Storia dei Carnesecchi 1494--1532

 

http://digilander.libero.it/gasparo

pierluigi18faber@libero.it

 

 

 

E' pero' durante gli anni che seguono la caduta dei Medici , che i Carnesecchi parteciperanno con piu' intensita' alla vita pubblica forti , forse , del prestigio acquistato negli anni di Cosimo e di Lorenzo . In questi anni alcuni Carnesecchi si ergono a protagonisti delle vicende della Repubblica

 

 

 

Sono questi i momenti fondamentali in cui si sviluppò la politica elettorale di Lorenzo: apparentemente essa fu senz'altro lineare e rispettosa (come già era stata quella di Cosimo) delle norme costituzionali e limitata a pochi avvenimenti esterni (in pratica due soli squittini, nel 1472 e nel 1484), di fatto accentrò tutti gli organi decisionali e tutti i poteri. Anche le cariche che Lorenzo ricopri furono, sì, importanti (egli non fu mai, però, Gonfaloniere di giustizia), ma ben poco direbbero da sole circa l'assoluta supremazia a Firenze, sua e della sua parte: a determinare tale supremazia, dunque, contribuì tutta la sua eccezionale avvedutezza politica. " Si messe nell'animo - scrive il Rinuccini - come quello che era superbissimo e ambiziosissimo, di trasferire in se solo tutta la degnità, potenzia e autorità pubblica, e alfine, come Iulio Cesare, insignorirsi della repubblica " `. Sicché, alla sua morte, l'8 aprile 1492, la situazione fu assai diversa da quella verificatasi alla morte di Piero di Cosimo.

 

Il figlio di Lorenzo, Piero, successe al padre senza difficoltà in quelle cariche che Lorenzo aveva ricoperto. Anche il problema cui doveva far fronte Piero era, come sempre, il mantenimento dell'equilibrio con i principali sostenitori del regime, dai quali dipendeva, in definitiva, la validità dei sistemi dei controlli elettorali. Così, quando, agli inizi di novembre, un gruppo dei Signori si volse contro Piero, trovando rispondenza negli altri, poco significò che quella Signoria fosse stata eletta da accoppiatori che comprendevano lo stesso Piero. Di fronte a Carlo VIII, certamente, Piero dimostrò di non saper affrontare la situazione: la sua fuga dell'8 novembre fu però una mossa imprevedibile per i suoi stessi oppositori, che pensavano ad una riduzione del suo potere piuttosto che ad una totale eliminazione. A quel punto, tuttavia, una restaurazione medicea - Filippo Nerli dice che si guardò a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, quale successore di Piero` diventava insostenibile, come affermò anche il Guicciardini"'.

 

E la Signoria, su proposta della Pratica, abolì l'11 novembre le classiche manifestazioni istituzionali del regime mediceo: il Consiglio dei Settanta, quello del Cento, gli Otto di pratica". Questa abolizione fu confermata da un parlamento convocato il 2 dicembre, che stabilì un nuovo squittinio, da tenersi alla fine del 1495. Intanto le elezioni della Signoria erano per un anno affidate a venti accoppiatori, eletti dalla Signoria e dai Collegi. Non vi fu, dunque, un istantaneo ritorno alle elezioni per tratta per una ragione precauzionale, in quanto le borse erano quelle dello squittinio del 1484: ciò avrebbe significato l'elezione di una Signoria favorevole ai Medici, e che quindi avrebbe sicuramente richiamato Piero a Firenze`.

 

 

Storia di Firenze riferimenti cronologici Anni dal 1494 al 1530

1494

Fine del potere di Piero Medici

1494--1498

repubblica Savonarola

1499--1502

repubblica

1502--1512

repubblica Pier Soderini

1512--1527

potere di Alessandro dei Medici

1527--1530

repubblica

 

 

gonfalonieri di giustizia nel periodo

5

1495

1

54

0

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1496

1

51

0

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1496

1

51

0

MARIOTTO

ANTONIO

CARNESECCHI

5

1497

1

1

0

PAOLO

SIMONE

BERTO

PAOLO

CARNESECCHI

5

1500

1

1

0

PIERO

SIMONE

PAOLO

CARNESECCHI

5

1517

1

4

0

ANTONIO

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1526

1

1

0

ANTONIO

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

 

Priori nel periodo

6

1495

8

54

0

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1495

8

51

0

ANDREA

LUCA

CARNESECCHI

6

1495

8

51

0

BERNARDO

FRANCESCO

CARNESECCHI

10

1496

8

54

0

PAOLO

SIMONE

CARNESECCHI

5

1496

8

51

0

PAOLO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1496

8

1

0

PIERO

SIMONE

PAOLO

CARNESECCHI

5

1499

8

1

0

BERNARDO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

5

1502

8

1

0

ZANOBI

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

10

1504

8

1

0

MATTEO

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1507

8

1

0

GIOVANNI

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1509

8

1

0

ANTONIO

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1511

8

1

0

GIOVANNI

LEONARDO

GIOVANNI

CARNESECCHI

5

1515

8

1

0

BERNARDO

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1515

8

5

0

FRANCESCO

GIOVANNI

ANDREA

CARNESECCHI

5

1515

8

5

0

GIOVANNI

LUCA

ANDREA

CARNESECCHI

5

1517

8

5

0

ANDREA

BERNARDO

ANDREA

CARNESECCHI

6

1518

8

5

0

ALESSANDRO

BERNARDO

ANDREA

CARNESECCHI

5

1518

8

5

0

ZANOBI

LORENZO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

5

1519

8

1

0

BERTO

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

5

1519

8

5

0

SIMONE

ANDREA

PAOLO

CARNESECCHI

5

1521

8

1

0

MARIOTTO

ANTONIO

PAOLO

CARNESECCHI

5

1521

8

5

0

MICO

ANDREA

PAOLO

CARNESECCHI

5

1521

8

5

0

PAOLO

ANDREA

PAOLO

CARNESECCHI

5

1522

8

5

0

BASTIANO

BERNARDO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1522

8

5

0

GIULIANO

GHERARDO

GIULIANO

CARNESECCHI

5

1522

8

5

0

NICCOLO

COSIMO

PIERO

CARNESECCHI

5

1524

8

5

0

BARTOLOMEO

ZANOBI

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1525

8

43

0

ALESSANDRO

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

6

1528

8

1

0

SIMONE

PIERO

SIMONE

CARNESECCHI

10

1530

8

1

0

ANDREA

PAOLO

CARNESECCHI

 

 

Buonuomini e Gonfalonieri di compagnia nel periodo

6

1495

16

51

0

ANDREA

LUCA

CARNESECCHI

6

1495

16

51

0

ANTONIO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1495

16

51

0

BERNARDO

FRANCESCO

CARNESECCHI

6

1495

12

51

0

BERTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1495

16

54

0

CARLO

CRISTOFANO

CARNESECCHI

10

1495

12

1

0

PAOLO

SIMONE

PAOLO

CARNESECCHI

10

1495

12

51

0

PAOLO

SIMONE

CARNESECCHI

10

1495

12

54

0

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

10

1495

16

54

0

ZANOBI

SIMONE

PAOLO

CARNESECCHI

10

1496

16

51

0

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1496

12

54

0

GIULIANO

CARNESECCHI

5

1496

12

51

0

PAOLO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1496

12

54

0

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

10

1497

12

1

0

BERNARDO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

10

1498

12

1

0

ALESSANDRO

BERNARDO

CRISTOFANO

CARNESECCHI

5

1501

16

1

0

ZANOBI

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1504

12

1

0

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1505

16

1

0

BERTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1506

12

1

0

SIMONE

PIERO

CARNESECCHI

5

1507

12

1

0

GHERARDO

GIULIANO

CARNESECCHI

5

1509

12

1

0

IACOPO

MATTEO

CARNESECCHI

5

1510

16

1

0

BERNARDO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1513

16

1

0

BERNARDO

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1514

12

5

0

ANTONIO

MARIOTTO

ANTONIO

CARNESECCHI

5

1514

12

5

0

CARLO

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

5

1514

12

5

0

FRANCESCO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

5

1514

12

1

0

MARIOTTO

NICCOLO

PAOLO

CARNESECCHI

6

1516

12

1

0

MANETTO

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1517

16

1

0

FRANCESCO

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1520

12

1

0

BERNARDO

ANDREA

BERNARDO

CARNESECCHI

5

1523

12

1

0

ANTONIO

MANETTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1524

12

5

0

CARLO

BERTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1524

12

5

0

GIANBATTIST

ZANOBI

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1524

12

5

0

LORENZO

BERTO

ZANOBI

CARNESECCHI

5

1525

12

5

0

AMERIGO

BERNARDO

FRANCESCO

CARNESECCHI

5

1525

12

1

0

COSIMO

PIERO

SIMONE

CARNESECCHI

5

1525

12

43

0

RAFFAELLO

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

6

1527

12

1

0

RIDOLFO

ANTONIO

MANETTO

CARNESECCHI

5

1529

16

1

0

FRANCESCO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

5

1531

12

1

0

ANDREA

PAOLO

SIMONE

CARNESECCHI

 

 

Carnesecchi consoli delle Arti e dei sei di mercanzia nel periodo 1495--dicembre 1497

Mi mancano i dati dal 1498 al 1532

 

 

 

6

1495

26

43

0

ALAMANNO

CARNESECCHI

6

1495

26

43

0

ALAMANNO

CRISTOFANO

CARNESECCHI

6

1495

6

1

0

ALESSANDRO

BERNARDO

CARNESECCHI

6

1495

26

1

0

BERNARDO

FRANCESCO

BERTO

CARNESECCHI

6

1495

26

5

0

FRANCESCO

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

6

1495

26

5

0

GIANBATTISTA

ANDREA

CARNESECCHI

6

1495

25

43

0

SIMONE

AMERIGO

CARNESECCHI

6

1496

26

5

0

AGOSTINO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

6

1496

26

5

0

ALESSANDRO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

6

1496

26

5

0

ALESSANDRO

ZANOBI

SIMONE

CARNESECCHI

6

1496

25

9

0

AMERIGO

SIMONE

CARNESECCHI

6

1496

25

5

0

FRANCESCO

GIOVANNI

ANDREA

CARNESECCHI

6

1496

6

1

0

MARIOTTO

ANTONIO

PAOLO

CARNESECCHI

6

1496

26

1

0

PAOLO

BARTOLOMEO

CARNESECCHI

6

1496

26

5

0

PIERFRANCESCO

ANDREA

CARNESECCHI

6

1497

26

43

0

ALAMANNO

CRISTOFANO

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

ALESSANDRO

PIERANTONIO

SIMONE

CARNESECCHI

6

1497

24

5

0

ANDREA

PAOLO

SIMONE

CARNESECCHI

6

1497

26

1

0

ANTONIO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1497

25

5

0

BERNARDO

PIERANTONIO

FRANCESCO

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

BERTO

MATTEO

CARNESECCHI

6

1497

25

5

0

COSIMO

PIERO

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

FRANCESCO

ZANOBI

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

GABBRIELLO

MATTEO

MANETTO

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

GIANBATTISTA

CARNESECCHI

6

1497

26

5

0

PIERFRANCESCO

ANDREA

CARNESECCHI

6

1497

23

5

0

PIERO

ALESSANDRO

BERNARDO

CARNESECCHI

6

1498

26

43

0

ANTONIO

MANETTO

CARNESECCHI

codice

 Arte

 

 

6

 Mercanzia

 

 

23

 Cambio

24

 Lana

25

 Seta

26

Arte dei medici e degli speziali

28

 Beccai

 

 L'esame dei dati mette in chiara evidenza come ci sia sempre una prevalenza di iscritti nell'arte dei medici e degli speziali

Questo ci permette di immaginare che dovremmo trovare tracce dei Carnesecchi nelle matricole di quell'arte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BANCO CARNESECCHI

a Lione nel 1515

 

 

Su Internet trovo sul sito http://www.archives-lyon.fr/fonds/cc/004.htm questa cosa curiosa :

anni 1515 - 1516

Nommées ou dénombrement des biens meubles et immeubles possédés par les habitants de Lyon (1515 - 1516)

Nommées, du côté du Royaume ou de Fourvières.

- Requête des Lyonnais au roi François ler, portant que " pour avoir remède et provision, ainsi que de raison et équité estoit requis et nécessaire, parce que en esgallant les deniers qui estoient mis sus en la dicte ville et faulxbourgs de Lyon, combien que en esgallant iceulx deniers équalité y deust estre gardée et observée et la cotisation d'iceulx faicte, le fort portant le foible ; toutes foys, au moyen de ce que de longtemps (1493) n'avoit esté faicte visitation de la valeur et facultez des dictz " manans et habitans, ains estoient les dictz cotisations et papiers faictz de plus de vingt ans ; depuis le quel temps les ungs sont parvenuz à grans biens, meubles, terres et "possessions, les autres ou leurs enfans et héritiers sont diminuez. Aussi la dicte ville et faulxbourgs d'icelle, lieux et villaiges se sont peuplez et autrement tellement, que les dictz anciens livres, terriers, papiers et chartreaux, contenans les dictz habitans et leurs héritiers, biens et possessions, ne soient de présent à la réalle vérité. Ains, au moyen d'iceulx, avec plusieurs faultes et abbuz qui se y pourroient commectre en délaissant plusieurs des dictz héritiers à mectre et asseoir ès dictes cotisations, estoyent les aucuns, riches et puyssans, soullaigez, et les autres foullez et oppressez, " etc._ Lettres patentes de Louise, duchesse d'Angoulême, etc., régente de France pendant l'absence du Roi, son fils, alors en Italie, portant nomination de commissaires chargés de la réfection ou renouvellement des Nommées de la ville de Lyon, et conférant à ces agents le pouvoir de " reffaire les dictz papiers ; registres et chartreaux, déclaration et spécification des biens, tant meubles que héritaiges ruraulx, marchandises, practiques, possessions et facultez des dictz manans, es dictz ville et faulxbourgs de Lyon, en quelque lieu qu'ilz soient possédez par les dictz manans et habitans, tant en la dicte ville que aux pays de Lyonnois, à ce que désormais les dictes cotisations, tant des dictz octrois que autres, qui seront besoing, requis et nécessaire mectre en la dicte ville, soient mys et assis justement et esgalement, en esgard aus dictz biens, facultez et possessions, ainsi que faire se doit, " etc. _ Les commissaires désignés par la Régenté étaient : Pierre Chauvet, docteur en droit canon et civil, juge ordinaire de Lyon ; Clément Mulat, aussi docteur ; Jacques de Baileux ; , receveur des Aides ; Cathelin ou Catherin Thuard, Jean Bardin, Claude Regnaud, Jean de Villars, Philibert Muret, Louis Giraud et Jean Riboud. (Ces nouveaux documents étant en quelque sorte les mêmes que ceux qui précèdent, puisqu'ils ont servi à les établir, on n'a point insisté longuement sur leur contenu, dont on a déjà cherché à dégager, par l'analyse, les parties les plus saillantes, à divers points de vue.) _ Le ténement de la recluserie de Saint-Epipoy " contient une chapelle, maison haulte et basse, tenement à tenir boys et autres aysances et jardin. Inquilin : messire Jacques Brachet, recluz ; " _ Laurent Esparyn, florentin, courtier ; la veuve et les héritiers de Jean Guigo, épinglier, " tenans train d'espinglerie. Et pour ce et pour leurs meubles et pratique 12 livres ; " (Le quartier de Bourgneuf était le centre de cette industrie, qui avait atteint un grand développement, à Lyon ) _ Jean Grivel, " faiseur d'aulnes. " Meubles et pratique 12 livres ; _ Guillaume Furgeron, armurier ; _ maître Léonard Pomard, médecin. Meubles et pratique 15 livres ; _ maître Philippe Ardoyn, chirurgien. Meubles et pratique 30 livres ; _ Geoffroy Nesmo, " faiseur de bonnetz de velours. " Meubles et pratique 24 livres ; _ Gabriel de Russy, armurier, " tient la boutique où se fait l'armeurerie, estant sous les degrez " de la maison des frères Ravier, en la rue de Bourgneuf. Le futur armurier des rois François Ier et Henri II logeait alors, de sa personne, dans une maison de la grande rue Saint-+loi, appartenant à Jean et à Antoine Grolier. Ses meubles et pratique sont estimés 100 livres ; _ Claude et Jean Vignon, gaîniers. Les meubles de l'un sont prisés 24 livres, ceux de l'autre valent 36 livres ; _ Lazare Janson, armurier ; _ Pierre Paul, lapidaire, habite l'hôtellerie de l'Aide-d'Argent ou de la Verpe, en la rue de la Triperie-Saint-Paul ; _ Zanobis Bertholin (Bertolini ?) et ses associés, florentins. Meubles et pratique 1,000 livres ; _ François Serviati (Salviati ?) et Nardini, banquiers, et leurs associés. " Heu regard à leur train, extimé leur meuble et pratique 2,000 livres tournois ; " _ Jean de Salustres, " pour la compaignie de Calnessegui " (Carnesecchi?). Meubles et pratique 500 livres ; _ Urbain Parenchi, " pour la compagnie de Bonvize (Bonvisi). Heu regard à leur grand train de meubles et pratique, 2,500 livres tournois ; " _ Pierre de La Tour, " homme d'armes, " tient, en la cour de l'Angèle, rue de ce nom, une maison haute et basse, estimée 15 livres par an, qu'il habite seul ; _ Jean de Tours, marchand bonnetier, " faisant le train de Milan. " Meubles 200 livres, etc.

 

 

 

Ricevo da

Cyril Royer

http://generoyer.free.fr

 

 Chiedevo : sto cercando tracce della presenza Carnesecchi di Firenze in Francia

 

Your second item, come from the website from the archives from the town of Lyon (I live in a town next to Lyon). It is a kind of inventory of what does the people have in their house in Lyon. Jean de SALUSTRES seems to work for the Carnesecchi bank campagny in Lyon at 1515. I saw there is a book about the florentine in Lyon written in 1895. I can go to see it in the library of Lyon; but I don't have the time before one or two months. I'll try to read it in this summer.

Your two last items are books you can find in a french association doing about italian genealogy. You can find their adresse or mail at the main page from their website : http://www.geneaita.org/

 

 

H de CHARPIN_FEUGEROLLES LES FLORENTINS A LYON 1894 pagina 71 

 

 

 

Picot Emile Ordine Nuccio

 

(introduction) - Les Italiens en France au XVIème siècle
Roma: Vecchiarelli editore, 1995, 144 p., In-8°, ISBN 88-85316-61-1, Rist. anas. dell'ed. Bordeaux, 1918. Index., FRE
Patronymes Acciaiuoli; Acquaviva; Alamanni; Alberi; Alberti; Albizzi; Altoviti; Anselme; Anthinory; Antinori; di Antonio; de Aragon; Ariosto; d'Aumale; d'Auton; Azallo; Badalocchi; Baglioni; Balbani; Bandini; Bartoli; Bartolommei; Baschet; Bassompierre; Baudrier; Bellarmato; de Bellievre; Bembo; Benci; Bernardini; Bettoni; Bini; da Birago; Boneto; Bongi; Bonsi; Brancaccio; Brantome; Brucioli; Brunet; Buonaccorsi; Buondelmonte; Buonvisi; Burlamacchi; Caccianemici; Cambi Importuni; Cambi; Camillo; Canossa; Cantelmo; Caorsins; Capillupi; Cappelli; Cappello; Capponi; Caraccioli; Caracciolo; Caraffa; Carli; Carnesecchi; Carpi; Castiglione; Castiglioni; Cattani; Cavalcanti; Cavriani; Cei; Cellini; Cenami; Centurione; da Ceri; Charles IX; Charles Quint; Charles VII; Charles X; Charles d'Anjou; Charpin Feugerolles; Cherriere; Cimber; Cionacci; Clement VII; Cocconato; Colonna; Concini; Condé; Contarini; Conti; Corbinelli; Cornaro; Corsini; Corte; Cossa; Craviani; da Cremona; Cristo; Crotto; Cusano; Danjou; Dei; del Barbigia; del Bene; del Benino; del Carretto; dell'Abate; dell'Anguillara; della Casa; della Mirandola; della Palla; della Robbia; della Rovere; della Scarperia; des Jardins; Dorico; du Bellay; Ducci; d'Este; Fantuzzi; Farnese; Fieschi; Fontanella; Foscari; François I; François II; Frangipani; Fregoso; Frescobaldi; Fugger; Gadagne; Gaddi; Gallina; Gambino; Gazzetta; Giacomini; Ginori; Giolito; Giovio; Giraldi; Girolami; Giusti; Giustiniani; Gondi; Gonzaga; Guadagni; Guidi; de Guise; Henri II; Henri III; Henri IV; Imperatori; l'Estoile; de Laborde; Lamagna; Litta; Louis XII; Maggi; Mannelli; Marini; Martelli; Martini; Massei; Mazzucchelli; Mecatti; de Medici; Mei; Mellin; Mellini; Mercoliano; Micceri; da Milano; Mini; Minuti; de Monluc; da Montemerlo; Montmorency; Moreri; Moreto; Morosini; di Morra; Muzio; Nardini; Nasi; Negri; Negroli; Niccolucci; Nobili; Noceto; Orlandini; Ornano; Orsini; Paganino; Pallavicini; Pancheti; Panciatichi; Pantaleoni; Passerini; Pazzi; Penni; Perrot; Petitot; Petrucci; Pico; Pierrevive; Pinard; Piovene; Pitti; Primataccio; Pucci; Raimondi; Ramelli; Rangone; Renieri; Richardot; Ridolfi; Rinieri; Rinuccini; Rippe; Rondinelli; Rossi; Ruccellai; Ruggieri; Rustici; Saettone; Sali; Salvatori; Salviati; San Severino; San Vitale; Sandonini; Sansovino; Santa Croce; Saracini; Sardini; Saroldo; Scarlattini; de Selve; Serlio; Serristori; Sertini; Sforza; Simeoni; de Simiane; Solario; Solerti; Sormani; Spina; Spinelli; Strozzi; Susio; Tasso; Tavel; Tedaldi; Tiraboschi; Tosinghi; Tremezzi; Trissino; Trivulzi; Trivulzio; Turchet; Turchetto; Uguccioni; Gouchonni; Urbino; Valois; Vasari; Venturi; Verazzano; Vimercati; Visconti; Vitelli; Zametti; Zamet
Mots-clés Biographies; Emigration et Immigration; 16è siècle; Métiers Banquier; Banquiers; Métiers Diplomate; Diplomates; Militaires; Métiers typographe; Typographes; Métiers traducteur; Traducteurs; Métiers artiste; Artistes; Espions
Aires
géographiques
Francia; France; Alsace; 67; 68; Aquitaine; 24; 33; 40; 47; 64; Auvergne; 03; 15; 43; 63; Normandie; 14; 50; 61; 27; 76; Bourgogne; 21; 58; 71; 89; Bretagne; 22; 29; 35; 56; Centre; 18; 28; 36; 37; 41; 45; Champagne; 08; 10; 51; 52; Corsica; Corse; 20; Franche Comté; 25; 39; 70; 90; Languedoc Roussillon; 11; 30; 34; 48; 66; Limousin; 19; 23; 87; Lorraine; 54; 55; 57; 88; Midi-Pyrénées; 09; 12; 31; 32; 46; 65; 81; 82; Nord-Pas de Calais; 59; 62; Pays de Loire; 44; 49; 53; 72; 85; Picardie; 02; 60; 80; Poitou Charentes; 16; 17; 79; 86; Provence-Alpes-Côte d'Azur; 04; 05; 06; 13; 83; 84; Ile de France; 75; 91; 92; 93; 94; 95; 77; 78; Rhône-Alpes; 01; 07; 26; 38; 42; 69; 73; 74
Localisation Ancêtres Italiens/Bibliothèque, Paris : 8° ITA 149

 

 

 

dossier CARNASEQUI n 2 e 3 repertorio manoscritto di E. PICOT conservato alla Biblioteca Nazionale di Francia

 

 

 

 

 

 

Dubost Jean Francois Roche Daniel

 

(Préf.) [1935-....] - La France italienne XVIè-XVIIè siècle
[Paris]: Aubier, 1997, 524 p., cartes, listes, 22 cm(Aubier Histoires), ISBN 2-7007-2276-0, En appendice, choix de documents. Bibliogr. p. 464-465, FRE
Sommaire 1ère partie L'IMMIGRATION
Chap.1-Les immigrés 1.Immigration 2.De François 1er à Louis XIV: évolution d'un flux migratoire 3.De Palerme à Turin: les origines géographiques 4.De la robe cardinalice au manteau d'historien: les statuts sociaux. Une immigration de luxe. Vers une immigration plus populaire
Chap.2-Idéologie et politique 1.Figures de l'immigration politique "Fuorusciti". Le refuge religieux. Fidélité aux lys. Immigration militaire. Immigration artistique 2.France et Italie: un malentendu historique? Renoncer au roi aux trois couronnes. Le renversement d'un rapport intellectuel.
Chap.3-Economie et savoir-faire 1.Immigration et capitalisme commercial 2.Immigration et capitalisme financier 3.Immigration et savoir-faire. Architectes et ingénieurs. Manufacturiers de la soie. Verriers. Le spectacle italien. Maîtres d'armes et voltigeurs. Médecine et modes italiennes
2ème partie CONSTITUTION DE LA FRANCE ITALIENNE
Chap.4-Partir et s'installer 1.Les liens con servés avec l'Italie. Liens politiques et familiaux. La langue. Lettres et cadeaux 2.Le départ. Le voyage. Les candidats au départ. Traditions d'émigration 3.L'installation. Chapelles et sépultures. Les auberges. Hôtels aristocratiques et résidences marchandes. Des quartiers italiens? l'exemple parisien 4.Bourgeoisies et naturalité françaises. La naturalisation. Les droits de bourgeoisie
Chap.5-Les colonies italiennes 1.Caractéristiques générales de l'implantation 2.Implantation suivant les axes et pôles commerciaux La Provence et Marseille Lyon Autres pôles d'implantation 3.Les colonies du clientélisme. Dans le Sud, autour des évêques. Le pays Nantais. Nevers
Chap.6-Solidarités italiennes 1.Existe-t-il une solidarité italienne? 2.Solidarités familiales et népotisme. Familles
3ème partie QUO NON ASCENDANT?
Chap.7-La finance
Chap.8-La noblesse
Chap.9-L'église et l'Etat
Chap.10-L'argent
4ème partie LA FRANCE ET SES ITALIENS
Chap.11-La haine
Chap.12 -Echec à l'insertion?
Chap.13-Les Italiens français 1. Mariages. Mariages italiens et mariages mixtes
ANNEXES 1. Généalogies: Este, Birague, Bonsi, Corbinelli, Dadiacetto, Acquaviva, Doni, Gondi (de France), D'Elbène, Sardini, Particelli
2.Cristallisations sociales
3.Les Italiens dans les maisons royales: Ecclésiastiques, Gentilshommes, Dames et Demoiselles, Conseil, secrétaires, Valets de chambres, Portemanteaux, Femmes de chambre, Pensionnaires, Artistes et gens de metiers, médecins, Autres
4.Evêques d'origine italienne
Sources et bibliographie
Résumé Ses recherches portent sur l'histoire politique et culturelle des XVIè et XVIIè siècles ainsi que sur les relations entre l'Etat et les étrangers à l'époque moderne (XVIè-XVIIIè siècle) (l'éditeur).
A noter quelques noms de familles francisés:
Belgiojoso en Beaujoyeux,
Benedicti en Benedetti,
Berthier en Bertier,
Bioule en Bieules,
Buonvisi en Bonvisi,
Capponi en Chapponay,
Ducci en Desducs,
Falconi en Faucon,
Fanucci en Fanuche,
Fregoso en Fregose,
Galeassi en Galeasse,
Guicciardini en Guichardin,
Pellotti en Pellot,
Ricci en Rize,
Rugieri en Rogieri,
Sertini en Sertin,
Turicella en Touriselle.
Patronymes Louis XIV; Accaiolo; Acquaviva; Adamol; Aguesseau; Airoldo; Alais; Alamanni; Albert d'Autriche; Albertas; Alberti; Albertin; Albizzi; Albret; Alciat; Alciato; Alemand; Alençon; Alexandrini; Altoviti; Amboise; Ammirato; Amonio; Anastazie; Andreossi; Androuet; du Cerceau; Arcona; Aretino; l'Arétin; d'Argouges; Arlean; Arnolfini; Artault; Atri; Aubery; d'Aubigné; Auger; Bacquet; Baglioni; Balbani; Balbiani; Baldini; Ballere; de Balzac; Bambi; Bandello; Bandinelli; Bandini; Bandonini; Barberini; Barbigia; Barbin; Bardi; Barelli; Baroni; Barthelomin; Bartoli; Bartolini; de Bason; Bassi; Bassompierre; Battucostre; Bautru; Beaujoyeux; Belgiojoso; Belando; Bellarmato; de Bellièvre; Bellinzani; Belluso; Benagli; Benciveni; Benedetti; Benedicti; Benedetti; Benjamin; Bentivoglio; Bephano; Bernardi; Bernin; Berti; Bertier; Berthier; Bertin; Bertoni; Berzeau; Bestin; Besye; Bèze; de Béthune; Beuvron; Biancolelli; Bichi; Bidio; Bidossan; Bieules; Bioule; Bignon; Bimbi; Birague; Bizzari; Blanc; Bocardo; Bodegari; Boet; Bohier; de Bologne; Bololigni; Bonardi; Bonfa; Bonsi; Bonvisi; Buonvisi; Bordoni; Bossuet; Bossut; Botero; Botti; Bouchet; Bouchon; Bouillon; Bourbon; Penthièvre; Bourbons; Bourdillon; Bourdin; Bracciano; Brandano; Brantôme; Bressieu; Briçonnet; Brissac; Brochart; Broco; Broggia; Broglie; Broglio; Bruno; Bruscoli; Budos; Bullant; Buonaccorsi; Buonaviti; Buondelmonti; Burlamacchi; Busquette; Butti; Caffieri; Calendrini; Camotte; Campanella; Canigiani; Cantarini; Canton; Capilupi; Caponi; Cappe; Capponi; Chapponay; Caracciolo; Caratti; Caravaggio; Cardon; Caretto; Carli; Carmeline; Carnesecchi
Mots-clés Emigration et Immigration; Intégration sociale; 16è siècle; 17è siècle
Aires
géographiques
Francia; France; Alsace; Aquitaine; Auvergne; Normandie; Bourgogne; Bretagne; Centre; Champagne-Ardenne; Franche-Comté; Languedoc-Roussillon; Limousin; Lorraine; Midi-Pyrénées; Nord-Pas de Calais; Pays de la Loire; Picardie; Poitou-Charentes; Provence-Alpes-Cote d'Azur; Ile de France; Rhône-Alpes; Italia; Italie; Abruzzo; CH; AQ; PE; TE; Basilicata; MT; PZ; Calabria; CZ; CS; KR; RC; VV; Campania; AV; BN; CE; NA; SA; Emilia-Romagna; BO; FE; FO; MO; PR; PC; RA; RE; RN; Friuli-Venezia Giulia; GO; PN; TS; UD; Lazio; FR; LT; RI; RM; VT; Liguria; GE; IM; SP; SV; Lombardia; BS; BG; CO; CR; CR; LC; LO; MN; MI; PV; SO; VA; Marche; AN; AP; MC; PS; Molise; CB; IS; Piemonte; AL; AT; BI; CN; NO; TO; VC; VB; Puglia; BA; BR; FG; FG; LE; TA; Sardegna; CA; NU; OR; SS; Sicilia; AG; CL; CT; EN; ME; PA; RG; SR; TP; Toscana; AR; FI; GR; LI; LU; MS; PI; PO; PT; SI; Trentino-Alto Adige; BZ; TN; Umbria; PG; TR; Vallée d'Aoste; AO; Veneto; BL; PD; RO; TV; VE; VR; VI
Localisation Ancêtres Italiens/Bibliothèque, Paris : 8° ITA 160 1/5

 

 

 

 

 

 

 

 

D'Arienzo Luisa

 

La presenza degli italiani in Portogallo al tempo di Colombo
Roma: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria di Stato, 2003, 931 p., [22] c. di tav., ill., 31 cm(Nuova raccolta colombiana; 14), ITA
Patronymes Acciaioli; Adorno; Affaitati; Alberti; Albuquerque; Amadori; Anes; Avis; Baccioli; Baldini; Bardi; de Barde; Bembo; Berardi; Beringel; Bertoldi; Boccanegra; Bonesene; Boni; Borgogna; Borromei; Bossoni; Bragança; Buondelmonti; Calvo; Cambini; Cancelmo; Carducci; Carnesecchi; Cassana; Cattaneo; Cavalcanti; Centurione; Colombani; Colombo; Corbinelli; Corte; da Colle; da Melato; da Noli; Danti; da Palma; da Porto; del Giocondo; de Marini; da Melato; di Negro; Doria; Eanes; Fantoni; Fernandes; Fieschi; Forbim; Frescobaldi; Gentile; Ghinetti
Mots-clés Marchands florentins; Marchands génois; Navigateurs
Aires
géographiques
Italia; Liguria; GE; Genova; Toscana; FI; Firenze; Portogallo; Lisbona; Spagna; Sevilla; Indie 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

STORIE FIORENTINE DAL 1378 AL 1509

Francesco Guicciardini

 

Successe a questa signoria gonfaloniere di giustizia per gennaio e febraio Piero di Simone Carnesecchi, uomo bonario, ma di poca esperienzia e giudicio nelle cose dello stato; a tempo del quale, trovandosi la città sanza danari, sanza forze e soldati, ed el popolo in modo strano ed ostinato a non prestare fede a' suoi cittadini, che non voleva fare provisione alcuna, si trovava la città in gran disordine: da una banda el contado di Pisa in pericolo grande ed esposto a essere tutto di corso da' pisani, da altra le cose di Pistoia in modo infiammate ed infistolite, che si dubitava che una parte non si gittassi in collo al Valentino, massime quegli di drento. A' quali inconvenienti non potendo riparare la signoria, chiamò con animo grande una pratica di circa quaranta cittadini de' principali, e ragunatigli insieme, propose loro in che termini si trovassi la città, e che loro, per la affezione portavano alla patria, volevano consiglio in che modo s'avessi a riparare, disposti a seguitare tutto que[llo] fussi consigliato dalla pratica. E fu la proposta loro di natura, che si comprese che e' concorrebbono ancora, quando cosí paressi a quegli cittadini, a levare via el consiglio grande

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di una monaca (Suor Margarita di Martino ) a Fra Jeronimo Savonarola (Nozze Carnesecchi-Bini). Florence, ~ 898. Borghigiani, Benedetto Maria.

JSTOR: When Saints Fall Out: Women and the Savonarolan Reform in ...

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Carnesecchi sostenitore del Savonarola

 

 And he not only offended private individuals, but contrived, at the very beginning of his reign, to so thoroughly disgust all the Italian princes, that Florence speedily lost the proud pre-eminence Lorenzo had gained for her. Even the most pressing affairs of state were entirely neglected by Piero, whose sole concern was to find opportunities for increasing his personal power, and who daily swept away some of the semblances of freedom, which the Magnificent had so shrewdly preserved, and to which the people were still so attached. Hence, there were growing murmurs among the bulk of the citizens, and a hostile party had been already formed, and was continually gaining fresh recruits from the ranks of those who, in Lorenzo’s time, had been staunch adherents of the Medici. A presentiment of coming change was already in the air, and there was a growing desire and necessity for a change of some sort, inasmuch as Piero, being forsaken by men of good repute, was obliged to lean more and more upon untried and incapable persons.

Meanwhile the multitude assembled in increasing numbers round the pulpit of Savonarola, who was now considered the preacher of the party opposed to the Medici. That Lorenzo, on his deathbed, should have wished to confess to him had infinitely raised him in the estimation of all those admirers of the prince, who were now alienated by the violence and uncertain policy of his son. And the lower classes, on their side, were beginning to recall how Savonarola had once predicted to several influential citizens, * in the Sacristy of St. Mark’s, the approaching death of Lorenzo, the Pope, and the Neapolitan king. One part of this prophecy had been almost immediately fulfilled; and another seemed about to come to pass.

* These citizens were: Alessandro Acciaioli, Cosimo Rucellai, and Carlo Carnesecchi. As we have before stated, this prediction is mentioned by many writers (vide Note 2, to page 131); and Savonarola frequently alluded to it in his sermons.

( Life and Times of Girolamo Savonarola by PROFESSOR PASQUALE VILLARI )

 

 The four girls named in the visitation record were the sisters Maddalena and Ginevra di Carlo Carnesecchi…………….

 

Cf. G. Barbieri, Industria e Politica Mineraria nello Stato Pontificio dal ‘400 al ‘600 (Rome, 1940), especially 15–115, and M. di Carlo et al., La Società dell’Allume. Cultura Materiale, Economia e Territorio in un piccolo borgo

(Venice, 1984). In 1505 Antonio Segni, together with Carlo Carnesecchi, was granted by the pope, freedom to exploit all kinds of minerals in the papal States, including alum. (AV, Arm. XXIX, 62, c. 110–111, 25 June

1505). Cavalcanti’s alum trade is documented in 1514 when the confiscation of a cargo of this substance by the Duke of Suffolk led to Leo X’s repeated intercession with the king, cf. J. S. Brewer (ed.), Letters and Papers,

Foreign and Domestic of the Reign of Henry VIII (Vaduz 1965), Iii, passim. In April 1519 Cardinal Giulio de’ Medici reported to Wolsey that Cavalcanti had suffered losses in the alum trade in England (LP, IIIii, 182).

 

 

 

 

 

 

Giovanni di Leonardo Carnesecchi sostenitore del Savonarola

 

 

Deputazione di storia patria per la Toscana ( Dalla rivista Archivio Italiano ) Anno CLX - 2002 592 - aprile-giugno

http://www.storia.unifi.it/asidspt/ASI/Abstracts%20-%202002/592-Zuliani.htm

Nuovi processi a sostenitori del Savonarola nell'aprile 1498

Dario Zuliani ha scoperto nell'Archivio di Stato di Firenze, dopo oltre 500 anni dalla condanna a morte del Savonarola e della sua esecuzione, i documenti di altri due processi contro dei sostenitori del Savonarola, di cui si ignorava completamente l'esistenza :
- la lunga dichiarazione, autografa, di Giovanni Carnesecchi, scritta, dopo il suo interrogatorio, il 24 aprile 1498;
- la deposizione, anch'essa autografa, scritta da Francesco Alfani, nell'ambito del processo a Bartolomeo Ciai, lo stesso 24 aprile.

La scoperta è importante per varie ragioni :
1) è la prima che viene ad arricchire, dopo oltre un secolo e mezzo, la conoscenza sui documenti processuali relativi al Savonarola e ai suoi seguaci, andando ad aggiungersi ai processi contro i savonaroliani riemersi, dallo stesso archivio, nella prima metà dell'Ottocento;
2) consente, con la dichiarazione di Giovanni Carnesecchi, di integrare le conoscenze su due importanti vicende in cui il Carnesecchi fu particolarmente coinvolto :
- la sottoscrizione di cittadini fiorentini a favore del Savonarola, nell'estate del 1497;
- il rifornimento di armi al convento di San Marco, nei giorni precedenti all'assalto, tra la fine di marzo e l'inizio di aprile del 1498;
3) offre, con la deposizione di Francesco Alfani, l'unica precisa testimonianza dell'esistenza di un processo anche nei confronti dell'ufficiale delle tratte, Bartolomeo Ciai, uno dei più importanti funzionari della Repubblica fiorentina, permettendo di comprendere anche lo scopo di una deposizione già nota, quella del "comandatore" Tommaso;
4) permette di confermare e di integrare la conoscenza delle procedure seguite in quel complesso processo, concluso nel mese di aprile, che coinvolse decine di imputati e che proprio il 24 aprile, sotto la direzione del notaio Francesco di Barone, più noto come "Ser Ceccone", visse uno dei suoi giorni più intensi e determinanti.
Dario Zuliani esamina i testi dei nuovi documenti e ne evidenzia l'importanza per capire le ultime vicende savonaroliane e la situazione processuale un mese prima dell'esecuzione del Savonarola, avvenuta a Firenze, in Piazza della Signoria, il 23 maggio del 1498.

 

 

Un Giovanni di Leonardo Carnesecchi figura sul sito

http://www.lettere.unifi.it/mdi/Archivio/Indice%20dei%20copisti/Indice%20copisti%20C.html

Come copista di non so quale libro

Ritengo possa trattarsi dello stesso implicato nel processo

 

 

*****************************************************************************************************************************

Ricevo dal dr Paolo Piccardi

 

Bibl. Riccardiana Firenze 1185

Secolo XV

Cronaca Universale

Questo libro è di Lionardo di Giovanni Charnesechi proprio.

Ho trovato alla Riccardiana:

Ricc. 1185

Miscellanea composta di 6 volumi

Alcune pagine di mano di Lionardo di Giovanni Carnesecchi

Riproduzione Tavola CXIII in "Manoscritti datati d’ Italia – 3"

Sismel – Ed. del Galluzzo

Ricc. 1185

Miscellanea composta da 6 volumi

Nel secondo volume a pag. 52: Questo libro è di Lionardo di Giovanni Carnesecchi). Idem a pag. 4. Da pag. 1 a pag. 52 la mano è quella del Carnesecchi.

 

 

Alla Riccardiana c’ è anche:

Ricc. 1345

Sermoni e prediche

Questo libro è di Lionardo di Giovanni Carnesecchi

 

 

*****************************************************************************************************************************************************************************************************************

 

 

 

 

ASF- Filza 625- Rosselli Sepoltuario fiorentino

Chiesa di San Marco- stemma 147

 

Descrizione:

 

Accanto al detto presso L’ Altare del Martini, chiusino tondo di marmo de Carnesecchi con loro Arme et Inscrizione.

Di Giovanni di Leonardo Carnesecchi e suorum.

 

 

Importante e' notare :

Liste specchiate rispetto alle precedenti:( ho specchiato come esempio lo stemma sopra riportato)

Le bande partono con oro, segue azzurro, oro, azzurro, oro, azzurro.

( Contributo di Roberto Angelo Segnini )

 

puo' essere che semplicemente sia avvenuto un ribaltamento del lucido con conseguente ribaltamento del disegno sul manoscritto : occorrera' verificare la lapide 

 

 

 

 

SEGUACI DEL SAVONAROLA SECONDO LA CRONACA DI SIMONE FILIPEPI

Firmatari dell'appello a Papa Alessandro VI a favore del Savonarola

 

 

Tra essi 4 Carnesecchi

 

Gio. di Simone Carnesecchi 

Giovan di Lionardo Carnesecchi 

Zanobi di Francesco Carnesecchi

Bernardo di Francesco Carnesecchi

 

 

 

 

Al medesimo papa Alessandro VL

B. _'° Pater. /_oi, cittadini infraszriptl, a eola'oboratione delle sopradette cose, a Vostra Santita' per gli detti reIigiosi

et venerandi Padri esposte et narrate, attestiamo essore la sincera et indubitata verit£ che dalla dottrina del detto P.

f. Girolamo, nolla nostra citt_ prodicata, non la destrutione ma la vera salute et pace sempre _ proceduta. Per la qual

cosa, con ogni debita humilt_, preghiamo Vostra SantiCh. Si degni il detto Padre dalle dette censure liborare, come Ii

soprascritti religiosi et venerandi Padri piamento a quella hanno supplicate. I1 che per la sua solita clemenza facendo,

siamo eertissimi, non solo la gloria ot honore di Die dovemo risultare_ ma la salute et spirituale et corporale, con la universal

pace et vera unione, di tutta la nostra et rostra citt_.

 

 

I noml de' quall cittadini, cho tal e_sa attastaaao et confermano di propria mane ¢iascuno eli lord, in presenza di

noi sottoscritti, song questi, cio_: m. Agamennone Mariscotti 1 da Calvi cavaliere et dottore, et Pot_st_. di Fiorenza; m. Domenico Bonsi ;

m. Bartholomeo Ciai; _ m. Antonio Benivieni; m. Francesco Ambroglni; s m. Francesco Gualterotti: m. Girolamo Bonagrazia: m. Enea

della Stufa; Piero dl Francesco Bettini; _ Stefano di Giovanni Parenti; I:orenzo Buondelmonte; Francesco di Bernardo

Manelli; Francesco di Filippo Rinuccini ; Thomaso di Puecio Pudci; Bcrnardo di Bcltramo Guasconi; m. Piero di Salvatore Aldobrandini;

Gasparro di Jacomo da Diacceto ; m. Bartholomeo l_dditi; m. Baldo Inghirami: m. Iacopo degli I4eredi; Francesco di Francesco Davanzati;

Piero di Lionardo Capelli; Oliviero di Simone Guadagni; Lappo di Iacopo Mazzci; Anton Francesco di Bartholomeo Scali; _Francesco Valori;

Giovanni del Nero Cambl; Tadeo Gaddi ; Bertoldo di Bartholomeo Corsini; Bernardo di Baldassar Bonsi : Neri di Filippo Rinuccini ;

Alessandro di Carlo Ruc_llai; Lorenzo di Antonio Ruceltai; Bartholomeo di Pandolfo Pandolfini; Piero di Andrea Masi; _ ser 7 Nicolb Michelozzi;

Andrea di Ant. Cambini; s Paolo di Ant. del Giocondo; Carlo di Lorenzo Strozzi; Giannozzo di Antonio Pucci; Alessandro di Bel-nardo Salviati:

Bernardo '_ di GiG. Ugolini: Francesco di Filippo del Pugliese; Carlo di Lionardo del Benino; Matheo di Nofri del Caccia; Domenico Federighi;

Mariotto di Piero Rucellai; Piero di Lhcantonio degli Albizi; Antoniodi Giovanni Giugni; GiovaDni di Gianozzo Vettori; GiG.Battista di Fran. Giovanni:

Thomaso di Paolo Morelli; Giullano di Plero Panciatichi ; INicolb di Matheo Sachetti ; Carlo di Adigieri Biliotti : Nicolb di Thadeo; Piero dl Zanobi Strozzi :

GiG. di Ant. Tornaquinci; Benedetto di Paolo Portinari ; GiG. di Jac. di Dine dim. Ghuccio; Rinieri di Franc. Tosinghl; Geri di Zanobi del Testa Girolaml;

Biagio di Bonacorse "¢elluti : Schiatta di Nicolb Ridolfi; Carlo di Franc. Bisdomini; Niccolb di Niccolb Giunta Bindi; Lorenzo di GiG. Tornaboni;

Agnolo di Sinibaldo Buono di Dee; Filippo di Antonio

t _tIa_settL. "_' Marl.

2 Cal. 7 II atg_loT".

5 A_ob_.ogl. _ ('ar_tbfrlt.

, Botto_i. '_ Brando.

:, ScalchL

 

Lorini; R_nieri di Fran. Bagnesl; Allessandro di Fran. Caccini; Matheo di Franoesco Neretti; Iac. di Lorenzo Orlandini;

Ruberto di Paguozzo Ridolphi: Fran. di Lorenzo Davanzati; Bartholomeo di Gherardo Guardl; Gio. di _kut. Minerbetti;

Bernardo di Inghilese Ridolphi; Alessandro di Gino Ginori: Gio. di Tedlci degli Albizzi; Ant. di Jacomo Berlinghieri;

Leonardo di Benedetto Strozzi; Camlfio di Nicolb Buonvanni; Bartholomeo di Gio. Orlandini; Otto di Fran. Sapiti;

Gio. di Simone Carnesecchi; Piero di m. l Simone Cinozzi; Benedetto di Nicolb Baonvanni; Alessandro di Fran.

Nasi; Lionardo di Antonio Cambini; Giannozzo di Bernardo Salviati; Gio. Battista Ridolphi; Fran. Gio: Orlandini; Girolame

di Gino Ginori; Deifebo di Francesco della Stufa: Gio. Battista di Thomasso Ceffi; Giacomo di Alessandro Lappaccini;

Aldobrandino dl Brunette di Aldobrandino; Zanobi di Agnolo Gaddi; Pierre Paolo di Romolo di Bartolo; Thomasodi Silvestro Spini;

Bartholomeo di Pagnozzo Ridolfi; Gio. di Agnolo Perini; Alesso di Fran. Baldovinetti; Simone di Mariano Filipepi; Marcello di Lionardo Vernacci;

Alessandro di Gio. Rondinelli; Bernardo di Benedetto Ciciaporci; Mazzeo di Gio. Mazzei; Piero di Fran. Mascalzoni: Francescodi Nicolb Buonvanni;

Cosmo di Piero di mastro Bettino; Giovan di Lionardo Carnesecchi; Lionello dl Gio. Bonl; Gio.di Matteo Nelli; Piero di Andrea Puccini;

Lionardo di Gio. da Empoli; Bernardo di ser : Gio. Martini; Piero di Beraardo " Mazzei; Nicolb di Guardo Guardi;3 Giovanni Battista di Jacomedall'Ancisa;

Gino di Lorenzo Orlandini; Fran. di Aut. de' Pucci ; Ant. di Miglioro Gaidotti; Anton Fran. Vernacci ; Bernardino Bartoli; Cesare di Giannozzo Stradl;

Fran. Di Gio. di Buonaeorso Pitti; Gio. di Fran. Becchi; Gio..Batta di Lapo di Diacetto; Gio. di Fran. Doni; Fran. di Torrigiano Torrigiani;

Ottaviauo di Gerardino Gerardini; Thomaso di Scolaro Ciacchi; Valeriano di Piero 4 di Y.mca; Raffaello di Ant. Ubaldini: Girolamo di Luigi Soderini;

Andrea di Biagio Guiducci; Piero di Daniello Dazzi; Andrea di Zanobi Guidotti; Pier Francesco di Giorgio Ridolfi; Beruardo di Nicolb Cambini;

Cante di Gio. Compagni; s Thomaso di Folco Portinari; Lorenzo di'Fran. Amadori; Giovanni Battista di Nie-_colb Bartholini; Filippo di" Lor6nzo Gualterotti; Antonio di

I ?nae._tt'o. 4 l_,OS_j,o.

2 del stg. b _o_j_attI.

:l GarUo Ga_vl_.

 

Filippo Tornabuoni; Simone di Bernardo del Nero; Piero di Anfrione Lenzi; Girolamo di Fran. Inghirami; Christofano di Giuliano Brandolini;

Guido d'Antonio Cavaleantl; Paolo di Zanobi Benintendi; Bornardo di Alamanno de'Medici; Bernardo di Franceseo Vettori;

set 1 Lorenzo di Giovacehino Guasconi;" Simone di Antonio Canigiani; Lorenzo di l_rancesco Ciai; Marehionne Dazzi; Raffaello di l_icolb Boneiani;

Giovanni di Fran. Inghirami: Francesco di Giovamli Portinarl; Giovanni di Doflb Arnoldl; Alessandro di Antonio Pucci ; Pandolfo di Berto do' Bardi ;

Antonio di Thomaso Martlni; Lorenzo di Gio. Bartoli; Girolamo di Paolo Foderighi; Paolo di Davizo Davizi; Domenico di GabHello Cioni; ser. _Ugolino Vieri;

Piero di Bernardo Adimari; Noferl 3 di Piero de' Rossi ; Bartholomeo di Bertoldo Corsini; l_icolb di Franceseo Cambini; Raffaello di Battista Strozzi;

Neri di ser *Piero Ghucci ; Raffaello di Giuliano Viviani ; Nicolb del Baono Rinuhcl; Bartholomeo di Puccio Pueci; Thadeo di Bernardo dall'Antella;

Giovanni di Lorenzo Scolari; Benedetto di l_rancesco Biancardl; Jaeomo dl Scholaro Ciacchi; Maso di Bartholomeo degli AIbizi;

Pier Francesco di Francesco Thosinghi; Battista di Berto da Filicaia; Francesco di Gio. Sapiti; Antonio di Dom. Peruzzi; Francesco di Pier Fran. Tosinghi;

Raffaollo di Alfonso Pitti: Francesco di Guido Cambi ; Bernardo di Stefano Segni; Carlo Ginori; Thomaso Martelli; Gio. Batta Boni; Antonio di Torriglano Torrigiani;

Michele di Carlo Strozzi; Francesco da Sommaia; Girolamo di Agostino Mazinghi; _ Girolamo di ser GPaolo Benivieni; Jacomo di Bartholomeo di Boccaccio;

Thomaso di Paolo Pasquini; Ubertino di Geri Risaliti; Adoardo di Simone Cortigiani; Andrea di Nicolb de'Libri; Orlandino di Bartholomeo Orlandini;

Antonio di Bartholomeo di Bertoldo Corsini; Lorenzo di 2,_nfrione Lenzi; Piero di Paolo degli Albizzi; Antonio di ser: Piero Migliorotti;

s Filippo di Luthozzo Nasi; Nicolb di Bartholomeo Valori; Benedetto di ser" Antonio Ubaldini; Costanzo di Girolamo Nieoli; Stephano di Ghino

Azzini; Guido di Nicolb Cambi; Biagio di Miehele di Monte ; Domenico di Sandro Galli; Franeeseo di Bernardo de1 Mare;

til s_g. t; tl¢l Sty.

2 tl slg. _ eiel sty.

3 .Voffo. 8 8argheroltt.

4 del stg. 9 _lel stg.

"_ Marwghi.

CRONACA DI Sn_ONE FL_PEPI 517

Bernardo di Silvestro Aldobrandlni_ Angelo di Lorenzo Ghlrardinl; Raffaello di Mazzeo; Jaeomo di Piero de' Thedalhi;

Alessandro di Nicolb Machiavelli; Benedetto di Matteo Gori; Nero hi Franeesco del Nero; Nicol6 di Giuliano Ridolphi;

Bartholomeo di Apollonio Lapi; Simone dl Fran. Guidacci;Antonio di Domenico Bartholini; Antonio. di Francesco Benci;

1Pier Francesco hi ser _ Giullano Bardini_ Guiglielmo di Francesco Tanagli; Piero di Francesco Ferranti;Andrea di Gio. Boni;

Jae. di Gio. Salviati; Jacomo di Gasparo de'Ricasoli; Piero di Gio. di Cante Compagni; Bartholomeo del Rosso Buondelmonte;

Piero dl Cosmo Bartholi ; Priore hi Saracino Puccl; Stephano di Filippo Lippi; Marco d_ Bernardo Vespucci; Ugolino dl Gio. Manzuoli;

Michele di Lionardo Pescloni; Zanobi di Francesco Carnesecchi ; Domenico hi Piero Buoninsegni; Bernardo di Filippo Manetti;

Thomaso diFrancesco del Bugliaffa; Jac. di Bernardo di Jac. de Bardi; Gio. di Lorenzo Centellini; Lorenzo di Gio.Centelini;

Bartolomeo di Sandro Tallani; Leonardo di Carlo Del Benino; Piero di Thomaso Corbinelli; Antonio di _[anno degli Albizzl; Gio. di Filippo Capelli;

Domenico di Benvenuto Benvenuti; Girolamo di Bencio Benci; Domenico di Antonio del Rosso; Matteo di Nicolao Vecchletti;

Gio. Battista di Bernardo de'Medici; Buonaccorso di Be_ed. Uguccioni; Gio. Battista di Mariotto Rucellai; Domenico di GiannozzoStradi;

Bernardo di Francesco Carnesecchi; Marco di Gio. Strozzi; Piero hi Gio: Strozzi; Bernardo di _kntonio Sapiti; Piero di Giuliano Ridolphl;

Bastiano di Lazzaro Brunacci; Filippo di Nicolb Mori; Antonio di Torino Baldesi; Bernardo di Carlo Gondi; Antonio di Amerigo da Verazzano;

Francesco hi Giuliano Morozzl ; Piero di Franceseo Fabbrini; Antonio di Jacomo Lanfredl; Gio. hi Francesco Nesi; Theghiaio di Fraucesco Buondelmonti;

Martlno di ser 4 Nicolb Fedini; mastro Girolamo di ser3 Angelo Cinozzi; Alamanno • dl Cesare Petrucci; Angelo di Pierozzo del Rosso;

Domenico di Pierozzo del Rosso; Gio. di Thomaso Corbinelli; Particino di Giuliano Particini; Simone di Filippo Tornabuoni; set Antonio di Piero ]3ettini;

mastro Giuliano di .Xfartino Gallano; Gio. di Matteo de'Rossi; Fran. di Bernardo Mazzinghi; mastro Zanobi di Daniello Carletti; Gio. Fran. di Benei

Borzoi. _ _lel _icj.

2 aet s_v. _ aet s_.

3 Faller_li.

detto Lapaccini; Domenico di Benedetto Lapaecini; Fillppo di Carlo Gondi; Benedetto di Bernardo Gondi; Piero d[ Lorenzo dl Cresei; Nieolb di .Giorgio Ugolini;

Gio. di Paudolfo Pandolfini ; Agnolo di Girolamo Bruni;l Bernardo di Jac. Del Biada; Aldighieri dl Paolo della Casa; Jac. di Giov. Bracci; Giacomo di Bernardo Vecchiettl;

Alessandro di Ant. Gondi; ser _ Paolo Amerigo .Grassi; Guido di Baldino Bandinelli; Filippo di Francesco Giuntlni; Gio. Battista di Bartolommeo Berti;

Piero di Thomasso Salvlati; Gio. di Nicolb Cambi; Antonio di m. Brandino Ubaldini; Feiiee di Dee del Beccuto; Dine di 3ac. di m. Gueeio; Girolamo di Gino Capponi;

Gio. di set '_ Monte: Piero di Franeesco Baldueci; Bartholomeo di Gio: Ricardi ; Matteo eli Bernardo Biliotti ; Giuliano di Agnolo Gaddi; Franeesco di Giorglo Aldobrandini;

Giovanni di Ludovlco Schiattesi; :Nicolb eli Alessandro Machiavelli; Pandolfo di m. Agnolo della Stufa; Temperano dim. ]_fanno Temperani; Nicolb di Giovanni Bandini;

Lanfredino di Jacope Lanfredini; Francesco di :Bartholomeo Nelli; Franeesco di Ghino Spina; Carlo di Luigi Pitti; Franceseo di Andrea Zati; Mariotto di Domenico Bati;

Gio. di Roberto da Gagliano; Filippo di Piero Gaetani; Francesco di Francesco Guasconi.

I ]3,'DlCl.

tic! ,qg

 

 

 

Cristofano Carnesecchi del gruppo dei giardini Rucellai

 

 

Amico del Machiavelli fa parte del gruppo dei giardini Rucellai (Cosimo Rucellai, Filippo Nerli, il Reverendo Salviati, Antonio Francesco degli Albizzi )

Si conserva di lui una traduzione del Driadeo ( Il Driadeo, copiato da Cristofano Carnesecchi nel 1477-78. )

 

 

246

Niccolò Machiavelli a Lodovico Alamanni

Firenze, 17 dicembre 1517

Spectabili viro Lodovico Alamanno maiori honorando.

Romae.

Honorando Lodovico mio. Io so che non bisogna che io duri molta faticha a mostrarvi quanto io ami Donato del Corno, et quanto io desideri fare cosa che li sia grata. Per questo so che non vi maraviglerete, se io v'affaticherò per suo amore, il che farò tanto più sanza rispecto quanto io credo con voi posserlo fare, et quanto anchora la causa è iusta, et quodammodo pia.

Donato detto, dopo la tornata de' signori Medici in Firenze circha un mese, mosso parte da la servitù haveva con el signore Juliano, parte da la sua buona natura, sanza essere richiesto portò al signore Iuliano cinquecento ducati d'oro, et li dixe che se ne servissi, et liene restituissi quando ne havessi commodità. Sono dipoi passati cinque anni, et, con tanta fortuna di decti signori, non ne è suto rimborsato; et trovandosi lui al presente in qualche bisogno, et intendendo anchora come ne' proximi dì simili creditori sono stati rimborsati de' loro crediti, ha preso animo di domandarli, et ne ha scripto a Domenico Boninsegni, et mandatogli la copia della cedula si truova di mano di Giuliano. Ma perché in uno huomo simile a Domenico, per la moltitudine delle occupationi, simili commissione soglono morire sanza havere da canto particulare favore, che le tenga vive, mi è parso piglare animo a scrivervene, et pregarvi non vi paia fatica di parlarne con Domenico, et insieme examinare del modo come simili danari si potessino fare vivi. Né v'increscha per mio amore mettere questa faccienda intra le altre vostre, perché, oltre allo essere pietosa et giusta, la non vi sarà inutile, et vi prego me ne rispondiate un verso.

Io ho letto ad questi dì Orlando Furioso dello Ariosto, et veramente el poema è bello tucto, et in di molti luoghi è mirabile. Se si truova costì, raccomandatemi ad lui, et ditegli che io mi dolgo solo che, havendo ricordato tanti poeti, che m'habbi lasciato indreto come un cazo, et ch'egli ha facto ad me quello in sul suo Orlando, che io non farò a lui in sul mio Asino.

So che vi trovate costì tucto el giorno insieme con Rev.mo de' Salviati, Philippo Nerli, Cosimo Rucellai, Christofano Carnesechi, et qualche volta Antonio Francesco delli Albizi, et adtendete ad fare buona cera, et vi ricordate poco di noi qui, poveri sgratiati, morti di gielo et di sonno. Pur, per parere vivi ci troviano qualche volta, Zanobi Buondelmonti, Amerigo Morelli, Batista della Palla et io, et ragioniano di quella gita di Fiandra con tanta efficacia, che ci pare essere in cammino, in modo che de' piaceri vi habbiano ad havere, li habbiano già consumati mezi; et per posserla fare più ordinatamente, disegnàno di farne un model piccolo, et andare in questo berlingaccio infino ad Vinegia, ma stiano in dubio se noi anticipiano et giriano di costi, o se pure vi aspettiano ad la tornata, et andianne poi per la ritta. Vorrei pertanto vi restringessi con Cosimo, et ci scrivessi che fussi meglio fare. Sono a' piaceri vostri. Christo vi guardi.

Raccomandatemi ad messer Piero Ardinghegli, che m'ero sdimenticato dirvelo. Iterum valete omnes.

Die 17 Decembris 1517.

E. V. amicitiae humanitatisque.

Servitor Niccolò Machiavelli

 

 184. He also began meeting: Niccolò's first explicit reference to meeting with this group occurs in a letter written in 1517 to a friend in Rome who was seeing a number of those from the group in the Rucellai Gardens (including "Reverend de' Salviati, Filippo Nerli, Cosimo Ruccelai, Cristofano Carnesecchi, and Antonio Francesco degli Albizzi"): Niccolò Machiavelli to Ludovico Alamanni, 17 December 1517, in Atkinson & Sices, Machiavelli and His Friends, #254, p. 318. Reverend Giovanni Salviati, later Cardinal, was the son of Jacopo Salviati and Lucrezia di Lorenzo de' Medici; in 1521, he was the first person in Rome to receive a copy of Machiavelli's Art of War (see below, note --).

 

Il Machiavelli meditò le sue Istorie Fiorentine nel piano di Cascia ai Merenzi ospite dei Carnesecchi

da II territorio di San Giovenale ed il Trittico di Masaccio Ricerche ed ipotesi Ivo Becattini

 

 

 

 

 

 

Al momento non ho le idee molto chiare su questo Cristoforo

 

 

 

 Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane. Tome II / documents recueillis par Giuseppe Canestrini ; publ. par Abel Desjardins

 

 

 

 

 

 

 

Ho qui un Cristofano Carnesecchi segretario del Legato pontificio in Lombardia il Cardinale Salviati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 ***************************

Non so se si tratta dello stesso individuo : http://biblioteche2.comune.parma.it/lasagni/daa-daz.htm nell'articolo su :

 

DARDANI BERNARDINO
Parma 1472 c.-Parma 26 febbraio 1535
Figlio dell’avvocato Delaito, fu educato alle lettere dal bresciano Francesco Bernardi. Il padre avrebbe voluto si fosse dedicato allo studio delle leggi, ma il Dardani, che ancora giovanissimo fu ammesso alle dotte conversazioni del Grapaldo e dell’Ugoleto, preferì la poesia e la letteratura. Dopo una breve esperienza al servizio di Jacopo Rossi, capitano dei Veneziani in Verona, tornò in patria (fu costretto ad abbandonare frettolosamente Verona, non si sa per quale motivo). Ma dopo poco tempo, partì una seconda volta recandosi a Casale Monferrato, dove, sembra, si stabilì presso Giorgio Natta, chiamato dal Dardani suo protettore. Nei tre anni che rimase a Casale presso il Natta contrasse amicizia col conte Benvenuto Sangiorgio, autore della Cronaca di Monferrato, con Filippo Vagnone, poeta piemontese, e con Ubertino Clerici da Crescentino, ai quali tutti scrisse diverse elegie ed epigrammi. Giunto all’età di vent’anni sofferse una gravissima infermità, dalla quale si salvò a stento. Morto il Natta, che il Dardani onorò con un epitaffio, non lasciò Casale. Vi era nell’anno 1493, quando cessò di vivere Bonifacio, marchese di Monferrato, cui compose un bell’elogio, quando nell’anno 1494 vi passò Carlo VIII, re di Francia, e ancora l’anno successivo. Si stabilì poi presso la Corte di Lodovico II marchese di Saluzzo, come precettore dei figli e correttore delle scritture del marchese (1499). Per la moglie di Lodovico di Saluzzo, Margherita de Fois, tradusse in versi volgari l’Uffizio della Beata Vergine. Recatosi nell’autunno dell’anno 1501 a Frassineto, ebbe da Lodovico di Saluzzo licenza di portarsi a Casale per visitare gli amici. Avendo trovato presso il conte Benvenuto Sangiorgio varie opere di Galeotto dal Carretto, poeta allora assai reputato, il Dardani le ricopiò di sua mano. Nel 1501 fu richiesto dall’Università di Pavia quale insegnante di oratoria, ma il Dardani rifiutò sia per riguardo ai signori di Saluzzo sia per paura della peste che in quel tempo faceva strage nel Pavese. Nel 1502, assieme all’amico Vivaldo, fu in Francia. Tornato a Saluzzo, aggiunse alcune sue cose in prosa e in versi alle Opere dello stesso Vivaldo (Saluzzo, 1503). Dopo la morte del marchese Lodovico di Saluzzo (1504), fu al servizio di Margherita de Fois, presso la quale era nel 1507, quando furono ristampate le Opere del Vivaldo, e nel 1510, allorché il Dardani servì da testimonio per un contratto tra la Marchesa e la città di Saluzzo. A Milano, per breve tempo, trovò protezione in Giovanni Olivier, abate di Soissons. Fu a Roma dopo il 1513. Nel 1521 fu a Milano. Mentre risiedeva a Milano, aggiunse suoi epigrammi agli Opuscoli di Francesco Negri e al Panegirico di Sant’Antonino di Francesco Bernardino Cipelli di Busseto, allora impressi. Francesco Arsilli da Senigallia, autore del poemetto De Poetis Urbanis (1524) riferisce che, avendo cantato il Dardani le lodi dell’imperatore Carlo V, ottenne da lui la laurea poetica e l’onore di Cavaliere Palatino. Nel 1524 e nel 1525 il Dardani fu quasi sicuramente a Roma e vi rimase forse fino al tempo del sacco della città. Prima del 1529 ottenne una cattedra di lettere in Parma. Il 14 aprile 1532 fu inviato a Piacenza dall’Anzianato, in compagnia di Sebastiano d’Ancona affinché ottenesse dal commissario Cristoforo Carnesecchi la diminuzione degli aggravi imposti col nuovo compartito. Niccolò Manlio scrisse un endecasillabo per la sua morte e così fecero molti altri poeti (G. Anselmi, Andrea Bajardi, Francesco Carpesano, Pomponio Torelli). Fu seppellito nella chiesa di San Giovanni Evangelista di Parma, con questo epitaffio: M. Bernardini Dardani parmensis cvivs ingenivm lavrea caeteras virtvtes praeclara atqve maximorvm principvm alia mvnera honestarvnt. Rimangono di lui i seguenti lavori: L’opera del buon governo dello stato (di Lodovico di Saluzzo, ma corretta dal Dardani; de Sigherre, Saluzzo, 1499), Epigrammata ad Dominicum Saulum Gremensem, in L. Pittorio, Sacra et satyrica epigrammata (Frobenio, Basilea, 1518), Bernardino Dardani Adolescentiae suae libri II (Biblioteca Palatina di Parma, ms. 346) e alcune poesie in Flores epigrammatum (Quercu, Parigi, 1535).
FONTI E BIBL.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1791, III, 239-249; F. Rizzi, in Aurea Parma 3 1958, 181-182; Letteratura italiana, I, 1990, 659.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ai tempi dell'assedio di Firenze

Lorenzo di Zanobi di Simone Carnesecchi

 

Quest'uomo nelle congiunture della guerra divenne un eroe come Francesco Ferrucci ( Varchi : Storie fiorentine )

 

 

 

Un eroe della difesa della Repubblica : il "Gran soldato"

 

 

 

Lorenzo Carnesecchi (1482--???? )

Dalle" Storie Fiorentine" del Varchi raccontate da Agostini Antonio nel suo "Pietro Carnesecchi e il movimento valdesiano"

Quest'uomo nelle congiunture della guerra divenne un eroe come Francesco Ferrucci . Ei fu mandato dalla Signoria Commissario nelle Romagne quando gia' Firenze aveva perduto quasi tutto il suo dominio, e i nuovi Lanzi si erano posti e fortificati in San Donato, in Polverosa e all'intorno .

