di quel reggimento ; a tal che egli aveva grandissima occasione d'arricchire.

Ma, come piacque a Dio, egli si mori l anno 1588, in detto luogo di Goa, del mese di settembre, 1' anno 48 di sua età ; dove fu sotterrato nella chiesa della Compagnia della Misericordia.

Lasciò a Francesco suo fratello il valsente di circa Ì2 mila fiorini, ma per varie disgrazie et accidenti non gliene pervenne in mano delle X parte l’ una.

Fece molti altri lasciti e legati, cosi in opere pie per l'anima sua come per sua satisfazione , che passavano la somma di fiorini ottomila.

Lasciò un figliolo naturale, nato pochi giorni avanti la sua morte, al quale pose nome Ventura; il quale si mori in quelle bande, d' età di 2 anni.

58. Fra Federigo, primo figliolo di Tommaso, e Francesco il 3°, nominati addietro, ci andava Bartolomeo suo secondo figliolo, che si era lasciato a dietro per inavvertenza: onde tornando all'ordine, dico che il detto Bartolomeo tolse per moglie una della Tosa ; e di essa ebbe dua figlioli masti , Priore e Gentile; de' quali Priore non ebbe moglie né figlioli.

Ma Gentile tolse una de'Rinieri, e di lei ebbe tre figlioli masti e 5 femmine, 2 delle quali si feciono monache , una in San Baldassarre e l’ altra in Santa Monaca : l' altre tre furono maritate in casa Minerbetti, Rossi e Acciaioli.

Li tre figlioli furono nominati Lorenzo , Bartolomeo e Bernardo ; de' quali Lorenzo non ebbe mai donna ( linea estinta) : Bartolomeo tolse la Lucrezia de' Bonciani , e non ebbe mai figlioli , e mori vecchio di 95 anni, circa gli anni di Cristo l581 ( linea estinta), ; Bernardo, il 3° figliolo, tolse per moglie la Caterina del Vigna , della quale ebbe 2 figlioli masti , cioè Gentile e Alessandro; de' quali Gentile l'anno 1565 prese l'abito de Cavalieri di Malta ( linea estinta) , e poco lo godette, essendo morto l'anno seguente combattendo in mare con certe galere turchesche.

Alessandro, suo fratello, oggi vive pianamente secondo la fortuna di casa nostra, d'età d'anni 58 in circa , e non ha mai auto moglie né figlioli. ( linea estinta)

59. Avendo sin qui , per quanto ho saputo e mi è venuto a notizia, trattato assai pienamente dello stato di casa nostra , e in che grado ella resti , quanto ai fiati ' de' masti che in essa oggi vivano, che in ristretto sono questi di sotto nominati , cioè :

 

Francesco di Giambatista di Teodoro, d' anni 61 ;

Giambatista. d'anni 37

Filippo di anni 30 figlioli di detto Francesco

 

Galeazzo di Federigo di Galeazzo , d' anni 47 in circa ;

Giovanni, di anni 1O in circa

Federigo, d' anni dua

Figli di detto Galeazzo

 

Carlo Prete Giesuita, d'età d'anni 40 in circa

Cosimo d’atà di 24 anni in circa

Figli di Federigo di Carlo di Federigo

 

Alessandro di Bernardo di Gentile, d' anni 55 in circa ;

 

mi pare che non sarà, in tutto, tempo perduto né finora di proposito, se con brevità e succintamente farò un poco di nota di quelle poche donne che per li libri del più volte nominato Paolo Sassetti , e per altri ricordi di casa nostra, io ho trovato che per via e con il mezzo di parentadi sono entrate e uscite di casa nostra.

Come non ho potuto ritrovare il tempo che sarà della maggior parte, lo lascerò in bianco; e si vedrà che d'ogni tempo abbiamo sempre per la maggior parte imparentato con le prime case di Fiorenza , quanto a nobiltà: il che non sarebbe succeduto, se la nostra casa non fusse ancor essa stata tale.

 

DONNE CHE SONO USCITE DI CASA SASSETTI .

 

-Filippa o Lippa di Sassetti, fu moglie di Bernardo Anselmi nel 1350, o circa.

 

-Bartolomea di Sinibaldo di Ghino Sassetti , fu moglie di Bartolomco Lamberti nel 1350, o circa.

 

-Niccolosa di Neri di Manfredi Sassetti , fu moglie di Adriano de' Rossi nel 1310 , o vel circa. ( ndr significa che Neri e Manfredi si datano almeno al 1250)

 

-Lisabetta di Federigo di Pierozzo Sassetti , fu moglie di Filippo Anselmi nel 1380, o circa

-Betta di Federigo detto , fu moglie di Nofferi degli Atti in detto tempo.

 

-Maria di Federigo detto , fu moglie di Giovanni Ambrogi in detto tempo.

-Masa di Federigo suddetto , fu moglie di Simone Cenni in detto tempo , anzi nel 1320, o circa. ( ndr anche Federigo di Pierozzo si datano almeno al 1260)

 

-Lena di Bernardo d' Alessandro Sassetti, fu moglie di Filippo Tolosini, e poi di lacopo Covoni nel 1360, o circa. ( ndr quibìndi bernardo può essere collocato almeno al 1290)

 

-Bandecca di Lapo di Sassetto Sassetti , fu moglie di Puccio del Corbo Pucci nel 1310, o vel circa. ( quindi Lapo e Sassetto si collocano almeno al 1250)

 

-Sandra di Alessandro di Federigo Sassetti, fu moglie di Cambio Arrighi, e poi di Beltozzo Bartoli nel 1360, o circa

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-Fiondina di Pellaio di Sassettino Sassetti , fu moglie di Talano Adimari nel 1400, o vel circa.

-Una figliola di Federigo di Sassetta Sassetti, che non si è trovato il nome, fu moglie di messer Filippo Cavalcanti nel 1300 in circa.

-Una figliola di Federigo di Pierozzo di Federigo, che non si trova il nome , fu moglie di Gregorio Tornaquinci nel 1340 in circa

-Sandra di Gio. di Lapo Sassetti, moglie di Francesco Buonamico, detto Morello, nel 1360, o vel circa.

 

-Ginevra di Tommaso di Federigo Sassetti , moglie di Domenico Zecchini l'anno 1420, o vel circa.

 

-Caterina di Tommaso suddetto , moglie di Paolo Bomboni in detto tempo.

 

-Antonia di Gentile di Bartolomeo Sassetti, moglie di Minerbetti nel 1490, o vel circa.

 

-Bartolomea di Gentile suddetto, moglie di de' Rossi, nel suddetto tempo.

 

-Manimetta di Gentile suddetto, moglie di Acciaioli , nel suddetto tempo.

 

-Filippa di Federigo di Tommaso Sassetti , moglie di Benedetto Alberti nel 1490, o vel circa.

 

-Cammilla di Federigo suddetto, moglie di Lorenzo Strozzi, nel suddetto tempo

.-Fiammetta di Federigo di Tommaso, fu moglie di Simone Folchi nel 1490 in circa.

 

-Lena di Reda d'Alessandro Sassetti, fu moglie di Marco Arrighi nel 1320, in circa

 

- Lena di Tommaso di Federigo Sassetti, fu moglie di Bartolini nel 1420, o circa

 

- Vaggia di Francesco di Tommaso Sasselli, fu moglie, nel 1480 in circa, di Antonio Carnesecchi.

 

-Lisabetta di Francesco suddetto nel medesimo tempo, fu moglie di Gianibatista de'Nerli, e poi d' Antonio Gualterotti.

 

-Sibilla di Francesco suddetto, fu moglie in detto tempo d'Antonio Pucci.

 

-Violante di Francesco suddetto, nel tempo medesimo fu moglie di Neri Capponi.

 

- Lena di Francesco suddetto, nel medesimo tempo fu moglie di Bertoldo Corsini.

 

- Ghilla di Sassetto d' Azzo Sassetti, fu moglie di messer Ruggierino de' Pigli, nel 1300 in circa.

 

-Ginevra di Sassetto suddetto, nel medesimo tempo fu moglie di lacopo Soldi.

 

- Violante di Galeazzo di Francesco Sassetti , fu moglie di Giovanni Gerini nel 1520, in circa.

 

-Nera di Teodoro di Francesco, moglie di Batista Buondelmonti nel 1540, o vel circa.

 

- Dianora di Teodoro detto, moglie, nel medesimo tempo, di Carlo Marucelli.

 

- Ginevra di Teodoro detto, moglie di Pierfilippo Ridolfi nel 1538, o vel circa.

 

-Margherita di Francesco anzi Teodoro suddetto, moglie del suddetto Alessandro Bardi di Vernio, l'anno 1540, in circa.

 

-Ginevra di Carlo di Tommaso Sassetti , fu moglie di lacopo Pìnadori l’anno 1550 in circa.

 

- Cammilla di Vincenzio di Tommaso Sassetti , fu moglie di Valore Valori l'anno 1558 in circa.

 

Nera di Giambatista di Teodoro Sassetti , fu moglie di Girolamo Gondì nel 1555, e poi di Dietisalvi Rinieri 1561 .

-Maria di Giambatista suddetto, fu moglie di Niccolo Bartoli nel 1567, o vel circa.

-Nera di Federigo di Galeazzo Sassetti , fu moglie di Baldino Martellini nel 1575, o vel circa.

 

-Fiammetta di Filippo di Galeazzo Sassetti, fu moglie di Filiromoli 1565, o vel circa, e poi d'un capitano del Monte a S. Savino.

 

- Lucrezia di Filippo suddetto, nel medesimo tempo , fu moglie di Gio. Lopez di Zuniga spagnolo, e poi di Giambatista Griselli.

 

- Lena di Tommaso di Federigo Sassetti, moglie di Neri Bartolini nel 1430, o vel circa.

 

-Pippa di Tommaso suddetto, moglie di Lorenzo Baroncelli nel 1440, o vel circa.

 

DONNE ENTATE IN CASA SASSETTI

per mezzo di parentadi, delle quali Fino a oggi si ha notizia.

 

E nota ( che), che d'alcune si è trovato il nome e non il casato, e d' altre per il contrario : e tutte li metteranno in quel modo che li sono arrivate per li libri di ricordi di Paolo di Alessandro Sassetti e d'altri.

 

-La moglie di Dosso di Pierozzo di Federigo, che visse dal 41300 al 1350, si chiamò Cilia ma non si sa il casato.

 

-La moglie di Banchino di Pacino d'Azzo Sassetti, che visse dal 1250 al 1300, si chiamò Niccolosa di Simone, vocato Magaldo.

 

-La moglie di Manente di Ghino di Banco Sassetti, che visse dal 1340 al 1380, si chiamò Ghilla Pilli.

 

-La moglie di Pellaio di Sassettino di Banco Sassetti , che visse , come sopra , si chiamò Filippa ; ma non si sa il casato.

 

-La moglie di Sassettino padre di Pellaio suddetto, che visse dal 1300 al 41350, fu de' Pellai o Pellari da S. Gimignano ; ma non si sa il nome.

 

-La moglie di Banco di Sassetto d'Azzo Sassetti, che visse dal 1250 al 1300, fu de' Tornaquinci e non si sa il nome.

 

-La moglie di Piero di Sassettino di Banco Sassetti, che visse dal 1320 al 50 o 70, ebbe nome Giovanna ; ma non s' è trovato il casato.

-La moglie di Antonio di Piero suddetto, fu chiamata Cara; ma non s'è trovato il casato.

 

-La moglie di Ghino di Banco di Sassetto Sassetti , che visse dal 1300 al 1340 , fu delli Scolari ; ma non si sa il nome.

 

- La moglie di Bernardo A' Alessandro o Federigo Sassetti , che fu dal 1330 al 1380, fu de' Pazzi, addimandata Simona.

 

-La moglie di Federigo di Pierozzo di Federigo , che fu dal 1350 a1390, fu de' Ghinazzi , addimandata Chiara.

