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Storia dei Carnesecchi 1492--1494

 

 

 

 

Piero di Lorenzo dei Medici (1492--1494)

 

 

 

Medici, Piero De’

Dizionario Biografico degli Italiani

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Lorenzo mori' l' 8 aprile 1492 . Fra il 13 e il 16 aprile i Consigli approvarono una legge che accordava a Piero il diritto di succedere nelle cariche di suo padre e lo rendeva eleggibile a tutti gli uffici per i quali Lorenzo fosse qualificato.

Piero di conseguenza prese il posto di suo padre nel Consiglio dei settanta e fra gli Accoppiatori . Infatti senza una norma legislativa specifica egli non poteva essere cooptato dai Settanta e quindi essere eletto Accoppiatore , dato che l'eta' minima per i sostituti dei membri defunti di quel Consiglio era di quarant'anni , mentre Piero ne aveva solo venti alla morte di Lorenzo . Esenzioni analoghe erano state accordate a Lorenzo nel 1466 e di nuovo nel 1471. Le larghe maggioranze con cui la legge venne approvata in tutti e tre i Consigli rivelano la facilita' della successione di Piero. In contrasto con la situazione verificatasi al tempo della morte di Piero di Cosimo, non vi furono ora voci di rivoluzione imminente , ne' riunioni del partito mediceo a favore del suo capo : furono i tre Consigli legislativi che si pronunciarono a favore di Piero, che subentro' a Lorenzo senza fatica

 

 

Da "Archivio delle tratte "

 

Sono questi i momenti fondamentali in cui si sviluppò la politica elettorale di Lorenzo: apparentemente essa fu senz'altro lineare e rispettosa (come già era stata quella di Cosimo) delle norme costituzionali e limitata a pochi avvenimenti esterni (in pratica due soli squittini, nel 1472 e nel 1484), di fatto accentrò tutti gli organi decisionali e tutti i poteri. Anche le cariche che Lorenzo ricopri furono, sì, importanti (egli non fu mai, però, Gonfaloniere di giustizia), ma ben poco direbbero da sole circa l'assoluta supremazia a Firenze, sua e della sua parte: a determinare tale supremazia, dunque, contribuì tutta la sua eccezionale avvedutezza politica. " Si messe nell'animo - scrive il Rinuccini - come quello che era superbissimo e ambiziosissimo, di trasferire in se solo tutta la degnità, potenzia e autorità pubblica, e alfine, come Iulio Cesare, insignorirsi della repubblica " `. Sicché, alla sua morte, l'8 aprile 1492, la situazione fu assai diversa da quella verificatasi alla morte di Piero di Cosimo.

 

Il figlio di Lorenzo, Piero, successe al padre senza difficoltà in quelle cariche che Lorenzo aveva ricoperto. Anche il problema cui doveva far fronte Piero era, come sempre, il mantenimento dell'equilibrio con i principali sostenitori del regime, dai quali dipendeva, in definitiva, la validità dei sistemi dei controlli elettorali. Così, quando, agli inizi di novembre, un gruppo dei Signori si volse contro Piero, trovando rispondenza negli altri, poco significò che quella Signoria fosse stata eletta da accoppiatori che comprendevano lo stesso Piero. Di fronte a Carlo VIII, certamente, Piero dimostrò di non saper affrontare la situazione: la sua fuga dell'8 novembre fu però una mossa imprevedibile per i suoi stessi oppositori, che pensavano ad una riduzione del suo potere piuttosto che ad una totale eliminazione. A quel punto, tuttavia, una restaurazione medicea - Filippo Nerli dice che si guardò a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, quale successore di Piero` diventava insostenibile, come affermò anche il Guicciardini"'.

 

 

 

 

DIARIO FIORENTINO di Luca Landucci

Quarta parte

 

 

 

 

E a dì 8 d'aprile 1492, morì Lorenzo de' Medici a Careggi, a' luogo suo; e dissesi, che sentendo lui le nuove dell'effetto della saetta, così amalato, dimandò donde era cascata, e da che lato. Fugli risposto, e fugli detto; e che disse: Orbè: io sono morto, ch'è cascata verso la casa mia. E forse non ne fu nulla, ma pure si diceva.

