personaggi

 

Paolo ( Pagholo ) di Berto di Grazino di Durante Carnesecchi (13.. ( ? ) - 1426/1427 )

 

 

 

Il populo ne fu molto lieto: uomini da guerra ne furono molto dolenti.

Che Idio ci ristori!

 

http://www.bibliotecaitaliana.it/archivio/morelli/ricordi/morelli_ricordi.xml

 

Come dinanzi (dove si fece memoria delle novità furono nelli anni Domini 1393) è scritto, la balia si diè agli Ottantuno, la quale s'intese pe' più fusse per anni cinque, di poi durò per insino a questo dì: e durava sempre se non si fusse levata. Ritrovandosi gonfaloniere di giustizia Pagolo Carnesechi, dopo messere Cristofano, gli venne voglia, perché da molti cittadini ne fu consigliato, di levare la balia agli Ottantuno del porre il danaio ed eziandio del rimutare la imposta delle prestanze; e a questo fare bisognorono le quarantacinque fave nere, cioè Signori, Collegi e degli Otto; e così l'ebbe tutte. E levossi quella balia a dì venti di giugno 1404. Il populo ne fu molto lieto: uomini da guerra ne furono molto dolenti. Che Idio ci ristori!

 

 

 

 

 

un documento del 1381 tratto dalle Delizie degli eruditi toscani

 

 

 

 

 

 

 

Ricevo dal dr Paolo Piccardi

 Notarile Antecosimiano 13530 Niccolò di Piero Mazzetti Notaio

 

Oltre alle registrazioni già segnalate, ho trovato, in merito al ripianamento di un debito:

il registro marcato "Notarile Antecosimiano 13530" è del notaio Niccolò di Piero Mazzetti, il documento è del 1386 e parla di un non precisato debito da ripianare fra i tre.


Messer Nicholaus olim Mattei Durantis pop. S. Maria Maggiore di Firenze da una parte e Paulus di Berti Gratini Durantis stesso popolo dall' altra e Luca di Ser Filippo Mattei Durantis stesso popolo dall' altra.

In altra registrazione, sempre per lo stesso debito, si dice che Luca è nipote di Niccolò.

 

 

 

 

 

Ho ricavato uno schema genealogico come questo :

 

 

 

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Paolo ( Pagholo ) di Berto di Grazino di Durante Carnesecchi ( ???? ) --1426/1427 )

 

 

 

la nascita nel 1373 indicata sul sito Brown delle tratte e' sicuramente sbagliata

 

Possiamo considerare questo individuo il primo dei grandi personaggi della famiglia Carnesecchi

E' fratello di Zanobi e di Cristofano

 

 

 

Paolo di Berto e' il Paolo di Berto Grassini che compare nel libro del De Roover : Il banco dei Medici dalle origini al declino

 

Il De Roover non lo riconosce

Dice che nel 1385 …….

Verso il 1385 l'azienda sotto la ragione sociale di Vieri de Medici e Iacopo di Francesco Venturi, aveva anche una filiale a Venezia che negoziava cambiali estere , aveva corrispondenti lungo la costa dalmata e a Zara era rappresentata da Paolo di Berto Grassini (Antonio Teja : Aspetti della vita economica di Zara dal 1289 al 1409 , I : La pratica bancaria Zara 1936 pp 74-75,113 )

 

 

UNA CAMBIALE CON GIRATA NEL 1386

 

Per quanto la girata non diventasse di uso generale che dopo il 1600, si possono trovare in epoche assai anteriori ordini di trasferimento scritti sul verso e sul recto delle cambiali , assegni e altri titoli. Alcuni anni fa' il prof. Federigo Mellis scopri una cambiale con la data del 1519 , che portava sul verso una girata ossia un ordine di trasferimento con cui il beneficiario nominava un'altra persona in suo luogo , ordine che venne realmente eseguito secondo una registrazione nel giornale del trattario o pagatore .Altre registrazioninello stesso libro di conti indicavano che la pratica di tali ordini , sia sul titolo stesso che su lettere separate , poteva essere anche piu' antica .Il prof. Mellisnon si aspettava che fosse tanto piu' antica , finche non scopri nell'archivio Datini una tratta del 1410 con una girata , e una lettera del 1394 con cui il beneficiario di una cambiale ordinava che fosse pagata a un terzo , richiesta che il trattario soddisfece . Due osservazioni vanno fatte a questo riguardo: prima, la girata era tutt'altro che comune , poiche' il prof. Mellis ne trovo' solo una fra le migliaia di cambiali dell'archivio Datini; seconda , l'ordine di trasferimento non era sempre scritto sul titolo medesimo , ma qualche volta su un foglio di carta separato.