....Tenevasi ancora Castrocaro dov'era commessario ,quasi un altro Ferruccio, Lorenzo Carnesecchi (Varchi libro decimo pg 257)

Lorenzo Carnesecchi batte' piu' volte le genti di Leonello da Carpi, presidente della Romagna ecclesiastica; diede parecchie sconfitte a messer Balano di Naldo ed al capitano Cesare Gravina ; e richiesto finalmente della pace , rispose che non stava bene quando la Patria era in pericolo ,si dovessero pacificare i privati .

Tutti gli uomini piu' sennati si accordavano nel dire che , se invece di di aver messo lo stato in balia di sette cittadini <<quasi sette dittatori >> avessino eletto uno solo senza guardare ad altro che alla sufficienza , come esempi grazia il Ferruccio o Lorenzo Carnesecchi .....,le cose , sarebbero state per avventura governate altrimenti che elle non furono, e per conseguenza avuto altro fine che elle non ebbero.

Messer Giorgio Ridolfi ,uomo cerimonioso , gli pose addosso una taglia , ed egli senza punto scomporsi, rivolge quella taglia sopra papa Clemente e bandisce un premio a chi lo voglia uccidere, oppure dare prigione . Egli cede soltanto quando non ha piu' denari e neanche modi di farne , e quando la Signoria gli manda l'ordine di arrendersi.

 

Nota bene

Mentre Lorenzo poneva la taglia sopra la testa di Clemente, Pietro Carnesecchi <<era in grandissima grazia del Papa >>a dimostrare le diverse opinioni politiche all'interno di una stessa famiglia

 

Sullo stesso Lorenzo Gino Capponi nella sua " Storia della repubblica di Firenze"

 

Fin dal gennaio aveva la Repubblica di Venezia fatto pace con l'Imperatore; ma tuttavia Carlo Capello rimase in Firenze come oratore,malgrado che il Papa facesse ogni sforzo perche' fosse richiamato. Nei suoi dispacci apparisce sempre grande amico ai fiorentini, che da lui sono lodati a cielo; ne' alla sua Repubblica dispiaceva mostrarsi, com'era sempre, di animo italiano ; a lui pero' nulla rispondeva per non s'impegnare con parole scritte delle quali altri pigliasse offesa. Riebbe la Chiesa per quella pace Ravenna e Cervia; il che lasciava Firenze scoperta dal lato delle Romagne, alle quali era a guardia la presenza delle armi veneziane. Ma basto' quello che fece Lorenzo Carnesecchi, commissario generale della Romagna fiorentina; il quale con poca gente e meno denari, ma pel valore che era in lui molto, gastigo' prima la ribellione di Marradi, fugo' in piu' scontri le genti nemiche, teneva infestati i confini della Chiesa, e resiste' a un grande assalto che alle mura di Castrocaro diede ripetutamente Leonello da Carpi, presidente della Romagna ecclesiastica, rinforzato allora da Cesare da Napoli che venne dal campo, e dai propri cavalli della guardia del Papa mandati da Roma : tantoche' poi si fece tra le due parti una molto onorevole tregua, per cui rimasero da quel lato frenate le armi

 

Ed ancora in Giuseppe Maria Mecatti : Storia cronologica

 

Lorenzo Carnesecchi commissario generale della repubblica in Romagna gran soldato

............In questo mentre Lorenzo Carnesecchi si portava nella Romagna fiorentina, dove era commissario generale della Repubblica ,non meno valoroso ,che il Ferruccio. Imperciocche' essendo venuto piu' volte alle mani con gli Ecclesiastici ,sempre n' erano andati al di sotto; ed avendo i medesimi assaltato Castrocaro , non solo il Carnesecchi lo difese , ma mise in fuga i nemici con grande uccisione di loro

 

Sara' esiliato prima a Sinigaglia e poi a Cervia, e diverra' uno dei capi dei fuoriusciti fiorentini

 

Ancora il Varchi

Il papa, o non si fidando dei vicerè, o dubitando della fine della guerra, o piuttosto per intertenere i Fiorentini, sappiendo quanto sospettavano di Malatesta, e che avevano stabilito dì venire al cimento delle forze fece per mezzo de' loro ambasciadori muovere pratiche d' accordo, si dal re di Francia e sì dal doge di Vinegia, dando nome che manderebbe a Firenze il vescovo di Pistoia per fermare le condizioni. Aveva il papa mortale sdegno e immortale odio contra quasi tutti i cittadini di Firenze, parendogli che gli amici della casa l' avessono perfidiosamente abbandonato, e i nimici ingiuríosamente oltraggiato; e con tutto che fosse grandissimo simulatore, non poteva tenersi ch'alcuna volta non isputasse alcun bottone, e trall'altre cose usava dire: Io non sono così' cattivo e crudele uomo. come mi tengono i Fiorentini; io mostrerò un dì a chi nol crede,che anch'io amo la patria mia.

Nè si potrebbe dire quanto i felici successi del Ferruccío l'affliggevano continuamente, nè meno quegli di Lorenzo di Zanobi Carnesecchi.

Costui, essendo commessario generale della Romagna fiorentina, fece quello in questa guerra, il che non pareva che fare si potesse; perciocchè egli con poca gente e meno danari da pagarla, ma bene con molta industria e maggiore animosità, venne più volte alle manì colle genti del signor Leonello da Carpi presidente della Romagna ecclesiastica, e sempre diè loro delle busse; e quando Marradi si ribellò, egli vi corse colle sue genti, e non solamente, fatto impìccare alcuni de'capi principali che gli diedero nelle mani, levò l'assedio dalla rocca di Castiglione, la quale si teneva pe' Fiorentini ,ma nel tornarsene, lasciatovi Filippo Parenti, il quale travagliò molto e molto diversamente in tutto l'assedìo, affrontò messer Balasso di Naldo ed il capitano Cesare da Gravina, i quali andavano per soccorrerla, e gli misse in fuga con tutta la loro fanteria, e richiesto dal presidente che si dovesse tra loro far pace, rispose che, stante la guerra pubblica, non dovevano pacificarsi i privati. E perché messer Giorgio Ridolfi priore di Capua, uomo sopra ogni credere cirìmonioso, l'aveva posta a lui, se alcuno l'ammazzasse o desse prigione, egli ebbe ardimento, non so se per beffe o per da dovero, di porre la taglia per bando pubblico a papa Clemente a chi lo facesse prigione o ammazzasse, cosa che io sappia o creda, non udita mai più. Per le quali cose il presidente, avuto dal campo Cesare da Napoli col suo colonnello, e da Roma i propri cavalli della guardia del papa, messe insieme dalle quattro alle cinquemila persone , e con sei pezzi d'artiglieria s'accampò dintorno a Castracaro, e gli diede la batteria e la battaglia piu' volte; ma Lorenzo co' suoi soldati, e con parte de' terrazzani, si difese sempre coraggiosamente, cacciandoli d'in su le mura, dove erano saliti, e all'ultimo usciti della terra gli fugò con grand'uccisione, insino a i fini della Chiesa, ì quali teneva di continuo tanto infestati, che il presidente lo mandò un'altra volta a ricercare per Giampagolo Romei da Castiglione Aretino suo segretario, se non di pace, almeno di tregua, tantochè si vedesse quello che la guerra principale partoriva; ed egli non avendo più danari né modo da farne, alla fine con onestissime condizioni per la città e per se gliele concedette.

Costui, per dir quello ch'io avrei volentieri taciuto, mandò il capitano Piero Borghini all'ambasciadore Gualterotto, scrivendogli che se a lui ha stava l'animo di persuadere i mercatantì e gli altri Fiorentini di Vinegia, a provvederlo di mille, o almeno di secento ducati, a se dava il cuore di fare in quel tempo un rilevantissimo servizio a beneficio della patria comune , e per assicurargli avrebbe loro, oltra la città, obbligato tutti i suoi beni, e di più quegli di Giorgio Ugolini giovane amorevole della patria e di buone facultà, il quale si trovava con esso lui in Castracaro. Il Gualterotto, avendo sotto diversi colori tentato quanti' uno e quand' un altro, gli rimandò Piero indietro, e rispose che bisognava avere il mandato valido e autentico a potere obbligare la città; perche' il commessario, il quale nel vero si ritrovava a strettissimo partito, dopo alquanti giorni gli mandò a posta Giovanni de'Rossi con una sua lettera e una de'signori dieci, e un'altra ne mandò messer Galeotto Giugni in nome suo e della comunità, le quali tutte pregavano caldissimamente e con incredibile sommessione, che fussino contenti di sovvenire, coll'esempio de' mercatanti di Lione, d'Inghilterra e di Fiandra, in qualche parte la patria loro, la quale in tante e tali calarnità, quali e quante essi sapevano, si ritrovava, e massimamente essendo essi fatti cauti e sicuri sì dal pubblico e sì dal privato, obbligandosi tutti insieme e ciascuno di per se, che non perderebbono. Messer Bartolommeo avendo cotali lettere e così fatta commessione ricevuto, ragunò un giorno in casa sua tutti i Fiorentini d'alcuna qualità che si trovavano allora in Vinegia, i capi de'quali furono: Matteo Strozzi, Luigí Gherardi, Lodovico de'Nobili Filippo del Bene , Giovanni Borgherini e, Tommaso di Giunta, e lette loro tutte tre le lettere, e ricordando loro la necessità e la carità della patria, gli pregò strettissimamente che essendo essi tanti e tali, e la sovvenzione così piccola, non dovessono mancare di quello di che con tante preghiere e cauzioni, erano da'loro signori in benefizio, anzi a salute della loro patria ricercatì. lo mi vergogno a scrivere che dopo un lungo ragionamento, avendo Matteo Strozzi detto che, se tutti gli altri s' accordassono di pagare la rata loro, esso non mancherebbe di sborsare la porzione sua, non si conchìuse cosa nessuna, perchè ciascuno degli altri pigliato animo da quelle parole rispose nel medesimo modo, e a Castracaro non si mandarono altri danari che i cento ducati i quali Piero Soderini, ricercatone da messer Galeotto Giùgni, mandò cortesemente e senza farsi pregare da Vicenza: a tali strettezze estremità si conducono alcuna volta le repubbliche, ancorachè ricchissime; e tanto stimano gli uomini più un particolare bene, quantunque minimo, che un comune, ancorachè grandissimo; benchè io (sappiendo quant'era qualunque di loro danaroso, e che il Borgherino solo, oltre l'essere amator delle lettere, e persona molto gentile e cortese, se ne giocava le centinaia e le migliaia per volta) vo pensando che fussino ritenuti non tanto dall'avarizia, quanto dalla tema di non dispiacere al papa, il quale aveva severissimamente proibito che nessuno il quale o avesse beni di chiesa, o ufizi di Roma, potesse in modo alcuno soccorrere di cosa nessuna i Fiorentini, sotto pena di dovergli perdere, issofatto e senz'alcuna redenzione.

Nè voglio non dire che l'ambascìadore fu da molti di poco giudizio riputato, dicendo ch'egli non doveva chiamare in cotal ristretto nè Matteo, il quale oltre l'esser di natura, se non avaro, certo miserissimo , aveva dimostrato di tener maggior conto de' comodi privati che de' pubblici, nè Tommaso di Giunta, il quale non avendo che fare de' fatti della repubblica, so ne stava, non meno avaro che ricco, quasi sempre a Vinegia, occupato ne'grossi guadagni della sua, piuttosto utile che onorevole stamperia, senza curarsi, benchè per altro fosse uomo di belle maniere e di buon giudicio, come la città di Firenze o libera o serva si vivesse.

Dalla " Storia Fiorentina " di Benedetto Varchi

 

 

 

 

 http://www.condottieridiventura.it/condottieri/n/1212%20%20%20%20%20%20BALASSO%20NALDI%20%20Di%20Brisighella.htm

Marzo 1530 BALASSO NALDI Di Brisighella.

E’ sconfitto e messo in fuga dal commissario fiorentino Lorenzo Carnesecchi mentre si accinge ad assediare la rocca di Castiglione.

 

http://www.condottieridiventura.it/condottieri/c/0392%20%20%20%20%20%20LEONELLO%20DA%20CARPI.htm

LEONELLO DA CARPI (Leonello Santi)

Combatte i fiorentini in Romagna. Con Cesare da Napoli assedia vanamente in Castrocaro Terme il commissario Lorenzo Carnesecchi.

 

http://www.condottieridiventura.it/condottieri/c/0443%20%20%20%20%20%20CESARE%20DA%20CAVINA.htm

CESARE DA CAVINA (Cesare Naldi) Nipote di Vincenzo Naldi.

Si congiunge con Balasso Naldi e cala in Mugello per combattervi i fiorentini dalla parte di Ronta con 2000 fanti: saccheggia Ronta, Pulicciano, Borgo San Lorenzo, Gattaia e Vicchio; pone il campo a Borgo San Lorenzo, disturbato da 300 fanti nemici che sono di stanza a Vicchio agli ordini di Albizzo da Fortuna.

Si muove per assediare la rocca di Castiglione: è sconfitto e messo in fuga con Balasso Naldi dal commissario Lorenzo Carnesecchi.

 

http://www.condottieridiventura.it/condottieri/n/1223%20%20%20%20%20%20CESARE%20DA%20NAPOLI.htm

CESARE DA NAPOLI (Cesare Masi, Cesare Maggi) Di Napoli.. Conte di Annone. Signore di Moncrivello.

Raduna 4/5000 uomini; si presenta davanti a Monte Poggiolo e taglieggia Modigliana.

Con Leonello da Carpi, assedia Castrocaro Terme con 6 pezzi di artiglieria e ne è respinto dal commissario Lorenzo Carnesecchi. Ingenti sono le perdite fra le sue truppe: i fiorentini cercano di subornarlo, gli promettono terre, onori, denari ma egli rifiuta ogni proposta. I pontifici gli consegnano 1395 ducati per il suo servizio

Il principe d’ Orange lo invia in Ungheria con 2000 fanti per contrastarvi i turchi: non lascia viceversa il territorio, assale Marradi e si sposta nel Mugello, ove cattura uomini ed impone taglie a castelli e borghi. Passa in Valdarno; con la caduta nelle mani degli imperiali della cittadella di Arezzo, punta su Borgo San Sepolcro (SanSepolcro). Gli aretini gli consegnano 3000 scudi; molti abitanti del contado si uniscono con i suoi uomini e con costoro prosegue verso il Casentino, che viene messo a sacco sino a Rassina.

E’ a Barberino di Mugello ed impone una taglia al borgo di Mangona: vi invia 4 suoi emissari per quantificare la somma richiesta. Costoro vengono uccisi dai contadini assieme ad alcuni dei suoi fanti: accorre prontamente e presto è trovato un accordo

Con la resa della repubblica, scende dalla Valdarno e si presenta all' improvviso davanti alla porta di San Gallo di Firenze: tenta di entrare nella città, ma ne è respinto. In lite con il Maramaldo, si volge allora su Piacenza dove sta il di Leyva; a fine mese, è a Montevarchi; domanda ancora agli aretini 2000 fiorini per le necessità dei suoi uomini: gli sono fornite solo vettovaglie.

A Mantova sfida a duello il Maramaldo; il marchese Federico Gonzaga si oppone alla sua effettuazione ed impedisce che sia consegnato al rivale il cartello di sfida.

 

 

 

 

 

 

 

bibliografia

 

 [Monografia] - Borgia Lotti, Carlotta - Lorenzo Carnesecchi , o il secondo Ferruccio / Carlotta Borgia Lotti - Firenze - 1912 (IT\ICCU\NAP\0240212)

 

 

 

 

Ai tempi dell'assedio di Firenze

Zanobi di Francesco di Berto Carnesecchi ,

 

il mercante ai vertici dello Stato ,

 

 

 

 

Priore nel 1502

Fu nel 1527 tra i "Venti "cittadini eletti per correggere il Consiglio Grande

Nel 1527 venne eletto tra i Dieci di Liberta' e di Pace

Nel 1527 rifiuta la nomina a "commessario generale nel campo della lega"

Nel 1529 fu eletto tra i sette "Dittatori "cioe' sette cittadini eletti alla cura della Repubblica

 

In contrapposizione alla grande figura di Lorenzo : Zanobi l'uomo che pur ai vertici dello stato non dimentica mai il proprio interesse; e' uomo importante arrivato ai vertici dello stato , ma non propenso a quelli che giudica inutili eroismi ed inutili sacrifici

Zanobi Carnesecchi era molto inclinevole alla liberta' e alla forma repubblicana; ma da mercante positivo ed esperto , non approvava certi scoppi di entusiasmo disutili e inopportuni . e sconsigliava il prolungamento di una difesa che sebbene rivelasse un eroismo degno di una Roma antica, non portava ad altro che a uno sciupio di vite e di denaro. I discorsi che ei teneva nei consigli e nelle pratiche, non erano dice il Varchi, alla grossa , con frivole ragioni, come sogliono i piu' dei mercanti , ma con argomenti sottili e filosofici. Si puo' dire che si industriasse non di subordinare gli interessi della comunita' al proprio tornaconto, ma di mandar gli uni e gli altri in un accordo perfetto

 

Dice il Varchi nella sua "Storia fiorentina " :

Elessero finalmente sette cittadini ,quasi sette dittatori ,l'ufficio dei quali fosse, vegghiare tutte le cose della citta' pertinenti allo stato, e a tutte quante provvedere , ed insomma aver cura che la Repubblica fiorentina non patisse danno alcuno in cosa nessuna ; gli eletti a tanto magistrato furono :Iacopo di Girolamo Morelli, Zanobi di Francesco Carnesecchi ,Antonfrancesco di Luca degli Albizzi , Bernardo di Dante da Castiglione , Alfonso di Filippo Strozzi , Agostino di Francesco Dini e Filippo Baroncini.

il Varchi esprime un giudizio fortemente negativo sulla loro azione

Questi sette cittadini , nei quali doveva consistere in grandissima parte la salute di Firenze , furono di pocchissimo ,anzi di nessun frutto; perciocche' , oltracche' la maggior parte di loro non eran capaci di cosi alto ed importante ufizio ,egli erano tanto diversi l'uno dall'altro , e tanto per lo piu'timidi e respettivi, per non dir cavosi e irresoluti, che mai non si sarebbero accordati a por mano , come bisognava , a un impresa rilevata e straordinaria ,ed insomma si impedivano l'un l'altro : perche' Zanobi Carnesecchi, verbigrazia, o Agostino Dini , il quale non aveva altro obietto che la sua arte di seta, ne' era stato piu' oltra dei suoi poderi, mai non arebbono consentito,verbigrazia, ad Antonfrancesco degli Albizzi o a Bernardo da Castiglione, di fare una resoluzione onorata ,dove si fusse portato come nelle azioni grandi ,alcun rischio o pericolo.Ne' si dubita dagli uomini prudenti ,che s'avessono eletto uno solo senza guardare ad altro che alla sufficienza ,come esempigrazia il Ferruccio o Lorenzo Carnesecchi , o alcun altro ancora di minore virtu' ,e fattolo dittatore da dovero ,le cose sarebbero state per avventura governate altramente che elle non furono , e per conseguenza avuto altro fine che esse non ebbero.

Zanobi propone di accettare la resa

Fuggironsi ancora di Firenze Roberto Acciaiuoli, Alessandro Corsini, Alessandre de'Pazzi e molti altri Palleschi, con sommo pìacere di Clemente, il quale per mezzo di messer Giovanfrancesco da Mantova aveva, che eglino si partissono, procurato, volendo mostrare non esser falsoquello ch'egli a Orange affermativamente predetto aveva, cioè che tutti i cittadini di conto, tosto ch'egli s'accostasse a' confini coll'esercito, abbandonerebbono la città, parte per l'affezione che gli portavano, e parte per la paura che non fossero arse e guaste le case e possessioni loro.

Ragunata dunque la pratica, si lessero da prima le lettere degli oratori, le quali dicevano, come il papa voleva in lui si facesse la rimission libera, e di poi mostrerebbe il suo buon animo verso la patria. Lette le lettere, favellò il gonfaloniere, dicendo:

Che consigliassero liberamente senza o amore o odio di persona alcuna, perciocche' egli, per quanto a lui s'aspettava, tutto quello che da loro determinato fosse, era non solamente per approvare come utile, ed eseguire come onorevole, ma eziandio commendare come onesto; che se a loro paresse, a lui bastava la vista di difendere la libertà di Firenze, ricordando loro, e strettissimamente pregandoli che ricordar si volessono della promission fatta dal consiglio grande in nome di tutto il popolo fiorentino a Gesù Cristo figlíuolo di Dio, di mai non volere altro re accettare che lui solo, il quale pareva bene, che della promessa loro e della pietà sua si ricordasse, poiché per divertire lo ímperadore dalle cose d'Italia, impiegato ancora e impegnato nelle guerre di Lombardia, aveva cotanto re quant'era Solimano signor de' Turchi, con trecento migliaia d'uomini e con infinita cavalleria, la casa sua propria a combattere mandato: le forze de'Fíorentini esser di quello che si stimava maggiori assai, e quelle del papa e dell'imperadore molto minori, siccome eglino stessi da Raffaello Girolami prestantissímo cittadino, il quale testimoniava di veduta, avevano udito poco innanzi; le mura della città di Firenze esser tali, che per se medesime guardare si potrebbono., e quando bene non avessono mura tanto forti e gagliarde, avevano tanti e tali soldati, che senza esse sarebbono bastanti a difenderglí. E quando non avessono anco soldati forestieri, avevano la loro milizia propria di tal virtu', e la terra di tante artiglierie di tutte le sorte fornita, che potevano, purchè fusson d'accordo a volersi difendere, stare sicurissimi di non potere esser da niuno, quantunque fortissimo e numerosíssimo esercito forzati; vettovaglie non esser per mancare loro, avendone dì già tante ragunale, e tante ogni giorno ragunandone; e molto meno danari per poter dare le lor paghe ne'debiti tempi a' lor soldati, essendo la città ricca, e i cittadini, per salvar l'onore e la roba e la libertà loro e della loro dilettissima patria, avere siccome per lo passato a contribuire eziandio per l'innanzi tutto quello che potevano volentieri.

Tacquesi dette queste parole il Carduccio, onde i cittadini essendosi insieme ristretti, ed avendo tra loro lungamente consultato, è gran cosa a dire che di sedici gonfaloni quindici furono dí tanta generosità ed altezza d'animo, che si risolvettero di voler perdere piuttosto la roba e la vita combattendo, che l'onore e la libertà cedendo; solo il gonfallone del drago verde per San Giovanni, per lo quale riferì messer Bono Boni dottor di leggi, buona veramente piuttosto che valente persona, consigliò che si dovesse, anzichè aspettar l'esercito, rimettersi nella potestà e volontà del papa liberamente, e pigliare in qualunque modo l'accordo, e ciò non tanto da lui procedette, quanto da Zanobi di Francesco Carnesecchi, il quale era in opinione non pure di leale e diritto mercatante, ma di pratico e prudente cittadino. Costui non cotale alla grossa con frivole ragioni, come sogliono il piu' de' mercatanti, ma con argomenti sottili e filosofici disse così: Gli uomini prudenti pigliano del bene piuttosto il certo, eziandìo che sia minore, che l'incerto che sia maggiore, e del male piuttosto l'incerto, eziandio che sia maggiore, che il certo, eziandio che sia minore; l' accordo è un ben certo, salvandosi la roba e la vita e forse anco la libertà; la guerra è un bene incerto., stando in potestà della fortuna così il perdere, come il vincere, ed è un mal certo, perdendosi chiaramente le possessioni, e' bestiami e forse, nonche la libertà, l'onore e la vita; oltrachè accordando, si smarrisce, diceva egli, e non si perde la libertà, dove non accordando ed essendo vinti, non si smarriva a tempo, ma si perdeva per sempre.

Nella quale opinione egli persistette, non ostante che Lionardo Bartolini, il quale uno era de'sedici collegi, con mal piglio e con meno che convenevoli parole, questo non essere un compromesso della Mercanzia, per isbeffarlo gli disse e a uno degli Zati, che ingiuriosamente, quasi minacciandolo, lo riprendeva, rispose con formo viso: che se la pratica era libera, ognuno poteva dire tutto quello che più gli pareva.

Il medesimo Lionardo, il quale se pure amava la libertà., come egli diceva ed io voglio credere, non l'amava modestamente ed in quel modo che si deve, disse in presenza di Giovambatista Busini e di Domenico Simoni amatori anch'essi ma con piu' modestia, della libertà, a lacopo Morelli chiamato il Diavoletto, quando usciva della pratica, Se voi tentate di fare accordo co' Medici, o voi taglierete a pezzi noi, o noi taglieremo voi;

 

Infine dopo la resa e' eletto nella Balia Grande Medicea , forse il compenso per aver caldeggiato la resa !!!

 

 

 

 

 

 

048

Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

Firenze, 3 novembre 1502

Nicolao Malclavello suo plurimum honorando. etc.

Niccolò. Io vi scripsi per Carlo cavallaio brevemente, non havendo tempo, et per quella vi detti adviso come per il mezo del S.re Niccolò Valori et mia sollicitudine cavamo dal camarlingo delle prestanza ducati 30, li quali io ho nelle mani ad vostra instantia, ma non li mandai per Carlo, non sapendo come si venissimo sicuri. Per questa vi dico il medesimo, che io non li manderò, se non ho da voi expressa commissione: però me ne rispondete chiaro, etc.

Il velluto lo rihebbi et mandalo ad casa vostra.

Il Gonfaloniere vi scrive la alligata: vedete sia servito et di fare honore alle commissioni sua, et ingegnatevi di tornare.

Nec plura. Raccomandomi a voi. Florentie, die iii Novembris 1502.

Frater Blasius

Signori: Antonio Canigiani, Niccolò Capponi, Zanobi Carnesechi, Ugo della Stufa, Piero di Brunetto, Antonio Benozi, Thomaso Guardi, Tinoro Bellacci, Piero Soderini gonfaloniere.

 

*****************************************************************************************************+

 

 

Berto di Matteo Carnesecchi

Priore nel 1519

Fu esiliato quando i Medici tornarono al potere

 

 

 

Antonio Carnesecchi

 

.....Che il Papa avendo interdetta la citta' con tutti i sobborghi , il Gonfaloniere aveva obbligato d'altro canto alcune Religioni mendicanti ad aprire le chiese ,e celebrare ; e appellando dell'interdetto al Concilio Universale aveva costretto gli Ecclesiastici a pagare una grandissima somma di denari : affinche' se fosse venuta voglia al pontefice di muover guerra a Firenze , con i denari degli ecclesiastici si fosse potuto riparare.

E furono fatte varie provvisioni d'armati, e furono mutati i Commissari nelle citta' vicine, qualora ve ne fosse stato alcuno sospetto ; e furono eletti otto cittadini per esigere le imposizioni dai preti e dai frati ,quattro dei quali rinunziarono o spaventati dalle censure ecclesiastiche o poco amici del Gonfaloniere. I cittadini finalmente furono questi Baldassare Carducci, dottore di legge, Antonio Carnesecchi , Niccolo del Vivaio ,Zanobi Borghini ,Giovanni Popoleschi , Guglielmo Angiolini ,e Bartolomeo Benintendi

***********************

 

 

 

Storia di Firenze riferimenti cronologici

1532

Fine della Repubblica fiorentina

 

Alla caduta della Repubblica

 

Alcuni dei Carnesecchi pagheranno l'aver avversato i Medici

 

Da Mecatti "Storia cronologica della citta' di Firenze"

....E perche' era mente del papa di vendicarsi di coloro i quali si erano mostrati troppo nemici della sua famiglia e troppo amanti della liberta', ....., si perseguitarono, e si condannarono all'esilio e alla morte

tra questi :

Berto di Matteo Carnesecchi confinato prima a Troia poi a Torino ( Berto di Matteo di Manetto Carnesecchi )

Lorenzo di Zanobi Carnesecchi confinato a prima a Sinigaglia e poi a Cervia

 

 

Contemporaneamente altri avranno grossi vantaggi dall' essersi dimostrati amici dei Medici

sono infatti presenti nella Balia grande :

 

Andrea Carnesecchi

Bernardo Carnesecchi

Zanobi Carnesecchi

 

 

 

Andrea di Paolo di Simone di Paolo Carnesecchi (1465 - 1542)

 

 

 

1 volta priore nel 1530

senatore del ducato di Toscana dal 1532 al 1542 anno della sua morte

Nel 1500 fu inviato dalla repubblica fiorentina ad Istanbul ad amministrare la giustizia in Turchia (was sent to Istanbul as the emino to administre florentine justice )

Su Andrea Carnesecchi vedi la voce di Michele Luzzati in DBI : Dizionario Biografico degli Italiani volume XX pagine 455-456

 

 

Andrea era nato a Firenze il 01 luglio 1465 (Registro dei battezzati di San Giovanni ). Vedi Oddone Ortolani

Il manni , invece ,nel suo senato fiorentino da queste date : (1 luglio 1468 -29 giugno1542)

Svolse gran parte della sua attivita' al servizio del Duca Francesco Sforza di Milano

Andrea ,aveva numerosi affari non solo in Italia, ma anche in Spagna. Si conserva una lettera commendatizia in favore di lui , scritta da Giulio de Medici , che poi fu papa col nome di Clemente VII , e diretta alla Sacra Serenissima Maesta di CarloV. In questa lettera si dice che Andrea Carnesecchi , summafide et singulari modestis vir, aveva degli affari di commercio <<vasti abbastanza e , a quello che intendo, abbastanza giusti >> con un tale Girolamo Sernisio fiorentino , che mercanteggiava nella Spagna

Questa lettera si trova nella biblioteca Magliabechiana nel volume intitolato :Variarum epistolae et opuscola varia pleraque autografa , collegit Antonius Sangallo; Classe VIII ,51, carta 9

<< Fu ben ricco e onorato , avanti che fallisse ,>> scrive il Busini (Lettere di Giovanbattista Busini a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze ,corrette ed accresciute di alcune altre inedite per cura di Gaetano Milanesi Firenze 1860 pg 92 ) Il suo carattere allegro, spiritoso, galante lo spingeva a cercare la compagnia di quegli uomini che si mostravano splendidi e tenevano corte. Egli apparisce subito in intima relazione con i Medici . Si diceva anzi che avesse avuto delle brighe amorose con Piero de Medici e che un bel giorno questi gli desse una ferita. Quel fiero repubblicano di giovanbattista Busini non gli sa perdonare questa mania di frequentare le corti , e dice : << Ne' mai fecce cosa onorevole , ne' lui ne' i suoi figliuoli , da messer Pierino in poi >>

Era considerato dai contemporanei << ricco, onorato ….buon compagno , ben parlante ed allegro ..>>

 

Dice Michele Luzzati ……..Dedito alla mercatura sembra fosse fallito e , secondo il Busini , pote' riprendersi solo grazie alla protezione di Nicola Schomberg , arcivescovo di Capua , poi cardinale che ebbe in pratica il governo di Firenze dal gennaio 1531

 

Nel 1500 fu inviato dalla repubblica fiorentina ad Istanbul ad amministrare la giustizia in Turchia (was sent to Istanbul as the emino to administre florentine justice ) E' da notare che siamo in un periodo in cui Firenze non e' governata dai Medici

 

Dice Michele Luzzati …Ignoriamo quali particolari esperienze politiche e mercantili abbiano giocato a favore dell'elezione del Carnesecchi a console fiorentino a Costantinopoli deliberata dai capitani di Parte Guelfa nel maggio del 1500 : indubbiamente la tradizione mercantile e marinara della famiglia dovette pesare su questa scelta.

Dopo l'elezione , avvenuta il 19 settembre 1492 di Leonardo di Benedetto Strozzi a console dei Fiorentini a Costantinopoli , non si hanno precise notizie sull'organizzazione della nazione fiorentina nell'impero Ottomano . E' certo che nel giugno 1498 mancava un rappresentante ufficiale di Firenze a Costantinopoli , tant'e' vero che la Signoria informava Giorgio Bartoli e Antonio Sostegni , procuratori della nazione nella capitale turca , che si sarebbe presto mandato o un console o un ambasciatore .L'invio di un oratore , nella persona di Geri Risaliti , non avvenne che nel successivo 1499 e , in seguito ai nuovi accordi commerciali stretti dall'ambasciatore , il 23 maggio 1500 la Signoria comunicava ad Antonio Sostegni , "Vicemino " della nazione , che i capitani di Parte Guelfa avevano eletto il Carnesecchi " nobilissimus civis noster et cuius familia multis pro Republica egregie gestis gratissima est nobis " in "eminus nationis nostrae , qui iustitia administraturus sit , acturusque pro mercatus civium nostrorum"

Trasferitosi a Costantinopoli , dove era gia' nel novembre del 1500 , il Carnesecchi vi rimase fino oltre il maggio del 1504 quando venne sostituito da Pandolfo di Bernardo Corbinelli ; annunciandogliene l'arrivo la Signoria fiorentina gli raccomandava di riceverlo << con quello honore che si conviene >>e di informarlo << delle cose successe al tempo suo , dandognene particulare instructione >> ..<< et li consegnerai scripture et cio' che altro appartenessi allo officio suo…….ne' mancherai advertirlo di tutto quello che nella stanza tua costi tu havessi iudicato doversi observare o guardarsi >> Istruzioni di questo genere dimostrano che i consoli delle varie nazioni fiorentine all'estero venissero gradatamente assumendo sempre piu' le funzioni degli ambasciatori residenti.

E' ad esempio caratteristico un duplice messaggio inviato al Carnesecchi sotto la data del 26 gennaio 1503 dalla Signoria di Firenze . In una lettera riservata al console a proposito della condanna inflitta dal Carnesecchi ad Antonio Sostegni << per certa inobedienza usata verso di te >>gli si raccomandava di sospendere l'esecuzione della sentenza perche' i Turchi vedendo le liti tra i fiorentini non avessero a credere che si trattasse di << cosa di maggiore importantia >> e tale da prenderne <<ombra>>. Ma contemporaneamente si scriveva una seconda lettera che avrebbe dovuto essere comunicata a tutti i membri della nazione fiorentina nella quale si intimava l'obbedienza al console , avvertendo che i << mali portamenti >> dei mercanti << in uno luogo come e' cotesto tanto discosto dall'Italia >> potevano causare << perdita grande , et in comune alla citta' , et in privato a voi altri che travagliate faccende in cotesto regno >>

Di particolare interesse sembra essere la richiesta d'intervento presso la Porta rivolta al Carnesecchi nel gennaio del 1503 da un sedicente Duca di Catanzaro e marchese di Cotrone ( un Centelles ? un Ruffo visto che si dice << fratello cugino >> di Antonello Ruffo ? ) che dal castello di Castelnuovo di Cattaro in Dalmazia cercava di riscattarsi grazie anche alla mediazione del console fiorentino

 

 

 Among those who had been imprisoned: On August 23, 1512, Filippo Ridolfi and Zenobi Giovanni de Bracci were arrested; three days later Giovanni Burci, Barghino de Cocchi and Francesco del Giocondo were given the fines. On the 28th, two groups were listed in a broader set of arrests. On the first list were Piero Guicciardini, Bernardo de Segni, Giovanni de Bracci, Michele, Danieli, and Frederigo de Strozzi, Antonio de Gugnis, Bartolo de Tedaldi, Neri de Venturi, Sasso de Sassi, Francisco de Girolami, Francesco del Giocondo, Bartolomeo Buondelmonti, Tommaso del Bene, Niccolo Pugliese, Piero Pancatici, Giovanni Guasconi, and Giulio Menghi. On the second were Borgino de Cocci, Bonifatio de Ruspoli, Andrea Carnesecchi, Corsi de Adimari, Ser Bartolomeo de Leoni, Antonio de Castellani, Ser Jacopo Martini, Angelo de Boni, Giovanni de Micceri, Cosimo de Sasseti, Benedicto de Tornaquinci, Giovanni Domini Luce, Bartolomeo Ritaglitore, Piero Minerbitti, Matteo Borganni, Ser Dominico Boccanti, Danieli de Strozzi, Bernardo de Sengi (both listed a second time), Raphaello des Sale, Roberto Ricci, Piero Alamanni, Bernardo Uguccioni, Clementi del Grasso, Heredi Piero de Adimari, Carlo de Libri, Paolo del Giocondo, Niccolò Cachagni, Francesco Carducci, Bernardo Bontempi, Giovanni de Ginanni, Giovan Marco della Palla, and Donato del Corno. For the text, see Tommasini, La Vita de Machiavelli, I, 745-747. Of these, several were (or became) close friends of the Second Chancellor. Tommaso del Bene was a close friend, described by Niccolò as one of "the gang": see Atkinson and Sices, Machiavelli and His Friends, #144, 206, 210, 224, 297; pp. 158, 223, 227, 263, 366. On Donato del Corne, see Niccolò Machiavelli to Francesco Vettori, 19 December 1513, ibid., #225, p. 265, Filippo Strozzi to Niccolò Machiavelli, 31 March 1526, ibid., #306, pp. 383-385 as well as the citation from Filippo's letter to his brother Lorenzo, encouraging Machiavelli's employment by the Medici (ibid., p. 322). Niccolò's correspondence and friendship with Francesco Guicciardini has been the focus of extensive comment: Gilbert, Machiavelli and Guicciardini, esp. pp. 240-243; less noted is the close friendship with Luigi Guicciardini, reflected in the letter of 8 December 1509 (ibid., #178, pp. 191-192) recounting Niccolò's encounter with the disgusting prostitute; see above, p. 165. Niccolò and his brother Totto had extensive dealings with Marco della Palla: # 93, pp. 104-106, #140, p. 151.

 

Nel 1521 ricopre la carica di Ambasciatore in Portogallo

 

Fedele ai Medici , egli venne arrestato al tempo dell'assedio e , caduta la Repubblica fu subito Gonfaloniere di Giustizia ( ?????? M. Luzzati )

…. processato , fu messo in prigione per tutta la durata dell'assedio del 1530. Capitolata la Repubblica , venne liberato ,eletto nella balia di cittadini incaricata di riformare lo stato e insignito della dignita senatoria nel 1532. (Roberto Ciabani le famiglie di Firenze Bonechi )

- All'inizio del 1531 fu inviato a Poppi come commissario del Casentino

- Fece parte della Balia incaricata della riforma dello stato mediceo

 - Dal 27 aprile 1532 fino alla sua morte fu senatore fiorentino

Sposato in prime nozze con Caterina di Mico di Uguccione Capponi , da cui ebbe vari figli, ed essendo rimasto vedovo in eta' ancora giovanile , si uni di nuovo in matrimonio con Ginevra di Agnolo di Iacopo Tani , gia' direttore della filiale di Bruges del banco Medici , la quale aveva sposato in prime nozze Giovanbattista Dovizzi, fratello del celebre cardinale Bernardo Dovizzi (il cardinale Bibbiena )

Ginevra era gia' madre di Antonio e di Angiolo, futuro monsignore . Da Ginevra ,Andrea Carnesecchi ebbe Pietro il futuro segretario di Clemente VII

 

Muore il 29 giugno 1542 ( vedi Manni : Il senato fiorentino )

 

Bibliografia

DBI

Manni Il senato fiorentino

Firenze Biblioteca Nazionale poligrafo Gargani scheda numero 504

Firenze Biblioteca nazionale codice Magliabechiano cl.XXVI , 25,cc. 26, 29 s.

Firenze Biblioteca Riccardiana codice 1859 , cc.11v-13v

ASF Carte Strozziane , f. XCVIII c.129 lettera al Carnesecchi di Francesco Bonsi

ASF Carte Strozziane , f. CCCLI , cc. 82,84 lettere al Carnesecchi del "Duca di Catanzaro"

Busini G.B. Lettere a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze , a cura di G. Milanesi Firenze 1860 pp-92 ,169,

machiavelli Nicolo' Legazioni e commissarie a cura di S. Bertelli Milano 1964 p.991 et ad Indicem

De Ricci G. Cronaca (1532-1606 ) a cura di G. Sapori Milano Napoli 1972 pp 6 s. , 37 , 418

Ademollo A. Marietta dei Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio a cura di L. Passerini V Firenze 1845 pp 1768 ss

Muller G. Documenti sulle relazioni delle citta' toscane con l'oriente cristiano e coi Turchi fino all'anno 1531 Firenze 1879 , pp 241 ss. , pp. 247 ss. , 250 ss. , 253 ss.

Rubinstein N. Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494 ) Firenze 1971 p.373

Martines L. Lawyers and statecraft in Renaissance Florence Princeton N.J. 1968 p.278

 

 

 

 

 

 

 

 

Bernardo di Andrea di Bernardo (1481 1557)

 

Michele Luzzati ……….Tra i suoi figli (di Andrea di Bernardo , nato nel 1442 e commissario di Cortona nel 1498 ) e non come dice il Passerini tra i figli di Andrea di Paolo di Simone di Paolo , e' da annoverare il Bernardo che fu eletto senatore nel 1547 , da cui un Pierfrancesco senatore nel 1571 e morto nel 1576 , padre del Cristoforo eletto senatore nel 1586

 

 

Priore nel 1515

Vicario di Pescia

Commissario di Pistoia

Senatore del granducato dal 1546

Conte palatino ereditario

 

 

 

 Papa Leone X concede a Bernardo di Andrea di Bernardo Carnesecchi il titolo di Conte Palatino ereditario

Anno 1515

Papa Leone X ,quando ando' a Firenze ,con bolla del 25 dicembre 1515 insigni della contea palatina ereditaria colle relative prerogative i priori ( tra i quali Bernardo di Andrea di Bernardo Carnesecchi ) e il gonfaloniere della repubblica con facolta' di aggiungere alle loro armi gentilizie , in memoria di questo benefizio , la palla azzurra con entro i tre gigli d'oro , dell'arme medicea , posta tra le lettere L e X . e contemporaneamente dono' loro lo stocco e il berettone , com'era di costume verso i regnanti , e come tali li tratta chiamandoli nobiles viri , distinzione assiografica che, come tutti sanno , i documenti pontifici riservano ai principi e ai gran signori

Raffaello, Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Lorenzo de' Rossi, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze

 

 

 

 La palla azzurra con entro i tre gigli d'oro , dell'arme medicea , posta tra le lettere L e X

 

 

 

 

 

 

Benedetto di Giovanni Carnesecchi

 

 

Secondo il Monaldi 

……………………………………di loro fu Benedetto di Giovanni fatto Cavaliere da Papa Leone Xmo, il quale donò la Palla con i gigli d’oro

 

  

Jean Boutier Trois conjurations italiennes : Florence (1575), Parme (1611), Gênes (1628)

A Florence, les conjurations deviennent nombreuses et décisives avec le moment médicéen. La majorité d'entre elles cherche en effet à mettre à bas la "seigneurie" des Médicis pour restaurer les anciennes institutions républicaines, qu'il s'agisse de la conjuration de Luca Pitti en 1465-1466, de celle des Pazzi en avril 1478, ou de celles qui, au XVIe siècle, marquent le maintien d'une forte opposition anti-médicéenne, comme celles de Pier Paolo Boscoli et Agostino Capponi en 1513, au lendemain de la restauration de 1512, du cardinal Soderini en 1522, ou, plus tardive, de Pandolfo Pucci en 1559. Certaines toutefois tentent d'imposer le retour des Médicis comme en août 1497, ou comme celle dite de Santo Spirito en faveur de Malatesta Baglioni, le 10 août 1530. Quelque soit leur objectif politique, toutes regroupent le plus souvent des jeunes gens des "meilleures" familles et se déroulent au sein d'un système social et politique oligarchique.

 

 

 

 

DIARIO FIORENTINO di Luca Landucci

Quinta parte

 

E a dì 9 di novenbre 1494, in domenica, circa a ore venti che sonava vespro, Piero di Lorenzo de'Medici volle andare alla Signoria in Palagio, e voleva menare seco e sua fanti armati. E non volendo la

Signoria se non lui sanza arme, non vi volle andare solo, e tornossi a dietro. E poi ritornava pure in piazza. E in questo cominciò a venire giente in piazza, e in un momento si cominciò a gridare in Palagio Popolo e libertà, e sonare a Parlamento, e gridare dalle finestre Popolo e libertà. E inmediato, venne in piazza el gonfalone del Bue, e dietro a lui venne Francesco Valori a cavallo, con alcuni altri cittadini a cavallo, tutti gridando Popolo e libertà; che fu el primo che venissi in piazza. E immediatamente, non passò un'ora, che fu in piazza tutti e gonfaloni e tutti e cittadini. Fu piena la piazza d'arme con grandissime grida Popolo e libertà. E benchè non s'intendessi pe'popolo che si volesse dire tanta novità, nondimeno a casa Piero de' Medici non v'andò molti cittadini. Andoronvi e Tornabuoni e anche qualch'altri cittadini, e vestironsi l' arme con molti fanti, che lui aveva ordinati, e uscirono nella via alla sua porta, gridando Palle. E Piero montò a cavallo per venire in piazza colla sua giente; e più volte si mosse e poi stava fermo. Credo che non si vide accompagnato da troppi cittadini, e anche gli dovette esser detto che la piazza era piena di cittadini armati. E in questo, el Cardinale suo fratello si mosse da casa, con molti fanti e con que' cittadini che v'erano, e venne giù pe' Corso insino in Orto Sa' Michele, gridando Popolo e libertà come gli altri; mostrando partirsi da Piero. E in effetto se gli fece inanzi la piazza, mostrandogli le punte con grande grida, chiamandogli traditori, e no'gli vollono acettare. Tornossi indietro non sanza pericolo. E

inmediato andò un bando, che ogni forestiere posassi l'arme, a pena delle forche, che n'andò uno al Canto della Macina, e un altro di poi nella Via de' Martegli, apresso al Chiassolino; a pena delle forche, chi dessi aiuto o favore a Piero de'Medici. E in questo tenpo vedesti abandonare Piero de'Medici d'alquanti, e posare l'arme. Chi si partiva di qua e chi di là, in modo che rimaneva con pochi. Onde el detto Piero si partì e andò verso la Porta a San Gallo; la qual porta aveva fatta tenere aperta da Giuliano suo fratello, con molti fanti e di fuori. E di fuora, aveva el signor Pagolo Orsini con cavagli, armato, per venire drento. No'gli parve tenpo; e aspettò Piero, e parve loro d'andarsene con Dio, e Giuliiano co' lui. El povero Cardinale, giovanetto, si rimase in casa, e io lo vidi alle sue finestre colle mani giunte ginocchioni, raccomandandosi a Dio. Quando lo vidi m'inteneri' assai; e giudicai che fusse un buon giovane e di buona ragione. E veduto partire Piero, si disse che trasvestì come frate, e ancora lui se n'andò con Dio. E in questo tenpo mandorono un bando in piazza, che chi amazzava Piero de' Medici guadagniassi dumila ducati, e chi amazzava el Cardinale n'avessi mille. E in questo tenpo uscì di piazza di molti fanti, che fu co' loro Iacopo de'Nerli; e andorono a casa ser Giovanni di ser Bartolomeo, e missonlo a sacco. E poi si volse la turba, e gridavano Antonio di Bernardo, e missolo anche lui a sacco, e così missono a sacco el Bargiello. Senpre multipricava la giente e 'l popolo per andare a rubare. E questo fu fatto inanzi fussi 24 ore, che fu ogni cosa in manco di 4 ore. Onde la Signoria mandò un bando, che non si mandassi a sacco più case, a pena delle forche. Onde tutti e gonfaloni andorono tutta notte per Firenze alla guardia della città, gridando senpre Popolo e libertà,

con torchi acesi, in modo che non si fece più male; ecetto che fu morto un certo famiglio del Bargiello in piazza, che gridò Palle. E in questo tenpo, Girolamo di Marabotto Tornabuoni e Pierantonio Carnesecchi, e altri di quella parte si rivolsono e gridavano Popolo e libertà come gli altri. E volendo entrare in piazza, fu volto loro le punte e menato loro per modo che le corazze gli salvorono; e andoronsi con Dio. Vero è ch'a Girolamo Tornabuoni gli fu cavato la corazza in Orto Sa'Michele, e raccomandandosi, gli fu salvato la vita. E Giovan Francesco Tornabuoni fu ferito nella gota malamente: si ritornò a casa. E nel prencipio del fatto e Franciosi, ch'erano aloggiati in Firenze, alcuni andorono co' l'arme dalla parte di Piero e gridavano, francia. Credo che fussino avisati ch'ell' era fra cittadini e cittadini, e che non facessino contro al Palagio, ch'egli errerebbono: e così feciono. Tornorono a casa e sanza arme s'andavano per la città.

E a dì 10 detto, lunedì, ritornorono e cittadini in piazza armati, e tuttavolta mandavano a pigliare giente. Fu preso Antonio di Bernardo, ser Giovanni di ser

Bartolomeo, ser Simone da Staggia, ser Ceccone di ser Barone, ser Lorenzo che stava in Dogana, Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, Piero Tornabuoni, cavati di casa. La Signoria mandò un bando, a pena delle forche, chi avessi o sapessi chi avessi beni di Piero de' Medici e del Cardinale suo fratello, e così di ser Giovanni e di ser Simone e di ser Piero che stava in casa e'Medici e d'Antonio di Bernardo e di ser Lorenzo di Dogana. E più mandorono un altro bando, che venissi al Consiglio tutti i veduti e seduti. Andovvi un grande numero di cittadini. E in questa mattina mandorono a sacco la casa del Cardinale che stava in Santo Antonio di Firenze. Mandoronvi e mazzieri, e feciono posare alcune cose ultime che vi restorono.

E a dì 11 detto, martedì, venne uno in piazza, di fuori della Porta [alla] +, e disse avere lasciato indietro giente d'arme e fanti che venivano verso Firenze, di Piero de' Medici. Inmediatamente si cominciò a gridare Popolo e libertà, e in manco di mezza ora fu in arme tutta la città, corendo in piazza di tanta prontitudine, che mai si vide simile unione, così presto, piccoli e grandi, con tante grida Popolo e libertà. Credo che se fussi venuto tutto 'l mondo, non arebbe spuntato tale unione; per tal modo che fu permesso dal Signore che si facessi una tal pruova di questo popolo, in questo tenpo pericoloso de' Franciosi, che tuttavolta entravano

in Firenze con cattivo animo di mettere Firenze a sacco. E veduto un popolo a ordine di questa natura, mancorono d'animo assai. E inteso la verità, che non veniva giente, si mandò bando che si posassi l'arme e fu in sull'otta del desinare. E nondimeno rimasono senpre alla guardia e gonfaloni, di dì e di notte, con buona giente; e tuttavolta entrava molti cavagli e giente del Re di Francia. E la Signoria fece aprire tutta la Porta di San Friano. E in questa sera, el Re di Francia albergò a Enpoli, e venne inanzi al Re più di 6 mila persone e co'lui altrettante, e dietro a lui altre 6 mila. E in questo dì aleggierirono le gabelle e feciono grazie grandi.

E a dì 12 detto, mercoledì, ritornò Lorenzo di Piero Francesco de'Medici, e desinò alla sua casa della Gora, e la sera medesima andò incontro al Re, che veniva 'albergo a Legniaia, in casa Piero Capponi. E in questo dì, fu preso el Bargiello nella chiesa de' Servi. E in questo dì, venne più Franciosi che negli altri dì, e enpierono tutte le case de' cittadini, e anche de' poveri, insino tutto Camaldoli.

E a dì 13 novenbre detto, giovedi, ci fu nuove ch'e Pisani avevano corso Pisa e presa per loro, e tolsono un certo marzocco di marmo e stracinorolo per tutta Pisa, e poi lo gittorono in Arno, gridando: Libertà. E

più ci fu nuove che Piero de' Medici e' frategli erano a Bologna; e qui entrava tanti Franciosi, Svizoli e tanta ciurma, in modo ch' era grande confusione e spavento e sospetto a ogni condizione di giente. Pensi ogniuno che cosa era avere quella ciurma per le case, e non avere levato di casa nulla e trovarsi colle donne, e avere a servigli di ciò che bisognava, con grandissimo disagio.

E a dì 14 detto, venerdì, entrò drento Lorenzo di Piero Francesco de' Medici e 'l fratello, e alcuni altri usciti e confinati, perchè avevano ribanditi tutti gli usciti dal trentaquatro in qua. E sappi che 'l detto Lorenzo de' Medici e 'l fratello ancora loro erano isbanditi. E già erano piene tutte le case.

E a dì 15 di novenbre 1494, sabato, entrava tuttavolta gran giente, e qui s'ordinava di fare un grande onore al Re.

E a dì 16 detto, domenica, si fece grande apparato pe' Re, in casa Piero de' Medici, e massime alla porta del palagio de' Medici. Feciono due grande colonne di fuori, che mettevano in mezzo la porta, con tanti adornamenti, e arme del Re di Francia, che non si potrebbe dire. Era veramente una cosa trionfale, tante erano grandi e ben fatte ogni cosa. Non ti dico nulla drento com'era apparato. E fecesi spiritegli e giganti, e triunfi andare per la terra, e feciono el dificio della Nunziata, con tante gale e arme di Francia per tutto Firenze. E feciono sopra la porta del Palagio de'Signori la detta arme del Re, grande e magna con tanti ornamenti.

E a dì 17 di novenbre 1494, entrò in Firenze el Re di Francia, alle 22 ore. Giunse alla porta a San Friano e andò per piazza, e andorono tanto adagio che gli era 24 ore, quando entro in Santa Maria del Fiore. Scavalcò alle scalee, e andò all'altare maggiore, con tanti torchi, che dalla porta insino all'altare maggiore erano doppi, che lasciavano una via per mezzo netta di giente; e per quella andò con sua baroni e cittadini, insino all'altare maggiore, con tanto tomulto di grida Viva Francia: mai fu sentito maggiore al mondo. Pensa ch'egli era tutto Firenze tra in chiesa e fuori. Ogniuno gridava, piccoli e grandi e vecchi e giovani, tutti d'un animo vero, sanz' adulazione. E vedutolo a piede, parve al popolo un poco diminuta la fama; perchè invero era molto piccolo uomo. Nondimeno non era niuno che nollo amassi di buon cuore, e da dovere. Così fussi stato agievole a dagliene a intendere ch'ogniuno à el corpo pieno di gigli, e che ogniuno gli va in verità; in tanto, che doverebbe amare noi singularmente, e fidarsi di noi d'ogni e qualunche cosa. E questa è cosa vera, e vedrallo per l'avenire la gran fede de'Fiorentini. E uscito di chiesa, rimontò a cavallo e andò a scavalcare a casa di Piero de'Medici al suo palazzo, senpre gridando Viva Francia; che mai fu fatta tanta alegrezza, e tanto onore d'un animo buono e non fitto, sperando in lui ogni nostra pace e riposo. E finalmente non fu così, perchè ci tolse Pisa e donolla a'Pisani, chè non poteva nè doveva farlo; perchè dètte quello che non era suo.

E a dì 18 di novenbre 1494, martedì, el detto Re andò a udire messa in Sa' Lorenzo, e io stetti alla medesima messa e molto lo vidi d'apresso in detto San Lorenzo.

E a dì 19 detto, mercoledì, udì pure messa in Sa' Lorenzo, e poi el dì andò per Firenze e a spasso; e volle vedere e lioni, pure a cavallo. E volle che si cavassi di prigione alcuni ch'erano nel palagio del Capitano, per casi di Stato, che fu un ser Lorenzo e uno Andrea e altri presi; e fugli conceduto di fatto, perchè nel passare quivi volle fare quello beneficio agl' incarcerati.

E a dì 20 detto, giovedì, non ci fu altro se non che per la città molto si mormorava come el Re voleva rimettere Piero de' Medici in Firenze; e pareva ch'e cittadini di stato si contristassino di questo.

E a dì 21 detto, venerdì, circa a ore 21, e Signori avevano mandato per Consiglio e de' più degni uomini della città, e proposto loro come el Re aveva detto una cosa, e al presente ne voleva un'altra, e come e' chiedeva di rimettere Piero de'Medici, e che consigliassino quello s'aveva a rispondere. E in effetto fu risposto da tutti, che per niente non si consentissi del tornare, ancora che'l Re volessi lui; e che si rispondessi al Re, che ogni altra cosa che quella gli sarebbe ceduta. E più, fu consigliato da tutti e cittadini, che se gli era di bisogno

pigliare l'arme, che si facessi contro al Re e a ognuno che volessi dire el contrario, dicendo: se 'l Re à 20 mila persone, noi n'aremo 50 mila de' nostri propi dientro. Mostroron non avere paura del Re, e qui si mostrò avere partorito un grande odio fra' cittadini e questo Piero de' Medici; donde si nasca lo sa el Signore. E in questo tenpo, come piaque a Dio, cominciò un poco di scandolo in Piaza de' Signori; esendo tutto el popolo in sospetto e sollevato a ogni piccolo romore, aspettando tuttavolta qualche cosa pericolosa. Si stava in grande timore e quasi ismarriti; e massime avere le case piene di Franciosi. E tuttavolta si sentiva dire che 'l Re aveva promesso a' soldati Firenze a sacco. E [per] questo poco di scandolo della piazza, ogniuno correva a casa e serravasi tutte le botteghe, e chi mandava panni a casa e chi drappi, dove credeva essere più sicuro. E questo sospetto era così tacitamente, sanza parlare; onde molti Franciosi, non manco ismarriti di noi, pigliavano l'arme, e presono la Porta di San Friano e' ponti per sospetto di loro, per potersene andare a lor posta. E forse avevano inanzi così ordinato infra loro, quando fussi loro bisogno. Onde la Signoria con quello Consiglio che consultorono le sopradette cose, inteso che ogniuno serrava le botteghe, ancora più caldamente vidono el pericolo d'essa tornata di Piero. Allora e Signori inposono al sopradetto Consiglio, e massime a' più degni uomini, ch'andassino al Re e mostrassino el pericolo della città, e che fussi contento nollo chiedere, che gli anderebbe male tutta la città e ogniuno; e simile parole. Onde el Re, veduto e cittadini così disposti, e veduto el pericolo ancora suo, rispuose: Io non sono qui per conturbare ma per pacificare, e se io ò ragionato di tal cosa, credevo fare piacere al popolo e a ogniuno. E

che non voleva altro per niente che l'università; e che per lui non si ragionassi di sua tornata. Allora e cittadini offersono al Re: Quello che v'e di piacere volere da questa libertà, siano senpre parati al vostro aiuto. Allora el Re chiese, che voleva che la città di Firenze gli prestassi 120 migliaia di fiorini, pagati al presente 50 mila, e per tutto luglio 70 mila, e poi ogn'anno, durante la guerra, ne prestassino 12 mila l'anno; e che dopo la guerra lasciare libera la nostra città d'ogni e qualunche cosa, e così morendo lui, lasciarla libera; aquistando o non aquistando, senpre libera. Ma voleva solo queste fortezze di Pisa e alcune altre che gli aveva prese di Serzana e altre, affine di potere tornare indietro a sua posta. No gli fu risposto allora. Al fatto de' fiorini presono tenpo; così si disse per ogniuno.

E a dì 22 detto, sabato, si stava in grande timore dell'andare a sacco, e si diceva: E' non vuole soscrivere l'accordo; quest'è cattivo segno. E tuttavolta la giente del Re s'insignoriva più della città; non lasciavano arme a' cittadini, di dì nè di notte, che la toglievano, e davano bastonate e coltellate; e niuno non parlava nè andava fuori, da l'Ave Maria in là; e spogliavano la notte, e le lor guardie andavano tutta la notte per la città. Ogniuno era avilito e con grande timore. Come vedevano uno che portassi sassi, o chi portava ghiaia, facevano pazie e davano.

E a dì 23 detto, domenica, el Re andò fuora a cavallo con molta cavalleria, e venne per Borgo Sa' Lorenzo e alla Croce di San Giovanni; e quando fu presso alle scalee di Santa Maria del Fiore, girò e volsesi in verso e Servi; e andando pochi passi, si rivoltò un' altra volta, e andò dalla Croce di San Giovanni, e entrò drietro a San Giovanni, per quello Chiassolino stretto, e venne

sotto la Volta di San Giovanni, da' Cialdonai; che chi lo vidde si rideva, e diceva queste cose molto leggiere, e perdendo piutosto di fama che no. E andonne per Mercato vecchio, e andonne infino a San Felice in Piazza per vedere la festa di San Felice, che allora la facevano per suo conto, e giunti alla porta non vi volle entrare; e fecionla più volte e non vi entrò mai. Molti dissono che egli aveva paura e non si voleva rinchiudere, e questo ci mostrava che egli aveva più paura di noi; e guai a lui se cominciava, benchè vi fusse anche el nostro gran pericolo. Ma el Signore Iddio c'à sempre aiutati per l'orazioni de'servi del Signore e di tanti buoni e buone religiosi che sono in questa città, che vanno in verità a Dio. E in questi dì ci venne due ambasciadori Viniziani al Re, e più c'erano gli anbasciatori Genovesi al Re, e dicevasi che venivano per domandare Serezzana e altro.

E a dì 24 detto, lunedì, molto si bisbigliava infra 'l popolo co grande sospetto dicendo: questo Re non sa quello si voglia, non à ancora sottoscritto l'accordo.

E molti dicevano che alcuni sua consiglieri attendevano a sconciare, come fu un certo Signore di Bre, ch' era alloggiato in casa Giovanni Tornabuoni; che si diceva ch' egli aveva promesso ad alcuni di fare rimettere Piero de'Medici, e farlo dimandare al Re, e forse non fu vero. Questo era in oppenioni d'uomini. Onde el popolo stava in grandissimo timore; e ancora più, quando si disse ch'el Re aveva andare questa mattina a desinare in Palagio colla Signoria, e che gli aveva fatto cavare l'arme di Palagio, e lui voleva andare con molta arme, per modo ch'egli entrò el sospetto a tutto 'l popolo, che ognuno attese questa mattina a rienpiere le case di pane e d'arme e di sassi e afforzarsi in casa quanto era possibile, con propositi e animi ognuno volere morire co l'arme in mano e ammazzare ognuno, se bisognassi, al modo del vespro Ciciliano. E fu tanto el timore, che fece caso, in su l'ora del mangiare, si cominciò a dire serra serra, e tutto Firenze serrò, fuggendo chi quà e chi là sanza altra causa, o altro romore; onde molti Franciosi corsono alla Porta a San Friano e presono el Ponte alla Carraia. E in Borgo Ognissanti e in Palazzuolo e in Borgo San Friano furono tanti e sassi dalle finestre, che non poterono pigliare le porte; e dimandando che cosa fussi, niuno el sapeva. Onde el Re non andò a desinare in Palagio. Fu una permissione divina che gli entrasse tanto sospetto da ogni parte, che fu causa che mutorono l'animo loro cattivo in verso di noi che l'

avevamo buono. Ognuno può vedere che Iddio non abbandona Firenze, ma noi siamo troppi ingrati. E in questo dì ci fu come el canpo del Re, che egli aveva per la Romagna, passava di qua e da Dicomano.

E a dì 25 detto, martedì, non ci fu altro se non che Franciosi avevano tanta paura che facevano guardie la notte e 'l dì; toglievano arme e spogliavano chiunche e' trovavano la notte, per modo che la notte ne fu morti e feriti alcuni di loro da questi Fiorentini bravi, ch'avevano fatto pensiero d'ammazzargli quando gli trovavano fuori di notte. E se gli avevono a star più, l'arebbono fatto, che sarebbe stato quello che ci arebbe fatto capitar male. Sempre certi leggieri pericolono le città, che non pensano che cosa è attizzare el fuoco: alle volte uno che non vale un danaio farà isdegnare un Re per qualche sua leggerezza, sanza colpa della città.

E a dì 26 detto, mercoledì, el Re andò, insieme colla Signoria, a udire messa in Santa Maria del Fiore, e quivi giurò osservare e capitoli ch'erano compilati, che furono questi: che noi gli dovessimo prestare 120 migliara di fiorini, dargli al presente 50 mila fiorini e 'l resto per tutto luglio 1494, e che lui ci dovessi rendere e lasciare le fortezze di Pisa e tutte le altre cose, e lasciare le nostre terre libere e spedite, e che Piero de'Medici restassi confinato 100 miglia discosto da Firenze, e che gli fussi levato el bando della taglia di fiorini 2000 e così si levassi a' frategli. Tutto questo giurò osservare in su l'altare di detta Santa Maria del Fiore, innanzi a Cristo Giesù, come parola di re.

E a dì 27 detto, giovedi, andò el Re fuori a vedere certi padiglioni distesi in sul Prato d'Ognisanti, chè gli aveva mandato el Duca di Ferrara a donare al Re, chè ve n'era uno pe' Re, molto bella cosa, el quale aveva sala, camera e cappella, e molte belle cose. Dovevasi partire questa mattina e nol fece: sonassi a gloria e fecesi fuochi. E in questa mattina giunse a Dicomano molti uomini d'arme di quegli del Re che venivano di Romagna: alloggiorono a Dicomano, e insino al luogo mio c'avemo forse 20 cavagli. Lasciavi Benedetto mio figliuolo molto giovanetto, ch'andò più volte a pericolo che nollo ammazzassino, avvenga che facessi loro onore assai, com'io gli imposi; chè ci costorono assai. Alloggiorono per tutto el Val di Sieve, e in sino al Ponte a Sieve e per insino alle Sieci; poi andorono per Valdarno di sopra.

