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Come abbiamo visto il figlio dell'hucpoldingo Bonifazio I e' il conte Adimaro

I discendenti del conte Adimaro prendono il nome di Adimaringi

 

Gli Adimaringi

 

 

Credo vada aggiunto a questo albero un altro conte Adimaro figlio di Ubaldo

Infatti dal Repetti :

 La pieve di S. Gavino compresa nella contea di Mangona fu padronato dei conti Alberti, dei conti Cadolingi e degli Ubaldini loro consorti. Probabilmente ebbe nome di Adimari da alcun individuo di quella che Dante appellò oltracotata schiatta, della quale abbiamo già avvertito un conte Adimaro, allorchè nel 982 confermò la donazione fatta dal marchese Bonifazio suo padre alla Badia a Settimo. Ed era della stessa prosapia altro conte Adimaro nato nel principio del secolo Xl da Ubaldo e dalla contessa Roza figlia del marchese Adalberto di legge Ripuaria. La quale contessa il dì 26 marzo dell'anno 1037 risiedeva nell'Appennino dello Stale in luogo denominato Valbuona. (ARCH. DIPL. FIOR. Badia di Passignano.)

 

Stanziamento in Toscana

 

I contatti con la Toscana sono antichi .

 

Hucpold il capostipite aveva fondato il monastero di S.Andrea in Firenze

 

Everardo figlio di Bonifazio fu vescovo di Arezzo

 

La sostituzione ai vertici del regno che porto' all'affermarsi di re Ugo , comporto' per la famiglia la perdita della carica comitale; nel 931 infatti in un placito tenutosi a << villa Renno , iuditiaria Motinensi >> e' presente << Supo comes eiusdemque comitatu >>. ( si noti come nella battaglia di Fiorenzuola che aveva aperto l'ingresso in Italia di Rodolfo II , i Supponidi erano schierati in campo avverso Fumagalli : Terra e societa' nell'Italia padana pp 114-115 ) Negli anni successivi la politica di re Ugo decisa a contrastare il potere dell'aristocrazia franca e il favore concesso in seguito da Berengario II alle pretese vescovili fecero si che non sia piu' attestato alcun titolare del comitato di Modena

In tal modo si puo' spiegare il significato dell'azione patrimoniale di Bonifacio che nel 936 stipulo' una consistente permuta di beni con l'Abbazia di Nonantola, il potente monastero che godeva , insieme ad altre vastissime pertinenze , di consistenti diritti patrimoniali e giurisdizionali nella bassa pianura a nord di Bologna e Modena . Bonifacio si libera in favore di Nonantola di una consistente quantita' di possessi , piuttosto frammentati , collocati in gran parte nel Persicetano, e riceve in cambio un'intera corte situata probabilmente nell'appennino toscano

Bonifacio dunque si disfaceva di possessi fondiari in una zona in cui difficilmente avrebbe potuto mantenerne il controllo , in favore di una consistente acquisizione in un area di maggior valore strategico

 

 

 

 

…………………………Alla quale vittoria contribuì assaissimo una pergamena dei 7 dicembre, anno 1048, spettante alla Badia di Settimo, per le antiche ragioni che quei monaci

avevano nello Stale e nei luoghi circostanti. Il documento consisteva in un atto di libera donazione fatta dal conte Guglielmo Bulgaro del fu C. Lottario di Cadolo a favore

del monastero di Settimo di cotesta porzione di Appennino, posta in luogo che poi ebbe nome di Contea dello Stale, fra il territorio bolognese e il contado o distretto fiorentino.

Nel quale istrumento trovasi designato fra i confini del terreno donato, il sopranominato torrente Nespolo di Briza (ora Biscia), che è tuttora, come dissi, l’estremo limite del territorio

Toscano e delle Comunità di Barberino di Mugello e di Vernio; là dove le potenti famiglie magnatizie dei conti Cadolingi, e loro consorti, Adimari, Alberti, e Ubaldini, tennero per

molti secoli estesa signoria e podere. – Vedere ABAZIA A SETTIMO, ADIMARI E STALE.

 

 

Anno 992 

Gli Adimaringi si erano legati a parentela con i conti Guidi col matrimonio di Ghisla , figlia del marchese Ubaldo e madre di Guido II , col conte Tetgrimus II a cui aveva portato in dote i beni del Casentino

Dice Natale Rauty :

Cosi le nozze di Tegrimo II con Ghisla figlia del marchese Ubaldo , arricchirono il patrimonio familiare dei beni in Casentino . E' infatti significativo che della donazione al monastero di Strumi del 992 fosse autrice la stessa Ghisla , qualificata come comitissa , mentre il figlio Guido si limitava a partecipare e consentire alla donazione materna

 ( Natale Rauty : I conti Guidi in Toscana Formazione e strutture dei ceti dominanti nel medioevo vol II pag 250 )

 

 

Curtipaldi ( 4 dicembre 1021 ; Lami Monumenta II 1418 ) La corte Cortipaldi ( Curtis Upaldi ) appartenne poi ai conti di Panico ( documento a essa relativo del legato imperiale , vescovo Corrado di Metz , Bologna 23 gennaio 1221 : Savioli III , 2 ; p.3

 

arcidiacono Bernardo della Canonica di san Giovanni di Firenze (figlio di Bernardo e bisnipote del conte Adimaro )

dalla contesa sulla sua eredita' traggono occasione i fiorentini per la distruzione del castello di Gangalandi nel 1107

in carica dal 1036 al 1098 (dr Enrico Faini )

1065 presente per livello san Procolo dai Visdomini

Davidsohn lo dice (invece) morto in giovane eta'

 

 

 

Da Cintoia

documenti

 

(Repetti, 1, p. 758).

Secondo il Repetti il Ranieri filio b.m. Bernardo (detto Benzo) che compare nel documento del 1040 relativo ad una donazione al Monastero di Montescalari e' uno degli Adimaringi

Adimaringi i quali avrebbero avuto signoria su Cintoia sin dal secolo X

 

La convinzione che si tratti degli Adimaringi , forse generata dal Repetti , si e' fortemente radicata :

Trovo su internet ..............

Nel gennaio del 1040 i nobili Adimari signori del vicino castello di Cintoia e più precisamente Giovanni e Teodorico, figli di Teodorico e Ranieri, donarono ai monaci vari appezzamenti di terreno, per complessivi tre scaffili, situati nelle vicinanze

Cosi come sussiste la convinzione che il comune di Greve porti nello stemma i colori degli Adimari : oro e azzurro

 

 il Monastero Vallombrosiano di Montescalari era vicino a Cintoia alta

 

 

 

documento del 1040

(Diplomatico, normali, San Vigilio di Siena, 1040 gennaio),

l'atto e' edito nelle " Le carte del Monastero Vallombrosiano di Montescalari " di Giulia Camerani Marri

Ranieri di Benzo , assieme a Giovanni e Teodorico, figli del fu Teodorico, forse suoi cugini, offriva alla badia alcuni beni nella valle di Cintoia. Vengono detti signori del castello di Cintoia

 

Ranieri di Bernardo (detto Benzo) era, probabilmente, un da Cintoia, membro di una vasta consorteria egemone nel Chianti, presso la badia di Montescalari.

 

 

 

 

 

 

(Giovanna Casali ) Questo e' il primo documento in cui e' ricordata l'abbazia di San Cassiano a Montescalari .In esso Giovanni e Teodorico figlioli di Teodorico e Ranieri di Bernardo donano tre scaffili di terra ( circa 36 staiora a seme , la staiora e' quanto si puo' seminare con uno staio di grano , circa 1/5 1/6 di ettaro) ed altri beni che questi avevano a Gaville. Nella cosidetta "charta offersionis" documento che accompagnava queste donazioni si legge sempre, infatti questi beni donati nella loro interezza cum casis et terris ,vineis ,seo solamentis ,curtis, ortas ,campis ,pratis , pasculis , silvis , salctis , satiionibus , arboribus , pumiferis , fruptiferis ,cultis rebus vel incultis,diuisum et indiuisum, mouibilis et inmoulibus.......

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Davidsohn accoglie la tesi del Repetti che per primo accenno' ai legami tra gli Adimari e la stirpe franca discesa da Bonifacio I , senza fornire pero' giustificazioni alla sua asserzione.