Fino ad oggi , il piu' antico esempio conosciuto di questo procedimento risale al 1386 .Si tratta di una cambiale spiccata l'11 aprile 1386 a Firenze da Iacopo Ardinghelli e C su Antonio di messer Luca in Zara .Poiche il datore , la ditta Guido Fagni e C , non aveva corrispondenti a Zara , si richiese al trattario di pagare a Nannino Pellacane di Venezia << o a chui vi scrivesse >> In conseguenza il 4 giugno 1386 Nannino Pellacane scrisse una nota separata ordinando al trattario di pagare a Paolo di Berto Grazzini , allegandola alla cambiale . Il 28 giugno 1386 la cambiale fu protestata perche il beneficiario insiste' per essere pagato in fiorini ungheresi correnti a Zara e non volle accettare i fiorini fiorentini col giglio , offerti in pagamento dal trattario

( DE ROOVER IL BANCO MEDICI : fonte Antonio Teja : Aspetti della vita economica di Zara pp 68 , 75-77 , 113-115 )

 

 

IL BANCO DI VIERI DEI MEDICI

 

Sul banco di Vieri de Medici il De Roover dice :

gli storici non hanno rivolto la loro attenzione ad un parente lontano , messerVieri di Cambio ( o Cambiozzo ) de Medici (1323-1395 ), il quale divenne dopo il 1370 uno dei principali banchieri fiorentini .Quest'uomo e' importante , perche' non vi e' dubbio che il banco Medici fondato da Giovanni di Bicci fu una derivazione bancaria di Messr Vieri . Tanto Giovanni che il fratello maggiore Francesco furono impiegati in questa azienda , apprendisti prima poi fattori poi soci.

Messer Vieri non apparteneva , come il suo lontano parente , al ramo di Cafaggiolo o di Averardo , ma ad un altro che traeva origine da Lippo di Chiarissimo . Da questo stesso ramo proveniva Salvestro di messer Alamanno , primo cugino di Vieri che ebbe una parte cosi rilevante nel tumulto dei Ciompi (1378). Vieri fu uno dei pochi Medici che ricevette la dignita' cavalleresca .Nel 1348 Vieri di Cambio fu iscritto all'arte del Cambio . Rimase negli affari di banca per piu' di quarant'anni , formando una successione di compagnie ed estendendo a poco a poco la sfera dei suoi interessi , diretti al commercio oltre che alla banca , come dimostra il fatto che nel 1369 la compagnia " Vieri di Cambio de Medici e C " risulta tra le ditte fiorentine che spedivano merci attraverso il territorio pisano ( S.L. Peruzzi Storia del commercio e dei banchieri di Firenze (Firenze 1868) p 221 Cfr Pietro Silva L'ultimo trattato commerciale tra Pisa e Firenze <<Studi storici>> , 17 (1908) p 680 )

Verso il 1385 l'azienda sotto la ragione sociale di Vieri de Medici e Iacopo di Francesco Venturi, aveva anche una filiale a Venezia che negoziava cambiali estere , aveva corrispondenti lungo la costa dalmata e a Zara era rappresentata da Paolo di Berto Grassini (Antonio Teja : Aspetti della vita economica di Zara dal 1289 al 1409 , I : La pratica bancaria Zara 1936 pp 74-75, 113 )

Secondo i documenti dell'arte del Cambio , Francesco di Bicci de Medici (c1350-1412 )non fu ammesso come socio minore prima del 1382 .Gli altri soci di Vieri erano in questo tempo : Niccolo' di Riccardo Fagni o del maestro Fagno , Giovanni di Arrigo Rinaldeschi da Prato e Iacopo Venturi . Nel giro di otto anni , Francesco di Bicci de Medici sali al grado di socio maggiore : una cambiale del 4 luglio 1390 , che e' nell'archivio Datini , e' emessa a favore di << Messer Vieri e Francesco de Medici>>in Genova , il che fa supporre filiali del banco di Vieri in tutta Italia .