E a dì 28 di novenbre 1494, venerdì, si partì el Re di Firenze, dopo desinare, e andò albergo alla Certosa, e tutta sua gente gli andò dietro e innanzi, che poche ce ne rimase. E dissesi che fra Girolamo da Ferrara, famoso nostro predicatore, andò al Re, e dissegli che non faceva la volontà di Dio, allo stare, e che dovessi partire. E più si disse che v'andò una altra volta quando vedeva che non si partiva, e dissegli che non faceva la

volontà di Dio, e che 'l male che doveva essere sopra altri, tornerebbe sopra di lui. E questo si stimò che fussi la causa che si partì più presto, perchè detto frate Girolamo in questo tempo era in oppenione degli uomini che fussi profeta e di santa vita, in Firenze e per tutta l'Italia. E in questo dì, venne in Firenze el suo Capitano della gente sua di Romagna, ch'aveva nome el signore Begnì, e disse al Re, un poco sopra mano, che si dovessi partire per ogni modo, che 'l tempo era prospero e ch'egli andassi innanzi; e mostrò averlo per male l'essere soprastato. E di fatto el Re si partì perchè prestava più fede a questo Signore che a tutto 'l resto: e meritamente ch'era uno uomo molto savio e buono, secondo che si diceva; e questa fu la cagione potissima del partir presto.

E a dì 29 detto, sabato, el resto del campo del Re ch'era in Romagna, passò di quà e venne da San Godenzo e a Dicomano e al Ponte a Sieve, e poi per Valdarno di sopra, facendo molto danno. E a Corella ammazzarono circa undici uomini e presono prigioni e posono taglie, guastando tutto 'l paese come fussi una fiamma di fuoco. E a me fu rotto el muro della casa, e rotto tutti e serrami, e entrato per forza al mio podere, e feciommi molto danno, e consumorommi vino e biada, e portoronne alcune masserizie ch'attagliavano loro; e quelli di Corella ch'egli ammazzarono, furono certi uomini vecchi, per

accettargli, e non intesano l'uno l'altro. È ben vero che prima si feciono innanzi certi giovani per ributtargli, ma quei vecchi facendogli tirare indietro; e quei Franciosi bestiali dettono a quei vecchi su per la testa e lasciorongli morti pe' campi, e per tutto feciono crudeltà.

E a dì 30 detto, non ci fu altro se non parlare delle crudeltà ch' egli avevano fatto per tutto.

E a dì primo di dicenbre 1494, lunedì, quel medesimo. Tuttavolta passavano per Valdisieve el restante del campo di Romagna.

E a dì 2 di dicenbre 1494, martedì, si fece Parlamento in Piazza de' Signori, circa a ore 22, e venne in piazza tutti e gonfaloni, che ogniuno aveva dietro tutti e sua cittadini sanza arme. Solo fu ordinato armati assai alle bocche di piazza; e lessesi molte cose e statuti che furono parecchi fogli scritti. E prima fu dimandato al popolo se in piazza era e due terzi de' cittadini. Fu risposto da' circunstanti che sì. Alora si cominciò a leggere: e dissono ne' detti capitoli, ch' annullavano tutte le leggi dal trentaquattro in quà e annullavano e Settanta e' Dieci e Otto di Balìa, e che si dovessi fare col Consiglio del Popolo e Comune, e serrare le borse e fare a tratte, come si soleva vivere a Comune; e fare uno isquittino più presto si potrà. E per al presente facevano 20 uomini de'più nobili e savi, c'avessino a fare al presente la Signoria e gli altri Offici, insieme colla Signoria e' Collegi, tanto fussi ordinato lo squittino. E di poi si stessi contento alla sorte, sempre. E detti 20 uomini si toglieva di loro dieci ch'avessino a badare alla guerra di Pisa, e altro che bisognassi.

E a dì 3 detto, mercoledì, si fece e detti 20 uomini; e feciono e Dieci della guerra, e altri ufici.

E a dì 4 detto, giovedì, venne in Firenze l'anbasceria del Duca di Milano.

E a dì 5 detto, venerdì, gli Otto cominciorono a pigliare certi cittadini e mandargli al Podestà, che facessi loro ragione.

E a dì 6 detto, sabato, predicò frate Girolamo e ordinò una limosina pei poveri vergogniosi, la quale s'ordinò in 4 Chiese: in Santa Maria del Fiore, in Santa Maria Novella, in Santa + e in Santo Spirito; la quale si dètte el dì seguente, la domenica. E fu sì grande da non poterla stimare, d'oro e d'ariento, panni lani e lini, drappi e perle e altro: ogniuno porgieva con tanto amore e carità.

E a dì 7 detto, domenica, si fece detta oferta. E predicò pure in Santa Maria del Fiore, e ordinò che si facessi una processione, a ringraziare Iddio dei benifici ricevuti.

E a dì 8 detto, lunedì, si fece la processione, e tutta volta s'oferse pe' detti vergognosi, che non fu manco. Fu una processione molto maravigliosa, di sì grande numero d'uomini e di donne d'una stima grandissima, e con tanto ordine e ubidienza del Frate, che comandò che niuna donna non istessi su pe' muriccioli, ma stessino drento alle lor case, coll'uscio aperto chi voleva; in tanto che non aresti trovato una donna su pegli usci

o moricciuoli. Fu con tanta divozione che non si farebbe forse un'altra volta. Non fu manco limosina che la prima della domenica. Non ebbi el vero del numero della limosina, ma furono migliaia di fiorini.

E a dì 9 detto, martedì, mandorono un bando che Piero de' Medici fussi confinato fuori del tenitorio dei Fiorentini miglia 100.

E a dì 10 detto, mercoledì, si trovava tuttavolta danari avevano nascosi in Dogana, sotto carboni e sotto aguti, e in più luoghi, che confessavano ognindì e detti cittadini presi. E più si diceva che 'l Re era giunto in Viterbo e che 'l Papa s'accordava a dargli passo.

E a dì 11 detto, giovedì, venne in Firenze una soma di danari trovati a Pistoia, che gli aveva nascosti Salvalaglio negli Ingiesuati. Tuttavolta si martoriava Antonio di Bernardo e ser Giovanni di ser Bartolommeo, e confessavano queste cose.

E a dì 12 detto, venerdì, fu inpiccato Antonio di Bernardo di Miniato, la mattina inanzi dì, alle finestre del Capitano; e stettevi inpiccato insino alle 24 ore. E in questi dì e Franciosi aveano tolto seta de' Fiorentini, che veniva di Levante qua, in quello di Cortona, che valeva 40 mila fiorini, e nolla volevano rendere. Pure la renderono col tempo, benchè costassi assai.

E a dì 13 di dicenbre 1494, sabato, c'era nuove che 'l Re segnava le case in Roma.

E a dì 14 detto, domenica, si disse come 'l Re era in Viterbo, e facevano delle cose bestiali come feciono qui.

E a dì 14 detto, domenica, ci fu come in Roma avevano cacciato e segniatori, e morti molti Franciosi, e che si volevano difendere e no' gli accettare in Roma.

E a dì 14 detto, domenica, ci fu come e Cardinali, insieme col Papa, erano entrati in Castello Sant'Agnolo, con animo di tenersi, e tagliato e ponti, ecetto che quello di Castello Sant'Agnolo, e che v'era venuto el Duca di Calavria con molta forza; sì che qui si giudicava ch'e Franciosi avessino a capitare male, e anche si disse, che 'l Re aveva mandato un bando in Pisa che e Pisani dovessino tornare sotto e Fiorentini; altrimenti e Fiorentini faciessino loro tal guerra che gli disfacessino in tutto, alle spese del detto Re di Francia; cioè ch'e danari che egli aveva avere, servissino per tale spesa, e finalmente non era vero, ma pasceva senpre di parole.

E a dì detto, frate Girolamo molto s'affaticava in pergamo, che Firenze pigliassi una buona forma di governo, e predicava in Santa Maria del Fiore ogni giorno; e questa mattina, che fu in domenica, predicò, e non volle donne, ma uomini; e volle e Signori, che non rimase se none el Gonfaloniere e uno de' Signori in Palagio; e fuvi tutti gli Uficj di Firenze: e predicava tutta volta intorno al fatto dello Stato, e che si dovessi amare e temere Iddio, e amare el bene comune; e che

niuno non volessi più levare el capo e farsi grande. Senpre favoriva el popolo; e tutta volta diceva che non si facessi sangue, ma punissesi per altra via; e così predicava ogni mattina. E fecesi più forme, ed era grande controversia fra' cittadini, in modo che ognindì si stava per sonare a parlamento.

E a dì 15 detto, lunedì, quel medesimo. E tuttavolta c'era nuove di Pisa che si tenevano forte e scorrevano per tutto, predando e facendo danno assai con ogni animo.

E a dì 16, martedi, pure colle prediche del detto Frate.

E a dì 19 detto, venerdì, si portò su in Palagio molte bozze di governo. Ogni gonfaloniere fece una bozza, come aveva detto el Frate.

E a dì 21 detto, domenica, predicò; e ancora non volle donne: predicò pure di Stato, e tuttavolta si stava in tremore, che non s'accordavano e cittadini. Chi la voleva lessa e chi arosto, chi andava secondo el Frate, e chi gli era contro; e se non fussi questo Frate, si vieniva al sangue.

E in questa sera, come permisse el Signore, circa a 2 ore di notte, tra' Ferravecchi, presso alla Volta della Luna, Benedetto mio figliuolo gli fu dato una coltellata in sul viso a traverso alla gota e non fu piccola; della quale non sapemo mai da chi. Crediàno fussi colto in iscanbio, non avendo fatto dispiacere a niuno, nè aveva d'alcuno sospetto: fu pe'nostri altri peccati. Della quale ingiuria gli perdono liberamente, come io voglio che 'l Signore perdoni a me, e priego Iddio che gli perdoni, e per questo non gli dia l'inferno.

E a dì 22 di dicenbre, lunedì, dicevasi che 'l Re era in Viterbo, e tuttavolta si ragionava de' Franciosi, di

Roma, di Pisa; e come Roma non voleva dare el passo. Ed eravi giunto el Duca di Calavria, per fargli risistenza.

E in questo dì, vinsono in Palagio molte cose: Chi ammazzava non potessi mai tornare a Firenze: e sopra el vizio inominabile, una leggie che chi fussi trovato la prima volta, stessi in gogna; la seconda, fussi suggiellato alla colonna; la terza, fussi arso; e più altre leggi, con ordine tutte del Frate.

E a dì 25 di dicenbre 1494, fu la Pasqua. E non si faceva se non ragionare de' Franciosi, come a Roma erano giunti, e come la strignevano, e come avevano preso San Pagolo, e fatto ponti di legname.

E a dì 28 di dicenbre 1494, domenica, predicò frate Girolamo, e non volle donne. Ebbe un grande popolo; ch'era giudicato alle sue prediche quasi senpre 13 o 14 migliaia di persone. Stavasi tuttavolta con grande sospetto: dubitavasi di qualche scandolo, in questo prencipio di nuovo governo.

E a dì 29 detto, si trasse e Signori nuovi; cioè un nuovo modo di fare e Signori. E 'l primo Gonfaloniere fu uno de' Corbizi, che non fu sanza dolce alegrezza, parendo un governo popolare e più comune.

E a dì 30 detto, martedì, si fece inbasciadori a Pisa, che fu Piero Capponi e Francesco Valori, insieme con Franciosi, e lettere del Re, come ci fussi renduto Pisa.

E in effetto se ne feciono beffe in modo, ch' el popolo stimò che 'l Re ci dondolassi e ingannassi; e stimossi trista novella come in effetto fu.

E a dì 31 detto, mercoledì, ci fu come certe navi del Re erano andate a traverso, che gli portavano dietro vettuvaglia assai, che gli fu cattiva nuova.

E a dì primo di giennaio 1494, entrò la nuova Signoria, e fu una alegrezza grande vedere tutta la Piazza de' Signori calcata di cittadini, altrimenti che l' altre volte, come cosa nuova, ringraziando Iddio ch'aveva dato questo comune governo a Firenze, e cavati di suggiettitudine: e tutto era ordine del Frate.

E a dì 2 detto, venerdì, feciono dua anbasciadori a Milano, che fu messer Luca Corsini, e Giovanni Cavalcanti. Andorono onorevolmente.

E a dì 3 detto, sabato, tornorono gli inbasciadori da Pisa e non avevano conchiuso nulla; e dubitavasi assai di questa Pisa. E più si diceva, come Piero de' Medici era andato al Re di Francia a dolersi dell'essere stato cacciato, per avere tenuta la parte sua; e ch'egli aveva avuto buone parole da lui; e come detto Piero minacciava, e massime un certo Girolamo Martegli, ch' era sopra ritrovare la roba occulta di detto Piero.

E in detto dì, fu dato sentenzia che ser Giovanni di ser Bartolomeo andassi a Volterra in un fondo d'una rocca; e ser Zanobi, che stava agli Otto, fu condannato in fiorini 500 e confinato in Firenze; e ser Ceccone fu confinato nelle Stinche, con altri presi.

E a dì 4 di giennaio 1494, domenica, ci fu come el Re di Francia era entrato in Roma d'accordo; e nondimeno non gli dettono Castel Sant'Agnolo. Dissesi ch'egli aveva saccheggiato gli Orsini.

E a dì 6 detto, martedì, la Pifania, gli Otto cercando di danari, trovorono in Sa' Marco 1200 fiorini di quelli di ser Giovanni. Alcuni davano carico al frate Girolamo; onde, predicando, poi si scusò e disse no ne avere avuto notizia di detti danari, nè n'era stato richiesto di tal cosa.

E a dì 7 detto, mercoledì, gli uomini che furono fatti a fare grazie, si ragunorono nel Vescovado e cominciorono a fare grazie; e furono sì grandi e magne, che chi avessi avuto debito miglia' di fiorini, pagava una coppia o due di fiorini. Furono sanza misura. Imitorono el Signore che fa così.

E a dì 8 detto, giovedì, si disse che 'l Re di Francia voleva Castel Sant'Agnolo e 'l Papa e' Cardinali e 'l fratello del Turco, ch'erano in detto Castello Sant'Agnolo.

E a dì 9 detto, venerdì, ci fu come el Re aveva fatto licenziare certe sete de' Fiorentini, ch' avevano tolto

e Franciosi, e ch' ell' erano nelle mani de' Fiorentini in Roma; e come trattava bene la Nazione fiorentina. E ognindì passava cavagli e some di panni di Francia, ch' andavano al canpo di Roma de' Franciosi.

E a dì 11 di giennaio 1494, domenica, predicò frate Girolamo e scusossi assai, e disse molto sopra la riforma della città; e come c'era diavoli che tiravano adietro el vivere a Comune; e come loro scrivevano lettere contrafatte, che paressi che 'l Frate dessi speranza a Piero de' Medici che tornassi, per farlo in disgrazia del popolo. E non di meno e' non era vero: che 'l Frate teneva col popolo, e col bene comune. Fu molto infamato da questi golpini, a torto; che la verità sta senpre di sopra. Vero è ch'egli augumentò senpre questo vivere popolare.

E a dì 12 detto, lunedì, si fece fanti per a Pisa, e mandavansi via, e facevasi disegno d'averla in corto tenpo.

E a dì 13 detto, martedì, feciono venire le bonbarde d'Arezzo e mandavansi giù a Pisa, e molte spingarde, e polvere assai. E tuttavolta si praticava la pace qui, tralla discordia de' cittadini.

E a dì 17 detto, sabato, predicò frate Girolamo; e molto s'inpacciava di questa pace e unione de'cittadini; e molti cittadini si cominciarono a scandalizzarsi contro al Frate dicendo: Questo frataccio ci fa capitare male.

E a dì 18 detto, domenica, si bandì un accatto di 100 mila fiorini, porre a tutti e cittadini; e molto isbigottì el popolo, e quasi si fermò ogniuno di lavorare; e stavasi malcontenti. Ogniuno diceva: Così non può

stare; e' poveri che vivono solo di manifatture si morranno di fame, àranno a stare colle limosine di San Martino.

E a dì 20 di giennaio 1494, ci venne molti Fiorentini, circa 400, scacciati da Pisa da' Pisani, e lasciorono le lor donne e' figliuoli e lor botteghe, e furono molto male trattati. E molto si parlava delle pazzie loro.

E a dì 21 detto, andorono via e commessarii di qui a Pisa, e menorono co' loro molti bravi e giovani molto inanimati a fare loro ogni male. E anche si soldava molta giente; e di quello di Pistoia v'andò molti fanti, e di tutto el contado, sanza soldo. Ogniuno correva là, stimando mandare a sacco tutto el paese, per modo che v'andò grande popolo. Ogniuno stimava poco el loro potere, ma non fu così, come si vedrà per l'avenire, che furono molto costanti e uniti alla loro difesa.

E a dì 22 detto 1494, ci venne uno inbasciadore dello 'Nperadore, ch'andava a Roma al Re di Francia.

E a dì 23 di giennaio 1494, si mandava a Pisa tuttavolta giente assai.

E a dì 25 detto, predicò frate Girolamo, e chiese licenza, e disse avere andare a Lucca. Molto dispiacque al popolo.

E a dì 27 di giennaio 1494, si ragunò el Consiglio Maggiore, e feciono uno Consiglio d'80 uomini che, insieme colla Signoria, avessino a fare inbasciadori e rispondere alle lettere, e molte altre cose.

E a dì 28 detto, ci fu come avevano avuti molti Castellucci de' Pisani, e scorrevano tutto el paese.

E a dì 31 di giennaio 1494, vollono vincere negli Ottanta certe cose; non vinsono.

E a dì primo di febraio 1494, non si vinceva nulla, perchè dicevano non volere vincere se non si vinceva una gravezza a' beni.

E a dì 2 detto, ci fu come el Re di Francia aveva avuto rotta a Terracina, nel passare nel Reame, e morti centinaia d'uomini.

E a dì 4 di febraio 1494, si vinse negli Ottanta la gravezza a' beni.

E a dì 5 detto, si vinse nel Consiglio Maggiore la gravezza a' beni, cioè la Decima; con questo, ch'ella non si potessi porla più ch'una volta l'anno o meno.

E a dì 5 di febraio 1494, entra in Firenze el Cardinale Sammalò francioso, el quale aveva fatto Cardinale el Papa; el quale era passato di qua col Re di Francia, ch'era vescovo: e ora si tornava in Francia. Aveva molti cavagli. Aloggiò in Santa Maria Novella nella sala del Papa. E tuttavolta si diceva che 'l Re di Francia era in cattivo luogo e da dubitare.

E a dì 6 detto, se gli mandò el presente molto grande.

E a dì 8 detto, andò la Signoria a vicitarlo; e di poi, dopo desinare, vi mandorono otto cittadini, de' maggiori, a intendere quello voleva. E chiese e danari aveva avere el Re, e anche più 40 mila fiorini in prestanza.

E a dì 9 di febraio 1494, e Signori arsono tutte le polize delle inborsazioni, perchè dicevano s'erano inborsate secondo ch'era piaciuto 'alcuni cittadini grandi.

E a dì 11 detto, si praticava col Cardinale che ci rendessi Pisa, e voleva 70 mila fiorini.

E a dì 17 di febraio 1494, si partì di qui el

Cardinale Sa' Malò, e andò a Pisa per renderci Pisa. E andò co lui alcuni nostri cittadini, fra' quali fu Francesco Valori e Pagolantonio Soderini.

E a dì 18 detto, si bandì che si dessi le scritte della gravezza della Decima s'à porre a' beni, per tutto marzo.

E a dì 19 detto, ci fu nuove che 'l Re aveva avuto rotta.

E a dì 20 detto, ci fu come gli aveva preso Gaeta.

E a dì 22 di febraio 1494, ci fu nuove che 'l Re di Francia aveva preso Capova ed era presso a Napoli. Stimavasi l'aquisterebbe presto.

E a dì 24 detto, venne in Firenze el Cardinale Sa' Malò da Pisa e non ce la fece rendere. E dissesi che bisogniava averla per forza. E dicevasi che 'l Re vi teneva le mani, perocchè 'l Re teneva la cittadella nuova e vecchia.

E a dì 25 di febraio 1494, ci fu come el Re di Francia aveva preso Napoli, e come v'entrò drento a dì 21 detto, sanza colpo di spada. E 'l Re si fuggì nel Castello dell' Uovo. E qui si bandì con grande alegrezza, colle tronbe e pifferi, e fecesi serrare le botteghe e fare molti fuochi e panegli e grandissima festa, in memoria di tale aquisto.

E a dì 26 detto, si fece una grande procissione, e andovvi dietro el Cardinale Sa' Malò, e fecesi tre dì.

E a dì 27 detto, si partì di qui el Cardinale Sa' Malò ch'era venuto per renderci Pisa, e no ne volle fare

nulla, e portonne 22 migliaia di fiorini, e ritornossi verso Napoli al Re.

E a dì 2, lunedì, di marzo 1494, corsono e nostri in quello di Pisa e guastorono le mulina a' Pisani, e presono molti prigioni e bestiame.

E a dì 4 di marzo 1494, ci fu lettere dal Re di Francia molte grate, come gli aveva avuto caro che noi avessino fatto festa dell'avuta di Napoli.

E a dì 5 di marzo 1494, si fece 4 anbasciadori al Re di Francia e di Napoli, che fu messer Guido Antonio, Pagolo Antonio Soderini, el Vescovo de'Pazzi e Lorenzo di Piero Francesco de' Medici.

E a dì 6 detto, molto si ragionava, che vuoi dire che 'l Re non ci rende Pisa, vedendoci tanti amici della corona sua, e anche avendocela promessa all'avuta di Napoli.

E a dì 10 di marzo 1494, andò Piero Capponi al canpo di Pisa e portò danari a' soldati.

E a dì 13 detto, si diceva che 'l Re di Francia voleva tornare indietro.

E a dì 16 di marzo 1494, si praticava la pace de' cittadini, e levare l'autorità alle sei fave; e vinsesi tra' Signori e Colegi.

E a dì 18 detto, si vinse negli Ottanta.

E a dì 19 detto, si vinse nel Consiglio Maggiore. E disse la pitizione che non si riconoscessi fatti di Stato dal dì della cacciata di Piero de' Medici, ecetto che de' danari; e che la Signoria non potessi confinare, sanza el Consiglio Maggiore.

E a dì 22 di marzo 1494, ci fu come el Re aveva preso Castello de l' Uovo.

E a dì 26 di marzo 1495, si faceva qui fanti assai per Pisa.

E a dì primo d'aprile 1495, predicò frate Girolamo, e disse e testificò come la Vergine Maria gli aveva rivelato come la città di Firenze aveva a essere la più groriosa, la più ricca, la più potente ch' ella fussi mai, dopo molte fatiche; e promettevalo assolutamente. E diceva tutte queste cose come profeta; e la maggiore parte del popolo gli credeva; massime chi andava bene, sanza passione di Stato o di parte.

E a dì 2 detto, si disse che gli era fatto una lega, Veniziani, Duca di Milano, Inperadore, el Papa, el Re di Spagna, Gienovesi; e dato tenpo a noi tutto aprile detto a entrare.

E a dì 5 d'aprile 1495, ci fu come el Re di Francia aveva aquistato tutto el Reame; e che 'l Re di Napoli s'era fuggito in Ischia, come perduto la speranza.

E a dì 7 detto, ci fu come 'l Re voleva tornare di qua.

E a dì 8 d'aprile 1495, predicò frate Girolamo in Palagio, e confermò tutto quello aveva detto per passato.

E a dì 9 detto, ci fu come el Re di Francia aveva mandato a chiedere tutto di là d'Arno per abitazione; e dicevasi che ci voleva rendere Pisa.

E a dì 13 d'aprile 1495, ci fu come e nostri soldati erano scorsi in quel di Pisa, e predato insino a San Piero in Grado; e presono molto bestiame.

E a dì 17 detto, ci fu come e Pisani avevano predato in sul nostro, e scorso in quello di Pescia.

E a dì 21 d'aprile 1495, ci fu com' e Pisani erano a canpo a Librafatta, e che la strignevano forte.

E a dì 22 detto, e nostri si missono a ordine per andargli a trovare; e si levorono da canpo e non aspettorono. E nostri v'andorono e tolsono loro l'artiglierie.

E a dì 25 di aprile 1495, ci fu come s'erono appiccati, e morti assai e prigioni dell' una parte e dell'altra. E un certo nostro caporale, ch'aveva nome Francesco Roverso, era scorso insino alle porte di Pisa, e rimase prigione.

E a dì 26 detto, si diceva molto per la città che alcuni cittadini c'ingannavano, che non lasciavano riavere Pisa, e varie cose trattavano col Re, e forse non era. Facevano venire certi caporali per intendere el vero; e tuttavolta si stava in confusione e mali uniti.

E a dì 28 d'aprile 1495, si diceva che 'l Re di Francia tornava in qua. E benchè paressi amico, e che gli

avessi inteso che noi avàno caro l'aquisto suo, nondimeno ogniuno l'aspettava con pagura di non n'andare un tratto a sacco. Niuno si fidava della sua amicizia.

E a dì 3 di maggio 1495, predicava frate Girolamo e confortava molto el popolo che non capiterebbe male.

E a dì 9 detto, venne a Pisa circa 400 franciosi, mandati dal Re i' nostro aiuto.

E a dì 11 di maggio, si vinse che si facessino e Dieci nel Consiglio.

E a dì 16 detto, fu preso due figliuoli di Giovanni dell'Antella. E mandorono per uno loro fratello ch'era commessario in Romagna, e dettono loro di molta fune; e confessorono un trattato che facevano per rimettere Piero de'Medici in Firenze.

E a dì 17 di maggio 1495, ci fu come quegli di Librafatta avevano dato una rotta a' Pisani.

E a dì 18 detto, venne preso quello dell'Antella.

E a dì 20 di maggio 1495, ci fu come Librafatta s'era perduta per mancamento d'aiuto.

E a dì 21 detto, si vinse di porre un balzello, che fu la disfazione della città, e con grande dispiacere de' cittadini.

E a dì 23 di maggio 1495, ci fu come el Re di Francia s'era partito da Napoli e veniva in qua.

E a dì 24 di maggio 1495, fu voluto dare a frate Girolamo, nella Via del Cocomero, quando ebbe predicato.

E a dì 28 di maggio 1495, si mandò uno degli Albizi per staffetta al Re, perchè s'era inteso che gl'inbasciadori non andavano in verità; e forse non era vero.

E a dì 29 detto, feciono altri 3 inbasciadori al Re, per intendere el vero.

E a dì 31 di maggio 1495, si ragunò el Consiglio e Richiesti assai; e fecesi grande pratica sopra la venuta del Re. E infra l'altre, molto si disse che si chiedessi al Re due cose, la prima la libertà, la seconda che noi non ci vogliamo Piero de'Medici.

E a dì primo di giugno 1495, ci fu come el Re era entrato in Roma per passare di qua.

E a dì 2 detto, si fece frate in San Marco Pandolfo Rucellai, ch'era già vecchio.

E a dì 3 di giugno 1495, si ragunorono e gonfaloni nelle chiese, e fecesi molti consigli, in questa venuta del Re. E fu di nuovo consigliato che si chiedessi al Re 4 cose: la prima la libertà, e non volere Piero de'Medici, com'è detto; la terza, che ci renda le cose nostre; la quarta, dimandare se viene come amico o come nimico; e così fu consigliato da tutti.

E a dì 4 di giugno 1495, la città stava in grande sospetti, e molto si provedeva le case e forniva d'arme.

E a dì 5 detto, feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, e fecesegli un grande

onore. E frate Girolamo ordinò che quella rendita dell'oferte che se gli faceva, fussi de'poveri. E ordinò due tavole a San Felice in Piazza, e due a Santa Maria del Fiore, e quivi s'offeriva grande limosina di fiorini e di grossi. Fu grandissima limosina, e fu ordinata da detto Frate, ch'egli era ubidito da chi no' gli credeva. Fece stare in Santa Maria del Fiore le donne da l'un lato e gli uomini da l'altro, che non si trovava uomo mescolato con donne; con una processione tanta ordinata, e divota, che mai ne fu fatta un' altra tale.

E a dì 7 di giugno 1495, rifiutorono e 20 uomini ch'erano eletti al governo della città, e lasciorono el dominio a l'ordine del Consiglio Grande e universale; el quale pare, a ogniuno che vole vivere bene e sanza passione, el più degno governo ch'abbia avuto mai Firenze. E nondimeno tutti e principali attendevano a fornirsi d'arme e mettersi in casa fanti, in modo si dubitò di Parlamento, ma non fu così. Lo facevano per pagura dell'andare a sacco. Ogniuno faceva forte la casa sua. El contado attendeva a sgonbrare in Firenze, massimamente quegli di qua donde aveva a passare el Re. E nondimeno, el frate Girolamo predicava ogni giorno e confortava ogniuno che non avessino paura, che Iddio ci aiuterebbe.

E a dì 11 di giugno, tornò Lorenzo di Pier Francesco de' Medici, ch' era inbasciadore al Re.

E a dì 12, tornò Bernardo Rucellai, ch'era ancora

lui inbasciadore al Re. E in questi dì tuttavolta si forniva d'arme la città, e portavasi a ogni canto legni per potere isbarrare la città. Stava ogniuno in grandissimo sospetto e di mala voglia, perchè si stimava che 'l Re ci voleva male; perchè tuttavolta si perdeva le castella. Eraci nuove che Palaia era perduta, e Montetopoli.

E a dì 13 di giugno 1495, ci fu come el Re era giunto in Siena, con tutta sua giente.

E a dì 14 detto, giugnieva la sua giente a Poggibonizi e facievano ogni male. Ogniuno pregava Iddio che non venissi per Firenze, e fumo esalditi da Dio.

E a dì 15 di giugno, andò frate Girolamo in contro al Re a Poggibonizi, e quivi l'aspettò.

E a dì 16 detto, venne el Re a Poggibonizi, e 'l suo antiguardo andò a Enpoli, e mettevano a sacco ogni cosa, e pigliavano prigioni e facevano ogni male.

E a dì 17 di giugno, parlò frate Girolamo al Re, in Poggibonizi. E dissesi che lui fu la causa che non venne in Firenze; e che 'l Frate gli raccomandò Firenze, e che Iddio voleva che facessi bene a Firenze; e ch'ell'era tutta sua amica. In modo che si disse, che giovò assai a Firenze, e che 'l Re gli prestò fede assai. Era il Frate in quel tenpo in una tanta stima e devozione in Firenze, che ci era molti uomini e donne, che se gli avessi detto loro Entrate nel fuoco, l'arebbono ubidito di fatto. Stimavasi per molti che fussi profeta, e lui lo diceva.

E a dì 18 di giugno 1495, ci fu come gli avèno arso Montetopoli, e messo a sacco Ganbassi e Castel Fiorentino, e molte altre cose, come sanno fare e Franciosi e tutti soldati.

E a dì 19 detto, in verso Settimo, e nostri asaltorono certi anbasciadori Franciosi che si partirono di Firenze, per modo che, per tutti questi piani insino a

Peretola, cominciorono a sgonbrare, che fu causa di certi nostri cervellini e tristi che no'pensono di quanto scandolo e' furono causa, per volere rubare qualche piccola cosa, mettere a pericolo.

E a dì 20, tornò frate Girolamo dal Re, e a dì 21 poi predicò e disse avere parlato col Re, e come gli aveva promesso molto bene, e come lui aveva detto al Re che se e' no gli ateneva la promessa, che lui capiterebbe male e che Iddio gli leverebbe l'uficio, e che non sarebbe più ministro di Dio, e che perderebbe la più cara cosa ch'egli avessi. E così chiamò testimonio tutta la predica, che v'era circa 13 o 14 mila persone, che così sarebbe a ogni modo. E disse, avergli detto certi altri secreti di sua casi particulari.

E a dì 22 di giugno 1495, el Re si partì e andò verso Pisa.

E a dì 23 detto, ci fu come el Re aveva avuto un poco di rotta dalla Lega, al Salto della Cervia, la sua prima guardia. E più ci fu come e Lucchesi avevano messo drento molti fanti della Lega, e non vollono el Re. E ancora ci fu come e nostri avevano dato una grande rotta a Montepulciano, e preso un messer Giovanni Savello capitano de'Sanesi.

E a dì 24 di giugno 1495, el Re entrò in Lucca, e fu pure ricevuto. Si mutorono d'animo. E dicevasi che 'l Re non ci voleva rendere Pisa, e ch'e Pisani l'avevano donata al figliuolo del Re, che così dovè essere, però che s'è veduto l'effetto che lui si partì e nolla rendè; ed era obrigato sotto giuramento, in sull'altare di Dio.

E a dì 25 detto, si partì el Re da Lucca, e andò in verso Serezzana. E nostri anbasciadori, che erono andati al Re, tornorono sanza concrusione di riavere Pisa; in modo che ci fu che dire assai. E fecesi pensiero d'averla per forza a ogni modo. E' nimici del Frate: – Togli, fidati del Frate che dice avere Pisa in pugno!

E a dì 26 di giugno, si fece la Signoria, la prima fatta per elezione, secondo la nuova riforma, e come si fanno gli altri ufici grossi; e non fu più fatta da'Venti come prima, che già avevano rifilato, com'è detto. E fu gonfaloniere Lorenzo Lenzi; e parve contento tutto questo popolo di tal modo d'eleggere. Ogniuno s'accordava che questo fussi el vero modo del vivere popolare fiorentino, più che fussi mai.

E a dì 27 di giugno 1495, ci fu come noi avàno condotto in patti Montepulciano.

E a dì 29 detto, ci fu come el Re era in quel di Pietrasanta e Serezzana, e in que' paesi. Pensa come stavano!

E a dì 30 detto, ci fu come el Re aveva messo a sacco e a filo di spada un Castelluccio presso a Pontriemoli.

E a dì primo di luglio 1495, ci fu come el Re non poteva andare innanzi, e che vi pioveva la giente di Lonbardia e di Bolognese e per tutto, sanza soldo, la maggior parte; e dubitavasi del Re che non capitassi male.

E a dì 2 detto, ci fu come e nostri avevano preso 50 uomini di que' di Cascina; e fuvvi un figliuolo del Capitano de' pisani, de' Malvezzi.

E a dì 3 di luglio, ci fu come el Re di Francia era di là da Pontriemoli, in luogo che si morivano di fame. Erano stretti e avuto un poco di rotta dalla Lega.

E a dì 6 detto, mandorono e Fiorentini al Re inbasciadori, che fu messer Guido Antonio e Neri Capponi.

E a dì 8 detto, ci fu come a dì 6 detto s'apiccorono la battaglia el Re di Francia colla Lega, in Parmigiano in sul Taro, a ore 16; e durò insino a notte, e funne morti dell'una parte e dell'altra, 3 mila. Uomini famosi sono suti morti e molti uomini di conto, presi molti prigioni da taglia. E' Franciosi ànno perduto la maggiore parte de' cariaggi e artiglierie. El Conte di Pitigliano si fuggì da' Franciosi e andò dalla Lega. E morti dal canto di là furono: el signore Ridolfo da Gonzaga, el signore Anton Maria, el signore Carario, el conte Bernardo dal Monte, e messer Giovanni capitano del Marchese di Mantova. El Signore Rinuccio da Farnese rimase preso e ferito.

E a dì 9 di luglio, si vendevano a lo 'ncanto le cose di Piero de'Medici, e così e panni; e penossi più dì, in Orto Sa' Michele.

E a dì 11 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva riavuto Napoli, e morti molti Franciosi. E più c' era nuove che 'l Re di Francia se n'andava, e la Lega lo secondava, e lasciavalo andare; perchè nella Lega vi fu chi non andava in verità. Che se gli avessino voluto, e fussino stati d'accordo, e' non ne tornava in Francia testa di loro; nè anche el Re.

E a dì 14, ci fu come gli avevano fatto un poco di triegua, e ch'e Franciosi potessino passare un certo fiume. E per ventura de' Franciosi, come piaque a Dio, quel fiume venne grosso, perchè piovve grandissima aqua, e' nostri non poterno andargli a trovare, per non potere passare el fiume, per modo ch'e Franciosi dettono a ganbe.

E a dì 15 detto, ci fu come e Franciosi erano giunti in Asti, e molto si disse che fu per miracolo di Dio. E dissono ch'el Re giurò di volere tornare aquistare Milano, e com' è gran nimico de' Viniziani e di chi era nella Lega.

E a dì 18, ci fu come e Gienovesi avevano preso l'armata del Re con molti legni e prigioni, per modo che fu vituperato e rovinato di tale inpresa, per modo che Firenze potè dire che fussi ogni sua disgrazia per peccato ch' egli aveva fatto a ronpere el giuramento ch'egli aveva fatto in sull' altare di Santa Maria del Fiore, che giurò di renderci Pisa, come gli aveva Napoli; e come uomo di poco intelletto non volle mai conoscere gli amici suoi. Vedeva chiaramente noi essere soli a non volere entrare nella Lega controgli, e diventàmo nimici di tutta l'Italia, per suo amore. Anzi ci à fatto spendere un tesoro a volerla per forza. Ma secondo che dice questo Frate (che noi stimiàno profeta) che presto gli à a 'ntervenire peggio; e come e' sarà dato a altri l'uficio dell'essere ministro di Dio a purgare l'Italia de' peccati.

E a dì detto, fu finito el primo finestrato del palagio di Strozzi. E più si faceva nella Dogana e fondamenti per la sala grande; e tuttavolta el Frate

confortava si tirassi inanzi. Per suo consiglio si faceva detta sala. E in questo tenpo tuttavolta si faceva giente per a Pisa.

E a dì 29 di luglio 1495, ci fu come e Sanesi erano in arme, e che s'amazavano, per volere rifare un certo loro Monte de' Nove; chi voleva e chi no.

E a dì 31 di luglio 1495, ci fu come e nostri avevano preso el Ponte di Sacco e mandatolo a sacco. E tuttavolta, qui non si faceva altro che mandare giente.

E a dì primo d'agosto, ci fu come e Sanesi avevano confinati molti cittadini, e rifatto el Monte de' Nove.

E a dì detto, al Ponte di Sacco avevano presi circa 70 Franciosi ch'erano pe' Pisani in detto castello. E nostri, come uomini non Taliani ma barberi, e inparato da loro, e perchè gli avevano in odio per più conti, si dilettorono d'amazzargli e tagliarli tutti a pezzi, perchè de' Taliani si truova de' crudeli e tristi.

E a dì 3 d'agosto 1495, si dettono a patti parecchi castellucci de' Pisani, Lari e altri.

E a dì 4 d'agosto, ci fu come lo 'Nperadore aveva mandato un bando che niuno suo suddito non andassi al soldo de' Viniziani nè del Duca, e che voleva citare el Papa a' Concilio; e se non voleva passare di là, lo voleva a Firenze. Nollo citò però.

E a dì 6 d'agosto 1495, andorono di qui al canpo nostro di Pisa, ch'era al Ponte ad Era, e nostri

commessari, che fu Francesco Valori, Pagolantonio Soderini, e portorono molti danari a' soldati, circa 20 mila fiorini.

E a dì 9 d'agosto, la domenica, quando si diceva el vespro, venne una saetta in sulla cupola. Non fece molto danno, ma grande paura chi era in coro, però che cadde alquanti calcinacci in coro, piccola cosa.

E a dì 11 detto e per tutti questi dì, si vendeva in Or Sa' Michele robe di Piero de'Medici a lo 'ncanto, che v'era coperte da letto di velluto e con ricami d'oro, e molte e varie cose, dipinture, quadri e molte belle cose; a mostrare quanto può la fortuna in queste cose transitorie, ma diciàno meglio, le permissioni divine, acciocchè l'uomo riconosca da Dio ogni cosa, che le dà e toglie a sua posta, e che l'uomo non debbe insuperbire per vedersi e trovarsi gran maestro e ricco; ma debbe l'uomo, quanto più à ricevuto da Dio, tanto debbe essere più umile e parègli essere più ingrato a Dio che gli altri; che la gravità de' peccati istà nella ingratitudine.

E a dì 12 d'agosto 1495, fu finita la volta della sala grande, quella parte che copriva la corte del Capitano.

E in questi dì, si diceva che 'l Duca di Milano non lasciava passare lettere che venissino dal Re di Francia.

E a dì 13 detto, si vinse in Consiglio Maggiore, che chi ragionava di fare Parlamento, glien' andassi la vita e la roba. E in questi dì, si strigneva forte Palaia.

E a dì 14 d'agosto 1495, s'ebbe Palaia a patti che fussino salvi l'avere e le persone, e dettono fiorini 400.

E a dì 18 detto, el canpo andò a Cascina, e presono la Badia di San Severino, ma poi non v'andorono; m'

andorono a Vico Pisano, e l'altro dì gli dettono battaglia e morivi de' nostri assai. E ogni dì si conbateva, e fuvvi morti più di 20 uomini.

E a dì 29 d'agosto, si levorono da canpo da Vico.

E a dì 31 detto, ognindì si diceva: El Re manda a rendere Pisa, e che le lettere non possono passare. Non era nulla.

E a dì primo di settenbre 1495, tornò Piero mio cognato, di canpo, ferito d'uno scoppietto nel tallone. Stette male.

E a dì 4 detto, andò el canpo presso a Pisa.

E a dì 5 di settenbre 1495, e Franciosi ch' erano nella cittadella di Pisa, avevano chiesto l'altra cittadella vecchia, e che l'avevano data loro. E dubitavasi ch'e Pisani avessino soccorso dalla Lega.

E a dì 7 di settenbre, ci fu come el canpo nostro era nel borgo di San Marco di Pisa, e che gli avevano avuta la rocca Stainpace.

E a dì 8 detto, ci fu una patente e contrasegno del Re di Francia per renderci Pisa; e non valse niente, perchè erano sostenuti dalla Lega, e massimamente da' Viniziani.

E a dì 10 di settenbre 1495, andorono al canpo a Pisa 2 de' Dieci, 2 degli Otto, 2 de' Colegi, per fare forza a Pisa.

E a dì 14 detto, ci fu come gli avevano preso la bastia de' Pisani e alcuni prigioni Pisani. E se non fussi che 'l Castellano de' Franciosi cominciorono a trarre

spingarde a' nostri e amazzorono alcuni de' nostri; e fu ferito quello de'Vitegli; e non ci atennono quello avevano promesso, di renderci la forteza, come diceva le lettere del Re.

E a dì 16 di settenbre, andò a Pisa Monsignore di Lilla francioso, ch' era qui in Firenze, per farci dare la cittadella; perchè quello Francioso che v'era drento nolla voleva dare. E andovvi in cataletto perch'era amalato, in servigio de' Fiorentini; e non giovò niente.

E a dì 18 detto, ci fu come el Fracassa era entrato in Pisa con poca giente, che si stimava era mandato dalla Lega.

E a dì 20 di settenbre 1495, si fuggì di qui l'Alfonsina donna di Piero, de' Medici e andonne a Siena, al marito.

E a dì 23 detto, andò un bando, che se un figliuolo di Bernardo de' Medici non conpariva agli Otto, avessi bando di rubello perchè l'aveva condotta lui a Siena.

E a dì 25 di settenbre 1495, mandorono un bando, che chi amazzava Piero de' Medici avesse 4 milia ducati, e l'arme a vita con due conpagni, e potere ribandire uno, chi e' voleva; e colui che l'ammazza fussi rubello, abbi 2 mila ducati d'oro e sia ribandito, e possa portar l'arme a vita come gli altri.

E a dì 2 d'ottobre 1495, fu finito le volte della sala grande di Dogana, che sarà una magna cosa.

E a dì 3 detto, si cominciò a dubitare di certa ragunata si faceva negli Agnoli, d'opra di Parlamento. E mandorono a pigliare don Guido e certi altri frati degli Agnoli. Si disse tenevano mano a questa congiura. Non s'intese che fussi vero.

E a dì 4 d'ottobre, venne el canpo a Cascina.

E a dì 5 detto, tornò Monsignore di Lilla, e disse avere protestato al Castellano che, se non rendeva la cittadella, ch'egli ere rubello del Re. Morì detto Monsignore.

E a dì 6 d'ottobre 1495, presso a Canpi, si scoperse una casa di morbo, e in casa Antonio di Bono morì un garzone e una fante; e in casa Andrea di Bono v'era amalati di morbo; e in casa di Iacopo di Piero Berardi, e un altra nella Via della Scala e più luoghi. Ci fece danno.

E a dì 15 d'ottobre 1495, si fece l'onoranza di Monsignore di Lilla, e fugli fatto un grande onore. Sotterrossi a' Servi. Ebbe 280 torchi, e predicossi sopra el corpo in sulla Piazza di Sa' Lorenzo.

E a dì detto, si vinse che chi amazzava Piero de' Medici, e fussi morto lui, l' erede sue avessino e 4 mila fiorini.

E a dì 17 detto, dettono bando a uno de' Ricasoli che trattava con Piero de' Medici di dargli Ricasoli.

E a dì 18, predicava frate Girolamo e confortava tuttavolta a tenere fermo questo reggimento e 'l Consiglio Maggiore.

E a dì 27 d'ottobre 1495, venne un fante che recò

nuove che 'l Re di Francia mandava un signore che ci rendessi Pisa per ogni modo; el quale era indietro; e toccò dalla Signoria 100 ducati, e nonne fu nulla.

E a dì 29 detto, cadde l'antenna del palagio degli Strozzi che tirava su le pietre, perchè si ruppe un vento sopra la Loggia: e cadde in verso Santa Trinita, e ruppesi nel mezzo dov'era la commettitura; e non fece male a persona.

E a dì 3 di novenbre 1495, ci venne uno inbasciadore del Re di Francia, che si chiamava Lancia in pugno, e veniva per darci Pisa; e andò là e fu preso da' Pisani e poi lasciato. E a questo modo eravamo uccellati. E in questo tenpo la morìa ci facea un poco danno.

E a dì 14 detto, ci fu come Piero de' Medici era in quello di Perugia con molta giente.

E in questi dì, tuttavolta si vendeva e beni di Piero de' Medici a lo 'ncanto.

E a dì 24 di novenbre 1495, si disfece un certo rialto che s'era fatto tra 'l Palagio de' Signori e la Loggia de' Signori, che s'era fatto di poco tenpo, che s'andava nella Loggia di Palagio al pari colla porta.

E a dì 26 detto, si vinse in Palagio 3 pitizioni: la prima, una taglia dietro a Giuliano de' Medici, chi l'amazzava; e la seconda, vendere e beni della Torre; la terza, la riforma del trarre sanza chiamare.

E a dì 3 di dicenbre 1495, ci fu come Piero de' Medici fu per esser preso a Cortona. S'ebbe a fuggire.

E a dì 4 detto, ci fu come Ramazzotto, amico della Casa de'Medici, asaltorono la strada al Cavrenno, e tolsono muli carichi; e come poi, l'altro dì, el podestà di Firenzuola aveva preso alcuni di loro. E comandossi fanti in Mugiello in aiuto di Firenzuola.

E a dì 7 di dicenbre 1495, si vinse in Palagio una gravezza a' preti di 50 mila fiorini e alla roba di Piero de' Medici 30 mila.

E a dì 8 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva preso el Castello Nuovo, e così raquistava ogni cosa.

E a dì 9 di dicenbre 1495, si portò in Palagio de' Signori un Davitte ch'era in casa Piero de' Medici, e posesi in mezzo della corte del Palagio de' Signori.

E a dì 10 detto, ci fu come el Re di Francia aveva arso le case di quello Castellano ch'era in Pisa, per non avere ubidito al Re di renderci la cittadella che teneva.

E a dì 11, ci fu come el Papa mandò a comandare a frate Girolamo che non predicassi; e così osservò più dì.

E a dì 12 detto, si mandava comessari a tutti e passi a provedere.

E a dì detto, ci fu nuove come a Roma era venuto el Tevero sì grosso ch'egli alzò in Banchi insino al primo solaio, e passò sopra 'l segno di tutte le volte più braccia; e morivvi assai bestie e uomini e certi ch'erono in prigione in fondi di torre, e più altri.

E a dì detto, si disse questa cosa poco credibile, che nel Reame era aparita una donna a uno pecoraio e avevagli detto: Dammi una di coteste pecore, e dandola gli disse: Partila per mezzo. E partendola, n'uscì fuori assai serpe, scorzoni e serpenti e brutti animali. Di poi gli disse: Richiudila e raccostala insieme, e ritornò viva come prima, e disse al pecoraio: Va, di' al Papa che sarà una grande pestilenzia; che faccino penitenzia e digiunino el primo sabato, e stieno 3 dì sanza mangiare carne.

E a dì 12 di dicenbre 1495, ci fu un'altra cosa da ridersene; pure la dirò, poich'ella si diceva per tutto, che gli aparì a Milano. Aparì nella via el Duca di

Milano ch' era stato morto, e dette una lettera a uno e dissegli: Porta questa al signore Lodovico. E portandola, el cancelliere nella poto aprire. E come el signore Lodovico l'ebbe in mano, s'aprì; e leggiendola, inchinò el capo e stette un pezzo amirato. E chiedendo la risposta el messo, el signore Lodovico disse: Ell'è fatta. E immediate sparì el messo. Onde si diceva molte cose: che sarebbe morìa, fame e massimamente guerre, come fu veduto per processo.

E a dì 14 di dicenbre 1495, ci venne uno inbasciadore dal Re di Francia. Avàno buona speranza di Pisa; e venne a Pistoia e non venne in Firenze, dicendo voleva andare a Pisa. E là fu vicitato da' nostri cittadini e non giovò.

E a dì 15 detto, si tirava su e cavalletti della sala di Dogana per porre el tetto.

E a dì 21 di dicenbre 1495, si pose in sulla ringhiera del Palagio de' Signori, a lato alla porta, quella Giuletta di bronzo, ch' era in casa Piero de' Medici.

E a dì 26 di dicienbre 1495, s'arse in Palagio quel resto delle polize.

E a dì primo di giennaio 1495, s'aspettava Pisa per la venuta di quello inbasciadore; e fu tutto el contrario, perchè l'altro dì el Castellano dètte le fortezze a' Pisani e tutti e Franciosi che v' erano s' andorono con Dio, a Lucca. Onde si pote molto bene vedere che 'l Re ci dileggiava, nè voleva si riavessi. E stavasi ogniuno di mala voglia; e dove ci dovàno dolere del Re, alcuni ignoranti volsono l'odio contro al Frate; andando di notte intorno a San Marco, gridando e dicendo parole disoneste: Questo porco di questo frataccio vuole arderlo in casa, e simile parole. E fu chi volle mettere fuoco nella porta di San Marco.

E a dì 4 detto, mandorono cavallari in Francia, volando, a dolersi dell'essere ucciellati. Niente giovò mai.

E a dì 9 di giennaio 1495, andò in sul carro due contadini e furono inpiccati, che volevano dare Montecatini a Piero de' Medici. E in questo dì mandorono un bando, che non si ragionassi di Stato, o di Re, o di Frati, e non portare maschere; a pena di fiorini 25, o dieci tratti di fune.

E a dì 17 detto, tornorono e cavallari di Francia, e uno di loro si ruppe una coscia. E dissono, che gli avevano dal Re, che fussi rimesso in Sa'Malò e fatti di Pisa, di Sarzana e Pietrasanta; e che ci voleva rendere ogni cosa, e che gli era di buona voglia. Non ne fu altro.

E a dì 19 di giennaio, ci fu lettere dal Re di Napoli, che chiedeva aiuto, altrimenti farebbe cose che l'Italia piagnerebe.

E in questi dì, c'era disputa si doveva entrare nella Lega o no. Chi diceva che passerebbe un'altra volta di qua el Re, chi diceva no; perchè già gli era morto el figliuolo e stavasi in molte parte e dispute.

E a dì 26 di giennaio 1495, si partirono di Firenze gli usciti di Siena e andorono a Siena colla forza de'Fiorentini, co' molta giente e 'l nostro capitano Conte d'Urbino, con tutti e nostri caporali. E così vennono e Perugini con molta giente, e col resto degli usciti, e favvi in un dì o due 8 mila persone, e rimissogli in Siena. Partissi di Siena alquanti cittadini e venono a Colle.

E a dì 29 di giennaio 1495, fu dato bando di rubello a un maestro Lodovico medico e altri, che vollono dare el Bucine a Piero de' Medici.

E a dì 7 di febraio 1495, e fanciugli levorono di capo una veliera a una fanciulla e fuvvi scandolo di sua giente, nella Via de' Martegli. E questo fu perch'e fanciugli avevano avuto animo di frate Girolamo, che dovessino correggiere le disoneste portature e' giucatori, per modochè quando si diceva: Ecco e fanciugli del Frate, ogni giucatore, quantunche bravo fussi, ogniuno si fuggiva, e le donne andavano con ogni onestà. Erano

venuti in tanta reverenzia e fanciugli che ognuno si guardava delle cose disoneste e massimamente del vizio inominabile. Non si sarebbe sentito ragionare di tal cosa nè da' giovani nè da' vecchi in questo santo tenpo; ma fu piccolo. Ànno potuto più e tristi ch' e buoni. Sia laldato Idio da poi ch' i' vidi quel piccolo tenpo santo. Onde i' priego Iddio che ce lo renda quel santo vivere e pudico. E che sia stato un tenpo benedetto, vedi e pensa bene le cose che si feciono in tal tenpo.

E a dì 16 di febraio 1495, fu el Carnasciale. E avendo predicato fra' Girolamo, più giorni inanzi, ch'e fanciugli dovessino in luogo di pazzie, del gittare e sassi e fare cappanucci, dovessino accattare e fare limosine a' poveri vergogniosi; e come piaque alla divina grazia, fu fatta tale comutazione, che in luogo di pazzie, accattorono molti dì inanzi; e in luogo di stili, trovavi su per tutti canti Crocifissi nelle mani della purità santa. Per modo tale, che in questo dì del Carnasciale, detto vespro, si ragunorono le schiere in 4 quartieri di Firenze, ogni quartiere ebbe la sua bandiera. La prima fu un Crocifisso, la seconda una Nostra Donna, e così l'altre; colle tronbe e co' pifferi di Palagio, co' mazzieri e ministri di Palagio, cantando delle lalde, senpre gridando: Viva Cristo e la Vergine Maria nostra regina; tutti con

una ciocca d'ulivo in mano, che veramente pe'savi uomini e buoni lacrimavano teneramente dicendo: Veramente questa nuova commutazione è opera di Dio. Questi giovanetti son quegli ch'ànno a godere le cose buone ch'esso promesse. E ci pareva di vedere quelle turbe di Gierusalem ch'andavano inanzi e dietro a Cristo la domenica d'ulivo, dicendo: Benedetto sia tu che vieni nel nome del Signore. E ben si può dire le parole della Scrittura: Infanzium e lattenzium perfecisti lalde. E note che furono stimati seimila fanciugli o più, tutti da 5 o 6 anni insino in 16. E tutti e quartieri si raunorono a' Servi, nel portico de' Nocenti e sulla Piazza, e tutti si partirono di quivi e passorono pella cappella della Nunziata, e poi per San Marco. Poi feciono la via che fanno le procissioni; passorono el Ponte a Santa Trinita e poi in Piazza. E poi in Santa Maria del Fiore feciono l'offerta, la quale era calcata d'uomini e di donne, divise, da l'un lato le donne e dall'altro gli uomini, con tanta divozione e lacrime di dolcezza di spirito, che non fu mai fatta tale. Fu stimata l'oferta parecchi centinaia di fiorini. Vedevasi dato loro ne' bacini molti fiorini d'oro, e la maggior parte grossi e arienti. Chi dato loro veliere, cucchiai d'ariento, fazzoletti, sciugatoi e molte altre cose. Si dava sanza avarizia; pareva che ogniuno volessi dare ciò che gli aveva, e massime le donne; pareva che ogniuno volessi offerire a Cristo e alla sua Madre. Io ò scritte queste cose che sono vere, e io l'ò vedute, e sentito di tal dolcezza, e de'mie'figliuoli furono in fralle benedette e pudiche schiere.

E a dì 17 di febraio, fu el primo dì di Quaresima, vene alla predica di frate Girolamo in Santa Maria del Fiore un grande numero di fanciugli. Fu fatto certi gradi accosto al muro, dirinpetto al pergamo, per detti

fanciugli, dietro alle donne; e molti anche si stavano in fralle donne; e tutti quegli che stavano in su' gradi cantavano inanzi alla predica dolci lalde; e poi venivano e cherici in sul pergamo e cantavano le Tanie; e' fanciugli rispondevano. Per modo che facevano per dolceza piagnere ogniuno, e massime gl'intelletti sani, dicendo: Questa è cosa del Signore. E questo durava ogni mattina di Quaresima, inanzi che 'l Frate venissi. E nota questa maraviglia, che non si poteva tenere nel letto la mattina niuno fanciullo; tutti correvano inanzi alle lor madre alla predica.

E a dì 25 di febraio 1495, si trasse la Signoria nella sala nuova, la quale era fornita di coprire, e non era ancora amattonata, nè fatto panche. Era fatto la porta del Palagio ch'andava nella sala; era inbastito, e non v'era ancora fornito nulla. Nella qual sala fu posto due epitaffi di marmo, l'uno era in volgare e in versi; l'altro in latino. El vughare diceva una stanza d'otto versi: in sentenzia diceva: Chi vuol fare parlamento vuol torre al popolo e' reggimento. L'altro ch'era in latino diceva, che tal Consiglio era da Dio, e chi lo cerca guastare capiterà male.

E a dì 26 di febraio 1495, s'incamerò la gravezza della Decima.

E a dì 27, e fanciugli furono confortati dal Frate, che dovessino torre le zane de' berlingozzi, e' tavolieri dei giocatori e molte licenzie dell'usanze delle donne, per modo che quando e giocatori sentivano che venivano e fanciugli del Frate, ogniuno fuggiva, nè era donna che avessi ardire d'andare fuori fuor dell'usanza.

E a dì 28 di febraio 1495, ci fu nuove che Sarzana e Serzanello, el Castellano francioso l'aveva dato a' Gienovesi. Chi non si sarebbe ribellato da' Re di Francia?

Veramente si può dire, e Fiorentini essere al Re di Francia stati e più fedeli e più ubidienti uomini ch'abbia el mondo, e lui non pare che l'abbi mai conosciuto.

E a dì 29 di febraio 1495, e detti fanciugli andavano per tutto, lungo le mura, alle taverne, dove vedevano ragunate; e questo facevano ogni quartiere, e chi si fussi rivolto a loro, portava pericolo della vita, e' fussi chi vuole.

E in questo tenpo ci rinforzava la morìa.

E a dì 8 di marzo 1495, predicando frate Girolamo, fece gridare quella mattina: Viva Cristo e simile cose spirituali, per modo che fu una grande comozione di spirito. E aveva, ogni dì di lavorare, 14 o 15 mila di persone, che la maggior parte lo teneva profeta.

E a dì 14 di marzo, si fece certe leggi contro a'notai, che chi volessi usare el notaio non potessi avere ufici nella città.

E a dì 22 detto, venne gragniuola e neve grande ch'alzò mezzo braccio per tutto. Perdessi de' fiori e frutti.

E a dì 27 di marzo 1496, che fu la domenica d'ulivo, fece fare fra'Girolamo una procissione a tutti e fanciugli, coll'ulivo in mano e in capo, e più portorono in mano ogniuno una croce rossa, lunga circa una spanna o più. Furono stimati 5 mila fanciugli, e poi grande numero di fanciule; tutti vestiti di bianco, e così le fanciulle, colle + e coll'ulivo in mano e in capo; e di poi tutti gli Ufici di Firenze e tutte le Capitudini; dipoi tutti gli uomini di Firenze, dipoi le donne; che non fu mai fatta la maggiore processione. Non credo restassi nè uomo nè donna che non andassi a fare tale oferta. E ofersesi in Santa Maria del Fiore, in su 'n uno altare per fare el Monte della Piatà. Fu fatta grande oferta. E andava inanzi a detta procissone un tabernacolo al quale v'era dipinto Cristo in su l'asino, come gli andò in Gierusalem, la domenica d'ulivo. E di sopra portavano l'onbrella, tutti gridando: Viva Cristo ch'è 'l nostro Re; per tutta la città.

E a dì 28 detto, si diceva che'Re voleva passare. E Viniziani facevano molta giente.

E a dì 4 d'aprile 1496, si portò una bonbarda alla Porta alla Giustizia, fatta di nuovo; e provandola, trasse e rovinò una casa alla Cappanaccia.

E a dì 7 detto, ci fu come a Siena era piovuto

sangue sopra due porte di Siena; e che a Viterbo era aparito una donna ch'aveva detto ch'a Firenze era el vero profeta. Le scrivo perchè si dice di queste pazie.

E a dì 10 di aprile 1496, fu asaltato el canpo nostro da' Pisani, di notte, e presono più di cento cavagli, e amazorono e cavorono gli occhi a due uomini d'arme. Non presono però el castello di Buti.

E a dì 12 detto, el Signore Piero prese di loro e fece el simile, cavò gli occhi a loro.

E a dì 14 detto, ci fu come que'di Faenza avevano cacciati di Faenza tutti chi v'era pe' Viniziani, e morto un loro mandatario.

E a dì 17 d'aprile 1496, predicò frate Girolamo a Prato nella Chiesa di San Marco, e fuvvi tanto popolo di Firenze e del contado che pioveva là ognuno. E disse loro che sarebbono e secondi 'avere le filicità, dopo le tribulazioni.

E a dì 24 detto, ci fu come e Pisani avevano ingrossato el canpo, e ch'e nostri avevano el peggio, e che verrebbono a' danni nostri.

E a dì 26 d'aprile 1496, si ragunò el Consiglio nella sala grande, per fare la Signoria; e' frati di San Marco vi dissono la Messa; e dissela frate Domenico, e poi predicò un poco. E in questo tenpo che se ragunavano, fu trovato chi bucherava e dava polize; e quali gli Otto

feciono pigliare. Fra gli altri fu un Giovani da Tignano, e mandorlo al Podestà, e feciogli dare 4 tratti di fune, e poi presono Filippo Corbizi e Giovanni Benizi e altri e molti ne feciono sostenere in Palagio; e molti no' furono scoperti; in modo che 'l Consiglio stette fino alle 22 ore inanzi fussi fatto. E Signori poi feciono fare la guardia per Firenze, la notte.

E a dì 28 detto, fu confinato nelle Stinche in perpetuo Filippo Corbizi e Giovanni Benizi e Giovanni da Tignano, per la detta intelligienzia. E più fu amuniti 25 cittadini per dette intelligenzie.

E a dì 2 di maggio, mandorono e Fiorentini al Re di Francia due lioni in su due muli in gabbie di legname; nè ci giovò nulla mai co' lui.

E a dì 3 detto, ci fu lettere del Re di Francia ch'aveva isbandeggiato Viniziani, Lonbardi e Gienovesi, che non potessino andare con mercatantie veruna nel suo tenitorio; e che gli aveva mandato a protestare ch'e Gienovesi e Lucchesi rendessino e Serezzana e Pietrasanta a di chi ell'era. Fu da beffe.

E a dì 4 detto, ci fu come el Re di Napoli aveva ripreso ogni cosa nel Reame ecetto che Gaeta, e morti molti Franciosi.

E in questo tenpo non restava di piovere ed era durata questa piova circa a undici mesi, che mai fu una settimana che non piovessi.

E a dì 8, domenica, di maggio, sonò la canpana grossa di Palagio al Consiglio maggiore, e fu la prima volta ch'ella sonò a tal Consiglio; e fu dopo desinare. E quegli confinati nelle Stinche e amuniti appelorono al Consiglio maggiore, e fu cimentato e non si vinse. Bisognò che gli avessino pazienza.

E a dì 11 di maggio 1496, fu finito d'amattonare la Sala grande del Consiglio.

E a dì 14 detto, la morìa si risentì in più luoghi in Firenze.

E a dì 16 detto, ci fu come e nostri avevano rotti e Pisani e preso 40 uomini d'arme. Morì de' nostri un fante.

E a dì 18 di maggio, venne un'aqua sì grande ch'ella menò via e seminati insino qui ne'piani, e qui a Rovezzano ruppe due muri intorno a una via.

E a dì 20 di maggio 1496, ci fu come el Duca di Milano s'era scoperto nimico de'Fiorentini.

E a dì 22 detto, si battezò una fanciulla ebrea, ch'aveva circa 20 anni, che si fuggì da sua madre, ch' era figliuola di madonna Perla ebrea.

E a dì detto, ci venne uno inbasciadore francioso, ch'era Vescovo. Aloggiò al Canto de'Pazzi.

E a dì 24 di maggio 1496, andò in Palagio alla Signoria el detto Vescovo inbasciadore, e disse come era nostro amico, e come gli aveva conosciuto come e Fiorentini erano sua amici, e che de'danni nostri ci voleva ristorare e fare rendere le cose nostre, e anche avere dell'altre. E senpre da lui avemo di queste buone parole ma non fatti. Ci fu senpre molto ingrato. Ma Firenze si lasciò senpre ucciellare come gl'ignoranti. El detto inbasciadore andò a vicitare frate Girolamo a San Marco, e fu fatto. Pisa si stette a quel medesimo.

E a dì 28 di maggio 1496, ci cominciava una certa infermità, che le chiamavano bolle franciose, ch'erano come un vagiuolo grosso; e non si trova medicine, ma andavano senpre peggiorando.

E a dì 30 detto, e figliuoli di Bartolomeo Pucci andorono a l'Arte della Lana e ruppono la prigione, e cavoronne lor padre.

E a dì 31 detto, furono mandati al Bargiello.

E a dì 6 di giugno 1496, venne sì grande aque, che venne el fiume di Rifredi più grosso che mai. Fece dimolto danno.

E in questo tenpo non pasò, in questo anno, soldi 34 lo staio del grano.

E a dì 10 di giugno 1496, ci fu come el Papa mandava con giente d'arme el figliuolo in verso Siena, e aveva seco Piero de'Medici.

E a dì 12 detto, ci fu come egli era giunto a Pisa molti Stradiotti mandati da'Viniziani; e, secondo me, qui sta el male nostro de'fatti di Pisa: sono quegli che gli sostengono e che possono durare alla spesa.

E a dì 17 detto, ci fu come quegli cavagli pisani scorsono in quel di Bibbona e feciono grande preda.

E a dì 23 di giugnio, scorsono e Pisani in Valdinievole e arsono el Borgo a Buggiano.

E a dì 24 detto, non si fece festa veruna se none la procissione e l'oferta di San Giovanni.

E a dì 25 detto, si cominciò a fare e partiti colle pallottole d'oro come si fa a Vinegia.

E in questo tenpo, ci era circa 20 case di morbo.

E a dì 5 di luglio, e Pisani scorgono in quel di Volterra; e nostri gli rinchiusono e ruppogli e presono 60 cavagli e morivvi 20 uomini. Fu a' Pisani una grande rotta.