EMANUELE REPETTI nell'appendice al suo "Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana" 6 volumi Firenze 1833 -1846 ( ristampa anastatica Firenze 1972 )

Nel "Supplemento al dizionario geografico, fisico, storico della Toscana ", VI, Firenze 1846 tomo VI ( tavola VII appendice elabora l'albero genealogico dei conti Alberti di Vernio) e per primo ipotizza la discendenza degli Adimari da il conte Adimaro figlio del marchese Bonifazio I 

 

 

 

Da Boglione Alessandro......................Signorie di castello nel contado fiorentino: i da Cintoia di Val d'Ema

Posso arguire :

I signori del castello di Cintoia

Secondo il Repetti, la famiglia si identificherebbe con una ben nota casata magnatizia fiorentina, gli Adimari, discesi da un Bernardo detto Bensi, i quali avrebbero avuto signoria su Cintoia sin dal secolo X (Repetti, 1, p. 758). Questo Bernardo è rammentato, è vero, nell'atto del 1040 di cui sopra come padre di uno dei contraenti, cioè di Ranieri "figlio della felice memoria di Bernardo che fu chiamato Benzio", ma l'autore del Dizionario non giustifica in alcun modo la proposta agnazione, tanto da far sorgere il sospetto che si abbia a che fare con una manipolazione di qualche genealogista compiacente e di pochi scrupoli allo scopo di riscattare, coll'attribuirle una signoria di castello, quella che Dante (Paradiso, XVI, v. 118) aveva bollato come la tracotante schiatta "che venia su, ma di piccola gente". All'equivoco, se involontario, potrebbe aver dato spunto la circostanza che nelle carte di Montescalari gli Adimari sono menzionati nel 1117 quando una Ermellina, figlia di Ranieri "Bensi" -(verosimilmente il personaggio che compare nel più volte ricordato atto del 1040), vedova.di Pagano "figlio di Cosa" , vendette insieme al figlio Giovanni detto Adimaro un appezzamento di terreno alla Badia di Montescalari (S. Vigilio, 1116 gennaio). Lo stesso figliolo di Ermellina, dato come Adimaro dei "nipoti di Cosa" donde il nome di una famiglia fiorentina, i Cosi, fondatori della chiesa di S. Maria Nepotecosa, nell'antico, demolito centro della città -compare due anni dopo quale testimone in un altro contratto relativo a certi beni nel plebato di Cintoia, nei quali era interessato il suddetto monastero. Gli Adimari e i"nipoti di Cosa" erano consanguinei, afferma Giovanni Villani (libro V, cap. 11) ma né gli uni né gli altri avevano a che vedere con i nostri castellani, ai quali non allude neppure un Alessandro di Bernardo Adimari, autore agli inizi del Seicento di una storia della sua famiglia (Delizie, 1770-1789, vol. XI, pp. 219-268). Egli afferma, fra l'altro, che gli Adimari per antica tradizione erano oriundi della Francia; ma che giungessero in Italia al seguito di Carlo Magno, il quale li avrebbe insediati nell'alto bacino dell'Ema, resta da provare...

 

Vediamo ora questo documento , in cui compare Ranieri di Bernardo ( detto Benzio ) presunto padre di Hermellina madre di un Bernardo e di un Giovanni detto Adimaro.

L'attribuzione di Ranieri agli Adimaringi e' basata su queste considerazioni :

 Hermellina e i suoi discendenti compaiono ( come attori o come testimoni ) piu' volte nei documenti del Monastero di Montescalari

 Questo fatto porta a collegare il padre di Hermellina che si chiama anche lui Ranieri di Benzio col Ranieri di Benzio del 1040

 I figli di Hermellina portano nomi tipici degli Adimaringi ( Adimaro e Bernardo )

 L'adozione di questi nomi porta a pensare a un legame di Hermellina con gli Adimaringi

 Di conseguenza si collega il Ranieri del documento del 1040 agli Adimaringi

 

in realta' non capisco il dire del Boglione , non c'e' infatti contraddizione su l'eventuale discendenza dagli Adimaringi e l'essersi poi distinti come i Da Cintoia

in effetti la cosa non e' assolutamente dimostrata ma non e' nemmeno dimostrato il contrario , rimanendo i suddetti elementi che meritano di essere chiariti

 

dice Tiziana Lazzari

Già lo stesso Repetti nell'appendice del suo " Dizionario Geografico Storico della Toscana " ipotizzava la discendenza degli Albertí, dei conti di Panico e degli Adimari di Firenze dalla famiglia dei conti di Bologna ". Le ricostruzioni genealogiche che uniscono attraverso i secoli rami di famiglie diverse attribuendo loro un unico capostipite vengono spesso accusate di fare " quadrare i conti " con fantasiose integrazioní. Tuttavia, l'ampia erudizione di storici come il Repetti rende degne di attenzione anche certe ricostruzioni a prima vista immaginose: seppure non rigorosamente documentate esse dimostrano comunque una forte verosimiglianza. E' opportuno infatti, nella ricostruzione moderna delle genealogie, prestare attenzione agli ambiti d'azione politica e patrimoniale dei personaggi di cui ci si occupa: se, infatti, i nessi parentali possono sfuggire a causa di una documentazione scarsa e discontinua, più facile è inserire le persone all'interno di reti di relazioni politiche e patrimoniali; la ricostruzione di queste reti è in realtà il fine della ricerca genealogicofamiliare ".

 

 

 

 

Documento anno 1065

Carte della Badia num 60

Il vescovo Pietro da a Livello la chiesa di S. Procolo in Firenze coi possessi, all'abate della Chiesa e del monastero di Badia, per la pensione annua di 12 denari d'argento

s.m. Bernardi filio b.m. Teuderichi et Soavitio filio bm Teuderichi qui Pagano fuit vocatus

 

 

 

Questo albero genealogico evidenzia nomi usati dagli Hucpoldingi : Gualfredo , Alberto , Enrico , ( piu' quel Rodolfo )

 

documento 1070

Ranieri di Benzo con Teodorico di Giovanni e con Bernardo di Teodorico confermano al monastero di Monte Scalari la terra di Cugnale?lo che era da loro stato fatto un'altra volta in presenza del Duca Gottifredo , allorquando amministrava giustizia in Firenze

 

Nel 1078

e' documentata la presenza di un individuo di nome Eppo quale abate dell'abbazia di San Cassiano a Montescalari

 

Eppo e' il nome che porta uno dei figli del conte Adimaro

 

 

I discendenti del conte Adimaro

 

Ma torniamo alle prove documentarie certe sui discendenti del conte Adimaro

I documenti che verranno esposti nel seguito ci permettono di tracciare il seguente albero genealogico :

 

 

 

 

 

 

anno 988 compare il conte Adimaro figlio di Bonifazio

La charta firmationis dell'anno 988 ,deperdita , il cui testo rimane regestato in un cartulario dello ASF, compagnie religiose soppresse, n.479,302,c.11r , a ricordo e a conferma di beni concessi alla chiesa di San Pietro a Ema da Rubaldo e Bonifacio e confermati per cartula iudicati da Adimaro di loro nipote e figlio (Luciana Mosiici )

 

 

 

 

 

 

 Anno 992 

 

Gli Adimaringi si erano legati a parentela con i conti Guidi col matrimonio di Ghisla , figlia del marchese Ubaldo e madre di Guido II , col conte Tetgrimus II a cui aveva portato in dote i beni del Casentino

Dice Natale Rauty :

Cosi le nozze di Tegrimo II con Ghisla figlia del marchese Ubaldo , arricchirono il patrimonio familiare dei beni in Casentino . E' infatti significativo che della donazione al monastero di Strumi del 992 fosse autrice la stessa Ghisla , qualificata come comitissa , mentre il figlio Guido si limitava apartecipare e consentire alla donazione materna

 ( Natale Rauty : I conti Guidi in Toscana Formazione e strutture dei ceti dominanti nel medioevo vol II pag 250 )

 

 

 

Dallo storico Alessandro Pallavicino :

Bonifacio I ...........e un figlio , Adalberto , attestato in un placito a Marsaglia nel 973 come "Dei gratia comes", evidentemente diverso dal conte Adalberto che insieme alla moglie Bertilla ed ai figli Bonifacio, Valfredo e Adalberto fonda nel 981 il monastero di famiglia di S. Bartolomeo di Musiano che e' invece figlio del "marchio et dux "Ubaldo e di Valdrada

Alfred Hessel credette in un errore del copista in quanto si conosceva solo un conte Adalberto , figlio del marchio e dux Bonifacio che aveva per moglie Valdrada, sorella di re Rodolfo II di Borgogna. Quindi secondo lui, Ubaldo venne scambiato dal copista per Bonifacio .Gia' Ludovico Savioli cerco' in precedenza di porvi rimedio sostenendo la possibilita' che Ubaldo stesse per TeUbaldo e fosse da identificare con Teobaldo figlio di Bonifacio.

.....Tutti costoro non conoscevano un documento del 992 in cui compare una Villa figlia di un marchio Ubaldo e vedova del conte Tegrimo dei conti Guidi . Quindi un Ubaldo ( II ) padre del conte Adalberto e di Villa II esisteva veramente ed era marchio e dux

Se Villa II ha sposato il conte Tegrimo II , che nel 963 era puer il padre Ubaldo doveva essere della stessa generazione della prima Villa

Allora Ubaldo dux et marchio va annoverato tra i figli di Bonifacio ed avendo nel 981 due nipoti su tre gia' maggiorenni in quanto sottoscrivono all'atto e portando il nome guida della famiglia doveva essere il primogenito

 

 

 

Su un sito internet (questi dati credo dal Repetti )

 La pieve di S. Gavino compresa nella contea di Mangona fu padronato dei conti Alberti, dei conti Cadolingi e degli Ubaldini loro consorti. Probabilmente ebbe nome di Adimari da alcun individuo di quella che Dante appellò oltracotata schiatta, della quale abbiamo già avvertito un conte Adimaro, allorchè nel 982 confermò la donazione fatta dal marchese Bonifazio suo padre alla Badia a Settimo. Ed era della stessa prosapia altro conte Adimaro nato nel principio del secolo Xl da Ubaldo e dalla contessa Roza figlia del marchese Adalberto di legge Ripuaria. La quale contessa il dì 26 marzo dell'anno 1037 risiedeva nell'Appennino dello Stale in luogo denominato Valbuona. (ARCH. DIPL. FIOR. Badia di Passignano.)