E a dì detto, lo recorono in Firenze, la notte alle 5 ore, e messolo in San Marco nella Conpagnia; e quivi stette tutto dì 9, che fu lunedì. E a dì 10, martedi, si seppellì in Sa' Lorenzo, circa a ore 20. Ben può pensare ogniono ch'è la vita umana nostra; questo uomo era, secondo el mondo, el più grorioso uomo che si trovi, e 'l più ricco e 'l maggiore stato, più riputazione. Ogniuno lo predicava che governava l'Italia, e veramente era una savia testa; e ogni suo caso gli riusciva a bene. E al presente aveva condotto quello che per gran tenpo niuno cittadino l'aveva saputo fare: avere condotto el suo figliuolo al cardinalato. E non tanto à nobilitato la casa sua, ma tutta la città. E con tutte queste cose non potè andare più là un'ora, quando venne el punto. E però: uomo, uomo, qual cosa abbiàno noi da 'nsuperbire? El vero atributo umano è la vera umiltà e però ogni volta che noi insuperbiàno, e che noi ci stimiàno più che gli altri, e non riconosciàno da Dio ogni benifizio spirituale, corporale e tenporale; allora usciàno de' termini umani. Ogni cosa ch'esce de' termini sua, quella cosa è guasta, e le cose che gli doverrebbono fare bene gli fanno male. La vera propietà dell'uomo si è la vera mansuetudine e umilità, e stimare Iddio ogni cosa, e' resto nulla, se non in tanto quanto l'à fatta buona Iddio: el quale sia benedetto in etterno da tutte le creature, com'è degno. El quale mi perdoni e miei peccati, e così perdoni al sopradetto morto, come voglio che perdoni a me; e così a tutte le creature umane.

E a dì 20 di maggio 1492, tornò in Firenze el Cardinale de' Medici, e fu in domenica.

E a dì 26 di luglio 1492, morì papa Innocenzio ottavo, in giovedì; e domenica sonò qui per la sua morte, a dì 29.

E a dì 6 d'agosto 1492, fu in Firenze uno adirato tenpo, in tal modo, per buon pezzo, l'aria pareva come fa la girandola quand'ella s'accende; così spesseggiava

di tuoni e baleni: per modo tale che, cessato el tenpo, fu anoverato di quelle che feciono segno evidente, circa a otto saette in Firenze: una in sul canpanile di Santa +, e una in sulla Porta di San Gallo, e una alla Porta al Prato, una alla Porta a Pinti, e i' molti altri luoghi. Non feciono troppo danno, e no' ci morì.

E a dì 11 d'agosto 1492, alle 23 ore, ci fu come el Papa era fatto, e fu fatto un Cardinale, che era Vececancelliere, ed era spagniuolo; e chiamossi Papa Alessandro sesto.

E a dì 12 detto, ci fu el certo in sulla nona; e sonossi le canpane per la sua creazione.

E a dì 7 di novenbre 1492, andorono e nostri anbasciadori a Roma, a vicitare el Papa; e fu uno Piero di Lorenzo de' Medici, e 'l Vescovo d'Arezzo, e Pier Filippo Pandolfini, Francesco Valori, Tommaso Minerbetti. Andorono molto in ordine e massime Piero dei Medici.

E a dì 20 di dicenbre 1492, tornò questo Tommaso Minerbetti, cavaliere per le mani del Papa

E a dì 17 d'agosto 1493, intervenne questo caso ch'un certo marrano, per dispetto de' Cristiani, ma più tosto per pazzia, andava per Firenze guastando figure di Nostra Donna, e in fra l'altre cose, quella ch'è nel pilastro d' Orto Sa' Michele, di marmo, di fuori. Graffiò l'occhio al banbino e a Santo Nofri; gittò sterco nel viso a Nostra Donna. Per la qual cosa, e fanciugli gli cominciorono a dare co' sassi, e ancora vi posono le mani ancora uomini fatti; e infuriati, con gran pietre l'ammazzorono, e poi lo strascinorono con molto vituperio.

E a dì 20 di settenbre 1493, ci fu come 'l Papa aveva fatto cardinali.