E a dì 8 di luglio 1496, ci venne l'anbasceria Sanese, e feciono lega co' Fiorentini per due anni.

E in questo tenpo si cominciò apriare quelle dette bolle chiamate franciose, che già n'era piena la città di maschi e femmine, quasi tutti d'età grandi.

E a dì 16, fece la mostra u' nostro condottiere chiamato el signore Rinuccio da Farnese, con 400 cavagli; e andò in quel di Pisa, al canpo nostro.

E a dì 23 di luglio 1496, si vinse in Consiglio grande

uno balzello a' preti, di 50 mila fiorini; e vinsono di levare la metà de' salari degl'ufici di Firenze drento, e un terzo a quegli di fuori, per uno anno.

E a dì 24 di luglio 1496, ci fu come 'l canpo de' Pisani era venuto a Bientina. Ogniuno n'aveva maraviglia che gl'avessino tanto animo. Ogni cosa nascieva dall'aiuto de'Viniziani in secreto.

E a dì 28 di luglio 1496, e nostri feciono una spianata presso a Cascina, per fare fatti d'arme; e' Pisani non accettorono.

E a dì 29 di luglio 1496, ci fu come e nostri erano scorso tanto che presono el Marchese di Fivizano e 'l castello. Che varie cose fanno le guerre! Or paiono al di sotto, ora al disopra, per modo ch'e Pisani s'erano recati in luogo forte per paura.

E a dì 31 di luglio, ci fu come e Franciosi ch'erano in certe fortezze nel Reame, le tenevano pe' Re, avevano chiesti patti al Re di Napoli, insino a dì 23 d'agosto avere soccorso, da ind' i'là si volevano dare, salvo le persone, e posti in Provenza.

E a dì 2 d'agosto 1496, s'aperse per la prima volta el Monte della Piatà, nella casa di Francesco Nori.

E a dì 4 d'agosto 1496, si vinse che si pagassi le gabelle e 'l sale co'quattrini bianchi, che fu trista giornata pel povero populo, secondo alcuni. Fu gonfaloniere Tomaso Antinori.

E in questo tenpo la morìa era quasi terminata.

E a dì 8 d'agosto 1496, fu morto u' nostro comessario in verso Firenzuola ch'era de' Canigiani. Dissesi perchè gli aveva fatto tagliare la testa a'lor fratello.

E a dì 10 d'agosto 1496, valse lo staio del grano più di soldi 40. Era cattiva ricolta in ogni luogo.

E a dì 15 detto, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore e, per la gran giente, rovinò uno di que'gradi de'fanciugli, di verso la porta di San Giovanni, e non si fece male persona. Fu tenuto un miracolo. E sappi che gli erano 4 gradi, 2 n'era accostato al muro dirinpetto al pergamo, gli altri due n'era uno di sopra, dagli uomini e uno di sotto dalle donne, nel mezo della chiesa. Tanto erano multipricato e fanciugli, fu di bisogno fargli. E nota, che in quel tenpo era tanto spirito in quella chiesa, e tanta dolceza a udire que' figliuoli

cantare, quando di sopra, quando di sotto e quando da lato, cantando a parte con ogni modestia e silenzio, che non pareva cosa da fanciugli. Io lo scrivo perchè mi trovai presente e vidi molte volte, e sentii tale dolceza spirituale. Veramente era piena la chiesa d'angioli.

E a dì 19 d'agosto, venne in Firenze uno inbasciadore di Massimiano inperadore, e a dì 20, andò in Palagio alla Signoria, e protestò e disse, che si dovessi levare l'offesa a' Pisani, e che noi entrassino nella lega, e lasciare el Re di Francia, dicendo che non è della stirpe reale.

E a dì 22 d'agosto 1496, venne una tenpesta qua su da Quinto e insino a Fiesole e Montereggi, che cavò delle barbe molti noci e frutti, e portò via ulivi; e fu tanta e tale gragniuola che tolse vino e olio e ogni cosa.

E a dì 24, si partì detto inbasciadore dello 'Nperadore.

E a dì 2 di settenbre 1496, ci fu una lettera del Duca di Milano e letta in Palagio, la quale diceva che 'l Frate scriveva al Re che venissi, che non poteva più sostenere. E ancora lo 'nbasciadore di Francia andò su alla Signoria a dire che questo Frate era quello

che guastava Firenze. El povero Frate aveva tanti nimici!

E a dì 5 di settenbre 1496, fu fornita di volgiere la cupoletta della sacrestia di Santo Spirito.

E a dì 9 di settenbre 1496, ci fu come el canpo nostro aveva dato una rotta a' Pisani e morto 80 uomini.

E a dì 19 detto, ci fu come el Re di Francia aveva avuto un figliuolo maschio.

E in questo tenpo non restava di piovere ogni settimana, come l'anno passato, per modo che non era ancora battuto in molti luoghi, e non si maturava le biade nè l' uve n' e fichi: ogni cosa mancava dalla sua perfezione.

E a dì 24 di settenbre 1496, ci fu come e Pisani avevano preso 30 muli carichi di zucchero e coiami nostri.

E a dì 26 di settenbre 1496, ci fu come Piero Capponi era stato morto in canpo da uno arcobuso. E a dì 27 si fece la sua onoranza in Firenze.

E a dì 8 d'ottobre, sabato, valse el grano soldi 50 o più.

E a dì 13 d'ottobre, ci fu come 'l Re di Napoli era morto, e che don Federigo s'era fatto Re e aveva rotto le bandiere del Re di Francia.

E a dì 14 d'ottobre, ci fu come lo 'Nperadore si partiva da Gienova e veniva a' Pisani.

E a dì 16 d'ottobre 1496, andò un bando, chi sapessi chi avessi gittato una fanciulla di circa a 22 anni in una sepoltura di Santa Maria Novella, morta, legata in due sacca, la quale non si conosceva; e non si trovò di chi si fussi.

E a dì 24 d' ottobre, ci fu come lo 'Nnperadore era giunto in Pisa, e come gli aveva scritto qui, come voleva che noi entrassino nella lega; altrimenti arderebbe a' danni nostri, e arderebbe a canpo a Livorno e a tutto el Contado, e metterebbe a filo di spada ogniuno.

E a dì 30 d'ottobre, facemo venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta. E quando giunse in Firenze, giunse nuove da Livorno, come era giunto 12 nave di grano, ch'era l'armata del Re di Francia; e quegli di Livorno usciron fuori e ruppono el carpo dello 'Nperadore e de' pisani, e amazzorono circa 40 uomini, e tolsono loro l'artiglierie: che fu opera di Dio, per la gran divozione che fu di Nostra Donna. Giunse tal novella apunto quando giunse lei in Firenze. E ancora si trovò, che quando fu diliberato di mandare per lei, che

in quel dì si mossono le navi da Marsilia; e quando fu disposta, giunsono in porto di Livorno. E fu tenuto che veramente la Vergine Maria voleva aiutare Firenze, e che quello fussi un saggio. E videsi chiaramente el miracolo espresso.

E in questo tenpo valeva el grano, 58, e, alcune cime, lire 3.

E a dì 10 di novenbre 1496, rovinò la cupoletta della sacrestia di Santo Spirito, quando si spuntellò.

E a dì 17 di novenbre 1496, ci fu come l'armata de' Viniziani e de' Gienovesi andò a traverso nel Porto di Livorno, e afogò molti uomini. E que' di Livorno guadagnorono molto tesoro. Ed era nell'armata una certa navetta di grano che ci avevano tolta, che si riebbe. E più v'era una nave aparecchiata per lo 'Nperadore, che v'era su sue veste e argenterie (era sceso in terra di poco quando venne la fortuna), la quale era intorno a Livorno per asediarlo co' pisani. E di fatto levorono el canpo, e lo 'Nperadore perdette la sua nave e pressochè la vita. Veduto tale segno e miracolo, l'aiuto di Dio a' Fiorentini, inmediato s'andò con Dio e lasciò tale inpresa, ch'era venuto insino della Magna per insignorirsi di Pisa, ch' e Pisani gliene davano. E in un dì fu spento un tale fuoco. Che non manco fu questo miracolo che quegli del Testamento Vecchio. Ma molti ingrati Fiorentini non l'ànno stimato, ma bene è vero che una buona parte d'uomini buoni e savi, che senton bene delle grazie e maraviglie di Dio, lo stimano asai e danno lalde a Dio.

E a dì 21 detto, andandotene con gran vergogna, Iddio gli volle ancora mostrare la 'npresa sua ingiusta, che, passando da Lucca e chiedendo vettovaglia, e Lucchesi feciono pena la testa chi gli dava niente, per modo ch'io mi credo che dubitò più volte di tornare nella Magna.

E a dì 27 detto, ci fu come lo 'Nperadore era passato in Lonbardia e caminava quant' e' poteva.

E a dì 30 detto, venne l'armata del Re di Francia a Livorno, con certe galee di Brettagna, e di que' Brettoni ne scese in terra. E andavano e' danni de' Pisani, e feciono gran danno pel paese loro.

E in questo dì, valeva lo staio del grano lire 3, e tuttavolta.

E a dì 5 di dicenbre 1496, ci rinovò una casa di morbo, ch' era stato mesi che non c'era stato nulla.

E in questo tenpo c'era già pieno di bolle franciose Firenze e 'l contado, ed erano in ogni città per tutta Italia e duravano assai. Chi le medicava e ristrigneva, davano doglie assai per tutte le giunture, e finalmente ritornavano. E questo modo non si trovava medicine; e no' ne periva molti, ma stentavano con molte doglie e schifezza.

E a dì 12 di dicenbre 1496, mandamo el canpo a Cascina.

E a dì 15, ci fu come e nostri avevano preso Tremoleto, che l'avevano messo a sacco e a filo di spade e

morto ogniuno che v' era drento. E la cagione fu che trattando l'accordo, che si volevano dare e dare statichi, e apressandosi alla porta, uno sciocco (che sono quegli che fanno capitare male e popoli che vogliono ben vivere) trasse, dalle mura, trasse un passatoio, e dette nella testa a uno conestavole francioso che si chiamava el Pitetto, e cascò morto. Onde vedendo e Franciosi ch'erano nel canpo nostro, feciono fare indietro gli altri e dissono: E' tocca a noi a fare la vendetta, e feciono forza e entrorono drento, e amazzorono ogniuno e saccheggiorono tutto. E in questo caso, e nostri non dovevano lasciare fare a quegli uomini barberi, che godono d'inbrodolarsi nel sangue umano.

E a dì 17 di dicenbre 1496, rinviliò lo staio del grano soldi 5, e tutta volta mandavano assai muli per grano a Livorno.

E a dì 21 detto, ci fu come avevàno preso Soiano per forza, e inpiccorono parecchi uomini e amazzoronne, e spogliorono tutti soldati e donne e fanciulle e tutti gli mandorono in camicia.

E a dì 23 detto, ci fu da'nostri inbasciadori di Francia, come e' non se gli poteva dare a intendere che noi fussino sua amici del Re. E intesesi, come gli erano e cittadini di qui ch'ordinavano tutto; e fu grande romore infra gli Ottanta che si dovessi fare giustizia e punire chi è peccatore, e non fu altro.

E a dì 3 di giennaio 1496, ci fu come a Livorno era giunto due navette di grano di certi mercatanti.

E a dì 5 detto, si vinse di porre una gravezza di 200 migliaia di fiorini e fussi posta da 20 uomini.

E a dì 11 di giennaio 1496, giunse in Firenze Monsignore Begnì, che veniva da Napoli, con forse 50 cavagli, ed era amalato. Aveva le bolle franciose. Venne nelle ceste. Aloggiò in casa di messer Iacopo de' Pazzi. Fecesegli onore, e 'l presente grande.

E a dì 20 detto, si vinse ch'e quatrini bianchi si spendessino per le gabelle e sale, per due altri mesi.

E più vinsono, che s'arogiessi al Consiglio giovani, bisognando, da 24 anni in su.

E in questo tenpo valse la farina lire 3 e soldi 10 lo staio.

E a dì 23 di giennaio 1496, si partì di Firenze el signore Begnì e andossene in Francia, ch' aveva perduto tutto el Reame, che non passò sanza vergogna del Re, che non mandò mai soccorso. Aveva aquistato sì grande regno in pochi dì, e in pochi perduto.

E a dì 25 di giennaio 1497, valse el grano lire 3 soldi 14 lo staio. E in questo dì, morì una donna nella calca alla Piazza del Grano, dove si vendeva el pane e 'l

grano del Comune. E più ci fu, come un povero contadino, che veniva a Firenze per accattare del pane, e' lasciò a casa 3 banbolini sanza pane, e ritornando a casa trovò que' fanciugli che morivano, e no' gli potendo confortare, tolse un capresto e inpiccossi.

E a dì 28, sabato, rinviliò el grano 12 o 15 soldi lo staio; e dettesi el più debole a soldi 54 lo staio.

E a dì 3 di febraio 1496, fu mandato via un predicatore de' Frati Minori che predicava in San Lorenzo.

E a dì 6 detto, afogò nella calca più donne alla Piazza del Grano, e chi ne usciva mezze morte, ch'era una cosa incredibile, ma fu vera perch'io la vidi.

E a dì 10 detto, afogò un'altra donna e uno uomo, al detto pane del Comune.

E a dì 11 detto, sabato, valse lo staio lire 4, la cima.

E a dì 19 detto, andò la Piazza del Grano a sacco.

E a dì 20, ci fu come l'armata del Re, ch'era a Livorno, aveva preso due navette di grano nel Porto di Pionbino e condotto a Livorno. Stava a nostra stanza.

E a dì 28 di febraio 1496, valse e' grano quel medesimo.

E dì 10 di marzo 1496, s'incamerò la gravezza detta Ventina.

E a dì 12 di marzo 1496, ci fu com'egli era giunto in Porto Pisano 3 nave di grano per nostro conto.

E a dì 13 detto, ci fu come el Papa aveva riavuto Ostia da' Franciosi, per danari.

E a dì 15 detto, avemo el perdono in Santa Maria del Fiore.

E a dì 19 di marzo 1496, fu trovato per Firenze fanciugli morti di fame, e più d'uno.

E a dì 20 detto, fu confinata la suocera di Piero de' Medici, e detto dì andò via.

E a dì 21 detto, ci fu sospetto di trattato di Piero de' Medici, che si diceva che voleva entrare in Firenzuola, e dare grano e farina al popolo, e fare gridare Palle. E no' ne fu nulla.

E a dì 24 di marzo, Venerdì santo, predicava un frate in Santo Spirito, che diceva contro a frate Girolamo, e tutta Quaresima diceva ch'el Frate c'ingannava e che non era profeta. Diceva cose da fanciugli, e a frate Girolamo gli cresceva tutta volta el populo. Aveva alla predica continuamente 15 mila persone, ognindì di lavorare.

E a dì 27 di marzo 1497, tuttavolta ci cascava uomini e donne e fanciugli per la fame, e alcuni ne moriva, e molti ne moriva allo spedale, ch'erano venuti meno per la fame.

E a dì 2 d'aprile 1497, intervenne fuor della Porta di San Piero Gattolino questo oribile caso a un sevaiuolo, che se gli appiccò el fuoco in casa e arse ogni cosa e le persone; che furono 4 tra donne e fanciulle, e tre maschi, che v'era un garzone grande; che furono sette persone. No' ne canpò niuno se none un lor padre che si trovava 'Arezzo in quel dì.

E a dì 4 d'aprile 1497, isvenne molte donne alla Piazza del Grano, e morivene due.

E a dì 5, ci venne una certa monaca di verso el Ponte a Rignano, la quale era un poco in oppinione di santità, e cominciò a parlare e dire contro a frate Girolamo. E presto si spense.

E a dì 8 d'aprile 1497, valse el grano lire 4, soldi 10.

E a dì 12 detto, valse el grano lire 5. E io lo vendetti, un poco che m'avanzava, lire 4, soldi 13. Di ciò mi chiamo ingrato.

E a dì 14 d'aprile 1497, ci fu come a Livorno era giunto una nave di grano ch' era 2500 moggia.

E a dì 16 detto, ci fu come e nostri avevano tolto a' Pisani e preso el bastione del Ponte a Stagno.

E dì 18 detto, si levò un romore per Firenze, che venne di Piazza de' Signori e del Grano. Furono cierte povere donne ch'andorono alla porta del Palagio e chiedevano misericordia del pane, in modo corse per Firenze, che si cominciò a gridare serra, serra; in modo che ogniuno tirò drento e rastregli, e chi serrò la bottega.

E a dì 19 detto, mercoledì, rinviliò el grano soldi 8 lo staio.

E a dì 21, fu fornito di porre quelle colonne di marmo a l'andito che va di Palagio nella Sala grande, di verso la Mercatantia.

E a dì 25 d'aprile, ci fu come Piero de' Medici era a Siena con giente assai, i'modo che si faceva le guardi la notte.

E a dì 27 detto, ci fu come Piero de' Medici era a Staggia.

E a dì 28 detto, ci fu com' egli era alla Castellina; e più rinfrescava: egli è a Certosa. E in effetto, non fu 20 ore che fu insino alle Fonti di San Gaggio, con dumila persone tra piede e cavallo. Onde, in sull'otta di desinare, s' armorono e gonfaloni e molti cittadini e tutti e principali, e andorono alla Porta di San Piero Gattolino. E circa a ore 21 si partì, vedendo non avere seguito di Firenze. E fu tenuto la più sciocca cosa mettersi in tanto pericolo, che, se gli avessino voluto, lo potevano pigliare: sonare a martello di fuori, sarebbe stato rinchiuso. Tornossi a Siena e non sanza paura.

E a dì primo di maggio 1497, ci fu come Giuliano de' Medici faceva giente qua in quel di Bruscoli.

E a dì 4 di maggio 1497, l'Ascensione, e' predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore; e certi uomini sua nimici di poca coscienza feciono una grande isceleranza. La notte, per dispetto, entrorono in chiesa e per forza, spezzando la porta ch'è dal canpanile, e entrorono in sul pergamo e quello vituperosamente inbrattorono di sporcizie; in modo s'ebbe a piallare quando ebbe a montare in pergamo. E predicando questa mattina, aveva detto e due terzi, fu fatto certo romore in

verso el coro, che dettono co' na mazza in una cassetta. Crediamo fussi fatto a arte da' medesimi. E si levò inmediate un romore, gridando tutti Giesù. E questo fu che 'l popolo stava sollevato, aspettando scandoli da' cattivi. E pure quietato el popolo per un poco di tenpo, un'altra volta si gridò Giesù; perchè all'uscio del pergamo, sendo alcuni ch'avevano arme sotto in difensione del Frate, cavoro fuori l'arme. E vedendo alcuni, di chi avevano sospetto, apressare al pergamo; uno ch'aveva nome Lando Sassolini menò di piatto a uno ch'aveva nome Bartolomeo Giugni. E per ventura era degli Otto, onde e detti Otto dettono bando al detto Lando di rubello, non conparendo; ma conparì. E funne scandolo assai.

E a dì 5 detto, feciono e Signori un partito, che non fussi niuna regola di Frati che potessi predicare sanza loro licenzia, e feciono levare tutti panche e gradi de' fanciugli di Santa Maria del Fiore. E questo fu fatto per grande invidia che aveva questo povero Frate, che disse inanzi: Io intendo che voi non vuole' che si predichi; nol fate che voi capiterete male. E nollo

vollono ubidire. Onde gli omini di spirito, aspettando grande novità, stimandolo el vero profeta, e disse cose grandi raffermando le cose dette, e che si dovessi scrivere per tutto e tra gl'infedeli, che gli era in Firenze un Frate che diceva la novazione della Chiesa, e disse: Scrivete ancora questo, che lo dice Iddio. Onde a questo tenpo, di questi Signori e Otto, si dette ognuno a' giuochi e a 'largare la vita a ogni male, e aprire el Frascato e taverne.

E a dì 6 detto, rinviliò el grano soldi 20 lo staio; tornò a lire 3.

E a dì 8 detto, frate Girolamo fece una pistola e gittossi di fatto in forma, la quale confortava a stare fermi nella fede, e mostrando come e tristi e gli Arabiati s'avevano dato la sentenzia contro, a fare tale scelleranza, a violare el tenpio di Dio.

E a dì 11 di maggio, la Signoria, ch'era gonfaloniere Piero degli Alberti, feciono disfare e scarpellare tutte l'arme delle palle nel palagio de' Medici e in Sa' Lorenzo e altrove.

E a dì 12 detto, vinsono nel Consiglio ch'a fare certi ufici grandi si facessi a 'lezione come prima, e gli ufici piccoli si traessi sei, e chi vinceva s' inborsassi e traessi.

E a dì 13 detto, sabato, rincarò el grano e valse lire 4, soldi 15.

E a dì 18 di maggio 1497, in questi tenpi, ci moriva di febre molta giente per la terra e agli spedali; la quale febre faceva farneticare e uscire quasi di sè: e anche veniva loro uscita, e morivano in due o 3 dì. Andavane a Santa Maria Nuova 12 per dì. Ordinorono di mettere e poveri a 'bergo nelle stalle del Papa, e dare a ogniuno un pane per sera.

E a dì 24, si diceva che 'l Papa mandava a citare frate Girolamo.

E a dì 25 di maggio 1497, fu el Corpo di Cristo. E andando la processione, e andando molti fanciugli alla processione, e' portavano in mano crocelline rosse; e

perchè gli era ordine di frate Girolamo quel portare quelle croci così rosse, el povero frate Girolamo era in odio molto agl'uomini; e' giovani comunemente più cattivi che gli altri. Però chè senpre troverai, che chi à in odio le cose che sono di loro natura bene e non vede nè sa altra verità, cului senpre erra e pecca. Ma questa mattina fu fatto questa scelleranza e infedelità, che, passando la detta processione in sul Ponte di Santa Trinita, alcuni giovani stavano a vedere passare a lato a una chiesolina ch'è in sul ponte a man ritta a 'ndare verso Santo Spirito. Vedendo que' fanciugli con quelle croci dissono: Ecco e fanciugli di fra Girolamo. E accostandosi uno di loro, prese una di quelle crocelline e, strappandola di mano a quello fanciullo, la spezzò e gittò in Arno, come fussi uno infedele; e tutto faceva per odio del Frate. Si vendicò con Cristo. Or questo fu tenuto molto tristo caso per gli uomini intendenti e savi. Gli sciocchi si ridono del male come de' bene.

E a dì 27 di maggio, sabato, valse el grano lire 4, soldi 10 lo staio, e quello del Comune lo davano a soldi 52 lo staio, e lire 3 lo staio, ma con grande dificultà se ne poteva avere.

E in questo tenpo eravamo privati del verbo di Dio. Non lasciavano predicare in chiesa veruna.

E in questo tenpo fu cavato fuori certe pistole molto vituperose contro a frate Girolamo, di mano d'un frate di Santo Spirito.

E a dì 31 di mangio 1497, valse el grano lire 5 lo

staio, e io lo vendetti lire 4, soldi 16. Arène avuto più di lire 5, s'i 'avessi voluto, bench'io n'avessi da vendere poco.

E a dì primo di giugno 1497, ci moriva di febre molta giente in pochi dì, chi in otto e chi in dieci dì, e chi in quatro dì, ci fu un cittadino. E dissesi che in questo fondo di luna che faceva questo dì, n'andò 120 tra gli spedali e la città. E anche si disse che c' era qualche cosa di morbo allo spedale. N' andava, per dì, dieci o dodici. E in questo dì ne morì, a Santa Maria Nuova, 24.

E tuttavolta avàno quest'altro dispiacere, ch'avàno la carestia spirituale e corporale, in modo che poco doleva la morte a' poveri, e tuttavolta ci moriva assai. Ogniuno diceva: Quest'è una morìa onesta.

E a dì 10 di giugno, ci fu in Piazza, del grano nuovo e rinviliò qualche cosa.

E a dì 11 di giugno, si corse el palio di Santo Barnaba, che s'era stato anni che non se n'era 'corsi in Firenze più, per le prediche del Profeta. E a questa Signoria, deliberonno di correre e no' stare più al detto del Frate dicendo: Risucitiano un poco questo populo, abiàno noi a diventare tutti frati? E nondimeno ci levavano el verbo di Dio.

E a dì 13 di giugno, ci morì, in un dì, circa a cento, tra spedali e la città, ch'era nella quintadecima la luna

E a dì 16 di giugno 1497, cadde uno canpanuzzo di que' di Santa Maria del Fiore, di quegli che si suonano a' levare del Signore, e dètte in sulla testa a uno cierto Dino, in mentre si leva el Signore, e stette per morire. Si cavò più pezzi d' osso.

E a dì 18 di giugno 1497, venne dal Papa una scomunica che scomunicava frate Girolamo, la quale si gittò

in questa mattina a Santo Spirito, in Santa Maria Novella, in Santa +, nella Badia e ne' Servi. La quale sentii io leggierla e gittarla in Santo Spirito, nel pergamo di coro, infra due torchi acesi e più frati; e letta e gittata per le mani d' un frate Lionardo, loro predicatore e aversario di detto Frate Girolamo. La quale conteneva che 'l detto frate non aveva ubidito a un certo brieve a lui mandato insino di novenbre 1496 che lo citava in santa ubidienza ch' andassi al Papa; e non volendo ubidire lo scomunica, e che non sia chi gli dia aiuto o sussidio, e che non si possa andare a udire, nè andare a luogo dove sia, sotto pena di scomunicazione.

E a dì 19 di giugno 1497, ci fu come un figliuolo del Papa era stato morto e gittato in Tevere.

E a dì 20, mandò fuori una pistola frate Girolamo in difensione della scomunica, la quale si difendeva, secondo alcuni.

E a dì 23 di giugno 1497, cadde un fanciullo dalla canpana grossa di Palagio in sul ballatoio, e in pochi dì morì.

E a dì 24 detto, sabato, valse el grano in Piazza lire 3.

E a dì 28 detto, ci moriva pure di febre, si disse, 60 per dì.

E a dì 30, si scoprì più case di morbo per la terra, ed era nel borgo di Ricorboli bene 8 case.

E a dì primo di luglio 1497, fu gonfaloniere Domenico Bartoli.

E a dì 2 detto, ci moriva assai di febre e di morbo e morinne solo in un dì, a Santa Maria Nuova, 25 el dì.

E a dì 3 detto, ci si scoprì più case di morbo, in modo che ogniuno faceva pensiero di fuggire. E in questo tenpo valeva un paio di pollastre lire 3, e un paio di capponi 7 o 8 lire; tanti c'era l'infermi.

E a dì 8 di luglio 1497, gli Uficiali dell'Abondanza missono in Piazza el grano a soldi 35.

E a dì 9 di luglio 1497, si scoprì morbo in San Marco, e uscissene di molti frati e andavano alle ville de'loro padri e loro parenti e amici. E frate Girolamo rimase in San Marco con alquanti frati. E in questi dì, c'era in Firenze circa 34 case di morbo e anche di febre.

E a dì 11 di luglio 1497, ci fu come el Signore di Mantova andò a Vinegia, e Viniziani, gli vollono mozzare la testa, o veramente lui n'ebbe sospetto; e calossi d'una camera dov'egli era, con teli di lenzuoli, e

fuggissi a Mantova. E questo perchè si diceva ch'egli era fatto capitano del Re di Francia.

E a dì 12 detto, mercoledì, valse e' grano nuovo e bello, soldi 45.

E a dì 16 detto, era in Firenze circa a 30 case di morbo, e morivane anche assai di febre. E nota che moriva tutti capi di case, da'20 anni in su insino in 50, e non fanciugli. Pareva si verificasse el detto del Frate, della novazione della Chiesa e del mondo.

E a dì 20 di luglio 1497, ci moriva assai poveri per le vie, di stento, e a ogn'ora per la città n'era ricolti da chi era sopra ciò, co' cataletti, e portati allo spedale, e là morivano.

E a dì 23 di luglio 1497, fu preso un prete ch'uficiava in Santa Maria Maggiore, dagli Otto, el quale confessò avere tamburato frate Girolamo e frate Domenico e tutti Frati di San Marco, com'erono soddomiti, per certi isdegni e passioni. E questa mattina fu mandato dagli Otto a rendere loro la fama. E andò in su 'n uno pergamo posto in sulle scalee di Santa Maria del Fiore, in sulla Piazza, apoggiato al canpanile, e in presenzia di tutto 'l popolo disse avere detto le bugie, e confessò pubricamento avere errato. E di poi nondimeno gli Otto lo mandorono alle Stinche e in gabbia.

E a dì 29 di luglio 1497, scurò el sole e morivaci di peste e di febre, in modo che la città si votava di cittadini, ch' andavano alle ville, chi poteva.

E a dì 5 d'agosto 1497, fu preso uno di quegli dell'Antella ed ebbe della colla, e confesso certo trattato con Piero de'Medici, e abominò molti, e quali fu

mandato per loro e sostenuti in Palagio e al Bargiello, e dato fune. Fra' quali fu Lorenzo Tornabuoni, Gianozzo Pucci, Bernardo Del Nero, Niccolò Ridolfi, e altri che si fuggirono, che fu Piero di Filippo Tornabuoni, el Butte de'Medici e altri.

E a dì 6, mandorono pe' Signore Rinuccio e per certi caporali, e feciono fanti in Piazza.

E a dì 10 d'agosto 1497, molto si parlava per la città che sarà di loro. Chi diceva: e' non ànno errato, chi diceva sì.

E a dì 13, si disse ch'e Tornabuoni avevano spacciato una staffetta al Re di Francia, e chiedere Lorenzo.

E a dì 15 d'agosto 1497, intervenne questo, che alla chiesa di San Pagolo, al carnaio ch'è fuori della chiesa, e beccamorti seppellivano uno, e cadde a uno di loro certe chiavi là giù e andò per elle; e fu tanto el puzzo, che vi morì di fatto inanzi lo potessino tirare su.

E a dì 16, andò el grano in sù insino a lire 3.

E a dì 17 d'agosto 1497, si ragunò la Pratica, e stettono in Palagio dalla mattina insino a mezza notte. E furono più di 180 uomini. E fu determinato a voce viva, che fussino morti e confiscati e beni secondo che dice la leggie. E fu giudicato questi 5 uomini, che fu el primo Bernardo Del Nero, e Niccolò Ridolfi, Giovanni Canbi, Gianozzo Pucci e Lorenzo Tornabuoni, de' quali ne 'ncrebbe a tutto el popolo. Ogniuno si maravigliò che fussi fatto tal cosa, nè a fatica si poteva credere. E feciogli morire la notte medesima, che non fu sanza

lacrime di me, quando vidi passare a' Tornaquinci, in una bara, quel giovanetto Lorenzo, inanzi dì poco.

E benchè chiedessino l'appello, e che fusse consigliato da' dottori che si poteva dare, e massimamente messere Guido Antonio Vespucci, non fu voluto dare loro; che parve troppa crudeltà a simili uomini. Pure è posta nella volontà di Dio ogni cosa. Sia senpre a sua lalde ogni cosa.

E più mandorono un bando chi avessi beni di questi 5.

E a dì 24 d'agosto, confinorono una buona quantità: el Tinca Martegli e Iacopo di messere Bongianni, Tomasino Corbinegli, Lionardo Bartolini, Francesco Dini.

E a dì 17 di settenbre, andorono e fanciugli alla Signoria, a chiedere che frate Girolamo predicassi, e racconciassino e gradi in Santa Maria del Fiore.

E a dì primo d'ottobre 1497, predicò un Frate del Carmino a quella Vergine Maria ch'è nel canto delle mura, dalla Porta a San Friano; e afermava molto la dottrina di frate Girolamo, dicendo: E' m'à detto Iddio che gli è santo uomo e che la dottrina sua è vera, e chiunche gli à fatto risistenza e detto male della divina opera, sieno signori, sieno religiosi, o gran maestri, gli sarà cavato la lingua e dato a' cani, e simile pazzie. E fu mandato per lui, esaminato al Vescovado, e fugli comandato che non predicassi.

E a dì 5 d'ottobre 1497, venne in Firenze un figliuolo di messer Giovanni Bentivogli, al soldo dei fiorentini, e aveva 100 elmetti. Era molto bene a ordine e andò a Pisa.

E a dì 16, lunedì, confinorono molti cittadini per un medesimo peccato. Fu cavato di prigione quel Filippo dell'Antella e Sforzo Bettini, e confinati infra 'l terreno nostro. E più, fu confinati quegli ch'erono citati e non conpariti; che fu messer Piero Alamanni, Messer Tommaso Minerbetti, messer Luigi Tornabuoni e Piero suo fratello.

E a dì 18 d'ottobre, ci moriva di febri assai capi di casa e di buoni cittadini, e non moriva nè donne nè fanciugli.

E a dì 19 d'ottobre 1497, e in questo tenpo si scoperse la morìa a molte case, in modo che fermò in villa e cittadini.

E a dì 28, fu in Mercato Nuovo, in su'n uno moricciuolo tra que' banchi, standosi a sedere uno uomo di circa 50 anni, si pose la gota in sulla mano, come si volessi riposare per sonno; e così stando, passò di questa vita, che niuno se n'avide de' circustanti. Non fece atto veruno. Ma poi vedendolo interriato e toccandolo, vidono ch'era morto. E così stette ore morto con quella gota in sulla mano, e ogniuno stava discosto, credendo fussi amorbato, perchè la morìa ci faceva danno.

E a dì primo di novenbre 1497, finì la triegua co' Pisani e tutta Toscana, e tuttavolta si faceva giente perchè si diceva ch'e Viniziani mandavano giente a Pisa;

e noi stavàno tuttavolta in sulla spesa, aspettando el Re che si diceva: E' passa di quà.

E a dì 3 di novenbre 1497, ci fu come a Roma cadde una saetta in sul Castello Sant'Agnolo, insino a dì 29 d'ottobre 1497, in domenica, a ore 14. La quale fece cose grandi: dètte in sull'Angielo e gittollo giuso per terra, e cascò giuso nella munizione, e appiccossi el fuoco, e scoppiò la torre, e fece andare pietre e legni, balestre, corazze di là dal Tevere; e morivvi uomini. Fu una cosa spaventevole.

E a dì 6, ci venne Pisani per accordo; e no' ne fu nulla.

E a dì 7, cominciò la morìa a Dicomano.

E a dì 9 di novenbre 1497, tornò lo Studio a Firenze che leggieva a Prato, e leggievano forse 40 lettori.

E a dì 13 detto, venne cavagli a Pisa mandati da Viniziani, e qui si faceva giente tuttavolta, aspettando di roppere guerra.

E a dì 15 di novenbre 1497, si trovò sotto el portico dello Spedale di San Pagolo di Firenze, fu trovato, una mattina, una fanciulla morta, la mattina in sul dì; la quale fu scoperta da quegli che governavano gli ammorbati, e giudicato non era ammorbata ma più tosto strangolata. E inteso gli Otto el caso, mandorono un bando a pena della testa chi lo sapessi e non lo rivelassi.

E a dì 18 di novenbre 1497, rinviliò el grano, tornò a soldi 50, e l'Abbondanza lo mise a soldi 40.

E a dì 19 di novenbre 1497, gli Otto fero bando a frate Mariano da Ghignazzano e altri sua compagni, che non potessino venire in quello de'Fiorentini a pena della testa perchè si dicevano che tenevano mano che Piero de'Medici tornassi a Firenze.

E a dì 26 di novenbre 1497, ci fu come e' Pisani avevano fatto una preda in sul nostro insino a Bibbona, di bestiame.

E a dì 29 detto, si levò el Crocifisso dell'altare di Santa Maria del Fiore, e posesi quaggiù di sotto, dove seggono e Calonaci, e posono in su l'altare maggiore un tabernacolo di legname per el Corpo di Cristo, che non era ancora dorato, a vedere se piaceva.

E a dì 2 di dicenbre, venne in Firenze un Cardinale figliuolo del Duca di Ferrara, ch' andava a Roma a vicitare el Papa che l'aveva fatto Cardinale di nuovo. Era giovanetto di circa 22 anni. Fugli fatto assai onore; andogli incontro assai cittadini.

E a dì 14 di dicenbre, ci fu come e nostri avevano corso insino a Pisa, e predato in Val di Calci.

E a dì 16 detto, taglionno la testa al Cegino, nella

corte del Capitano, per quel medesimo peccato, d'avere fatto e fatti de'Medici.

E a dì 6 di giennaio 1497, andò la Signoria di Firenze a offerire a San Marco, e baciorono la mano a frate Girolamo all'altare, e non sanza grande maraviglia de' più intendenti, e non tanto degli avversari, quanto degli amici del Frate. Fu el dì della Pifania.

E in questi dì fu grandi freddi; ghiacciò Arno.

E a dì 11 di febraio 1497, cominciò a predicare frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e rifecesi e gradi come prima, e andovvi molta giente, e molto si parlava

di lui ch'era scomunicato, e molti mancorono d'andarvi per temenza della scomunica dicendo: giusta vel ingiusta, timenda est. Io fui di quegli che non vi andavo.

E in questo tenpo poco si ragionava di morìa, se c'era in una casa o in due, non c'era in più.

E a dì 15 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in San Marco, e non volle se non preti e religiosi, e scoperse loro le loro magagne, secondo che mi fu riferito da uno.

E in questi dì la guerra di Pisa s'era un poco quietata per la vernata cruda.

E a dì 17, sabato, valse el grano da 49 a 50 soldi lo staio.

E a dì 18 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e manconne ancora più giente.

E in questo tenpo fu grandi freddi, in modo che stette ghiacciato più di due mesi, che si dubitò non si perdessi el grano e la ricolta ne' luoghi freddi.

E a dì 24 di febraio, sabato, valse el grano quel medesimo, da 49 a 50 soldi lo staio.

E a dì 25 di febraio 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, senpre provando la scomunica non valere nè tenere; e nota che tutte le dette prediche sono state scritte e gittate in forma da un giovane notaio ch'à nome ser Lorenzo Vivuoli, se si può dire, stato più ch'uomo, avere scritto ciò che à mai detto questo Frate in pergamo, e pistole e altre cose dette in molti anni: non si può trovare maggiore meraviglia al mondo, e non bisogna altro miracolo in questa opera, avere scritto ogni minimo atto e parola come l'à dette apunto, che non ne manca un iota, ch'è inpossibile; ma è stata permissione divina a qualche buon fine, e così è giudicato dagli uomini che fanno bene.

E dì 27 di febraio, fu Carnasciale, e fecesi in su la Piazza de' Signori un capannuccio di cose vane, di figure ignude e di tavolieri, libri eretici, Morganti, specchi e molte cose vane e di gran valuta, stimate migliaia di fiorini. Come e' feciono anno la processione de' fanciugli, così feciono al presente: ragunati in 4 quartieri, colle croci e ulivi in mano, ogni quartiere ordinati con tabernacoli innanzi, andorono dopo desinare a ardere detto capannuccio; e benchè fussi dato noia da certi tiepidi, gittando gatte morte e simile lordura, non di meno vi misono el fuoco, e arse ogni cosa, perchè v'era stipa assai. E nota che 'l capannuccio non era cosa da fanciugli, ch'era un certo quadro di legname di più di 12 braccia per ogni verso, fatto da legnaiuoli in più dì, e molte opere; per modo che fu necessario la notte dinanzi tenere la guardia di molti armati a guardare, perchè certi tiepidi lo volevano guastare, di certi giovani che chiamavano Conpagnacci. E nota che 'l Frate era in tanta reverenza a chi gli credeva, che questa mattina, ancora che fussi Carnasciale, frate Girolamo disse la messa in San Marco e comunicò di sua mano tutti e sua frati, e poi parecchi migliaia d'uomini e di donne; e dipoi venne col Corpo di Cristo in su un pergamo in sulla porta della chiesa così di fuori, e, mostrandolo, benedisse el popolo con molte orazioni: Fac salvum populum tuum Domine, e certe altre orazioni. Eravi venuto grande popolo, stimando vedere segni: e tiepidi si ridevano e facevano beffe e dicevano: Egli è scomunicato e comunica altri. E benchè a me e' pareva errore, ancora che gli credessi; ma non volli mettermi mai a pericolo andare a udirlo, poichè fu scomunicato.

E a dì 28 di febraio 1497, che fu el primo dì di Quaresima, predicò e disse ch'e tristi avevano pieno el

sacco e fatto ogni male; e massime la notte si fece una certa cena di Conpagnacci, tutti tiepidi che vorrebbono vedere le cose un poco più larghe, e non tanto riprendere e peccati, e avere licenza di vivere all'epicura.

E a dì primo di marzo 1497, predicò frate Girolamo in Santa Maria del Fiore, e prese licenza, e disse predicherebbe in San Marco, perchè e c'era venuto una aggravatoria del Papa: e sendolo, prese licenza da lì, e predicava in San Marco, e un frate de' sua predicava in Santa Maria del Fiore la sera: e seguitando in San Marco, gli cresceva el popolo, e dissesi ch' egli aveva scritto al Papa che si correggessi, altrimenti capiterebbe male, e aspettassi gran flagello, e presto.

E a dì 11 di marzo 1497, predicando pure in San Marco, alluminando la città, che volevano fare un tiranno e già si vedeva per molti certi segni.

E a dì 14 detto, si fece richiesti e pratica per pigliare modo di questo Frate, e finalmente s'andò in bigoncia molti cittadini: chi voleva levarlo dal predicare, e chi no; e fuvvi grande controversia d'anbizione di Stato; non di meno tutta volta predicava, e 'l Papa minacciava d'interdire la città. Pareva cosa meravigliosa che 'l Papa nollo potessi fare star cheto e cessare dal predicare; e molto maggiore era che lui stessi pure forte e non cessassi dal predicare.

E a dì 17 di marzo, la Signoria mandò 5 cittadini a frate Girolamo, la sera di notte, a pregarlo che non predicasse per qualche dì; e lui rispose che voleva prima

dimandarne colui che lo mandò a predicare: e nondimeno pure predicò in San Marco, e chiese licenzia, minacciando di gran cose a chi era cagione di questo.

E a dì 18 di marzo 1497, predicò in San Marco frate Domenico da Pescia, e in Santa Maria del Fiore predicava la sera uno de' frati loro di San Marco.

E a dì 21 di marzo 1497, ci fu nuove come 'l Papa era adirato co' Fiorentini, e che non si poteva quietare. Eraci lettere in molti mercatanti ch'avevano paura di andare a sacco Roma. E più c'era lettere come frate Mariano da Ghignazzano molto soffiava nel fuoco, e come gli aveva fatto una predica, infra l'altre, a Roma, e come chiamò senpre ubbriacone frate Girolamo; e più venne in tanta insania, che nella predica, dov'era più cardinali, ch'egli usò volgere el parlare e disse: Alessandro; se non fussi la reverenza tua, io ti farei due fiche agli occhi; e attualmente fece con mano simile lordura in pergamo, così si disse da chi veniva da Roma. Or vedete quanto può la invidia! e nota s'ella pare invidia, che innanzi che fussi scomunicato gli erano molto maggiori nimici, gli apponevano molti falsi: pareva sola invidia; forse che no.

E a dì 24 di marzo 1497, ci fu come el Duca di Milano era venuto a Genova e menato seco 200 cittadini per fuggire el sospetto ch' egli aveva.

E a dì 25 di marzo 1498, fu trovato certe scritte alla porta di Santa + e d'Orto San Michele, che dicevano: Popolo, e' non è il Frate la tua malattia, ma sono certi pinzocheroni; ed eravi nominato Francesco Valori e Pagoloantonio Soderini, e dicevano: Andate a casa loro col fuoco. E nota che in questi tenpi si facevano beffe di queste cose spirituali; si trovava per la terra tale infedele gente alla sfrenata, che toglieva moccoli e

andava cercando così accesi, e dicevano: Io cerco della chiavicina ch' ha perduto el Frate; chi pigliava la giente e facevagli inginocchiare a una lanterna accesa, e diceva: Adora el vero lume; chi ardeva finestre inpannate, e altri spregi: perchè el Frate aveva usate dette parole, la chiavicina, e che la novazione della Chiesa sarebbe el vero lume. E questi erano una gente di giovanaglia di poco spirito.

E a dì 26, ci fu chi diceva che la interdizione di Firenze era venuta, ma non era vero, e che la fu occultata; e nondimeno el Frate faceva in San Marco dentro, processioni e orazioni con un Crocifisso innanzi, in mano al Frate, con grande lacrime e divozione, con alquanti cittadini, che v'entravano dentro di nascosto dagli altri.

E a dì 27 di marzo 1498, frate Domenico da Pescia, frate pure di San Marco, invitò nella predica un predicatore che predicava in Santa + a entrare nel fuoco per questa verità, el quale diceva contro a frate Girolamo: e andorono parecchi cittadini a Santa + per ambasciadori.

E a dì 28, predicava frate Domenico in San Marco e dicendo di volere entrare nel fuoco; e più disse che molti di questi miei Frati faranno el simile; e volgendosi verso le donne, ancora di queste donne faranno questo; e fu tanto l' empito dello spirito che molte si levarono ritte dicendo: Io sono di quelle.

E in questo medesimo dì, el predicatore di Santa + disse in pergamo volere entrare nel fuoco, e accetto lo 'nvito, e disse: Io credo bene ardere, ma sono contento per liberare questo popolo; e disse: se lui non arde, credetegli come vero profeta.

E a dì 29 di marzo 1498, andarono in Palagio alquanti frati di San Marco e alquanti di Santa +, e portorono le conclusioni e' capitoli in che modo si dovessi entrare; e rimasi dovessi entrare un frate di San Francesco, de'Rondinegli, e per la parte di San Marco frate Mariano Ughi.

E a dì primo d'aprile 1498, predicava in Santa Maria del Fiore frate Mariano Ughi, frate di San Marco, el quale s'era sottoscritto di volere entrare nel fuoco; e più raffermò questa sera inginocchiato in pergamo innanzi al Crocifisso, promettendo per questa verità per ogni modo entrare nel fuoco, pregando strettamente che a chi toccava dovessi tirare innanzi questa opera. E queste cose disse pubricamente e in pergamo.

E a dì 2 d'aprile 1498, frate Girolamo fece dentro in

San Marco una processione con tutti e sua frati e molti cittadini: uscirono per chiostro e girorono tutta la piazza e ritornorono in chiesa; e frate Girolamo portava in mano el Crocifisso e imponeva e salmi.

E a dì 6 d' aprile 1498, cominciò a predicare frate Girolamo in San Marco, e predicò come era preparato a mandare de' sua frati nel fuoco per questa verità predicata, e non tanto alcuni sua frati, ma tutti a voce viva erano preparati, quanto parecchi migliaia di secolari e di donne e fanciugli, per modo che nel mezzo della predica si rizzò tutto 'l popolo gridando e offerendo la vita per quella verità.

E a dì 7 detto, fu ordinato in Piazza de' Signori un palchetto lungo braccia 50 e largo braccia 10 e alto braccia 4, e fu fondato in certe capre di legname, in sul quale fu fatto da ogni sponda un muricciuolo di mattoni crudi, alto braccia 1/2, e nel mezzo missono ghiaia e calcinacci, e in effetto tutto coperto che 'l fuoco non potessi trovare l'asse e'l legname; e in su detto palchetto fu fatto a ogni sponda legne grosse a uso di cataste, alte braccia 2 1/2, tutto el palchetto quanto era lungo, lasciorono da ogni testa senza legne braccia 4, intanto che le legne erano lunghe braccia 40 da ogni lato: e lasciorono in quel mezzo braccia 2 di spazio d'onde s'aveva a passare: e di fuora e dentro a dette legne si rizzò molte scope e frasconi in modo che restò un braccio di luogo l'andito: e più vi fu gittato su olio, acqua arzente e altre ragie perchè meglio ardessi. E dato l'ora in detto dì a ore 17 si dovessino appresentare in Piazza detti Frati di San Marco e di San Francesco, e quali dovessino fare lo sperimento del fuoco, come s'erano patteggiati e soscritti; che dalla parte di San Marco dovessi entrar fra Domenico da Pescia, e dalla parte di San

Francesco dovessi entrare fra Giuliano de' Rondinegli dell'Osservanzia. E a l'ora data giunse quei di San Francesco e entrorono nella Loggia dei Signori, la quale avevano diviso per mezzo collo steccato, e stettono inverso San Piero Scaraggio sanza dir niente. E poi venne quei di San Marco con grandissima divozione, grande numero di frati, circa 250, a coppie a coppie; e poi frate Domenico con uno Crocifisso in mano; e di poi frate Girolamo con il Corpo di Cristo in mano: e aveva dietro un gran popolo con molti torchi e lumi, cantando e salmeggiando con grande divozione: entrati nella Loggia, avevano parato uno altare e cantoronvi una Messa; dipoi el popolo aspettava questo grande spettacolo. E stando più ore, si maravigliava el popolo, e la cagione era che avevano differenzia: che quei di San Francesco vollono che frate Domenico si cavasse insino alle mutande, dicendo che era incantato, e lui fu contento; poi gli missono un'altra cosa, che non v'andassi col Corpo di Cristo: per modo ch'e Frati di San Francesco si vide che volevano farne fuora. In modo ch'andò insino a sera questa controversia, fra andare su in Palagio e tornare: onde si ruppe ch'e Frati di San Francesco s' andorono via, e di poi si partirono quei di San Marco, per modo che 'l popolo si conturbò tutto, quasi perdendo la fede del Profeta. Molto si parlava di questo fatto; e massimamente quegli che erano contro al Frate presono grande animo, ch'era una certa compagnia che si diceva Compagnacci, e quali comincìorono a fulminare e a sparlare disonestamente e dileggiare tutti quelli che credevano questa opera del Frate, chiamandogli Piagnoni e pinzocheroni e simili ingiurie; per modo che non era niuno di quelli del Frate che potessi parlare.

E a dì 8 aprile 1498, che fu la domenica d'ulivo,

cominciò a scoppiare questo fatto ordine, che, sendo in Santa Maria del Fiore per cominciare el vespro, e la giente era a sedere alla predica, un buon popolo d' uomini e di done, e preti soprastavano a cominciare el vespro, alcuni dissono perchè non s'avessi a predicare, e forse a stanza di questi Compagnacci, e quali cominciarono a dare in quelle spalliere delle donne, e usando parole e dicendo: Andatevi con Dio piagnonacci e simile parole, in modo che molte si levarono da sedere, e fu fatto un tumulto grande per chiesa; e beato chi poteva trovare la porta: e se alcuni garrivano, loro volevano dare con ogni arroganza, e appicca' la quistione; e tratto fuori arme addosso alquanti di quelli del Frate, fuggendo verso la Via del Cocomero, fu dato e feriti alcuni in modo che in poche ore fu in arme tutta la città, tutti di quegli contro al Frate, e questa compagnia de' Compagnacci, e fulminando verso San Marco gridando: A' frati; a' frati, a San Marco; e tutto il popolo e' fanciugli corrono co' sassi; intanto che molti uomini e donne ch'erano in San Marco non potevano uscire fuora pe' sassi. E io mi trovai; e se non fussi che del chiostro uscì e andane in verso la Porta di San Gallo, rimanevo forse morto. E in effetto ognuno s'armava: di Palagio venne bandi, chi pigliava o menava preso frate Girolamo avessi 1000 ducati. Fu commota tutta la città, e niuno fu ardito di parlare, di quegli del Frate, che sarebbe stato morto. E innanzi che fussi ore 22, venne in Piazza qualche Gonfalone armati, gridando popolo, ch'erano quasi tutti Conpagnacci, e cominciorono a dire e gridare: A casa Francesco Valori, a sacco; e corsono là e missono fuoco nella porta, e andò a sacco ogni cosa. E in questo tenpo Francesco Valori uscì di San Marco sconosciuto, dietro per l'orto è lungo

le mura: fu preso da due uomini vili e menato a casa sua: dipoi la sera fu cacciato fuori da' mazzieri de' Signori e fugli promesso la vita, e menanvanlo in Palagio: e quando fu presso a San Procolo, in sul canto da quella Vergine Maria, venne uno di dietro, e detteli in su la testa con una roncola due o vero tre volte, e morì quivi di fatto. E nell'andare a sacco la casa sua fedirono la donna sua e morì, e fedirono figlie e balie, e ruborono ogni cosa.

E più andò a sacco Andrea Cambini; e una casa nella Via Larga d'un povero uomo, che gittò parecchi tegoli nella via dalle finestre. E in questo tempo si combatteva San Marco, e tuttavolta vi cresceva popolo; e portoronvi circa 3 passavolanti, nella Via Larga e Via del Cocomero, e fuvvi feriti e morti alcuni. Dissesi che n'era morti di qua e di là 15 o 20 persone, e feriti circa 100.

E circa alle 6 ore di notte arsono la porta di San Marco della chiesa e del chiostro, e entrati in chiesa si combattè; e finalmente il Frate era in coro a cantare ufizio, e vennero fuori due frati, e dissono: Noi vi daremo el Frate, se voi lo volete dar salvo in Palagio, e così fu promesso: e alle 7 ore gli detto' el Frate e frate Domenico e frate Salvestro, e menoronlo in Palagio con molte ingiurie per la via. E dissesi che gli davano de' calci, e dicevano: Va là, tristo; e fugli messo e ferri in ganba e le manette, e tenuto molto stretto come un grande malfattore, e dettogli molti improperi e ingiurie.

E a dì 9 di aprile 1498, non si fece altro, si posò l'arme ma non la lingua, pareva aperto l'inferno; non si potevano isfamare di dire e ladro e traditore. E non

si poteva per niente parlare per la parte del Frate, che sarebbe stato morto, e dileggiavano e cittadini Piagnoni e pinzocheroni.

E a dì 10 d'aprile 1498, a ore 21, el Frate fu portato al Bargello a predelline, perchè era co' ferri in gamba colle manette, e ancora frate Domenico; e missono mano e dettongli 3 tratti di fune, e a frate Domenico ne dettono 4; e disse frate Girolamo: posatemi che io vi scriverò tutta la vita mia. E pensa quando fu udito, quando egli aveva avuto la colla, dagli uomini che vogliono ben vivere e che gli credevano, che non fu sanza lacrime perchè aveva insegnato questa orazione: Fac bene bonis et rectis corde. Non fu sanza lacrime e dolore e forte orazioni a Dio.

E a dì 13 di aprile 1498, ci fu come el Re di Francia era morto, e morì a dì 7 detto, quando venne un grande tuono e un brusco tempo, pareva l'aria molto crucciata e piovve; e io lo so che mi immollai molto per vedere l'esperimento del fuoco, perchè fu in tal dì circa a ore 20. E in detto dì ci fu come lo 'Nperadore s'aveva rotto una coscia da un cavallo che gli cadde addosso. E in tal dì venne il Turco a Otranto. E in tal dì fu tagliato la testa a due gentiluomini che volevano avvelenare el Duca di Milano.

E a dì 15 di aprile 1498, che fu la Santa Pasqua, arsono dentro le Murate più refettori, e fece loro grande danno e massime di robe di cittadini; e discesi che non si sapeva in che modo si fusse acceso questo fuoco.

E a dì 17 d'aprile 1498, ci fu come el Duca d'Orliens era stato fatto Re di Francia.

E a dì 19 d'aprile 1498, si lesse in Consiglio, nella sala grande, el processo di frate Girolamo, ch'egli aveva scritto di sua mano, el quale noi tenevamo che fussi profeta, el quale confessava no' essere profeta, e non aveva da Dio le cose che predicava; e confessò molti casi occorsi nel processo delle sue predicazioni essere el contrario di quello ci dava ad intendere. E io mi trovai a udire leggere tale processo; onde mi maravigliavo e stavo stupefatto e in ammirazione. E dolore sentiva l'anima mia, vedere andare per terra uno sì fatto edificio per avere fatto tristo fondamento d'una sola bugia. Aspettavo Firenze una nuova Gierusalemme donde avessi a uscire le leggi e lo splendore e l'esempio della buona vita, e vedere la novazione della Chiesa, la conversione degli infedeli, e la consolazione de' buoni; e io sentii el suo contrario, e di fatto presi la medicina: In voluntate tua Domine omnia sunt posita.

E a dì 21 d'aprile 1498, si scoperse la morìa in molte case, di nuovo nella Via della Scala circa quattro case, e qui intorno a San Brancazio, insino alla + al Trebbio, altre quattro case. Faceva in due dì assai, perchè faceva la luna. Fece un poco isbigottire el popolo circunstante.

E a dì 22 d'aprile 1498, si prese el perdono in Santa Maria del Fiore, del Giubileo che ci aveva concesso el Papa; e concesse penitenziali che potessino assolvere da ogni e qualunche caso, e massime in queste scomuniche che ci aveva fatto incorrere questo Frate, per le sue prediche: e per la gran fede che gli portava el popolo, in mentre ch'egli era scomunicato c'era assai che l'andavano a udire.

E a dì 23 d'aprile 1498, dettono martirio al Frate; e fu sostenuto certi cittadini, che fu Domenico Mazzinghi e altri.

E a dì 24 d'aprile 1498, s'intese come Pagoloantonio Soderini se n'era andato a Lucca per sospetto del Frate.

E a dì 26 d'aprile 1498, ci fu un mandatario del Papa, e un breve che dava licenza che facessino del Frate quanto paressi al suo mandatario.

E a dì 27 d'aprile, si dette colla a tutti e cittadini presi per tal caso, in modo che, dalle 15 ore insino a sera, si sentì sempre gridare al Bargello.

E a dì 28 d'aprile 1498, si fece pratica sopra Frati e sopra cittadini ch'erano nominati da' Frati, e stettono insino alle 7 ore, e non feciono conclusione; e fu molto contradetto a manomettere e cittadini.

E a dì 30 d'aprile 1498, si ragunò el Consiglio e feciono e gonfalonieri, e vinsono di restituire certi confinati nelle Stinche, e certe altre provisioni: e de' cittadini ch'avevano errato nello Stato, vinsono pagassino danari, e del Frate non si ragionò. Furono condannati circa 23 cittadini in danari e ammuniti, chi in cento, chi in dugento, e chi in mille, che fu una somma di 12 mila fiorini.

E a dì primo di maggio, furono rimandati tutti e cittadini a casa; e rimase e 3 poveri Frati.

E a dì 2 di maggio 1498, si levò quel tabernacolo ch'era stato posto in Santa Maria del Fiore all'altare maggiore, per tenere el Corpus Domini, e riposesi el Crocifisso com'era prima.

E a dì 5 di maggio 1498, valse el grano soldi 35, e così lo dava el Comune.

E a dì 7 di maggio, ci fu come a Pescia era scorso e Pisani e predorono. Dissesi che v' era trattato di un francioso, ma non riuscì.

E a dì 8 di maggio 1498, ci fu come frate Girolamo aveva isposto el Miserere mei in prigione in Palagio, nell' Alberghetto.

E a dì 9 di maggio 1498, si vinse negli Ottanta che gli Ebrei potessero prestare. Se fu lecito lo sa el Signore, e nel Consiglio maggiore non si vinse che prestassino.

E a dì 12 di maggio 1498, gli Uficiali del morbo andorono per gli spedali, cacciavano e poveri, e dove ne trovavano per la città tutti gli mandavano fuori di Firenze; e feciono ancora più crudele cosa, che posono all'arte de' Corazzai un canapo colla carrucola per dare colla a chi tornava dentro. Fu tenuta cosa crudele e una medicina contraria.

E a dì 13 detto, ci fu come el Papa mandava un mandatario e 'l Generale di San Marco per giudicare frate Girolamo; e più ch'egli aveva dato licenzia a' Fiorentini che potessino porre a' preti e religiosi tre Decime. Alcuni pure amici del Frate, interpretavano e dicevano: Questo frate è stato venduto 30 danari come 'l Salvatore, perchè tre vie dieci fa trenta. E nota che molti preti si rallegravano del male del Frate, e tornò sopra loro.

E a dì 14 di maggio 1498, si tirò su due campane grosse in su uno campanile, così alla salvatica, sopra la porta di San Lorenzo di Firenze.

E a dì 18 detto, fu finito el secondo finestrato di Filippo Strozzi.

E a dì 19 detto, venne in Firenze un mandatario del Papa e el Generale di San Marco per esaminar frate Girolamo.

E a dì 20 di maggio, domenica, quello mandatario lo pose alla colla, e innanzi lo tirassi su, questo dimandò, s'egli era vero le cose ch'egli aveva confessate, e lui rispose e disse di no, e come egli era messo e mandato da Dio; e lui allora lo fece collare, e confessò quel medesimo, ch'era peccatore, come disse prima.

E a dì 22 di maggio 1498, determinorono di fargli morire; e fu determinato d'ardergli vivi, e finalmente la sera fu fatto un palchetto, el quale copriva tutta la ringhiera del Palagio de' Signori, e poi si partiva un palchetto dalla ringhiera allato al lione e veniva in mezzo della Piazza, verso el tetto de'Pisani: e quivi fu ritto un legno grosso e alto molte braccia, e intorno al detto legno un palchetto tondo e grande: e al sopradetto legno fu posto un legno a traverso a uso d'una croce; e vedendo gli uomini dicevano: E' gli vogliono crucifiggere; e sentendo mormorare della croce, andorono a segare di quel legno, in modo che non paressi croce.

E a dì 23 di maggio 1498, mercoledì mattina, si fece questo sacrifizio di questi tre Frati. Gli trassono di Palagio e feciongli venire in su quel palchetto della

ringhiera; e quivi furono gli Otto e' Collegi e 'l mandatario del Papa e 'l Generale, e molti calonaci e preti e frati di diverse regole, e 'l vescovo de' Pagagliotti, al quale fu commesso digradare detti 3 Frati: e qui in su la ringhiera fu fatto dette cerimonie. Furono vestiti di tutti i paramenti, e poi cavati a uno a uno, colle parole accomodate al digradare, affermando sempre frate Girolamo eretico e scismatico, per questo essere condannato al fuoco; radendo loro el capo e mani, come si usa al detto digradare. E fatto questo, lasciorono e detti Frati nelle mani degli Otto, e quali feciono inmediate el partito che fussino inpiccati e arsi; e di fatto furono menati in sul palchetto allo stile della +. Dove el primo fu frate Silvestro, e fu inpiccato al detto stile a uno de' corni della croce; e non avendo molto la tratta, stentò buon pezzo, dicendo Giesù molte volte in mentre ch'era impiccato, perchè el capestro non stringeva forte nè scorse bene. El secondo fu frate Domenico da Pescia, senpre dicendo Giesù; e 'l terzo fu el Frate detto eretico, il quale non parlava forte ma piano, e così fu inpiccato. Sanza parlare mai niuno di loro, che fu tenuto grande miracolo, massime che ognuno stimava di vedere segni, e ch'egli avessi confessato la verità in quel caso al popolo; massime la buona gente, la quale disiderava la grolia di Dio e 'l principio del ben vivere, la novazione della Chiesa, la conversione degli infedeli: onde non fu sanza loro amaritudine: nè fece scusa veruna, nè niuno di loro. Molti caddono dalla lor fede. E come furono inpiccati tutti a tre, in mezzo frate Girolamo, e volti verso el Palagio; e finalmente levorono del palchetto della ringhiera, e fattovi el capannuccio in su quello tondo, in sul quale era polvere da bonbarda, e' dettono fuoco alla detta polvere, e così s'arse detto capannuccio

con fracasso di razzi e scoppietti, e in poche ore furono arsi, in modo che cascava loro le gambe e braccia a poco a poco: e restato parte de busti appiccato alle catene, fu gittato loro molti sassi per fargli cadere, in modo che gli ebbono paura che non fussino tolti dal popolo; e 'l manigoldo, e chi lo aveva a fare, feciono cadere lo stile e ardere in terra, facendo arrecare legne assai: e attizzando sopra detti corpi, feciono consumare ogni cosa e ogni reliquia: dipoi feciono venire carrette e portare ad Arno ogni minima polvere, acciò non fussi trovato di loro niente, accompagnati da' mazzieri insino ad Arno, al Ponte Vecchio. E non dimeno fu chi riprese di quei carboni ch'andavano a galla, tanta fede era in alcuni buone genti; ma molto segretamente e anche con paura, perchè non se ne poteva ragionare nè dire niente, sanza paura della vita, perchè volevano spegnere ogni reliquia di lui.

E a dì 26 di maggio detto, fu trovato in Piazza certe donne per divozione inginocchiate dove furono arsi.

E a dì 27 detto, quel mandatario del Papa fece fare un' amunizione che chi avessi scritture del Frate le dovessi portare a lui in San Piero Scaraggio, dove stava, per arderle, sotto pena di scomunicazione, e così le croci rosse. E fuvvene portate molte, e dipoi se ne fece beffe ognuno, perchè non si truova eresia in tutte sue cose.

E Signori e Otto, che si trovorono a dare e giudicare questi tre frati, fu Piero di Niccolò Popoleschi gonfaloniere, Chimenti Ciarpelloni, Filippo Cappegli, Alessandro Alessandri, Lionardo di Giuliano Gondi, Antonio Berlinghieri, Lanfredino Lanfredini; e gli Otto che renderono tal partito, Piero Parenti, Antonio di Domenico Giugni, Francesco Pucci, Domenico Fagiuoli,

Doffo d'Agnolo Spini Ruberto di Giovanni Corsini, Francesco di Cino, Gabbriello Becchi.

E a dì 29 di maggio 1498, se n'andò quello mandatario.

E a dì primo di giugno 1498, feciono un capitano della guerra e fu Pagolo Vitegli, e dettongli el bastone.

E a dì 4 di giugno, fu veduto una fiamma di fuoco andare per aria, grande, e sfavillava e lasciava la via d'onde passava buon pezzo, ed era bassa bassa.

E a dì 5 di giugno 1498, andò el nuovo Capitano a Pisa. E in questo dì corsono e Pisani sino a San Miniato al Tedesco e feciono una grande preda e presono prigioni e arsono una osteria sotto San Miniato alla via di Stibbio.

E a dì 7 detto, e Pisani posano el canpo a Ponte di Sacco, e l'altro dì si fuggirono perchè 'l nostro s'appressò e ingrossava.

E a dì 10 detto, venne in sul prato de' Servi e dal Tiratoio certi bruchi neri a mangiare quei prati, in modo che quelli ispruneggioli rimanevano tutti bianchi e mondi; e innanzi che n'andassi quattro dì, quei bruchi diventorono che parevano d'oro; e' fanciugli gli pigliavano e gridando: questi sono e bruchi del frate Girolamo; e quale pareva d'oro e quale d'ariento. E quali avevano queste condizioni: un viso umano con gli occhi e 'l

naso, pareva avessino una corona in testa, e intorno al viso come una diadema, come si soleva fare all'antica, e tra la corona e la testa si vedeva una crocellina, col busto giù tutta pareva oro; e di dietro con una coda nera, piccola e sottile, colla quale mangiavano quei pruni. Parve 'alcuni cosa miracolosa non se n'essere veduti mai più, e che dovessino significare qualche cosa; e parve ad alcuni che dovessino significare che la vita del Frate fussi stata d'oro, e che dietro a lui, s'avessi a sterpare le male erbe; e 'l pruno, di quella ragione, pare e più tristo e disutile e spiacevole; che la coda, cioè el dirieto, dovessi consumare le più cattive erbe.