 

-Tommaso di Federigo di Pierozzo Sassetti , che visse dal 1370 al 1420 , ebbe tre moglie:

la prima, Caterina Falconi da Lucignano, che non gli fece figlioli ;

la seconda, Pippa Strozzi, della quale, oltre le fem mine , ebbe Federigo e Bartolomeo la terza fu Betta Pazzi , della quale di masti ebbe Francesco , del quale é fatta lunga menzione in questo al cap. 25.

 

-La moglie di Bartolomeo di Tommaso di Federigo Sassetti , che visse dal 1420 al

1470, fu della Tosa.

 

-La moglie di Gentile di Bartolomeo suddetto, che visse dal 1450 al 1500, fu de' Rinieri ; ma non si sa il nome.

 

-La moglie di Federigo di Tommaso di Federigo, che visse dal 1420 al 1470, fu delli Strozzi , e si chiamò Cammilla.

 

-La moglie di Francesco di Tommaso suddetto, che visse dal 1420 al 1490, fu de' Corsi , chiamata Nera.

 

-La moglie di Bartolomeo di Gentile di Bartolomeo Sassetti , che visse dal 1490 al 1585, fù de'Bonciani, e si chiamò Lucrezia.

 

-La moglie di Bernardo di Gentile suddetto, che visse dal 1490 al 1560, fu del Vigna , addimandata Caterina.

 

-La moglie di Tommaso di Federigo di Tommaso Sassetti , che visse dal 1480 al 1540, fù de' Guasconi, addimandata Cammilla.

 

-La moglie di Carle di Tommaso suddetto, che visse dal 1500 al 1540, fu de' Minerbetti, chiamata Gostanza.

-La moglie di Vincenzio di Tommaso suddetto, che visse come sopra, vel circa, fu degli Squarcialupi, chiamata Lisabella.

 

-La moglie di Galeazzo di Francesco di Tommaso Sassetti, che visse dal 1460 al 1515, fu de' Valori , chiamata Fiammetta.

 

- La moglie di Cosimo di Francesco suddetto, che visse dal 1464 al 1550, fu de' Niccolini , chiamata Maria.

 

-La moglie di Teodoro di Francesco suddetto, che visse dal 1480 al 1545, fu de'Nerli, addimandata Lena.

 

-La moglie di Giambatista di Teodoro suddetto, che visse dal 1505 al 1565, fu de' Gondi , chiamata Maddalena.

 

-La moglie di Federigo di Carlo di Tommaso Sassetti, che visse dal 41520 al 1580, fu de' Machiavelli , addimandata Ginevra.

 

-La moglie di Filippo di Galeazzo di Francesco Sassetti, che visse dal 1495 al 1555, fu de' Mazzinghi, chiamata Lessandra.

 

-La moglie di Federigo di Galeazzo suddetto, che visse come di sopra, fu de' Mori , chiamata Lessandra.

 

-La moglie di Galeazzo di Filippo di Galeazzo, che visse dal 1550 al 1595 in circa, fu do' Bicci, chiamata Diamante.

 

-La moglie di Galeazzo di Federigo di Galeazzo, che visse dal 1555 e ancor vive, é de Fortuna, che si dicono di quelli da Rabbia Canina ; chiamasi Lavinia.

 

-La moglie di me Francesco di Giambatista di Teodoro Sassetti, che nacque a 12 aprile 1539, è ancora, per la Dio grazia, viva. Fu delli Strozzi , e si chiama Gostanza (che morì di gennaio 1592. Iddio gli abhi dato il vero riposo

 

4O. Avendo sin qui notato tutto quello che sino all'anno 1600 mi è venuto a notizia de' fatti di casa nostra , da ora avanti sarà pensiero di quelli che verranno, di scrivere quello che giornalmente occorrerà di nuovo di mano in mano ; et io scrittore Francesco , per quel tempo di vita che piacerà al Signore Dio concedermi, non mancherò seguitare, come ho cominciato e fatto sin qui.

 

44. Nel 1605 del mese di luglio, mori Galeazzo di Federigo di Galeazzo , e fu sotterrato in Santa Trinita nella sepoltura particolare de' Sassetti.

Lasciò due figlioli masti e 4 femmine ; cioè, le femmine, Lucrezia, Margherita, Lessandra e Maria: li masti sono, Giovanni d'età d'anni 15, e Federigo d' anni 6, e la moglie gravida, la quale a suo tempo partorì mastio, e li fu posto nome, per suo padre, Galeazzo. ( ndr sembrano essere gli ultimi eredi della linea diretta di Francesco di Tommaso banchiere)

 

42. Prima, nel 1601 di gennaio, si fece monaca in San Vincenzio di Prato la Fiammetta, figliuola di me scrittore Francesco e in capo a 15 mesi , cioè d'aprile 1605, si morì; e due mesi prima era morta la Maddalena figliola del medesimo Francesco : che Dio a tutti abbi dato vero riposo.

 

 

 

 

 

FRANCESCO SASSETTIS LETZTWILLIGE VERFÜGUNG

LE ULTIME VOLONTA DI FRANCESCO SASSETTI

di Aby Warburg

Sta con il saggio in italiano in

 

 

 

 

 

  TESTAMENTO DI FRANCESCO SASSETTI REDATTO PRIMA DELLA PER LIONE 1488 Qui disotto farö memoria della mia ultima volontä. Ricordo fo io Francesco di Thomaso Saxetti questo venerdi santo adi 4 d'aprile1488 in Firenze sendo per partire per transferirmi in Francia cioe alla cittä diLione in sul Rodano per i facti nostri di maggiore importanza che cosa che mi advenisse mai in questo mondo poi ch'io nacqui. Rispecto ai pessimi et straccuratighoverni di chi ministrö la ragione vecchia di decto luogho di Lione, che disse inLorenzo de' Medici et Francesco Saxetti cioe di Lionetto de' Rossi col danno et pericolo gravissimo, che sapete voi Ghaleazo et Cosimo miei figliuoli maggiori, dove Iddio mi conduca a salvamento et riduca et mi dia gratia di fare quel fructo ch'io desidero et che sia la salute nostra.Truovomi come sapete nella etä di 68 anni incircha et sono oramai mortale ognigiorno. Quando Iddio et la natura ponessin fine alla mia vita, voglio che dovuncheio manchassi, el mio corpo sia portalo et soppellito in Santa Trinita nella nostra cappella et sepoltura nuova et cosi vi comando et ordino.Come sapete non ho fatto testamento ne voglio fare, et se io lo feci giä fa piü di40 anni, lo disfeci et anichilai dipoi ch'io tornai im Badia di Firenze, presente Neri Capponi mio genero et piü altri frati, rogato Ser Andrea da Terranuova, come troverrete per ricordo ai libri miei et al luogho suo, si che restate sciolti et in vostra libertä fate della mia reditä a vostro modo con pari ragione l'uno verso l'altro et dovere cosi al picholo et al prete come a voi medesimi immodo non possiate aver carico ne biasimo perche in voi rimetto tutto sanza imporvi alcuno altro obbligho ne leghame; trovandovi in buono stato fate quel bene che vi pare per memoria di me e per salute della anima mia, stando pacifichi et uniti et portando amore et riverenza l'uno all'altro immodo che tra voi sia ogni concordia, imitando le virtü et i buoni costumi della vita, fuggiendo et dilunghandovi da tucti i vitii come miei veri et legiptimi figliuoli, parendomi esser vivuto immodo non habbiate da vergognarvi chi sia vostro padre et voi conosciuti miei figliuoli aprovati et commendati.Non so dove la fortuna ci aproderä che vedete nelle conversione et pericoli chenoi ci troviamo (a Dio piaccia concederci gratia di pigliare porto di salute) et comeella si vada in qualunque modo dove mi capiti, vi comando et richiegho per quantovoi disiderate ch'io ne vada contento che la mia reditä non rifiutate per nessuna cagione, quando bene vi lasciassi piü debito che mobile, voglio che viviate et moiate in quellamedesima fortuna, parendomi che cosi si richiegha al debito vostro. Difendetevi et aiutatevi valentemente et con buono animo immodo non siate giunti al sonno negiudicati imbecilli o da poco, et habbiendovi a dividere fatelo segretamente et d'accordocon l'aiuto di cognati et parenti vostri bisogniando, vivendo in amore et caritä et vivere insieme, maxime habbiendo cura de' minori di voi et della loro parte come di voimedesimi acciö che per alcuno tempo nessuno possa dolere con cagione ne habbiacagione giustificata di discordarsi o alienarsi dalla riverentia et ordine di voi maggiori,et io sopra questa parte non vi darö altro precepto ne altra leggie.A Messer Federigo et a Teodora et a Madonna Nera et anche in alcuno di voi hofacto carta et contracti d'alcuno de' nostri beni quando si sono comperati et prima etpoi secondo ch'e accaduto come troverrete pe' libri miei al luogo suo,3S voglio nondimancho che ogni cosa sia comune tra voi, ciascuno per la rata sua, come se e' decticontracti non fussino facti et che nessuno vantaggio sia dall' uno all' altro, come eragionevole. Cosi seguite interamente et unitamente come giusti e buoni figliuoliet frategli immodo apparisca et si dimostri la vostra caritä et benivolenza fraternale,maxime sappiendo decti contracti essersi fatti a altro fine cioe per salvare i vostri beniet non per fare vantaggio l'uno dall' altro.Avete a raguagliarvi insieme quando vi dividessi di fiorini mille prestati a voi Ghaleazo et Coximo et tirare a voi tanto mancho come e ragionevole cioe il capitale et non quellohavessi guadagniato o perduto, Io quäle ha a esser vostro o quello piü o mancho che in quel tempo restassi a dare acciocche nessuno si possa con ragione dolere, cosi seguite.Come sapete ho ridotto in casa nella stalla di drieto quella capella d'altare o verosepultura di marmo per Thomaso vostro avolo et nostro padre, la quäle come v'e notoavevo disegnato in Santa Maria Novella drieto alla sepoltura nostra anticha, dipoi40 per la aspreza et straneza de' frati di decto luogho che come sapete ci anno facto villania et levate via l'arme nostre dell'altare maggiore et la tavola, amoniscovi di non ve lo gittare drieto alle spalle et di tenerlo a mente perche e l'onore di casa nostra et il segno della nostra antichitä et se mai voi tornate in altoritä et in buono stato, fate corriggiere et riporre tutto al luogo suo et non essendo voi d'accordo con decti frati di Santa Maria Novella mi contento, quando harete il modo, facciate porre decto edificio di cappella et altare et sepultura in Santa Trinita dirimpetto a l'uscio della sagrestia, dove e al presente uno uscio rimurato coli' arme di decti Scali nel cardinale ed a pie della capella di decti Scali, che credo ve ne daranno licentia. Cosi facciendo o seguendo mutate le lettere dello epitaffio che sono Scripte nel vaso della sepoltura, in modo vengano approposito non esservi drento l'ossa di nostro padre, come parrä al Fontio o a qualche huomo docto intendente di simili cose.La quäle capella et sepoltura voglio sia dotata di messa ogni giorno di festa almanchoet consegnarle quella bottegha nostra di chiavaiuolo ch'e in sul canto traFerravechi che va dalle case nostre antiche, maxime verrebbe approposito et starebbebene se mai Messer Federigho fussi abate di decto luogho di Santa Trinita, comehabbiamo pratichato. Credo che di decta bottegha sie carta in decto Messer Federighocome tucto troverrete ne miei ricordi et scripture.El palagio di Montughi come sapete ha dato gran fama et reputatione al nome mioet alla famiglia nostra et e molto celebrato per Italia et altrove non inmerito, perchecome sapete e bello et costa danari assai, per questo vorrei faciessi ciö che potessidi mantenerlo sotto il nome et titolo di Messer Federigho in cui e cartoreggiato etfattogliene donazione come troverrete ne' miei ricordi, tucta volta quando la fortuna vi perseguitassi vi bisognierä restare contenti alienarlo et lasciarlo andare per non farepeggio, maxime per essere di molta burbanza et di poca rendita et luogho da richi chelo possono mantenere perche come sapete si tira drieto grande spesa et grande invidia, parmi lo lasciate in decto nome di Messer Federigho perche con la cherica losaprä et poträ meglio difendere, in quanto il tempo vi dimostri cosi essere il meglio.Credo sappiate che havete un 'altro fratello ma d'un altra donna che vostra madre,portandosi bene tractatelo bene secondo che merita un suo pari, se non fatene comese fussi figliuolo d'uno vostro lavoratore Sogliono i simili nelle case et nelle famigliegrande alle volte esser buoni a qualche cosa, a voi la rimetto.A Madonna Nera vostra madre portate quella reverentia che a me proprio s'io fussivivo perche come sapete e donna venerabile degna d'ogni laude et a me stata dolcissima et suavissima compagnia, simile l'o amata et tenuta cara quanto la mia propria vita, fatele honore contentandola d'ogni sua voglia et lasciatela godere quella partede'nostri beni ch'io le ho disegnato cosi tucto il resto mentre vive, perche cosi e Ia mia ultima volontä et a Dio vi raccommando.Et noi suoi figliuoli maggiori come obbedienti et riverenti a nostro padre promettiamoobservare in ogni parte la sua volontä vivo et morto, preghando Iddio chelungha tempo ce lo mantengha et perciö io Ghaleazo maggiore et primogenito misoscrivo qui da pie decto giorno.Questo medesimo fo io Coximo perciö mi sottoscrivo decto di.Simile io Federigho prete et pripre di Santo Michele Berteldi et nel medesimo mododicto giorno. 