E a dì 20 di giennaio 1493, el dì di San Bastiano,

nevicò in Firenze la maggiore neve che si ricordi mai, secondo che dissono e più antichi. E infra l'altre cose mirando, ch'ella venne con certo vento con una bufera, in tal modo, che per tutto 'l dì non si potè mai punto aprire usci, nè bottega, nè finestre di casa. E durò dalla mattina, a l'Avemaria, insino a l'altra mattina a l'Avemaria, che furono 24 ore, che mai cessò punto, senpre colla bufera; per modo tale che non era fesso nè bucolino sì piccolino, che non avessi el monte della neve in casa; nè sì suggellata casa che non fussi sì piena di neve, che si penò più dì a votarle. Vedevi per tutte le vie gittate dalle finestre e monti della neve, che bastorono molti dì, che non poteva passare nè bestie nè persone, in molti luoghi. Ed erono tanta la gran quantità per le strade, che bastò molti dì che non si poteva consumare, come fa qualche volta quando si raguna per fare un lione. Così durorono que' monti, perchè più d'otto giorni durò per la città. Chi lo vide lo crede. El simile fece a Dicomano in villa mia. Mandai Benedetto fra otto dì a votare la casa, che la trovò alta in casa come se non vi fussi stato tetti. E fu in cape d'otto dì. Sicchè fu universale per tutto.

E a dì 29 di giennaio 1493, ci fu, come el Re di Napoli era morto. Alcuni dicevano che gli era morte di maninconia, perchè intendeva tuttavolta che 'l Re di Francia passava.

E a dì 10 di marzo 1493, si gittò dalle finestre del Capitano uno, per fuggire la prigione, e morissi.

E a dì 26 d'aprile 1494, fu sostenuto in Palagio Lorenzo e Giovanni di Piero Francesco de' Medici; e dissesi che vi fu chi voleva che fussino morti, ma non si disse perchè. E a dì 29 detto furono licenziati di

Palagio. E a dì 14 di maggio 1494, andorono a' confini Lorenzo e Giovanni di Pier Francesco de' Medici.

E a dì 4 di maggio 1494, entrò in Firenze 4 anbasciadori franciosi. Aloggiorono in casa che fu di messer Iacopo de' Pazzi.

E a dì 5 detto, andorono alla Signoria; esposono l'anbasciata e ebbono la risposta. E a dì 7 si partirono e andorono a Roma.

E a dì 19 di maggio 1494, fecemo venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, perchè restassi di piovere: fumo esalditi.

E a dì 10 di giugno 1494, venne Arno grosso, in tal modo che coperse di molti grani, e fece un gran danno di sotto e di sopra. E fu tale che niuno di nostri più antico non si ricorda in questo tenpo sì grosso. E venne in sulla sera; fece danno assai a' grani ch'erano come maturi.

E a dì 10 di luglio 1494, ritornorono gl' inbasciadori da Roma, franciosi; rimasene uno in Firenze.

E in questi dì, venne l'armata del Re di Napoli in Porto Pisano, e asediorono la Spezie e Porto Veneri.

E a dì 22 di luglio 1494, andorono di qui anbasciadori a Vinegia che fu Pagoloantonio Soderini e Giovan Battista Ridolfi.

E a dì 5 d'agosto 1494, andò Piero de' Medici incontro al Duca di Calavria, in quello d'Arezzo, a vicitarlo, come si va a vicitare un gran maestro, un signore. Esendo in Firenze gl' inbasciadori del Re di Francia, e chiedendo el passo, e non sendo loro dato così presto, e intendendo questa andata di Piero, presono sospetto che Firenze non fussi amica del Re; secondo che si parlava per la città, e che 'l Re minacciava Firenze. Ed è stato fatica dargli ad intendere che noi siano fedelissimi amici, e che 'l sospetto non era nulla; benchè io non abbi queste cose se non per pubrica boce e fama. E in questi dì, giunse l'armata del Re di Francia a Gienova, e molto si parlava di questo che s'appiccherebono insieme.

E a dì 11 di settenbre 1494, fu rotta l'armata del Re di Napoli a Rapallo da quella del Re di Francia e de'Gienovesi; e non perchè s'appiccassimo insieme l'

armata, ma quella di Napoli, inprudentemente, cavò di galea circa 3000 fanti e mandogli in terra, stimando pigliare Rapallo; e finalmente fu tramezzato loro la via da' Gienovesi e dal Re, e non poterono tornare a galea. Fuggirono verso e monti, e furono tutti presi e morti e tutti spogliati, per modo che rimase l'armata del Re di Napoli disarmata e disfatta.