 

 

Atto dell'anno 1039 ( XIII appendice ) riguardante Vallombrosa

 

Natale Rauty Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

In un atto del 3 luglio 1039 in Firenze dove Itta ,abbadessa del monastero di Sant'Ilario ,dona al monastero di Vallombrosa vari terreni 

In nomine sancte et individueTrinitatris ......Quosdam viros de Sancti Miniatis monasterio , quos vobis bene notos esse credimus in eremo que Vallisumbrosa vocatur , sicut vos scitis , suscepimus in loco qui dicitur Aquabella, in proprietatem silicet nostri monasteri quod est in onore sancti Illari sito Alfiano, qui meliorandi vite gratia cenobium ,quod multa populositate frequentabatur reliquentes , in loco solitario vitam sanctam actitare maluerunt. ............ Quod cernenses ,ego Itta , Sancti Illari abbatissa .. concedo itaque atque confirmo predicto venerabili loco per circuitum eisdem pro cimitario et officinis, ortis et vineis et campis fructum et pratis et pascuis omnem terram que estad unum tenentem cum cerrito,tam arborosa quamque et sine arboribus que istis terminis concluditur ,ex unum quidem latere abet terminum fossa de Franco et terram que dicitur Pascianise , ex alia parte abet terminum Massam Restunclaiam et terram Pascianise usque ad iugum Alpis , de tertia abet terminum terram Adimari , de quarta parte abet terminum terra eiusdem Adimari et alia terram nostri monasteri ,videlicet Sancti Illari

 

 

 

Da questo atto si puo' vedere che esistono delle terre nominate come terre di Adimaro e sono vaste

 

 

Anno 1046

San Miniato, 1046 novembre 22, n. 24: Bernardo figlio del fu conte Adimaro refuta alla chiesa di San Pietro a Ema certi suoi beni in Val d'Ema.

San Miniato

Bernardo figlio del fu conte Adimaro refuta alla chiesa di san Pietro a Ema

sono presenti i fratelli di Bernardo : Eppo ed Ugo figli del conte Adimaro

tra i testimoni

Davitjo vicedomino

Gherardi filio Berte

Petrus filio Florentj

Petrus et Vuido et Ugo germani filli Petroni

Tetbaldo filio Brinci , qui fuit iudex

troviamo "Petrus qui Ioco vocatur filius bone memorie Florentii" . Già da tempo Pietro / Gioco frequentava l'ambiente dei fiorentini più cospicui. È difficile non riconoscerlo in quel Pietro di Fiorenzo che, nel 1046, è testimone in Santa Reparata di una refuta fatta da Bernardo figlio del fu conte Adimaro alla chiesa di San Pietro a Ema . ( Enrico Faini )

il motivo per il quale questa carta si trova conservata nel fondo cistercensi e' da addursi al fatto che nell'archivio del cestello confluirono le pergamene dell'abbazia di S. Salvatore a Settimo verso la quale gli Adimari del conte furono benefattori con elargizioni effettuate da Bonifacio e da Rubaldo

 

Nota bene non conosco gli atti di queste donazioni all'abbazia di S. Salvatore a Settimo ???

 

Anno 1077

 

 

Canonica, 1077 luglio 3, Firenze, n. 93

Ademario del fu Bernardo e Gasdia del fu Cico, vedova di Ubaldo figlio del suddetto Bernardo, "professi sumus lege nostra vivere Ribuariorum", donano alla Canonica tutti loro beni posti a Rovezzano e Varlungo

TT Guido castaldus domine Matilde, Fulcus bm Adimari, Guido bm Berizi, Ugo bm Trasmundi lege viventibus ripuaria, Bellinus bm Florentii, Ugo f Teuzi

(è presente anche Bonusfantinus castaldus Matilde)

SS. Iohannes iudex, Petrus iudex

R. Iohannes not.

(Ubaldo, il defunto, sarebbe il padre dei fratelli Ildebrando e Adimaro del 1108). Questi sono di legge franca (ripuaria), come emerge dalla loro dichiarazione e questo li ricollega agli Ucpoldingi (di aristocrazia carolingia). (Enrico Faini )

 

 

 

Rovezzano e Varlungo stanno in quella zona di Firenze dove, un secolo dopo, gli Adimari Nepotecosa avranno proprietà. (Enrico Faini )

 

 

Davidsohn

arcidiacono Bernardo della Canonica di san Giovanni (figlio di Bernardo e bisnipote del conte Adimaro )

dalla contesa sulla sua eredita' traggono occasione i fiorentini per la distruzione del castello di Gangalandi nel 1107

in carica dal 1036 al 1098 (dr Enrico Faini )

1065 presente per livello san Procolo dai Visdomini

Davidsohn lo dice (invece) morto in giovane eta'

 

 

Ed eccoci ad un atto molto importante ! per tanti aspetti

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

atto num 92

1096 ottobre monastero di Vallombrosa

Adimari e Ildibrando , fratelli , figlioli di Ubaldo , donano a Vallombrosa tutte le terre , selve , arbori , et Alpe chiamato Vallombrosa come aveva fatto il conte Guido

Adimari et Ildibrando ,germani filii Ubaldi,quia pro Dei Timore et remedium anime nostre et anima de genitoris et genetrice nostra ,da modo in antea promittumus et spopondimus et reflutamus ad ecclesia et monasterio Sanctae Marie sito Valle Umbrosa , in manus Teuderichi prepositi , in vice de ipso monasterio , et Florentii abbas ,de integris omnibus terris et silvis et arboris de Alpe que vocatur similiter Valle Umbrosa , in eiusdem modo reflutamus et promittimus infra ipse finis et termini , sicut fecit et reflutavit Guido comes ad ipso monasterio , qui de una parte habet fossade Franco et terra Pascianise , de alia parte habet terminum Massa Ristunchiaia et terra Pascinise et usque ad iugum Alpis ,de tertja habet terminum eiusdem terra Adimari , de quarta parte habet terminum terra Adimari et alia terra Sancti Illari ....Factum est in presentia Gotuli filio Rustici et Rolandi filio Guidi et Henrighi filio Regimbaldi et reliqui plures........

Cita il Rauty : tra le varie note dorsali la piu' antica del secolo XII reca :

Breve refutationis quod fecerunt Adimarius et Ildiprandus filii Ubaldi Adimaringi

 

 

Ricordo l'atto del 3 luglio 1039 in Firenze dove Itta ,abbadessa del monastero di Sant'Ilario ,dona al monastero di Vallombrosa vari terreni 

In nomine sancte et individueTrinitatris ......Quosdam viros de Sancti Miniatis monasterio , quos vobis bene notos esse credimus in eremo que Vallisumbrosa vocatur , sicut vos scitis , suscepimus in loco qui dicitur Aquabella, in proprietatem silicet nostri monasteri quod est in onore sancti Illari sito Alfiano, qui meliorandi vite gratia cenobium ,quod multa populositate frequentabatur reliquentes , in loco solitario vitam sanctam actitare maluerunt. ............ Quod cernenses ,ego Itta , Sancti Illari abbatissa .. concedo itaque atque confirmo predicto venerabili loco per circuitum eisdem pro cimitario et officinis, ortis et vineis et campis fructum et pratis et pascuis omnem terram que estad unum tenentem cum cerrito,tam arborosa quamque et sine arboribus que istis terminis concluditur ,ex unum quidem latere abet terminum fossa de Franco et terram que dicitur Pascianise , ex alia parte abet terminum Massam Restunclaiam et terram Pascianise usque ad iugum Alpis , de tertia abet terminum terram Adimari , de quarta parte abet terminum terra eiusdem Adimari et alia terram nostri monasteri ,videlicet Sancti

 

Poiche'si parla delle stesse terre e dopo 60 anni continuano ad esser designate al medesimo modo : terram Adimari. Questo mi sembra renda possibile che , come si continuava a parlare ancora nel 1096 di terre di Adimaro , si potesse anche parlare di Filii Adimari intesi come discendenti dal conte Adimaro

Inoltre e' interessante quell'Adimaringi attribuita , sicuramente per il tipo di scrittura , dal Rauty ad una mano del XII secolo (inizio, mezzo, fine ? )

Si possono fare , veramente , diverse considerazioni su questi atti

 

 

 

 

 

 

 

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

atto num 115

1099 settembre a Strumi

Il conte Guido IV ed il figlio marchese Guido ,davanti all'altare di Santa Maria di Rosano , dichiarano a Berta (figlia di Guido IV ), abbadessa del monastero di Rosano , di rinunziare a tutti i diritti di albergaria , placito , districtum , usum ,et ius , loro spettanti sul castello ,chiesa , monastero e borgo di Rosano