E a dì 19 di giugno 1498, gli Otto ammunirono 28 cittadini tutti di quegli del Frate.

E a dì detto, fece la Signoria 50 uomini che avessino a prestare 1000 fiorini per uno a dodici per cento, all'assegnamento.

E a dì 24 di giugno 1498 fu San Giovanni, e feciono una girandola, in su la quale posono un porco e giganti e cani, e un gigante morto; e dicevasi che l'avevano fatto in dispregio del Frate: e dicevano el porco essere el Frate, e 'l gigante morto Francesco Valori; e simili pazzie. E strascinando quel gigante, che cadde, sempre dicendo: quel porco del Frate, e simili cose da sciocchi.

E a dì 26 di giugno 1498, fu morto un cittadino,

che era uscito di Siena, da uno, per guadagnare una taglia di fiorini 1000; e fu nel mezzo di Mercato Vecchio, in su la terza dirimpetto allo speziale del Re. E più fu feriti altri giovani la notte dinanzi. E la causa era che ognuno aveva allargato la vita, e vedevasi la notte pieno d'arme in aste e spade ignude per tutta la città, e co'lumi giucare in Mercato Nuovo e per tutto, sanza freno. Pareva aperto l'inferno; e tristo a quello che riprendeva e vizii.

E a dì 27 di giugno 1498, fu inpiccato quello che ammazzò ieri quello in Mercato Vecchio, in quello luogo proprio dove fece el male, e fu attanagliato per tutta la città in su uno carro. Fu fatto una bella giustizia e presto.

E a dì 28 di giugno 1498, fece la mostra uno figliuolo della Madonna d'Imola, che à nome Ottaviano, che venne condottiere de' Fiorentini, con 100 uomini d'arme e 50 balestrieri a cavallo; venne molto a ordine.

E a dì 30 detto, tolsono a San Marco la canpana loro e mandossi all' Osservanza a San Miniato.

E a dì 4 di luglio 1498, s'aperse San Marco.

E a dì 7, sabato, valse el grano soldi 26.

E a dì 18 di luglio 1498, ci fu come Montepulciano aveva cacciato fuori e fanti forestieri e gridato Marzocco.

E a dì 26 di luglio 1498, vinsono in Palagio, in Consiglio maggiore, di fare una inborsazione di tutti gli ufici da 600 lire in giù, tutti chi à beneficio dal padre o dall'avo o dall'arcavo, da 50 anni in su per 3 polizze, e da 40 a 50 per due, da 30 a 40 per una e da indi in giù insino a 25.

E a dì 27 di luglio 1498, ci fu come el nostro Capitano aveva preso 150 cavagli e 'l cariaggio e vettovaglia ch' andavano in Cascina, e morti molti fanti e morto un fratello del Governatore di Pisa, ch'era gentile uomo di Vinegia: e dissesi che 'l Capitano l'aveva fatto per iscaltri modi, che gli aveva mandati alcuni a predare per cavare fuori quei di Cascina, e così fu, che, uscendo fuora, el Capitano gli tramezzò e da più luoghi gli mise in mezzo; e non ne scampò niuno di quegli ch'uscirono di Cascina.

E in questo anno fu una abbondanzia di frutte, la maggiore.

E a dì 6 d'agosto 1498, mandorono due ambasciadori a Vinegia, che fu messer Guidantonio Vespucci e Bernardo Rucellai.

E a dì 21 detto, ci fu come e nostri avevano preso Buti a patti, a discrezione, e mozzo le mani a 5 bonbardieri. E tuttavolta si faceva spingarde nuove e mandav' i' giù. E impicco uno, e presono a' prigioni 33 uomini che ci erano, infra loro ci era de' fanciulli. Vennono in Firenze legati.

E a dì 31 d'agosto 1498, ci fu come e nostri avevano preso el bastione di Vico, e morti tanti quanti ve n' era dentro; e anche de' nostri ne morì e feriti assai.

E a dì 3 di settenbre 1498, si bombardava Vico Pisano, e sentivasi di su' ponti tale ch' annoverò 150 colpi.

E a dì 5 di settenbre, ci fu come gli avevano avuto Vico a patti, salvo l' avere e le persone.

E a dì 10 di settenbre 1498, ci fu come e nostri avevano rotto e Pisani, e preso 200 cavagli e morto centinaia di uomini, e anche de' nostri morì. E questo

fu a Pietra Dolorosa, a un nostro bastione che loro volevano pigliare ch'è presso alla Verrucola; e 'l Capitano, avendone sentore, cavalcò per piano e girò el monte verso Pisa e rinchiusegli.

E a dì 11 di settenbre 1498, ci fu come Siena era in arme e come quello de' Petrucci aveva preso el Palagio e la piazza e teneva la parte nostra; e noi gli mandammo aiuto e mandammo el conte Rinuccio nostro soldato, e prese una porta di Siena e aiutò que' de' Petrucci.

E a dì 11 di settenbre 1498, ci fu come el Conte d'Urbino veniva con giente in aiuto alla contraria parte a Siena; uscirono di Perugia e Baglioni e assaltorongli e non gli lasciorono passare.

E più ci fu, come e Viniziani avevano avuto una rotta da' nostri in Val di Lamona e presi di molti uomini d'arme: queste quattro nuove in manco di 24 ore.

E più venne in Firenze 12 prigioni Pisani, e tutti dicevano ch' erano connestaboli.

E a dì 13 detto, si fece l'accordo tra' Sanesi.

E a dì 23, sonò a martello tutta la valle di Dicomano, perchè giente de' Viniziani avevano preso el Borgo di Marradi. Era co' loro Giuliano de' Medici. Ebbono el passo da Faenza, ch'andava co' Viniziani e lasciò noi; dubitossi non passassino in Mugello, e posono el campo a Castiglione di Marradi.

E a dì 24 di settenbre 1498, lunedì, alloggiò a Dicomano el signor Rinuccio con otto isquadre di cavagli e molti balestrieri a cavallo, e l'altro dì andò in Mugello. E in questi dì si faceva in Firenze molta fanteria, e mandava in Mugello e in Romagna 4 o 5 migliaia di persone; e anche si diceva che v'era venuto Piero de' Medici nel campo de' Viniziani. E questo facevano e Viniziani per levarci da Pisa; e loro furono sempre quegli che sostenevano e Pisani, e quali non potevano durare alla spesa se non fussi e Viniziani e quali facevano contro a ogni dovere: ma non sanno quello abbia a intervenire a loro.

E a dì 27 di settenbre 1498, ci fu come s'ebbe certe bastìe di Librafatta. Pensa che c'era da fare assai, avere a riparare in più luoghi. Iddio ci à senpre aiutati perchè le nostre guerre sono lecite, ma non così quelle degli ambiziosi e invidiosi Viniziani.

E a dì 28 di settenbre 1498, passò per Firenze el Signore di Piombino, con molte squadre di cavagli a cavallo e fanti assai, condotto al nostro soldo, e andò in Mugello dall'Uccellatoio; e dicevasi che in Faenza vi era garbuglio, chi voleva Firenze e chi Vinegia.

E in questo dì valeva el grano soldi 22 lo staio.

E a dì 30 di settenbre 1498, tuttavolta si soldava giente; chiunque veniva toccava danari e andava via.

E a dì 3 d'ottobre, bonbardavano Marradi e Viniziani, ma pure vi si mise vettovaglia per forza, che fu un bel fatto.

E a dì 4 d' ottobre 1498, ci fu come e nostri avevano avuto Librafatta, che s'ebbe ieri a ore 22.

E a dì 5 detto, tuttavolta strignevano Marradi con bonbarde.

E a dì 6 d'ottobre 1498, ci fu come el campo nostro è ito in Casaglia, presso a Marradi, et è ben provveduto: stimasi s'andranno a trovare tra pochi dì, e dicasi che s' andranno con Dio se potranno; s'aspetta gli rinchiugghino e nostri. E in detto dì avvenne questo miracolo da Dio, che sendo assediati d'acqua quegli della rôcca di Marradi e stati più dì sanza acqua e non potevano più stare, si botorono alla Vergine Maria di fare un castello d'ariento, se pioveva; e fatto el boto, intanto si raccoglieva e danari, in un tratto rannugolò e piovve tanto che raccolsono 50 barili d'acqua.

E in questo anno fu una ricolta grande e d'ogni e qualunche cosa, e di frutte e d'olio, vino e grano. Fu ogni cosa a buona derrata. Iddio non abbandona e poveri.

E a dì 11 d' ottobre 1498, Marradi si stava pure così e non aveva più paura, ch'avevano avuto l'acqua miracolosamente.

E a dì 12 d'ottobre 1498, mandorono a Pisa al Capitano, che gli aveva chiesti, quanti scarpellini era in Firenze; di poi tornorono indietro e non andorono.

E a dì 13 d'ottobre 1498, ci fu come el Capitano nostro aveva due porte di Pisa, e che vi si gridava Marzocco.

E a dì 14 detto, ci fu come el Capitano aveva avuto la torre di Foce o dato al Castellano 2000 ducati e l'abitazione in sul nostro dove voleva, e che gli aveva trattato accordo co' Pisani e presto sarebbe, e ch'egli aveva mandato un bando che tutti e contadini pisani potessino uscire fuori a seminare sicuramente e feciono le viste di volere accordo, ma feciono perchè potessino andare a seminare.

E a dì 17, uscì di Pisa certi che chiamano Ghingherli, che corsono insino a Montetopoli e predorono 120 capi di bestie e buoi e bifolchi, e furono assaltati dal paese e tolti loro tutta la preda e presono uno di loro.

E a dì 21 d'ottobre, entrò in Firenze el Capitano di Firenze e non quello della guerra; e levossi el Bargello, ch' eravamo stati buon tenpo sanza Capitano, avàmo fatto col Bargello. Era romano, stette nella medesima casa del Capitano.

E a dì 24 d'ottobre 1498, ci fu come Piero de'Medici era passato la Pieve Santo Stefano, ed era presso a Bibbiena, e poi preso, col campo ch'era a Marradi de'Viniziani; e fecionsi forti a Bibbiena, e dissesi che Piero vi aveva degli amici.

E a dì 27 d'ottobre 1498, questo campo de'

Viniziani, ch'era con Piero de' Medici in Bibbiena, presono uno altro Castelluccio che si chiama Fronzoli.

E dicevasi per ognuno ch'e nostri, se si voleva, che gli erano rinchiusi e che non se ne potevano andare; e già vi era giunto el Signore di Piombino co'sua cavagli, e potevano esservi tutti e nostri caporali e pigliavano ognuno. Donde si venisse, non seguitoron la vittoria; mandorono alle stanze e soldati.

E a dì 5 di novenbre 1498, passò di qua el Fracassa che veniva di San Benedetto, e alloggiò a Dicomano con 400 cavagli e poi al Ponte a Sieve e per Valdarno, e andò a Arezzo.

E a dì 6 detto, alloggiò a Dicomano uno altro Conte con 300 cavagli, tutti di quegli del Duca di Milano, e andò per la medesima via.

E a dì 8 di novenbre 1498, passò el conte Rinuccio a Dicomano con 400 cavagli, e andò alloggiare per Val di Sieve e non s'appresentò in Casentino dov'era il Signore di Piombino; e però si partì da Pratovecchio el Signore di Piombino, con la sua giente, e venne alloggiare a San Lorino e a Caiano e insino a Londa, e feciono spaventare tutto 'l paese stimando fussino e nimici, poi andorono alloggiare a Dicomano.

E a dì 24 di novenbre 1498, venne Arno molto grosso e fece danno assai, e fece rovinare un ponte che era tra la Porta al Prato e la Porticciuola, in sul Mugnione; el quale Mugnone venne molto grosso e entrò per Borgo di fuori e affogò un mugnaio col cavallo e la farina, e una donna ch'era in su detto ponte e fece molti danni.

E a dì detto, intervenne ch' a Ricorboli, essendo alloggiati vetturali con 10 muli carichi di polvere da bombarda e artiglierie, alcuni giovani volendo provare

uno scoppietto, s' appiccò el fuoco a quella polvere e arse la casa e muli; e' vetturali ne fu guasti dal fuoco cinque in modo che furono portati allo spedale. Credo ne morissi alcuni.

E a dì 25 di novenbre, el Capitano nostro alloggiò in questi piani del Poggio a Caiano, che si partì di quel di Pisa, e mandavanlo in Casentino.

E a dì 27 detto, ci fu come e nimici in Casentino avevano preso un Castelluccio che si chiama Santerma, nel quale era fuggito molto grano e robe, e missonlo a sacco, ammazzorono ogniuno.

E a dì 30 detto, e nimici avevano posto el campo a Pratovecchio. E in questo tempo pioveva assai, e bisognò andassino alle stanze per tutto insino a Vicchio, consumando tutto 'l paese. E dubitavasi tuttavolta d'un trattato, e non si vinceva più danari e avevasi gran sospetto. Chi ci lasciava, de'soldati, e chi minacciava, e massime chi era alla guardia delle castella e massime le castella di Pisa.

E a dì 20 di dicenbre 1498, ci fu come e nimici in Casentino avevano fatto una preda, e' nostri di Camaldoli la tolsono loro e presono di loro. Era piovuto molti dì e neve in su l'Alpe. Stimava fussi per noi, perchè la neve serrava loro el passo. Per gli intendenti si stimava avergli tutti prigioni, e così era; ma dove si fussi el male, e' non vollono una grande vittoria avere vituperato e Viniziani.

E a dì 18 di dicenbre 1498, ci fu come e nostri avevano ripreso Marciano e preso 70 o 80 uomini d'arme e molti fanti e preso tutti e passi; e tutti quegli del paese gridavano: lasciate fare a noi che non ànno rimedio. Ognuno si disperava qui a Firenze. Perchè non vogliono costoro, e che vuol dire? E vedevasi la cosa chiara sanza

dubbio e nondimeno assediorono Bibbiena, e preso di nuovo assai cavagli e fanti, in modo che si facevano tuttavolta spacciati; e pensavano in che modo se ne potessino andare.

E a dì 23 di dicenbre 1498, si diceva ch'e nostri non volevano guastare l'arte loro, e non vollono fare quello che potevano, ch'erano vincitori sanza dubbio.

E a dì 25 di dicenbre 1498, la notte della Pasqua, fu fatto questa isceleranza nel popolo di Dio e in Firenze e in Santa Maria del Fiore: la notte quando si diceva la prima messa della mezza notte, certi, non so s'io mi dico uomini o demoni, che missono in detto tempio un certo cavalluccio facendolo correre per la chiesa con molte grida, vituperando e facendo cose innominabile nel postribolo, ferendo con arme il cavallo, e co' bastoni, mettendo e bastoni nelle parte di dietro, facendo ogni iniquità, facendolo cadere per terra in chiesa, insanguinando e imbrattando el tempio del Signore; e per modo guasto e straziato detto cavallo caduto quasi morto a terra delle scalee di Santa Maria del Fiore, e quivi stette tutto il dì, che ognuno potè vedere, così come morto e lacerato. Per la qual cosa e buoni e savi uomini tremavano di paura di giudizio di Dio grande, ricordandosi anco di quello fu fatto pochi anni innanzi che furono aperte sepolture a Santa Maria Novella, fuori della chiesa, in dispregio della resurrezione in nella notte della Resurrezione; e più fu messo inchiostro in sulle acque benedette in Santa Maria del Fiore, e ch' è peggio, fu rotta la porta della chiesa di notte, e salito in pergamo e inbrattato el pergamo e violato innanzi a Cristo dove si dice la parola di Dio, e molte altre iniquità sanza timore di Dio. E dissesi che gli era stato tolto la corona alla Nostra Donna di San Marco e dato

a una meretrice: non ebbi la verità di questo della corona, ma per molti si disse. E più in questa notte della Natività, missono in su' foconi, per le chiese, in molte, azafetica in luogo d'incenso e feciono correre capre per Santa Maria Novella.

E a dì 27 di dicembre 1498, in questi dì, el nostro Capitano prese per forza un castello di là dalla Vernia che chiama Monte Fatucchio, ch'è di là dalla Vernia 7 miglia, e morivvi molte persone eravi fuggito. El meglioramento de' nemici, ch' erano in sul passo, restorno come assediati, avevano fuggito qui per andarsene a'lor posti.

E a dì 28 di dicenbre 1498, e nimici di Pisa avevano avuto per forza Montetopoli, e saccheggiato e preso prigioni e arse molte case.

E a dì 11 di giennaio 1498, el Capitano nostro attendeva tutta volta a serrare e passi a nimici di là da la Vernia, e dicevasi che faceva una bastia a Monte Lione.

E a dì 14 di giennaio 1498, ci fu come e nimici di Casentino avevano messo in Bibbiena 1000 fanti e quali

erano venuti secreti e arrecorono uno staio di farina in collo per uno. Così si disse, che fu lo scampo loro.

E a dì 19 di giennaio 1498, ci fu come el nostro Capitano avere preso circa 70 muli carichi d'artiglierie e vettovaglia che veniva a Bibbiena e circa a 60 cavagli leggieri e molti fanti, e un Commissario Viniziano che portava buona somma di danari a Bibbiena. Fu tenuta una grande novella. Erano i nimici per ogni modo ispacciati, e non seguitorono la vittoria. Donde si venisse si diceva da' nostri cittadini. E quali chi fussi, fece gravissimo peccato, perocchè Firenze aveva el maggiore onore ch' ella avessi mai, a vituperare e Viniziani, ma non è la prima volta che l'hanno fatto e Fiorentini.

E a dì 21 di giennaio 1498, ci fu come e Pisani erano corsi in Valdinievole e predato bestiame assai. E a questo modo n'avàmo una calda e una fredda, avàmo a riparare in due luoghi.

E a dì 26 di giennaio 1498, ci fu come e nostri avevano presi in Casentino, a Montefatucchio, circa 200 cavagli leggieri che si fuggivano. E così di Montalone si fuggì giente e arsono el castello; e funne anche presi e dicevano che in Bibbiena non era più vettovaglia di niuna ragione e che gli stavano male.

E a dì 13 di febraio 1498, ci fu come egl'avevano lasciato andare el Duca d'Urbino e Giuliano de' Medici, con 40 cavagli e lasciato forse 400 fanti a guardia.

E a dì 15 di febraio 1498, ci fu che feciono

ambasciadori a Vinegia, che fu Pagoloantonio Soderini e Giovan Battista Ridolfi, e uno ne feciono a Roma che fu messere Antonio Malegonnelle. Stimavasi si dovessi far pace.

E a dì 17 di febraio 1498,ci feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, per pigliare buon partito di lega e di lasciare el Re di Francia.

E a dì 19 di febraio 1498, ci fu come el Conte di Pitigliano, mandato da' Viniziani, scorse e predò in Galeata e quivi si fermò. E qui si stava pure a vedere, e non si poneva el campo a Bibbiena, che non si poteva tenere un'ora; in modo ch'ognuno mormorava e dicevasi che gli era qui chi non voleva che si vincessi. E sarebbe paruto a ognuno, a vedere non seguitare la vittoria certa. Insino a' contadini del paese venivano a dire: E' sono in prigione, lasciate fare a noi. E qui non si dava mai licenza, in modo che ognuno si maravigliava.

E a dì 5 d'aprile 1499,ci fu lettere dagli ambasciadori di Vinegia, e lessonsi in Consiglio; e quali avisavano che le chieste de'Viniziani erano disoneste e perdevasi la speranza dello accordo. E 'l Re di Francia scrive, che noi abbiam tempo pochi dì a entrare in lega con lui. E molto si diceva sopra pigliare partito di lasciare el Re o 'l Duca, e mostrossi molti pericoli per l'una parte e per l'altra.

E a dì 8 d'aprile 1499, venne el cavallaro coll'ulivo da Vinegia, dell'accordo fatto co'Viniziani e Pisani in

questa forma: che noi abbiamo a dare a' Viniziani, in dieci anni, fiorini 180 migliaia, e ch'e Pisani tenghino certe fortezze di Pisa e abbino a chiamare un podestà a lor modo, di nostra giurisdizione. E questo dispiacque assai al popolo, perchè dovevano dare a noi, ch'erano in prigione a Bibbiena e vituperati; e furono molto biasimati gli ambasciadori.

E a dì 12 d'aprile 1499, ci fu come fu morto e tagliato a pezzi, a San Benedetto, un garzone che aveva nome Ottaviano, che s'apparteneva la signoria di Faenza. Era stato qui in Firenze. Era un poco guercio. E dissesi che l'aveva fatto morire messer Giovanni Bentivogli; e forse che non fu vero.

E a dì 14 d'aprile 1499, venne quì el cavallaro da Vinegia, e arrecò la retificazione dell'accordo. E fucci come in Pisa s'era fatto rumore per alcuni che non piaceva l'accordo, e per modo che 'l Commissario Viniziano fu di bisogno andassi a Pisa, e fece morire da 5 uomini, di tale discordia.

E a dì 17 di aprile 1499, ci fu come e Pisani avevano ritte le bandiere del Re di Francia, e che a gnun modo non volevano tale accordo, nè stare mai sotto e Fiorentini; e come e' s' erano deliberati di disfare gli arienti delle chiese e aiutarsi, e mettere la vita prima che darsi a' Fiorentini; e non vollono l'accordo ch' avevano fatto e Viniziani.

E a dì 23 d'aprile 1499, gli Otto dettono bando a Simone Tornabuoni e al Grasso de'Medici, e più dì fa dettono bando a uno Marcuccio Salviati el quale andò al soldo de'Viniziani e tenne pratica con Piero de'Medici; e per questo medesimo errore lo dettono al detto Simone e al Grasso.

E a dì 24 d'aprile, si riebbe Bibbiena tutta disfatta

E a dì 26 d'aprile 1499, ci fu come el Duca di Ferrara aveva giudicato e dato la sentenza dell'accordo in favore de' Pisani, e che gli avessino a tenere, oltre le cose dette, ancora le torre delle porte, e che riscotessino le gabelle. E finalmente fu consultato nel Consiglio degli Ottanta, che per niun modo non si accetti; e a questo modo non se ne fece nulla.

E a dì 3 di maggio 1499, ci fu come e Pistolesi avevano fatto scandolo, le parte dentro; e morivvi circa 16 uomini, e feriti più di 40, con artiglierie e altro.

Arsono due porte per mettere dentro le lor parte de'contadini.

E in questi dì valse el grano soldi 15 in 16 lo staio.

E in questi dì facevano e Fiorentini disfare le mura di Bibbiena.

E a dì 15 di maggio 1499, ci fu come gli era morto el Soldano, e morinne quattro innanzi che fussi fatto la lezione. E andò a sacco e magazzini de' Viniziani.

E a dì 19 di maggio 1499, ci fu come el Duca di Milano mandava a dire di renderci Pisa; ma voleva che ci obbrigassimo, al suo bisogno, pagargli uomini d'arme.

E a dì 2 di giugno 1499, mandorono pe' Capitano in Casentino per mandarlo a Pisa.

E a dì 3 di giugno 1499, fu un fornaciaio di mattoni, a Settimo, che in questo dì prese due sue figliuoli, uno di 3 anni, uno di 7, e sì gli scannò con un coltellino, come si fa un caveretto.

E a dì 5 di giugno 1499, passò di qui el Capitano e 'l signor Rinuccio, e andorono in quel di Pisa. Non entrò in Firenze. Andorono guastatori di questi piani per dare el guasto a' Pisani.

E a dì 12 detto, dettono el guasto a' grani; e 'l campo era tra Cascina e Pisa.

E in questo dì vinsono una gravezza che la chiamorono la Graziosa, e feciono danari.

E in questi tempi apparì in Firenze moltitudine di bruchi neri e piccoli e pilosi; entravano per le case e mordevano le persone e facevano male e enfiava dove mordevano. Mostravano d'aver veleno.

E a dì 17 di giugno 1499, caricorono bombarde per a Pisa, e mandaronle in su le scafe per Arno.

E a dì 21 di giugno 1499, piantarono le bombarde a Cascina.

E a dì 26 di giugno 1499, ci fu il cavallaro coll'ulivo dell'avuta di Cascina. Giunse alle 20 ore, ed ebbesi a ore 17 a discrezione della Signoria e del Capitano. E venneci molti prigioni di Cascina, e missongli in sul ballatoio, in Palagio.

E a dì 2 di luglio 1499, ci fu come el Turco era corso insino a Zara, per terra, e predato 200 anime e bestiame, e arso e dibruciato tutto el paese; e che la persona del Turco era per terra e veniva verso Raugia, e coll'armata sua era fuori dello stretto, nell'Arcipelago. E fucci lettere da Vinegia, che parevano tutti smarriti e Viniziani. E più ci fu come el Re di Francia passava di qua, e che gli aveva in Turino molte gran rote d'artiglierie e tuttavolta ne faceva gittare.

E a dì 12 di luglio 1499, tornorono quì l'artiglierie ch'andorono in Casentino, per mandarle a Pisa.

E a dì 13 di luglio 1499, passò di qui sconosciuto messer Ascanio cardinale, e andava a Milano al Duca; che cominciavano a credere che 'l Re veniva a'danni loro.

E a dì 18 di luglio 1499, andorono in campo a Pisa due Collegi con 30,000 fiorini numerati.

E a dì 19 di luglio 1499, ci fu da Roma, come 'l Duca di Milano rimetteva Piero de'Medici in punto, e davagli 10,000 fiorini, e che venissi a' danni nostri, perchè Pisa non s'abbia.

E a dì 31 di luglio 1499, si pose el campo a Pisa, la sera a ore 3, con ordine grande e forza.

E a dì primo d'agosto 1499, presono una torre che si chiama Asciano, e mozzo le mane a 6 uomini ch'erano dentro, e che non si vollono dare. Aspettorono le bombarde.

E a dì 3 d'agosto 1499, ci fu come avevano rotto un pezzo di muro di più di 40 braccia, colle bombarde, e entrorono dentro molti fanti, e furono ripinti fuori con morte d'uomini, perchè facevano la guerra disperata.

E a dì 5 d'agosto 1499, venne di Pisa un contadino che avisò come gli avevano fatto dentro fosse cieche, e come saettavano medicame. Credo venissi in benefizio de' Pisani, per mettere più paura a chi volessi entrare dentro.

E a dì 7 d'agosto 1499, ci fu come el Capitano aveva preso la Porta a Mare e la Torre Stainpace.

E a dì 11 d'agosto, si partì di qui uno ambasciadore lucchese, di furia, perchè s'intese qui com'e Lucchesi avevano mandato soccorso a' Pisani; perchè fu trovato dal nostro Capitano uno ch' aveva una lettera in una

palla di cera, che mandavano e Lucchesi a proferire danari a' Pisani.

E a dì 15 d'agosto 1499, ci fu come el Capitano aveva preso, dentro, la chiesa di San Pagolo.

E a dì 19 d'agosto 1499, si vinse, tra' Signori e Collegi, che Pisa andassi a sacco, e di poi non si vinse in Consiglio. E in questi dì ci tornava molti amalati e feriti di campo, e non tanto soldati quanto cittadini che erano andati a vedere; e molti ne moriva, e feriti quasi tutti, ch' erano feriti dal medicame. E fu bisogno mandare altri Commessari.

E a dì 24 d'agosto 1499, feciono venire in Firenze la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi molti doni. E intervenne questo che passando, nel venire, sotto uno ulivo, s'appiccò un ramicino di quello ulivo a una stella del mantello di Nostra Donna e rimase appiccato alla detta stella; e alcuni di quegli che portavano vollono con una canna farlo cadere, e provandosi più volte, nollo potè spiccare; onde chi era da lato, vedendo, giudicorono che fussi per miracolo (perchè fu deliberata perchè noi avessimo vettoria di Pisa, chè se gli dava tuttavolta la battaglia), dicendo: questo è buono pronostico, ella porta l'ulivo a Firenze. E molto fu divulgato per la città. E quando giunse a San Felice, gli levorono quel mantello e spiccorono l'ulivo, e appiccoronlo in quel luogo medesimo ch'era, in su la spalla ritta, chè ognuno lo potè vedere nel venire e nell'andare.

Era una forchettina di due ramicini, lunga circa una spanna.

E a dì 27 d'agosto, ci fu come el Re di Francia aveva preso 7 castella, che fu Tortona, Razza, Nori, Valenza, Castelnuovo, Pontecorona e Bovera, e andava a Pavia.

E a dì 29 d'agosto 1499, venne un nostro conimissario da Pisa in furia per staffetta. Si dubitava di tradimento.

E a dì primo di settenbre 1499, ci fu come el Re di Francia aveva avuto Alessandria. Aveva di fatto, dove egli andava, ogni cosa.

E a dì 2 di settenbre 1499, passò per Firenze un Cardinale legato, ambasciadore del Papa al Re di Francia.

E a dì 3 di settenbre 1499, ci fu come 'l Duca di Milano s'era andato con Dio e lasciato Milano, e dentro si gridava Traù e Francia. Lasciò el Castelletto fornito d'uomini e di vettovaglia per 6 anni o più. El Cardinale Ascanio aveva portato via el tesoro verso la Magna. E più ci fu, come e Gienovesi avevano levato la bandiera di Francia.

E a dì 5 di settenbre, si levò el campo da Pisa, e fu grande mormorìo per Firenze: ognuno si maravigliava.

E in detto dì, si dirizzò la croce in su la Cupola, ch' era stata torta molti anni per gran venti.

E a dì 12 di settenbre 1499, ci fu come el Duca e' figliuoli era stato preso, e tolto el tesoro; e che si

compilò lega tra el Re, e Viniziani, el Papa, e' Fiorentini. Non fu vero.

E a dì 13, el Capitano volle mandare le bombarde a Livorno, e misele in mare, e affondonne due grosse e uno altro dragonetto, che fu una perdita grande.

E a dì 17 di settenbre 1499, ci fu come e Pisani avevano ripescato quel dragonetto che cascò in mare di nostro, e che gl'era entrato in Pisa Franciosi.

E a dì 19 di settenbre 1499, ci fu come el Re di Francia aveva avuto el Castelletto di Milano e insignoritosi di tutto 'l Ducato; e giunse qui alle 22 ore el cavallaro, e immediate si sonò a gloria e fecesi fuochi per la città, e fecesi e panegli in Palagio e per tutto. Fu grandissima allegrezza per la città.

E a dì 21 di settenbre 1499, si mandò al Re di Francia 3 ambasciadori, che fu messer Francesco Gualterotti e Lorenzo Lenzi e Alamanno Salviati, per rallegrarsi col Re.

E a dì 26 di settenbre 1499, ci fu come 'l Turco aveva preso Corfù e che faceva gran patti a' Cristiani: la prima, chi si dava d'accordo, non toccava la Fede, lasciava credere ognuno a suo modo, e non voleva da loro se non la metà di quello pagavano a' Viniziani l'anno; e facevagli esenti per 5 anni, e da 5 anni in là voleva la detta metà.

E a dì 27 di settenbre 1499, ci fu come el Re di Napoli aveva mandato al Papa, dicendogli che se non riparava che 'l Re di Francia non venissi a' danni sua, che metterebbe il Turco in Italia. E sarebbe riuscito se 'l Re di Francia voleva andare più innanzi verso e danni suoi; ed era da credere, perchè el Turco aveva preso un modo d'acquistare, al non toccare la Fede. Iddio non volle tanto male alla povera Italia.

E a dì 29 di settenbre 1499, ci fu come noi avàmo preso el nostro Capitano in Cascina come traditore della patria. E l'altro dì venne preso in Firenze e giunse alle due ore e tre quarti di notte, con molti torchi. E questo fu el Re di Francia ch'avvisò la Signoria che fussi preso, s' egli era traditore. E più fu avisato la Signoria da quello de' Traù, che prese un cavallaro del Duca, el quale rivelò come el Duca era d'accordo col nostro Capitano, e come el Duca spendeva lui in Pisa. E fucci, come un nostro cittadino, essendo a Milano col Re e dicendo come avevano levato el campo da Pisa, el Re dimandò perchè, e lui gli disse: noi siamo ingannati dal nostro Capitano; allora disse: fatelo pigliare. E venne qui per staffetta a recare questa nuova, chè fu un pignere la pedina a torgli la vita.

E a dì primo d'ottobre 1499, in martedì, fu tagliato la testa al Capitano, cioè Pagolo Vitegli, in Palagio de' Signori, su alto, in sul ballatoio; e fu alle 23 ore e tre quarti, ch'era la Piazza molto piena di popolo. Aspettavano lo gittassino giù a terra del Palagio; nollo gittorono, ma mostrorono la testa alle finestre del ballatoio, con un torchio acceso, mostrandolo al popolo in su 'n una mazza. Allora el popolo si partì, giudicando che si fussi fatto giustizia e grande onore alla città. Ebbe prima molta colla, e prima gli dettono bando di rubello, innanzi 2 ore, e mandarono el bando per la città. E nota ch'egli era gonfaloniere Giovacchino Guasconi, el

quale seppe molto segretamente mettere le mani addosso a questo Capitano. Fu molto commendato da questo popolo per uomo savio e buono e di grande animo.

E tuttavolta facevano confessare certi cancellieri del Capitano, per avere la verità.

E a dì 11 d'ottobre 1499, fu impiccato alle finestre del Podestà un messer Cherubino, ch'era dal Borgo, che teneva le mani col Capitano del tradimento voleva fare.

E a dì 19 d'ottobre, ci fu da Vinegia come el Turco era scorso presso a Vinegia a 20 miglia, e arsono circa 17 ville e presono 8 mila anime e altrettante n'mmazzorono; per modo che tutti paesi fuggivano a Vinegia insino alle vicine terre. E perchè certi loro commissari e capitani de'Viniziani non feciono el dovere a resistere a' Turchi, n'andorono così presi e detti commissari. N'andorono presi a Vinegia; che vi fu un messer Bartolomeo da Lutiano e un Carlo Orsini, che ci feciono contro a Bibbiena. E fu, questa preda, el dì di San Girolamo.

E a dì 22 d'ottobre 1499, ci fu e capitoli della Lega tra noi e 'l Re di Francia e' Viniziani e 'l Papa e' Sanesi. Fecesi gran festa e fuochi e panegli.

E a dì 23 d'ottobre, si bandì detta Lega, e come prometteva bene a' Fiorentini, e come volevano che noi riavessimo le cose nostre innanzi che noi fussimo obbrigati a pagare niente. E poi voleva che noi l'aiutassimo di giente d'arme, quando passassi all'acquisto di Napoli.

E a dì 25 d'ottobre, ci fu come era alla Velona 20 mila Turchi; e chi diceva ch'egli erano in Puglia.

E a dì primo di novenbre 1499, la Madonna d'Imola isgombrava la roba sua e mandavala a Firenze, e mandò sue fanciulle e missele nelle Murate; perchè 'l Papa, co' caldo del Re di Francia, voleva torgli la signoria e darla a un suo figliuolo. Onde la Madonna diliberò di stare lei a difendersi.

E a dì 10 di novenbre 1499, ci fu come 'l Re di Francia s'era partito da Milano e ritornava in Francia, e dimandava 30 mila fiorini che 'l Duca diceva ci aveva prestati, come suo ereda. E non dimeno Pisa non ci rendeva.

E a dì 27 di novenbre 1499, ci fu come el figliuolo del Papa aveva preso Imola, ma non aveva avuto la rocca; e bombardava la rôcca in modo che io sentivo le bombarde insino da Dicomano, al mio luogo, che strignevano la fortezza; e que' della fortezza travano per la terra e disfacevano tutte le case. La Madonna s'era partita e andata a Furlì, e quivi s'affortificava; e dissesi ch'ella aveva lasciato nella fortezza uno che gli aveva dato per statichi e figliuoli e la sua donna, se dava mai la fortezza, che Lei ammazzassi la detta donna e figliuoli.

E a dì 29 di novenbre 1499, si vinse in Consiglio di cavare di prigione ser Giovanni, ch' era in prigione a Volterra.

E a dì 2 di dicenbre, si cominciò a cavar el campanile di San Miniato, per dirizzarlo, da un maestro di murare.

E a dì 10 di dicenbre 1499, ci fu come aveva avuto la fortezza d'Imola e morti molti uomini.

E a dì 13 di dicenbre 1499, ci fu come el campo era a Furlì.

E a dì 16 di dicenbre 1499, ci fu come la Madonna d'Imola s'era accordata col Papa di dargli Furlì, e che 'l Papa gli facessi cardinale un figliuolo, e anche dargli danari.

E a dì 21 di dicenbre 1499, ci fu come Furlì s'era perduta, e non restava se non la rôcca, che v'era dentro la Madonna.

E a dì 25 di dicenbre 1499, fu la santa Pasqua; e cominciò el giubileo a Roma, e passava assai Tramontani.

E a dì 9 di giennaio 1499, ci fu come la Madonna chiedeva la sua dota al Papa, e come la Regina di Francia voleva ch'ella l'avessi.

E a dì 13 di giennaio, ci fu come la Madonna aveva perduto la fortezza di Furlì, dove ella era, ed era rimasta prigione. E morivvi circa 500 uomini, e ammazzorono tutti quegli della rôcca, eccetto lei ch' era ferita.

E a dì 14 di giennaio 1499, fu rotta la strada presso a Viterbo da certi Côorsi, e ruborono un oste con un carriaggio d'un certo signore ch' egli aveva alloggiato, ch' aveva bene 16 muli, e andava al Perdono. E fuggendo l'oste e gridando, fu corso dietro a' detti Côrsi e tolto loro la preda, e presono di loro 8, e giunti in

Viterbo gli impiccorono di fatto, e tuttavolta correva la strada.

E a dì 16 di giennaio 1499, ci fu come la Madonna era mandata al Papa, e poi fu ritolta da' Franciosi; e cavorono fuora detti Franciosi, come el Papa aveva fatto la lega co' Viniziani e col Duca, e ch'egli era contro al Re; e non volevano dare le fortezze al figliuolo del Papa.

E a dì 5 di febraio 1499, ci fu come messer Ascanio e 'l Cardinale di San Soverino, erano entrati in Milano; e 'l Duca era indietro con molta giente Tedeschi, e come el popolo lo chiamava, e che gli avevano preso la città; e 'l castelletto si teneva pe' Franciosi. E entrorono in Milano a dì 3, il dì di San Biagio.

E a dì 6 di febraio 1499, ci fu che 'l Papa s'era fuggito in Castello Sant'Agnolo, che Roma era in arme, erano rotte le strade.

E a dì 9 di febraio 1499, ei fu come el Duca di Milano era entrato in Milano, a dì 5 detto, alle 16 ore.

E a dì 12 di febraio 1499, ci fu come e Franciosi che si partirono di Romagna, passando da Tortona, essendo assaltati per isvaligiarli, si strinsono insieme e missono a sacco la terra e ammazzarono insino a' fanciugli, e feciono gran crudeltà come sono usi.

E a dì 15 di febraio 1499, ci fu come 'l Duca s'era partito di Milano, che 'l Castelletto traeva per la terra e faceva danno.

E più si disse, che l'ambasceria del Turco era venuta a Napoli, e che 'l Re gli aveva fatto grande onore e giostre.

E a dì 16 di febraio 1499, venne in Firenze la Duchessa di Milano che se andava a Napoli, la quale fu donna del Duca giovanetto che fu avvelenato; e lei era figliuola del Duca di Calavria; e menonne seco due figliuole

femmine; e 'l figliuolo maschio gli tolse el Re di Francia e mandollo in Francia. E a dì 19 detto si partì di qui; e facemole le spese per tutto el nostro territorio.

E in questi tempi era cessato il morbo e non se ne ragionava.

E a dì 25 di febraio 1499, ci fu come el Duca aveva acquistato molte terre, Bergamo e altre.

E a dì 27 di febraio 1499, ei fu come l'ambasceria del Turco era venuta a Roma al Papa, a chiedere el passo per andare a Milano contro al Re di Francia. Non l'ebbe.

E a dì 11 di marzo 1499, ci fu come el Re di Francia era già giunto a Lione, e veniva con molta giente.

E a dì 12 di marzo 1499, fu impiccato due da Bruscoli, e quali avevano morto quel commissario de' Canigiani che n'è ricordo indietro. E andorono in sul carro e furono attanagliati per tutta la città, e uno di loro fu isquartato e appiccati e quarti in su le forche. Furono presi alla Castellina ch' andavano al Giubileo.

E a dì 25 di marzo 1500, ci fu come el Re di Francia aveva mandato di qua 1500 lancie, e appressàvi forte.

E a dì 28 di marzo 1500, ci fu come el Duca aveva avuto Novara e morto molta giente, e non aveva avuto la fortezza.

E a dì 3 d'aprile 1500, ci fu come s'era fatto una lega, el Re d'Ungheria, el Re di Napoli, el Papa e'

Viniziani e Ferrara, e lasciato lo spazio a noi. E non volemo mai lasciare el Re, che doverrebbe conoscere la grande fedeltà de' Fiorentini, che siamo diventati nimici di tutta la Italia e con grandissimi pericoli.

E a dì 12 di aprile 1500, ci fu come 'l Duca di Milano era stato preso dal Re di Francia; e fucci alle 4 ore di notte. E dissesi che quegli del Duca l'avevano dato preso, e che non si trovava di quegli del Duca che volessino andare più innanzi alla guerra per paura; e anche dicevano, ch' e soldati non erano pagati.

E a dì 14 d'aprile, ci fu el vero com'era stato preso, e come vi era stato morto 12 mila persone. E qui si fece una gran festa; serrossi le botteghe, arsesi panegli e molti gran fuochi e colpi d'artiglieria, e posesi le spalliere in su la ringhiera, e la corona al Lione; e posesi alla porta de' Signori un Cristo di rilievo molto bello, come parve che noi volessimo dire Non abbiamo altro re che Cristo. Credo fussi una permissione divina, come più volte aveva detto frate Girolamo, che Firenze non aveva altro re che Cristo. E in questa sera, andando un fabbro a porre e panegli alle porte di Firenze, quando fu in sulla Porta a Pinti per acconciare e detti panegli,

e non s'avedendo d'una certa piombatoia, cascò per quella insino in terra, e sfracellossi e morì di fatto.

E a dì 18 d'aprile 1500, ci fu da' nostri ambasciadori al Re, come el Re scriveva che le gienti sua e la sua artiglieria era messa a nostra posta e nostra stanza, per andare a Pisa.

E a dì 23 d'aprile 1500, vinsono un balzello aperto a chi non aveva stato, che fu tenuta una cosa tirannesca.

E a dì 25 d'aprile 1500, venne in Firenze un mandatario dal Re di Francia, el quale veniva per andare a Siena a farci rendere Montepuliciano, e andare a Pisa per farcela rendere, e a Lucca a notificare che ci fussi renduto le cose nostre; e benchè gli andassi per tutto, non giovò niente.

E dì 20 d'aprile 1500, feciono venire la Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi grande onore perch' ella ci aiutassi.

E a dì 9 di maggio 1500, ci fu che 'l Turco aveva messo in terra in Puglia molta giente; e come e Viniziani, per paura e per fare piacere, gli mandorono messer Ascanio e molti altri cittadini milanesi fuggiti a Vinegia, e avevano da loro salvacondotto; e nondimeno

feciono questa infideltà, che furono molto biasimati da chi lo intese.

E a dì 10 di maggio 1500, ci fu come e nostri ambasciadori di Francia avevano fatto col Re di Francia, che lui ci facessi rendere Pisa, Pietrasanta, Serezzana, Montepulciano; e che gli avesse avere da noi 30 mila fiorini.

E a dì 19 di maggio 1500, ci fu da Roma come gli era venuto da Napoli una processione, con un tabernacolo el quale dicevano aver fatto molti miracoli per la via, ralluminare ciechi, rattratti e molte altre infermità; e venne con gran divozione, e molti battuti che s'avevano tutte le reni insanguinate dalle discipline.

E a dì 23 di maggio 1500, ci fu come Lucca s'era levata in arme, e ch'el popolo era contro a' granai, perchè e grandi avevano preso per partito di renderci le cose nostre, e facevano per obidire al Re che gli aveva minacciati; e non volle ubidire loro ambasciadori. E finalmente non fu mai ubidito per nostro conto; credo pure ch'egli arebbe voluto, ma non potè mandare giente perch' ebbe da fare.

E a dì 24 di maggio, noi Speziali di Firenze ci ragunammo, circa 40 maestri, in San Gilio, per risuscitare una nostra Compagnia, cominciata insino 1477, e avànla abbandonata; e facemo certi uomini che facessino el bisogno.

E a dì 6 di giugno 1500, ci fu come in Mugiello, alla Collina, fu un contadino ch'ammazzò 4 fanciugli da otto anni in giù, ch'erano sua nipoti, e fedì un vecchio a morte. El Podestà lassù lo prese.

E a dì 8 detto, ci fu com' e Pisani s'erano dati al Re di Francia e levate le sue bandiere; e in questo venne un mandatario del Re e disse loro se si volevano dare:

dissono che sì, al Re, ma non volevano essere sotto i Fiorentini. Rispose che non aveva quella commissione, ma che si dessino liberi; e così si dettono liberi, e nondimeno non ne fu nulla.

E a dì 10 di giugno 1500, mandamo ambasciadori incontro a' Franciosi inverso Librafatta, che ne cominciava a venire, che fu uno degli ambasciadori Luca degli Àbizi. E fucci come Pietrasanta avea ritto le bandiere del Re, e che vi si gridava anche Marzocco; e questi Franciosi venivano per farci riavere Pisa e Pietrasanta e Serezzana. E fucci com' e Pisani si volevano difendersi e stavano duri, e fu anche un dondolo.

E in questi dì, ci fu come a Bologna era cascato in un dì 5 saette, una in San Michele e una ne' Servi, una a' Crociati e due per la terra, e feciono gran danno.

E a dì 20 di giugno, ci fu come Montepulciano gridava Marzocco.

E a dì 21 di giugno 1500, ci fu come e Franciosi erano andati co' nostri a campo a Pisa, e come e Pisani traevano a' Franciosi, e morto parecchi uomini. E venne qui el Capitano de' Franciosi, e dicevasi che Franciosi andavano e uscivano di Pisa a lor posta. Dubitavasi non c' ingannassimo, e così fu.

E in questi dì ci era delle case di morbo e delle bolle assai.

E a dì 2 di luglio 1500, ci fu come a Roma era venuta una gragniuola che alzò due braccia, con tanto empito di vento e tempesta che fece rovinare el palazzo

del Papa, dove era certa parte d'una sala dove era el Papa in sedia, e cascogli addosso; e come piacque a Dio, rimase sotto un legno che s'appoggiò al muro e sostenne el resto del palco per modo che non vi morì. Fecesi un poco di male al capo e a una mano e alla gota; e morivvi 12 o 13 persone ch'erano in quella sala. E fu el dì di San Piero, circa a ore 20. E al Papa feciono cavare un poco di sangue. Fu tenuto un grande segno e pronostico per detto Papa.

E in questi dì si mandava al campo di Pisa quanto pane si poteva fare in Firenze; pigliavano quante bestie venivano in Firenze e caricavanle di pane. E mandorono loro 8 mila fiorini d'oro. Avevasi buona speranza di Pisa.

E in detto dì usciva certe donne di Pisa in camicia, e' nostri le presano; e dubitando non portassino ambasciate, deliberorono di cercarle; e furono tanto disonesti e soldati che vollono cercarle insino nella natura a quelle donne, e finalmente fu trovato loro in detto luogo lettere ch'andavano al figliuolo del Papa. Pensa quello che fanno le guerre e' casi che intervengono innumerabili, e 'l peccato di chi d'ordina.

E in questi dì si scopri in Firenze da 15 case di morbo.

E a dì 8 di luglio 1500, ci fu come nel campo nostro di Pisa v'era venuti con que' Guasconi insieme co' Franciosi, e come quei Guasconi cominciorono a mettere a sacco la vettovaglia del campo, e 'l Capitano loro dètte loro licenza, e loro andorono per la Val Nievole e missono a sacco qualche casa pel paese, onde quì si

fece romore assai, parendo che noi fussimo dondolati da questo Capitano francioso.

E a dì 9 di luglio 1500, ci fu come Luca degli Albizi, commissario in campo, fu preso dal Capitano francioso nostro in campo, ch'avàmo condotto con 700 fanti; in modo che si scrisse di fatto al Re e modi di questi bestiali e pazzi Franciosi, in modo che se n'andavano da loro, parendo loro avere servito male.

E a dì 12 di luglio 1500, si levò il campo e andorono in quello di Lucca, e missono a sacco certe castella di quelle di Lucca.

E 'l Re di Francia scriveva a' suoi Franciosi che facessino d'avere Pisa in ogni modo e che poi tornassino indietro. E scrissono e nostri ambasciadori di Francia che 'l Re aveva avuto per male che 'l campo si fussi levato da Pisa, e che voleva s'avessi in ogni modo, e ch'e sua Franciosi tornassino, a pena di bando di rubello. E a questo modo ogni dì era quel medesimo.

E in questi dì ci fu come Perugia aveva romoreggiato e mandato fuori e Baglioni, colla morte di 100 uomini. E più ci fu com' e Sanesi erano in arme; e fu morto un suocero del Petruccio.

E in questi dì si fornì di porre le mensole del cornicione del Palagio delli Strozzi, cioè la metà del Palagio, di verso Mercato vecchio.

E in questo tempo valse el grano manco di soldi 20 lo staio.

E a dì 9 d'agosto, non s'acquistava nulla, e sanza danari e anche con poca prudenzia. Ognuno si maravigliava che nostri ambasciadori sempre dietro al Re, e che non abbino mai veduto se 'l Re va di buone gambe o no all'aiuto nostro.

E a dì 11 d'agosto 1500, Pistoia si levò in arme per loro differenze.

E in questi tempi si stava qui di mala voglia tutto 'l popolo, e massime pe' balzello ch'era stato molto aspro, e per vedere non acquistare nulla e stare in sulla spesa grande. E Pisani vennono a saccheggiare l'Altopascio, e come gli avevano preso Librafatta.

E a dì 17 d'agosto 1500, ci fu come e Pistolesi erano in arme, e come v'era morti 150 uomini, e ardevano le case, e arsono San Domenico; e come v' era corso tutto il contado e la montagna. E più si disse che messer Giovanni Bentivogli aveva mandato giente a piè e a cavallo.

E a dì 19 d'agosto 1500, ci fu come e Pisani avevano avuto la bastìa e morto ognuno che v'era, e come gli erano a campo a Rosignano; e nostri non soccorrevano nulla, e pareva ch' ognuno fussi sbigottito. Ci trovavamo senza soldati, o veramente con pochi che non

erono sofficienti a potere soccorrere el bisogno, in modo che ci pareva essere tra 'l monte e 'l mare. Era molto affannoso tempo e pericoloso, in modo che a dì 20 detto, el dì di san Bernardo, non lasciorono sonare campane in Palagio per sospetti dentro e di fuori: pure Iddio ha sempre aiutato questa città.

E a dì 30 d'agosto 1500, si faceva giente e mandavasi a Pistoia e a Livorno e alle castella.

E a dì primo di settenbre 1500, ci passava molta giente al Giubileo.

E a dì 5 di settenbre 1500, ci fu come 'l Turco aveva preso Corfù e Modone e morto ognuno, e spianato Modone. E più si disse che 'l Turco aveva rotto l'armata de' Viniziani e presa, e morto 30 mila persone tra l'armata, e le città e' Turchi.

E a dì 15 di settenbre 1500, fu finito di porre el cornicione del palagio degli Strozzi della metà del palagio verso Mercato.

E a dì 18 di settenbre 1500, ci fu come e Pistolesi s'erano azzuffati di nuovo e morti assai, e come e Panciatichi ebbono el meglio.

E a dì 19 di settenbre 1500, piovve tanto forte e continuo che e' venne grosso Arno, e fece molto danno per questi piani; ma ove fu la gran piova fu a Dicomano, e in Mugello venne la Sieve più grossa che mai, ma maggiore cose fece el Dicomano e la Moscia, la quale

Moscia rovinò el ponte di Londa e quanti difici era in sul fiume. E in Turicchi menorono giù quei fossati montagne di sassi alla riva della Sieve, e fece per tutti quei paesi rovinare le terre e mondare e campi insino in sul masso. E possolo dire perchè a me toccò, che guastai molti campi, fra gli altri un mio chiamato Chiassaia m'andò per un mezzo una certa chiassaiuola che ne menò insino al masso, che lo peggiorò 25 ducati.

E a dì 8 d'ottobre 1500, ci fu come Valentino partiva di Roma con molta giente e artiglierie, e andava alla volta di Faenza o di Pesero.

E a dì 13 d'ottobre 1500, ci fu come Valentino era colla sua giente verso el Borgo, e aveva seco Vitellozzo e dubitavasi che non andassi a' danni nostri.

E a dì 15 d'ottobre 1500, ci fu come Rimine s'era dato a Valentino, e che 'l popolo aveva dato l0mila ducati al Signore e che lui se n'andassi.

E a dì 16 d'ottobre 1500, ci fu come Pesero aveva fatto el simile, e che 'l Signore se ne veniva qui.

E a dì 29 d'ottobre 1500, ci fu da Murano lettere che ci era su disegnato un bue come gli era stato trovato sotterra, di rame, ch'aveva queste condizioni: aveva in capo una città, dalla zampa ritta aveva una testa d'uomo, che la teneva colla zampa; dalla manca aveva una banderuola colla croce, e allato aveva tre campane a rovescio; nel mezzo del corpo uno uomo, e sotto le parte di dietro un calice con una ostia; dal lato manco del corpo aveva un Cristo molto strano, aveva più lettere, una giù dal corpo che diceva: quarto luce. Era interpretato in molti modi, ma, perchè era l'arme del Papa, si dava a lui: questo sa el Signore. Tanto è che 'l mondo è troppo gravido de' peccati. N'ò fatto memoria perchè io vidi la lettera così disegnata.

E a dì 9 di novenbre 1500, Valentino aveva preso Berzíghella ed era colle sue giente in quel di Furlì.

E a dì 16 di novenbre 1500, si pose le lumiere al palagio degli Strozzi, che furono 4, a ogni canto una, che costò l'una, la manifattura sola, fiorini 100 d'oro.

E a dì 21 di novenbre 1500, sabato, e a dì 22 domenica, e a dì 23 lunedì, e a dì 24 martedì, e a dì 25 mercoledì, nevicò continuamente in Firenze, e ghiacciò, che stette insino alla domenica che non gocciolò mai tetti, che non fu mai veduto in Firenze la maggiore neve e stare più. Fecesi molti lioni e cose per Firenze.

E a dì 29 di novenbre 1500, noi Speziali ridirizzammo la nostra Compagnia, ch'era quasi dimenticata, che fu fondata insino 1477, e rifacemo e Capitoli, e facemo Capitani e ciò che bisognò.

E a dì 15 di dicenbre 1500, fu sostenuto qui un Frate di san Francesco, osservante, e vicario della Provincia ch'aveva predicato a Pisa in questi tempi della guerra e avevagli molto confortati che stessino forti, che Iddio gli aveva liberati, e tenevamo per intendere se gli aveva errato, o aveva secreto veruno. Non s'intese altro; lascioronlo.

E a dì 29 di dicenbre 1500, tagliorono la testa a due uomini da Castiglione Aretino, capi di parte, ch'avevano disubidito alla Signoria.

E a dì 30 di dicenbre 1500, la sera circa a ore tre, rovinò l'albergo delle Bertucce, e rovinò la volta di sotto, prima, e poi una altra volta di sopra, e venne dietro poi el tetto e coprì molte persone ch'erano a bere, circa di 16 uomini. Funne trovati tre morti e molti pericolati, trovati sotto certi cantucci dove si sostenne certe alie di volte. Pendette tutto el vino e le botte. Fu una grande rovina. Fu tenuto un miracolo che non ne morissi se non tre di 16.

E a dì 2 di giennaio 1500, si bandì qui un Giubileo che mandò el Papa per chi non potessi andare a Roma; e dettelo con questo si facessi visitazioni in Santa Maria del Fiore e in Santo Spirito e in Santa Croce e in Santa Maria Novella, co' penitenzieri ch' avevano la medesima autorità ch'è come andare a Roma, d'ogni quelunche caso, e comunemente dicevano che, chi poteva, dessi la limosina di tanto quanto uno logorassi la settimana, e più v'era dispensazioni di boti, che v'era una cassetta secondo e penitenzieri.

E a dì 6 di giennaio 1500, ci fu come e Pisani predorono insino al Ponte ad Era; e presono circa 27 uomini, e 5 n'affogò che si giettorono in Arno; e menoronne bestiame assai.

E a dì 14 di giennaio 1500, andorono di notte per la città certi nostri giovani de' principali con arme, e riscontrandosi col cavaliere del Podestà, si ferirono e morì due birri, e furono fediti parecchi de' nostri, e andorono insino al Palagio del Podestà per tôrre e prigioni. Fu tenuta cosa mal fatta e superba.

E a dì 16 di giennaio 1500, ci fu come Faenza aveva dato una rotta a Valentino.

E a dì 7 di febbraio 1500, ci fu come e Pistolesi s' erano affrontati di fuori, e morivvi 200 uomini.

Avevano e Cancellieri 1600 uomini, e' Panciatichi n'avevano 800 e nondimeno vi morì manco de' Panciatichi che de' Cancellieri. Furono al di sopra e Panciatichi, si disse.

E a dì 24 di febbraio 1500, fu morto un Sanese, ch'era medico, del casato de' Belanti, di Siena, da tre mandati da Pandolfo Petrucci, si disse, e quali gli dettono dal beccaio ch'e in sul canto di Via Ghibellina, dalle Stinche; e funne preso uno dal popolo, allora, e poi la sera ne fu preso uno altro che fu trovato di verso Sant' Ambruogio, l'altro si fuggì e scampò, perchè si disse che l'aveva fatto con grande astuzia, che fu el primo che gli dette, poi disse agli altri: dategli; e dètte a gambe e lasciò loro, in modo ch'el popolo badò a loro, e lasciorono andare cului. Si disse che gli aveva ingannati.

E a dì 26 detto, furono impiccati in sul Canto delle Stinche, dove feciono el male. Andorono in sul carro, attanagliati per tutta la tema molto crudelmente; e qui a' Tornaquinci si spezzò el caldano dove affocava le tanaglie. E non v'essendo molto fuoco, che non isfavillava, el cavaliere, minacciando il manigoldo, fece fermare el carro, e 'l manigoldo scese del carro e andò pe' carboni al calderaio, e per fuoco al Malcinto fornaio, e tolse un paiuolo per caldano, onde fece grande fuoco. El Cavaliere gridava sempre: falle roventi; e così tutto 'l popolo disiderava fare loro grande male sanza compassione. E fanciugli volevano assassinare el manigoldo se non gli toccava bene, onde gli fece molto gridare terribilissimamente. E tutto questo vidi qui a' Tornaquinci.

E a dì 2 di giennaio 1500, ci fu come e Pisani gittorono a terra delle finestre de' Signori due uomini ch' erano uomini d'un loro caporale che si chiamava el Bianchino, perchè andarono a rammaricarsegli di certe ingiustizie che gli avevano ricevute. Furono sempre uomini crudeli. E per questo el detto Bianchino si partì da loro e venne dal nostro, benchè molti non se ne fidavano.

E a dì 5 di marzo 1500, ci fu come certi Pistolesi Cancellieri vennono dietro a tre Panciatichi che si partirono da Pistoia e venivano quì, e quando furono a San Piero a Ponte, e detti Cancellieri gli assaltorono, e loro si fuggirono in una casa, e loro ruppono l'uscio e presongli e menorongli discosto un miglio, e qui gli ammazzorono. Tanto possono le passioni delle parti in una città Io sono sanza passione di parte o di stati, e non desidero se non la volontà di Dio.

E in questo tempo ci ritoccò la morìa. Era in Firenze in più di 10 case.

E a dì 10 di marzo, ci fu come e Pistolesi s'ardevano le case l'una parte all'altra, per il contado, e come s'affrontorono, a dì 12 detto, e ammazzorono del una parte e dell'altra, assai pur più de' Cancellieri, secondo si diceva.

E a dì 9 di marzo 1500, la morìa ci ritoccava forte, in questo fondo della luna, e scopersesi in più luoghi molte case, e massime nella Via della Scala vi si scoprì in un dì in 4 case, che vi fu tal casa che in una notte vi morì tre persone, che non vi rimase niuno vivo. Ebbesi a rompere l'uscio di fuori e cavarne detti morti.

E a dì 24 di marzo 1500, e Pistolesi ammazzorono un capo di parte che si chiamava el Zavaglia.

E a dì 2 d'aprile 1501, s'azzufforono i Pistolesi, e morivvi 64 uomini; e a questo modo si disfacevano l'uno l'altro, e non si rimediava a nulla de' casi loro. Non si trovava rimedio: pure ne incresceva a ognuno.

E a dì 13 d'aprile 1501, ci fu come Valentino aveva gittato a terra delle mura di Faenza. Stimavasi l'arebbe.

E a dì 15 d'aprile 1501, venne in Firenze dieci cittadini di Pistoia, de' principali, a dire e tristi casi loro. E quivi si mandò un nostro commissario: entrò in Pistoia e impiccò certi disubidienti; e nondimeno presono l'arme e non vollono ubidire.

E a dì 21 d'aprile 1501, ci fu come Faenza aveva morti dimolti Franciosi, circa 400, e come Valentino era entrato dentro, e fu ripinto fuori con vergogna.

E a dì 23 d'aprile 1501, ci fu nuove che 'l Re di Francia aveva licenziati e nostri anbasciatori, e dubitavasi che non fussi nimico.

E a dì 26 d'aprile 1501, ci fu come Valentino aveva messo a sacco Faenza; ma la terra si ricomperò e dètte 40 mila fiorini e non andare a sacco.

E a dì 27 d'aprile 1501, non s'era preso altro partito di Pistoia: stavasi così. La morìa ci era in assai case, el grano valeva soldi 40 lo staio, e qui non si lavorava, e massime di seta, e massime e poveri stentavano e dolevansi.

E a dì 29 d'aprile 1501, ci fu come messer Giovanni Bentivogli s'era fuggito di Bologna per paura di

Valentino, e poi ci fu come s' era accordato con Valentino, e così fu.

E a dì 2 di maggio 1501, ci fu come Valentino era a campo a Firenzuola, in modo tale che si sgomberava insino qui presso alle porte, in Firenze; e qui si stava con sospetto di rumoreggiare la città.

E a dì 3 di maggio 1501, si mandò al Re di Francia 20 mila fiorini; che v'andò Lorenzo di Pierfrancesco.

E a dì 6 di maggio 1501, ci fu come Valentino chiedeva el passo, e 'l Papa ci mandò un mandatario e fugli concesso.

E a dì 8 di maggio 1501, feciono venire in Firenze l'artiglierie ch'erano in Empoli, che furono 90 paia di buoi.

E a dì 9 di maggio 1501, si mandò Piero Soderini e Benedetto de' Nerli come ambasciadori a Valentino. E in questi dì isgombrava tutti questi piani. Vedevasi tutte le povertà de' poveri contadini, tutte calcate le strade di carri e di bestie cariche.

E a dì 12 di maggio 1501, ci fu come Valentino era giunto a Barberino di Mugello, e faceva ogni danno, e ardeva e rubava, e tagliava grano. E in queste notte per Firenze si faceva guardie; lumi su per le finestre.

E a dì 13 di maggio 1501, giunse la giente di Valentino a Carmignano, e scorse insino a Peretola e a Sesto. E questa mattina, circa a ora di desinare, e Signori mandorono un bando che quando e' facessino quegli segni cioè due colpi d'artiglierie e sei tocchi di campana, in due volte, ognuno atto a portare arme vadi al suo gonfalone; e che niuno porti arme fuori del

gonfalone, a pena d'essere rubello. Onde ognuno serrava le botteghe e isgomberava e portava a casa, stimando questa cosa grande pericolo; e ognuno di fuori s'ingegnava di mettere dentro in Firenze.

E a dì detto, alloggiorono a Campi, e quivi intorno e feciono assai danno: alcuni contadini ne presono di loro parecchi a cavallo e menorogli in Firenze. E in questo dì andorono ambasciadori a Valentino, a Campi, che fu el Vescovo de' Pazzi e Francesco de' Nerli, e tornorono; e nel passare dissono che le cose andrebbono bene, e ognuno si maravigliava, e dicevasi: che abbiamo noi a fare con Valentino? non abbiamo guerra con lui. E ognuno desiderava di andarlo a isvaligiare, che non era per uno asciolvere solo a' contadini; chè non fu mai la semplice cosa e cattiva a lasciargli guastare el nostro contado con tante iniquità, ch'è da vergognarsi d' essere fiorentino, avere a fare compromesso delle cose sue in uno che non valeva tre quattrini. Ebbe tanto animo che disse volere Campi; e aveva dato tempo insino alle 18 ore a darsi se none lo saccheggerebbono, onde qui s'accordorono di dargli 300 uomini d'arme, e non gli dare noia all'acquisto di Piombino.

E a dì 15 di maggio 1501, si fece l'accordo che se gli dovesse dare 36 migliaia di fiorini l'anno, per tre anni, e che fussi nostro Capitano, cominciando questo

dì primo di maggio 1501, e che se gli dovessi al presente 9 mila fiorini, e lui voleva che non si conoscessi niuno ch'avessi fatto contro allo Stato dal dì che lui si partì d'Imola in qua; e questo perchè si diceva per molti, che c'erano alcuni cittadini ch'avevano ordinato che venissi a lor proposito, che forse erano cascati in tale errore. E in questo dì intervenne più cose: uno di loro volendo entrare in Firenze per forza, per la Porta a Faenza, colla spada ignuda in mano, le guardie ch'erano poste alla porta lo passorono da l'uno lato all'altro con una lancia e morì di fatto. E molti altri intorno alle porti e intorno al campo gli spogliavano e toglievano loro e cavagli, e chi uno e chi quattro, in modo che non potevano andare punto spicciolati; e loro facevano el simile rubando e facendo ogni male.

E a dì 16 di maggio 1501, mandò la Signoria due mazzieri e due comandatori a dire che si partissino, e ordinare che gli avessino e buoi che gli aveva chiesti, bene 80 paia; ed abbono tanto animo che gli spogliorono e tolsono loro le mazze e ferirono uno loro di molto male, e non si vollono partire dicendo che volevano danari.

E a dì 17 di maggio 1501, si mutò el campo e passorono a Signa e alloggiorono di là d'Arno verso Ugnano e al luogo de' Pandolfini, e scorrendo insino a Montelupo, rubando e facendo ogni gran male. A chi arrandellavano la testa, e chi impiccavano pe' testicoli, quando potevano, qualcuno, perchè insegnassi la roba; perchè molto trovorono le case vuote. E qui si diceva tutto il

contrario. Se gli dètte e buoi ch'egli aveva di bisogno, cioè se gli prestarono; e più si mandò un bando che niuno facessi danno a lui, e chi lo avessi fatto lo debba rendere a pena delle forche. E più si condussono andare gli Otto in persona, questa mattina, per tutti questi piani; e pigliavano chi stava alla strada.