Oltre alle filiali di Venezia e Genova , ne aveva una a Roma , il cui direttore fin dal 1385 fu fu Giovanni di Bicci , fratello minore di Francesco , la stessa persona che piu' tardi fondo' il banco Medici e divenne il capostipite dei Medici del ramo regnante .(Giovanni di Bicci si iscrisse all'Arte del Cambio il 14 febbraio 1386 , a 26 anni ASF ,Arte del Cambio 12 c 50 )

Indubbiamente la filiale di Roma fu fondata come compagnia separata , in cui Giovanni di Bicci partecipava come socio minore e direttore della filiale , secondo il costume che piu' tardi fu adottato dal suo stesso banco ._Forse egli investi i 1500 fiorini della moglie Piccarda Bueri portatigli in dote nell'ottobre 1385 (Brucker the Medici p 11 ) . Dal 1386 al 1393 quella compagnia fu conosciuta sotto il nome di << Vieri e Giovanni de Medici in Roma >>. Questa e' la prova decisiva , perche' e' la ragione sociale adoperata nel 1392 nella sottoscrizione di cinque lettere dirette alle compagnie di Francesco Datini in Firenze , Pisa e Genova .

L'associazione di Giovanni di Bicci con Vieri di Cambio termino' al piu' tardi nel 1393, perche da allora in poi le lettere conservate nell'Archivio Datini e inviate al banco Medici di Roma omettono il nome di Vieri e portano la sottoscrizione << Giovanni de Medici e compagni in Roma>> E' probabile che Vieri in eta' di oltre settantanni si ritirasse dagli affari per malattia ; sappiamo infatti che mori' due anni dopo (13 settembre 1395 ). Un articolo nel primolibro segreto , cominciato nel 1397 , conferma che Giovanni di Bicci quando fondo la propria azienda fu costretto a rilevare tutte le attivita' e le passivita' di << Messer Veri e compagni >>, cioe' della compagnia sua e di Vieri compreso un certo numero di crediti inesigibili . La nuova compagnia nel nome suo di Giovanni aveva come socio minore Benedetto di Lippaccio dei Bardi che divenne poi direttore generale del banco mediceo.

Il banco di messer Vieri di Cambio dopo il suo scioglimento nel 1392 o 1393 si divise in tre distinte unita' . La prima fu una ditta fondata dal nipote di Vieri , Antonio di Giovanni di Cambio de Medici ( m. 1397 ), con Iacopo di Francesco Venturi e Giovanni di Salvestro come soci ; non duro' a lungo e i documenti dell'Arte del Cambio cessano di ricordarla dopo il 1395 . La seconda fu il banco fondato da Francesco di Bicci sotto il nome di suo figlio Averardo di Francesco (c.1372-1434).Quest'azienda per quanto non cosi potente come il banco di Giovanni di Bicci , duro' un certo numero di anni e fini soltanto nel 1443 , molto tempo dopo la morte di Averardo . La terza era situata a Roma e gestita da Giovanni di Bicci , fratello minore di Francesco : e' questo il banco che divenne tanto famoso che passo' negli annali della storia .

Sebbene Vieri di Cambio fosse vecchio quando , nel 1393 , si ritiro' dagli affari , i suoi due figli , Nicola (1385-1454) e Cambiozzo o Cambio (1391-1463) erano ancora bambini e non potevano quindi succedere nella direzione degli affari . Questo spiega perche' Vieri , sentendo venir meno le forze , affidasse l'azienda a lontani parenti piuttosto che ai propri figli . Nicola e Cambio piu' tardi entrarono in compagnia e fondarono una casa bancaria con propri uffici a Firenze e a Roma , che pero' a causa della loro incompetenza , non ebbe fortuna . Verso il 1433 , i due fratelli avevano gia' venduto la maggior parte dei beni immobili per pagare i debiti del loro banco Essi e i loro discendenti si ridussero in povertae caddero in oblio