E a dì 21 di settenbre 1494, ci fu come el Re di Francia era entrato in Gienova, e ch'e Gienovesi gli facevano sì grande onore, parata tutta la città, in tanto ch' avevano posto le porte della città in terra, per più magnificenza e sicurtà del Re. Ma non fu poi vero che 'l Re v'andassi, fu ben vero l'apparato, e che l'aspettavano. Dissesi che non si fidò d'entrarvi.

E a dì 4 d'ottobre 1494, venne in Firenze un secondo inbasciadore del Re di Francia, e andorono alla Signoria, e non ebbono ricisa risposta, ma confusa; in modo isdegnati, che a dì 9 detto si partirono di Firenze, tutt'a due, e ritornorono al Re sanza el passo. Ei qual Re si disse ch'egli aveva giurato di dare a sacco Firenze alla sua giente. D'onde si venissi el non dare el passo volentieri, parve a ogniuno grande stoltizia e pericolo.

E a dì 23 d'ottobre 1494, ci fu come el Duca di Calavria era morto a Napoli, di sua morte, e forse di maninconia; che non fu sanza amirazione che in sì poco tenpo morissi el padre e 'l figliuolo, sotto tanto sospetto di perdere lo stato. Veramente egli era venuto la pienitudine del tenpo, che la mano di Dio lo toccò. Allora si comincia a credere e fermare ogni nostra superbia e così sarà di tutti noi altri. Messer Francesco, che giova soggiogare gli altrui paesi? Iddio ci perdoni e nostri peccati.

E a dì 26 d'ottobre 1494, si partì di qui Piero

de'Medici e andò per la via di Pisa incontro al Re di Francia; e come giunse al Re, gli fece dare le chiavi di Serezzano e di Pietrasanta e anche gli promisse danari. El Re volendo intendere el vero se gli aveva questa comessione, e' venne qui Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, ch'era andato col detto Piero de' Medici, e andò alla Signoria, chè gli fusse dato questa comessione; e nollo vollono fare. E Lorenzo un poco isbigottito non tornò in là: onde Piero fu un poco biasimato. E' fece come giovanetto, e forse a buon fine, poichè si restò amico del Re, a lalde di Dio.

E a dì 29 d'ottobre 1494, e Franciosi presono Fiovizzano per forza, e missolo a sacco.

E a dì 4 di novenbre 1494, andò un bando da parte della Signoria, che ogniuno fussi ubrigato mostrare la sua casa per allogiare e Franciosi. E comandavano che non si toccassi ne cavassi nulla di casa. Non piaque a molti perchè mostravano di avere più pagura che non bisognava; che toccava a loro ad avere pagura, s'e'si fussi cominciato, ancora che fussi male per noi. Ma la mano di Dio non ci fu ned è mai levata di capo, perchè à udito le lacrime e sospiri e preghi de' sua fedeli che vanno in verità, e che tutto 'l giorno lo priegano che facci bene a' buoni e retti di cuore, e che sopra tutte le cose amano l'onore e la groria di Dio e laldallo così nell'aversità, come nella prosperità, e non vogliono nè disiderano altro ch'adenpiere la volontà di Dio.

E a dì 5 di novenbre 1494, certi mandatari del Re di Francia andavano per Firenze, e segnavano le case che più gli piacevano. Andavano in casa, e per tutte le camere, e segnavano, questa per tale signore, e questa per l'altro barone.

E nota ch'elle non furono centinaia ma migliaia, in tanto che tutta la città fu occupata per ogni luogo; che quelle che non erono segnate, quando giunsono le giente dell'arme e la fanteria, occuporono in un tratto tutti e borghi e vie che trovavano drento dicendo: apri qua; e non curavano se era povero o ricco. Davano ad intendere di volere pagare: pochi furono che pagassino. E se pure pagava qualche cosa, pagava le corna e mangiavasi el bue. E fu ancora maggior cosa, che furono pochi che levassino le donne di casa, eccetto che le fanciulle, che furono mandate a'munisteri e a' loro parentadi, dove non era aloggiati. E in vero furono molto onesti, chè non fu solo uno che parlassi una parola disonesta a femine. Avevano pure in secreto una grande paura: tutto 'l giorno dimandavano quanta giente può fare Firenze; e intesono come Firenze, a un suono di canpana, centomila persone tra dentro e di fuori. E'l vero era questo, che gli erano venuti con animo di mettere a sacco Firenze; e 'l Re l'aveva loro promesso; ma non vidono el giuoco pure intavolato, non che vinto. E tutto fece el Signore onipotente.