Bernardi filii bone memorie Teuderici , Sichelmi ,filii bone memorie Guidonis , et Ugonis,filii bone memorie Guitjtjonis , et Iohannis , filii bone memorie Berardi, et Guinitii et Aldibrandi , filiorum bone memorie Guidonis , et Ubaldi , filii Actjonis , et Adimari filii bone memorie Bernardi ,et Rolandi ,filii bone memorie Gulgelmi

 

In questo atto e' presente oltre ad Adimaro di Bernardo un Da Cintoia : Bernardo di Teodorico

Questo Adimari e' presumibilmente il fratello di Ubaldo dell'atto del 1077

Non sara' presente all'atto del 1108 o era gia' morto senza eredi o non aveva diritti sul castello di Gangalandi

 

 

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

Atto num. 121 Strumi,davanti all'abbazia di San Fedele

Il conte Guido V garantisce alla chiesa di San Pietro di Luco , dipendente dell'abbazia di Camaldoli , il possesso dei beni che la chiesa potra' in qualsiasi modo acquisire , posti nei territori sottoposti alla giurisdizione dello stesso conte

 

Signum manum testium rogatorum Rolandi iudiciset Rolandi quondam Inki filius et Ildebrandi Ubaldi filius olim , testi rogati fuere

 

 

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

Atto num 136 Strumi 31 gennaio 1104

Adimari figlio di Ubaldo

Presente a Strumi il 31 gennaio 1104 ad un atto della contessa Imilda moglie del conte Guido Guerra V , in cui la contessa dona alla congregazione Vallombrosana ed all'abate Bernardo alcune proprieta'

Signa manuum Adimari filii Ubaldi et Drudi filii Bosi et Ioannis magistri et Ildebrandini et Enrici de Pupilio rogatorium testium

 

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

Atto num 143

Pistoia presso la chiesa di San Salvatore febbraio 1108

Il conte Guido V Guerra ,figlio del conte Guido IV, conferma alla pieve di San Giovanni a Villiano l'atto di concessione che a favore della stessa pieve aveva rilasciato il padre suo. Il conte Guido riceve venti soldi dal pievano Pietro a titolo di servitium

Hoc autem factum est presentia Ildibrandini filii Ubaldi , atque Etioli filii cuiusdam Bacarelli, nec non Ardiccionis filii quondam Enrichi , et Birri de Florentie

 

 

 

 

 

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da " Storia di Firenze : Le origini " Davidsohn pg 549 e sg

Alla distruzione di Prato si riconnette un'altra impresa militare dei fiorentini. Di la dall'Arno a circa 12 km soltanto da Firenze ,dirimpetto a Signa e piu' alto dell'attuale Lastra , sorgeva il castello Gangalandi chiamato anche Monte Gualandi, che dalla cima del colle dominava la navigazione fluviale e le relazioni commerciali della citta' con Pisa e col mare; specialmente le barche con carichi pesanti non potevano ne' partirsi da Firenze stessa , ne' risalendo il fiume continuare oltre il porto di Signa. Il castello era degli Adimari

Bisogna credere che gli Adimari avessero fatto causa comune con gli Alberti loro consorti, perche' l'anno stesso della distruzione di Prato vediamo i fiorentini rivolgere anche contro di loro le armi

Furono pretesto alla guerra certe imposte ecclesiastiche , ma la ragione vera e' da ricercarsi negli interessi del commercio sempre piu, rigoglioso e nell'odio contro le pretese di una famiglia magnatizia che al commercio doveva essere particolarmente molesta con i suoi domini lungo l'Arno perche' anche piu' a valle di Gangalandi alla Gonfolina , dove lo stretto passo del fiume ne rendeva facile il dominio, essi erano diventati proprietari di terre e castella. Sembra anzi che col conflitto per Monte Gualandi s'intrecciassero alcune per l'eredita' di questi possessi , che gia' avevano appartenuto all'arcidiacono Bernardo figlio di Bernardo, nipote di quel conte Adimaro sopra ricordato. Morto ancor giovane l'arcidiacono , la famiglia dei"Filli Adimari" (cosi essa era chiamata ) si era impadronita dell'eredita' di lui , mentre la Canonica accampava pretese sulle terre lasciate dal suo arcidiacono , e le ebbe infatti molto piu' tardi in seguito ad un accomodamento ( Forschungen pag 81 )

Ma il pretesto effettivo per la guerra contro gli Adimari l'offriva il Capitolo del Duomo con le sue lagnanze per l'appropriazione indebita dei beni e delle decime delle chiese di San Martino e di San Michele in Gangalandi , dipendenti dalla parrocchia di San Lorenzo in Signa , che era a sua volta da un secolo e mezzo proprieta' della canonica fiorentina. Ora la cittadinanza all'improvviso facendo , degli interessi e delle lagnanze dei canonici causa propria , assali' Monte Gualandi e distrusse il castello ; e fu distruzione cosi completa cosi completa che non rimase nemmeno traccia delle rovine. Ma la guerra o almeno la contesa con gli Adimari deve esser durata ancora alcuni mesi , perche' soltanto nell'anno successivo ( 1108 ) si venne ad un accordo. Alla cittadinanza doveva bastare di raso a terra il castello e di aver saputo mostrare forza abbastanza da poterne impedire all'occorrenza la ricostruzione e punire eventuali future angherie . Percio' stette paga all'abolizione delle imposte ecclesiastiche, e su questo punto avvenne un accordo grazie ai buoni uffici del vescovo Ranieri , dell'arcidiacono Pietro e di alcuni nobili del territorio , fra i quali un membro della famiglia Ubaldini , e con l'intervento del vice conte del vicino castello di Carmignano , che probabilmente era li a rappresentare il suo signore , il vescovo di Pistoia , alleato dei fiorentini contro Prato e gli Alberti. Questi conti gia' tanto potenti , ora si esprimono in termini cosi umili e contriti che solo una dolorosa sconfitta e un profondo avvilimento possono spiegare .<<Con voce di lamento >> (Forschungen pg 80 ) riconoscono i loro peccati ; e richiamandosi alla legge di Giustiniano (ecco anche qui un raggio della rinascita del diritto romano nella lotta fra le cittadinanze e la potenza feudale ), convengono che a nessuno e' lecito stornare i beni della Chiesa a fini privati . Chi cosi fa e' malversatore della Chiesa , ed essi <<spaventati da simili considerazioni , convertiti alla ragione e alla pieta'>> restituiscono le decime trattenute dai loro progenitori , assicurano di non voler piu' commettere abusi e di rinunziare alle imposte con le quali fino allora avevano oppresso quelle chiese.

Riordinata l'amministrazione delle chiese , furono ad esse restituite le terre e le case , soprattutto quelle sulla riva dell'Arno , comprese nel distretto stesso del castello atterrato , il che aveva una grande importanza non solo religiosa ma politica . La proprieta' di quelle case infatti , assicurata cosi ai canonici che stavano sotto l'influenza della cittadinanza , significava sicurezza per la navigazione sull'Arno e per il commercio del porto vicino. Agli Adimari rimase soltanto il diritto di patronato sulle chiese senza la possibilita' degli abusi ai quali fino allora esso aveva dato luogo.

Ma nonostante la sommissione cui per allora erano stati costretti, essi speravano forse che questo diritto avrebbe offerto loro un pretesto per ricostruire in tempi piu' propizi il castello atterrato ,e riacquistare di lassu' la loro dispotica signoria sulla navigazione fluviale. Vana speranza !

 

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Anno 1108

Canonica, 1108 marzo 25 - settembre, n. 156

I fratelli Bonefazio e Alberto figli di Eppo, i fratelli Adimario e Ildebrando figli di Ubaldo, Sesmondo figlio e Adalascia moglie del detto Bonefazio, Bernardo figlio e Gasdia moglie del detto Adimario, Guilla moglie del detto Ildebrando e Ghisla moglie del detto Sesmondo refutano alle chiese di San Martino e Sant'Angelo a Gangalandi le decime e gli uomini liberi o i loro servi, sottratti, le riuniscono inoltre entrambe in un solo corpo, cui concedono alcune terre e cui sottopongono lo spedale di Monte Politano e di cui si riservano il patronato.

S. Pietro arcidiacono di Firenze, Alberto iud

TT. Gherardo visconte da Carmignano , Mito da Pogni, Gherardino di Azzolino, Giovanni di Diprassia, Folcardino di Folchetto, Ildebrandino detto Crasso di Ubertello, Ugo di Ubaldino.

R. Gherardo n.

 

 

Il Fiumi nel suo "Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina" dice :

agli Adimari , i quali , appartenenti alla schiatta dei conti Alberti , discenderebbero dal marchese Bonifazio. I fiorentini avrebbero mosso guerra agli Adimari ,proprietari del castello di Gangalandi ,nel 1107 ( Davidsohn Forschungen I pg 80--81 Storia di Firenze pg 549 e sgg ) Il Davidsohn basa basa questa sua asserzione sull'albero genealogico dei conti Alberti di Vernio elaborato da Emanuele Repetti (Dizionario VI appendice tav VII )Il conte Adimaro figlio del marchese Bonifazio , che mori' dopo il 988 , sarebbe il capostipite degli Adimari fiorentini. E' evidente che questa ricostruzione basata soltanto sulla concordanza del nome Adimaro , e' del tutto arbitraria. Intorno al 1000 ed in eta' comunale il nome Adimaro e' abbastanza diffuso, ed e' da escludere che esso potesse caratterizzare una sola casata........................