Quando, nel 1438 , il giovane Giovanni di Cosimo de Medici (1421-1463 ) portava a termine il suo apprendistato a Ferrara , che a quel tempo era la sede temporanea della corte papale , il suo precettore , ser Giovanni d'Ottaviano Caffarecci da Volterra , lo esorto' ad applicarsi con zelo al suo lavoro e gli ricordo' la sorte di Niccola e Cambio di messer Vieri , che avevano perduto i beni paterni per l'inesperienza e l'ignoranza nelle cose d'affari.

Gli storici , anche italiani , hanno spesso confuso il banco Medici fondato da Giovanni di Bicci con l'azienda rivale fondata dal suo nipote Averardo di Francesco di Bicci . In realta' erano due entita' distinte…………………………………….

 

 

 

 

……. Nel carteggio Chiarini e’ una lettera di Pagolo Carnesecchi a Piero di Bernardo Chiarini , colla data del 17 giugno 1395 : ne risulta che

detto Pagolo aveva affari anche coi Chiarini

 

  Atti e memorie, Volume 7‎ - Pagina 49

Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria - 1921

Nel carteggio Chiarini è una lettera di Pagolo Carnesecchi a Piero di Bernardo
Chiarini, colla data 17 giugno 1395: e ne resulta che detto Pagolo avea ...

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Pagholo Carnesecchi ha intorno al primo decennio del 1400 una societa' con che commercia la seta ed in una che si occupa della lana

socio di Francesco Baroncelli di Cionaccio che molto probabilmente operava in Ungheria immatricolata nell'arte della seta

e poi di una compagnia che comprendeva suo figlio Simone e Fronte di Antonio di Piero immatricolata nella Lana

 

 

 

 

 

 

 

Dalla portata dei figli di Paolo nel 1427 : un credito coi Peruzzi e una compagnia in Ungheria

 

Simone di Paolo e fratelli Carnesecchi nella foto 09 parlano di una compagnia in Ungheria fatta dal padre e nella foto 12 parlano di un debito
con Berto e Ridolfo Peruzzi per motivo non meglio specificato.

Terminano: Per cagione che di questa recata non si chiarisce interamente le nostre sustanze perche' abbiamo aspettare conti e saldi d'Ungheria e per
cagione di detta compagnia siamo creditori di Berto e Ridolfo Peruzzi e de' Zati di Vinegia e d'altri che per al presente non si possono chiarire

 

 

ASSICURATORE

 

 

 

 

 

 

 

Paolo di Berto di Grazzino Carnesecchi in Ungheria

 

The Florentine Scolari Family at the Court of Sigismund of Luxemburg in Buda

Katalin Prajda ( European University Institute )

 

http://academia.edu.documents.s3.amazonaws.com/1874407/JEMH_14_6_513-534.pdf

 

http://www.carnesecchi.eu/Ungheriakatalinprajda1.pdf

 

 

 

 

Secondo la portata del 1427 i figli di Paolo Carnesecchi vantano un credito per gli affari ungheresi del padre

Masolino nel 1425 abbandona la cappella Brancacci per andarsene in Ungheria secondo alcuni chiamato da Pippo Spano

Paolo C. e’ presente in Ungheria da tempo

http://www.carnesecchi.eu/Ungheriakatalinprajda1.pdf

la cosa mi fa un po pensare

Nei quadri, stemmi , cassoni matrimoniali

lo stemma dell'uomo e' a sinistra di chi guarda quello della donna alla destra di chi guarda

per cui la Madonna di Brema di Masolino ci parla di un matrimonio di un uomo Carnesecchi con una donna dei Boni nel 1423

potrebbe essere Berto di Zanobi di Berto nipote di Paolo Carnesecchi la cui prole e' compatibile con quella data

 

 

 

 

Numerosi fiorentini, che prima avevano solo commerciato nel Regno d’Ungheria, vi si stabilirono e trovarono sostegno e lavoro grazie allo Spano. I suoi parenti, Carnino di Rinieri Scolari, Andrea di Filippo Scolari e Giovanni di messer Andrea Buondelmonti, ricevettero uffici ecclesiastici nel Regno ed aiutarono altri fiorentini ad ottenere vantaggi economici e politico-sociali.