E a dì 5 di novenbre 1494, si fece qui 5 anbasciadori, che fu Fra Girolamo predicatore dell'Ordine di San Domenico, abitante in San Marco, per patria Ferrarese; el quale noi crediamo che sia profeta, e lui nol niega nelle sue prediche, ma senpre dice da parte del Signore, e predice molte cose. El secondo fu Tanai de'Nerli, el terzo fu Pandolfo Rucellai, el quarto fu Giovanni

Cavalcanti, el quinto fu Piero Soderini; tutti cittadini fiorentini. E andorono a dì detto al Re di Francia ch'era in Pisa.

E in detto dì, ci giugnieva assai Franciosi, ch'era l'antiguardo del Re, aloggiando per le case segnate, che le segnavano col giesso.

E in questa sera circa a ore due, fu sentito in Palagio certi tocchi di canpana. Inmediato fu piena la piazza di giente, intimando suonassi a parlamento; perchè ogniuno era sollevato e in grande timore, aspettando tuttavolta gran cose.

E a dì 8 di novenbre 1494, tornò qui in Firenze Piero de'Medici, che veniva dal Re di Francia da Pisa; e quando giunse in casa, gittò fuori confetti e dètte vino assai al popolo, per recarsi benivolo al popolo; mostrandosi avere buono accordo col Re; e mostrossi molto lieto.

E in detto dì, e Signori mandorono un bando che, insino che stessi el Re in Firenze, non pagassi gabella nè legne, nè camangiari veruno; e 'l vino pagassi a mezza gabella; e che ogniuno potessi vendere e fare taverna.

E a dì 9 di novenbre 1494, in domenica, circa a ore venti che sonava vespro, Piero di Lorenzo de'Medici volle andare alla Signoria in Palagio, e voleva menare seco e sua fanti armati. E non volendo la Signoria se non lui sanza arme, non vi volle andare solo, e tornossi a dietro. E poi ritornava pure in piazza. E in questo cominciò a venire giente in piazza, e in un momento si cominciò a gridare in Palagio Popolo e libertà, e sonare a Parlamento, e gridare dalle finestre Popolo e libertà. E inmediato, venne in piazza el gonfalone del Bue, e dietro a lui venne Francesco Valori a cavallo, con alcuni altri cittadini a cavallo, tutti gridando Popolo e libertà; che fu el primo che venissi in piazza. E immediatamente, non passò un'ora, che fu in piazza tutti e gonfaloni e tutti e cittadini. Fu piena la piazza d'arme con grandissime grida Popolo e libertà. E benchè non s'intendessi pe'popolo che si volesse dire tanta novità, nondimeno a casa Piero de' Medici non v'andò molti cittadini. Andoronvi e Tornabuoni e anche qualch'altri cittadini, e vestironsi l' arme con molti fanti, che lui aveva ordinati, e uscirono nella via alla sua porta, gridando Palle. E Piero montò a cavallo per venire in piazza colla sua giente; e più volte si mosse e poi stava fermo. Credo che non si vide accompagnato da troppi cittadini, e anche gli dovette esser detto che la piazza era piena di cittadini armati. E in questo, el Cardinale suo fratello si mosse da casa, con molti fanti e con que' cittadini che v'erano, e venne giù pe' Corso insino in Orto Sa' Michele, gridando Popolo e libertà come gli altri; mostrando partirsi da Piero. E in effetto se gli fece inanzi la piazza, mostrandogli le punte con grande grida, chiamandogli traditori, e no'gli vollono acettare. Tornossi indietro non sanza pericolo. E inmediato andò un bando, che ogni forestiere posassi l'arme, a pena delle forche, che n'andò uno al Canto della Macina, e un altro di poi nella Via de' Martegli, apresso al Chiassolino; a pena delle forche, chi dessi aiuto o favore a Piero de'Medici. E in questo tenpo vedesti abandonare Piero de'Medici d'alquanti, e posare l'arme. Chi si partiva di qua e chi di là, in modo che rimaneva con pochi. Onde el detto Piero si partì e andò verso la Porta a San Gallo; la qual porta aveva fatta tenere aperta da Giuliano suo fratello, con molti fanti e di fuori. E di fuora, aveva el signor Pagolo Orsini con cavagli, armato, per venire drento. No'gli parve tenpo; e aspettò Piero, e parve loro d'andarsene con Dio, e Giuliiano co' lui. El povero Cardinale, giovanetto, si rimase in casa, e io lo vidi alle sue finestre colle mani giunte ginocchioni, raccomandandosi a Dio. Quando lo vidi m'inteneri' assai; e giudicai che fusse un buon giovane e di buona ragione. E veduto partire Piero, si disse che trasvestì come frate, e ancora lui se n'andò con Dio. E in questo tenpo mandorono un bando in piazza, che chi amazzava Piero de' Medici guadagniassi dumila ducati, e chi amazzava el Cardinale n'avessi mille. E in questo tenpo uscì di piazza di molti fanti, che fu co' loro Iacopo de'Nerli; e andorono a casa ser Giovanni di ser Bartolomeo, e missonlo a sacco. E poi si volse la turba, e gridavano Antonio di Bernardo, e missolo anche lui a sacco, e così missono a sacco el Bargiello. Senpre multipricava la giente e 'l popolo per andare a rubare. E questo fu fatto inanzi fussi 24 ore, che fu ogni cosa in manco di 4 ore. Onde la Signoria mandò un bando, che non si mandassi a sacco più case, a pena delle forche. Onde tutti e gonfaloni andorono tutta notte per Firenze alla guardia della città, gridando senpre Popolo e libertà, con torchi acesi, in modo che non si fece più male; ecetto che fu morto un certo famiglio del Bargiello in piazza, che gridò Palle. E in questo tenpo, Girolamo di Marabotto Tornabuoni e Pierantonio Carnesecchi, e altri di quella parte si rivolsono e gridavano Popolo e libertà come gli altri. E volendo entrare in piazza, fu volto loro le punte e menato loro per modo che le corazze gli salvorono; e andoronsi con Dio. Vero è ch'a Girolamo Tornabuoni gli fu cavato la corazza in Orto Sa'Michele, e raccomandandosi, gli fu salvato la vita. E Giovan Francesco Tornabuoni fu ferito nella gota malamente: si ritornò a casa. E nel prencipio del fatto e Franciosi, ch'erano aloggiati in Firenze, alcuni andorono co' l'arme dalla parte di Piero e gridavano, francia. Credo che fussino avisati ch'ell' era fra cittadini e cittadini, e che non facessino contro al Palagio, ch'egli errerebbono: e così feciono. Tornorono a casa e sanza arme s'andavano per la città.