 

 

 

 LETTERA DI GIÒ. BATISTA , PRIMO FIGLIOLO DI TEODORO DI FRANCESCO(ILBANCHIERE),PADRE DI FILIPPO IL VIAGGIATORE1556

 

 Giovambatista Sassetti a Francesco e Filippo suoi figlioli dice salute. Avendo più e più volte, dilettissimi figliuoli, letto e riletto quel libro che solente mi vedete innanzi , intitolato delle navigazioni e viaggi che novamente si fanno dai Portoghesi a l' Indie orientali, composto, o, per me' dire, messo insieme da messer Giovanbatista Ramusio; et avendovi trovato fra 1' altre belle cose un certo dubbio mosso per il detto autore a messer Jeronimo Fracastoro, matematico e filosofo grandissimo dei tempi nostri, sopra il traboccare che fa ogn'anno il fiume Nilo in Egitto; e la risposta, con la resoluzione, di detto messer Jeronimo :mi son parse 1' una e l’ altra cose sì mirabili et utile, che le ho giudicate degne non solo di essere spesso lette da ciascuno, ma che sempre si dovessino tenere innanzi agli occhi, per la varie e molte helle cose di che in esse si ha cognizione. Le quali ancora che dovessino esser lette e speculate da altro ingegno e discorso che il mio, almeno piglio in esse questo piacere e contento di vedere che, essendo esse materie filosoflche e dottissime e sottilissime, le sieno possute accomodare di sorte nella nostra materna lingua fiorentina (e da uno strano), che non solo s' intendono benissimo, ma che ce le fa del tutto toccare con mano e vedere con gli occhi; a confusione di tutti quelli che si credono , o che voglion che e' si creda che e' credino, che in altra lingua che nella greca o latina non si possa dir cosa nè buona né dotta .E si lascia andare di questo passo per un pezzo, facendo quasi una bella apologia della lingua toscana, e adducendo in esempio Dante , Petrarca, Boccaccio, Varchi, Alamanni, Pietrandrea Mattioli, lacopo Nardi stimatissimo e candidissimo traduttore di quel mostruoso volume dì Tito Livio, Giorgio Dati volgarizator di Valerio Massimo, il piacevolissimo e dotto Gellio, e il ferrarese Ariosto , che per dare perfezione all' incomparabile suo poema si dice che venisse apposta a Firenze.8 di maggio 1556, dal Mulinaccio in Val di Bisenzio.

 

 

  EPITAFFIO IN MORTE DI FILIPPO SASSETTI DI ORAZIO NERETTI Phìlippo Sassettio patritio fiorentinoa aromatum exportandorum muneri praefectoqui naturalibus mathematicisque disciplinis insigniigraeca latina e etrusca eloquentia calarusnovarum rerum causas indagandi studiopotiut quam lucrivasto emenso oceano Africa transfretataultra indum Goae commoratusEuropam pene totamlocupletissimis suarum observationum thesaurisIndorum operis longe praestantioribus ditavitHoratius Nerettius florentinusPerpetuus gratusque comesMultis com lacymis posuitVixit suis charus atque exteris anno XXXXVIIIObiit Goae anno MDLXXXVIII  Filippo Sassetti patrìzio fiorentinoprefetto dell’esportazione delle spezie,insigne nelle discipline naturalistiche e matematichenonche in greca latina et etrusca eloquenzache a studiar le cagioni di nuove cose più che a lucro attesetrascorso il vasto immenso oceano a Goa si stabilìdonde a quasi tutta l’Europa inviò tesori di erudite notizieben più preziose delle indiche gemmeOrazio Neretti FiorentinoPer sempre suo grato compagnoPose con infinite lacrimeVisse 48 anni Caro ai suoi e agli stranieriMorì in Goa nel 1588  LASCITO TESTAMENTARIO DI FILIPPO SASSETTIcarte Rinuccini-Magliabechiane : -il corpo (deve andare ) nella casa della Misericordia.- Alla detta casa 400 serafini ed obbligo di fare ogn' anno un uffizio e 9 lezioni e messe ordinarie. -Libera Yiviana Giava, sua stiava, e li lascia 50 serafini. -Susanna Bengala, sua stiava, vuole che sino all' eta di 25 anni servi una sua figlioccia, figliuola del signor Filippo Carasco, poi resti libera. -Tatti gli altri stiavi che erano in casa sua, lascia liberi; e raccomanda il buon ricapito delle femmine alla moglie del dello signor Filippo Carasco sua comare. -A un figliuolo nato di Grazia Bengala sua liberta (questo è suo figliuolo, se bene il testamento non lo dice, et aveva alla sua morte 5 mesi) lascia 1000 serafini; -raccomandato a Orazio Neretti, che quando e' sia in eta di 7 anni lo mandi a Firenze allo sorelle. -Alla detta Grazia, sua liberta, lascia 200 serafini e il nutrimento del figliuolo, mentre che starà in sue mani. -A Orazio Neretti lascia la sua catena d' oro e un zaffiro.- A Natalia sua figlioccia sopra detta, 100 serafini. - i suoi strumenti matematici d' ottone e rame, un radio astronomico, un planisfero d' ottone dorato, un astrolabio d' ottone, uno astrolabio di legno con ruote, una sfera d' ottone, un globo celeste con le 48 immagini, e tutti i suoi libri greci e latini, alla Casa del Gesù. -I due globi grandi con casse o apparecchi, al padre Guaspare Stivan del Gesù. -A madonna Nera, sua sorella, 100 serafini. -A mona Maria, sua sorella, 150 serafini, oltre a 500 ducati già provvistili in aiuto di maritare la figliuola. -Erede universale Francesco Sassetti, suo fratello. -Esecutori del testamento Lorenzo Strozzi, Fernando Gioma tedesco, agente de' Belzieri, e Orazio Neretti; ma dichiarato che, sendovi Orazio, l'amministrazione tutta tocchi a lui; in sua assenza succeda il Tedesco, e, in assenza di tutti a due, lo Strozzi ; e mancando tutti, la Compagnia della Misericordia. -Se gli effetti della Cina in mano del Griffi non si conducessero in salvo , vuole che degli effetti sua che erano in Firenze si soddisfaccia il legato del bambino, quello della madre, e poi di mano in mano gli altri, secondo che e' sono descritti ; e sottintendasi sempre la liberta alli stiavi. »-In pie del testamento ù nna nota, che la casa della Misericordia non ha accettato il legato fatto per lei. — Cioè, tra il § 22 e 23.

 

 

 

    DELLE LODI DI FILIPPO SASSETTIL U I G I A L A M A N N IDetto nell'academia degli Alterati l'Assetato .

 

 