...........il castello di Gangalandi era di proprieta' degli omonimi conti , probabilmente consorti degli Alberti, divenuti cives fiorentini del sesto d'Oltrarno ( Villani Cronica IV 13 V 39 ) ed ascritti poi alla parte magnatizia ( Salvemini Magnati e popolani pp. 329 377 )

 

In realta appare evidente come Il Davidsohn avesse ben altri elementi di quelli che presume il Fiumi ( con una certa ingenuita' : E' evidente che questa ricostruzione basata soltanto sulla concordanza del nome Adimaro ...... )

Dall'atto del 1108 parrebbe di capire una cosa diversa di quella sostenuta dal Fiumi intorno a Gangalandi

 

 

Sarebbe interessante capire l'atteggiamento dei conti Guidi e di Matilde che era ancora viva ( morira' nel 1115 ) in merito all'aggressione dei Fiorentini agli Alberti e agli Adimaringi

Gli Adimaringi si erano legati a parentela con i conti Guidi col matrimonio di Ghisla , figlia del marchese Ubaldo e madre di Guido II , col conte Tetgrimus II a cui aveva portato in dote i beni del Casentino

 

Ritroviamo intensi contatti tra il conte Guido V e gli Adimaringi Ildebrando e Adimari tra il 1099 e il 1114

E' del 1107 la notizia della sconfitta che gli Adimari subiscono dai Fiorentini e della distruzione del castello di Gangalandi

 

Documenti per la storia dei Conti Guidi in Toscana . Le origini e i primi secoli 887-1164

Anno 1114 , 29 ottobre Castello di Colle di Pietra o Petrella

Atto 150 sono presenti tra i signum manum Ildebrandi e Almarignis filii quondam Ubaldi

Atto 152 sono presenti Ildebrandi et Amari germani, filii quondam Ubaldi

Questo e' un atto importante per i Guidi

Il conte Guido V e la moglie Imilia figlia di Rinaldo ,cedono a titolo di permuta ad Ubaldo priore del monastero di San Salvatore di Fucecchio , il castello di Petrella (o Colle di Pietra) con la corte di Ripolí, il castello e la corte di Cerreto, il castello e la corte di Vinci. Gli stessi conti ricevono in cambio dal monastero tre porzioni del castello e della torre di Salamarzana, la metà delle tre porzioni del poggio e borgo di Fucecchio, che il conte Ugo [dei Cadolingil aveva lasciato per testamento al monastero, la metà del castello e corte di Massa Piscatoría; la metà delle Cerbaie e di Galleno, la metà dei castelli di Montefalcone e di Musignano, con le loro corti, la metà dell'Usciana, della Valle dell'Arno e del Porto dell'Arno.

Copia autentica del secolo XII in AAL, Diplomatico, AF 11 [131, pergamena di cm 58 x 40 (ripiegata per cm 7 nella parte inferiore). Il notaro Wilielmus ha tratto la copia dall'oríginale: (SN) Ego Wilielmus notarius domní imperatoris autenticum illud exemplavi. L'exemplar è autenticato da altri due notari: Gottefredus ed Henrícus. Una nota dorsale del secolo XVII reca: Iura monastetii de Ficeclo.

Cinque giorni più tardi il conte Guido donerà al vescovo di Lucca le tre porzioni del castello di Salamarzana (cfr. il doc. 153, 1114 novembre 3). La cessione di questi castelli è ripetuta anche nei docc. 151 e 165. Il conte Ugo, qui ricordato per aver donato al monastero una porzione del poggio e borgo di Fucecchio, è l'ultimo dei Cadolingi, che era morto senza figli nel 1113, La successione dei beni dei Cadolingi, alla quale furono interessati i vescovi di Lucca, Pistoia e Firenze, i conti Guidi e gli Alberti, determinerà in varie zone della Tuscia settentrionale un nuovo assetto dei poteri signorili, laici ed ecclesiastici, del quale questa cartula commutationis e gli altri atti sopra citati costituiscono una prima testimonianza.

 

In nornine domini nostri lesu Christí Dei eterni. Anno ab incamatione cius millesimo centesimo quartodecimo, quarto kalendas novembris, indictione octava. Manifesti sumus nos Vuido comes, filius quondam item Vuidonis, et Imillia iugalis, filia Rainaldi, quia mihi consentiente viro meo ubi interesse videtur notitía Ricardi iudicis sacri palatii, a quo secundum legem interrogata et cognita sum ab eo quod nulla me pati violentia, set pura et a integra mea bona voluntate sequenter edícti paginam, communíter et consentiente mihi viro meo; quia convenimus una tecum, Ubaldo priori monasterii ecclesie Sancti Salvatoris de Ficiclo, per hanc cartulam commutationis dare et tradere tibi, ad partem et proprietatem predícti monasterii, tria castella cum infrascriptis curtibus, idest: podium et castellum quod vocatur Petrella, cum sua curte que nominatur Rípule, cum omni sua responsíone et pertinentía; et castellum de Cerreto et burgis eius cum sua curte et omní sua pertinentia; et castellum et curte de Vincio et omnes cius pertínentías. Castellum de Petrella et curía de Ripule tales h(aben)t fines: Pagnana Canina et Casalunga et usque ad Bassa, fini a Corniano et Petroio et usque ad Lontroniano. Cerreto vero tales h(abet) fines et districtum: Cruce de Quarliano, termine usque ad Crucern que nominatur Farnia et fini ad Campus Acaciapolli et Lanciabecco, Toiana et sícut stredac currít usque ad Arnum, fini ad Botrum. Vincio tales fines et distríctum continet: Sancto da le Pancore, Casure, Lanpacio et Portiano, Petizalla et Petretulo, Toiano et Streda, Casalino et Lama et plebe de Greti, mo nasterio, Colle, Graianí, Faltuíaní, usque ad Montem Albanum, et si quid amplius ad predíctas curtes pertinet, cum inferioribus et superíoribus s(upra) s(criptis), in integrum. Pro predictis castellis et curtis que tibi in commutatione dedimus, recepimus a te Ubaldo priore, consensu monachorum fratrum tuorum ex parte predicti monasteríi, idest tres portiones de castello Salamarthana et turri, sicut circumdatum est per fossa de subto, et de tribus portioníbus medietate(m), quas comes Ugo, in illa infermitate de qua mortuus fuit, iudicavít de podio et burgo seu curte de Ficeclo; et medietatem de castello et curte de Massa Piscatoria et de Cerbaia et de Galleno; et medíetate(m) de castello et curte de Montefalconi; et medíetatem de casteflo et curte de Musignano et de luscíana et de Valle de Arno; et medietate(m) de Porto de Arno, excepto duodecim libras denariorum bonorum. Lucensi monete quas tibi reservasti et nobís minime dedisti: sex vero líbras in mense decembri, alias vero sex líbras in mense madío. Excepto quarto navis quod íbi habet predictum monasteríum ex alia causa. Hec omnia redicta recepimus a te príore, cum omnía pertinentía et íudicaría et redditu et districtu ad ipsas curtes pertinentibus, ut dictum est, med(ietatem) íntegram de tribus portionibus, ut hec commutatio firma et stabile omni tempore permaneat. Et si nos Vuido comes et Imillia iugahs, vel nostri heredes, contra predictum monasterium, aliquo tempore, in aliquo exinde intentionaverimus aut retollere vel subtrahere quesierimus totumque defendere non potuerimus et non defensaverimus, spondimus nos Guído comes et Imillia iugalis, una cum nostris heredibus, componere tibi Ubaldo priori, vel tuis successoribus, ad partem predicti monasterii, predicta castella et curtes, que tibi in commutatione dedimus, in duplum, in consímili loco, sub extímatione qualiter tunc fuerít. Quia taliter inter nos convenit, unde due cartule commutationis Albertum notarium domní regis scribere rogavímus. Actum prope castrum Petrelle.

Signum + manus predicti Vuidonis comitis et lmillia uxoris eius, qui hanc cartulam commutationis fieri rogaverunt <et> predictus Vuido eídem coniugi sue consensit.

(SN) ludicis est signum Ricardi pollice pictum.

Signum + manus Gualduci filii quondam Rolandi, rogati testis. Sígnum + manus Alchieri filii quondam Signorecti, rogati testís. Signum+ manus Enrigoní filii Ugonis, rogatí testis. Sígnum + manus Bacarelli de Casale filii quondam Toscanelli, rogati testis. Signum + manus Ildebrandí et Almarignis, filii quondam Ubaldi, rogatorum testíum. Signum + manus Ildebrandi filli Vualandí et Rainaldi filií eius, rogatorum testium. Signum + manus Uberti filii quondam Ardicionis et Roberti filii eius, rogatorum testium.