 

 

 

 

 

fuga di Piero dei Medici da Firenze (1494)

.......quando Piero per riscaldare gli amici aveva in palagio, e credendo nessuno avessi animo di vietargli lo entrare, cogli staffieri sua e gran numero di armati, armato ancora egli, benché sotto el mantello, ne venne al palagio; e quivi sendogli risposto che se voleva entrare entrassi lui solo e per lo sportello, sbigottito vedendosi perduto lo stato, si ritornò a casa. Dove come fu giunto, intendendo che e' signori inimici sua chiamavano el popolo, e come el popolo si cominciava a levare gridando: "viva popolo e libertà", e di poi sendogli per uno corriere de' signori notificato come e' signori l'avevano fatto rubello al quale partito concorsono gli amici sua per paura e quasi sforzati per conforto di chi gli era apresso, montato a cavallo prese la via di Bologna. Uditosi Piero essere stato ributtato dal palagio, si mosse solo in suo favore el Cardinale e Pierantonio Carnesecchi e' quali con armati ne vennero verso piazza; ma di poi intendendo che el popolo multiplicava contro a Piero e che lui era stato fatto rubello e si partiva, ognuno si ritirò a casa, ed el Cardinale in abito di frate si uscí sconosciuto di Firenze;

 

 

 

La resa di Piero a Carlo VIII non era piaciuta ai fiorentini.

Odiavano il figlio di Lorenzo lo chiamavano il fatuo e con questo nomiglolo anche la storia lo adotto'. Ma forse Piero lo dovette solo o soprattutto alla sfortuna .Non aveva che vent'anni quando gli piombo' sulle spalle una responsabilita' cui suo padre non l'aveva preparato. Bel ragazzo dal corpo d'atleta , un po bighellone e avventato ma abbastanza colto grazie alla pedagogia del Poliziano sapeva improvvisare versi con una certa facilita' e soprattuto era un campione nel gioco del calcio , nella sassaiola , nella scherma e nella giostra. Tutto questo avrebbe potuto farne un idolo della sportiva gioventu' fiorentina come gia' lo era stato suo zio Giuliano assassinato dai Pazzi, se egli non vi avesse portato una protervia che i suoi concittadini con squisito patriotismo addebitavano al sangue romano di sua madre Orsini.