E a dì 17 di maggio 1501, ci fu lettere dal Re di Francia, come e' non era volere del Re che questo Valentino ci facessi danno e ponessi taglie, e che si mandassi via; e se non si partissi, ordinava a Milano che ci fussi mandato aiuto; per modo che si pensava di non gli osservar quello che gli era stato promesso.

E a dì 18 di maggio 1501, s' intendeva tutta mattina le iniquità di costoro: infra l'altre, missono Carmignano a sacco e menoronne quante fanciulle vi trovorono, ch'erano ragunate in una chiesa, di tutto 'l paese. E più si disse che furono parecchi, peggiori che 'l diavolo dell'inferno, e quali trovando una donna con un suo fratello di circa 17 anni. (Non so se mi potrò scrivere questa isceleranza, che al sentirla dire tremavo del timore di Dio. Un tal peccato merita la dissoluzione d'una città; e ben si legge nel Testamento vecchio, per tal peccato fu distrutta una città, disfatta insino ne' fondamenti. Guai a coloro che ne sono stati cagione, e anche a quegli che non ànno punito un tal eccesso, a chi poteva; che si poteva struggere Valentino con più giente che non aveva tre volte. Ma a me non è nuovo quello sanno fare e nostri cittadini; non si curano d'ogni gran male per un lor commodo. E questo s'è veduto più volte, potere vincere e avere un grande onore, non avere

voluto, solo per discordia). El quale peccato fu questo: trovato quella donna e quel fanciullo di 17 anni, come è detto, e isforzando e l'una e l'altro disonestamente, e più di loro guastando el fanciullo, e lei lasciando come morta. Alcuni altri trovando la donna e 'l marito giovani, legando el marito a una colonna, e in presenza sua vituperare la donna da più ribaldi, e bastonare. E così si sentiva a ogn'ora cose che non si sentiron più. Quando ci passò el Re di Francia, non si sentì pure un caso di donne ben piccolo; anzi stettono insieme colle gentildonne, in molte case de' cittadini, e non feciono mai un cattivo cenno.

E in questo dì ci fu come Pisani avevano preso Ponte di Sacco e che gli scorrevano per tutto; e tuttavolta si diceva che venivano 4mila Guasconi di dietro a questo serpente. E in questo dì andò a romore tre volte la Piazza de'Signori. La prima volta el Cavaliere volle pigliare uno isbandito, e ponendogli le mani addosso, fu aiutato da certi bravi, e fedito un famiglio d'Otto; e fedito quello isbandito, fuggissi e passò di qui da' Tornaquinci fuggendo, tutto sangue el viso. Si cominciò a serrare per tutto. Una altra volta uno de' Baroncegli dette a uno de' Cambi una coltellata in su la testa e mandogli giù uno orecchio e un pezzo di capo; e questo fu perchè questo de' Cambi si trovò degli Otto quando fu fatto morire un figliuolo di questo de'Baroncegli; che dicevano ch'era un certo bravo che faceva ogni male per contado: e questo caso fece serrare una altra volta le botteghe per tutto. Un'altra volta si levò sanza altro caso, ch' era sollevata la città.

E in questo dì Valentino chiedeva l'artiglierie nostre ch'erano in Empoli, in prestanza; e danari. Fugli risposto che non volevamo fare nè l'uno nè l'altro: ch'e danari, gli avevamo a dare per tutto agosto, e così volevamo osservare, e che dovessi partire.

E a dì 19 di maggio 1501, si partì Valentino da Signa e andò tra Montelupo e Empoli, sempre predando e faciendo ogni iniquità; e in questa sera se gli mandò Piero Soderini ambasciadore.

E a dì 20 di maggio 1501, e poveri contadini colle loro famiglie e loro povertà si ritornavano difuori, e in su la sera si levò el romore di verso Malmantile che Valentino tornava indietro, e corse el romore fino a Firenze; per modo che quei contadini ch' erano tornati difuori, fu di bisogno ritornassino in Firenze, con molti pianti e affanni. E crebbe tanto el sospetto di tornare indietro, che per tutti questi piani rifuggivano dentro; e più ancora crescevano perchè Vitellozzo aveva menato e nostri buoi a Pisa per artiglierie, e non gli vollono rendere. E stimavasi non volessino porre el campo a Empoli. Parevano gli uomini ismarriti, non vedendo pigliare niuno partito alla Signoria. Facevano come e Turchi, mettevano a fuoco e fiamma tutti e paesi, e pigliavano fanciulle e donne; e fu chi trovò per la via di Roma le some di fanciulle che mandavano a Roma a presentarle, e forse venderle, come fanno e Turchi de' Cristiani. E non mi pare maraviglia, che gli era condotto quel campo da due uomini crudeli, Valentino e Vitellozzo. Se Vitellozzo somigliò suo padre fu troppo crudele, che venendogli innanzi un fanciullo della parte contraria, mandato dalla sua madre, e gittandosi ginocchioni chiedendo perdonanza e misericordia, si cavò da lato un coltello e ammazzollo di sua mano: e arse le torri piene di donne

e di fanciugli e molte gienti colla roba, che non vi campò niente vivi, con grandissime urla e strida. E questo suo figliuolo imparò da suo padre, che non ànno temuto Iddio, ànno mandato accattando le centinaia di contadini per vendicare le loro passioni, e sonsi vendicati con chi non à fatto loro male veruno, come uomini vili che non temono la mano del Signore, nè conoscono come ella è grande, e come è presso a loro.

E a dì 22 di maggio 1501, si stavano intorno a Empoli alloggiati e scorrevano per tutto la Valdelsa e paesi, rubando e predando. Non si sentiva se non crudeltà. E tuttavolta si vedeva empiere quì la città di poveri contadini colle loro povertà e loro famiglie, piccoli e grandi, con molta amaritudine.

E a dì 23 di maggio 1501, si partì Valentino da Empoli e andonne inverso Castello Fiorentino colle artiglierie; e tuttavolta si diceva che tornerebbe indietro, e questo sospetto nasceva dalle intelligenzie che ci erano. E che sia el vero, ognuno attendeva a mettersi in casa pane, per modo che in questa sera non si trovava pane a' fornai; e andò el grano a soldi 53 lo staio. Firenze era ripiena di maninconia e pareva s' affogassi in un bicchiere d'acqua.

E a dì 24 di maggio 1501, Valentino mandava a dire non si volere partire se non gli era dato almeno 8mila fiorini. Ogni dì si sentiva cose crudeli de' fatti sua.

E missono a sacco Castel Fiorentino e poi Barbialla, che v'ammazzorono più di 60 uomini e 6 donne, e ruborono ogni cosa. Dicevasi di loro cose più non sentite; e nondimeno gli era mandato di qui vettovaglia, e tutti e nostri Commissari tuttavolta comandavano che non si offendessino di nulla, e facevano rendere a chi toglieva loro nulla, e facevano disperare ogni nostro suddito: e chi era rubato e morto s'aveva el danno.

E a dì 26 di maggio 1501, ci fu come el Re di Francia mandava 30mila persone per a Napoli, e che gli erano mezzi di verso Pontremoli, e mezzi venivano di quassù di Romagna, e questa sera erano a Castrocaro, ch'era con loro el Signore Begnì.

E a dì 27 di maggio 1501, si partì Valentino e andò verso Colle, e que' di Colle gli feciono resistenza e ammazzorono di loro una brigata; e l'altro dì andorono verso Casoli di Volterra, disfeciono tutto el paese. Dove egli andorono andò male mezza la ricolta; segavano el grano a' cavagli; e per ristoro s'aspettava e Franciosi di sotto e di sopra, di dì in dì.

E a dì 2 di giugno 1501, ci fu come e nostri di Pisa avevano preso tre Pisani, e balestrieri del Prefetto.

E a dì 3 detto, vennono in Firenze, che v'era un messer Piero Gambacorti e altri cittadini.

E a dì 4 di giugno 1501, ei fu come certi nostri contadini da Ronta avevano morto un francioso per la strada di Ronta, el quale era parente del Signore Begnì; che fu tenuta mala nuova, perchè passava di quà col campo, ed era religioso. Fu poi seppellito a' Servi e fecesi grande onore, perchè el Signore Begnì non l'avessi preso da noi tale maleficio; e fugli fatto grande scusa. Sempre qualche bestiuolo mette a pericolo una città; ma, secondo molti, quello era un uomo savio, buono e un bello uomo; ognuno l'amava, e non riprese tal cosa per odio.

E dì 6 di giugno 1501, giunse a Dicomano la fanteria de' Franciosi col Signore Begnì; portaronsi bene asse. E in questo medesimo tempo passavano di quaggiù da Empoli e per la Valdelsa molto più numero, in modo che dissono di 30mila tra di quassù e di quaggiù, e dicevasi che ne veniva di nuovo.

E a dì 10 di giugno 1501, giunse a Dicomano 4mila

cavagli e quali feciono el contrario che la fanteria. Feciono ogni male: segorono e grani pe' cavagli per tutto dove passorono, e missono a sacco le canove, dando bastonate; nè stimavano Commissari nè persona. E in sull'Alpe vollono tor polli a certi contadini, e loro rivolgendosi e' non se gli lasciò torre; in modo che l'ammazzorono. E levandosi su altri contadini si fece una mischia e morivvi 20 uomini.

E a dì 11 di giugno 1501, vennono in Valdisieve insino al Ponte a Sieve, e poi si andarono per Valdarno.

E a dì 14 di giugno 1501, ci fu come erano entrati in Siena e che se n'erano insignoriti; e mandoronne e Signori a casa, e Pandolfo Petrucci si nascose.

E a dì 18 di giugno 1501, ci fu come era presso a Roma, e come di quaggiù n'era venuti per mare, e che gli smontavono a Livorno per andare per terra, e che veniva in Firenze el Cardinale di Roana, che veniva da Milano; e dicevasi che 'l Re di Francia era di pensiero di farlo Papa; era così in oppinione. E più ci fu come el Papa s'era partito di Roma e andato a Orvieto.

E a dì 19 di giugno 1501, ci fu come Federigo re di Napoli aveva fatto, el dì del Corpo di Cristo, una processione molto grande e divota, e che lui andò dietro scalzo, e quando fu in chiesa fece una orazione a tutto 'l popolo, e disse che credeva a Cristo e al Sagramento; e che così voleva. E testificò a tutto il popolo che non

metteva in Italia Turchi per fare contro alla fede, ma per aiutarsi; e che se 'l popolo non lo volevano per Signore, che se ne andrebbe, e se lo volevano aiutare, che rispondessino. E tutti a una bore, el popolo, gridorono volerlo aiutare; per modo che si dice che venne verso Roma.

E a dì 22 di giugno 1501, ci fu come a Modona era venuti tremuoti grandi in modo ch'era caduto molte case e morti molti uomini, e infra l'altre una chiesa profondata.

E in detto dì 22 di giugno 1501, qui in Firenze, tirando su le tende di San Giovanni, e intraversando canapi, s'appiccorono alla croce ch'era in su la colonna di San Giovanni, che rappresenta el miracolo di San Zanobi, e tirolla in terra; e più si ravvilupporono e detti canapi e feciono cadere embrici da un tetto e ammazzorono uno uomo; e a un fanciullo ruppono una gamba. Fu tenuto tristo pronostico.

E a dì 24 di giugno 1501, ci fu come el Signore Begnì colle sua giente era entrato in Roma, e ognindì pigliavano l'armi que' Romani: pensa come stava Roma!

E a dì 3 di luglio 1501, e Franciosi erano passati Roma e affrontatosi con don Federigo, e morti ben 5mila persone.

E a dì 4 di luglio 1501, e Pistolesi s'erano di nuovo affrontati, e morti bene 200 uomini; e furono quasi tutti soldati forestieri. E l'altro dì si raffrontorono e morivvene l00; e andò dentro nella povera e isventurata città forse 12 teste d'uomini in su le lancie; e facevano alla palla co' capi degli uomini di fuora e dentro.

E a dì 7 di luglio 1501, ci fu come e Franciosi avevano trovato certe botte di vino sotterrate e avvelenate, e avevanle beute.

E in questo tempo valeva el grano soldi 36, e non ci era quasi nulla di morìa.

E a dì 13 di luglio 1501, ci fu come a Piombino era venuto 60 vele di Turchi.

E a dì 14 di luglio 1501, ci fu come e Franciosi avevano avuto un poco di rotta, e nondimeno c'era come gli erano passati Capova e seguitavano.

E a dì 21 di luglio 1501, fu preso uno che à nome Rinaldo, fiorentino, ch' era giucatore; el quale, perchè aveva perduto, gittò sterco di cavallo a una Vergine Maria ch'è dal Canto de' Ricci in uno chiassolino da quella Chiesa ch'è in su una piazzuola di dietro alle case; e dettegli nella diadema. E vedendolo un fanciullo disse come egli era stato un uomo; e fugli andato dietro e coniato, e fu preso all'osservanza di San Miniato, e quando e famigli degli Otto gli furono presso si dètte d'un coltellino nella poppa manca, e loro lo presono e menoronlo al Podestà, e confessò averlo gittato per passione d'avere perduto, e la notte lo impiccorono alle finestre del Podestà, e fu la mattina di Santa Maria Maddalena, che fu una festa doppia. Vi venne tutto Firenze

a vedere, per modo che venendo el Vescovo a vedere questa Vergine Maria, levò detto sterco da lei, in modo che non fu sera che vi fu appiccato molte libbre di cera, e tutta volta crescendo la divozione. E in pochi dì vi venne tante immagini come si vedrà col tempo.

E a dì 22 di luglio 1501, si ripose sù quella croce in su la colonna da San Giovanni, che fece cadere el canapo.

E a dì 24 di luglio 1501, ci fu come Franciosi si avevano avuto rotta presso a Napoli: pure seguitavano la vittoria animosamente.

E a dì 25 di luglio 1501, venne qui a Castello la Madonna d'Imola, che si partì da Roma; che la chiese al Papa Monsignore Begni, e lei se ne venne a stare qui.

E a dì 28 di luglio 1501, ci fu come Franciosi avevano preso Capova e messo a sacco e a fil di spada ognuno. E fu a' 24, la vilia di Sant' Jacopo.

E a dì detto, ci fu come e Pistolesi s'erono

appiccati, e' Panciatichi avevano avuto el peggio, e che n'avevano impiccati parecchi Panciatichi in Pistoia alle finestre, e che gli feciono impiccare a un prete, e poi vollono che 'l prete s'impiccassi da sè; e furono circa 7 Panciatichi.

E a dì 2 d'agosto, ci fu come Franciosi avevano avuto Napoli per primo fante.

E a dì 4 d'agosto 1501, si vinse in Consiglio che 'l detto Consiglio grande tornassi, e bastassi almeno 600 uomini.

E a dì 6 d'agosto 1501, ci fu el vero come el Re di Napoli aveva perduto lo Stato e prese pel Re di Francia. E qui, in questo dì, si fece gran festa, sonossi a gloria, e arsesi e panegli e molte scope per la terra, con molti colpi d'artiglierie. Ebbe Napoli insino a dì detto, entrorono e Franciosi in Napoli; che 'l Re don Federigo, e chi si voleva partire, potessi portarne la roba; avessi tempo due dì.

E a dì 21 d'agosto 1501, venne in Firenze un francioso con molti cavagli, el quale andava a Napoli in luogotenente per Re di Francia.

E a dì 29 d'agosto 1501, ci fu come e Pistolesi avevano fatto la pace, e fatto la Signoria, 4 d'una parte e 4 dall'altra, e 'l Gonfaloniere s'imborsò due dell'una e due dell'altra, e trarre; e così rimasono in pace dopo la morte di tanti e tanti uomini: e fussi almeno fine!

E in questi dì e Pisani presono de' nostri soldati.

E a dì 5 di settenbre 1501, e Pistolesi ammazzorono 2 o 3 di loro.

E a dì 7 di settenbre 1501, e Pistolesi ammazzorono uno altro de' Cancellieri, qui alla Porta al Prato di Firenze. Vegga ognuno la bella pace che gli ànno fatto.

E a dì 8 di settenbre 1501, ci fu come Piombino era in pace dalle giente di Valentino, e lui era ammalato in Roma.

E a dì 9 di settenbre 1501, ci fu come lo 'mperadore era in sul Lago maggiore, ch'aveva preso Navarra con molta crudeltà, et altri castelli.

E a dì 11 di settenbre 1501, ci passava assai Tedeschi di quelli che erano col Re a Napoli, perchè l'Imperadore aveva mandato un bando che tutti e Tedeschi ch'erano al soldo tornassino a lui, a pena d' essere rubello.

E a dì 17 di settenbre, passò per Firenze forse mille fanti e forse 600 cavagli, che venivano da Napoli e andavano in Lonbardia per il Re di Francia.

E a dì 18 di settenbre 1501, ci fu come Piombino s'era dato al Papa liberamente.

E in questi tempi non c'era infermità di corpo, ma bene era inferma la città e impoverita; non si rendeva Monte di niuna ragione, nè dote, nè guasti; ognuno si doleva. Valeva el grano soldi 33 lo staio, el vino un ducato la soma, l'olio lire 16 el barile, e non si lavorava molto.

E a dì 9 d'ottobre 1501, noi Speziali facemo all'Arte degli speziali che noi non potessimo fare più candele di due danari.

E a dì 10 d'ottobre 1501, fu un tempo molto brusco d'acqua, di tuoni, e venne molte saette, infra le quali ne venne una in sul campanile della chiesa da Legri, la mattina quando el popolo era in chiesa; e fu in domenica, e il prete apunto parato per andare all'altare, e fece cadere una parte del campanile in su la chiesa e morivvi 5 persone, e più di 40 se ne fece gran male.

E a dì 14 d'ottobre 1501, venne in Firenze un tremuoto alle 2 ore di notte, e non fece rovinar nulla.

E a dì 25 d'ottobre 1501, si vinse in Palagio che si dovessi mercatare a Fiorini d'oro e Lire.

E a dì 2 d'ottobre 1501, si bandì la pace de' Pistolesi con sodamento: chi la rompessi, pena assai.

E a dì 3 di novenbre 1501, e nostri di quel di Pisa presono 57 cavagli e prigioni, ch'erano scorsi in verso Volterra, di quei Pisani: e' nostri gli tramezzorono.

E a dì 14 di dicenbre 1501, venne in Firenze il Cardinale di Ferrara con molti cavagli, che andava a Roma per la figliola del Papa, e menarla a marito al fratello a Ferrara; e aveva 150 muli di carriaggio.

Fugli fatto un grande onore; molti giovani di Firenze gli andorono [incontro]. E alloggiò in casa sua al Canto de' Pazzi, e i cavagli alle stalle del Papa. E a dì 15 si partì.

E a dì 27 di dicenbre 1501, venne in Firenze la tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta, e fecesi solenne precessione e grande onore; e dissesi per cagione che 'l Re di Francia chiedeva cose inoneste, di volere rimettere usciti e governatori a suo modo.

E a dì primo di giennaio 1501, molto si ragionava dello Imperadore che voleva passar qua con gran giente.

E a dì 23 di giennaio 1501, mandò la Signoria ambasciatori a presentare la figliola del Papa ch'era giunta a marito a Ferrara, e mandorono gran presente. Non ritornò da Firenze quando andò a marito.

E a dì 11 di febbraio 1501, venne in Firenze l'ambasciatore dell'Imperatore; alloggiò in casa i Portinari. Andò alla Signoria.

E a dì 23 di febbraio 1501, ci fu come e Pistolesi s'erano azzuffati, come e Cancellieri avevano cacciati fuori tutti e Panciatichi e arse loro le case, con la morte di molti uomini. Ora si può dire che a' casi loro non v'a più riparo: non giova sodare la pace, nè altra medicina. Firenze è scusata, perchè non può far bene a chi non vuole: bisogna lasciar rompersi il capo da loro: e' sono vaghi del sangue.

E a dì 10 di marzo 1501, ci fu come el Turco era nel Golfo con grande armata, e come e Viniziani gli avevano affrontati con danno dell'una parte e l'altra.

E a dì 15 di marzo 1501, andò di qui a Pistoia nostri commissari, e impiccorono una brigata di quei capi.

E a dì 23 di marzo 1501, ci fu come e Pisani avevano preso la terra di Vico Pisano, e poi s'intese che gli avevano avuto la rôcca, che l'aveva data el nostro Commissario ch'era de' Pucci, e 'l Castellano ch'era de' Ceffi, e uno certo conestabile di Piamonte.

E a dì 4 d'aprile 1502, dettono bando di rubello al sopradetto Commissario e al Castellano di Vico, e confiscato lor beni. E in questa sera venne preso un certo Francesco di mona Tarsia, ch' era stato in detta rôcca di Vico.

E a dì 23 d'aprile 1502, si vinse di dare el guasto a' Pisani; e valeva el grano in questo tempo soldi 25 lo staio.

E a dì 30 d'aprile 1502, mandarono a Pisa l'artiglierie e bombarde assai, e facevano tuttavolta giente per Pisa, e fu fatto commessario Antonio Giacomini.

E a dì 10 di maggio 1502, si cominciò a dare el guasto a' Pisani, di grano e di vigne e frutti e ciò che si trovava; e feciono che contadini pisani fussino esenti, (chi veniva dal nostro), e non fussi dato el guasto a lui

E a dì 15 di maggio 1502, cadde una pietra dalla casa dell'Arte della Lana, in sul canto di quel chiassolino dirimpetto a Orto San Michele, che si spiccò da sè

ch'era fessa e cadde in sulla testa d'un povero uomo e morì.

E a dì 16 di maggio 1502, ci fu dal Re di Francia mandatari, e quali andavano al Papa, e a tutte potenzie, che non fussi chi facessi contro a' Fiorentini, sotto la sua disgrazia, e mostrocci grande amore e amico.

E a dì 17 di maggio 1502, ci fu come e Pisani avevano presi certi contadini marraiuoli, e avevangli impiccati e isquartati e scorticati.

E a dì 18 di maggio 1502, venne in Firenze certi prigioni pisani, e quali mandò Giovacchino Guasconi da Volterra, che portavano lettere inverso Roma.

E a dì 19 di maggio 1502, ci fu come e nostri ci mandorono una brigata di prigioni pisani, che ci era un capo de' principali el quale era ferito e non poteva andare; e que' di Vicopisano davano el guasto anche a noi in quel di Bientina: e a questo modo andava male ogni cosa.

E a dì 20 di maggio 1502, ci fu come quei di Barga avevano preso el Fracassa con molti compagni ch'andavano in Pisa.

E a dì 22 di maggio 1502, ci fu come e nostri avevano presi 28 pisani e impiccatigli tutti.

E a dì 26 di maggio 1502, ci fu come e nostri avevano fatto una preda di 100 muli carichi di robe, e 130 pisani co' cavagli loro.

E a dì 29 di maggio 1502, venne preso el Fracassa con molti fanti, ed era preso con lui el figliuolo del conte Jacopo. E in questo dì venne qui Antonio Giacomini ch'era commessario, e andò alla Signoria.

E in detto dì, ci fu come e nostri avevano in patti Vicopisano e la rôcca per tutto dì d'oggi.

E a dì 2 di giugno 1502, uno maestro Lorenzo Lorenzi medico, che leggeva in Studio, e stimato assai, stigato dal dimonio, si gittò in un pozzo e morì.

E a dì 5 di giugno 1502, ci fu come Arezzo s'era ribellato.

E a dì 6 detto, ci fu come non s'era perduto la cittadella, e che gli erano in tutto 12 o 14 case che s'erano levate in arme; e di fatto costoro levorono il campo da Vico e mandorono 'Arezzo, e passorono di quì questo dì detto.

E a dì 8 di giugno, si partì di quì Antonio Giacomini, che l'avevano fatto governatore del campo, e andò 'Arezzo.

E a dì 9 di giugno 1502, ci fu come gli avevano preso Guglielmo de' Pazzi, e come Vitellozzo s'accostava 'Arezzo, e come e contadini loro stavano sospesi per vedere come le cose andavano, e se v'era fondamento. E più ci fu, come s'era ribellata Rassina.

E a dì 10 di giugno 1502, ci fu come Vitellozzo era entrato in Arezzo con molti fanti e artiglierie, e come Valentino veniva con molta giente; era di là da Siena. Onde parve qui ismarrito el popolo, dubitando avessi maggior fondamento; e pareva che fussi questo male, come egli era, in su la ricolta.

E in detti dì, e Pisani iscorrevano e predavano e ammazzavano, che pareva loro avere el campo libero; e così avàno el fuoco di intorno intorno, benchè a' più intendenti parve leggierezza rimuovere el campo sì di leggiero. E in questo dì, si vinse gravezze assai, decime e condizioni di paghe.

E a dì 11 di giugno 1502, ci fu come non era vero di Vitellozzo fussi entrato in Arezzo, nè di Valentino; che feciono per vincere danari.

E a dì 12 di giugno 1502, ci fu come e Pisani erano a campo a Bientina, benchè fussino da' nostri ributtati.

E a dì 13 di giugno 1502, ci fu come Vitellozzo aveva preso un certo monte ch'e nostri non potevano soccorrere la cittadella.

E a dì 15 di giugno 1502, ci fu come Castiglione Aretino avevano preso 40 muli carichi di farina ch'andavano 'Arezzo, e come e nostri avevano guaste le mulina d'Arezzo.

E a dì 10 di giugno 1502, andò Piero Soderini a Milano per la giente del Re di Francia.

E a dì 18 di giugno 1502, ci fu come Arezzo avevano preso la cittadella e mozzo el capo al Vescovo de' Pazzi e certi altri uficiali ch'erano in Arezzo; ma non fu vero del mozzare le teste, ma bene gli mandorono prigioni in Città di Castello, Guglielmo de' Pazzi e 'l Vescovo e alcuni altri; e gli altri fu salvo l'avere e le persone.

E a dì 19 di giugno 1502, ci fu come el campo nostro si tornò indietro a Montevarchi.

E a dì 20 di giugno 1502, ci fu come Piero de' Medici era entrato in Arezzo, e che vi si gridava Marzocco e Palle.

E a dì detto, si fece quì in Firenze 50 uomini per gonfalone che stessino qui a' Tornaquinci, un gonfaloniere, a guardia della città; in modo entrò la paura, che di sotto e di sopra ognuno isgomberava, che fu cosa spaventevole.

E a dì 21 di giugno 1502, ci fu come Valentino aveva morto el garzone ch' era signore di Faenza, ch'egli aveva a Roma, e tre altri tali; fecegli strangolare e gittare nel Tevere, e fecero quando e' giucava alla palla con altri giovanetti come lui, ch'era ancora fanciullo. Credo che si mosse perchè lo vedeva troppo amato dal popolo, per gelosia della signoria, come un uomo diabolico.

E a dì 22 di giugno 1502, ci fu come el Re di Francia aveva mandato un suo mandatario a protestare, come gli era rubello a tutti quegli che facevano contro e' Fiorentini.

E a dì 23 di giugno 1502, ci fu come Valentino aveva preso Urbino e poi Città di Castello; e più, questo dì giugnevano e Franciosi in Mugiello, che venivano in nostro aiuto; e più si disse che Vitellozzo aveva preso Cortona. Andava tante cose attorno.

E a dì 24 di giugno 1502, non si corse palio per non ragunare giente, per sospetto.

E a dì 26 di giugno 1502, ci fu come Valentino

aveva mandato a dire che voleva fare lega con noi, altrimenti verrebbe a' danni nostri: davaci tempo 4 dì.

E a dì 27 di giugno 1502, si serrò 5 porte di Firenze, che fu San Giorgio, San Miniato, la Giustizia, Pinti e la Porticciuola al Prato delle mulina; e fecionlo per sospetto che non entrassi giente e lettere. E comandarono alle case lungo Arno che non porgessino scale a niuno in Arno.

E a dì 2 di luglio 1502, ci fu, el Borgo s'era ribellato, e Anghiari s'era dato a patti, e la Pieve stava male. E così pareva ch'e Fiorentini avessi le budella in un catino. Ognuno vicino si rideva de' Fiorentini.

E a dì detto, giunsono quì e Franciosi e alloggiorono da Sesto insino quì alla Porta a San Gallo e a Faenza.

E a dì 3 luglio 1502, ci fu come Cortona era tornata sotto e Fiorentini.

E a dì 4 di luglio 1502, feciono la mostra de' fanti avevano fatti quì in pochi dì, che furono 250. E ordinarono tutta questa settimana processioni e predicare ogni mattina in ogni Quartiere.

E a dì detto, la notte alle 7 ore, andarono via le gienti de' Franciosi inverso l'Ancisa, che furono 100 uomini d'arme e fanteria assai.

E in detta notte fu fatto alla casa del Gonfaloniere e alla casa di Piero Soderini, e madonna Selvaggia Strozzi, dipinto forche e cose disoneste, da uomini che non temano Iddio, che non sanno che sono ubrigati alla ristituzione della fama, altrimenti sono dannati. Iddio ne gli guardi.

E a dì 5 di luglio 1502, ci fu come e nimici erano a campo a Poppi e a Chiusi: pareva che noi fussimo in preda.

E a dì 6 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia aveva giurato sopra la sua corona di vendicare tutte le ingiurie fatte e' Fiorentini e farci gran bene, e come veniva in Italia ed era già a' confini.

E a dì 7 di luglio 1502, ci fu come el campo de' nimici s'era partito da Poppi e tiratosi indietro, e 'l nostro campo era venuto al Ponte a Sieve per andare in

Casentino, e come quei Franciosi pareva loro mille anni d'affrontare e nimici.

E in questi dì, e Pistolesi andavano rubando per tutti questi piani insino a Campi.

E a dì 11 di luglio 1502, tornorono in Firenze e prigioni che noi avàmo 'Arezzo, che si scambiorono con quegli che noi avàmo qui di loro, che fu fatto el baratto a Siena, infra 'quali vi fu Guglielmo de' Pazzi, e 'l Vescovo suo figliuolo, e rimandossi 'Arezzo un certo aretino genero di Bernardino d'Arezzo.

E a dì 14 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia avea soldati tutti e signori d' Italia e gli usciti di Romagna, e 'i Marchese di Mantova e messer Giovanni. E dissesi che Valentino s'aveva rotto una coscia, che gli era caduto un cavallo addosso.

E a dì 15 di luglio 1502, feciono costoro quì un bargello per Pistoia e uno altro per Valdinievole, con molti balestrieri a cavallo. E in questa notte, venne un tremuoto in Firenze alle 3 ore di notte: non fu molto grande.

E a dì 16 di luglio 1502, venne in Firenze el Capitano della giente franciosa con pochi cavagli; e la giente d'arme ch'era ancora con lui andorono per Mugiello ed a Dicomano. El Capitano alloggiò in casa e Pazzi, e 'l dì dopo desinare andò a vicitare la Signoria.

E in questo dì, ci fu come Vitellozzo s' era fuggito. E a dì 17 di luglio 1502, giunsono la giente de' Franciosi al Ponte a Sieve all'altro campo.

E a dì 18 di luglio 1502, si partì di quì el Capitano de' Franciosi, e caricoronsi l'artiglierie, e mandavansi su in campo in Valdarno.

E a dì 21 di luglio 1502, ci fu come el Capitano era andato in Arezzo e parlato con loro.

E a dì 25 di luglio 1502, ci fu come el Capitano de' Franciosi aveva fatto che noi riavessimo tutte le cose di là, eccetto ch'Arezzo. Parve al popolo non molta buona novella: pareva una cosa fuori d'ogni ragione.

E a dì 28 di luglio 1502, ci fu come el Re di Francia aveva citato tre uomini, Vitellozzo, Valentino e Pandolfo Petrucci di Siena.

E a dì 29 di luglio 1502, s'ammazzorono 150 Pistolesi fra uomini, donne e fanciugli. Non è mai giovato nulla con loro.

E a dì 30 di luglio 1502, ci fu come Vitellozzo aveva messo a sacco Arezzo.

E a dì 31 di luglio 1502, ci fu come Valentino contro a Vitellozzo.

E a dì 7 d'agosto 1502, s'impiccò un fanciullo da sè, in casa sua, ch'era de' Vettori.

E a dì 9 d'agosto 1502, mandorono commessari 'Arezzo che pigliassino le cose nostre ch' erano smarrite.

E a dì 11 d'agosto 1502, mandorono un bando che comparissi quì 50 Pistolesi d'una parte e 50 dell'altra,

sotto pena di rubello e d'essere confiscati e beni loro, fra quattro dì.

E a dì 12 d'agosto 1502, e Franciosi ch'erano in Arezzo e in quelle altre terre, facevano molte avanrie, e in Arezzo tolsgono loro l'arme e comandorono loro che non si partissino d'Arezzo sanza loro licenzia, e chi si volessi partire pagassi 200 fiorini. E fuvvi chi gli pagò e caricò 9 some e andavansene; e quando fu alla porta gli tolsono otto some e mandaronlo via con una sola. Vedi se le loro pazzie sono per esempio d'altri!

E a dì 15 d'agosto 1502, comparirono quì 100 Pistolesi e mandavasi là nostri fanti, e loro non avevano licenzia di partirsi di quì. Valeva el grano, in questo tempo, soldi 40.

E a dì 22 d'agosto 1502, ci venne un francioso mandatario del Re di Francia, per farci rendere le nostre cose; e a dì 24 andorono insieme co' nostri commessari.

E a dì 26 d'agosto, ci fu come gli avevano ripreso Arezzo, e come quegli principali aretini s' erano andati con Dio a Siena e altrove.

E a dì 26 d'agosto 1502, si vinse in Consiglio Maggiore si facessi un Doge a uso viniziano.

E a dì 27 d'agosto, s'accordorono e Pistolesi e tolsonsi loro le gabelle; e questo guadagnarono delle lor pazzie.

E a dì 2 di settenbre, venne una saetta in villa mia in su uno cerro, allato alla mia casa a 50 passi; e mondollo tutto e seccossi insino nelle barbe, nè mai rimisse.

E a dì 8 di settenbre 1502, si partirono e Franciosi d'Arezzo e andorono per la Valdelsa facendo danno assai.

E a dì 20 di settenbre, a questi dì e Franciosi erano ancora a San Miniato al Tedesco, e disfacevano per tutto dove passavano e non pareva che volessino uscire del nostro.

E a dì 21 di settenbre, ci feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Impruneta a fine che Dio ci concedessi un Doge buono e savio.

E a dì 22 di settenbre 1502, si ragunò el Consiglio, e feciono un Gonfaloniere a vita, che fu Piero di messer Tommaso Soderini; andò a partito più di 150, e vinsono solo tre, che fu messer Antonio Malegonnelle, e Giovacchino Guasconi e 'l detto Piero, e nell'ultimo partito rimase Piero di messer Tommaso Soderini detto, a laude di Dio; e di fatto mandorono per lui ch'era 'Arezzo e statovi tutta la guerra. Fu quello ch'andò a Milano per la giente del Re e condussela lui di quà, come uomo valente e buono. E quanto bene fu assunto a questa degnità, e quanto bene giudicò el magno Consiglio! Veramente fu da Dio tale opera.

E a dì 7 d'ottobre 1502, venne in Firenze Piero Soderini ch'era stato 'Arezzo, come è detto.

E a dì 12 d'ottobre 1502, in questi dì ci fu come 'l Papa a Roma era in discordia cogli Orsini e que' casati, in modo che 'l Papa s'era fuggito in Castel Sant' Agnolo; e a Bologna faceva giente per sospetto del Papa; e' Viniziani ne facevano a Ravenna.

E a dì 16 d'ottobre 1502, si fece certa lega contro al Papa e a Valentino, che fu messer Giovanni Bentivoglio e Vitellozzo e gli Orsini. E ripresono Urbino e sua castella.

E a dì 24 d'ottobre 1502, ci fu come molte castella di Romagna s'erano ribellate da Valentino, che fu Camerino e altre castella.

E a dì 31 d'ottobre, entrò el Cardinale di San Severino con molti cavagli; fugli fatto onore assai.

E a dì primo di novenbre 1502, in martedì, entrò Piero Soderini, gonfaloniere a vita, in Palagio insieme colla nuova Signoria. Fu in piazza tutto Firenze, come cosa nuova, mai più non fatta a Firenze. Parve che ognuno avessi speranza d'avere a vivere bene.

E a dì 13 di dicembre 1502, la notte, arse el tetto e' deschi de'beccai in Mercato Vecchio, e non fece danno alle botteghe.

E a dì 29 di dicembre 1502, fu riformato certe sante leggi contro al vizio innominabile e contro alla bestemmia; e altre buone leggi. E feciono che quando non fussino conosciute o punite dagli Otto o Conservadori, in

tal caso si debba andare innanzi e' Signori e Collegi e Dodici.

E a dì 3 di giennaio 1502, ci fu come Vitellozzo era stato morto in Città di Castello, e che Valentino aveva preso Sinigaglia; e più, che gli avisava quì di certi trattati.

E a dì 5 di giennaio 1502, ci fu come Valentino aveva preso Città di Castello e aveva morto Vitellozzo e un suo fratello ch'era prete notaio, e altri sua amici e parenti di Vitellozzo. Guarda come la divina giustizia paga alle volte el Sabato! vedi lo sterminio di questa casa: Pagolo quì tagliatogli la testa, e ora tutto el resto de'frategli. Non vi maravigliate: e'mi ricordo che messer Niccolò loro padre, essendo el principale della città e avendo vinto tutti e sua aversi della parte contraria, v'era restata una povera madre co'un fanciullo, la quale disse a questo suo figliuolo: Io voglio che tu vada innanzi a messer Niccolò e che tu ti getti ginocchioni e chiedigli perdonanza e misericordia, credendo che gli avessi misericordia alla purità del fanciullo; e fu tanto crudele e scelerato che si cavò da lato un coltello e di sua mano sì lo scannò e ammazzò. E più si disse che, essendo fuggiti in certe fortezze suoi nimici, che v'arse dentro donne e fanciugli e molta giente, che non volle n'uscissi persona. Guai a chi è crudele e non teme Dio.

E a dì 5 di giennaio 1502, ci fu come a Siena s'era scoperto trattato, e che Pandolfo aveva mozzo la testa a due cittadini, a uno de' Tagliacci, e preso uno degli

Scipioni. A questo modo fanno le maladette parte che non temono Iddio e credono avere a vivere sempre e essere loro quegli che ànno a recare el mondo: quest' è la maggiore ignoranza che sia, che pensano contro allo sperimento che non ànno bisogno di fede, e forse che n' è in Italia uno di questa ragione!

E a dì detto, ci fu come el Papa aveva preso el Cardinale Orsino e 'l Vescovo di Firenze ch' è degli Orsini.

E a dì 11 di giennaio 1502, ci fu ambasceria Sanese alla Signoria, a dimandare aiuto perchè Valentino veniva a' danni loro; e fu risposto che noi non possiamo muovere contro al Re, e che noi siamo in un medesimo caso di loro.

E a dì 15 di giennaio 1502, ci fu come Pandolfo s'era partito di Siena e' suoi figliuoli.

E a dì 22 di giennaio 1502, ci fu come Valentino era in quel di Siena presso a Buonconvento.

E a dì 30 di giennaio 1502, si bandì una processione che si dovessi fare per reverenza della Cappa di San Francesco che s'era avuta dal castello di Monte Aguto, perchè se gli era tolto el castello e disfatto da' Fiorentini perchè ci fu contro ne' casi d'Arezzo. Onde, venendo nelle mani de' Frati Osservanti di San Miniato, s'ordinò detta processione per Firenze, innanzi detta Cappa la quale era molto vecchia e consumata. Fu fatta con grande divozione, gli andò dietro tutto Firenze, e poi si portò all' Osservanza di San Francesco di San Miniato, e quì sta.

E a dì 30 di giennaio 1502, ci fu come Pandolfo Petrucci se n'era andato a Lucca, e che Valentino stava fermo alla 'mpresa di Siena, benchè, con disagio di vettovaglia, a disagio.

E a dì 2 di febbraio 1502, ci passò 400 fanti di quei di Valentino ch'erano tedeschi, ch'erano licenziati da lui: e lui aveva rimessi in Siena usciti e fatto accordo, e che lui se n'andava alla volta di Roma.

E a dì 3 di febbraio 1502, andò a procissione la Cappa di San Fancesco; fugli fatto grande onore, tutte le compagnie e regole di Firenze; e fu posata alla Piazza de' Mozzi e fatto quivi un palco con colonne grandi come si fa a San Felice quando viene Nostra Donna di Santa Maria Impruneta. E quivi gli andò incontro la processione; e portata a San Miniato all' Osservanza, dove si debbe riposare e stare.

E a dì 8 di febbraio 1502, fu fornito el tetto de' beccai di Mercato Vecchio, e fattovi intorno le botteguzze.

E a dì 19 di febbraio 1502, andò la donna del Gonfaloniere, ch'à nome madonna Argentina, in Palagio de' Signori, albergo e per stanza, la prima volta. E parve cosa molto nuova vedere abitare donne in Palagio.

E a dì primo di marzo, arsono tutte le scritture de' Cinque del Contado: fu grande danno e scandolo. Valeva el grano soldi 35 lo staio. In questi temnpi fu gran piove, che durò 4 mesi alla fila.

E a dì 7 di marzo 1502, ci fu la lega fatta tra 'l re di Francia e di Spagna e Inperatore e Papa; e fecesi festa.

E a dì 11 di marzo 1502, ci fu come Valentino aveva preso un Castelluccio degli Orsini, che v'ammazzò parecchi Signori con una artiglieria che fece rovinare una casa, e morironvi sotto.

E a dì primo di maggio 1503, quì si faceva giente per Pisa.

E a dì 7 di maggio 1503, ci fu come gli Spagniuoli avevano ripreso nel Reame ogni cosa, che non restava se non Napoli.

E a dì 13 di maggio 1503, si faceva quì molta giente per a Pisa; e questa mattina fece la mostra in piazza Giampagolo Baglioni con 40 uomini d'arme, e andarono a Pisa. E tuttavolta mandavano fanti assai e facevano la mostra molti conestaboli, e più mandavano molti guastatori. El grano se n'andò in lire 3.

E a dì 24 di maggio 1503, ci fu come la Badia a San Savino era rovinata addosso a circa 60 guastatori, e dissesi ch' e Pisani l'avevano messa in puntegli a questo fine per giugnere questi alla schiaccia.

E a dì 29 di maggio 1503, fu morto el manigoldo dal popolo co' sassi al luogo della giustizia. Intervenne questo, che un certo banderaio, giovanetto, avendo morto un altro banderaio per una certa invidia, andò questa mattina a giustizia, e questo manigoldo non gli tagliò el capo nè al primo nè al secondo nè al terzo colpo; el cavaliere che gli era a lato gli dette due bastonate; e perchè egli

era un giovanetto di circa 20 anni quello che moriva, venne al popolo sì grande compassione che si levò un tumulto fra 'l popolo: A' sassi, a' sassi; per modo ch'e Battuti abbono alquanti colpi di sassi, e 'l cavaliere e chi v'era ebbe delle fatiche di scampare a gittarsi a terra del muro, in modo tale fu la furia del popolo che lo ammazzorono, e poi e fanciugli lo stracinorono insino a Santa +. Alcuni vollono dire che gli era intervenuto perchè gli impiccò e arse quei 3 Frati.

E a dì 30 di maggio 1503, si vinse in Palagio che 'l sale si comperassi 7 quattrini la libbra, bianchi, che dolse a' poveri assai: pure ànno pazienzia perchè si fusse men gravezze.

E a dì primo di giugno 1503, ci fu come el Vescovo de' Soderini era fatto cardinale, e fecesi gran festa e fuochi, panegli. E fecene el Papa circa 9 Cardinali.

E a dì 3 di giugno, passò di quaggiù da Campi la giente del Marchese di Mantova condotte da noi per a Pisa, che furono 100 uomini d'arme.

E a dì 4 di giugno 1503, ci fu come e Franciosi erano giunti a Pisa in nostro aiuto per modo ch' e Pisani stavano male. Valeva el grano in Pisa lire 4, soldi 15 lo staio, e non avevano potuto ricorne ch'era stato loro guasto.

E a dì 14 di giugno 1503, ci fu come avàmo Vico a patti.

E a dì 19 di giugno 1503, ci fu come avevàno preso la Verrucola.

E a dì 25 di giugno 1503, in sul correre del palio di Santo Lò, venne una acqua con tanta gragniuola in Firenze, e massime di là d'Arno, e ruppe tutte le tende di San Giovanni ed e canapi: fece gran danno.

E a dì primo di luglio 1503, rompemo e Pisani ch' avevano fatto una preda, e tolsonla loro. E poveretti stavano male.

E a dì 15 di luglio 1503, si mandò el cappello al Cardinale de' Soderini alla Badia di Fiesole, con molti cavagli e giovani; e a dì 16 entrò el Cardinale in Firenze, e dissesi la messa in Santa Maria del Fiore molto adornato, e divota.

E a dì 19 di luglio 1503, si cominciò a battere quattrini bianchi, e grossoni di 20 quattrini.

E a dì 28 di luglio 1503, ci fu come in Roma fu

assaltato el Cardinale di San Severino e lo Ambasciadore del Re di Francia da circa 40 travestiti colle maschere, e fu morto uno staffiere del Cardinale e ferito la mula del Cardinale.

E a dì 30 di luglio 1503, levorono la giente da quello di Pisa e mandoronle in quello d'Arezzo, perchè si diceva che Valentino veniva in qua. Furono troppo leggieri a muovere.

E a dì 4 d'agosto 1503, giunse e Franciosi in quello di Pescia, e poi qui a San Donnino, ch' erano Franciosi, Mantovani e Ferraresi, mandati dal Re a soccorrere el Reame.

E a dì 13 d'agosto 1503, giunse a Dicomano 4mila cavagli franciosi per andare nel Reame: alloggiorono per le ville, e io n'ebbi al luogo mio; avemo tra me e al Moro 24 cavagli, ch'ebbi a dare le spese a tutti. Andovvi Benedetto, e fece loro onore el meglio che potette, con pericolo della vita a sopportargli: gli vollono dare più volte.

E a dì 14 d'agosto, si partirono e alloggiorono al Ponte a Sieve. Andavano via presto, chè bisognava loro.

E a dì 19 d'agosto 1503, ci fu come el Papa era morto alle 23 ore; e a dì 20 si sonò le campane per la sua morte.

E a dì 21 d'agosto 1503, ci fu come Valentino era morto con 4 Cardinali. Non fu vero, non morì se none

un Cardinale; e dissesi che Valentino aveva avvelenato fiaschi di vino, e che quello Cardinale morì di quello: e più s'è detto, che 'l Papa n'aveva bevuto anche lui, in iscambio d'altri fiaschi. Per avvelenare e Cardinali, avvelenò el suo padre. Se fu vero o no, lo sa Iddio; tant'è, che fu un dì o dua da l'uno all'altro a morire. Vedi questo Valentino dove si truova al presente, con tanti nimici che gli verranno addosso!

E a dì 26 d'agosto 1503, ci passava più Cardinali ch' andavano via a Roma per staffetta: infra gli altri, uno gli cadde un cavallo addosso, e ruppesi una gamba a Montebuoni, e rimase qui in Firenze a medicarsi.

E a dì 29 d'agosto 1503, giunse quì 4 mila fanti Svizzeri, e alloggiorono alle porte, di fuori; mandati dal Re di Francia per soccorrere el Reame: e ogni dì passava giente del Re di Francia pe' reame.

E a dì 31 d'agosto 1503, ci fu come el Signiore di Piombino aveva ripreso Piombino.

E a dì primo di settenbre 1503, ci venne el Signiore di Mantova, e alloggiò in casa quegli del Tovaglia, soldato dal Re. E a dì dua si partì, e andò verso el Reame di .... Faceva el Re grande isforzo di giente, che mandava ogni dì.

E a dì 4 di settenbre 1503, ci passò el Cardinale di San Giorgio, e non si fermò in Firenze: andava via in furia.

E a dì 5 di settenbre 1503, giunse qui monsignore della Tramoia; alloggiò in casa e Salviati. Andava via con furia nel Reame, mandato dal Re.

E a dì 7 di settenbre 1503, giunse qui tre Cardinali; che fu Ascanio, Roano e Aragona: alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni; e desinato, cavalcorono via.

E a dì 12 di settenbre 1503, venne in Firenze, in manco di mezz'ora, 6 o 7 saette: infra l'altre, ne venne una in su la Porta di San Piero Gattolino, e dètte in su uno San Giovanni e mandogli la croce per terra, e in Via Gora ne venne un'altra, e in più luoghi della città; e non tanto dentro, quanto ancora di fuori. A Peretola, sendo per la strada uno Bartolommeo Nelli, a cavallo, gli cadde addosso la saetta, e ammazzò lui e 'l cavallo; e uno altro cavallo, che gli era un poco adietro, isbalordì; e 'l cavallo diventò zoppo: e dissesi di due altri morti, uno al Poggio a Caiano, e uno a Calenzano; e in Mugiello, in una casa, uno uomo e una donna e fanciugli morì.

E a dì 16 di settenbre 1503, entrorono e Cardinali in conclave; e prima disse una messa dello Spirito Santo un Cardinale innanzi al corpo di San Piero; e fatto un bello sermone si rinchiusono; e furono 38 Cardinali.

E a dì 23 di settenbre 1503, fu fatto el Papa el Cardinale di Siena. Fu creato a dì 21 a ore 14, e chiamossi Papa Clemente; poi si disse Papa Pio terzo.

E a dì primo d'ottobre, ci fu come e Franciosi erano passati Roma, e come Valentino aveva dato a' Franciosi 200 uomini d'arme, e altrettanti se n'aveva serbati. El canpo degli Spagniuoli si faceva incontro, ed erano appresso. Aspettavasi ogni dì sentire qualche grande rotta.

E a dì 6 d'ottobre 1503, venne Valentino in Roma, ammalato in cataletto, col resto di sua giente.

E in questo tempo valeva el grano soldi 36 lo staio, e 'l vino valeva di fuori soldi 15 el barile.

E a dì 15 d'ottobre 1503, ci fu come gli Orsini avevano voluto ammazzare Valentino in Roma; e che presono uno Raffaellino de' Pazzi, ch'era con lui, fiorentino, ch' era a cavallo armato, e legatolo in sul cavallo, lo gittorono nel Tevere. Valentino fu avisato e messo in Castello Sant'Agnolo. E dicevasi che tutti e romani Orsini erano dagli Spagniuoli, e che 'l Marchese di Mantova s'era tornato indietro in Roma; e come e Franciosi si morivano di fame, e chi si fuggiva di qua e chi di là: el canpo loro indeboliva, e gli Spagniuoli pigliavano animo assai. Pensa dove si trovavano e Franciosi!

E a dì 20 d'ottobre 1503, ci fu come Papa Pio era morto, o morì ieri a dì 19 a ore 18; e in detto dì si sonò le campane. Visse manco d'un mese.

E a dì 24 d'ottobre 1503, andò Antonio mio figliuolo a Studio a Bologna per farsi dottore in medicina.

E a dì 30 d'ottobre 1503, entrorono e Cardinali in conclavi per fare el Papa.

E a dì 2 di novenbre 1503, ci fu come 'l Papa era fatto, e fu San Piero in Vincola gienovese. Fu qui le nuove a ore 18, e sonossi le campane all'ave mania; e fu fatto ieri a ore 3, e chiamossi Papa Giulio II. Fecesi gran festa.

E a dì 14 di novenbre 1503, ci fu come e Viniziani avevano preso tutta Val di Lamona, e come gli avevano una rôcca di Faenza.

E a dì 17 di novenbre 1503, ci fu come e Franciosi s'erano appiccati cogli Spagniuoli, e come v'era morta molta giente, ma più de' Franciosi.

E a dì 21 di novenbre 1503, ci fu come e Viniziani avevano avuto Faenza, e feciono loro questi patti: esenti 10 anni la città, e 20 anni el contado.

E a dì 28 di novenbre 1503, ci fu come Valentino era stato preso ad Ostia e mózzogli la testa; e dicevasi che voleva dare la Romagna a' Viniziani, e passare di qua colla sua giente, perchè si vedeva spacciato, sanza aiuto, e nimico d'ogniuno. Non fu vero che fussi morto.

E a dì 29 di novenbre 1503, ci fu come don Michele, conduttore delle gienti di Valentino, era stato preso qua in verso Città di Castello e 'l Borgo, e svaligiato tutta sua giente d'arme.

E a dì 5 di dicenbre 1503, venne don Michele preso in Firenze. Vedi se Valentino rovinava affatto! e se gli era pagato del lume e de' dadi delle sue crudeltà.

E più c'era ch' e Viniziani avevano preso Imola, e così gli toglievano ogni cosa di Romagna. Halla goduta manco del conte Girolamo. Queste povere città della Chiesa, di Romagna, ogni dì ànno queste rivoluzioni, e non si possono riposare.

E a dì 9 di dicenbre 1503, venne in Firenze el Marchese di Mantova, che veniva del Reame: aveva lasciati e Franciosi, perchè vedeva gran pericolo nella fame e aspra guerra; e andossene a Mantova l'altro dì. Dicevano ch'avevano fatto tregua el Re e gli Spagniuoli.

E a dì 18 di dicenbre 1503, venne in Firenze el Cardinale di Roano, con un suo nipote fatto cavaliere di

nuovo: alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni; e quali se n'andavano in Francia: e più si tornava a Ferrara el Cardinale di Ferrara.

E a dì 28 di dicenbre 1503, si partirono di qui e nostri Ambasciadori ch' andavano a Roma al Papa nuovo, che furono, el Vescovo de' Pazzi, el Maggiore dell'Altopascio, e Matteo Strozzi, e Tommaso Soderini, uno de'Girolami, e messer Antonio Malegonnelle.

E a dì detto, ci fu come a Roma avevano isquartati due uomini ch' erano stati avelenare quel Cardinale. E così s' era fuggito dua Cardinali, che fu uno quel mandatario che venne qui ammazzare quei tre Frati e ardergli. E così Valentino era stato collato a Roma. E qui si teneva ancora don Michele.

E a dì 5 di giennaio 1503, ci fu come e Franciosi erano stati rotti e morti gran quantità, e perduto Gaieta, che l'ebbono per forza.

E in detto dì, affogò Piero di Lorenzo de' Medici con molti baroni franciosi, nel fuggire di Gaieta, ch'era in Gaieta; e capitorono male tutti e Franciosi.

E a dì 7 di giennaio 1503, venne in Firenze 50 cavagli mandati dal Papa per menarne don Michele: e alli 9 ne lo menorono, el detto don Michele, a Roma. E più si disse ch' era preso quel Cardinale, che si chiamava Niccoletto, el quale venne qui innanzi fussi cardinale, mandato da Papa Alessandro a giustiziare quei tre Frati di San Marco, dell'Ordine di San Domenico, che fu fra Girolamo da Ferrara, e frate Domenico da Pescia, e uno altro fra Salvestro; e fecegli ardere. E dissesi che per avere fatto tal benefizio al Papa diventò cardinale; e forse non fu vero.

E a dì 10 di giennaio 1503, ci fu come e Pisani presono una brigata di fanti, di quegli di Livorno, e fuvvi un Borgo Rinaldi fiorentino; e questo fu che gli andorono aizzare tanto gli trassono fuori, e, rinculando, gli missono in mezzo; e furono tutti presi.

E in questi tempi freddi, s'era fuggiti del Reame molti Franciosi, chi aveva potuto, tutti isvaligiati e ignudi: n'era in quel di Roma molte migliaia che

morivano per le fosse di fame e di freddo, che non trovavano chi gli aiutassi, per le loro crudeltà che gli avevano fatto di mettere le città a filo di spada e saccheggiare ogni cosa; e per permissione divina morivano in Roma ne' monti del letame; ignudi entravano nel letame per freddo: e se non fussi che 'l Papa fece fare 300 o 400 saltambarca, e dettene a ognuno uno, e dètte loro danari e misegli in galea che passavano di là in Francia, sarebbono tutti morti. A ogni modo, ci fu come n' era morti più di 500 di freddo: ne' monti del letame ignudi si trovavano morti la mattina. Per Roma entravano nelle case, quando ne trovavano una aperta, e non se ne potevano cavare; davano loro delle mazzate, non ne gli potevano cavare; dicevano: ammazzaci. Non fu mai fatto tale sterminio. E nondimeno el Re non gli mandava aiutare, s'era dimenticato di loro; perchè così fa la giustizia di Dio, perchè vanno per ammazzare altri e rubare; e sono tutti bestemmiatori con tutti e vizi, sanza fede o timore di Iddio.

E a dì 4 di febbraio 1503, ci fu come e Viniziani avevano preso Furlì, e così non v'era contradizione.

E a dì 7 di febbraio 1503, ghiacciò Arno; fu gran freddo. E a dì 12 di febbraio 1503, venne un Cardinale in Firenze, ch'era nipote del Papa, ch'aveva avuto el suo cappello; e alloggiò in casa Guglielmo de' Pazzi.

E a dì primo di marzo 1503, ci fu come la lega del Re di Francia col Re di Napoli era rotta.

E a dì 14 di marzo 1503, andò a giustizia una fanciulla che stava per fante con uno miniatore; la quale ingravidò e fece una fanciulla femmina, e ammazzolla e gittolla giù per un cesso. El votacesso, che fu Bardoccio, trovò questa bambina e portolla agli Otto; e di fatto fu presa detta fanticella: e colui ch'aveva usato con lei si fuggì; e la detta fanciulla andò in su uno carro, e fulle tagliata la testa.

E a dì 31 di marzo 1504, si vinse che le robbe che venivano di quel di Lucca pagassino 20 per cento.

E a dì 21 d'aprile 1504, si consecrò la chiesa di San Francesco da San Miniato, ch' era fornita di tutto.

E a dì 28 d'aprile 1504, ci passò una ambasceria del Re d'Inghilterra ch' andava al Papa.

E a dì 3 di maggio 1504, giunse qui molti cavagli romani, ch' avevano soldati costoro, e facievano molti fanti per a Pisa.

E a dì 11 di maggio 1504, fece la mostra Giampagolo Baglioni con 100 uomini d'arme e molti balestrieri a cavallo: e ghindoli! è bella compagnia ; e andò via a Pisa.

E a dì 14 di maggio 1504, si trasse dell'Opera el gigante di marmo; uscì fuori alle 24 ore, e ruppono el muro sopra la porta tanto che ne potessi uscire. E in questa notte fu gittato certi sassi al gigante per far male; bisognò fare la guardia la notte: e andava molto adagio, così ritto legato che ispenzolava, che non toccava co' piedi; con fortissimi legni, e con grande ingegno; e penò 4 dì a giugnere in Piazza, giunse a dì 18 in su la Piazza a ore 12: aveva più di 40 uomini a farlo andare: aveva sotto 14 legni unti, e quali si mutavano di mano in mano; e penossi insino a dì 8 di giugno 1504 a posarlo in su la ringhiera, dov'era la Giuditta, la quale s'ebbe a levare e porre in Palagio in terra. El detto gigante aveva fatto Michelagnolo Buonarroti.

E a dì 23 di maggio 1504, venne in Firenze una influenza d'una tossa con freddo, che, de' cento, e novanta dentro e di fuori tossivano ed avàno la febbre: pochi ne morì: bastò più mesi. Non si trovava medicina che la guarissi, se non col tempo.

E a dì 30 di maggio 1504, ci fu come noi avemo Librafratta a patti, salvo l'avere e le persone; e Pisani

che v'erano drento rimasono nostri prigioni, con patto di scambiare quegli avevano in Pisa de' nostri.

E a dì primo di giugno 1504, si pose a la colonna di Mercato Vecchio un ferro da mettere in gogna e tristi, che non v'era più stato.

E a dì 16 di giugno 1504, fu finito questo palagio degli Strozzi, questa mezza parte; e menovvi moglie dentro Lorenzo di Filippo Strozzi, e fece molte belle nozze e begli apparati.

E a dì 29 di giugno 1504, ci fu come e nostri di Pisa avevano fatto una preda a' Pisani, e presi 35 cavagli ch'erano usciti di Pisa, e fu preso loro uomini di capo, che fu el Berzighella; e ferito Rinieri della Sassetta e altri.

E a dì primo di luglio 1504, e nostri di Pisa feciono una grande preda in quello di Lucca, e morti molti uomini lucchesi; e tolsono loro una preda di vettovaglia che portavano a' Pisani; e corsono a' magazzini de' Lucchesi a Viareggio, e ruborono e arsono tutti, e feciono una preda di 25 migliaia di fiorini.

E a dì 3 di luglio 1504, venne in Firenze 5 prigioni de' pisani; e ve ne fu uno che si chiamava el Berzighella che dette avviso come stavano e Pisani.

E a dì 3 di luglio 1504, giunse a Livorno 3 galee, che venivano di Francia in nostro benefizio.

E a dì 7 di luglio 1504, venne in Firenze el Duca di Ferrara e alloggiò in casa sua. Veniva alla Nunziata, e non volle presenti; e a dì 8 detto se n'andò.

E a dì 19 di luglio 1504, ci fu come le nostre galee di Livorno avevano combattuto co' navili gienovesi che portavano grano in Pisa, e ruppongli in modo che non vi andorono, eccetto ch' un brigantino che portò biscotto ch' era fracido. E poverini stavano male, perchè valeva qui el grano soldi 48 lo staio; loro l' avevano a lire 4.

E a dì 28 di luglio 1504, ci fu come e Pisani mandavano a pascere loro bestiame un poco di fuori, e come e nostri lo tolsono loro. Stavano male; e nondimeno più ostinati che mai; e non potevano uscire di fuori a fare nulla, nè poterono ricorre e loro grani.

E a dì 29 di luglio 1504, ci fu una cosa da non la scrivere, pure si diceva espressamente molti dì, tanto e da molti, ch' i' la dirò; e quest'è, che gli era veduto da molti apparire in su 'n un prato presso a Bolognia molta giente d'arme; e mandando messer Giovanni a sapere queto che volevano, uno andò a loro e lasciò gli altri. Fu veduto, come giunse, tagliarlo a pezzi; e poco stante colui tornare, e dire non avere veduto nuda E chi vedeva, vedevano d'un bosco uscire prima un trombetto e poi la fanteria, e poi la giente d'arme; e giunti in sul

prato s'azzuffavano e morivavi molta giente: di poi tornavano nel bosco; di poi uscire di quel bosco molte carrette e ricoglievano e morti e portavangli al bosco. Questo vedeva molta giente discosto una occhiata; e come andavano presso, non vedevano nulla: e questo fu veduto più volte. Si disse che significava grande uccisione di coltello.

E a dì 22 d'agosto 1504, si mise mano a volgere Arno a Livorno, poi si lasciò stare.

E a dì 8 di settenbre 1504, fu fornito el gigante in Piazza, e scoperto di tutto.

E a dì 28 di settenbre, valse el grano lire 3 lo staio.

E a dì 19 d'ottobre 1504, andava una bella sementa; tornò el grano a soldi 50.

E a dì 21 d'ottobre 1504, ci fu come costoro levavano la giente da Pisa, e Pisani attendevano a' ripari.

E a dì primo di novenbre 1504, venne a Bibbiena un tremuoto sì grande che fece rovinare più case, e morivvi due uomini e molti ne guastò; e disse, alcuni che vi si trovorono, che in sul mercato che si rompevano l'uova e le stoviglie.

E a dì 12 d'ottobre 1505, ci fu come quegli di Barga dettono una rotta a' Pisani, e presono di loro molti cavagli e molti uomini pisani.

E a dì 20 di novenbre 1505, si pose una Santa Caterina con una ruota in capo in su la porta ch'è a mezzo la scala nel palagio del Podestà, che va su nel palagio, partendosi della corte; in memoria dell'ordine avevano

di tenere 4 dottori a giudicare e casi del palagio del Podestà, che si chiamavano la Ruota: e in questo dì si cominciò un tale ordine.

E a dì 20 di dicenbre 1505, dètti a Simone del Pollaiuolo un ricordo e un disegno, perchè egli era architettore, e parvemi che lui fussi atto a conducere questa mia invenzione; e questo fu, che in quello luogo dov'è San Giovanni Evangelista in Firenze, si dovessi fare un bello tempio e una bella cupola a onore di San Giovanni Vangiolista, e per gloria di Dio e della nostra città, dandogli questo disegno, che levando tutte le case e botteghe, quanto tiene la Piazza di San Lorenzo, ch'è un quadro di circa 100 braccia per ogni verso, si farebbe un bello tempio che arebbe queste condizioni: dirimpetto a San Lorenzo e in su la strada, e che noi avessimo un avvocato in paradiso con San Giovanni Batista che fu el diletto di Cristo e suo fratello, secondo la carne, che in vita eterna non è manco. E così gli detti ad intendere tutta mia fantasia, onde gli piacque assai e dissemi più volte non aver mai avuto più bella invenzione; e disse come credeva di poterla mettere innanzi a chi potessi: gli pareva mille anni.

E a dì 9 di giennaio 1505, cadde una colonna di sul campanile di Santa Maria del Fiore da una finestra delle più basse di verso la cupola, e presso non dette a uno cittadino; dissono avergli tocco e panni.

E a dì 14 di giennaio 1505, ghiacciò Arno in modo che vi si fece su alla palla, e giovani.

E a dì 24 detto, andò a giustizia un giovane, e fu inpiccato; e medici e scolari dello Studio, che c' era molto copioso di dottori e valentuomini, lo chiesano agli

Otto per fare una notomia, e fu conceduto loro; e fecionla in Santa + in certe loro stanze, e durò insino a dì primo di febbraio 1505, ogni dì due volte. Vi furono e medici e fuvvi anche il mio maestro Antonio, ogni dì, a vedere.

E a dì 24 di giennaio 1505, si scoprì la gravezza.

E a dì 15 di febbraio 1505, fece la mostra in Piazza 400 fanti e quali aveva ordinati el Gonfaloniere, di nostri contadini, e dava loro a ogniuno un farsetto bianco, un paio di calze alla divisa, bianche e rosse, e una berretta bianca, e le scarpette e un petto di ferro e le lance, e a chi scoppietti; e questi si chiamorono battaglioni; e dava loro un conestabole che gli guidassi e insegnassi adoperare l'arme. E questi erano soldati e stavansi a casa loro obrigati, quando bisognassi che sieno mossi; e a questo modo ordinava di farne molte migliaia per tutto el contado in modo che non bisognassi avere de' forestieri. E così fu tenuto la più bella cosa che si ordinassi mai per la città di Firenze.

E in questo tempo si fece e muricciuoli intorno alla piazza di Mercato Vecchio; benchè non piacessi a molti. Tornò el grano a soldi 28 lo staio.

E a dì 17 di marzo 1505, gli Otto dettono bando della testa a uno ch' aveva fatto questa sceleranza, e furono più, se non compariva, e quali ebbono animo a

minacciare un padre se non dava loro el figliuolo. Non altrimenti feciono e giovani di Soddoma a Lotto, che chiedevano gli angeli a Lotto. E anche a questo meriterebbono quel medesimo che seguitò loro. Mal volentieri n'ò fatto ricordo, perch' è 'l vizio innominabile. Dio mi perdoni.!

E a dì 18 di marzo 1505, si bandì el perdono di Santa Maria del Fiore, raffermato da papa Giulio Secondo, come fu di prima, 1481, di colpa e pena.

E a dì primo d'aprile 1506, tolsono al soldo don Michele, che fu condottiere di Valentino, e fu qui in prigione.