(SN) Albertus notarius domni regis post traditam complevi et dedi.

 

Atto 152

1114 ottobre 29 DOCUMENTO

castello di Colle di Pietra (o Petrella)

Il conte Guido V e la moglie Imilia giurano di difendere i beni dell'abbazia di Fucecchio, ed in particolare i castelli che lo stesso conte aveva in precedenza dato in permuta all'abbazia: Colle di Pietra, con la corte di Ripolì, Cerreto, Vincio, Larciano.

Il conte Guido V e la moglie Imilia giurano di difendere i beni dell'abbazia di Fucecchio , ed in particolare i castelli che lo stesso conte aveva dato in permuta

 In Christi nomine. Breve ad fucturam memoriam qual-iter Vuido comes, fibus quondam Vuidonis, et Imilgía iugales iuraver(unt) iuxta castellum de Petrella ut ab odíe in antea ego Vuido comes et Imilgia, uxor eiusdem comítis, non erimus m consilio vel facto aut consensu ut abbatia de Ficiclo perdat illut abere, mobile et inmobile, quod modo habet et detinet quocumque modo vel quod in antea acquisierit; et adiutores ei erimus per bonam fidem. ad retinendum et defensandum contra omnes personas; et si quid de predictis bonis iam dícta abbatia perdiderit, adiutores sibi erímus ad recuperandum, et post recuperationem ad retinendum per bonam fidem sine fraude et omní malo ingemo. Hoc idem sacramentum observabimus de omnibus illis rebus quibus dedimus iam dícte abbatie cius rectoribusque per commutatíonem et deganium, silicet quactuor castella cum curtibus et pertínentiis eorum: id(est) Colle de Petra cum curte de Rípule, Cerreto, Vincio et Larciano; et si aliqua persona que in nostra sít potestate aliquam offensíonem predicte abbatie vel eíus hominibus fecerit, infra triginta continuos dies a facta ínquisitione emendare faciemus per bonam fidem, si potuerimus. Sin autem adiuvabimus de predicta offersione predictam abbatíam per bonam fidern et illos drudos quos elegerimus iurabunt quod non erunt in consilio vel facto ut Vuido et Imil.gia, uxor eius, runpant illas securitates quas abbatie de F(i)cícIo et eius rectoribus fecerunt per cartulas et per sacramenta et omni tempore in consilio er(imus) ut firme et stabiles permaneant per bonam fidem. Hoc factum est presentia Rícardi iudicís, Fralmi causidici, Bellincionís iudicis de Florentia, Ildebrandi et Amari germani, filií quondam Ubaldi, Bacarellí de Casale et Algieri de Ripule, Vuilicionis Albertini et Uberti filii quondam Ardíccionis et Ruberti filíí eíus et Ildebrandi filii quondam Vualandi et Rainaldi filii eius, Albertini de Pisscia. Hoc factum est anno Domínice incarnationis millesimo centesimo quartodecimo, quarto kalendas novembris, índ(íctione) octava.

 

(SN) Iudicis est singno Ricardí pollice picto.

(SN) Albertus not(arius) donni regís hoc breve scripsí et ibi fui. 

 

 

 

Schema genealogico conseguente ai documenti esposti

 

 

 

Alcune considerazioni :

L'Adimaro del 1108 e' nato prima del 1077 e ha un figlio gia' maggiorenne Bernardo nel 1108 e' nato circa nel 1065 potrebbe nel 1108 avere un figlio minorenne che non partecipa all'atto quindi in teoria potrebbe essere padre del padre di Lutterio o di lutterio stesso

Nel qual caso , per non esser presente nel 1124 doveva esser nato nel 1106 o giu' di li

D'altro canto probabilmente Ildebrando era minore rispetto a Adimaro nato intorno al 1070 e ancora in vita nel 1114 , nel 1108 non ha figli maggiorenni , non e' presente all'atto del 1124 ...............

 

 

Anno 1116 signori di Cintoia

 

Diplomatico, normali, San Viglio di Siena, 1116 gennaio 9 (o 6?), Firenze

Ermellina f Raineri Benzi moglie del fu Pagano f Cose e Iohannes detto Adimari suo f e Gasdia f Ildebrandini moglie del detto Adimarus vendono alla badia di Montescalari la terza parte di un pezzo di terra al Ghignoro (Gignoro). Prezzo 50 soldi

TT Amizo f Martini Amizi, Angelo v Gatuolo f qd Berti, Albertinus qd Raineri

S Iohannes Bonus

R Ildebrandus

 

 

 

 

Veniamo al 1124 :

 

Canonica, 1124 mar 9, Firenze, n. 168

L'arciprete della canonica cede a Ubaldino di Adimaro, agente anche in nome del fratello Bernardo tutti i beni che erano stati tenuti dall'arcidiacono Bernardo di Bernardo ricevendo in cambio due moggia di terra e bosco (a rivo que pergit a Petra Gulfolina) e10 lire.

TT Ildebrandini Sescalco, Baruncini f Florenti Baroni, Ubertini f Guidi vicedomini, Cenci f Levaldini, Gerardini f Teuzonis Arni

R Petrus n

Come vede rispuntano nomi a noi familiari: secondo me Ubaldino e Bernardo sono figli di quell'Adimaro che abbiamo visto all'opera nel 1077. Probabilmente l'arcidiacono Bernardo (in carica dal 1036 al 1098) era loro zio. Forse aveva beneficiato illegalmente il fratello, ora, dopo la sua morte, la Canonica si riappropriava dei beni solo tramite uno scambio, un compromesso, con i ff di Adimaro. Ora, la Petra Gulfolina di cui si parla non è distante da Gangalandi, ciò induce l'ipotesi sulle origini dei due fratelli. Ma nulla più di questo (e dei loro nomi) può essere addotto come prova.

 

Questo atto e' citato anche in Davidsohn : Storia di Firenze , Le origini pg 507 dove dice : ...e il 9 marzo 1125 (Arch,del Cap. num 628 ) nella permuta tra la Canonica ed un membro della famiglia Adimari

Cioe' secondo il Davidsohn questo e' un atto che riguarda membri della famiglia Adimari .

Il Davidsohn non confonde gli Adimari con i Nepote Cosa

 

 

 

Analisi patrimoniale sulla base della scarsissima documentazione :

 

Possessi nel  Mugello

Possessi a San Pietro a Ema

Possessi a Ravezzano e Varlungo

Possessi a Vallombrosa

Possessi a Gangalandi

Possessi a Cintoia ???

 

 

 

 

In definitiva prevalentemente gli Adimaringi si muovono nel quadrante a sud-est di Firenze ( a parte Gangalandi -Signa )

Secondo il Repetti anche nel Mugello (nord est )

 

 

 

Al 1124 segue un vuoto documentale che impedisce di seguire correttamente la discendeza degli Adimaringi e stabilire i legami (ove esistano ) con gli Adimari

 

 

 

 

Rimane questo fatto importante i discendenti dell'Hucpoldingo conte Adimaro erano identificati come :

Adimaringi

Filii Adimari (????) secondo Davidsohn

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DI FONDO PAGINA

 

Alcuni brani tratti dal Repetti

EMANUELE REPETTI "Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana" 6 volumi Firenze 1833 -1846 ( ristampa anastatica Firenze 1972 )

 

ABAZIA A SETTIMO (S. Salvatore e S. Lorenzo) attualmente prioria nel piviere di S. Giuliano a Settimo sulla sponda sinistra dell’Arno, Comunità di Casellina e

Torri, Giurisdizione di Lastra a Signa, Diocesi e Compartimento di Firenze, da cui è quasi 5 miglia toscane a occidente. Questo insigne monastero di antico padronato

dei conti di Borgonuovo, il quale ha figurato nella storia politica non meno che in quella monastica, esisteva sino dall’anno 988, allorquando il conte Adimaro figlio del

marchese Bonifazio confermò al monastero di S Salvatore a Settimo le chiese e beni di S. Martino alla Palma, e di S.Donato a Lucardo, chiese stategli assegnate dal di lui

padre. Nel 1004 fu restaurato e dato ai Benedettini dal conte Lotario figlio del conte Cadolo che ne accrebbe la dote. Né meno largo benefattore fu il di lui figlio, conte

Guglielmo Bulgaro, il quale con istrumento dell’anno1048 (7 dicembre) cedè ai Benedettini di Settimo, per uso di Eremo ed Ospizio, la chiesa di S. Salvatore posta

sull’Appennino in luogo denominato lo Stale (Spedale) con un esteso territorio, cui in tempi più moderni fu dato il titolo di Contea, assai nota nella storia politica del

secolo XIV a cagione di confini territoriali fra le Repubbliche di Firenze e di Bologna. (Vedere STALE)

Fu lo stesso conte Guglielmo che invitò S. Giovanni Gualberto a riformare il monastero di Settimo;

 

Parlasi più specialmente della chiesa di S. Donato a Lucardo in una pergamena, dell’anno 988 appartenuta alla badia di S. Salvatore a Settimo, quando il conte Adimaro

figlio del marchese Bonifazio di Teobaldo ossia di Ubaldo, le donò il padronato della prenominata chiesa di S. Donato, confermatogli dopo il mille dal conte Lottario

de’Cadolingi; e finalmente convalidato dall’Imperatore

 

 

Alla quale vittoria contribuì assaissimo una pergamena dei 7 dicembre, anno 1048, spettante alla Badia di Settimo, per le antiche ragioni che quei monaci

avevano nello Stale e nei luoghi circostanti. Il documento consisteva in un atto di libera donazione fatta dal conte Guglielmo Bulgaro del fu C. Lottario di Cadolo a favore

del monastero di Settimo di cotesta porzione di Appennino, posta in luogo che poi ebbe nome di Contea dello Stale, fra il territorio bolognese e il contado o distretto fiorentino.