 quando io sperava dovermi rallegrare con voi che dalla lunghezza del tempo ne fosse oramai conceduto il desiderato ritorno dell'Assetato nostro, mi è convenuto sottentrare questo carico impostomi di dir sue lodi, e di cercare di consolarne della grave perdita cagionata dalla sua inaspettata morte (2).Sicchè, mutata la speranza in noja, e il contento in travaglio, sento non potere ad altri porger conforto, nè potermi a gran pezza con parole appressare al vero e gran concetto, che si ha del valore suo; che di esperto e facondo dicitore sarebbe a ciò di mestieri, e che fosse al tutto libero dal pensiero e dal danno di tanta perdita. Onde io da tali cagioni troppo impedito, solo mi conforto collo sperare che qualsivoglia sua rimembranza ne sia per dilettare, e conosco che il danno, che gli possa porgere il mio rozzo parlare, oggi è per tornare in testimonianza maggiore delle grandi e chiare virtù sue: poichè il ridurre solo alcuna di esse alla memoria, senz'altra persuasione ed arte, sarà bastevole ad accrescerne il desiderio d' onorarlo, e d'imitarlo.La nobiltà della patria e della famiglia sono un pungente sprone per incitare il corso degli animi generosi con più veloce passo alle operazioni virtuose; ed, avvegnachè le maravigliose grandezze della città di Firenze, e de' suoi abitatori siano state ed ancora siano tali, che con un lungo discorso non se ne potesse raccorre piccola parte, bastine solo il considerare che ella ha innalzato il nome suo co'l valor delle armi, ed ha superato tutte l'altre coll'industria delle arti, e sopra tutto coll' acutezza de' letterati ingegni, e coll'eloquenza della toscana favella; talchè a ragione ella può esser nominata una novella Atene. Ed il nostro Assetato con savio accorgimento ha voluto impiegare la vita sua in quelle operazioni, che come proprie di questa città ci hanno fertilissimamente fiorito. Perciocchè dall'altrui volere, mentre era di tenera età, e da urgenti occasioni di fortuna alla mercatura sospinto, da sè stesso intese principalmente agli studi delle favelle e delle scienze; all'acquisto delle quali molto gli furono aggranditi gli spiriti, e le forze dell' antica e continuata nobiltà della sua propria famiglia, il cui albero estende il suo antico tronco per la lunga successione di diciasette continuate generazioni, e ci hanno istorie che annoverano questa famiglia fra quelle ch'erano al governo di questa città, già sono passati quindici secoli; e cinquanta anni dopo veggiamo a libri publici Caccia di Gentile, e Pacino e Jacopo Sassetti, come Ghibellini e troppo potenti, esser confinati nel tempo che dominava Carlo re di Sicilia. E, quando poi ne' tempi di Dante s'aspettava in Toscana la venuta di Arrigo imperatore, de conti di Luzzimburgo, ancorchè la republica richiamasse Sassettiinsieme con altri così grandi come popolani suoi fuori usciti, per tema che non si congiungessero coll' inimico, pure ne furono sedici di tal famiglia nell'esercito d'Arrigo, de quali mondimeno se ne videro molti per le loro virtù essere stati di poi richiamati e rimessi. Lascio di dire come per trecento anni continui posseggono la Torre da loro in questa città, come l'altre famiglie grandi, fabricata e denominata; e per eguale spazio di tempo edificarono sepolcri, ed ornarono chiese e di cappelle e di pitture ne' loro maggiori altari. Ne tempi più moderni Francesco di Tomaso, che edificò a Montughi il sontuoso palagio, ebbe a Lione gran maneggio ed affari, incompagnia di Cosimo vecchio de' Medici, di Piero suo figliuolo, e del magnifico Lorenzo suo nipote; al figliuolo del qual Francesco fu da Leone X donata la Palla de' Medici nell'arme sua e de' suoi successori, ed esso creato cavalliere e conte Palatino. Trapasso l'altre cose, acciocchè il mio parlare non divenga troppo lungo e tedioso, e pe'l medesimo rispetto porrò ancora in silenzio le grandezze de' Gondi, sua stirpe materna, le quali ancor oggi si veggono vive risplendere e nella patria e ne lontani paesi; talchè in Francia posseggono stato ducale, e dignità ecclesiastica eguale alla dignità regia. Da tali stimoli infiammata la generosità dell'animo suo, non sofferse fermare il corso della vita e delle sue operazioni nello scopo dei suoi esercizi mercantili, ne' quali ( dal padre indiritto ) consumò la sua giovinezza; ma, sentendosi da saldo giudizio e grande intelletto tirare alle virtuose opere ed alte contemplazioni, che nella filosofia si ritrovano e dall'eloquenza si manifestano, volle in tutte saziarne la sete della sua volontà, ove ne dettechiaro saggio del colmo delle virtù ch'egli possedette non solo nel prudente consiglio di elego gersi così nobili fini, ma le fece ancora palesi ne' modi che adoperò per conseguire costantemente questo suo alto desiderio. Chè, se noi riguardiamo alle tediose fatiche, le quali gli convenne sostenere per apprendere (mentre era nell'età di ventidue anni) gli spinosi principi della latina, e della greca favella, e dell'altre scienze ancora, scorgeremo una costante toleranza, che, in rarissimi uomini ritrovandosi, conduce all'ultima perfezione i disegni di coloro che la posseggono. Daquesto potranno gli altri apparare il modo di superare con animo fermo e costante quelle gravi fatiche, le quali nel principio dell'operare maggior tedio e travaglio a chi più sane arrecano. Avvegnachè dalla maggior parte degli uomini sia poco avvertito il momento grandissimo di tutti i principj, per restar quasi, come gli altri fondamenti delle fabriche, sotterra nascosi, nondimeno, se poco addentro o deboli si fondassero, non vi potendo inalzare sopra gli edifizi, converrebbe con vergogna lasciar l'opera in tutto abbandonata, o sì vero con maggior fatica e sudore di nuovo rifondergli; laddove, se saranno stabili e gagliardi, ogni grave pondo e ogni altezza di mole potranno sostenere. Tanta sobrietà e temperanza gli convenne allora adoperare, faticando ne' continui studi la sua ponderosa corporatura, nel tenerla a freno, per ravvivare in sè le forze della memoria e dell'intelletto, che, dicendosi di lui, come del greco oratore, che consumasse più olio che vino, possiamo con verità aggiungere che dall' istesso olio ne' sette anni chedimorò in Pisa godesse più luce che dalla chiarezza del giorno. E, se noi riguardiamo con quanta felicità egli apprendesse allora i poeti e gli oratori dell'una e dell' altra antica favella, e di quanta leggiadria ed eloquenza nel parlare materno si riempiesse, vedremo in parte il suo maraviglioso ingegno, che con sì saldo giudizio e sì profondo intelletto doveva poi nelle più alte speculazioni risplendere. Ciascheduno di voi si può facilmente ricordare con quanta facondia e con qual arte, quando in sacre esortazioni, quando in lode altrui, in diversi luoghi e in diverse occasioni egli abbia publicamente ragionato. Compose tragedie, discorse del mandare il consolo della nostra nazione a Costantinopoli, scrisse storie della vita del Ferruccio. Dettò insieme co'l vostro Vario  avvertimenti contro alcune nuove annotazioni di forestieri sopra la poetica, le quali, da voi con debita modestia mandate al proprio autore delle censurate annotazioni, furono lodate tutte, e la maggior parte di esse approvate da quello stesso, che ne veniva ripreso e corretto. Molti son quelli che con lunghi volumi hanno trattato del modo di esprimere i concetti dell'animo nostro per mezzo dell'imprese;egli in un sol discorso d'una breve ora con ordinata dottrina e gran chiarezza ne mostrò quanto gli fosse facile con poche e faconde parole l'insegnarne l'esquisitezza dell'arte. E, se egli quasi come per un principio ne dette di sè tante speranze, potremo da questo far ragionequanta fosse la dottrina e prudenza sua negli anni suoi più gravi, quando, oltre alle virtù praticate nell'operare, ed oltre all'eloquenza acquistata nelle più pregiate favelle, aveva apprese le matematiche dimostrazioni, le osservazioni e misure del movimento de cieli, e si era insieme adornato l'animo d'un continuato corso di tutte le naturali speculazioni. Ma, ecco mentre aspettavamo che egli dovesse far ridondar in noi altri il desiderato profitto de' suoi già maturi frutti, dalla liberalità e lealtà sua ne venimmo disturbati; poichè, non essendo stato scarso nell'aiuto de' suoi propinqui, si volle privare in beneficio loro di quelle facoltà che erano sufficienti al modesto equieto vivere che si era eletto. Allora percosso, ma non atterrato, dalla fortuna avversa, lo vedemmo più che mai francamente risorgere, e, ne' travagli affinandosi, prendere occasione di nuova gloria; ove, mentre i principali della città a gara concorsero per volerlo sovvenire, l' universale benevolenza trapassò la sua opinione: poichè disse vedere negli effetti d'essere stato da tutti amato più che non isperava. Ed, avvegnachè le virtù dell'animo e dell'intelletto suo a più alto fine che d'acquistar ricchezze, obligandosi altrui, avesse indiritte, elesse d' impiegarsi nella mercatura, adempiendo in ciò l'una e l'altra parte di quel detto del filosofo, che al ricco piuttosto che accrescere ricchezze maggiori è meglio filosofare, ed a chi contro alla povertà è costretto schermirsi piuttosto che filosofare è meglio l'arricchire. E, siccome le tenere piante in istretto luogo prima allevate ed innestate dei più pregiati e domestici frutti, si soglion poi trapiantare ne' larghi campi, ove possano spiegare la fecondità loro, così egli, avendosi in questa città coltivata la mente di tante e tali virtù e scienze, potette poi me luoghi lontani produrre sì maravigliosi frutti, superando gli altri che d'ingegno, virtù, e dottrina non gli eranoeguali. Somma lode e gloriosa fama acquistarono coloro che insieme coll' armi accompagnarono gli studi delle lettere, siccome da Senofonte possiamo conoscere; i cui scritti erano nelle mani di Scipione Africano pe'l continuo leggerli consumati, e la cui felice condotta pe'l mezzo di tanto paese nemico fu da M. Antonio Triumviro con profondi sospiri ammirata. Onde egli, quasi imitandoli, volle con nuovo modo congiungere i suoi studi dieloquenza e di filosofia non colla guerra e coll'armi, ma colla mercatura, alla quale conosceva essere tanto inclinata questa patria. Onde, tra i negozi divenuto di sè stesso più giudizioso e prudente (più che d'Ulisse nelle sue finte navigazioni non si favoleggia ), potè insiememente filosofare sopra i costumi e le città di molti uomini, e sopra la novità di molti paesi; poichè, non soddisfatto ditrasferirsi ne' luoghi, volle, di tali concetti ripieno, allontanarsi in quella costa, che, al mezzo della lunghezza d'Asia tra le foci dell'Indo e del Gange, sotto il Tropico del Cancro egualmente cominciandosi a ristringere, termina e soggiace quasi sotto al mezzo del corso celeste, ove per sempre il s" si pareggia colla notte. Onde lo sentimmo diligentemente considerare le varie stagioni, i continui venti, e la diversa condizione di sì lontani e contrari paesi, i costumi dei Bracmani fino da primi Greci perantichi nominati, e le scienze ancora di quei popoli, che, per esser tanto antiche ed esquisite, essi stimano piuttosto che gli Egizi ed i Greci l'abbiano apprese da loro, che per lo contrario. Le quali cose egli dette avviso essere state lasciate loro in versi d'antichissimi scrittori, ed in lingua che essi chiamano Sancruta, cioè bene articolata, la quale si scrive con cinquantatrè caratteri; ed è tanto antica, che, ancorchè abbiano antichissime notizie, non si ha però memoria in quai tempi ella si parlasse, e l'apprendono come faciamo noi la greca e la latina, nè prima che in sei o sette anni se ne fanno padroni. E nell' osservazioni era tanto accorto e diligente, che, di là dal Capo diBuonasperanza avanti ad alcun altro conoscendo dal color diverso nell'aqua dell'oceano esservi poco fondo, salvò la nave che non si arrestasse nelle secche de Garagiaj. Egli ha ritrovato la vera istoria del cinamomo, ed egli ci ha data piena notizia dell' antidoto propriamente diretto contro alla flemma, parte dall'esperienza da sè stesso praticatane, e parte dall'autorità di Niganto, uno de loro antichi scrittori, il quale narra in versi la proprietà di più di tre mila piante, delle quali informatosi prima da medici regi in Madrid ed in Lisbona, e fattene alcune divisioni ad imitazione delle istorie d'Aristotele, se ne valse, e ne fece di poi (co'l nodrirne e lambiccarne nel luogo ove nascono ) continue esperienze, e vere OSSGI VaZI Onl Ma, a gloria maggiore aspirando, tentò ancora di agevolare le navigazioni dell'oceano, coll'insegnar senza riconoscere terra a misurare le distanze che i cosmografi chiamano longitudini, e, dal Meridiano dell' Isole Fortunate inverso l'Oriente procedendo, le cominciano ad annoverare; il che non fu investigato da Flavio d' Amalfi, primo ritrovatore che la calamita riguardi a tramontana, nè da Martin Boemo, allievo del Monteregio, che insegnò a Portughesi conoscere la larghezza delle lontananze in mare tra l' un polo all'altro, con oprar l'astrolabio in navigando.E, se fosse interamente saputo quel che investigava l'Assetato nostro, si torrebbero via gli spessi e pericolosi errori di chi giornalmente corre sopra l'oceano; ed egli pure ne rinvenne ben tanto, che gli giovò molto nel suo primo interrotto viaggio. Somigliante gloria e maggiore si procacciava, mentre che coll'acutezza delle sue scienze congiungeva la mercatura e il peregrinare in così lontani