All'opposto di Lorenzo gran maestro nell'arte di perdere , Piero voleva sempre vincere . E questo gli valse un aureola di alterigia che era proprio la piu' pericolosa in una citta' come Firenze dove il successo per farsi perdonare deve ammantarsi di modestia. I Medici avevano sempre praticato questa virtu' e proprio alla loro mancanza di ostentazione avevano dovuto la loro perdurante fortuna Piero faceva onesti sforzi per fingerla . Al re di Napoli , che gli offriva un feudo ed un titolo nobiliare nel suo regno , rispose : <<Io non son degno di si grande onore , ne' voglio esser barone >>. La risposta fu apprezzata in quella citta' borghese . Ma fu addebitata piu' all'orgoglio che all'umilta'. Erano tuttavia difetti di gioventu' da cui avrebbe potuto emendarsi , se ne avesse avuto il tempo . Ma gli eventi lo misero subito di fronte ad una situazione che sarebbe stata un duro banco di prova anche per il padre ed il bisnonno.

Anzitutto la dissestata situazione patrimoniale . I Medici avevano sempre amministrato con la stessa accortezza la cosa pubblica e quella privata , ben sapendo che la ricchezza senza il potere era cosa malsicura , ma il potere senza la ricchezza impossibile. Il Magnifico per magnificenza , aveva derogato abbandonandosi a liberalita' sproporzionate , ma soprattutto convertendo quasi tutta la sua sostanza in terre che , impegnandolo molto meno gli consentivano di dedicarsi interamente alla politica e alla cultura .Le fattorie che lasciava al figlio erano splendide ma non rendevano come la banca e le industrie quasi interamente liquidate.

Ancora piu' minacciosa era la situazione politica a cominciare da quella internazionale.

<<La pace d'Italia e' finita >> aveva esclamato Innocenzo VIII alla notizia della morte del Magnifico che l'aveva costruita con un capolavoro d'accortezza , di pazienza e di tatto ,sulla difficile concordia dei cinque Stati piu' potenti. Ma era appunto una pace che si reggeva solo sulle doti del suo tessitore . Di queste doti il figlio Piero era privo. Alla notizia della calata dei Francesi invece di prepararsi alla difesa cerco' di comprare Carlo VIII con duecentomila fiorini , e ci riusci . Ma i fiorentini non gli perdonarono quella codardia , e quando Piero torno' da Sarzana dove era andato a incontrare il re di Francia , gli sbarrarono le porte di Palazzo vecchio e lo costrinsero ad abbandonare in fretta e furia la citta' . Poi decisero di darsi una nuova costituzione.

( da Indro Montanelli : Storia d'Italia )

 

 

 

Presenza politica dei Carnesecchi nel periodo

 

 

 

Gonfalonieri di Giustizia nel periodo

5

1495

1

54

0

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1496

1

51

0

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1496

1

51

0

MARIOTTO

ANTONIO

CARNESECCHI

 

 

Priori delle Arti nel periodo

5

1494

8

1

0

PIERANTONIO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

 

 

 Buonuomini e Gonfalonieri di Compagnia nel periodo

6

1493

12

1

0

MARIOTTO

ANTONIO

PAOLO

BERTO

CARNESECCHI

5

1494

12

9

0

BASTIANO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

5

1494

12

9

0

BASTIANO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

 

  

Consoli delle Arti nel periodo

6

1493

26

5

0

BASTIANO

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1493

26

2

0

GIOVANNI

MANETTO

CARNESECCHI

6

1493

26

1

0

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1494

6

1

0

AMERIGO

SIMONE

CARNESECCHI

6

1494

26

1

0

ANDREA

BERNARDO

CRISTOFANO

CARNESECCHI

6

1494

26

5

0

FRANCESCO

MATTEO

CARNESECCHI

6

1494

26

5

0

FRANCESCO

PIERANTONIO

CARNESECCHI

 

 

 

 

 

 

Personaggi di rilievo nel periodo

 

 

 

 

Pierantonio di Francesco di Berto di Zanobi di Berto di Grazino Carnesecchi

 