Nel quale istrumento trovasi designato fra i confini del terreno donato, il sopranominato torrente Nespolo di Briza (ora Biscia), che è tuttora, come dissi, l’estremo limite del territorio

Toscano e delle Comunità di Barberino di Mugello e di Vernio; là dove le potenti famiglie magnatizie dei conti Cadolingi, e loro consorti, Adimari, Alberti, e Ubaldini, tennero per

molti secoli estesa signoria e podere. – Vedere ABAZIA A SETTIMO, ADIMARI E STALE.

 

Continuazione de’Marchesi di Toscana, con la quale i messi e castaldi della gran contessa Matilda stando in Firenze approvarono la donazione fatta da

Adimaro del fu Bernardo, e da donna Gasdia sua cognata vedova di Ubaldo e figlia del fu Cici, (forse Cerchi), viventi a legge Ripuaria, in favore del capitolo della

cattedrale fiorentina, cui avevano ceduto varie terre, vigne, corti e alcuni predj dominicali posti nei confini di Rovezzano e di Varlungo, beni tutti che si

qualificano dentro i confini del piviere di S. Pietro a Quarto, ossia a Ripoli, pervenuti nei fratelli prenominati, Adimaro e Ubaldo, per paterna e materna

eredità. Che cotesti fratelli Adimaro e Ubaldo figliuoli di Bernardo fossero nipoti di un altro Adimaro, stato conte ed autore della oltracotante e potente schiatta degli

Adimari, lo farebbe credere fra gli altri un’istrumento del 1046 di novembre rammentato all'Articolo EMA (S. PIETRO A); in favore della qual chiesa Bernardo del

fu conte Adimaro, stando in Firenze, rifiutò alcune terre che contendeva al rettore della medesima. Quel conte Adimaro poi padre di Bernardo nasceva da un marchese

Bonifazio figlio di Teobaldo, ossia Ubaldo, vissuto nel 988, anno in cui lo stesso March. Bonifazio dono alla Badia a Settimo il padronato delle chiese di S.Donato a Lucardo

e di S. Martino alla Palma. –

 

All' Articolo ROVEZZANO citai un istrumento del 3 luglio 1077 relativo alla conferma di una donazione fatta al capitolo del Duomo, allora in S. Giovanni di Firenze,

da un Adimari figlio del fu Bernardo degli Adimari e da Gasdia de' Cerchi vedova di Ubaldo Adimari sua cognata, abitanti poco lungi dalla chiesa di S. Reparata in

Firenze (nel Corso detto tuttora degli Adimari), i quali offrirono al Duomo medesimo alcuni beni che essi possedevano in Varlungo e a Rovezzano sotto il piviere

di S. Pietro a Ripoli, già detto a Quarto.

II tratto più importante dell'Arno sopra Firenze è, diceva

 

 

Io non saprei dire peraltro se quel Cici o Circi padre di donna Gasdia, la quale nei 1077 si qualificava vedova di Ubaldo di Bernardo Adimari, avesse che fare

con l'altra famiglia magnatizia fiorentina de'Cerchi; so bensì che questa nel secolo XIII ed anche posteriormente possedeva in Rovezzano ville, terreni, case e mulini. – In

prova di che mi si offre una scrittura della Badia di Vallombrosa del 9 gennajo 1323, nella quale si tratta della vendita fatta da Filippo dei fu mess. Niccola de’Cerchi

della sua porzione di terreni, case, torri e palazzi posti nel popolo di S. Michele a Rovezzano, fra i quali alcune mulina abbruciate.

 

La pieve di S. Gavino compresa nella contea di Mangona fu padronato dei conti Alberti, dei conti Cadolingi e degli Ubaldini loro consorti. Probabilmente ebbe nome di

Adimari da alcun individuo di quella che Dante appellò oltracotata schiatta, della quale abbiamo già avvertito un conte Adimaro, allorchè nel 982 confermò la donazione

fatta dal marchese Bonifazio suo padre alla Badia a Settimo. Ed era della stessa prosapia altro conte Adimaro nato nel principio del secolo Xl da Ubaldo e dalla contessa Roza

figlia del marchese Adalberto di legge Ripuaria. La quale contessa il dì 26 marzo dell'anno 1037 risiedeva nell'Appennino dello Stale in luogo denominato Valbuona.

(ARCH. DIPL. FIOR. Badia di Passignano.)

 

Nel mese d'agosto del 1073 trovavasi in S. Martino Adimari il conte Uguccione figlio del conte Guglielmo Bulgaro in occasione di un acquisto che fece di terre e

case poste nel piviere di S. Gavino. Lo stesso conte 18 anni dopo (2 settembre 1091) risiedeva in Valbuona dello Stale, mentre nel 4 marzo susseguente lo si trova nel

castello di Marcojano, quando comprò da una figlia di Bernardo Adimari da Campi la sua porzione di padronato della chiesa di S. Martino Adimari con le terre annesse.

(ARCH. DIPL. FIOR Badia a Settimo).

 

Fino dal secolo XI in Marcojano e nel Monte di Fò, non che nella sovrapposta tenuta dello Stale, ebbero signoria i conti Cadolingi di Fucecchio e di Settimo stati consorti

de’conti Alberti. Uno dei quali, il conte Uguccione, figlio di quel C. Guglielmo Bulgaro che regalò la tenuta dello Stale ai Monaci Cistercensi della Badia di S. Salvatore a

Settimo, nel 4 marzo 1091, stando nel luogo di Mercujano, acquistò in compra da donna Pompuna del fu Bernardo da Campi, lasciata vedova da Tegrimo di Uberto, l’intiera

sua porzione di padronato sulla chiesa di S. Martino Adimari con tutte le terre annesse, pagando per

 

Questo Montecarelli è circa 940 braccia sopra il livello del mare, da 45 braccia sopra la strada postale. Esso fino dal secolo XI per lo meno apparteneva ai conti Alberti e ai

loro autori. Avvegnachè oltre la donazione della così detta contea dello Stale sull’Appennino della Futa, fatta nel 1048 dal C. Guglielmo figlio del C. Lottario de’Cadolingi

a favore de’Cistercensi della badia a Settimo, oltre un contratto del 2 settembre 1091, col quale il C. Uguccione figlio del suddetto C. Guglielmo acquistò da Bernardo del

fu Tegrimo figlio di Uberto alcune terre poste nel luogo di S. Martino Adimari nella giurisdizione e corte di Montecarelli, potrei citare fra le carte della sunnominata

badia una del 3 gennajo 1104 rogata nel luogo stesso di Montecarelli, con la quale il conte Ugo figlio del conte Uguccione per se, e per il C. Lottario suo fratello investì il

priore del monastero di S. Salvatore di Valdibona (dello Stale), per conto e a nome della badia a Settimo, dell’annua rendita di quattro soldi d’ argento dovuta in porci e pecore

al suddetto conte dai nipoti di Giovanni di Guinigio. – Che poi nei secoli susseguenti la signoria di questo territorio tossasse ai conti Alberti, oltre quanto fu

 

PULICA nella Val di Pesa. – Casale con chiesa parrocchiale (S. Maria, cui fu annesso il popolo di S. Gaudenzio in Pesa, nel piviere di S. Ippolito in Val di

Pesa, Comunità e circa tre miglia a ostro libeccio della Lastra a Signa, Giurisdizione del Galluzzo, Diocesi e Compartimento di Firenze.

Risiede sulla costa orientale dei poggi che separano il Val d’Arno inferiore di Firenze dalla Valle inferiore della Pesa.

Ebbero signoria in questo Casale di Pulica i conti Cadolingi e gli Adimari; più tardi i Frescobaldi patroni della chiesa fino da quando una Frescobaldi vedova di

Donato Adimari per sentenza pronunziata dagli arbitri nel 1373 guadagnò un podere nel popolo di S. Maria a Pulica piviere di S. Ippolito in Val di Pesa. – (ARCH. DIPL.

FIOR. Carte di Cestello).

 

GRICIGNANO in Val di Sieve. – Casale e chiesa parrocchiale (S. Andrea) con l'annesso di S. Michele a Montaceraja nel piviere Comunità Giurisdizione e circa

miglia toscane 3 a ostro del Borgo S. Lorenzo, Diocesi e Compartimento di Firenze.

Risiede in collina fra le falde settentrionali del Monte Giove e quelle orientali di Monte Senario sulla via delle Salajole lungo il torrente di Pistona. – La chiesa di S.

Michele a Montaceraja del piviere di S. Cresci in Valcava è posta dal lato di levante in un poggio a cavaliere della strada delle Salajole. Il castel vecchio sopra la villa de' Castagni o di

Gricignano è rammentato in una donazione fatta nel gennajo 1117 da un Adimari a Gottifredo vescovo di Firenze, alla cui mensa episcopale da tempo immemorabile spetta il padronato

della chiesa parrocchiale di Gricignano. – Essa nel 1833 contava 116 abitanti.

 

Anche all’Articolo ADIMARI (S. GAVINO) accennai come assai probabile che cotesto vocabolo traesse origine dalla famiglia Adimari, la quale ebbe giurisdizione e podere

in quella parte del Mugello, dove figurarono più tardi i conti Alberti e gli Ubaldini. Sul qual proposito non credo inutile di richiamare alla memoria un atto di permuta, rogato nel 9 maggio 1124,

fra il capitolo della chiesa fiorentina da una parte ed Ubaldino e Bernardo fratelli e figliuoli che furono di un Adimari dall'altra parte. – (LAMI, Monum. Eccl. Flor.)

 

La più antica rimembranza di cotesta chiusa, sotto nome di Pietra Gulfolina la trovo in un’istrumento del 9 maggio 1124, col quale Ubaldino figlio di Adimaro fece una

permuta di beni con Giovanni arciprete e preposto della cattedrale di S. Giovanni e S. Reparata di Firenze; per effetto della quale Ubaldino cedè al Capitolo alcune

vigne, terre ec. Possedute da Bernardo arcidiacono figlio di altro Bernardo, e ricevè in cambio due moggia di terreno boschivo, posto sul Rio Maggiore, che sboccava

ad Petram Gulfolinam. (LAMI, Mon. Eccl. Flor. T.II. pag.1441).

 

Le memorie più frequenti fra le superstiti del Cintoja di Val d’Ema si conservavano nell’archivio dei Vallombrosani di Monte Scalari; cui appartenne un

istrumento del mese di gennajo 1040 stipulato nel piviere di S. Pietro in loco Cinturia intus castello judicaria florentina. Ebbero costà signoria sino dal secolo X

i nobili Adimari discesi da un Bernardo che Bensi appellossi; e fu a danno di questa famiglia magnatizia di parte Guelfa, che i Ghibellini reduci dai campi di Montaperto, nel 1260 e

1261, abbatterono le torri e case degli Adimari tanto nel castello di Cintoja alta quanto nella villa di Cintoja bassa. (P. ILDEFONSO, Deliz. degli Eruditi, T. VII).

È quel castello medesimo di Cintoja, che nel 1363 fece per due giorni resistenza a una compagnia di Pisani prima di aprire le porte al nemico. (AMMIRAT. Istor. fior.)

 

MONTAGUTO, o MONTAUGUTULO SULL’EMA, detto anche DELL’IMPRUNETA. – Castello ridotto a villa signorile, che ebbe chiesa parrocchiale (S. Maria a

Montaguto) riunita al popolo di S. Martino a Strada, nel piviere dell’Impruneta, Comunità Giurisdizione e circa 4 miglia toscane a levante scirocco del Galluzzo, Diocesi e

Compartimento di Firenze. Il castellare, ora villa di Montaguto, risiede sopra un poggetto conico che domina la strada chiantigiana fra l’Ema, che gli scorre a levante ed il torrente Grassina, che

passa al suo ponente. Da tempi assai remoti questo Montaguto fu signoria dei nobili Adimari di Firenze, uno della qual prosapia, per nome Rolando di Signorello, nel tempo che risiedeva

costà, nel 1094 donò alla badia di Monte Scalari alcuni

 

charta donationis

1096 gennaio 17 Montauto

( Rolando figlio del fu Signorello , Berta sua madre e Contessa sua moglie donano al Monastero di San Cassiano di Montescalari la quarta parte di due pezzi di terra situati alla Lama di Spicciano e a Lilliano……)

questo Rolando si legge nell'atto ha per germano Ughicione e per figlio Segnorello

 

 

Risiede nelle vicinanze di Montautolo la villa e fattoria di Bricciana dell'estinta casata degli Asini, consorte degli Uberti e degli Adimari. ADORNO (POGGIO). – Vedere POGGIO ADORNO.

 

 

 

 

 

 

 

Scipione Ammirato il giovane (Vescovi di Fiesole , di Volterra e di Arezzo. Firenze 1637 pagina 99 ) attribuisce agli Adimari il vescovo di Volterra Adimaro o Oldamaro , che compare negli anni intorno al 1139 (Regestum Volaterranum von Schneider Roma 1907 num 165 )

 

Il Fiumi nel suo " Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina " dice :

Anche l'Adimaro o Oldamaro che fu vescovo di Volterra verso il 1139 (Regestum Volaterranum von Schneider Roma 1907 num 165 ) non risulta che sia degli Adimari come asserisce l'Ammirato (Vescovi di Fiesole , di Volterra e di Arezzo. Firenze 1637 pagina 99 ) e come e' ripetuto nella genealogia degli Adimari , dove il testo del documento apparisce a bella posta alterato (Delizie degli eruditi toscani tomo 7 pagina 239 )

 

 

 

Oldamario di Adimaro vescovo di Volterra dal 1137 al 1148

 

39. ADIMARO (an. 1137-1148)

Della famiglia Adimari, nobile fiorentino. Abbiamo un documento relativo ad una permuta di beni conclusa tra questo vescovo e quel di Siena, l'anno 1137: ed un atto del 6 Ottobre 1147, col quale i coniugi conte Lotario del conte Ranieri e Adelasia del conte Ugo donano ad Àdimaro e nella persona di lui alla mensa episcopale volterrana certi loro possessi, situati nel poggio detto la Rocca a S. Biagio

(2). L'Ammirato fissa l'epoca della morte di questo vescovo all'anno 1148.

(2) Ammirato. Storia dei Vescovi pag. 100. - Giachi Parte II pag. 42.

Notizia tratta

da Illustrazione sulla Cattedrale di Volterra

di Gaetano Leoncini, Siena 1869

 

 

Casa Papea

In Toscana, entrambi non molto distanti da Belforte (località dove si trova censito un importante nucleo della famiglia), esistono altri tre luoghi che si rifanno al toponimo dei Papei: Casa Papea, Poggio papeo e Le Papee.
Benchè vicina al borgo di Sensano. Casa Papea non rientra nei limiti amministrativi del Comune di Volterra, ma ricade topograficamente entro quelli di S.Gimignano, da cui dista pochi chilometri.
A testimonianza del posto, oggi non resta altro che un rudere, tanto che il toponimo, presente nella vecchia edizione delle tavole dell'Istituto Geografico Militare (foglio 113) non compare nell'ultima edizione della stessa carta, ripubblicata nel 1992 e frutto del rilevamento compiuto nel 1989.
per arrivare in questo luogo remoto, bisogna imboccare la statale n°68 che congiunge Colle val d'Elsa con Volterra, svoltare poi per Castelfiorentino e al Km 4,3OO, sulla destra, una strada da poco risistemata, ci conduce scendendo abbastanza ripidamente ad un casolare conosciuto come Casa Papea
Già possesso della Fattoria "Le Campore", venne acquistata nel 1953 dagli attuali proprietari che vivono a Firenze e fu abitata fino agli inizi degli anni 60.
Nonostante i segni del progressivo abbandono, che hanno portato questa costruzione a essere completamente ricoperta dalla vegetazione, par di notare che l'edificio sia stato ampliato nel tempo, appoggiandosi a un nucleo primitivo di cui non se ne conosce l'epoca.

Nessuno stemma figura nelle pareti della casa che è citata soltanto nel "Repertorio dei toponimi della provincia di Siena" curato dall'architetto Vincenzo Passeri.
Dal Repetti sappiamo invece che questo luogo è poco distante dalle rovine di Castelvecchio, dove: "vi tennero dominio i vescovi di Volterra, dopo che uno di essi, Adimaro Adimari, ebbe in dono verso il 1140, da un Alberto il Castelvecchio di S.Gimignano con la sua corte".
Infatti, attraverso un decreto del 1781, trovato a Volterra, si viene a sapere che Casa Papea faceva parte della parrocchia di Castelvecchio fino al 1781, anno della sua soppressione. Da allora è stata annessa alla comunità di Sensano.

All'Art. Argentiera (Vol. I, pag.129) discorrendo dell'Argentiera di Montieri sino da secolo IX donata ai vescovi di Volterra, dissi che talvolta da questi furono per debiti o per debolezza di mezzi le stesse miniere con altri effetti oppignorate . Il Targioni citò a conferma di questo vero un'istrumento del novembre 1137 relativo ad una concordia tra Adimaro vescovo di Volterra e Ranieri vescovo di Siena, cui il primo rilasciò la meta delle Argentiere che potessero scavarsi dalle terre che il vescovo Crescenzio antecessore di Ranieri acquistò dal conte Ranuccio Pannocchia

 

 

 

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003