paesi, dove conoscemmo la grandezza dell'animo suo non in piccoli maneggi impiegarsi a ragguaglio delle sue facoltà, ma a ragguaglio del gran concetti e del valor suo si travagliò in negozi tali, che infiniti popoli ne sentivano l'utile, ed i regni stessi ne arricchivano: poichè ne paesi medesimi, ove i pepi nascono ( merce delle più richieste e pregiate ) era quegli che li provedeva, e inviava per l'Europa tutta; oltre a che in sua proprietà aveva diversi e importantissimi maneggi. Chè, se già Talete ne' suoi propri paesi, e Platone in Egitto esercitarono mercatura d'olj, e Solone per simiglianti affari peregrinò in diversi luoghi per negozi maggiori, ( già di filosofia anch'egli arricchito ) ed in paesi senza comparazione più lontani volle dilungarsi il nostro Assetato. Ne' quai luoghi l'industria mercantile non s'affatica con nuovi ordigni in sottili provedimenti, ritrovati da coloro sotto l'apparenza di mandare il suo in paesi lontani, e senza alcuna commune utilità vanno accrescendo il loro avere coll'altrui perdita; ma vi si contrattano naturali e vere merci con tal commercio, che quelle medesime ricchezze che si cambiano o traportano ad ambe le parti ne fan sentire il commodo e il profitto commune. Non è la mercatura così facile, nè di sì poca loda, come altri per avventura l'avvisa; poichè quelli che onoratamente l' esercitano con adoprare ingegno e virtù, e alla patria loro, e insieme a lontane e diverse nazioni sogliono recare commodi e benefici sopramodo grandi, e al bene e sicuro vivere molte fiate necessari. Se l'arte del coltivare la terra è stata sempre da tutti celebrata, e da più antichi e virtuosi Romani colle loro vittoriose mani esercitata, possiamo conoscere che in non minore stima dagli Ateniesi, e dal loro legislatore furono tenute la mercatura, e le arti a lei soggette; poichè le leggi loro non permettevano che alcuno lor cittadino vi potesse stare in ozio; ma commandavano che tutti qualche arte esercitassero, nelle quali più industria e maggiore ingegno che nel coltivare si richiede. E di vero che la vera mercatura altro non è che una abondante e ingegnosa agricoltura, la quale supplisce a quello che la natura non può fare, di produrre in ogni paese ogni cosa necessaria e commoda al vivere umano: sicchè, molto più che non fa la coltivazione, i fertili terreni ella può rendere abitati, ed abondanti i più sterili e infruttuosi monti. Anzi l'onde stesse e le lacune del mare (ove se non si ritrovasse altro che l'industria sola degl' ingegni e delle fatiche degli uomini in numero incredibile da tal commercio adunativi, conducendovi, per esempio, lane e sete rozze, e rimandandole poi fuori ridotte in uso di panni e di drappi) quest'arte, co'l prezzo di tale industria, può fare tali luoghi abondantissimi d'abitatori, e colmi di ricchezze sopra ogni altro, non solo col provederli di vitto da luoghi più vicini, ma, non che altro, fino dagli Antipodi può condurvi le droghe, l'oro, le gemme; sicchè mille tesori nati sotto altro polo pare che siano prodotti dal nostro paese. Nè voglio credere che il suo fine sia l'accumulare denari, e l' arricchire solamente, come i più l'adoprano, ma sì bene, come nelle republiche si suole esercitare, il rendere copiosi ed agguagliati i luoghi, e gli annuali dei frutti della terra e dell' altre ricchezze umane. Con ciò sia cosa che quasi, come se la mercatura tenesse in mano la bilancia di tutti i frutti della terra e del mare, con cavare le cose, ond'elle abondano, e condurle ove mancano, ella agguaglia e pareggia l'un paese coll'altro, e coll'adunare e serbare ella agguaglia e pareggia l'anno abondante con quello di carestia; valendosi dell'industria umana per correggere tali mancanze di natura. E quelli, che nella mercatura commandano le più importanti deliberazioni, di molto valore e gran prudenza conviene che siano forniti, per iscorger molto tempo avanti l'occorrenze, conoscere di chi si debbano servire e fidare, e presto risolversi nelle occasioni; ed hanno un largo campo di potere, in tal arte esercitandosi, dimostrare le virtù loro: siccome nell'Assetato istesso, di cui ragioniamo, si potrebbe considerare la magnanimità nellegrandi imprese, la fortezza ne' pericoli di morte, la liberalità nel donare, la dolce maniera e gentilezza de'costumi nel conversare, la prudenza, la lealtà e la giustizia nel trattare ogni giorno di pregi e di permute con gli altri uomini, e le altre sue virtù, le quali egli non restrinse dentro i termini della sola mercatura, ma in tutte l'occasioni a tutte sorte d'uomini, e per tutto il corso della vita sua fece palesi e manifeste; sicchè non solo ne diversi luoghi ove egli dimorò, ma ne remoti e lontani da essi, dilatata la fama sua, vedemmo che riscaldò d'amore e di riverenza insino agliuomini più crudi e più malvagi. Perciocchè, depredando alcuni corsali una nave Portughese, domandarono se vi avesse sopra facoltà alcuna Filippo Sassetti; e veduto che ve ne aveva, le rilasciarono, e commisero che gli fossero restituite, siccome ne furono, dicendo che portavano sopra la testa loro l'onore e la riverenza del suo nome; tanta è la forza della virtù di farsi amare ancora dagl' inimici, come di Scipione e di Archimede e d'Annibale e Marcello possiamo conoscere. Quando Alessandro il grande volle già spiantare la città di Tebe, commandò a suoi soldati che mantenessero salve ed intatte le abitazioni e i discendenti del lirico Pindaro. Grande fu certo il benefizio e l'onore ch'egli rendè alla memoria di questo poeta; ma qual maraviglia ne debbe porgere, poichè venne da sì potente re, avidissimo di gloria, e sì grande amatore di chi altamente cantò le lodi degli eroi? Laddove con grande ammirazionedovremo stupire che i publici rubatori di ciascheduno, i quali solo d'ingiuste rapine e crudeltà si nutriscono, siamo voluti divenir liberali della propria preda, senza altro lor pro, che di onorarne le conosciute virtù dell' Assetato, delle quali (poichè con tale attenzione seguite d'ascoltarmi) brevemente soggiungendo d'accennarne alcuna, porrò fine al mio ragionamento. Gran fortezza d'animo dimostrò, non si essendo mai nell'avversità di molti travagli perduto di cuore, ma, come acceso carbone al soffiare de'venti, ravvivatosi e rinvigoritosi. Forte fu ancora in tanti perigli di morte, che passò in quella guerra di Lisbona; quando per somministrare alcuni medicamenti ai suoi Signori naturali, scampò per le virtù sue l'ingiusta condannazione di falso sospetto: e, in andando a manifestare l'innocenza sua al non legitimo re, vide, e si ritrovò nel fatto d'arme, quando l'esercito del Catolico passò vittorioso il ponte d'Alcantara, ove egli con sue armi, come gli altri guerrieri, intrepidamente superò il pericolo di quella rotta, e tumulto; pericolo non minore del primiero; e coll'autorità sua liberò dal sacco ne' borghi, ove si ritrovava, ricchissime abitazioni d'Angelo Lioni, e altri Veneziani. Lascio i tanti perigli dell'oceano nel suo primo viaggio, de turbini e tempeste, d'essersi rigirato dieci giorni continui tra le secche e i bassi di quella male avventurata costa del Verzino, ove quella poca gente che si fosse salvata restava per cibo di quei bestiali Brassili, o de pesci Tuberoni, l'uno e l'altro de' quali divorano carni umane; e di essersi in ultimo rotti cinque grossissimi aglimini di tutte le loro éncore, quando vicini a Lisbona erano spinti da sì gagliardi venti ne' dirupati massi del capo de Salceti; allorchè egli, già spogliato e cintosi alle spalle un sostegno per tal uso, aspettava ognora che, poichè per superar quella punta erano spezzate le ancore e la vela, si spezzasse la nave ancora. Sicchè, mettendosi egli di poi l'anno seguente nella medesima navigazione, ove non gli occorsero pericoli minori, mostrò che non temette quelli del primo viaggio da lui sì frescamente provati, ed insieme mostrò la gran costanza e perseveranza che avea nell'imprese già da lui elette e risolute. Liberale fu egli tanto, che, contro all'usanza degli altri, più del donare che dell' accumulare era vago: onde possiam conoscere che non per arricchire esercitò mercatura, ma per seguir virtù e conoscenza, faticando egli più per maggior profitto altrui, che proprio. Delli suoi amici pochi furono quelli, a cui non donasse cose pregiate, non solo novità di lavori o medicamenti rari, ma gioje, e altro di pregio eguale; e quando lo trovarono in quei luoghi suoi amici da magiori occasioni ed angustie necessitati, con affetto i" ricevendoli, di maggiore somma di benefizi li sovvenne, che essi non avrebbero saputo da più interessati aspettare o desiderare; e, quando era vicino a morte, donò libertà a quindici schiavi disuo servizio; e in verso i luoghi Sacri fu maggiormente pio e liberale: ai principi ancora era solito mandare delle più rare e pregiate novità di quei paesi, a molti dei quali più per altre sue virtù, che per questa sola, fu sempre accetto e grato, e con iscambievoli doni, e con interno affetto d'amicissima testimonianza lo dimostrarono. La modestia sua fu tale che di sè rado o forzatamente parlando, con verità e scarsità ragionava: anzi, come le spighe ne' campi quanto più si vanno riempiendo di maturato frutto tanto più dell'altre s'abbassamo, così egli quanto più e di virtù e di sapienza si colmava, scacciata in tutto l'alterigia, maggiormente fece nota la modestia; la quale in quella sua secca spugna vi si dimostra, poichè con essa vi diceva d'essere asciutto ed assetato dell'innocente liquore d'eloquenza e di sapienza: laddove, essendovisi felicemente immerso, ne era largamente bagnato e grave (4). La gentilezza e dolcezza delle sue maniere vedemmo, mentre fu tra noi, esser tale, che qualunque lo conosceva desiderava o cercava di conversare e diritrovarsi seco, avvegnachè con festevoli ragionamenti ed arguti motti tra gli amici si rallegrava: e di poi, quando per ispazi sì lontani di luoghi e di tempi n'era dilungato, non potendo colla sua presenza, gli dilettava almeno con sue leggiadre e dotte lettere; delle quali dai più intendenti se ne veggono in molti luoghi con gran diletto far riserbanza. Era tanto giusto il suo negoziare con altrui, ed in quei maneggi fu conosciuto tanto leale e sincero, che, da tutti amato e riverito, era nelle più gravi cause di controversia di consentimento commune delle contrarie parti eletto per arbitro ed ultimo giudice; tra essi avendosi acquistata autorità senza contradizione. Ma sopra tutte le altre sue doti risplendeva in lui una maravigliosa prudenza, accompagnata da tal sapere, esercitata da tante prove di sì diversi affari, e congiunta con giudizio sì profondo, in lui naturalmente innato, e che in tutti i diversissimi casi sempre rettamente discernere si conosceva, così nelle dispute e dubj delle osservazioni e contemplazioni, come negli affari domestici e nelle importanti deliberazioni de negozi, che gli stessi iti delle arti, come nocchieri, medici, ed altri a ragione si gloriavano di prendere in esse suoi consigli. E tutti gli altri in quei paesi con grandissima ammirazione ed amore gli attribuivano il primo luogo di pregio e d'onore dopole persone regie. Anzi dove i commandamenti di questi erano per tema obediti, i pareri dell'Assetato erano con istanza ricerchi per eseguirli desiderosamente. E me luoghi da lui più lontani era ancora tanto grande l' opinione e il concetto che si aveva delle virtù sue, che quelli che non avean contezza del suo valore, stimavano che fosse cresciuta di lui tal opinione dalla gran lontananza de luoghi ove si ritrovava: molto più che i poeti, e gli altri uomini grandi si sogliono acquistare maggiore stima e maggior pregio per la lunghezza del tempo, nel quale più anticamente degli altri siano vissuti; ma, facendo chiara testimonianza qualunque si ritrovò dove era egli che in somigliante e maggiore ammirazione era avuto ancora da tutti quelli che gli erano presenti, conosciamo che ciò dalle rare sue doti, e non da altro procedette; e veggiamo insieme quanto maggiore splendore ne avrebbe creduto, se dalla inaspettata morte non gli fosse stato vietato l'avvicinarsi, e il tornare alla patria. Ma, poichè per sì gran perdita restiamo privi o alterati della desiderata vista di tal academico, del diletto del suo saggio e facondo parlare, della cognizione di sì rare e pregiate notizie ed osservazioni, del gran profitto delle tante virtù sue, ci resterà egli pur vivo nella memoria per chiaro specchio ed esemplare perfetto di somma bontà ed esquisita dottrina: le quali avendo per tutto lo spazio della sua vita fatto palesi, dobbiamo credere che egli sia vissuto felice, per quanto ne concedono i travagli di questa vita mortale, e che, nell'altra per sempre riposando, goda premi maggiori delle sue fatiche, e contempli chiaramente quell'eterno lume, il quale, mentre de suoi raggi per tante e tante maniere andava investigando lo splendore,con ogni suo potere s'era sempre adoperato di amare e desiderare.(1) L'academia degli Alterati fu instituita nel 1568 da sette gentiluomini fiorentini: ne sono ampie notizie me Fasti consolari dell'acad. fior del Salvini (facc.2o2 ec.,e 247), e nel Mazzucchelli (scritt. ital.tom. 1. facc. 13o), e nel Manni.2) Avvenuta in Goa, l'anno 1589.3) Il Vario era Antonio Albizzi.o Forse l'Alamanni accenna all' impresa academica del Sassetti, che sarà stata una spugna. L'uso di queste imprese era communissimo in quel secolo.

 

 

 

 

 

 Prefazione del Marcucci alla edizione delle Lettere di Filipppo Sassetti del 1855

 

Notizie su Filippo Sassetti il viaggiatore ( integrare con Rossi Mario un mercante letterato fiorentino,Filippo Sassetti Citta di Castello 1899 e con Marica Milanesi Studi in Onore di Filippo Sassetti vedi Pdf integrale)   Quel che scrisse il Giusti di un proverhio che pareva fatto apposta per dare alle gambe della ciarlataneria de' frontespizi, tornerebbe pure a proposito delle prefazioni, quando non sono specialmente del proprio autore, ma o dell'editore, o dell'annotatore, o di qual s'è l'uno di coloro che fanno come i prologhi delle antiche commedie, e quasi cacciano via il testo, a forza di ripicchiare. Nelle lettere del Sassetti si avrebbe larghissimo campo da percorrere , lumeggiate come sono da cognizioni di politica , di mercatura , di nautica e di tante naturali speculazioni, di quante si adornò eminentemente l' animo di lui. Ma io che sono al buio di tali studi, e non vorrei trovarmi nel pericolo di toccar le mie , a più modesto ufficio mi appiglio ; e se non potrò avere l'intento della richiesta brevità , sarà colpa , più che mia, della materia. Di tre cose mi credo strettamente obbligato a far consapevole chi mi legge; e queste sono, 1) alcun cenno intorno alla persona dell' autore ; 2) donde e come ne venisse il concetto di pubblicare la presente raccolta di lettere ; 3) quali e quante cure i v' abbia speso.  La Vita di Filippo Sassetti non si trova in nessun libro ; nemmeno (che fa maraviglia) nella Biografia universale. La quale omissione , anzi che a scarso merito del fiorentino cinquecentista , vuoi reputarsi a molta sconoscenza de' posteri : onde che il nome di lui giace quasi dimentico in Toscana , e forse ignorato universalmente nel restante d' Italia. Dicevasi in antico, essere la virtù abborrita inché viva, elevata a cielo dopo morte.Noi facciamo anche peggio: viva, le si bandisce la croce addosso ; estinta , non se ne parla mai più. Il secolo del Sassetti avrà avuto i suoi vizi, ma scusati erano dalle virtù che a noi mancano ; e siccome queste so gliono anche più stimarsi in que' tempi che più agevolmente le producono, cosi quello stupendo ingegno non poteva non conquistare l'ammirazione de' suoi dottissimi coetanei, i quali fecero gran capitale de' suoi scritti , e fin da giovane lo ebbero in conto di tenero amico e di riverito maestro. La troppo anticipata sua morte fu pianta non meno in patria che nell' India ove accadde. Affettuosissimi versi ne furono scritti da Giambatista Strozzi , Ottavio Rinuccini , Giuseppe Nozzolini; L’elogio funebre da Luigi Alamanni il giovane, e Gianibattista Vecchietti ; quegli, recitandolo nell' accademia degli Alterati, ed è stampato nel volume IV, parte I, delle Prose Fiorentine; questi, nell'Accademia fiorentina, ed è non che inedito, ma forse perduto. Il Sassetti era tanto amato e venerato sin tra barbare nazioni, che, al riferire del suo lodatore, « depredando alcuni corsali una nave portoghese, domandarono se vi avesse sopra facultà alcuna Filippo Sassetti ; e veduto che ve ne aveva , le rilasciarono , e commisero che gli fossero restituite, siccome furono, dicendo che portavano sopra la testa loro l'onore e la reverenza del suo nome. » Altri cenni degli studi e della fama di lui si leggono sparsamente per le memorie di patria letteratura : uno scritto però, che abbracci tutto il processo della su a vita, e ci metta a vedere non il solo letterato ma F uomo , quanto era dcsiderabil cosa che da qualcuno fosse composto, altret tanto è deplorahile che da nessuno vi si pensasse. Facilmente ne fu causa il pochissimo di notevole che offre la sua vita citta dina, menata fm presso al quinto lustro tra le occupazioni della mercatura; indi per sette e più anni tra l'incessante applicatezza agli studi in Pisa ; poi nell' accumulare il gran tesoro di svariata dottrina , e vestire di elette forme gli alti concetti della sua mente tra la solitudine del suo scrittoio, la fre quenza dell' Accademia e la conversazione degli amici ; dei quali basterà nominare Pier Vettori , Vincenzio Borghini, Scipione Ammirato , Lorenzo Giacomini , Bernardo Davanzati ,Francesco Bonciani, Marcellino Adrianni, i Valori, i Rinuccini, gli Strozzi : finché per domestiche necessità dovutosi novamente immercatantire (a servirmi di questo suo vocabolo), lasciò di trentott' anni Firenze e Italia ; e nei dieci che sopravvisse, parte peregrinò tra Spagna e Portogallo, parte nell'Indie orientali. Era un di quegli uomini che di tratto in tratto li fa la natura, e poi rompe la stampa: tutto cuore, tutto studio. Nato di antichissima e nobilissima famiglia, se non valse a disfecciarsi certe ubbie aristocratiche , seppe eroicamente sopportare i rovesci della fortuna , e accomodarsi a strettezza di vita; più de' suoi che di se stesso pensoso. Nell'elogio che scrisse di Tommaso Del Nero, dicendo che” ben si poteva comprendere come sarebbe riuscito, se l' occasione del difendere la patria I' avesse chiamato all'arte della guerra; alla quale per altro non era conveniente che egli si desse, essendo nato, cresciuto et allevato civilmente”; indusse a far credere che chi è nobile o di condizione civile, non debba esser tenuto a trattar l’armi, quasi che abbassi se medesimo, e non piuttosto si nobiliti, adoperandole per un fine sì santo. Ma nella Vita di quel vero martire della libertà fiorentina , Francesco Ferrucci , mostrò Filippo tutto il sentimento di un' anima italiana e informata alle operose virtù de' più felici tempi della re pubblica. Se non che potrebbe in altri casi apparire, non so s' io dica troppo fiorentino o poco italiano : misera condizione del popol tutto d'Italia, che sparpagliato e fatto alieno a se stesso , convien perdere ancora la coscienza dello spirito nazionale. A lui sì avvezzo a conversar gli stranieri, la compagnia di stranieri è diffìcile; siccome pure gli è avviso che sempre e malcontenti aprono el cammino alle potenze forestiere.Nel vederlo quindi in tanta domestichezza co' Medici, da cui furono sempre aggranditi i suoi di casa , non si dee presupporlo cortigiano ai tiranni della patria, o simigliante a quello schiavo, immaginato da Elphinston , che contento alla catena, vi sta sopra sdraiato, e abbandonatamente sonnecchia. I tempi fanno l'uomo ; e fu il Sassetti l'uomo del tempo suo , se non quale avrebbe potuto e forse voluto essere. Le sue lettere sono lo specchio della sua vita, che quasi in votiva tabella, come del vecchio Lucilio disse Orazio, vi si vede rappresentata. Del resto , io non isfiorerò le lodi pro nunziate dall'Alamanni, né quanti altri particolari furono testé raccolti dal benemerito Filippo-Luigi Polidori , che pensò di fare il non fatto in più di due secoli e mezzo da coloro che maggiore ne avevano l'obbligo e la comodità. Pubblicando egli nel tomo IV, parte li, dell'Archivio Storico Italiano, la Vita del Ferruccio, scritta dal Sassetti, prese l'occasione di scriver quella dell'autore. Dalla conosciuta perizia e infaticahilità di lui, si fac cia ragione di quanta sia l'accuratezza del lavoro, l'acume della prudenza, la somma delle notizie. Ma per esser queste, oltre che voluminose, attinte la più parte dalle stesse lettere del Sassetti, fino a recarsene le proprie parole a lunghi tratti, non potevano aver luogo, come avrei desiderato, in un libro dove stanno accolte esse lettere, e dove chiunque legga, può medesimamente venire in cognizione d' ogni appartenenza alla vita dello scrittore.Aggiungasi poi , che nel darmi a fare sopra di essa ogni a me possihile ricerca, mi venne trovato un codice in cui erano le notizie dell'origine e antichità della famiglia Sassetti, compilate dal fratello di Filippo. Dalla gentilezza del signor Francesco Cambiagi, possessore del codice, lui mi ha lasciato pigliarne copia; e con tanto maggior piacere ne adorno la presente edizione, in quanto che il nuovo scritto è di una qualche giunta alla mia poca derrata , ed ha questo bel pregio, che alcune sue parti furono messe insieme con gran fatica et industria dallo stesso Filippo. Del quale facendosi pur memoria nel paragrafo 37, se non molto larghe sono le notizie che di lui ci porge il compilatore, ne siam compen sati ad usura con altre assai della casa, che per la loro novità faranno giuoco alla storia delle famiglie nohili fiorentine. Né a me rimanendo cosa d' aggiungere su tal proposito , chiudo questa prima parte con uno specchietto hibliografico, benché non mi accerto d'aver tutte rinvenute le scritture inedite del Sassetti ; perocché di molte più ce ne dovrebbero essere , se pure è vero ch' egli abhia, tra l' altre cose, dettato in poesia, e composto tragedie. A ogni modo, insieme con le stampate, sono esse un sufficiente numero per un altro volume, e tutte piene di tanto senno ed eleganza, da doversene sperar solle- cita la pubblicazionePassando ora al concetto di raccogliere in un sol corpo queste lettere , devo primieramente render merito al soprallodato Polidori, il quale con averne discoperte moltissime, ci mise in isperanza di poterne scoprir dell' altre , e ridurre a intera lezione , col riscontro degli autografi , quelle che andavano per le stampe.Il desiderio che ho vivissimo di veder sempre fiorite di bello stile e di buona lingua le scritture italiane , mi fece vie più fermar l' animo nelle lettere del Sassetti, che mi parvero il caso a potersi certamente crescere di splendore la chiarezza del patrio idioma. Avanti che gli editori delle Prose Fiorentine prendessero a divulgarne le tren taquattro nel volume IV, parte III , della detta Raccolta, aveva tentato di farlo il canonico Lorenzo Panciatichi, al cui soprafffino giudizio dovea forte rincrescere la dimenticanza in che giacevano. E se quelle poche, allor trovate , riescono un sicaro pascolo per chiunque si faccia a leggerle, immaginai quanta utilità insieme e diletto se ne coglierebbe da un nu mero due volte tanto.Ciò che assai pure mi confortava di venire a capo del mio divisamente , era il poter fare i dovuti racconciamenti sopra la stampa fiorentina, sì guasta, e sì frequente di lacune e di rammodernate dizioni : di maniera che al giusto lamento che finora se n' è levato da tutti, suc ceder dovesse altrettanta maraviglia o sdegno in vedere certe volte non rimasto quasi vestigio né orma di quel che scrisse l'autore. Le posteriori edizioni, per questo verso, non eb bero miglioramento di sorta ; molto meno le sbocconcellate in Raccolte di Viaggi , dove tuttavia è lodahile chi mostrò ricor darsi del Sassetti, mentre nessuno pensò mai alle sue lettere in que' tantissimi epistolarii ad uso della gioventù. E davvero che , lasciando anche stare le narrative e descrittive , ne conosco poche, tra le cosi dette consolatorie, di più affettuosa eloquenza che quella a Francesco Valori , in morte di Paolantonio suo Fratello. Considerando inoltre codeste lettere dal colorito che hanno e dalla qualità delle trattate materie, mi sembrò questo poter essere un libro che dovesse facilmente correre per le mani d' ogni fatta di persone. Imperocché il Sassetti è purgatissimo di favella e maestro di modi, copioso, vivace, e spesse volte artefice si mirahile di nuove forme e voci, che ci somministra egli solo un'immensa suppellettile al patrimonio della lingua. Non so, in fatti, quanto potrebbesi appuntare di fallo la mia sentenza, ch'egli in se riunisca i pregi di più lodati scrittori , come la grazia del Firenzuola , il nervo del Davanzati , la briosa sprezzatura del Cellini , l' onni potenza del Bartoli.Rispetto poi al midollo del discorso, può farsi fede ch' egli di dottrina vince qualunque fosse più in voce di sapiente ; onde non ha punto da tenersi per una esa gerazione d' amor fraterno il dire che fu uomo universale in tulle le scienze; e se fussi dimorato in Fiorenza, et avessi continualo la professione delle lettere , e fussi vissuto il tempo che naturalmente poteva vivere, per giudizio di tutti li scien ziati, diveniva uomo raro. Le sue lettere scritte in patria, avranno forse un minore allettativo delle altre, per quell' umore corrente di sottilizzare in una filosofia che il Monti chiamerebbe fallita. Ma quanto capitale di utili osservazioni in quelle che scrisse di Spagna, e particolarmente dall' Indie orientali , le cui memorie fu egli de' primi a raccogliere e tra mandarci ! notizie esatte dei costumi di strani popoli ; descrizioni di luoghi e di cose curiosissime , oltre al toccarvisi maestrevolmente con rapida e sicura mano di tutto un poco : economia, botanica, geologia, medicina, astronomia, il giro de' venti , la declinazione della calamita , il flusso e reflusso del mare, e altrettali fenomeni. Che se a' tempi nostri pares sero di lieve conto i suoi raziocini! intorno alle cose fisiche , meritano pur sempre di essere studiati come storici monu menti dell' umano sapere ; tanto più che in parecchie specu lazioni non può negarglisi il vanto di aver ciato nel segno , e di esser quasi mostratosi precursore del Galileo. A qualunque iattanza de' moderni sarebbero , in somma , una buona risposta pel Sassetti le parole del Boursot : Sans moi qui suis si peu, vous seriez moins encore. A uopo sogghigna ancora il nominato Galileo : « Molti si pregiano di aver molte autorità di uomini per confermazione delle loro opinioni; ed io vorrei » essere stato il primo a trovarle. » Ora, quante sono le guise degli argomenti che il Sassetti discorre nelle sue let tere, altrettanti gli ordini di persone che le vorranno cercare, non esclusi i professanti la mercatura , i quali possono avere un modello, non si facile a trovarsi, per le loro corrispondenze, e conoscere le vecchie consuetudini del commercio.Un' altra considerazione fu di gran peso al concetto ve nutomi del raccogliere queste lettere. Vi si raccontano viaggi. Doppiamente utile, io dissi, un siffatto libro ; anzi, per chi voglia progredire nello studio della natura dell' uomo , più anche utile delle storie medesime. E perché non credasi che io statuisca di mente mia una tal verità, mi pregio corroborarla col testimonio d' un valentuomo. « I racconti de' viaggi » (dice il Bianchetti nel Discorso V dello Scrittore italiano) ci conducono nell' interno delle famiglie di una nazione , ci fanno osservare una quantità di cose private e pubbliche ; il maggior numero delle quali appariscono forse di poca importanza, considerate separatamente; ma che, unite insieme, ci danno pure quella più esatta idea di tal popolo» che non potrebbesi avere d' altronde , e che certo non potrebbe mai venirci dai re , né dai capitani , né dalle guerre, né dalle rivoluzioni, che sono la perpetua materia degli storici : con la quale eglino non ci rappresentano che la minima parte di un popolo ; e questa parte medesima non ce la mostrano che molto inesattamente, perché in uno » stato d'agitazione. Oltre di che, si trova appunto nelle lettere del Sassetti , come di sopra accennai , e come voleva il Pascal, non l' autore, ma l'uomo. Diresti che non gli sieno costate più fatica a pensarle , che tempo a scriverle ; e ti par quasi vederlo nell' atto stesso della partenza di navi portoghe si, a cui dovea consegnarle, empiere i fogli di que' suoi fregaccioli e ghirigori che m'hanno fatto disperar tanto. Guai se l'ufficio del cuore è usurpato dall'ingegno!E però, tra gli altri miei concetti, mi va per la mente ancor quello di due nuove Raccolte , cioè Lettere di famiglia, per esempio , dello Speroni alle sue figliuole, con altre simili; e Lettere d'illustri donne italiane: dove saremmo sicuri d' avere una fedele storia del cuore umano , espressa con quel linguaggio che più nell'anima si sente. Ma io sono proceduto già molto; e per compimento del fatto mio , vengo alla maniera da me te nuta nella presente edizione.Mia prima cura è stata la disposizione di queste lettere per ordine di tempi , come più acconcio modo a rappresen tare il progresso dell' intelletto di chi le scrisse, e dei vari casi della sua vita; l'accurata osservanza del Mss. originali per le inedite , e la collazione delle stampate , fuorché le 6 alla sorella Maria , e le 89 a Francesco Valori , non potutesi da me ripescare in verun codice. Le poche volte che mi abbattei ne' testi non di mano dell' autore, mi son gover nato nel modo che si dirà appresso nella ragione che avrò da rendere delle mie noterelle. Mi sono poi ritenuto in tutto con gli autografi, serbando ancora certe antiquate desinenze di verbi , che giovano alla cognizione storica della lingua, senza però mantenere la grafia di certe altre voci , che , con l' alt rarle, non erano fatte variare di suono. Ho lasciato non solo anche l' et dinanzi a parola cominciante per vocale , dove crede il Bartoli esser lecito adoperarlo , se torna bene all’occhio , ma eziandio la non sempre uniforme guisa di scrivere alcuni vocaboli che con pari significato e senza vizio possono rappresentarsi diversamente: e nell'incertezza degli apografi, me ne sono stato alle leggi della pronunzia , di cui è creduta la scrittura immagine al naturale. Per la punteggiatura ho fatto all' uso corrente ; e cosi nelle lunghissime pagine di scritto in una sola tirata , come solevano gli antichi , e mal comportano i moderni, ho diviso per capoversi la varietà della materia. Il nome delle persone a cui sono indirizzate più lettere consecutive , lo volli ripetuto in ciascuna , per non costringere il lettore a doverlo cercare indietro, non lasciando però in tutte di replicare la consueta formola del titolo e della sottoscrizione , affinchè si veggano gli usi di allora in questa parte accessoria che direbbesi di convenienza. Ad ogni lettera ho fatto precedere l' argomento : miei per le inedite , e formati, per quasi tutte le trentaquattro stampate, di quanto ragionarono sopra ciascuna i primi editori fiorentini nella loro prefazione. I manoscritti onde le une e le altre furono tratte o riscontrate , appartengono all' Archivio Mediceo , alla Biblioteca Magliabechiana, alla Riccardiana, alla già Rinucciniana , i cui testi a penna trovansi di presente nella detta Magliabechiana , oltre ad un codice della libreria Capponi , e un altro del soprammentovato signor Cambiagi : e tutti partitamente , col segno del numero , se l' hanno , e quando auto grafi, e quando apografi, sono sempre indicati nelle note. Del fine e proposito delle quali convenendomi pur dare qual che informazione , dico di averle soltanto apposte a que' luo ghi ove andavano di necessità , per maggior lume o intralciati costrutti , di voci tenebrose o forestiere , e di memorie storiche; per segnale delle nuove giunte, o vogliam dire delle vecchie giunterie; e per tante altre avvertenze, più a proposito dove stanno, che qui necessarie di menzione. Av vertite una volta le cose, non ci si torna più sopra, o si rimanda al primo segno ; e ciò che fa parte dello spoglio les sicografico, ordinariamente si passa. A volte, se mi son cadute dalla penna osservazioni grammaticali, o somiglianti calìe, s'intendono fatte pe' lettori poco o nulla introdotti negli studi, o per conto di certuni che pretendono di misurare il bello stile con le seste della grammatica, e di conoscere perfettamente le proprietà d'una favella, riducendola, di parlata ch'ella è (come osserva l' esimio Niccolini), alle condizioni di meramente scritta, o, che è lo stesso, di morta. In generale, altro uf ficio non hanno le mie noticine, che di avvisare le varianze de' testi per la correzione delle lettere già edite ; con quest' ordine però , che se queste sono collazionate con gli autografi , si mostra a pié di pagina l' errore della stampa; se con gli apografi , si dà la correzione nel contesto allora soltanto che la preferita lezione sembri più ragionevole , o più ri traente dal fare dello scrittore, o confermata da più d'un codice , senza che ciò sia per le altre un dichiararle proscritte : e qualora sia presa a scorta la stampa , si recano sem pre in nota le varianti , meno che frivolissime. Ho notati i miei dubbi in alcuni passi di lettere anche inedite ed autografe , né mi sono vergognato qua e là di confessare espres samente di non intendere , anziché nulla toccare di fantasia , e far contro a quello che tanto inculcavasi dal Borghini: doversi andare adagio nelle dubhiezze, ed esser molto mi nore errore lasciare un luogo scorretto in un autore , che impiastrarlo da parer che stia bene. Laonde senza veruno scrupolo ho lasciato qualcosa in bianco, dove la forma del carattere sassettiano, scabrosetto sempre di sua natura, era più inestricahilmente avviluppata , o sottrattasi alla vista perché lacero il foglio, o stinto l'inchiostro; quantunque io non mancassi ancora di tentar le prove dell' altrui occhio e giudizio : di che in particolare son molto grato alla cortese amicizia del sopra lodatissimo Polidori , il quale volle soste ner meco in buona parte la fastidiosa fatica della revisione de' codici. Se, in fine , le mie noterelle si offrono gracili e dilavate, saranno ad esse bastante scusa la povertà di mie forze, e l' esser dettate via via sopra stampa, fra la noia con tinua di dover più volte scompor l'ordine del mio lavoro per venirsi a mano a mano scoprendo , e spesso a caso e a for tuna, altre lettere del Sassetti in certi codici, ove non appariva indizio di rinvenirle per difetto de' cataloghi : cagione massima di ritardamento a questa edizione. Dell' aggiunger che feci un ragionamento del nostro autore sopra il commercio tra i Toscani e i Levantini , e due lettere di Francesco Valori e Giambatista Vecchietti, oltre a quella già edita del Bondelmonti , è parlato a' suoi luoghi ; e stringo il novero delle mie cure con uno Spoglio di voci e modi di dire , e una Tavola delle cose più notabili.I tesori di lingua che sono sparsi in tutte le cent' undici lettere , sarebbero stati raccolti quandochessia in quell’ erario che unico ci resta immune da espilazione straniera; ed ac ciocché venissero tosto adocchiati , ne trassi il fiore a mostra aperta. Bensi protesto di non aver mica osservate le strette regole di lessicografia , tirando fuori le frasi o per intero o sotto i nomi che si acconciano a diverse accompagnature di verhi e di locuzioni avverbiali.Non sempre le dichiarazioni reggeranno a martello , trattandosi , il più , d' indovinare l' ignoto e l' ambiguo : talune che si riferiscono al Discorso del commercio, pubblicato nell'Archivio Storico, erano state fatte dall' egregio Polidori ; parte sono ancora di Crusca , parte fornitemi dai pregiati lavori del sommo Gherardini e del va- lorosissimo abate Manuzzi. Con quella buona intenzione me desima che io ebhi nel correggere alcuna volta gli altrui falli, altri correggano i miei , non commessi giammai con risolutezza di maestro, ma con timidità di discepolo ; e suppliscano color che sanno , alle non poche né da me ignorate imperfe zioni di questo Spoglio , aggiugnendo parecchie voci e ma niere, specialmente proprie della scienza e della mercatura, ché a gittarsi in tutte era un andare nell’ infinito ; e scartandone parecchie altre, che potevano forse lasciarsi indietro per essere fuori del comune uso , quand' anche io stimi necessario il conoscerle , perché i moderni , leggendo gli anti chi, le intendano, non perché scrivendo le adoprino. Tutte quelle che ho scelte, non sono registrate nella quarta impres sione del gran Vocabolario della Crusca, o vi si trovano senza gli opportuni esempi , o con i soli antichi , o di soli poeti , o di più recenti scrittori. Che se i poeti berneschi fossero da taluno riguardati come prosatori a cagione dello stile sem plice e quasi prosaico da essi tenuto , a me non parvero tali , potendo spessissimo avere usata la tale o la tal frase, non tanto per naturalezza di parlare, quanto per necessità de verso o della rima. Ve ne ho messo di quelle, notate ancora dagli ultimi lessicografi che spogliarono le Prose Fiorentine: ma non credo che vi stieno per un di più, essendo che la vecchia lezione della stampa rimane di quasi nessuna validità dopo tanti mutamenti e correzioni; senza poi lo sconcio di far entrare in vocabolario cose dell'altro mondo, com' è seguito di Sozzoso , aggiunto a Vento , che l’ autografo legge a chiare note Forzoso. Di una stessa parola o maniera ho dato più e meno esempi , secondo l' occasioni ; e tra mezzo ad al quante mie avvertenze non pochi esempi anche d' altri per riscontro o confermazione di quelli del nostro autore. Queste sono state le mie cure. Alcune si potrebbe chia marle carezze lussureggianti d' un libro, o, secondo il Foscolo, necessario minuzie, se in efletto non le credesse qual cuno importantissime comodità. E qui ricapitolando i pregi di Filippo Sassetti , si per la leggiadria dello scrivere , come per l' ampiezza del sapere , chiunque è scaldato dal sole ita liano, non potrà non avere nell’ affetto e in altissima opinione un ingegno di tanta eccellenza, e non nutrire i suoi studi di tutto che quel maraviglioso dettò. Se nell'umano consorzio il conversare per lettera è di supremo hisogno , perché disgiunti di luogo ci gioviamo scamhievolmente di beni, e ci annodiamo fraternamente insieme con avvisi utili all' inteletto e alla vita , gli esempi del Sassetti sono tali , che ci mostrano il come si possa compiere quest' ufficio con certa spe ranza di renderci profittevoli e graziosi ad ognuno. Percioc ché parlando egli di svariatissime cose, in ciascuna di esse ci offre il modo di significare con garbo , chiarezza e proprietà di favella i concetti , e di ornare il discorso di soda e non ug giosa dottrina. I bramosi adunque d'informarsi a bella civiltà di vivere e a nohiltà di studi, devono fare di questo libro le lor delizie , il quale si raccomanda potentemente per se me desimo , senz' altro suffragio di parole , alla mente e al cuore di quanti amano la patria letteratura.  Firenze, nell'ottobre del 1855.ETTORE MARCUCCI