E a dì 10 d'aprile 1506, fu el giubileo a' Servi, alla Nunziata: e cominciò a dì detto, el Venerdì Santo, a vespro, insino a vespro del Sabato Santo.

E a dì 11 detto, cominciò el giubileo anche a Santa +, el Sabato Santo, e dura tre dì, insino a lunedì al tramontare del sole; pure da papa Giulio.

E a dì 19 d' aprile 1506, fece la mostra don Michele con 100 fanti e 50 cavagli, di balestrieri e stradiotti.

E a dì primo di maggio, lo mandorono in Casentino e arse case; e più lo mandorono a Dicomano per certe brighe, e arse le case e rovinò a que' dalla Nave.

E a dì 2 di maggio 1506, valse el grano soldi 20.

E a dì 18 di maggio 1506, fece la mostra qui Luzio Savelli con 50 uomini d'arme e altri cavagli leggieri per andare a Pisa a dare el guasto.

E a dì 4 di giugno 1506, feciono la mostra e fanti da Dicomano e dal Ponte a Sieve, che furono 800.

E a dì 4 di detto, andorono e fanti da Dicomano a Pisa.

E in questo dì, mi venne al luogo mio a Vegna una saetta appresso alla casa, e passò in su una quercia molto grande, la quale non se n'avide persona, nè gli fece graffio veruno; non si vide. E in fra pochi dì si cominciò a vedere le cime di sopra, ch'era piena di ghiande, a diventare passe, e ogni dì si vedeva seccare più giù, in modo che in manco d'un mese si seccò insino nelle barbe, che mai più non à rimesso dal piede.

E a dì 10 di maggio 1506, fu finito di porre la Giuditta in sulla Loggia do' Signori, sotto el primo arco verso Vacchereccia.

E a dì 22 di giugno, si stracciorono le tende di San Giovanni e rovinorono un tetto in su quel canto de' Cialdonai, per grandi venti.

E a dì 24 di giugno, il dì di San Giovanni, si ruppe una ruota al carro del palio di San Giovanni, quando andava alle mosse; e la mattina, quando andò a offerire el palio in su la piazza, cadde la crocellina di mano a San Giovanni che sta in su la stanga del palio. Parve a molti cattivo segnio.

E in questi dì fu novità in Gienova, al popolo ne mandò e ammazzorono molti de' grandi, e molti se ne fuggì.

E a dì primo d'agosto 1506, valse el grano soldi 17 lo staio.

E a dì 5 d'agosto 1506, ci fu come e Pisani furono rotti e presi di loro assai, e ben 40 cavagli; o vennono in Firenze molti prigioni pisani.

E a dì 4 di settenbre 1506, ci fu como el Papa era giunto a Perugia con molti cardinali e giente d'arme; e mandò qui un suo mandatario a chiedere.

E a dì 6 di settenbre 1506, si partì di qui el Cardinale di Roana ch' andava al Papa e veniva di Francia; alloggiò in casa Giovanni Tornabuoni.

E a dì 8 di settenbre 1506, s'ammazzò uno da sè, che si tagliò el capo, perchè aveva perduto 18 ducati.

E a dì 11 di settenbre 1506, si partì di qui nostri ambasciadori e andorono a Piombino a vicitare el Re di Napoli ch' andava a pigliare el regno.

E a dì detto, si riammattonò la chiesa della Nunziata de' Servi, e misono le sepolture da lato per ordine, e nel mezzo alzorono un poco, con certi compassi triangolati missono per mezzo della chiesa.

E in questi tenpi si faceva el cornicione intorno al tetto della chiesa di Santa Maria del Fiore dal lato del campanile, alto alla gronda del tetto.

E a dì 20 di settenbre 1506, ci fu come el Papa era giunto a Urbino, e 'l Re di Napoli era giunto a Napoli.

E a dì 24 di settenbre, si vinse in Palagio che le gabelle di Dogana e de' Contratti pagassi più.

E a dì primo d'ottobre 1506, ci fu come el Papa era giunto a Cesena, e come gli aveva bandito la guerra contro a' Viniziani.

E a dì 29 d'ottobre 1506, ci fu come messer Giovanni Bentivogli fu cacciato da Bologna e andossene a Mantova, e fu preso da' Franciosi, sotto la fede del salvoeondotto; si disse.

E a dì 3 di novenbre 1506, ci fu come el Papa era entrato in Bologna d'accordo. Non fu vero.

E a dì 4 di novenbre 1506, venne una saetta in sul monasterio di Santa Caterina e ammazzò una monaca, e due altre stettono per morire; e così uno cittadino che era alla porta sbalordì, cioè alla grata; e poi ne morì una altra di quelle monache, che fu una figliuola di Niccolò Michelozzi; e l'altra fu figliuola di Bartolommeo Ricciardi, le quali erano all'orazioni.

E a dì 11 di novenbre 1506, venne un tremuoto in Firenze allo 9 ore. Non fu molto grande.

E a dì detto, el dì di San Martino, entrò el Papa in Bologna d'accordo.

E a dì 12 di novenbre 1506, venne 2 altri tremuoti alle 9 o 10 ore.

E a dì 13 di novenbre 1506, cioè la sera circa a 24 ore, qui a San Michele Berteldi, una figura di Nostra Donna, ch'è sopra uno uscio, si cominciò a dire ch' ella aveva fatto miracoli e serrato gli occhi, ch' era dirimpetto all'uscio della stufa. Parve ch'ella dicessi non volere vedere le disonestà che e' vi si fa, in modo che non fu l'altro dì che vi si accese tante candele e venne in gran reverenza per modo che vi si fece un muro e come una chiesa; e se non fussi che 'l luogo di quella stufa è disonesto alle donne andarvi, sarebbe andato più donne; e nondimeno vi venne molte immagini di cera e dimolte vota.

E a dì 27 di novenbre 1506, fu inpiccato qui due pisani alle finestre del Bargello, che v'era un certo capo di Pisa degli Orlandi, ch'erano stati qui prigioni più mesi; e perchè a Pisa presono un nostro caporale volterrano e fu tagliato a pezzi in Pisa e stracinato per la città, e per questo si messono qui a inpiccare questi due.

E a dì 31 di dicenbre 1506, ci fu come gli usciti di Gienova erano entrati dentro e morto molta giente popolani; a questo modo va el mondo.

E a dì primo di giennaio 1506, uscirono fuori e quattrini neri che gli avevano battuto di nuovo, e feciono che non si potessi spendere niuna moneta forestiera eccetto ch' arienti di peso.

E a dì 15 di febbraio 1506, el dì di carnasciale, alla Piazza di Madonna, rizzando uno stile per cappannuccio, cadde e ammazzò di fatto due garzonetti.

E a dì 17 di febbraio 1506, venne in Firenze cinque pisani che furono presi in mare in su uno brigantino a Livorno, de' principali di Pisa.

E a dì 22 di febbraio 1506, venne in Firenze el Cardinale de' Soderini che veniva da Bologna dalla Corte. E in questi dì si partì el Papa da Bologna e andò per la Romagna a vicitare l'altre terre della Chiesa.

E a dì 25 di febbraio 1506, venne in Firenze el Cardinale di San Giorgio, che veniva da Bologna; alloggiò

in Cestello. E l'altro dì venne due altri Cardinali che venivano da Bologna, che fu Santa Pressedia e Sanmalò.

E a dì primo di marzo 1506, si mostrò e scoperse la Nunziata de' Servi a questi 4 Cardinali, la sera alle 24 ore, con grande divozione e grida misericordia, perchè vi [era] piena la chiesa, ancora che si facessi molto secretamente, che se si sapessi per la terra, sarebbe cosa da affogarvi el popolo.

E a dì 22 di marzo 1506, venne in Firenze 2 prigioni pisani, e avevano preso dimolti altri prigioni e bestiame assai, e ogni dì ne pigliavano.

E a dì 29 d'aprile 1507, ci fu come el Re di Francia aveva preso Gienova per forza, con aiuto degli usciti di Gienova.

E in questi dì el Papa si partì da Viterbo e andò a Roma.

E a dì 29 d'aprile 1507, ci fu come e Pisani avevano avuto da' nostri una scorreria e preso molto bestiame, in modo ch' e poveretti stavano male.

E in detto dì, ci fu come el Re di Francia si partiva da Gienova e andava a Milano, e come pose a' Gienovesi 300 migliaia di fiorini di taglia e che dovessino fare un muro dal Castelletto alla marina, e alla marina una fortezza; e che lui vi avessi a mandare uno governatore pagato da loro, e pagare 200 provigionati continuamente, e come lasciava loro 100 mila ducati e non ne voleva se non 200 migliaia.

E a dì 18 di maggio 1507, ci passò uno Cardinale

che portava 3 cappegli al Re di Francia a Milano per dargli a' sua amici.

E a dì 23 di maggio 1507, entrò el Re di Francia in Milano e fece fare giostre e feste, e andogli incontro mille giovani armati di tutte arme, eccetto che gli elmetti in testa, co' cavagli grossi.

E in questo dì si cominciò a mattonare la Piazza de' Signori, cioè a rammattonare.

E in questo dì ci furono e capitoli dell'accordo de' Pisani, se sarà da dovero.

E a dì 15 di luglio 1507, andò el Re di Francia a Savona e quivi s' accozzorono insieme col Re di Napoli e intesonsi insieme; e dicevasi che lo 'mperadore passava di qua, e come e Viniziani facevano giente, e che gli avevano gran sospetto.

E a dì 15 di luglio 1507, ci fu come l'Imperadore aveva fatto una dieta e consiglio di molti Signori, e come

s'era fermo che per niente si mancassi che e' non venissi per la corona; e che quei Signori facevan 160 migliaia di combattenti e 22 migliaia di cavagli, e ch' e Viniziani e 'l Papa s' intendevano con lui, e ch' e Viniziani facevano molta giente.

E a dì 25 di luglio 1507, non si potè correre el palio delle navi perchè non era quasi punto d'acqua in Arno. Era stato parecchi mesi sanza piovere, non si poteva macinare; e ricolsesi poche biade, e per il contado erano mancate molte fonte vive.

E a dì 2 d'agosto 1507, come piacque a Dio mio, arse la casa mia dove abitavo, appresso alla bottega, che vi è in mezzo una casa, e perdetti tutte le mie camere, che v'avevo dentro ogni mia cose, che perdetti più di 250 ducati d'oro. Ebbi a rifare tutte le mie masserizie di panni e di legniame, 3 camere fornite di tutto, che toccò a perdere, solo a maestro Antonio mio, più di 50 o 60 ducati; un mantello rosato, una cioppa pagonazza, nuovi, e tutti sua altri panni e farsetti di seta, e tutto el suo studio di tutti sua libri che valevano più di 25 ducati. E io con tre altri mia figliuoli rimanemmo in camicia; e più forte, chè Batista uscì del letto ignudo come nacque, perchè s'appiccò el fuoco nel letto dov'egli era a dormire, e andò fuori per la vicinanza a farsi dare una camicia. Non iscampai nulla senone quello ch' avevano le donne in villa e maestro Antonio ch' era con loro, e non si trovorono a vedere sì fatto dolore circa la nostra sensualità. Ma perchè io accetto l'avversità come la prosperità, e così dico gran mercè dell' una come dell'altra al

Signiore; pertanto io prego che mi perdoni e miei peccati e mandimi tutte quelle cose che sono per sua gloria. Sia sempre laudato Iddio da tutte le creature; e con questa medicina ognuno può curare ogni infermità e pene; si può imparare dal santo Giobbe che disse: quel medesimo Signiore che me le diè, quel medesimo me l'à tolte: sia laudato Iddio.

E a dì 18 d'agosto 1507, venne in Firenze el Cardinale di Santa +, ch'era legato e andava ambasciadore all'Imperatore: fugli fatto onore assai.

E a dì 24 d'agosto 1507, venne presi in Firenze 20 pisani e mettevangli nelle Stinche, e chi mandavano a lavorare al Poggio Inperiale.

E a dì 28 d'agosto 1507, ne venne presi altri 40 pisani e mandavangli legati insino al Poggio a lavorare.

E a dì 13 d'ottobre 1507, cadde la saetta in su la Porta al Prato e cavò una pietra dell'arco della porta,

che v'era scolpito dentro la croce, e appiccò el fuoco nella porta, e fu poi spento.

E a dì 14 d'ottobre, cadde una casetta appresso a Santa Trinita, e ammaccò tre persone, che ve ne fu uno legnaiuolo, figliuolo del Cortopasso, che vi faceva bottega.

E a dì primo di novenbre 1507, fu fornito el cornicione di marmo al tetto di Santa Maria del Fiore, verso el campanile, ch'e lungo el tetto.

E a dì 20 di febbraio 1507, ci fu come lo 'mperadore aveva preso una terra de' Viniziani e messola a sacco e a filo di spada, e ogni male.

E a dì 31 di marzo 1508, ci fu lettere alla Signioria come, nelle montagne di Lucca e di Pistoia, s'era veduto la sera fuochi, e che pareva che di quei fuochi uscissi cavagli e giente d'arme. Non ci do fede a queste cose.

E a dì primo d'aprile 1508, si bandì qui un giubileo molto grande, che s'aveva a cominciare a dì 9.

E a dì 2 d'aprile 1508, c'era molti predicatori, che la maggior parte gridorno grande tribulazione, e la novazione della Chiesa, e molto si parlava dello 'mperadore.

E a dì 7 d'aprile 1508, ci fu come e Viniziani erano stati rotti dallo 'mperadore, e morto 50 uomini d'arme e 300 della fanteria.

E a dì 9 detto, ci mandò el Papa un giubileo di colpa e pena, e cominciò detto dì. E fecesi uno altare in Piazza de' Signiori a piè delle scalee della Loggia, e uno in Santa Maria del Fiore, dove s'aveva a offerire e all'uno e all'altro; e fecesi una processione grande a vicitare detti altari. E fu di tanta autorità che conteneva ogni caso e di ristituzione e di chiese, chi l'avessi per simonia; e ancora, chi offeriva per e morti, valeva in forma di suffragio.

E a dì 22 d'aprile, passorono qui un condottiere di que' della Colonna con giente d'arme, e andò a Pisa.

E a dì 5 di maggio 1508, si cominciò a mandare giù fanti di quegli del battaglione per dare el guasto.

E a dì 4 di giugno 1508, ci venne un Cardinale legato ch' andava a Bologna.

E in questi dì fu disposto el Podestà di Firenze, e toltogli l'uficio, per certe cattività che gli aveva fatto.

E a dì 5 di giugno 1508, quello Cardinale legato fece scoprire la Nunziata de' Servi; e fucci tanta giente che per la calca vi tramortì giente, e una donna partorì in San Bastiano, cavata della calca con grande difficultà.

E a dì 11 di giugno 1508, s'appiccò el fuoco nel Palagio de' Signiori, e fu la notte dello Spirito Santo. Fè danno; morivvi una guardia di fuoco.

E a dì 12 di giugno 1508, ci fu come e battaglioni si tornavano indietro, ch' avevano dato el guasto.

E a dì primo di luglio 1508, ci fu come a Bologna era stata novità, perchè quello Cardinale legato fece morire parecchi uomini.

E a dì 6 di luglio 1508, ci fu come el nostro Arcivescovo, ch' era a Roma, aveva rinunziato el vescovado di Firenze e datolo al Vescovo de' Pazzi, el quale rinunziò anche lui el Vescovado d'Arezzo e dettelo; e fecesi festa assai.

E a dì 13 di luglio 1508, ci fu come in Candia era venuti grandi tremuoti ch' avevano rovinato molte case; e, non so che luogo, profondato e fatto uno lago grande.

E in questi dì si cominciò e fondamenti della Nunziata da' Ricci, che si dice Santa Maria Alberighi, quella che si cominciò da quello che gli gittò nel viso bruttura e fu inpiccato.

E a dì 22 d'agosto 1508, si cominciò a ronpere el

muro del Palagio de' Signori, per fare la porta ch'andava nella sala grande per la Dogana.

E a dì 24 d'agosto 1508, la notte che seguita dopo San Bartolommeo, venne Arno grosso in modo che gli affogò molte persone quaggiù a Brozzi, e a S. Donnino circa quattro uomini e muli; e in fra l'altre cose menò via un tesoro di lino e legname, perchè venne che qui non c'era piovuto, e accozzossi la Sieve e Arno, e venne qui inprovviso.

E in questi dì, si gittò dalle finestre una fanciulla in pruova, e morì di fatto.

E a dì 27 di settenbre 1508, entrò in Firenze e in possessione l'Arcivescovo di Firenze fatto di nuovo, che fu figliuolo di Guglielmo de' Pazzi ed era vescovo d'Arezzo, prima. Fecesegli un grande onore e, per una preminenza, fu mandato una sella a Alfonso Strozzi, colle tronbe innanzi.

E in questi dì si murava una cappella in Santa Maria Novella, allato alla cappella maggiore, dal lato manco, cioè si faceva più bella di marmi e d' altre cose.

E a dì 12 di novenbre 1508, ci fu come e nostri di Pisa avevano andato a' danni de' Lucchesi e predato Viareggio e arsono ciò che vi restò; che fu un bottino di diecimila fiorini, perchè è el porto di Lucca. E poi scorsono insino presso a Lucca, in modo che 'l popolo di

Lucca uscì fuori; e furono rotti e morti circa 40 uomini di loro con grandissimo loro danno. E questo e poveretti si sono andati cercando el male, senpre tenendo la parte piana e aiutatogli; dovevano pensare che Marzocco era atto a fare loro male: pigliavano la fallace.

E a dì 8 di dicenbre 1508, si disse d'uno acquisto ch' avea fatto el Re di Portogallo d' un' isola che gli aveva trovata di là da l'Equinozio 34 gradi, dirinpetto Alessandria.

E a dì 14 di dicenbre 1508, ci passò el Cardinale di Santa Croce legato, che tornava dall'Inperatore a fare l'accordo; e qui si disse che l'Inperadore e 'l Re di Francia e 'l Re di Spagna e 'l Papa e ' Fiorentini e tutti gli aderenti avevano fatto lega e accordo.

E 'l detto Cardinale volle dire messa lui proprio in Santa Maria del Fiore questa mattina della Pasqua, e dètte l'indulgenza a tutti quegli ch' udirono la sua messa in detta chiesa. Fuvvi un grande popolo.

E a dì 6 di giennaio 1508, disse la messa in Santa Maria del Fiore l'Arcivescovo nostro, e dètte la 'ndulgenzia plenaria per tutto el detto dì dal levare di sole insino al coricare, con una autorità a lui concessa.

E a dì 20 di giennaio 1508, si bandì la lega tra noi e ' Lucchesi per anni ..., che non dovessino porgere aiuto a' Pisani nè in palese nè in segreto.

E a dì 20 di febraio 1508, ci fu come e Pisani avevano presi circa 87 de' nostri scoppiettieri.

E a dì 2 di marzo 1508, si fece due commessari per a Pisa, che fu Alamanno Salviati e Iacopo suo fratello.

E a dì 10 di marzo 1508, andorono e detti ambasciadori a Pisa; e ordinorono qui di mandar giù tutti e battaglioni. E in questi dì missono e piè ne' ceppi a tutti e prigioni che noi avàmo nelle Stincbe, perchè s' intese ch'e Pisani facevano el simile a' nostri.

E a dì 21 di marzo 1508, ci fu come egli era arso l'arzanà de' Viniziani e mortovi uomini, che fu loro cattivo segno, e massime sendo fuori della lega: vedevasi apparecchiare grande ruina sopra loro.

E a dì 5 di aprile 1509, ci fu come e Pisani, e' nostri, avevano presi circa 60 cavagli e morto e presi molti uomini che conducevano grano in Pisa: si disse l'avevano tratto di Lucca segretamente. E in detto dì ci giunsono 54 uomini di quei presi, legati a una fune tutti; e missongli nel palagio del Podestà, e dicevano che n'era morti circa 60. Andorono a mostra che gli potè vedere ogniuno.

E a dì 9 di aprile 1509, ci fu come e' fu un certo Alfonso del Mutolo, che mandò a dire a' nostri Commessari che dava loro una porta a entrare dentro, e quando ebbe dentro un numero d'uomini che volle, lasciò cadere

la saracinesca e rimasono presi molti uomini; e in un tratto dettono fuoco a molte artiglierie, a quelli che rimasono fuori, e ammazzaronne molti.

E a dì 21 d'aprile 1509, ci fu come el Papa aveva posto el canpo a Faenza, e 'l Re di Francia l'aveva posto a Cremona, e 'l Re di Spagna l'aveva posto alle terre de' Viniziani in Puglia, e 'l Gran Maestro di Rodi l'aveva posto in Cipri. O poveri Viniziani, che farete voi? avete el canpo in quattro luoghi! Non credo vi ridiate piè de' Fiorentini quando ànno avuto le loro tribulazioni, e anche pensiate più a sostenere Pisa, come avete fatto insino a qui: bisogna adoperare la pecunia altrove. Non sapevi voi che facevi contro a coscienza di fare contro a chi non fa ingiuria a voi, e anche tòrre le terre al Santo Padre? Vi doveva bastare avere Ravenna tenuta tanto tenpo; ma così conducono e peccati, e chi fa contro a coscienza e non teme Iddio. Siete stati cagione di tutti e mali ch'ànno avuto e Pisani, perchè sarebbono tornati el primo dì a noi se non fussino stati sostenuti dalle vostre persuasioni; e così in Casentino, a Bibbiena, tutto per vostra cagione: e tutta è stata stolta inpresa, che, se non fussi la discordia de' Fiorentini, rimanevi vituperati affatto; benchè ve n'andassi con vergogna a ogni modo.

E a dì 6 di maggio 1509, ci feciono venire la tavola di Madonna di Santa Maria Inpruneta, per essere stato buon tenpo sanza piovere: e l'altro dì piovve, come piacque a Dio, che ci fa grazia senpre pe' prieghi della Vergine benedetta.

E a dì 8 di maggio 1509, la giente del Papa avevano messo a sacco Berzighella, e preso e morto molti prigioni, insino alle donne.

E in questi dì Pisa era molto stretta dallo assedio e stavano molto male; tuttodì si sentiva di loro cose molte ostinate, e, infra l'altre, venne una donna di Pisa con due sue figliuoli, e andò innanzi al Commissario dicendo che si moriva di fame e aveva lasciata sua madre in Pisa che stava male della fame; e 'l Commissario comandò che le fussi dato del pane per sè e per la madre e figliuoli; e tornando col pane in Pisa ne dètte a sua madre che stava già male, e quella vecchia vedendo quel pane bianco disse: Che pane è questo? e la figliuola gli disse che l'aveva avuto di fuori da' Fiorentini; ond' ella gridò e disse: portatelo via el pane de' maladetti Fiorentini, voglio prima morire; e non ne volle. Pensa quanto odio portavano le povere persone a questa città, trovandosi a così dure sorte sanza lor colpa. O quanto gran peccato a ordinare le guerre! Guai a chi la causa. Iddio ci perdoni; benchè questa nostra inpresa è presa lecitamente: pensa che peccato fa chi la piglia inlecitamente!

E a dì 16 di maggio 1509, ci fu come e Viniziani furono rotti dal Re di Francia, insino a dì 14 detto, presso a Carafaggio nel piano dell'Alberello; e morivvi 12 mila uomini, e così si raffermò molte volte di 12 mila. E qui si fece fuochi e festa assai. Viniziani! di quattro canpi n'avete già uno in poco tenpo al disotto.

E a dì 25 di maggio 1509, venne in Firenze otto anbasciadori pisani, e a dì 26 abbono udienza; e a dì 28 ne tornò due a Pisa a fermare e capitoli.

E in questi dì ci fu come el Re di Francia aveva mandato a dire a' Viniziani che s'eleggessino un principe sopra loro, chi e' volevano; e tuttavolta acquistava tutte le terre di Lonbardia. Guarda se la superbia à el pagamento, che gli è mandato a dire che da loro si levino a cavallo!

E insino a questo dì el Papa aveva avuto Ravenna, Faenza e più altre cose di Romagna, che toccano alla Chiesa, sanza difficultà.

E 'l Re di Spagna faceva in Puglia, con l'armata, la parte sua alle terre de' Viniziani.

E a dì 28 di maggio 1509, ci fu come el Turco aveva mandato fuori una grossa armata, e 'l Papa faceva processioni per pigliare partito di fare la crociata

E in questo tenpo e Viniziani erano come balordi e isbigottiti vedendosi avere contro tutte le potenze.

El Marchese di Ferrara era andato a racquistare el Pulesine, e di fatto l'ebbe. E poveri Viniziani non potevano più soccorrere nulla; non restava più nulla loro in terra, rimanevano solo col guscio in capo, presso ch'assettato la pecunia.

E a dì 2 di giugno 1509, e Pisani ratificorono all'accordo alle 14 ore: e come, quasi un miracolo, che alle dette 14 ore, entrò in Palagio una colonba per la porta del Palagio de' Signori, e girò per tutta la corte, e di poi

volò sopra el capo d'una parte de' Dieci, che' erano per l'androne del Palagio; e volendosi appiccare nel muro, cadde giù a' piedi di detti Dieci, in modo che 'l proposto, ch'era Giovacchino Guasconi, la prese in mano e nolla tenne, ma rimasegli delle penne in mano. Fu giudicato un buon segno, e massime che in quell'ora ch'avevano ratificato l'accordo e Pisani, che fu segno che gli era da dovere, e che s'era posto fine a tanto male, e ch'ella sarebbe buona pace: benchè molti dicono sono cose naturali. Nondimeno fu pure gran cosa ch' andassi a' Dieci che facevano l'accordo, e, più forte, in mano al preposto; e non è niuno che n'abbi veduto andare più in quel Palagio, in quel modo. Gli uomini buoni dissono ch' era da Dio; e che sia el vero, permesse Iddio ch'e Viniziani avessino perdute tutte le forze; che come e Pisani viddono così al disotto e Viniziani, di fatto vennono all'accordo, e di qui si può vedere che loro gli tenevano così ostinati e feciongli tanti anni pericolare.

E a dì 6 di giugno 1509, mandorono e Signori la canpana a San Marco, la quale canpana fu tolta a San Marco insino al tenpo che fu preso frate Girolamo; perchè c'era chi poteva, ch' aveva molto in odio San Marco, e volentieri arebbono disfatto quella chiesa per tanto odio ch'avevano conceputo per questo frate Girolamo: onde parve ad alcuni di dover dar bando a questa canpana fuora di Firenze, e mandoronla confinata all'Osservanza; e stette quivi insino al dì d'oggi, e però la rimandorono da loro.

E a dì 7 di giugno 1500, el dì del Corpo di Cristo, s'aspettava l'avuta di Pisa. E venendo un cavallaro, circa a ore 21, e credendo la brigata ch'elle fussino buone, in modo tutte le chiese dove si diceva el Vespro fu una commozione che si lasciò el Vespro e andavasi in piazza; e quegli ch'erano nelle Stinche ronpevano forte, e in modo ruppono che non fu un' ora di notte che si usciron tutti; benchè ne cavassino alquanti prima di buone poste, come fu quel Podestà di Firenze ch' era in prigione nelle Stinche per mancamenti ch' egli aveva fatti; e fu da Fano, e fu molto vituperato da non tornare mai più a casa sua: era vizioso, secondo che si disse.

E a dì 8 di giugno 1509, in venerdì, circa a ore 18, giunse el cavallaro con l'ulivo dell'avuta di Pisa; e fecesi gran festa e serrossi le botteghe, e fecesi molti fuochi e panegli a tutte le torri e Palazzo.

E a dì detto ci venne l'anbasciadore dello Inperadore, e a dì 10 gli fu dato udienza, e chiedeva 100 mila fiorini; e più tosto si disse che veniva per inpedire che noi non avessimo Pisa, come quegli ch' erano ricorsi là, vedendo e Viniziani che non gli potevano aiutare. Come piacque a Dio non giunse a tenpo, chè s'era avuta el dì medesimo.

E insino a questo dì 8 di giugno 1509, aveva avuto el Papa quattro città, che fu Faenza, Rimini, Cervia, Ravenna.

E 'l Re di Francia n'aveva avute, insino a questo dì 8 di giugno 1509, circa nove, che fu Crissale, Trevigi, Carafaggio, Cremona, Crema, Brescia, Bergamo, Peschiera, Estri.

E l'Imperadore n' aveva avute otto insino a detto dì 9 di giugno 1509, che fu Gorizia, Triesti, Fiume, Piacenza, Verona, Udine, Civitale, Padova.

E 'l Re di Spagna in Puglia n' aveva avute sette, insino a questo dì 8 di giugno 1509, che fu Otranto, Cuttone, Brandizio, Trani, Napoli, Fulignano, Nola.

E 'l Marchese di Ferrara n'aveva avute tre, insino a questo dì 8 di giugno 1509, che fu Rovico, el Pulesine, la Saliera.

Vedi dove si truovano e Viniziani! avere perduto tutte queste terre erano loro. Doveva cadere loro un poco di superbia.

E a dì 20 di giugno 1509, ci fu come l'Inperatore aveva venduto tutte le terre ch' egli aveva acquistate in Lonbardia a' Viniziani, e loro davano a lui 500 mila fiorini e ogni anno 50 mila fiorini, per 20 anni. Così s'è detto; se sarà vero, bisognerà loro la cava dell'oro. Fanno le faccende co' danari.

E a dì 4 di Luglio 1509, io Luca dètti una mia invenzione a Giovanni piffero di Palagio, la quale dètti, piu tenpo fa, a Simone del Pollaiuolo, che poi si morì, e al presente l'ho data al detto Giovanni perchè la metta innanzi a chi la potrà mettere in opera, se piacerà a Dio.

E questo è un disegno di fare un tenpio a San Giovanni Vangiolista, in quel luogo dove egli è, dirinpetto a San Lorenzo; cioè pigliare un quadro quanto tiene la piazza di Santo Lorenzo, ch'è circa cento braccia per ogni verso, come per una scritta l'ò avisato.

E a dì 22 di luglio 1509, ci fu come Padova si levò in arme, chi voleva Vinegia e chi l'Inperadore, in modo ch'e Viniziani entrorono dentro e corsonla per loro e morivvi giente assai; e anche feciono morire di quegli partigiani dell'imperio, da' Viniziani, e dissesi che facevano un canpo di quarantamila persone.

E a dì 18 d'agosto 1509, ci fu come e Mori di Barberia avevano ripreso la città d' Orano, la quale s'acquistò quando el Re di Spagna prese Granata.

E a dì 24 d'agosto 1509, l'Inperadore s'appressava a Padova col canpo suo e colle giente del Re di Francia.

E a dì 4 di settenbre 1509, ci fu come l'Inperadore si ritirò indietro, perchè non gli parve essere bastante.

E a dì 10 di settenbre 1509, passo di qui 500 spagniuoli ch' andavano a Padova in aiuto dello 'Nperadore, mandati dal Re di Spagna da Napoli. E più si diceva che ne mandava ancora migliaia; e questo fu che fece tirare indietro l'Inperadore per aspettare questa giente. E in questo dì ci passò due Cardinali franciosi, ch' andavano a Roma, che ve n' era uno ch' andava per il cappello.

E a dì 15 di settenbre 1509, ci fu come l'Inperadore aveva dato la battaglia a Padova, ed eravi morto molta giente dell'una parte e dell'altra, e tuttavolta giugneva giente dell'Inperadore; e come el Papa aveva comandato a' Vescovi di Francia e della Magna che venissino all'aiuto dello Inperadore, e chi non veniva gli era tolto e benefizi e rimanevano scomunicati. E più si disse ch'egli

aveva levato el battesimo a' Viniziani. E tuttavolta ci passava molti Spagniuoli ch'andavano all' Inperadore; tanti che furono più di dumila.

E a dì 24 di settenbre 1509, ci fu come 'l canpo dell'Inperadore era molto ingrossato, e come gli avevano tolto el fiume della Brenta a Padova, e come facevano molte scorrerie per tutti quei paesi; in modo che e detti paesi fuggivano in Vinegia colle robe e colle donne e figliuoli.

E a dì 15 d'ottobre 1509, l'Inperadore levò el canpo da Padova e tirossi indietro. Pensa come facevano quei paesi!

E a dì 28 di ottobre 1509, ci fu come in Gostantinopoli era stati tremuoti sì grandi ch'avevano rovinato quattromila case ed eravi morto settemila persone, e fattosi male innumerabile giente; e morivvi de' nostri fiorentini, che fu uno Antonio Miniati nostro fiorentino, e più fiorentini si feciono male. E venne tale tremuoto a dì 10 di settenbre 1509 alle 4 ore; e, per quello medesimo tremuoto, era in Candia e quivi appresso rovinato una città e fatto un lago; come pochi anni fu un' altra volta in quei medesimi paesi circunstanti in Grecia e in Andrinopoli e in più città molti grandi danni e rovine; e delle mura di Gostantinopoli rovinò una buona parte oltre alle case. E 'l Turco si partì di quivi e andossene in Bursia: la qual cosa non fu più sentita, e, secondo la buona giente, era segno a' Cristiani e al Santo Padre di dovere muoversi a conquistare tutto il Levante. Ma il nimico della umana natura aveva ordinato loro e ordito una altra tela in Italia, per e nostri peccati, e perchè non è venuto ancora la plenitudine del tenpo; perchè bisognia prima purgare la malizia de' cattivi cristiani, de' tanti infedeli cristiani bestemmiatori, adulteri, involti nel vizio innominabile, micidiali sanza ignuno timore dello

onnipotente Iddio, che non si curano di guastare le creature sue nè penson mai che si è fatti da lui. O ignoranzia grande, che si truova tanti che non si fanno mai coscienza d'ammazzare l' uomo, di mettere a sacco la roba e le persone de' poveri che si stanno alle loro povertà e non ànno fatto ingiuria loro veruna! ammazzare, rubare, ardere le case, menar via le vergini al postribolo, tagliare le vignie, tagliare tanti mirabili frutti che manda Iddio a l'uomo, e guastare grani e biade e tutto quello che manda Iddio pe' nostri bisogni. O grande miracolo che si truovi tanti di sì perversa natura che par loro andare a offerire! Signore mio io vi priego che voi perdoniate loro perchè e sono nella profonda notte della ignoranzia, non ànno mai pensato che cosa sia le gran maraviglie degli effetti di Dio; perdona a me che n'ò maggiore bisogno che veruno, fatemi misericordia.

E a dì 12 di novenbre 1509, fu finito di porre e conci della porta di Palagio che va in dogana, per andare in su la sala maggiore.

E a dì 15 novenbre 1509, ci fu un certo Spagniuolo el quale montava in panca come ciurmatore, per vendere sue orazioni, e diceva: Acciocchè voi crediate ch'ell'è d'una santa che fa miracoli, e ch'egli è vero quello che io vi dico, venite e menatemi a un forno che sia caldo, e io v'entrerò dentro con questa orazione. E finalmente fu menato a questo forno, da Santa Trinita, col popolo dietro e molti cittadini de' principali; perchè si partì di Mercato nuovo dove egli montò in panca. E giunto al fornaio disse: Datemi un pane crudo; e gittollo nel forno per mostrare ch' egli era caldo, e poi si spogliò in camicia e mandò giù le calze a piè del ginocchio, e così entrò nel forno insino lassù alto, e stettevi un poco, e recò quel pane in mano, e voltolovvisi dentro. E nota che 'l forno era caldo, aveva

cavato el pane allora, e non si fece male veruno. E uscito del forno, si fece dare un torchio e acceselo, e così acceso se lo mise in bocca e tennelo tanto che lo spense; e più molte volte in panca, e in più dì, toglieva una menata di moccoli accesi e tenevavi sù la mano per buono spazio di tenpo, e poi se gli metteva in bocca così accesi, tanto che si spegnevano. E fu veduto fare molte altre cose del fuoco; lavarsi le mani in una padella d'olio che bolliva sopra 'l fuoco, fu veduto molte volte da tutto il popolo. E così vendeva di quelle orazioni quante ne poteva fare; e io dico che, fra tutte le cose che io ò mai vedute, non ò veduto el maggiore miracolo che questo, se miracolo è.

E a dì primo di dicenbre 1509, si cominciò a non pigliare più se non monete fiorentine.

E a dì 20 di dicenbre 1509, ci fu come e Ferraresi avevano dato una gran rotta alle galee de' Viniziani nel Po.

E a dì 24 di febbraio 1509, ci fu come el Papa aveva ribenedetti e Viniziani; e dissesi che non ne fu contento lo 'Nperadore nè 'l Re di Francia nè di Spagna, perchè non si vollono trovare col Papa e loro anbasciadori ch' erano in Roma.

E a dì primo di maggio 1510, ci fu come el Re di Francia aveva preso un castello in Lonbardia, che si

chiama Lignaco, per forza, ed eravi morto circa mille franciosi, e loro missono a sacco el castello e ammazzonvi ogni giente insino a' fanciugli. E più si disse ch'egli era rifuggito giente in su uno monticello molto forte e, non potendolo avere nè salirvi, ch' e Franciosi avevono fatto certa buca in quel monte, e messovi buona quantità di polvere da bonbarda, e poi datogli fuoco, e fattolo rovinare buona parte del monte.

E a dì 11 di giugno 1510, venne una saetta a San Donnino e ammazzò un padre e un figliuolo, e due altri figliuoli ch' egli aveva tramortirono e stettono male.

E in questi dì fu trovato una fanciulla in un pozzo affogata, e non si trovò mai chi la fusse, nè chi la conoscessi, e non si seppe mai chi se l'avessi meno in tutti quei paesi.

E a dì 15 di giugno 1510, si cominciò a murare le case della Via de' Servi, dell'Arte della Lana, cioè quelle che sono fatte dov'era el tiratoio, e disfacevano el tiratoio di mano in mano che facevano le case. E cominciorono la prima di verso e Servi.

E a dì 18 di giugno 1510, si cominciò a votare la volta della Loggia de' Signori, la quale era in volta sotto, e fu fatta quando si murò la Loggia, e non si sapeva; ma volendo fare nella Loggia un pezzo di fondamento per

porvi la Giuletta di bronzo, trovorono v'era la volta; e notificato al Gonfaloniere n' ebbe allegrezza assai, e, come valente uomo, disegnò di fatto farla votare pensando fussi utile a tenere l'artiglierie.

E a dì 19 giugno 1510, e festaiuoli di San Giovanni mandorono un bando che non fussi niuno artefice ch' aprissi botteghe da dì 20 detto insino fatto San Giovanni, a pena di lire 25, sanza loro segno; e chi aveva el segno costava a chi due grossi e chi tre e chi quattro. E feciono grande avanìe a' poveri, perochè 'l bando disse che non s'intendeva pe' lanaiuoli, nè setaiuoli, nè banchi; che fu tenuta una ingiusta e infamatoria cosa e vile a far fare la festa di San Giovanni agli artefici.

E in questo tenpo venne in Firenze e per tutta Italia una influenza di una tossa con la febbre, che l' ebbe la maggior parte del popolo. Bastava la febbre quattro o cinque dì e fu chiamato in Firenze el male del tiro. Perchè feciono la festa di San Giovanni e feciono molte cose; la prima si giostrò in Piazza, cioè feciono fare fatti d'arme a molti uomini d'arme, armati di tutte armi, colle lancie come se fussino in canpo, e uno andò in sul canapo; e per ultimo feciono la caccia di un toro. E fu quel dì caldo grande e poi piovve una grande acqua che si immollò ogniuno ch' era scoperto; che fu fatto grande numero di palchetti, che v' era tutta Firenze e gran numero di forestieri; e per questa cagione dell'essersi molle col grande caldo si chiamava el male del tiro.

E a dì 7 d'agosto 1510, venne due tremuoti alle 6 ore, e alle 7 ne venne uno altro, e l'altra notte ne venne due altri nel medesimo tenpo di notte.

E in questi dì ci fu come nel contado di Bologna venne un sì grande vento che rovinò molte case per il contado. Pensa de'frutti quello potè fare!

E in questo tenpo feciono rifondare e rilastricare sotto el ponte a Rubaconte.

E a dì 24 di settenbre 1510, giunse el Papa a Bologna.

E a dì 26 di settenbre 1510, venne in Firenze due Cardinali, cioè 3 Cardinali ch' andavano a Bologna al Papa. Alloggiorono in Santa Croce.

E a dì 30 di settenbre 1510, ne venne due altri Cardinali per andare a Bologna. Alloggiorono ne' Servi.

E a dì 17 d'ottobre 1510, si partirono di qui e andorono verso Pisa e Lucca per passare in Francia e non andare al Papa, perchè erano franciosi e avevano sospetto del Papa; e per non fare ingiuria al Re.

E in questi dì si diceva che 'l Re di Francia veniva con due canpi a Bologna per assediare el Papa, in modo che si diceva che 'l Papa stava con sospetto. E anche si diceva che verrebbe abitare in Firenze.

E in detti dì venne el Re e scorse insino a Bologna, guidato da' figliuoli di messer Giovanni, che credettono che 'l popolo facessi novità a loro stanza, e non si mosse nulla; per modo che se 'l Papa voleva, ronpeva el Re

appena si ritrasse e scostossi assai indietro: in modo che 'l Papa non à più sospetto e stimasi arà Ferrara presto.

E a dì 2 di novenbre 1510, intervenne questo caso che al ponte a Rubaconte, tralla porticciuola e 'l ponte, facevano rifondare el muro. Perchè v'era acqua assai, forse 12 braccia, facievano venire la ghiaia e calcina per l'acqua in su certi navicegli. Avevano fatto un palco in su detti navicegli, e portavano in sul palchetto a lato al muro con forse 25 uomini; e quando s'accostorono al muro e detti navicegli s'enpierono d'acqua, per il peso grande, e tirorono giù el palco e gli uomini, in modo che n'affogò da 3 o 4 uomini. E così avevano una nave grossa con un palco ch' andò bene sanza pericolo; e io ne vidi ripescare.

E a dì 4 di dicenbre 1510, arse la bottega di in sul Canto de' Tornaquinci dello speziale, la quale facevano e figliuoli di Giampiero speziale a San Felice, e 'l sito era di Cardinale Rucellai; la quale arse tutta che non si scanpò nulla se non qualche rame che si trovò sotto el fuoco tutti guasti; e spianossi le mura fino a' fondamenti.

E a dì 22 di dicenbre 1510, si scoprì un trattato del Gonfaloniere, di chi lo voleva ammazzare; che fu un figliuolo di Luigi della Stufa ch'era a Bologna, che si chiamava Prinzivalle. Si disse ch' egli aveva disegnato 3 modi d'ammazzarlo; el primo, d'ammazzarlo in Consiglio; el secondo, in camera sua; el terzo, quando andava fuori. E questo scoperse una donna; e fu conferito a Filippo Strozzi, el quale, come lo seppe, l'andò di fatto a notificare alla Signoria: e difatto mandorono per Luigi della Stufa suo padre e sostenuto in Palagio.

E a dì 30 di dicenbre 1510, fu confinato per 5 anni in quel d'Enpoli, e ronpendo e confini s'intendeva bando di rubello; e 'l figliuolo s'andò con Dio.

E a dì 3 di giennaio 1510, gli Otto mandorono un bando che chi fussi fiorentino e stessi in casa el Cardinale de' Medici, o del fratello o di niuno de' suoi, havessino bando di rubello se infra tre dì non fussi partito da loro; e tutti quegli ch'andassino a parlare e stare in casa loro per conto veruno, s'intendino avere bando di rubello, se non fussi notificato fra tanti dì qui alla Signoria.

E in questi dì ci fu un Cardinale sanza timore di Dio che per forza di danari fece corronpere una fanciulla fiorentina figliuola d'uno uomo da bene, buon cittadino e d'antico casato, e maritata a uno altro uomo da bene; e quali non voglio nominare per salvare el loro onore. E furtivamente la fece menare via a lui a Bologna, ch' era quivi col Papa, con dispiacere di suo padre e madre e sua parenti: e fu molto odiosa a tutta la città. E finalmente fra pochi dì fu rimenata, con molti mormoramenti e infamia per tutta la città, perchè fu molto manifesto a tutto 'l

popolo. E benchè sia stato un caso particolare, fu stimato universale, quando si diceva fiorentina.

E a dì 13 di giennaio 1510, cominciò a nevicare in Firenze e per tutto el contado, e nevicò 4 dì alla fila, che mai restò, per modo che l'alzò per tutto Firenze mezzo braccio, e ghiacciò in modo che bastò in Firenze insino a dì 22 che nevicò di nuovo sopra quella, in modo ch'ella alzò in Firenze in molti luoghi un braccio. E fecesi per Firenze molti lioni di neve molto begli, e da buon maestri; infra gli altri se ne fece uno dal canpanile di Santa Maria del Fiore, grandissimo e molto bello, e a S. Trinita; e molte altre figure fu fatto al Canto de' Pazzi, igniudi, da buon maestri; e in Borgo S. Lorenzo si fece città con fortezze e molte galee: e questo fu per tutto Firenze.

E a dì 23 detto, si cominciò a struggere e addolcare in modo che fece per tutte le vie un tal macco che per tutto non si poteva passare nè andare a fare niuna sua faccenda; per un dì o due, non c'era rimedio a potere passare le vie sanza fare ponti, e però n'ò fatto ricordo.

E a dì 23 di giennaio 1510, ci fu come el Papa aveva avuto la Mirandola a patti, salvo l'avere e le persone.

E a dì 15 di marzo 1510, ci fu come el Papa aveva avuto un poco di rotta a Ferrara.

E in dì detto ci fu come a Cortona si faceva una certa festa, e rovinò palchetti e la sala dove si faceva detta festa; e morivvi circa 20 persone tra maschi e femmine, e più di cento se ne guastò; e fuvvi qualcuno fiorentino.

E a dì 5 d'aprile 1511, si pose giù una figura di marmo ch' era sopra la porta di San Giovanni, di verso l'Opera, per porvi figure di bronzo fatte di nuovo.

E a dì 11 d'aprile 1511, si vinse in Consiglio che le dote delle fanciulle non si potessino fare in sul Monte, nè dare più di dota che millesecento fiorini.

E a dì 17 di maggio 1511, ci fu come el canpo del Re di Francia s'era appiccato con quello del Papa, e erasi accostato a Bologna a due miglia.

E a dì 21 di maggio 1511, entrò in Firenze un Cardinale fatto di nuovo, ch' era fiorentino, che si chiamava messer Piero Accolti.

E a dì 22 di maggio 1511, feciono venire la Tavola di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta perchè restassi di piovere; perchè pareva in questo tenpo troppa acqua. Et ebbe molti doni, ch' avanzò tutte l'altre volte; e ebbe 8 mantegli molto ricchi, e così molte pianete e paliotti e cose di drappi, numero 24, e cerati bianchi e gialli furono numero 90, e una bella croce d'ariento.

E a dì 23 di maggio 1511, ci fu come le giente del Re di Francia erano entrate in Bologna, e le giente del Papa s' erano isbaragliate e andato col Papa a Ravenna. E 'l Cardinale di Pavia si fuggì di Bologna, el quale era legato della Chiesa e a guardia di Bologna, e andò a Ravenna dov'era el Papa; e 'l Prefettino, ch'era Signore d' Urbino e Capitano della Chiesa, se gli fece incontro e dissegli: O traditore! tu ài rovinato la Santa Chiesa; e dettegli d'uno stocco nel petto e passollo da l'un lato all'altro in modo che morì in poche ore. Vedi che fa la

giustizia di Dio! chè questo Cardinale fu quello che tolse quella fanciulla fiorentina; e pensa quello faceva in Bologna ch' era governatore di Bologna. Secondo che si diceva, aveva fatto molte cose di quelle medesime e più cattive.

E a dì 20 di giugno 1511, ci fu come el Papa era giunto a Roma, che si partì da Ravenna; e giunto a Roma scomunicò Bologna e tutti quegli che gli dessino aiuto o favore, d'una scomunica molto forte, ch'era scomunicato el Re di Francia con tutta sua giente e chimiche dava loro aiuto.

E a di 21 di giugno 1511, si scoprirono quelle tre figure di bronzo sopra la porta di San Giovanni di verso l'Opera, donde si levorono quelle di marmo antiche, e furono fornite di tutto.

E insino a dì 13 di giugno 1511, circa a ore 20, venne in Firenze una fortuna d'acqua, e per tutto insino in Mugiello; e in Firenze venne in manco d' un' ora parecchi saette; una a San Giorgio e ammazzò un fanciullo, e una al Ponte vecchio in su la torre della Parte, e fece isbalordire parecchi che sedevano in sulla panca, e, infra gli altri, uno de' Ridolfi ne fu portato a braccia a casa, non vi morì. Una altra ne cadde in Sitorno e ammazzò una donna; una altra ne cadde a Bellosguardo fuori di Firenze, e ammazzò una donna ch'era maritata a uno de' Tosinghi ch'era quivi in villa; e anche morì una sua fante ch'era sù di sopra a uno altro palco; una altra ne

venne a Montebuoni in sul canpanile della chiesa, e ammazzò una mula; una altra ne venne a San Benedetto fuori della Porta a Pinti e cadde sopra la cappella maggiore e passò la volta, e poi in due luoghi forò la tavola dell'altare, poi si ficcò in terra tra due mattoni. La quale vidi tutti questi segni, e fu tanta acqua grande ch'allagò tutto el Mugiello e 'l Valdisieve, e qui a San Salvi e tutti questi piani. Menò via molto legniame.

E a dì 16 di luglio 1511, cavorono le nostre artiglierie di Santa Maria Novella, dalle stalle del Papa, e misonle sotto la loggia de' Signori che gli avevano cavata e acconcia; e la prima vi missono con difficultà per modo che, ronpendosi el canapo, scorse giù per lo sdrucciolo della volta, e fu per ammazzare e buoi e gli uomini.

E a dì 17 di luglio 1511, ci fu come la giente del Papa avevano preso un figliuolo di messer Giovanni Bentivogli, e come la giente del Re di Francia gli corsono dietro e riscattoronlo, e come in Bologna si gridava: Papa, e come fu mozzo la testa a più cittadini che volevano rimettere e figliuoli di messer Giovanni e colla forza del Re.

E a dì 26 di luglio 1511, furono e primi poponi che si vendessino in Firenze, e non si maturava nulla quest' anno: e fu la causa che gli andò tutta la primavera fresca, e piovè così insino a questo tenpo, però ne fo ricordo.

E a dì 3 d'agosto 1511, ci fu come noi avàmo preso la tenuta di Montepulciano.

E a dì 4 d'agosto 1511, affogò 3 uomini vuotacessi, in un certo pozzo nero presso alla Porta a San Piero Gattolino, alle Monache di San Giovanni.

E a dì 7 d'agosto 1511, ci fu ambasciadori da Montepulciano, e fermoronsi e capitoli fra noi e loro: e a dì 9

si sonò a gloria e fecesi fuochi e festa assai. Fu una cosa sanza saputa di persona, e massime del popolo.

E a dì 3 di settenbre 1511, ci fu come el Papa aveva interdetto Pisa, perchè ritenevano e Cardinali che volevano fare el concilio quivi.

E a dì 4 di settenbre 1511, ci fu come a Crema in Lonbardia era venuta una gragniuola con pietre arsiccie di peso di libbre 150 l' una, la maggiore, e la gragniuola vi fu pezzo di libbre 30 l'una, che ruppe e tetti e ammazzò più giente e bestiame assai. Così si disse da più giente.

E in questi dì medesimi fu veduto la sera in aria, al castello di Carpi, fuochi grandissimi, e poi vedevano ispartire el fuoco in tre parti e fare grandissimi tuoni; e venne in un tratto gragniuola e venti che ne portava e tetti e' canpanili, e fecie grandissime cose.

E a dì 23 di settenbre 1511, venne dal Papa la 'nterdizione a Firenze, pure per quello medesimo, chè credeva che noi tenessimo le mani al Concilio.

E a dì 23 d'ottobre 1511, fummo ribenedetti insino a mezzo questo altro mese di novenbre.

E in questi dì fu fornito di coprire la chiesa della Vergine Maria di Por San Piero, cioè 'l corpo della chiesa.

E a dì 4 di novenbrè511, venne in Firenze la notte che seguita, circa a mezza notte, due saette, l'una dètte in sul palagio de' Signori, la quale dètte sù dall'orivolo, e venne giù nella corte e levò una certa coreggia di bronzo ch'era per basa al Davitte della corte, e più ismosse un pilastro della porta che comincia andare su per la scala, e ruppe certi scaglioni ancora su per la sala, poi sù fece el simile; e di fuori giunse giù per la porta, e tinse e guastò tre gigli sopra, pure de' Signori; che fu tenuto tristo segnio per il Re di Francia. E quella che venne in su la cupola ismosse circa tre nicchi, benchè non caddono; e anche questo significava qualche incomodo della Chiesa.

E a dì 12 di norenbre 1511, si partirono e Cardinali da Pisa che volevano fare el Concilio.

E a dì primo di dicenbre 1511, riavemo dal Papa di potere dire le messe, che ce n'aveva privati già tanti mesi.

E a dì 15 detto, ci ritolse le messe e ritornammo nelle interdizione.

E più ci fu come la giente del Papa erano in Romagna e verso Bologna e verso Ferrara.

E in questi dì pose el Papa el canpo alla bastia di Ferrara, e presto l'ebbono per il Papa.

E in pochi dì la recuperorono e perderono di giennaio; e come s'era tirato indietro, e che 'l Re di Francia aveva messo in Bologna 400 lance. E tuttavolta noi stavamo interdetti insino tutto giennaio.

E a dì 15 di febbraio 1511, ci fu come Brescia s'era ribellata dal Re e data a' Viniziani, benchè la fortezza si teneva per il Re, e bisognò che 'l Re levassi la maggior parte della giente da Bologna e andò a Brescia. E 'l canpo del Papa si stava, benchè si disse che 'l Cardinale de' Medici era entrato in Bologna: non fu vero.

E a dì 19 di febbraio 1511, si fece qui 300 balestrieri e scoppiettieri a cavallo, tutti di nostro contado. Feciono la mostra.

E in detto dì si disse che li Viniziani avevano avuto una rotta dal Re presso a Parma.

E a dì 23 di febbraio 1511, ci fu come el Re aveva ripreso Brescia e morto quasi ogniuno; in modo si disse 18 migliaia d'uomini, poi si ridussono a 4 o 5 migliaia. Dipoi scrisse qui Francesco Pandolfini, che v'era ambasciadore, che se n'era sotterrati novemila; e qui si fecie fuochi e festa della vittoria del Re.

E a dì 2 di marzo 1511, nevicò e fu grande freddo; e a dì 5 detto rinevicò di nuovo una altra grande. La

notte era gran freddi. Pensa come stava el canpo di Bologna che n'è camera.

E in questi dì ci fu come el Concilio aveva comandato in Bologna che niuno ubbidissi al Papa, e che dicessino le messe; e aspettavasi che facessino uno altro Papa di corti dì.

E a dì 11 di marzo 1511, ci fu come a Ravenna era nato d'una donna un mostro, el quale venne qui disegnato; e aveva in su la testa un corno ritto in sù che pareva una spada, e in iscanbio di braccia aveva due ali a modo di pilpistrello, e dove sono le poppe, aveva dal lato ritto un fio, e dall'altra aveva una croce, e più giù, nella cintola, due serpe, e dove è la natura era di femmina e di maschio; di femmina era di sopra nel corpo, e 'l maschio di sotto; e nel ginocchio ritto aveva uno occhio, e 'l piè manco aveva d'aquila. Lo vidi io dipinto, e chi lo volle vedere, in Firenze.

E a dì 17 di marzo 1511, ci fu come e Franciosi, ch'erano nella rôcca di Brescia, avevano di nuovo messo a sacco tutti e monasteri e frati di Brescia, e morto molti frati e donne, e rubato ogni resto che v'era.

E a dì 18 di marzo 1511, si partì di qui l'anbasciadore francioso, e fecegli la Signoria un presente di circa 2 mila ducati, d'una pezza di broccato e molte altre cose di drappi. Avevasi in secreto sospetto ch' el Re non ci avessi per nimici, come andava parole attorno, chè voleva mettere

a sacco Firenze e Siena. E più se gli donò una tavola d'altare di Nostra Donna, molto ricca, ch'era posta in San Marco.

E a dì 21 di marzo 1511, riavemo dal Papa le messe; però 'n sino all'ottava di Pasqua; e venne un suo ambasciadore a liberarci per senpre.

E a dì 29 di marzo 1512, ci fu come el canpo del Papa e degli Spagniuoli con quello del Re di Francia avevano fatto una spianata di circa 4 miglia per fare fatti d'arme. E in questi dì presono Ravenna e saccheggioronla e feciono molte crudeltà: non ebbono la rôcca allora. Vedi se 'l mostro indovinava loro qualche gran male! e pare che senpre seguiti qualche gran cosa a quella città dove nascono tal cose: così intervenne a Volterra ch'andò a sacco, e poco tenpo innanzi vi nacque un simile mostro.

E a dì 3 d'aprile, si bandì un perdono alle Murate per 3 dì, cioè Venerdi, Sabato Santo e la Pasqua, di colpa e pena.

E a dì 12 d'aprile 1512, ci fu come el canpo della Chiesa e gli Spagniuoli furono rotti dal Re e morivvi 10 mila persone, e' due terzi spagniuoli e 'l terzo

spagniuoli. Morì circa 22 signori franciosi, fra' quali vi morì un nipote del Re, il quale si diceva per molti ch' era nostro nimico: forse non era. E dissesi che se non fussi ch'e Franciosi adoperorono molte artiglierie, che feciono morire molte centinaia d'uomini d'arme e cavagli, arebbono avuto el peggio. E questo fu a dì 11 detto, el dì della Pasqua di Resurresso, appresso a Ravenna dove feciono la spianata, e concioronsi in modo che benchè e Franciosi fussino al disopra, nondimeno si disolvè l'un canpo e l'altro per modo che non poterono niuno fare male a Firenze, anzi ebbono di grazia gli Spagniuoli potersene andare che non fussino isvaligiati. Chi se n'andò per la Romagna, molti ne furono isvaligiati e morti; ma tutti quegli che vennono per le nostre terre non fu torto loro un pelo. Passorono tutti a Roma; e' Franciosi se n'andavano alla volta di Milano.

E ogni dì s'intendeva molte crudeltà de' Franciosi e Spagniuoli di vituperare, ammazzare e vendere monache e frati e ogni generazione di giente; rubare gli arienti dove stava el Corpo di Cristo, e reliquie, sanza paura o timore o riverenza. Non si dice nulla delle vergini; che si trovò padri, infra gli altri, che volendo nascondere le sue figliuole, el quale n'aveva cinque grande, per la paura, fece una certa caverna e missele dentro con cibo d'alquanti dì, stimando tornare a loro e porgere loro più cibo; e venendo la tribolazione fu morto, e ancora chiunque n'aveva notizia; in modo, che non potendo uscire

per via alcuna, vi morirono dentro; e trovata che fu la detta caverna, trovorono le dette fanciulle tutte morte o mangiatesi le braccia l'una a l'altra. E non si potrebbe narrare le grandi crudeltà che ognora si sentiva. E dissesi ancora che un certo capitano del Re, entrando in Brescia, tolse a un gentiluomo di Brescia una sua figliuola molto bella, e tenendola molti dì, el suo padre glie ne fecie chiedere più volte che gliene dovessi rendere, e finalmente nollo volle fare. E dopo molte volte gli mandò a dire, che se la voleva, che gli dessi mille ducati; e 'l detto cittadino fecie e detti danari e portogli, e lui gli tolse, e poi disse che la voleva ancora quella notte. E 'l povero cittadino vinto dalla passione disse: signore! poiché tu non me la vuoi rendere to'mi anche la vita; e 'l detto non timente Iddio, si cavò l'arme da lato e ammazzollo. Se questo peccato merita punizione dallo onnipotente Iddio, chi non direbbe che gli è necessario l'inferno? Iddio nel guardi e perdonigli e gran peccati.

E in questo tenpo si murava el canpanile di San Spirito, dietro alla sagrestia della chiesa.

E a dì 22 di maggio 1512, morì a Siena un certo Pandolfo Petrucci che ne' sua dì occupò molto la detta città facendosi grande e cacciando e sua avversari, e anche togliendo la vita ad alcuni; e finalmente si muore. Oh quanto è più senno a stare basso che volere soprastare agli altri! è manco pericolo all'anima e al corpo. Se gli uomini grandi e ricchi fussino savi, e' fuggirebbono el volere dominare quello che à essere comune a ogniuno, perchè si tiene con troppo grande odio, e che si stessino con la loro ricchezza e stare contenti al bene comune e farsi grande nelle mercanzie e nello onesto vivere da cristiani, e dare molti guadagni e' poveri di Dio e amare la sua patria con retto cuore.

E a dì 5 di giugno 1512, ci fu come e Svizzoli avevano ripreso Brescia e Peschiera e altre città di Lonbardia, e come ' Franciosi si fuggivano del paese.

E in questi dì si raffermò e capitoli col Re di Francia, che noi fussimo obrigati, a' sua bisogni, dargli 400 cavagli pagati di nostro, e che lui fussi ubrigato a dare a noi ne' nostri bisogni 600 cavagli pagati di suo; e più tutto quello ci facesse di bisogno. Promise con pure parole.

E a dì 13 di giugno 1512, ci fu come el Cardinale de' Medici s'era fuggito dal Re di Francia, che l'aveva prigione e mandavalo in Francia. E in questi dì venne in Bologna.

E a dì 16 di giugno 1512, ci fu come Milano s'era ribellato dal Re, e più altre terre; per modo che si diceva ch'e Franciosi erano a un grave partito, e che s'erano ristretti nel borgo, e che gli avevano difficultà di vettovaglia e con grande paura

E a dì 20 di giugno 1512, ci fu come e Franciosi s'erano partiti da Milano e scostatosi dal canpo de' Svizzoli e andato a Pavia, con grande diffilcultàa di vettovaglia: e 'l Papa s'era insignorito di Bolognia; e' Bentivogli s'andorono con Dio; e dubitavasi che e Franciosi non perdessino ogni cosa. E ancora Gienova s'era voltata e conbattevano le fortezze che tenevano e Franciosi, e anche Milano si tenevano le fortezze pe' Franciosi. Stavansi così sanza essere molestate quelle di Milano.

E a dì primo di luglio 1512, passò da Dicomano la giente del Papa, che mandava a Bologna circa 1000 cavagli, e dicevasi ch' e Franciosi erano usciti d'Italia, quegli ch'erano potuti scappare che non fussino stati morti o

presi a' passi, ch'assai ne capitò male. E la giente nostra, ch'erano colle giente del Re, ebbono salvacondotto da' Svizzoli per potere tornare di qua, e non fu osservato loro, che furono tutti isvaligiati: a fatica salvorono la vita.

E a dì 11 di luglio 1512, ci fu una lettera dal Papa che comandava a questo popolo che dovessi mandare a casa el Gonfaloniere e levarlo di signoria, onde parve una cosa molto animosa e strana; onde ogniuno pensava che voleva mutare questo stato e rimettere e Medici in Firenze.

E a dì detto ci venne un suo anbasciadore, ch' era fiorentino, un messer Lorenzo Pucci, con bella cavalleria: stimavasi per questo medesimo effetto.

E a dì 14 di luglio 1512, venne, circa a ore 21, in sul canpanile di Santa + di Firenze, una saetta o veramente un sì fatto vento o fortuna, che lo fece cadere in su la chiesa, e rovinò la chiesa con 7 cavalletti in modo tale che scoperse tutto el coro e guastollo tutto; e le travi in più luoghi fororono lo spazzo della chiesa, e molte sepolture guastorono, e le scalee dell'altare maggiore parte ruppono e guastorono per modo che non fu mai veduto tale ruina, quasi incredibile: danno di più di 20 mila fiorini. Stimavasi cattivo segno. Chè questi principi e signori, in luogo di racconciare la Chiesa di Cristo e ampliarla, la ruinano per loro ambizioni. Dove debbe essere l'unione di tutti e cristiani contro a gli infedeli e morire per la fede di Cristo, e al presente s'attende a versare el sangue di Cristo contro a ogni carità di tante miserie de' poveri popoli afflitti e dilaniati della povera Italia. Sia senpre a laude e gloria di Dio.

E a dì 26 di luglio 1512, ci fu come el Re di Francia si rifaceva gran giente, e come gli aveva posto a' sua sudditi due milioni di fiorini, e a' religiosi; e come faceva grande sforzo.

E a dì 28 di luglio 1512, ci fu come gli Spagniuoli s'erano azzuffati colle giente della Chiesa, e ch' el Vicerè s'era fuggito e partitosi, e che gli avevano arso el suo padiglione. Tutte queste cose pareva che 'l Signore aiutassi Firenze, chè chi aveva in animo di farci male gli era tolto le forze, come più volte s'è veduto: gli Spagniuoli avevano tristo animo.

E a dì 21 d'agosto 1512, ci fu come el canpo della Chiesa e degli Spagniuoli veniva a' danni de' Fiorentini: per modo crebbe el sospetto, che si cominciò a isgonberare in quello di Barberino e in Val di Marina, insino alle porte di Firenze, che tutta h domenica colle carra

e muli e bestie, con tanta furia, per modo che in Palagio si vinse 50 mila fiorini per difendersi. E ancora non avevano tocco nulla del contado nostro.

E a dì 23 d'agosto 1512, la Signoria mandò uno bando che chi ammazzava un certo Ramazzotto da Bruscoli, guadagniava 2000 ducati, e chi lo dessi vivo ne guadagnassi 3000; e, se fussi isbandito, s'intenda ribandito e possa ribandire due altri, e così chi lo ammazza possa ribandire due altri a suo modo, eccetto che di Stato.

E in questi dì si sgonberava tutto questo piano di Prato per modo che la porta di San Gallo, Faenza, el Prato e San Friano era per modo calcata che duravano le carra più d' un miglio alla fila ' aspettare di potere entrare dentro, che fu necessario lasciare passare dentro sanza gabella quasi ogni cosa in su le carra: se non vi era qualche soma di biada o vino, o olio, passava dentro le carra del lino e forzieri serrati, e nulla si guatava nè si fermava nulla. Le povere donne colle fanciulle e fanciugli carichi di loro povertà. E chi gli vedeva era mosso e isforzato lacrimare. E più feciono che la farina non pagassi nulla di gabella.

E a dì 24 d'agosto 1512, la scorreria non aveva ancora passato Barberino, e intendevasi che facevano ogni male.

E in questi dì ci fu nuove come a Roma era venuto una gragniuola tanto terribile el dì di Nostra Donna di mezzo agosto, che fu tanto scuro che pareva di notte, e ammazzò molti animali, e anche percosse e venne in su una

figura di Nostra Donna e non la maculò di nulla, e altre figure guastò. Era grossa come uova.

E a dì 25 d'agosto 1512, si bandì di fare venire Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta.

E in questi dì si soldava uomini d'arme e fanteria, quanta ne veniva, in gran quantità, e fornivasi per tutto; e più si badava a Prato ch'altrove, in modo che nel Mugiello non si mandò aiuto, e loro presono la Scarperia e 'l Borgo, e non facievano troppo danno in Mugiello, ma volevano della vettovaglia.