Il ruolo di Pippo, Andrea ed anche quello del fratello di Pippo, Matteo Scolari, nell’insediamento dei fiorentini nei primi due- tre decenni del secolo è fuori questione. Con la loro contemporanea scomparsa, avvenuta nel 1426, si chiude un capitolo della storia della diaspora fiorentina nel Regno d’Ungheria. Né prima né dopo Pippo Scolari un fiorentino riuscì ad ottenere un’influenza così determinante sulla corte reale. Nel 1426 morirono altre figure emblematiche dei rapporti fiorentino- ungheresi, come Vieri di Vieri Guadagni, parente stretto e business partner per gli Scolari, più volte indirettamente coinvolto nel commercio tra Firenze e Buda, e Pagolo di Berto Carnesecchi, uno tra quelli pochi fiorentini che secondo le informazioni alla disposizione aveva aperto una filiale indipendente a Buda. Morì nel anno seguente anche Tommaso di Domenico Borghini, un altro business partner per gli Scolari con cui fondarono una compagnia per il commercio a Buda. Dopo il 1426, la situazione dei fiorentini nel Regno d’Ungheria peggiorò da più punti di vista. Negli anni precedenti al 1427 non si ha conoscenza di casi in cui i fiorentini non erano stati trattati con riguardo dal sovrano. Dopo il dicembre del 1426, quando morì lo Spano, si registrarono continui arresti di mercanti fiorentini che lo avevano servito come vecchi familiares o compagni di commercio. Anche se dopo un periodo in prigione i fiorentini furono liberati e molti ritornarono nell’amministrazione reale, la loro influenza nella corte e nell’amministrazione reale non aveva eguagliò mai il livello raggiunto nei decenni precedenti. Così anche i cugini ed eredi generali di Pippo Scolari persero il controllo delle miniere di sale.

 

 

I mercanti che si erano legati in vari modi al Regno d’Ungheria furono quindi tra gli esponenti più facoltosi e influenti dell’industria tessile fiorentina del tempo. L’organizzazione dell’Arte dei Medici e Speziali, come la maggior parte delle arti maggiori, risale al Duecento. Intorno al 1266 vi aderivano medici e speziali, seguiti verso la fine del secolo dai merciai. Dal punto di vista del commercio a grande distanza, gli speziali e i merciai assumevano una grande importanza. Esaminando i documenti dell’Arte dei Medici e Speziali, troviamo solo poche famiglie legate alla cooperazione economica tra Firenze e l’Ungheria. Fra esse spicca quella di Pagolo di Berto Carnesecchi, un mercante che operò per anni a Buda come socio di Antonio di Fronte e fu eletto per un totale di sei volte alla carica di console. Anche i suoi tre figli, Antonio, Piero e Simone, lavorarono nel Regno d’Ungheria e essi ricoprirono la carica di console almeno una volta durante l’epoca esaminata. Ancora i loro parenti, Berto di Zanobi Carnesecchi e i suoi discendenti sono presenti numerose volte tra i consoli dell’arte. Tra il 1408 e il 1437, quasi ogni anno almeno un membro della famiglia Carnesecchi venne eletto console.308 La famiglia Del Pecchia deve invece la proprio alla biografia di Jacopo di Poggio, secondo cui Pippo Scolari arrivò in Ungheria come garzone di una società di mercanti internazionali e aveva lavorato a quel tempo a Buda, accanto al mercante fiorentino Luca del Pecchia. I due fratelli, Jacopo e Luca di Giovanni del Pecchia furono membri almeno di due arti: come setaioli dell’Arte della Seta e come merciai dell’Arte dei Medici e Speziali. Nel 1386, un membro della famiglia, Luca, venne eletto console dell’arte.