 

 

 

  LETTTERA DI BARTOLOMEO FONZIO A FRANCESCO SASSETTI

 

 

 

 

 

"Bartolomeo Fonte al suo amico Francesco Sassetti salute...


Mi hai pregato di dirti qualcosa sul corpo di donna trovato di recente presso la Via Appia. Spero soltanto che la mia penna sia in grado di descrivere la bellezza e il fascino di quel corpo. Se non ci fosse la testimonianza di tutta Roma il fatto sembrerebbe incredibile...Nei pressi della sesta pietra miliare dell'Appia, alcuni operai, in cerca d'una cava di marmo, avevano appena estratto un gran blocco quando improvvisamente sprofondarono in una volta a tegole profonda dodici piedi. Rinvennero colà un sarcofago di marmo. Apertolo, vi trovarono un corpo disposto bocconi, coperto d'una sostanza alta due dita, grassa e profumata. Rimossa la crosta odorosa a cominciare dalla testa, apparve loro un volto di così limpido pallore da far sembrare che la fanciulla fosse stata sepolta quel giorno. I lunghi capelli neri aderivano ancora al cranio, erano spartiti e annodati come si conviene a una giovane, e raccolti in una reticella di seta e oro.
Orecchie minuscole, fronte bassa, sopraccigli neri, infine occhi di forma singolare sotto le cui palpebre si scorgeva ancora la cornea. Persino le narici erano ancora intatte e sì morbide da vibrare al semplice contatto di un dito. Le labbra rosse, socchiuse, i denti piccoli e bianchi, la lingua scarlatta sin vicino al palato. Guance, mento, nuca e collo sembravano palpitare. Le braccia scendevano intatte dalle spalle, sì che,volendo, avresti, potuto muoverle. Le unghie aderivano ancora saldamente alle splendide, lunghe dita delle mani distese; anche se avessi tentato non saresti riuscito a staccarle. Petto, ventre e grembo, erano invece compressi da un lato, e dopo l'asportazione della crosta aromatica si decomposero. Il dorso, i fianchi e il deretano avevano invece conservato i loro contorni e le forme meravigliose, così come le cosce e le gambe che in vita avevano sicuramente presentato pregi anche maggiori del viso.
In breve, deve essersi trattato della fanciulla più bella, di nobile schiatta, del periodo in cui Roma era al massimo splendore.
Purtroppo il maestoso monumento sopra la cripta è andato distrutto molti secoli or sono senza che sia rimasta neanche un'iscrizione. Anche il sarcofago non porta alcun segno: non conosciamo né il nome della fanciulla, né la sua origine, né la sua età"

(trad. dal latino dell'originale in "Collezione Prof. B.Ashmole, Oxford").
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Segue Saxettus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonzio, Bartolomeo

Saxettus 

2. ad Franciscum Saxettum
excusatio, cur poema nullum scribat

Saxette, exemplis veterum quid saepe lacessis?

      Propositum et vitae flectere cogis iter?

Diffugiunt curas Phoebus doctaeque sorores,

      Sollicitant varii pectora nostra metus,

5

Non tamen ingenuas artis studiumue relinquo,

      Otia nec vitae languidiora traho.

Olim principibus fuerat laudanda voluptas

      Undique facundos accumulasse viros,

Muneribus largis sanctos ditasse poetas:

10

      Sic hortos Calabros Ennius emeruit

Flaccus et accepit fundum villamque Sabinam,

      Praedia Vergilius Parthenopea tulit,

Valgius et Varus cum Tucca, maxime Caesar,

      Ornantur titulis muneribusque tuis.

15

Describunt laudesque tuas laudesque tuorum,

      Decantant, valida Martia bella tuba.

Pro dolor, haec ferro venit deformior aetas,

      Qua nullum Latio nobile surgit opus.

Non quia vel desint animi vel pondera rerum,

20

      Nam ferrent vates tempora nostra bonos,

Sed, qualis fuerit quocunque in tempore princeps,

      Esse etiam talis caetera turba solet.

Attamen innumerae si cessent undique curae,

      Describam laudes et tua facta libens,

25

Sit tibi quantus amor patriae studiumque Minervae,

      Quam iusti et recti maxima cura tibi,

Sed modo, cum nostris votis sint numina laeva,

      Non bene distantem pulsat Apollo chelym.

Interea nostri, dulcis Saxette, memento:

30

      Mutua cura tibi, mutuus adsit amor.

Ipse ego te vivens, moriens te semper amabo

      Exanimisque umbris si modo sensus erit.

 

 

5. ad Franciscum Saxettum

Mens erat illustrem Saxettam pandere gentem

      Qualiaque antiquis stemmata ducis avis,

Olim quos Totila saevo Florentia versa

      Sensit in exiguis rebus adesse sibi

5

Sed mihi conanti tanta et cantare paranti

      In somnis visus Delius emonuit:

Desine magnanimam sobolem temerare canendo

      Quantaque Gentiles praelia, quanta Pepus

Gesserit et quantus fuerit Saxone perempto

10

      Saxettus, Carlo cum bene ferret opem.

Tractabis prosa melius Mavortia bella,

      Nunc tuba, nunc litui classicaque, este procul.

Sic ait. Indictum sed te prohibetque vetatque

      Mutuus et certe non reticendus amor.

15

Tu, licet ardenti nunquam te credere Marti,

      Cingere nec fossis oppida cura fuit,

Diversa ratione tamen tutoque meatu

      Ad coelum natis et tibi pandis iter.

Divitias partas non terrae in viscera condis,

20

      Sed gentis patriae vertis in omne decus.

Montugium testis, testis Ghonfentia Tempe,

      Hic bene quaesitas tu bene ponis opes.

Praeteriens Gallus miratur saxula tecta

      Et stupet auratam Celtiber ipse domum.

25

Magna dei genitrix sensit tua dona gehennis,

      Senserunt Tusci, munera coelicolae.

Totque inter curas et tanta negotia semper

      Intendens animum nobilibus studiis,

Quaecunque historici, quicquid, scripsere poetae

30

      Estque Leontina quicquid in arte, vides

Colligis et veterum praecepta et scripta novorum,

      Doctorum releves ut monumenta virum.

Haec tibi me iuvenem sanctissima vincula iungunt,

      Haec tibi me iungent aenea vincla senem.

 

6. ad Franciscum Saxettum
quomodo podagra sit ab Apolline liberatus

Maxima cum fuerim multis tibi cura diebus,

      Tristitiem ut toto pectore dissoluas,

Accipe, post mediam quae vidi oracula noctem,

      Quo certe superi tempore vera monent.

5

Tum mihi per somnum languenti et multa querenti

      Conspicuus forma visus adesse deus.

O quales oculos et qualia pectora habebat,

      Lacteus in roseo corpore candor erat

Et rutilans crinis, tereti cervice fluebat,

10

      Nectebant longas laurea serta comas.

Molliter hic citharam plectro modulatus eburno

      Edidit haec claro dulcia verba sono:

Immerito damnas coelestia numina, Fonti,

      Nam natura sua corpora lege regit,

15

Vincere quam nequeat certis Epidaurius herbis,

      Non Amythaonius Phillyridesque pius.

Quando tamen nostri studium te dulce prehendit,

      Admoveam doctas ille ego Apollo manus.

Ut dixit, cithara posita gravidaque pharetra

20

      Paeonia laxam colligit arte togam

Et fulcro assistens et stragula tenta revolvens

      Fomenta inflatis abstulit a pedibus

Ac summis digitis nervos venasque retractans:

      Artis, ait, nostrae dira podagra fuit.

25

Tum vero ambrosios unguenta aequantia succos

      Prompsit odoratas lecta per Armenias

Cruraque ter fricuit subitoque assurgere iussit:

      Me sopor et morbus destituere simul.

 

12. somnium Theodori Saxetii

Nunc ego crediderim leto non omnia solvi

      Atque animum rapidos non temerare rogos.

Nam cum nec dulces Musae, nec cantor Apollo

      Maerore oppressum solveret ingenium,

5

Viventis facie Theodorus et ore loquentis

      Confectum in somnis talibus admonuit:

Pone, precor, lachrimas et pro me pone dolorem.

      Vestra ego mutavi nam loca, non perii.

Sunt geminae Ditis portae, quarum una nocentes

10

      Accipit. Hanc iuxta Cerberus ore sonat.

Tisiphone interius saevit tristisque Megaera

      Allecto et multo torta ceraste comam.

Sponte alia insontes animas sed porta receptat

      In loca purpureis candida cum violis.

15

Huc me inter cantus et gratos inter amores

      Cyllenae natus vertice dexter agit.

O ego ter felix tanto dignatus honore,

      Ni vestro luctu torquear et crucier.

Nam tuus Elysios penetrat gemitusque parentum

20

      Mique oritur vestro, saepe dolore dolor.

Quare si qua mei tangit vos cura sepulti,

      Desinite ingrato me premere officio

Et Pario nostri memores incidite saxo,

      Qua Rhodanum celerem lenior implet Arar:

25

Saxettus Theodorus amans invisere Gallos

      Accessit Rhodani nobile nomen aquis.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MOTTO DEI SASSETTI

 

MJ • LASCI0 • PORTARE • ALLA • FORTVNA - SPERANDO

ALFIN • D’AVER - BVONA • VENTURA

 

 

 

 

 

 

 

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Il finanziere erudito - rivista

Medioevo n. 216, gennaio 2015

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MARICA MILANESI

Filippo Sassetti

Firenze, La Nuova Italia, 1973

 

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Rossi - UN LETTERATO E MERCANTE FIORENTINO DEL SECOLO XVI. FILIPPO SASSETTI. In Città di Castello, presso S. Lapi Tipografo-Editore, 1899, in-8. br. edit., pp. [6], 166, [2]. 

 

 

 

 

 

 

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