Individuo di notevole importanza , mercante in Francia e politicamente rilevante prima e dopo la cacciata di Piero : amico del Machiavelli sara' commissario generale della Maremma durante la guerra per la riconquista di Pisa , a lui sono indirizzate molte missive dei Dieci per la guerra

 

1 volta priore nel 1494

 

 

 

Nel 1488 era venuta a Livorno Isabella d'Aragona ,figliola di Alfonso duca di Calabria, che andava a moglie al duca di Milano .La signoria di Firenze mando' subito ad accoglierla tre ambasciatori che furono ricevuti a grande onore. Ma, dice l'Ammirato (Istorie Fiorentine) << restarono nondimeno di gran lunga addietro a Piero dei Medici, che mandato privatamente dal padre in compagnia di Pierantonio Carnesecchi e di Alessandro Nasi, fu in tutte le cose riconosciuto a guisa di principe. >>

 

 

 

 

 

 

fuga di Piero dei Medici da Firenze (1494)

.......quando Piero per riscaldare gli amici aveva in palagio, e credendo nessuno avessi animo di vietargli lo entrare, cogli staffieri sua e gran numero di armati, armato ancora egli, benché sotto el mantello, ne venne al palagio; e quivi sendogli risposto che se voleva entrare entrassi lui solo e per lo sportello, sbigottito vedendosi perduto lo stato, si ritornò a casa. Dove come fu giunto, intendendo che e' signori inimici sua chiamavano el popolo, e come el popolo si cominciava a levare gridando: "viva popolo e libertà", e di poi sendogli per uno corriere de' signori notificato come e' signori l'avevano fatto rubello al quale partito concorsono gli amici sua per paura e quasi sforzati per conforto di chi gli era apresso, montato a cavallo prese la via di Bologna. Uditosi Piero essere stato ributtato dal palagio, si mosse solo in suo favore el Cardinale e Pierantonio Carnesecchi e' quali con armati ne vennero verso piazza; ma di poi intendendo che el popolo multiplicava contro a Piero e che lui era stato fatto rubello e si partiva, ognuno si ritirò a casa, ed el Cardinale in abito di frate si uscí sconosciuto di Firenze;

 

 

Dopo esser stato probabilmente espulso da Firenze

Rientra per occupare importanti incarichi a Livorno e nella Maremma

Di lui avremo modo di parlare piu' avanti

 

 

 

Bernardo di Francesco di Berto di Zanobi di Berto di Grazino

 

 

 

 

Bernardo de Carnesecchis lettere a Piero di Lorenzo

Da Napoli, 1493 gen. 24,n.85

Da Napoli, 1493 ott.19,n.148

A Firenze.

Ministero dell’Interno Pubblicazioni dell’Archivio di Stato  ARCHIVIO   DI   STATO   DI   FIRENZE ,II. Archivio Mediceo avanti il Principato Volume primo, Roma 1966

Non puo' essere Bernardo di Cristofano sarebbe troppo vecchio

Non puo' essere Bernardo di Andrea troppo giovane

 

 

 

 

Lo ritroveremo insieme ad altri Carnesecchi tra i seguaci del Savonarola

 

 

 E' ufficiale estrinseco in molte localita' della Toscana

 

 

Sotto lo stemma di Bernardo di Francesco Carnesecchi nel palazzo Vicariale di Certaldo

 

 

Importanti le imprese nell’inquartatura dello sfondo circolare : nei cartigli si leggono le frasi mutile: "SVPRIS DEV[…]S[…]T" e nel secondo: "[…]PRIS […]S RES[…]T

la bellissima fotografia dello stemma di Bernardo di Francesco e le notizie relative mi sono state fornite dal dottore architetto Filippo Gianchecchi autore di una tesi di laurea legata al Palazzo dei Vicari : "Il palazzo Vicariale di Certaldo: un edificio pubblico attraverso modifiche, trasformazioni e restauri" dott. Arch. Filippo Gianchecchi, Relatrice Prof. Arch. Daniela Lamberini Università di Firenze, facoltà di architettura, dipartimento di restauro e conservazione dei beni architettonici.

 

 

 

 

 

Mariotto di Antonio di Paolo di Berto di Grazino

 

 

Non ho per il momento alcuna notizia su di lui

Suppongo sia il padre di Giovanni

 

 

 

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ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia