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I Nipoti di Cosa

 

 

 

 

 

 

 

Il primo della stirpe che abbiamo identificato è Giovanni detto Cosa del fu Amizo coinvolto in una serie di cessioni di beni posti a Sollicciano, a Pinti (sobborghi a est di Firenze), e a Tribulcana presso San Salvi. (Diplomatico, Sant’Apollonia, 1079 ottobre; Diplomatico, Sant’Apollonia, 1086 gennaio 12; Canonica, 1086 marzo 13, n. 123.)

 

 

 

Archivio di Stato di Firenze (ASF), Diplomatico, Normali, Sant’Apollonia, 1079 ottobre.

 

Druda filia Iohannis moglie Iohannis bm Anselmi promette a Cosa bm Liute di non molestarlo la sua parte di beni posti a Sollicciano riceve come launechild da Wido detto Pagano che paga per Cosa (soldi 20).

Sottoscrive Florentius iudex sacri palatii

 

TT. Paganus Caltiolarius, Gerardus Iohannis de Margnanule, Iohannes Siti de Horbanula.

R. Sichelmus

 

 

Ecco comparire per la prima volta un Cosa di Liuza: è questo Cosa (che da altri documenti sappiamo si chiamava Giovanni) il capostipite degli Adimari

 

 

 

 

 

 

Diplomatico, normali, Sant’Apollonia, 1086 gennaio 12, Firenze

Iohannes detto Cosa figlio del fu Hamizonis, Paganus suo figlio ed Hermellina moglie di Pagano e figlia di Raineri (interrogata da Iohannes giudice detto Bellundo) per rimedio delle loro anime e per rimedio dell’anima di Benzo che fu suocero del detto Giovanni donano all’ospedale posto presso S. Pier Maggiore un pezzo di terra e vigna di 10 staiora in luogo Pinti. Donano a certe condizioni, il non rispetto delle quali determinerà il passaggio della terra a San Salvi.

S Iohannes isp

TT. Caroccius f Pagani, Florentius f bm Baroni, Boni f bm Dominichi.

R. Iohannes n. s.

 

Non c’è dubbio che abbiamo a che fare con i Cosi (stessi nomi, o soprannomi, stessa moglie, stesso archivio dove abbiamo già trovato loro tracce: Sant’Apollonia). Ciò che lascia perplessi è il patronimico di Cosa, Amizo e non Liuza. Occorre dire che in questo periodo (XI secolo) i nomi sono davvero ballerini: lo stesso figlio di Cosa si chiamava Milo, detto Pagano. A volte, poi, si dava il matronimico al posto del patronimico (ad esempio quando il padre era un ecclesiastico). Occorre dire, peraltro, che dell’atto in cui si fa menzione di Liuza ho consultato una copia sei – settecentesca e non l’originale, non escludo pertanto una errata trascrizione.

Il fatto che Giovanni donasse per rimedio dell’anima una terra all’ospedale presso San Pier Maggiore, fondato dai Donati, e che Fiorenzo del fu Barone sia tra i testimoni ci porta a credere che i rapporti tra le due famiglie fossero buoni e, se non su di un piano paritetico, certamente basati su una certa reciproca considerazione. Si può anche azzardare un’ipotesi sull’orientamento politico degli Adimari in quegli anni tumultuosi: la donazione di cui si è parlato era vincolata a certe condizioni che, se non rispettate, avrebbero imposto il passaggio dei beni donati a San Salvi. Conoscendo il ruolo della badia vallombrosana nell’età dello scontro tra Matilde di Toscana e l’Impero, bisogna credere che anche Giovanni / Cosa si trovasse sulle posizioni antiimperiali condivise da gran parte della cittadinanza.

 

 

 

Canonica, 1086 marzo 13, Firenze num 123

Rozo arciprete della canonica di Firenze allivella a Milo detto Paganus filius Cose metà di una terra posta a Santa Cristina presso Tribucana, per 8 denari di pensione.

Sottoscrive Cosa, che acconsente

TT Laici: Florentii f Carunci, Iohannis f Pepi Goguli, Iohannis f Buoni de Cortopaldi, Ierardus qv Baragatta

R Ugo not

 

Così scopriamo che Cosa ha un figlio, Milone, detto Pagano.

Il livello concesso dalla canonica di San Giovanni al figlio di Giovanni / Cosa, Milone detto Pagano, conferma la nostra impressione che gli Adimari fossero avviati sulla strada di una brillante affermazione sociale. Il livello era prestigioso perché metteva in contatto gli Adimari con uno dei più illustri enti religiosi cittadini. La terra doveva inoltre trovarsi in una zona ove si concentravano le proprietà della maggiore aristocrazia fiorentina: tra i confinanti infatti troviamo i Giochi.

 

 

 

 

I figli di Milone sono i nipoti di Cosa, proprio di quel Cosa, come dimostra il seguente documento:

 

ASF, Diplomatico, normali, Sant’Apollonia, 1102 febbraio.

 

Bernardus e Iohannes detto Adimaro figli della buona memoria di Pagano vendono per 20 soldi a Paganus f Iohannis la quarta parte di un pezzo di terra a Sollicciano. [ma il documento aggiunge:] Questo pezzo di terra il loro avolo Cosa Fosco lo aveva acquistato da Druda f di Iohannes e da Erigetto di Eribertuccio.

 

TT. Petrus Porcelli, Fancillotto f Donati, Erigeto f Heribertucci.

R. Sichelmus

 

 

Ricordate La Druda del 1079 ?. E Pagano era il soprannome di Milone figlio di Cosa: quindi Bernardo e Giovanni sono nipoti di Cosa per parte di padre.

Alla generazione successiva a quella di Milone appartiene l’eponimo della famiglia: Giovanni chiamato Adimaro.

È a questo punto che si colloca il contatto tra la genealogia discesa dal marchese Bonifacio e quella derivante da Giovanni / Cosa.

Adimaro e suo fratello Bernardo erano certamente i nipoti di Cosa: nel 1102 infatti i due fratelli, figli di Pagano, rivendevano la terra di Sollicciano che, come si legge nel contratto, aveva acquistato più di vent’anni prima il loro avo Cosa.

 

 

 

 

Eccole l’atto, nel quale si trova nominata anche la madre di Giovanni, Ermellina di Ranieri di Benzo:

Diplomatico, normali, San Viglio di Siena, 1116 gennaio 9 (o 6?), Firenze

Ermellina f Raineri Benzi moglie del fu Pagano f Cose e Iohannes detto Adimari suo f e Gasdia f Ildebrandini moglie del detto Adimarus vendono alla badia di Montescalari la terza parte di un pezzo di terra al Ghignoro (Gignoro). Prezzo 50 soldi

TT Amizo f Martini Amizi, Angelo v Gatuolo f qd Berti, Albertinus qd Raineri

S Iohannes Bonus

R Ildebrandus

 

 Nota bene non compare il figlio Bernardo

 Dobbiamo escludere che i nipoti di Cosa fossero legati al lignaggio aristocratico dei discendenti dal conte Adimaro per parte di madre: la moglie di Milone si chiamava Ermellina di Ranieri di Benzo e, se ad una famiglia dell’aristocrazia comitatina dobbiamo proprio avvicinarla, la diremo, con Alessando Boglione, della stirpe dei da Cintoia.

Ranieri di Bernardo (detto Benzo) era, probabilmente, un da Cintoia, membro di una vasta consorteria egemone nel Chianti, presso la badia di Montescalari. Ranieri ci è noto da un documento del 1040 (Diplomatico, normali, San Vigilio di Siena, 1040 gennaio), nel quale, assieme a Giovanni e Teodorico, figli del fu Teodorico, forse suoi cugini, offriva alla badia alcuni beni nella valle di Cintoia.

 

Tuttavia sia il nome di Bernardo sia quello di Adimaro, il secondo peraltro assai raro, sono tipici della famiglia dei signori di Gangalandi.

la moglie di Giovanni / Adimaro, Gasdia di Ildebrandino, portava lo stesso nome della sposa di Adimaro di Ubaldo (bisnipote del conte Adimaro).

Gli Adimari mutuarono la tradizione onomastica dei discendenti del marchese probabilmente subentrando loro, non sappiamo a che titolo, nel possesso di alcune terre prossime alla città. Sappiamo infatti da un documento del 1077 che un Adimaro di Bernardo, assieme a sua cognata Gasdia, donò alla Canonica i suoi beni posti a Varlungo e Rovezzano, entrambe località dove, molti anni dopo, troviamo attestati pure gli interessi dei discendenti di Cosa.

 

 

 

 

 

 

 

Giovanni detto Adimaro e' nominato in altri due documenti del 1105

 

 

 

 

 

 

Giovanni / Adimaro divenne un uomo assai influente sia in città sia fuori. Godeva di un certo prestigio presso l’abbazia di Montescalari, forse per via della sua parentela, per parte di madre, con la famiglia dei fondatori di quel cenobio. A Firenze nel 1127 lo troviamo testimone in un atto che coinvolgeva i vertici dell’aristocrazia cittadina: Visdomini e Caponsacchi.

1127 L’avo di Vecchietto è forse da identificare con Uguccione "Vueli" (forse da leggersi "Vuecli") testimone di quella che sembra un’operazione di credito di Tosa, moglie di Davizzo dei Visdomini, che agisce in nome di Santa Maria Maggiore. In quel documento, lo ricordiamo, è anche attestato Adimaro "nepos Cose", eponimo degli Adimari.

 

 

Nel parlare di Santa Maria Nepotecosa, Davidsohn in Storia di Firenze .Le origini pg 1370

dice : probabilmente costruita da Ademarius nepos Cose ( 7 gennaio 1105 Vallombrosa con segnatura 13 gennaio ) , il quale appare in documento del 1105 e 11 marzo 1127 ; Lami Monumenta II 1016

 

 

Ademarius Nepos Cose

 

 

 

 

San Miniato, 1136 maggio 2, il documento è redatto nella casa Ildebrandini Adimari nepotis Cose

Angelellus f Martini, Binia, sua moglie, figlia Tederichi e Guilla f Pieturli, madre di Binia (Guilla agisce col consenso del mundualdo, Ildebrandus Adimari Nepotis Cose) cedono a Giannello f Vivoli i loro diritti livellari sulle terre che detenevano a vario titolo nel territorio della chiesa di S Pietro a Ema.

TT Ildebrandini f Adimaris nepotis Cose, Deotiaiuti F Benedictoli, Benci f Petri,

R Beneincasa in

 

 

 

 

Ildebrando o Ildebrandino è tra i presenti alla refuta del 6 agosto 1149, refuta che, con ogni probabilità, avvenne nell’ambito di una curia giudiziaria cittadina.

Alla fine degli anni Quaranta del XII secolo ecco comparire anche uno dei documenti che tanto abbiamo cercato: un atto cioè che possiamo ricondurre ad un contesto consolare sulla base di una insolita e altrimenti inspiegabile concentrazione tra i presentes di personaggi appartenenti a famiglie poi coinvolte in attività di governo. Si tratta di una striscia di pergamena sulla quale non compare alcuna sottoscrizione notarile. È il ricordo di una refuta in favore della badia di Passignano. La refuta, nonostante che le terre in oggetto siano tutte prossime alla badia, è stipulata a Firenze alla presenza di un Adimari (Ildebrandino di Adimaro nipote di Cosa), di un Caponsacchi (Simeone di Ormanno) e di Brocardolo Bonfantini.

 

 

 

 

 

 

 Elenco documenti

 

COSA

1079

1086

1086

 

 

 

MILONE

1086

1086

 

 

 

 

Hermellina

1086

1116

 

 

 

 

Adimaro

1102

1105

1105

1116

1118

1127

Bernardo

1102

 

 

 Non c'e'

 

 

Gasdia

1116

 

 

 

 

 

Ildebrandino

1136

1149

 

 

 

 

 

 

1040

San vigilio

Ranieri, montescalari

 

1065

badia

soavitio

 

1079

Sant apollonia

cosa

 

1086

Sant apollonia

cosi

 

1086

canonica

cosi

 

1102

Sant apollonia

cosi

 

1116

San vigilio

Cosi montescalari

 

1136

San miniato

Ildebrandino adimari nepotecosa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In conclusione da Giovanni detto Adimaro Nepotecosa nasce Ildebrandino Adimari Nepotecosa

 

  

 Il vuoto documentario ( ? ) investe il periodo 1120 -- 1170

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Note

 

 

 

 

Ipotesi sulle origini di Giovanni detto Cosa

 

Riesaminiamo il documento :

 

Diplomatico, normali, Sant’Apollonia, 1086 gennaio 12, Firenze

Iohannes detto Cosa figlio del fu Hamizonis, Paganus suo figlio ed Hermellina moglie di Pagano e figlia di Raineri (interrogata da Iohannes giudice detto Bellundo) per rimedio delle loro anime e per rimedio dell’anima di Benzo che fu suocero del detto Giovanni donano all’ospedale posto presso S. Pier Maggiore un pezzo di terra e vigna di 10 staiora in luogo Pinti. Donano a certe condizioni, il non rispetto delle quali determinerà il passaggio della terra a San Salvi.

S Iohannes isp

TT. Caroccius f Pagani, Florentius f bm Baroni, Boni f bm Dominichi.

R. Iohannes n. s.

 

Non c’è dubbio che abbiamo a che fare con i Cosi (stessi nomi, o soprannomi, stessa moglie, stesso archivio dove abbiamo già trovato loro tracce: Sant’Apollonia). Ciò che lascia perplessi è il patronimico di Cosa, Amizo e non Liuza. Occorre dire che in questo periodo (XI secolo) i nomi sono davvero ballerini: lo stesso figlio di Cosa si chiamava Milo, detto Pagano. A volte, poi, si dava il matronimico al posto del patronimico (ad esempio quando il padre era un ecclesiastico). Occorre dire, peraltro, che dell’atto in cui si fa menzione di Liuza ho consultato una copia sei – settecentesca e non l’originale, non escludo pertanto una errata trascrizione. Ma, ecco il punto, se noi consideriamo questo patronimico di Giovanni / Cosa (cioè Amizo), forse riusciamo a fare un passo in più nella genealogia.

Siamo a livello di pura ipotesi. Ci sto lavorando, ma voglio farla partecipe del lavoro.

Vediamo un po’ di trovare tutti i Giovanni di Amizo della documentazione fiorentina, eccoli:

Diplomatico, normali, Vallombrosa, 1078 maggio 26

Pietro del fu Giovanni dona a sua figlia Adaleita della terra al Guarlone, presso Firenze

TT. Iohannis Gambilia f Florentii, Teutio v Mattarello, Bellinus f Florentii, Iohannes Hamiti Baldi, Florentius Gerardi

R. Iohannes not.

 

 

Diplomatico, normali, Badia di Ripoli, 1079 gennaio

L’abate Domenico di San Salvi concede in livello a Giovanni di Fiorenzo e Chierico detto Moro una casa in Firenze.

TT. Iohannis bm Grimaldi, Martinus bm Petri Gotte, Iohannes Hamitii Baldi

 

 

Canonica, 1087 agosto 26, Firenze, nella casa del monastero di Santa Maria

Presenti: Iohannes f bm Gottefredi qf iudex, Iohannes bm Amiti, Fante bm Pagani, Bonusfantinus bm ..., Ildebrandi bm Petri che fu detto Marmoraio, Rusticello bm Petri.

Petrus e Iohannes gg ff qd Petri investono Florentius qd Petri della loro parte di un pezzo di terra e vigna in campo Barbati

R Rodulfus n

 

Se Giovanni di Amizo è il nostro Cosa, allora conosciamo il nome di suo nonno: Baldo. Qualcosa possiamo sapere anche di Amizo di Baldo, vediamo:

 

Diplomatico, Normali, Vallombrosa, 1043 agosto 27, Firenze

Grimaldus bm Baldi offre a Vallombrosa terre, case, vigne e servi a Perticaia ove si dice Riogustuli, con le pergamene che attestano la sua proprietà. Ebbe i beni da Albertus clericus che fu notarius f bm Iohannis, da Andrea f Dominichi, Rozzo f bm Rodolfi, Teubaldus f bm Sizi (in Perticaia).

TT Hamizo bm Baldi, Florentius f Iohannis f Dominichi, Martinus.

R. Florentius n

 

E’ probabile che Amizo fosse fratello di Grimaldo e, se fosse così, gli antenati dei Cosi disponevano già di una notevole ricchezza (comprendente anche servi oltre alla terra) ben prima del contatto con le stirpi dei signori del territorio (da Gangalandi, da Cintoia) collocabile nello snodo tra XI e XII secolo.

E’ chiaro che bisogna lavorarci sopra. Andare ancora indietro è difficile: i documenti anteriori al 1001 per il fiorentino sono 202 e solo 408 quelli compresi tra il 1001 e il 1050. Bisognerà piuttosto lavorare in larghezza: cercando cioè di allargare la genealogia individuando, fratelli, cugini, o relazioni non parentali utili a qualificare il lignaggio dei Cosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003