E a dì 26 d'agosto 1512, ci fu anbasciadori dal Vicerè che chiese alla Signoria tre cose: che noi entrassimo nella lega; la seconda, che si rimettino in Firenze e Medici; la terza, che 'l Gonfaloniere se n'andassi a casa e uscissi d' ufficio.

E a dì 27 d'agosto 1512, venne presi in Firenze 6 Spagniuoli che presono e nostri fanti in Mugiello. E tuttavolta s' attendeva a isgonberare per tutto; e non era tanta la paura de' contadini, quanto e' vedevano fare così a' cittadini, in modo ch'e' poveri contadini ispiritavano di paura, ma in verità per gli intendenti non era d'averne tanta; più tosto toccava a loro avere paura, perochè, se gli scendevano in questi piani, tutti capitavano male. Così

giudicava ogni intendente. Tanti battaglioni s'era fatto e giente d'arme tutti inanimati d'andare a trovargli alla guadagnia, con animo d'ammazzare ogniuno. Che sono inaino a oggi la nostra giente 17 migliaia d'uomini, tra battaglioni e giente d'arme.

E in detto dì scesono e presono Canpi sanza contrasto, e entrorono e ammazzorono una brigata d'uomini e ruborono ciò che ne poterono portare, e arsono lini e molte cose, menoronne molti prigioni; benchè di loro ne fu morti 4 e feriti. E la causa che l'ebbono sì presto fu che vi fu alcuni che apersono una porta per andarsi con Dio, e non riuscì loro; e furono tutti presi; e entrorono dentro e, tolto quello che vollono, se n'uscirono e lascioronlo e andorono alla volta di Prato.

E a dì 29 d'agosto 1512, el dì di Santo Giovanni Batista, circa a ore diciotto, gli Spagniuoli presono Prato per forza di bonbarde e di battaglia. Che solo in un dì avessino un tale castello fu cosa maravigliosa perchè v' era 4 mila fanti e tanti contadini del paese che v'avevano la roba, le donne e' figliuoli, che v' era fuggito tutto el paese, che v' era un tesoro grande, e tutti diventassino come topi a non salvarlo un sol dì. E la causa che furono così fieri di fuora fu due cose; la prima che gli erano in due dì assediati sanza vettovaglia; e la seconda che sapevano che v'era un grande tesoro, benchè e' ci fussi una causa più potente, chè non si mandò di qui el soccorso che si poteva. Da qual negligenza si fussi io nol so, ma io vedevo tenere le giente qui dall'una porta all'altra, e niuno le moveva a mandarle via, e tuttavolta sentivàno strignere colle bonbarde, onde molti si maravigliavano di questa tardità. Onde entrato dentro e

crudeli marrani e infedeli, ammazzorono ogniuno che veniva loro innanzi, e non bastò loro avere un sì grande bottino, che non perdonavano la vita a persona; e se vi rimase niuno vivo, lo pigliavano e ponevangli la taglia a' piccoli e grandi e a ogniuno, molte disoneste, in modo inpossibile, che non potendo farla, gli straziavano con diversi martìri. E missono a sacco e monisteri; e donne e fanciulle missono a brodetto con ogni crudeltà e vituperio; e dissesi che furono morti 5 mila persone. Pare che la sia una permissione divina ch' e nostri principali facessino sì adagio, avendo 18 mila persone, ch'avàmo più giente di loro; avavamo già inpedita loro la vettovaglia che non potevano scanpare 3 o 4 dì che non morissino di fame; erano tutti morti e prigioni. E anche non furono molto prudenti a mandare più fanti e munizione in Prato: fu una certa furia quasi inpossibile, che a dì 27 abbino Canpi e a dì 29 abbino Prato, e però sono e peccati nostri. E rimasono e traditori sì forniti di vettovaglia da stare quanto volevano, e divennono tutti ricchi di tal bottino, e noi perdemmo ogni speranza di vincere in niun modo e Pistolesi.

E a dì 30 d'agosto 1512, portorono le chiavi e Pistolesi al canpo degli Spagniuoli, e presono accordo con loro; e così Pescia, per modo che si mandò dalla Signoria al Vicerè, per accordo, due nostri cittadini, e dopo più volte, andando e tornando, si fece un accordo col Vicerè che noi entrassimo nella lega pagando 60 mila fiorini; e la seconda, che 'l Gonfaloniere ch' era a vita se n'andassi a casa; e la terza, che si rimettessino e Medici.

E a dì 31 detto, tornorono gli anbasciadori, e fu consentito tutto; e, giugnendo qui, andorono in Palagio circa alle 18 ore e mandoronne el detto Gonfaloniere, ch'era a vita, chi aveva nome Piero Soderini, pacificamente e d'accordo, perchè lui disse non volere essere scandolo al

suo popolo, e ch'era contento a tutto quello ch'era la volontà di Dio; onde si restò sanza Gonfaloniere; e dipoi s'andò con Dio di fuori. E così si partì dimolti cittadini, chi a Siena, chi di qua e chi di là, per loro maggiore sicurtà.

E a dì primo di settenbre 1512, entrò in Firenze Giuliano de' Medici, e in Palagio entrò la nuova Signoria sanza Gonfaloniere; e tutti e cittadini che gli stimavano amici de' Medici tenevano la porta del Palagio e della piazza, tutti armati, e isbarrate tutte le vie di Piazza. Onde ancora el Vicerè non fu d'accordo a primo accordo, ma mosse lite, e disse voleva 120 mila fiorini in tre paghe: e anche non si partiva ancora, ma tuttavolta voleva le taglie de' poveri Pratesi che gli avevano presi, facendo molte cose crudeli e disoneste. Non bastò loro avergli morti e spogliatogli di tutto, che volevano anche le taglie di quelli che restorono vivi.

E a dì 3 di settenbre 1512, venne una saetta in sul palagio qui degli Strozzi e ammazzò uno maestro di murare, el quale aveva murato detto palagio, e al presente era venuto a visitare un poco la cosa; e toccò a lui tale disgrazia che s'era trovato in tanti pericoli a murarlo, e perì così sanza quegli pericoli, come piacque a Dio. Era un buono uomo.

E in questi dì ci veniva certi Spagniuoli a vendere robe di Prato; e infra l'altre cose venne uno con un carro di panni; essendo giunto presso alla piazza de' Signori, il popolano gli misseno a sacco quei panni, e a fatica fu scanpato che non lo ammazzorono. E in più luoghi ne fu presi e morti; fra gli altri, a' Servi, capitandovene uno el quale un prete lo riconobbe che gli aveva morto el padre in Prato, e lui lo fece ammazzare appresso a' Servi; uno altro gli fu mozzo una mano dalla + al Trebbio, volendogli ammazzare ch' erano tre insieme; e furono messi per le case, a fatica gli scanporono.

E a dì 4 di settenbre 1512, n'ammazzorono uno alla Piazza di Madonna e dipoi lo stracinorono da Santa Maria Novella e per la Via de' Fossi, e finalmente lo gittorono in Arno. Per modo che fu necessario mandare bandi a pena delle forche chi dessi loro noia o alcuno inpedimento o male. E queste cose fanno certi ignoranti che sono senpre causa di fare inciprignire e fare incrudelire con nostro maggior danno; che, quando era da loro sentito, straziavano e poveri prigioni che gli avevano nelle mani, e non si voleva partire, anzi s'ingegnava di fare ogni male al povero contado di Prato, e dovunche gli andavano ne portavano ciò che potevano; el resto ardevano.

E in questi dì e nostri battaglioni si partivano quasi tutti, e ancora non s'era rifatto el Gonfaloniere; e secondo che si diceva, e cittadini erano in qualche discordia circa come s'avessi a governare; ma maggior cosa era el fare e danari che s'erano promessi, in modo ch' e detti Spagniuoli ancora non si volevano partire da Prato, nè 'l Cardinale non ci veniva. E infra l'altre crudeltà che facevano questi maledetti marrani si era che quegli che non avevano morti gli avevano prigioni, e posto loro taglie inportabili facendo loro molti martori. E questo fu molto maggiore male che non fu l'enpito dell'ammazzare in su la furia, ma lasciare durare el sacco tanti dì quanto vi stettano e pigliare anche prigioni e volere le taglie da chi gli avevano rubato ogni cosa. Ma credo sarà guai assai a quel Vicerè e a chi poteva riparare; e dovevasi chiedere nell'accordo di porre fine, e massime a' prigioni.

E a dì 6 di settenbre 1512, si vinse tra' Signori e' Collegi e Ottanta la provisione di limitare el Consiglio maggiore.

E a dì 7 detto, si vinse nel Consiglio maggiore.

E a dì 8 detto, si vinse nel Consiglio un Gonfaloniere per 14 mesi, che fu Giovan Battista Ridolfi.

E a dì 11 di settenbre 1512, fu morto uno spagniuolo su la Piazza di Santa Maria Novella, e strascinato in Arno, e ognora era corso loro dietro; chi toglieva loro el cavallo, e chi e danari. Non si poteva riparare con bandi, le quali cose erano cagioni di maggior male.

E a dì 12 di settenbre 1512, si portò e danari agli Spagniuoli. E in questo dì ci passò forse venti Spagniuoli che se n'andavano verso Roma, e per sospetto si feciono acconpagnare a un tronbetto della Signoria e non giovò loro, perchè furono assaltati di là da San Casciano di verso Roma, e furono morti e isvaligiati. E dissesi che gli avevano parecchi migliaia di fiorini e anche avevano lettere di canbio per Spagnia di danari che loro mandavano là, e dissesi che quegli che gli assaltorono avevano le maschere e non furono conosciuti. E in questo tenpo, loro in quel di Prato e per tutto non facevano se non male, e pigliare prigioni e non osservavono patti nè lega, e venderono tutte cose di Prato e di Canpi, tutto el grano, biade, masserizie, e ciò che trovavano da vendere, e dicevano di volere ardere ciò che lasciavano.

E a dì 16 di settenbre 1512, giovedì, circa a ore 19, Giuliano de' Medici e tutte sua giente, andò in Palagio de' Signori armata mano e prese el Palagio avenga che non gli fussi fatto resistenza. Fu bisogno fare el parlamento, e circa a ore 21 sonò la canpana, e la Signoria venne giù in ringhiera, e lessesi e capitoli e quali furono questi: che feciono 12 uomini per quartiere che potessino quanto tutto el popolo di Firenze per uno anno, che potessino fare e disfare ogni uficio della città. Mandorono un bando che chi voleva venire in Piazza potessi sanz'arme; e nondimeno la Piazza era tutta armata, e con giente d'arme e isbarrate tutte le vie e le bocche della Piazza, senpre gridando Palle, e così in Palagio per

insino alle canpane; e alcuni del popolo ch'erano entrati in Piazza dettero la boce essere contenti al parlamento e al nuovo governo. A laude di Dio. Ogniuno debbe essere contento a quello che permette la Divina bontà, perchè tutti gli Stati e Signorie sono da Dio, e se in questi mutamenti di Stati ci accade qualche penuria, danno o ispesa o disagio del popolo, stima ch'egli è pe' nostri peccati e a fine di qualche maggiore bene.

E a dì 18 di settenbre 1512, cominciorono a disfare gli Otto che sedevono al presente, e feciongli Capitani di Parte, e feciono altri Otto. E in questo dì venne in Firenze el Vicerè con forse 50 cavagli, e andò vedendo la città e le chiese, e volle andare in su la cupola di Santa Maria del Fiore a vedere, e andò con alquanti cittadini, e andò el mio Benedetto con loro. E a dì detto si partì e ritornò a Prato, e ordinò di partirsi.

E a dì 19 di settenbre 1512, si partirono gli Spagniuoli e vennono a Calenzano e menandone e prigioni che non s'erono potuti riscuotere; onde e nostri contadini ch'erano rifuggiti in Firenze cominciorono a ritornare a casa, pure con sospetto. E 'l Cardinale si partì di qui e andò a trovare el Vecerè e vicitarlo nel suo partire.

E a dì 20 di settenbre 1512, si partirono da Calenzano quegli più crudeli che 'l diavolo, e partironsi da Canpi e per tutto, andorono per la via che vennono; alloggiorono a Barberino; e molti contadini si partirono di qui e ritornorono a casa loro colle loro povertà.

E a dì 21 di settenbre 1512, si partirono da Barberino e arsono case e feciono ogni male, e noi gli demmo più pezzi d'artiglierie.

E a dì 22 di settenbre 1512, si tirò su el primo cavalletto del tetto di Santa +, che si tirò intero, che fu tirato con moltitudine perchè era grande cosa e pericolosa.

E a dì 24 detto, si tirò su el secondo.

E a dì 26 di settenbre 1512, ci venne l'immagine di Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta, che ricevemmo grazia di non andare a sacco la nostra città, perchè portammo grande pericolo avendo de' nostri dentro 18 mila persone e di fuori altrettante, che tutta volta balenava ogni cosa.

E a dì detto arrosono a' 48 di balìa altri 12 uomini. E in questi dì arrosono a' 60 di balìa altri 50 uomini per Quartiere, che fu la somma 260 cittadini, e quali potevano fare ogni cosa; e mandavasi el bando da parte della Signoria e degli uomini della balìa.

E a dì 2 d'ottobre 1512, e Medici feciono ridipignere l'arme loro al Palagio loro, alla Nunziata e in molti luoghi; e feciono levare la immagine del Gonfaloniere dalla Nunziata de' Servi.

E a dì 5 d'ottobre 1512, mandorono un bando chi avessi de' beni della casa de' Medici li dovessi notificare, a pena delle forche, e ritrovossi molte cose.

E a dì 13 d'ottobre 1512, gli Otto confinorono Piero Soderini gonfaloniere passato e diposto, ch'era a vita, per cinque anni a Raugia, e che non si potessi partire a pena dell'essere rubello; e più confinorono e sua frategli per tre anni chi a Roma, e chi a Napoli, e chi a Milano, a pena, chi ronpessi e confini, s'intenda rubello.

E più arrosono agli uomini della balìa insino alla somma di 500 uomini, per loro partito.

E a dì 22 d'ottobre 1512, alloggiorono in casa Giovanni Tornabuoni, circa a 6 anbasciadori ch'andavano al Papa, dello 'Mperadore, del Re di Spagnia e de' Viniziani e di quello che s'aspetta Duca di Milano, chiamato el Moro; eravi un vescovo della Magna ch' andava per essere Cardinale.

E a dì primo di novenbre 1512, entrò la Signoria nuova, e feciono gonfaloniere Filippo Buondelmonti, fatto dalla balìa.

E a dì 6 di novenbre 1512, si partì di qui el Cardinale de' Medici e andò a Bologna.

E in questo tenpo si diceva che la giente del Papa e Viniziani ponevano el canpo a Ferrara; de' Franciosi non si diceva nulla, nè che venissino a soccorrere Milano, benchè le fortezze si tenevano per lui.

E a dì 4 di novenbre 1512, si partirono due nostri cittadini anbasciadori al Papa.

E in detto dì fu fornito el tetto di Santa +, non però degli enbrici di tutto, ma di legniame.

E a dì 11 di dicenbre 1512, venne in Firenze quei sopradetti Vescovi tornando da Roma. E dicevasi che gli era fatto Cardinale, ancorachè non portassi el cappello. Alloggiò in casa e Pucci, benchè non fu vero poi.

E a dì 12 detto, si partì ed ebbe da noi 30 mila fiorini per la lega e per la pace de' Svizzoli.

E in questo tenpo piacque a questo governo nuovo di guastare la sala del Consiglio maggiore, cioè el legniame e tante belle cose, ch'erano fatte con tanta grande spesa, e tante belle spalliere; e murorono certe camerette per soldati e feciono una entrata dal Sale; la qual cosa dolse a tutto Firenze, non la mutazione dello Stato, ma quella bella opera del legniame di tanta spesa. Ed era di grande riputazione ed onore della città avere sì bella residenza. Quando veniva una anbasceria a vicitare la Signoria, facieva stupire chi la vedeva, quando entravono in sì magna residenza e in sì grande cospetto di consiglio de' cittadini. Sia senpre a laude e gloria di Dio ogni cosa, e posto nella sua volontà.

E a dì 20 di dicenbre 1512, cominciorono a squittinare in Palagio; e ancora io andai a partito, come volle

alcuni miei amici con mia poca volontà; ma per fare a modo de' Signori. A laude di Dio.

E a dì 19 di giennaiò512, venne in Firenze el Cardinale de' Medici, che veniva di Bologna.

E a dì 24 detto, gli Otto confinorono Martino dello Scarfa per 5 anni fuora di Firenze, e in tremila forini, pagandone la metà al presente. E confinorono anche un Piero mazziere per 5 anni a Livorno, el quale gli avevono anche tolto l' uficio prima, e anche ebbe della colla, perchè dissono che gli aveva isparlato dello stato, et è da credere, perchè era uomo senplice, e lasciava andare le parole spesso carattando e cittadini, sanza pensare alcuna ingiuria.

E a dì 18 di febbraio 1512, si scoprì un poco di trattato, e inmediato alle 4 ore di notte feciono pigliare

circa a 14 giovani cittadini de' principali, che vi fu de' Capponi, Strozzi, Nobili, e Valori, Boscoli e altri.

E a dì 19 detto, gli Otto mandorono un bando che ogniuno dessi notizia dell'arme che gli avessi, per tutto dì 20 detto, a pena di fiorini 100, e dettonsi a dì 20 detto.

E in detto dì si disse che 'l Papa era morto.

E a dì 22 di febbraio 1512, andò el Cardinale de' Medici a Roma con grande prestezza.

E a dì detto si sonò lo canpane per la morte del Papa, ch'era nona; e morì a dì 20 detto in domenica.

E in questa notte mozzorono el capo a due di quegli, presi per lo stato, che fu uno Agostino Capponi e l'altro un giovanetto de' Boscoli, nel Capitano; e più confinorono Niccolò Valori in prigione a Volterra per due anni, e poi confinato per senpre a Città di Castello.

E a dì 4 di marzo 1512, entrorono e Cardinali in conclavi per fare el Papa.

E a dì 11 di marzo 1512, innanzi dì due ore, si levò el romore per Firenze che 'l Cardinale de' Medici era Papa,

e sonò molte canpane e fecesi fuochi in molti luoghi per Firenze con tanto romore e allegrezza, con tante grida, senpre Palle, che feciono levare ogniuno in Firenze insino alle donne, ogniuno alle finestre, ch' era innanzi dì più di due ore, benchè comincio alle otto ore d'uno ch'andò gridando per la città come gli era Papa; nondimeno non ce n' era nulla, perchè andando al Palagio de' Signori e de' Medici dissono che non c'era ancora nulla. E finalmente non si potè, per tutto dì, non si potè mai fare altro che gridare Palle sanza sapere nulla. Pareva ch' el popolo indovinassi quello ch'era, che fu cosa maravigliosa; ch'è vero el proverbio " boce di popolo, " boce di Dio " e nondimeno, per gli intendenti, parve cosa leggiera a sonare canpane e fare fuochi sanza sapere el vero.

E a dì 11 di marzo 1512, a ore due, in venerdì, ci fu la nuova, e 'l vero, che gli era Papa el Cardinale de' Medici, e chiamato Papa Lione Xmo; e se prima s'era fatto fuochi e festa, si fece altrimenti e d'altra voglia, per modo che s'arse innumerabili fastella di scope e frasconi, corbegli, barili e ciò che s'aveva in casa ogni povero uomo; e per tutte le minime vie della città, sanza niuna masserizia; e non sendo contento el populo, corsono per tutto Firenze a rovinare tutti e tetti d'asse che trovavono alle botteghe e in ogni luogo, ardevano ogni cosa. Pericolorono tutta la città con danno grandissimo; e se non fussi gli Otto mandorono un bando che non si rovinassi più tetti e che non si dicessi più ingiuria a' piagnioni, a pena delle forche, arebbono rovinato quegli degli enbrici e messo mano a rubare le botteghe. E durò questa pestilenzia tutto venerdì e 'l sabato a fare fuochi e panegli in Palagio, in su la cupola, alle porte e per tutto, con tanti colpi d'artiglierie, senpre gridando Palle,

Papa Lione, che pareva ch'andassi sotto sopra la città, e chi fussi stato alto arebbe detto: Firenze arde tutta la città, tanto era le grida e' fuochi e 'l fumo e gli scoppietti, e piccoli e grossi; e poi la domenica quel medesimo, e 'l lunedì poi via peggio che mai. Posono in su' canti del ballatoio del Palagio una botte da malvagìa dorata a ogni canto, piene di scope e cose da ardere, e così su per la ringhiera molte botte dorate, e su per la Piazza, con tanti colpi di spingarde. Era cosa incredibile el numero de' fuochi ch'era per la città; ogni povero aveva el fuoco all'uscio suo. E più feciono più trionfi, e ogni sera n'ardeva uno a casa e' Medici a loro proposito; che fu uno la discordia, la guerra, la paura; uno altro ne feciono della pacie, e questo non arse, come se fussi posto fine alle passioni, e che si rimanessi in pace e trionfi.

E a dì 18 di marzo, venerdì, ci feciono venire la Nostra Donna di Santa Maria Inpruneta; fugli fatto grandissimo onore, ebbe nove mantegli, che ve ne fu 7 di broccato d'oro dalla Signoria e da' Medici; e altri molti e molti altri doni innanzi a tutte le altre volte.

E a dì 21 di marzo fu fornito di coprire una volta la quale si fece in Mercato vecchio a lato a l'entrare de' beccai, verso la colonna, la quale si penò più mesi a cavarla perchè trovorono fondamenti molti difficili a cavare; e nel penare assai accadde che, per pochi provvedimenti, vi cadde di notte molte persone, e chi si ruppe braccia e chi la coscia, e dissesi che ve n' era morti. Chi l' ebbe a fare non ebbe troppa carità.

E a dì 8 d'aprile 1513, la notte, morì el nostro Arcivescovo ch'era figliuolo di Guglielmo de' Pazzi; e a dì 12 gli feciono un grande onore in Santa Maria del Fiore, e quivi è seppellito nel mezzo della chiesa. Dio gli perdoni.

E in questi dì ci fu una copia che quando e Cardinali furono in conclavi, innanzi facessino el Papa, creorono fra loro 30 capitoli di quello fussi obbrigato el Papa che sarebbe creato, sotto giuramento d'osservargli; e che 'l Papa che sarà fatto sia ubrigato a ratificare a detti capitoli sotto giuramento, innanzi sia pubblicato: fra gli altri capitoli furono questi.

1. Che non possi fare più che due cardinali di sua consanguinità, quando mancassi el numero di 24, senpre vincendo co' due terzi de' cardinali.

2. El secondo, che fussi ubrigato a ragunare una congregazione di cristiani a ordinare la Santa Chiesa, e pensare contro a gli infedeli, e leggere due volte l'anno questi capitoli nella congregazione.

3. El terzo, che non possi trarre la Corte di Roma per l'Italia sanza consenso della metà de' Cardinali, e per fuori di Italia bisogni 2/3 de' Cardinali.

E in questo tenpo stette mesi che non piovve mai, ma nevicò e stette freddo per molti dì come di giennaio, in modo che ci moriva molta giente: in pochi dì morivono e non si sapeva di che male.

E a dì.... d'aprile 1513, fu coronato Papa Lione a Roma, con grande onore e assai magnificenza e spesa.

E a dì 17 d' aprile 1513, ci fu come messer Giulio de' Medici era fatto Arcivescovo di Firenze, e fecesi molta

festa e fuochi per tutto Firenze, in modo che s'appiccò el fuoco nelle case del Vescovado, di dietro, di verso San Giovanni, che s'appiccò a certe scope che teneva in un magazzino el fornaio di sotto le volte.

E a dì 17 d'aprile 1513, andò a Roma Giuliano de' Medici fratello del Papa, a visitarlo; e andò con lui più giovani de' Tornabuoni e altri.

E a dì 17 di maggio 1513, andorono a Roma al Papa anbasciadori nostri cittadini; andorono molto in punto e orrevoli di vestimenti e cavagli, con molti giovani con diverse livree, e 50 muli di carriaggio.

E a dì 28 di maggio 1513, ci fu come el Re di Francia aveva preso Genova per forza.

E a dì 9 di giugno 1513, ci fu come el Re di Francia fu rotto da' Svizzoli che venivano a Milano.

E a dì detto ci fu come el Papa aveva fatto tre cardinali, che fu messer Giulio di casa sua, el quale prima aveva fatto Arcivescovo di Firenze; el secondo messer Lorenzo Pucci; el terzo un figliuolo di Franceschetto suo parente, e un fratello di ser Piero da Bibbiena.

E a dì detto si disse aveva fatto 4 cavalieri fiorentini, ma non furono se non due, che fu Filippo Buondelmonti e Luigi della Stufa.

E a dì 24 di giugno 1513, si fece la festa di San Giovanni.

E a dì 25 detto feciono in su la Piazza de' Signori uno castello di legniame, e fecionlo conbattere con diverse lance e arme e con mattoni crudi e bastoni, tutti sanza ferro: era dentro circa 100 uomini e di fuori furono circa 300; e fu in modo bestiale la guerra che di quegli di fuori ebbono di quei mattoni in modo che ne andò assai allo Spedale, e anche ne morì. E oltre a questo, vi cadde un palchetto e morivvi due donne e uno uomo nel medesimo dì.

E a dì 26 di giugno 1513, si gittò in Arno un cittadino al ponte a Rubaconte, e volontariamente volle affogare. E in detto dì si gittò uno altro in un pozzo volontariamente, ma fu veduto e ripescato che non affogò.

E a dì 26 detto feciono una caccia, pure in Piazza de' Signori, di tre tori, e feciono dimolto male: guastorono dimolti uomini ch'andorono a Santa Maria Nuova. E di quei tre tori n' uscì due dello steccato, uno ne corse per il Corso insino a San Giovanni, e l'altro corse insino a la Piazza del Grano, e non feciono male a persona, ed

erano calcate le vie di giente; e corsono loro dietro, e là gli fornirono d'uccidere.

E a dì 29 di giugno 1513, venne in Firenze messer Luigi della Stufa fatto cavaliere dal Papa: fugli fatto onore.

E a dì 22 di luglio 1513, venne in Firenze messer Filippo Buondelmonti fatto cavaliere dal Papa a Roma, e dettongli le bandiere la Signoria e la Parte Guelfa, e così l'ebbe anche messer Luigi.

E a dì 26 di luglio 1513, venne una saetta a Bellosguardo e ammazzò un famiglio di Francesco Girolami, el quale era dietro al detto Francesco, ch'era a cavallo, e Francesco fece mezzo isbalordire, e non morì se non el famiglio.

E a dì 10 d'agosto 1513, tornò in Firenze Lorenzo di Piero de' Medici.

E a dì 14 d'agosto 1513, venne in Firenze l'Arcivescovo nuovo, che fu messer Giulio ch' era cardinale.

E a dì 15 detto, udì la messa in Santa Maria del Fiore e dètte l'indulgenza di colpa e pena, chi stette a quella messa.

E a dì 18 di settenbre 1513, fu confinato Francesco Del Pugliese per 10 anni, che non potessi appressarsi a Firenze a due miglia, perchè aveva isparlato della Casa de' Medici d'alcune parole.

E a dì 27 di settenbre 1513, comandò la Signoria che questo dì si guardassi come la Domenica, o così si fece, che non s'aperse botteghe, a riverenza di San Cosimo e Damiano, e fecesi una processione. E in quel dì si pose a' Servi l'immagine di Papa Lione. Aveva un breve che diceva: Pastorem ut me fecisti: fammi grazia ch'io vinca l'arme colla pace, ch' io possa riducere alla fede e Turchi.

E a dì 7 di ottobre 1513, fece la Signoria che lo Spedale di Santa Maria Nuova non pagassi gabelle.

E a dì 12 d'ottobre 1513, la Signoria di Firenze si insignorì di Pietra Santa e di Mutrone, e in detto dì si prese la tenuta. A laude di Dio.

E in questi dì ci fu come gli Spagniuoli avevano rotto e Viniziani e scorso per terra quanto vollono, con grande

preda. Dovrebbono ricordarsi quando si ridevano de' Fiorentini, e quando vennono a canpo insino a Bibbiena, e come tenevano mano di tôrre loro Pisa, e senpre la tennano confortata che non tornassi sotto e Fiorentini; ora va per adverso; chi la fa l'aspetti.

E a dì 18 d'ottobre 1513, ci fu come el Re di Portogallo aveva mandato l'ubidienza al Papa e presentato queste cose: un Papa di zucchero con 12 Cardinali tutti di zucchero, grandi come uomini naturali, 300 torchi di zucchero di 3 braccia l'uno, 100 casse di zucchero e molte casse di spezierie sottili, di cannella, garofani e di tutte altre cose, uno cavallo bianco che passa tutti gli altri di bellezza; e più à mandato un moro, di quegli di Calicut, alto circa braccia 4, con molte gioie appiccate a gli orecchi e per tutto.

E a dì 20 d'ottobre 1513, venne in Firenze uno spagniuolo el quale aveva seco un garzonetto di circa 13 anni, el qual garzonetto era nato con questa voglia, o vogli dire mostro, el quale andava mostrando per la città e guadagnava molti danari; el quale gli usciva del corpo una altra creatura che aveva el capo in corpo suo e fuori pendevano le ganbe colla natura sua e parte del corpo, el quale cresceva come el garzonetto, e orinava col detto mostro, e non dava molto affanno al garzone.

E in questi dì si ruppe una catena alla sala grande sopra la Dogana, perchè vi avevano murato su.

E a dì 12 di dicenbre 1513, morì in Santa + di Firenze un frate ch' aveva predicato più dì in detta chiesa, el quale predicava molte tribulazioni a Firenze, e tutto el popolo correva alle sue prediche, perchè egli era in fama e tenuto santo, perchè era uno omuccino molto abietto,

con una cappa sola corta, a mezza ganba e misera. Chi lo vedeva si maravigliava che potessi vivere per tali freddi. Era in grande divozione e fu seppellito in Santa +; e in pochi dì vennono sua parenti ch'era da Montepulciano, e portoronlo là.

E a dì 15 giennaio 1513, ci fu nuove come la Regina di Francia era morta.

E a dì 17 di giennaio 1513, si gittò in un pozzo uno de' Martegli ch'era di tenpo d'anni 50, el quale era ammalato gravemente e morì. Forse fu per farnetico del male.

E in detto dì si gittò una monaca a terra d'un tetto alto e morì di fatto, e fu nel monasterio di Sant'Orsola.

E in questi dì ci fu come in quel d'Arezzo era una fanciulla d'un contadino la quale andava a una fonte poco discosto da casa, e qui diceva che gli appariva la Nostra Donna, e non una volta ma più volte, in modo che 'l Vescovo v'andò con molti, e lei fece vedere loro questo segno: mostrò loro una stella in cielo di mezzodì. Ho scritto questo perchè molto se ne parlava.

E a dì 19 di giugno 1514, si bandì una giostra per San Giovanni.

E a dì 21 di giugno 1514, si fecie una bella mostra.

E a dì 22 detto la processione grande.

E a dì 23 detto, si fece otto difici begli e la sera altrettanti, quando trionfò Cammillo, che rappresentava molti atti, come aveva menati molti prigioni e le spoglie e difici da conbattere, l'ariete di legname, e molte ricchezze di veste e argenterie; e dietro al trionfo di Cammillo era un canto, e dietro veniva 4 squadre d' uomini d'arme vestiti di tutte arme colle lancie in su la coscia; molto magna cosa.

E a dì 24 detto, la festa ordinaria, e 'l corso del palio, e la sera la girandola e, arso la girandola, arsono a' piedi della girandola tutti e ceri vecchi che s'offerivano per San Giovanni per mutare più belli difici.

E a dì 25 di giugno 1514, si fecie una caccia in Piazza de' Signori, e feciono venir fuori due lioni, e fuvvi orsi, leopardi, tori, bufoli, cervi e molte altre fiere di diverse ragioni, e cavagli, e finalmente e lioni: e massimamente uno che venne prima, non fece nulla per il grande tumulto del popolo, eccetto che venendo a lui certi cani grossi ne prese uno e strinselo e lasciollo morto in terra, e così el secondo; non stimando alcuna altra fiera; si posava se non era molestato e andavasene più colà. Avevano fatto una testuggine e uno istrice dove stavano dentro uomini che lo facevano andare in su le ruote, e frugavano colle lancie le fiere per tutta la piazza.

E fu di tanta stima questa caccia che si fece tanti palchetti e tanti attorniamenti in quella piazza che non fu mai veduto tal cosa di legniame, la maggior spesa al conducerlo e poi levarlo; nè credere che città al mondo potessi avere tanta copia di legniame. E fuvvi tale legniaiuolo che per potere accostarsi a una di quelle case pagava fiorini 40 d'oro, per potere appoggiare el palchetto alla casa, e fuvvi chi pagava 3 e 4 grossoni per andare in sul palchetto, e enpieronsi tutti e palchetti, finestre, tetti, che non fu mai veduto tale popolo, perchè c'era venuto gran quantità di forestieri di molti paesi. E da Roma eraci, sconosciuti, 4 Cardinali, e molti romani con molta cavalleria con loro. E finita la sera si trovò molta giente aversi fatto male e morti circa tre per conbattere con gli animali, e una bufola n'ammazzò uno. Avevono fatto in mezzo della piazza una fonte grande e bella che gittava acqua per 4 zanpilli, e intorno alla fonte un bosco di verzure con certi ripostigli da nascondersi le fiere molto bene a proposito, con truogoli bassi pieni d'acqua intorno alla fonte da potere bere le fiere. Fu ogni cosa ben considerata, eccetto che ci ebbe qualcuno di poco timor di Dio, feciono una cosa molto abominevole, che in tale piazza, alla presenza di 40 mila donne e fanciulle vi mettessino una cavalla insieme co' cavagli dove poterono vedere gli atti inonesti, che molto dispiacque alla buona e onesta giente, e credo spiacessi insino agli uomini disonesti. E

finalmente e lioni non feciono altro assalto, ma avvilissono dal grande rumore del popolo. E mi ricordo che una altra volta, che è più di 60 anni, si fece una altra volta detta caccia, e feciono venire ancora due lioni; e nel primo assalto uno si gittò a uno cavallo e preselo nel corpo, nel mollame, e 'l cavallo potente, spaventato, lo strascinò dalla Mercatantia insino a mezzo la Piazza, e se non che si spiccò tanta pelle quanta n' aveva presa colla bocca non lo lasciava; e fu tanto el rumore di questo caso che 'l detto lione se n' andò in un canto isbigottito e non fece mai più assalto nè egli nè l'altro. Per modo che non è da provarsi più per il romore del popolo. E fecesi questa caccia perchè egli era venuto a Firenze el Duca di Milano.

E a dì 26 detto, lunedì, si fecie la giostra a Santa +, che furono circa a 16 giostranti, tutti soldati, e giostrorono due onori, un palio di broccato d'oro e uno di broccato d'ariento.

E a dì 27 detto finirono la giostra e dettesi gli onori. E uno de' giostranti ebbe un colpo tale che in 3 o 4 dì morì. E sappi che questo fu via più maraviglia avere fatto e' palchetti a Santa +, ch'erano ancora el legniame in Piazza de' Signori. Avevano fornito l'una Piazza e l'altra in modo che si stupiva di tanto legniame.

E perchè e' lioni non avevano fatto prova in Piazza nella caccia come s'aspettava, deliberorno di mettere uno orso grande fra' lioni, e stettono sanza far male a l'orso

più dì; pure un tratto un lione, di quei maschi, e grande, prese quello orso per la gola e arebbelo finito, ma come dissono alcuni che vi si trovorono, una cosa incredibile, che una lionessa, veduto la quistione, andò a aiutare l'orso, e morse el lione tanto che lo lasciò; e così si stettono buon tenpo insieme sanza azzuffarsi, in modo che l'orso crebbe in modo ch' e lioni si stavano volentieri da parte.

E a dì 3 di luglio 1514, venne di mezzo dì, a Dicomano, una fortuna d'un vento più non udito, e cominciò in Val di Sieve, circa alla Ruffina, e giunse in Capraia, e giunse a Vico e alla chiesa di San Iacopo a Frascole, e al luogo mio a Vegna, e passò su pel Dicomano e all'Isola. La quale giugnendo a Vico e alla detta chiesa isbarbò molti noci, ulivi, querce, e scoperse la chiesa quasi tutta; e giunse al luogo mio e isbarbò 4 querce grosse ismisurate, 2 castagni grossissimi e molti alberi, e attorsegli come ritortole: isbarbò un noce grossissimo e un ciriegio e molti susini e peri e altri frutti, e scoperse mezza la colonbaia e ruppe molti rami di querce e d'olmi, e, per miracolo, passò alta la sua via; e all'ontaneto nostro attorse gli arbori come ritortole, che venendo el vento di Val di Sieve non doveva potere là. Fece a Poggio marino un grande danno.

E a dì... di dicenbre, a' nostri cittadini piacque loro rimettere gli ebrei in Firenze a prestare come altre volte. A molti dispiacque.

E in questi tenpi el Re di Francia tolse per donna una sorella del Re d'Inghilterra, e molto aveva assodato lo stato suo. Ogniuno giudicava che poteva con quella forza insignorirsi di Italia a sua posta.

E a dì 9 di giennaio 1514, ci fu come el Re di Francia era morto. Vedi quanto poco durò tale felicità! forse un mese stette con lei. Vedi che felicità è l'umana vita nostra, e come interronpe. Infiniti pensieri vani vengon quando altri non aspetta; messer Francesco.

E in questo tenpo andò Giuliano de' Medici per la donna chi egli aveva tolta, figliuola del Duca di Savoia.

E a dì 11 di febbraio 1514, el Vicario dell'Arcivescovo di Firenze avendo preso un certo frate di San Felice in Piazza, esaminato di certi errori fatti, lo mandò in detto dì sul pergamo di Santa Maria del Fiore, e lessesi el suo processo, e fecionlo disdire e chiedere perdonanza a Dio e al popolo; onde si ragunò tanto el popolo che fu in pericolo d'essere lapidato. Più volte si gridò, e fu necessario adoperare el bargello con fanti assai e colle spade, a rimetterlo nel Vescovado.

E a dì 15 di marzo 1514, nevicò la notte e fecesi sì grande freddo che si perderono le mandorle tutte ch'erano già grosse, diventorono guaste tutte dentro; e

nota che in tutto el verno, insino a questo dì, non era mai nevicato nè stato freddo. A ogniuno pareva essere sicuro di non avere più verno, e nondimeno fu freddo insino a mezzo aprile e rinevicò di nuovo per modo che si perderono tutte le altre frutte, e le viti n'ebbono gran danno.

E a dì 17 d'aprile 1515, nevicò di nuovo una neve sì grande che insino in Valdisieve e per tutto Mugiello, per tutti e piani, alzò assai, e finalmente insino a dì 24 detto s' ebbe gran freddo e ancora rinevicò di nuovo in su le montagne.

E in questi dì si pose a San Giovanni di Firenze catene molte grosse, e posonsi in sul cornicione di mezzo, di fuori, intorno intorno, le quali si congiugnevano insieme con chiavarde e paletti che strignevano forte, perchè parve facessi segno.

E a dì 24 di maggio 1515, fu vinto in Palagio che Lorenzo de' Medici fussi Capitano de' Fiorentini, e che lui potessi fare e disfare quanto può tutto el popolo.

E a dì 4 di giugno 1515, venne in Firenze madonna Alfonsina madre di detto Lorenzo de' Medici.

E a dì 17 di luglio 1515, venne in Firenze Giuliano de' Medici.

E a dì 12 d'agosto 1515, la Signoria dette el bastone a Lorenzo detto, e feciono la mostra di molti uomini d'arme e molti battaglioni de' nostri contadini.

E a dì 13 d'agosto 1515, venne in Firenze el Cardinale de' Medici che era Arcivescovo di Firenze e Legato della Chiesa. Fugli fatto grande onore.

E a dì 14 d'agosto, venne in Firenze la moglie di Giuliano de' Medici.

E a dì 16 d'agosto 1515, si partì di qui el Cardinale de' Medici e Lorenzo e andorono a Bologna; e tutti uomini d'arme ch' erano in Firenze.

E a dì 17 di settenbre 1515, ci fu come el Re di Francia s' era appiccato colla giente di Milano e co' Svizzoli, e che ci era morto 20 mila persone.

E a dì 24 detto, ci fu come el Re di Francia era entrato in Milano per accordo.

E a dì 26 di settenbre 1515, si disse che s'era fatto accordo, e come si bandirebbe.

E a dì 18 d'ottobre 1515, si pose quello San Giovanni Vangiolista di bronzo in Orto San Michele, e levorno quello che v'era di marmo.

E a dì 21 d'ottobre 1515, ci fu l'accordo del Re di Francia, e sonossi e fecesi festa e fuochi assai.

E in questi dì si diceva che verrebbe in Firenze el Re e 'l Papa, in modo che si cominciò a rincarare ogni cosa di camangiare e vettovaglie, e andò el barile dell'olio a lire 18, el grano andò a soldi 30, el vino a un mezzo ducato el barile, e lire 4 el meno.

E a dì 30 d'ottobre 1515, gli Otto mandavano a segnare le case per la giente che s'aspettava del Papa e del Re, e presono le case de' principali e d'ogni ragione.

E a dì 26 di novenbre 1515, alloggiò el Papa a Santa Maria Inpruneta.

E a dì 27 alloggiò a Marignolle, al luogo di Iacopo di messer Bongianni. Pensa che Firenze andava sottosopra di grande provvedimento.

E a dì 30 di novenbre 1515, el dì di Santo Andrea, in venerdì, entrò el Papa in Firenze con tanto grandissimo e trionfante onore, e incredibile spesa, che dire non si può. Direnne qualche particina.

Andogli incontro tutta la città di cittadini principali; e in fra l'altre, circa 50 giovani, pure de' più ricchi e principali, tutti vestiti a una livrea di veste di drappi pagonazze, con vai al collo, a piede, con certe asticciuole in mano darientate, molto bella cosa; poi grandissima cavalleria di cittadini. E el Papa aveva molta giente appiede, e fra l'altre aveva la guardia del Papa, moltissimi fanti Tedeschi a una divisa che portavano tutte manare alla franciosa; e a cavallo molti balestrieri e scoppettieri tutti alla sua guardia. E lui fu portato per tutta la città dalla Signoria con ricco baldacchino, e fu posato a Santa Maria del Fiore, e andò su per palchetto insino a l'altare maggiore, nella qual chiesa era tanta adorna di drappelloni con un padiglione nel mezzo, con più gradi che non s'usa: e fu accese tante falcole, che, oltre al coro, erano pieno tutto l'andito primo insino alle porte, e intorno intorno; e poi gli altri due anditi della cupola intorno tutti pieni di falcole accese; poi el palchetto ch'andava dalla porta insino in coro pieno di detti lumi e falcole. E sappi ch' el coro era con travi alzato sopra le spalle di detto coro, e uno altare nel mezzo molto adorno.

E poi, venendo giù verso Santa Maria Novella, senpre dando la benedizione, con tronbe e pifferi assai, con tanto popolo che s'aveva fatica di vederlo. Non si raunò forse mai tanto popolo in Firenze. Faceva gittare danari per le vie, grossi e monete d'ariento. E insino qui è uno ordinario; ma al presente parleremo delle cose che si missono a fare tali festaiuoli ismisurate in modo che ne rimase alcune inperfette per mancamento di tenpo. E non credere che niuna altra città o signoria del mondo avessi potuto o saputo fare tale apparecchiamento; e furono tanto grandi quanto tu potrai conprendere, che avendo più migliaia d'uomini a lavorare più d'un mese innanzi, dì di festa e dì di lavorare, non fu possibile avessino condotto dette opere a perfezione, ma alquante rimasono inperfette, avenga chè a ogni modo si vedeva la perfezione dell'opera, e la spesa tanta smisurata. E che sia el vero i' narrerà per ordine tale opere, e se io dirò le cose fatte, i' non dirò quasi nulla, tanto sono maggiori.

La prima fu alla Porta di San Piero Gattolino, la quale ruppono le mura dell'antiporto, per magnificenza, posono in terra la saracinesca, e ornorono la porta di fuori di 4 colonne grandissime di 16 braccia alte e grossissime, darientate, con base e capitegli come quelle di Santo Spirito, con più altre colonne piane con grandi architrave e cornicioni e fregi, come a tale colonne si richiede, per modo ch' andavano alte insino a certi tabernacoli che sono nella faccia della porta, con tante figure in tutti e quadri e vani, tutti di mano di buoni maestri, che non si sarebbono un'altra volta fatte con centinaia di fiorini, tutte a similitudine di storie magne che pascevano l'occhio tuttodì.

La seconda fu a San Filice in Piazza, a l'entrare in via Maggio, un arco trionfale che teneva tutta la via, molto ornato. Aveva intorno 8 colonne tonde grandi come quelle di Santo Spirito, co' molte colonne piane, co' loro capitegli e corniconi, che si richiede a dette colonne, sanza miserie d'adornamenti. E quivi era ancora molte figure di mano tutte di principali maestri, posate ne' lor vani e quadri, in modo che tenevano l'uomo a badare per intondere e loro significati e bellezza.

La terza fu al Ponte a S. Trinita che passò tutte l'altre di bellezza. All'entrare del ponte, di verso via Maggio, un arco trionfale, largo come el ponte, molto ornato; e questo aveva 6 colonne grandi come l'altre, e maggiori, posate con tanto bello ordine e maesterio, che io giudicai allora che Firenze avea tanti degni architettori e molti, che più non si può trovare al mondo. Facevano quelle colonne un certo portico che contentava tanto l'occhio che non si poteva partire da tale oggetto, con più ornamenti di figure e di colori, inanzi ad ogn'altro.

La quarta fu alla Chiesa di Santa Trinita: presono tutta la Piazza di Santa Trinita e feciono, con 22 colonne, un certo tondo come un castello con quelle colonne piane intorno, e in que' vani tra l'una e l'altra, erano panni d'arazzo e cornicioni intorno intorno, sopra dette colonne, con certe lettere in detto fregio. Di poi con altre colonne volgievano la via in Porta Rossa. Fu tanta grande opera

che rimase un poco inperfetta; benchè fu grande spesa, e non sanza amirazione a mette' a fare tale spesa.

La quinta fu in piazza de' Signori, in sul canto del Lione, el quale fu tanto bello disegno che più non si potrebbe agiugnere niente. Era un certo quadro ch'avea 4 archi trionfali, che si passava in croce in quà e in là; e ogni canto avea due base alte e grandi, e ogni basa aveva una colonna, che furono 8 colonne grandi di più di 16 braccia l'una con suo architrave, e cornicioni come si richiedeva a tali colonne. Ogni cosa pareva marmo, con tanto ordine che mai si potrebbe pensare. Che solo questo dificio sarebbe difficile a città veruna farlo: e tanto contentava l'occhio, che doleva vederlo disfare, co' maravigliose figure di buoni maestri.

La sesta fu a Palagio del Potestà, che furono 24 colonne, non sì grandi, erano più gientili, tutte dorate, le quali avevano preso in verso la via del Palagio molte braccia, con grandi cornicioni intorno intorno, per ogni verso tutte le vie; molto gientile cose, dorate; e molte figure pure buone, pure di grandissima spesa, e molte gientile disegno di gran diletto.

La settima. fu a Canto de' Bischeri, che, non sanza amirazione a vederla, aveva 27 colonne piane, le quali facevano un certo quadro che passava la via che va verso San Piero, con tanti ornamenti d'oro. Tutte quelle colonne aveano giù per mezzo loro, un festone di certe

melagrane e pine, come s'usa, tutte dorate che pareva una, cosa più ricca che l'altre di tante buone figure, che facevano badare ore intorno queste cose, alte insino alla sommità delle case, con magni archi trionfali in croce come stanno le vie.

L'ottava fu a Santa Maria del Fiore, la quale avea alla faccia 12 colonne di marmo alte e maggiori che quelle di San Lorenzo, co' magni archi trionfali alle porte, con tanti grandi cornicioni sopra alle colonne, come richiede quella grande facciata. Andavano alte presso a' primi occhi della Chiesa. Facevano stupire ogniuno con tanti quadri e ornamenti; e discesi che gli era fatto per modello a fare detta faccia, perehè piaceva a ogniuno, tanto pareva superba e signorile: s'aveva dispiacere a vederlo disfare. E in Chiesa si fece un palchetto dalla porta insino al coro, largo quanto era la porta, con ispalliere intorno; e 'l coro alzarono sopra le spalle del coro, e nel mezzo uno altare con molti ornamenti di drappelloni, e padiglione di sopra con più gradi ch'altre volte intorno al coro. E nota che tutti questi legniami si lavororono in Chiesa dì di festa e di lavorare: più d'un mese stettono con disagio le Chiese.

La nona fu al Canto de' Carnesecchi, el quale prese tutte a due le vie con un magnio arco trionfale sopra la via maestra che va alla piazza, el quale aveva dinanzi 4 colonne tonde e grandi come quelle di San Lorenzo, e 6 colonne piane co' loro cornicioni e ornamenti; molto belle cose e grandi. Andavano alte sopra le case con tante

figure di buon maestri che facevano stupire ogniuno, che davano che guatare e pensare ad ogniuno.

La decima fu a l'entrare della via della Scala, dalla Vergine Maria, con un cornicione alto quanto le case. Teneva tutta la via, con due colonne da ogni lato, una di grandezza come l'altare e maggiori con più ornamenti.

L'undecima fu alla porta del Papa, che fu preso la via tutta da l'un lato a l'altro, e lasciato solo un poco di via agli usci delle case, e turate tutte le case, le finestre ch' andavano sopra le case. Quivi era parecchi archi trionfali, uno sopra la via a l'entrare tra le case, uno nel fine, e uno ch' andava verso la sala. E teneva questo andito parecchi case, era di lunghezza... braccia, lo quale andito aveva 8 colonne grande e tonde maggiori che l'altare, e 26 colonne piane e 12 colonne piccole, a certi tabernacoli. Quivi era due facciate, quanto tenevano le case, piene di tante figure e ornamenti che, chi si poneva a guatargli si smarriva, tante varie cose di mano di maestri principali. Vi si leggieva varie fantasie e similitudini; vi si vedeva le nove Beatitudini, Beati Pacifici, Beati mundo corde, e così molte belle fantasie di storie, che io per me stupivo de' begli disegni e belle fantasie; e non erono cose da uomini grossi e goffi, ma tutte perfette figure, e poste tanto bene a proposito da valentuomini. E nota ch' a far queste cose di legname fu necessario operare queste cose Santa

Maria del Fiore, Santa Maria Novella, la chiesa e chiostri, Santo Spirito, la chiesa, chiostri e rifettorii, Santa Filicita in Piazza, S. Jacopo Soprarno, Santa Croce, el Palagio del Podestà, lo Studio, San Michel Addomini, Santo Michel Berteldi e molte altre stanze. Ed erono in modo occupate queste dette chiese, che bisognava dicessino l'uficio per altre stanze. E dì di festa e dì feriali, di notte e di dì, v'era magiore romore e fracasso, e tanto legname ch'occupava tutte le chiese, e bastò più d'un mese inanzi con più migliaia d'uomini. Non era in Firenze sì da meno dipintorello, e d'ogni arte, che non fussi condotto in tale arte, diverse cose che bisognava.

La dodecima fu un cavallo grande isfrenato sanza briglia, aveva fra le ganbe un Gigante, el quale era levato a correre ed era tutto dorato. Fu tenuto molto buona cosa, e posato nel mezzo della Piazza di Santa Maria Novella in su 'n un quadro fatto di nuovo, alto 4 braccia, di mattoni.

La tredecima fu d'una aguglia a similitudine e misura di quella di Roma, pure di legname e fasciata con tele, e dipinta del colore di quella di Roma, e feciola rizzare al Ponte di Santa Trinita dal lato di qua di verso la Chiesa, in sul canto verso el Ponte alla Caraia.

La quattordecima fu una colonna pure di legname grandissimo, alta più di 50 braccia, pure fasciata di tela e dipinta variate cose, e feciola rizzare nel mezzo di Mercato Nuovo; benchè non parve a molti che la fussi fatta a proposito; piuttosto cosa sciocca.

La quintadecima fu un gigante nella loggia de' Signori, che pareva di colore di bronzo, e posato in su le

spalliere della Loggia sotto el primo arco verso el Palagio: non fu molto stimato.

E perchè tu intenda che non s'è perdonato a spesa veruna, a Santa Maria Novella e in più luoghi, disfeciono quella bellissima scala ch' andava in sulla Sala del Papa, e feciono di nuovo un' altra, che andava insino in sala l'uomo a cavallo, come si può vedere: e non bastò questo, che gittorno in terra le mura della corte e le porte; a molti dispiaque; e più rivoltorono drento molte stanze con molta grande spesa.

E più gittorno in terra in Porta Rossa più sporti di case, e tutti e tetti delle botteghe, e in più luoghi, dove volevano la via larga. Guastorono le scalee della Badia, e di que' tetti. Non si perdonava a nulla. Fracassavasi sanza discrezione.

E sappi ch' io non n'òö scritto delle 10 parte una di quello che si potrebbe dire, e vedi, e pensa che aveamo più di 2 milia uomini a lavorare, che così si stimava, più d'un mese, di diverse arti, legnaiuoli, muratori, dipintori, carette, portatori, segatori, e di diversi esercizi, in modo che si ragionava d'una spesa di settanta migliaia di fiorini e più, in queste cose non durabili che passorono com' un' onbra, che si sarebbe murato ogni bellissimo tenpio a onore di Dio, a groria della città. Ma pure giovò al guadagno ch'ànno fatto e poveri artefici, che s' è sparso un poco el danaio.

E a dì primo di dicenbre 1515, si partì el Papa da Santa Maria Novella, e andò a casa loro al palazzo de' Medici, in sabato.

E a dì 2 detto, andò alla messa in Sa' Lorenzo, domenica.

E a dì 3 detto, in lunedì, si partì el Papa, e andò alla volta di Bologna, pure aconpagniato, buon pezzo da molti cittadini e da que' medesimi giovani vestiti a una loro livrea.

E a dì 7 detto, in venerdì, entrò el Papa in Bologna.

E a dì 11 detto, entrò el Re di Francia in Bologna.

E a dì 13 detto, el Re andò a vicitare el Papa e quivi si praticò le cose che s'ànno a fare. E 'l Papa comunicò el Re di sua mano con molta divozione, e con isperanza di pace; e non di meno non si intese nulla di loro patti.

E a dì 15 detto, si partì el Re di Bologna.

E a dì 18 detto, si partì el Papa di Bologna.

E a dì 22 detto, in sabato, giunse in Firenze el Papa a ore 24.

E a dì 23 detto, andò el Papa alla Messa in Sa' Lorenzo.

E a dì 24 detto, andò el Papa al Vespro in Santa Maria del Fiore.

E a dì 25 detto, andò el Papa in Santa Maria del Fiore, e disse la Messa lui propio, e fu ornata la chiesa di drappelloni e padiglione che passò ogni altra volta, e fra l'altre, fu accese u' numero di falcole in questa forma: pieni tutti gli anditi su alto tutta la Chiesa insino alle porte, e tutti e ballatoi della cupola intorno intorno, con grandissima solennità e grande populo.

E a dì 8 genaio 1515 venne Arno grosso in modo ch'alagò tuto el Prato d' Ognisanti e insino in Borgo Ognisanti, e fece in questi piani di gran danni; e affogò più persone quagiù di sotto.

E a dì 17 di genaio sopradetto, si consecrò la Chiesa della Nunziata de' Servi di Firenze per le mani del Cardinale.

E in questi dì fu fornito di coprire le stalle fatte dalla casa de' Medici drieto a la Sapienza, a lato alla Chiesa di San Marco da manritta.

E a dì 10 di febbraio 1515, si partì di qui più Cardinali, cioè San Giorgio e altri, ch'erano colla Corte del Papa, per andarsene a Roma.

E in questo tenpo rincarò el grano in pochi dì più di soldi 10 lo staio, andò insino a soldi 40, in modo che non si lavorando, e valendo ogni cosa. Vino valeva lire 5 el barile, l'olio andò a lire 18 el barile, la carne del porco a soldi 2, denari 4 la libra; e tutte carne care e pesci. E pesci d'Arno fu venduto soldi 16 la libbra, e altri pesci cari, e lengne molto care. In modo ch' e' poveri furono molto adolorati. Aspettavano dal Papa facessi venire grano forestiero, non ne fece nulla. Si sbigottì ogniuno vedendo consumare la roba alla gente ch' era drieto alla Corte del Papa di forestieri.

E in questi dì, insino a mezzo febraio, n'andò el grano a soldi 47 e più, e se non che la Signoria mandò bandi per coloro che lo facevano alzare, andava insino in lire 3 lo staio; lo fermorono a soldi 45.

E a dì 19 di febraio, si partì el Papa di Firenze, e andò abergo a Santa Maria Inpruneta; e partissi a ore 18 in martedì, e partissi di mala voglia, per conto de' mali cittadini che facevono rincarare el grano, e così se n'andò.

E a dì 17 di marzo 1515, morì Giuliano di Lorenzo de' Medici, fratelo di Papa Lione, e morì la notte che seguita, alle 6 ore, nella Badia del Ponte alla Badia.

E in questo tempo si stava el grano a soldi 40 o quarantadua lo staio.

E a dì 19, si sepelì el sopradetto Giuliano de' Medici in San Lorenzo di Firenze con grandissimo onore.

E in questi dì giunsono e Tedeschi in Lonbardia presso a Milano.

+

E a dì 26 di maggio 1516, si mandò le gente del' arme a pigliare el Ducato d'Urbino, e fu preso quasi tutto insino a' dì 4 di giugno, ecetto Pesero e Santo Leo, e in pochi dì fu preso ogni cosa, che non vi fu contradizione.

E a dì 19 d'agosto, ci fu nuove come Papa Lione aveva coronato duca d'Urbino el Signore Lorenzo de' Medici, con tutto el Colego de' Cardinali.

E a dì primo di luglio 1517, fu fatto 31 cardinale da Papa Lione decimo, e' nome de' quali è questo qui di sotto.

L'Arcivescovo di Como da Trauzi.

L'Arcivescovo di Siena

Signore Frangoto Orsino

L'Arcivescovo di Trani da Monte feltro

El Vescovo de' Pandolfini

El Vescovo della Valle, romano

El Vescovo Colona, romano

El Vescovo Cavaglione, genovese

El Castelano

Iacobacco

Ivrea figliuolo del generale di Milano

Feltrensis

Como

Messere Ferando Puccetti

Un francese, J. Laudovensis

Portughette figliuolo del Re di Portogallo

Fiamingo

Regente di Camera romana

Ceserino Romano

Messere Luigi de' Rossi

Giovanni Salviati

Mesere Antonio Ridolfi

El conte Ercole di Rangone

El Datario

El figliuolo di messer Iacopo da Trauzi

Mesere Francesco Ermelino da Perugia

Devichi spangnolo

El Generale di San Domenico

El Generale di Santo Agustino

El Prete notaio pisano

El Generale di Santo Francesco

E a dì 22 d'agosto 1517, fu confinato circa cento cittadini dagli Otto.

E a dì 4 di maggio 1518, si cominciò a sonare l'Ave Maria a nona, perchè s'aveva a fare la crociata, a ciò che Dio ci fussi favorevole; e fecesi digiuni e processioni asai.

E a dì 7 di settenbre vene a marito la Duchessa in Firenze al Duca Lorenzo de' Medici, e fecesi gran trionfo e festa, ed era franzese.

E a dì 4 di maggio (1519), morì el Duca Lorenzo de' Medici, e morì la moglie in capo a sette giorni.

E a dì 19 di maggio 1519, s' era cominciato la Chiesa di Santo Josefe, e in questo dì vi si fece la festa con grandissima devozione, al dirinpetto al Crocifisso drieto a Santa Croce.

E a dì ultimo di marzo si cominciò lo Spedale degl'Incurabili.

E a dì primo di dicenbre morì Papa Lione, 1521.

E a dì 9 di genaio fu fatto un Papa fiamingo ch' ebe nome papa Adriano.

E a dì 30 di maggo 1522 lo 'nperadore prese Genova per forza, che vi morì 14 mila persone, e andò a sacco.

E a dì 2 d'agosto, si sonò a festa e fecesi fuochi per la canonizazione del' arcivescovo Antonino fiorentino.

E a dì 3 detto, uno contadino da Santa Maria Inpruneta amazò in casa sua tutta la brigata, cioè sette persone, la donna, e figliuoli e 'l genero, e ficcò fuoco in casa e andossi con Dio.

E in questo anno cascò la manna quasi per tutto, che fu sì gran caldo che secava l'uve in su le vite.

E a dì 14 di settenbre, morì Papa Adriano 1523.

E a dì 19 di novenbre, fu fatto Papa Cremente; e morì a dì 25 di settenbre millecinquecentotrentaquatro.

E a dì 23 di febraio 1524, fu preso prigione el Re di Francia dallo Inperadore; e morivvi circa 8000 uomini intorno a Pavia, e andò prigione in Ispagna.

E a dì utimo di febraio, fu finito el pavimento intorno al coro di Santa Maria del Fiore, di marmo bianco, nero e rosso, che si penò circa 4 anni.

E a dì 21 di settenbre 1526, ci fu nuove come el Turco aveva preso l'Ungeria e morto el re; in un fiume anegò.

E del mese di dicenbre, fu morto el Singnore Giovanni de' Medici, de' Lanzi presso a Mantova. E facevasi le bonbardiere e tutte le torre de le mura di Firenze, che prima non s'erono fatte, e rovinavonsi le torre dette, insino al pari delle mura.

E a dì 6 di maggo andò a sacco Roma, 1527, e fugì el Papa in Castelo con ventidua Cardinali, e quivi furono tutti prigioni de' Lanzi e Spagniuoli, come piaque a Dio.

E a dì 16 di maggo, si mutò lo stato d'acordo e pacificamente, e andosene e Ipolito de' Medici e 'l Cardinale di Cortona insieme.

E del mese di dicenbre, fu liberato el Papa ch' era stato 7 mesi prigione in circa.

E a dì 27 di dicenbre, fu finito di scrivere l'ordinanza de' soldati cittadini di Firenze, gonfalone, per gonfalone.

E a dì 25 di genaio, 26, 27, 28, si fece quatro orazione, una in Santo Spirito, in pergamo, una in Santa Maria Novella e una in Santo Lorenzo e una in Santa Croce, da quatro govani fiorentini, a esortazione di detta milizia. E a dì 5 di febraio, s' apiccò 16 bandiere verde, co' loro sengni de' gonfaloni, in Piazza, che erono fatte di nuovo pe' la sopradetta milizia.

E a dì 19 di settenbre (1529), ci fu nuove come Cortona s'era data a patti al Principe d'Arangio, capitano dello Inperadore.

E così s'era ribelato Arezo.

E a dì 2 d'ottobre, venne in Firenze la Vergine Maria, e portossi in Santa Maria del Fiore nella Capela di San Zanobi, acciò chè guardasi la sua città da questa guera aparecchiatogli; e poi che fu quivi fugì la paura e lo spaventò a tutta la Città.

E a dì 10 d' Ottobre 1529, venne el Canpo delo 'nperadore e del Papa alle mura di Firenze, e col tenpo circundò intorno intorno tutta la città d'un grandissimo asedio e stette così presso a uno anno, che fu una carestia che valse lo staio del grano L. 3 e soldi 15 – che così volse la Signoria

E la libbra del Cacio.....L. 2. 18. –

E uno paio di Caponi.....L. 49. –. –

E uno paio di Galine.....L. 21. –. –

E libbre una di Carnesecca.....L. 2. 15. –

E uno Cavretto.....L. 25. –. –

E uno Agnello.....L. 18. –. –

E una libbra d'Asino o Cavallo.....L. –. 10. –

E uno cesto di Lattuga.....L. –. 6. –

E due Susine acerbe.....L. –. –. 4

E una Susina matura.....L. –. 1. 8

E una Granata.....L. –. 6. –.

E uno quartuccio di Fave molle.....L. –. 2. –

E uno mazzo di Radice.....L. –. 1. 8

E uno fiasco d' Olio.....L. 7. –. –

E la libbra de le Confezioni.....L. 2. 10. –

E libbre una di Salsicciuoli bolognesi L. 2. 18. –

E once una di Pepe.....L. –. 16. –

E una coppia d' Uova.....L. –. 18. –

E libbre una di Pere moscadelle L. –. 12. –

E libbre una di Ciriege.....L. –. 8. –

E libbre una di Castrone.....L. 2. 10. –

E un Cipolla.....L. –. 4. –

E uno fiasco di Vino.....L. 2. 2. –

E libbre una di Pesce.....L. 2. 2. –

E una Testicciuola di caveretto.....L. 1. 5. –

E una Curatella.....L. 1. 5. –

E libbre una di Candele di cera.....L. 1. 16. –

E libbre una di Mele.....L. 1. –. –

E uno Limone.....L. –. 7. –

E una Melarancia.....L. –. 6. –

E libbre una d' Uve secche.....L. –. 12. –

E una Aringa......L. –. 7. –

E libbre una di Mandorle stiacciate L. 3. 12. –

E due Noce a quatrino

E un piccolo mazzo di Bietola..... L. –. 1. –

E un piccolo mazzo di Cavolo....... L. –. 1. –

E un mazzo di Cipole fresche poraie L. –. 1. –

E una Zucca fresca.......L. 1. 15. –

E una Albercoca.......L. –. 4. –

E un Papero.....L. 14.–. –

E libbre una di Salsiccia..... L. 2. 16. –

E a dì 25 d'aprile 1530, si riebbe Volterra, che la teneva gli Spagniuoli, che la riprese per forza el Ferruccio.

E a dì 28 di maggio, si perdè Enpoli.

E a dì 3 d' agosto, fece fatti d'arme el Ferruccio, tra San Marcello e Gavinano, e ammazzò el principe d'Orangne e morì anche lui, cioè fu morto.

E a dì 8 di settenbre, si partì el canpo degli Spagniuoli e Lanzi.

E a dì 12 di settenbre, si partì Malatesta con le nostre gente.

E a dì 8 d'ottobre, venne un diluvio a Roma sì grande che fece molto più danno che non fece el sacco.

E a dì 5 di luglio 1531, venne el Duca Alessandro de' Medici in Firenze a la sua ritornata.

E del mese d'agosto 1531, si messe el ducato a lire 7 soldi 10, che prima valeva lire sette. E 'l barile valeva soldi 12, danari 6 e andò a soldi 13, danari 4. E 'l grossone valeva soldi 7 e andò a soldi 7 danari 6, e le monete che valevano soldi 28 andorono a soldi 30; e 3 quattrini bianchi andorono a 4 neri.

E a dì primo di maggio 1532, aveva a entrare la nuova Signoria, e no' la feciono più.

E a dì 3 di dicenbre, venne in Firenze, mandate da Papa Clemente, 100 reliquie in quarantacinque vasi, messe in San Lorenzo.

 

 

 

 

 

Scegli la pagina   …………………VAI ALL'INDICE GENERALE

 

 

 

 

 

  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003