Alcuni membri di queste arti attivi nel Regno d’Ungheria ricoprirono inoltre la carica di consigliere nel tribunale della Mercanzia. Tra i mercanti analizzati dal punto di vista dei rapporti commerciali con il Regno d’Ungheria, Tommaso di Domenico Borghini la ricoprì tre volte e Pagolo di Berto Carnesecchi quattro, mentre altri mercanti ottennero un singolo mandato.310 La documentazione presentata in questo sottocapitolo suggerisce che i mercanti che commerciavano nel Regno d’Ungheria conservarono per molti anni un notevole potere all’interno dell’Arte della Seta e di quella dei Medici e Speziali, e furono più volte rappresentati al Tribunale della Mercanzia, che sicuramente aiutava in grosso modo la loro attività mercantile anche fuori i confini della Repubblica.

 

 

Purtroppo non è facile valutare l’effetto dalla lettera sulla carriera di Fronte nel Regno d’Ungheria. E’ tuttavia certo che i fratelli Fronte raggiunsero negli anni 1410- 1420 una posizione stabile tra i mercanti che commerciavano tra la Repubblica fiorentina e il Regno d’Ungheria. Questa posizione era dovuta con grande probabilità al loro rapporto con Pippo Scolari e la sua famiglia. Esso è provato anche dal fatto che il 25 marzo 1426 Pippo Scolari nominò sei procuratori per il testamento di suo fratello Matteo, e fra essi troviamo anche uno dei fratelli Fronte, Antonio.Come si vede da tutti questi documenti, una volta arrivati nel Regno d’Ungheria, i fratelli Fronte entrarono in compagnia e in stretta cooperazione con altri esponenti di spicco del commercio a grande distanza tra la Repubblica fiorentina e il Regno d’Ungheria. Così oltre alla compagnia formata da Fronte e Matteo Scolari, Antonio ne fondò un’altra con Paolo di Berto Carnesecchi, uno dei vicini dei fratelli Scolari a Firenze e il primo mercante ad aprire una filiale indipendente a Buda. Grazie ad una fusione tra due compagnie fiorentine, i consoci arrivarono a comprendere negli anni 1420 anche i grossi linaioli Niccolò di Andrea Carducci e Andrea di Giovanni del Bellaccio.349 I fratelli si legarono anche alla compagnia di Giovanni di Bartolomeo Panciatichi e soprattutto al suo fattore e cognato Recco di Simone Capponi e alla sua famiglia.350 Pare che nel dicembre del 1426, dopo la morte di Pippo, la Signoria fiorentina, con lo scopo di migliorare la posizione di Antonio, che aveva perso il suo maggior sostenitore, lo raccomandò nuovamente a Sigismondo insieme ad altri mercanti fiorentini già operanti da anni nel Regno d’Ungheria.351 Purtroppo, a causa della scarsità dei riferimenti, le vicende di Antonio nel Regno dopo il dicembre del 1426 restano inesplorabili. L’ultimo riferimento risale agli anni 1440, quando Antonio era un mercante attivo ed assunse varie cariche pubbliche nella città di Firenze come sostenitore della politica medicea. 352

Come suggerisce il caso della famiglia Fronte, la lettera di raccomandazione era uno strumento diffuso ed efficace, con cui si poteva entrare in un circolo di mercanti, far parte di una microsocietà e, attraverso i canali personali, inserirsi negli affari finanziari. Con la lettera di raccomandazione della Signoria fiorentina, Fronte ed Antonio entrarono nel gruppo dei principali mercanti del Regno d’Ungheria. Forti del sostegno di Pippo, i fratelli si congiunsero agli alleati economici degli Scolari, fondando insieme società mercantili.

 

ASF Catasto 55. cc.786r–789r ( la portata di Simone, Giovanni ed Antonio di Pagolo nel 1427); Catasto 381. c. 919r (la portata di Simona vedova di Pagolo di Berto nel 1431); Catasto 380. cc. 44r–46r. (la portata di Antonio di Pagolo nel 1431); Catasto 380. cc. 87r–v. (la portata di Giovanni di Pagolo nel 1431); Catasto 381. cc. 912r–914r. (la portata di Simone di Pagolo ne 1431); Catasto 477. c. 622r (la portata di Simona vedova nel 1433); Catasto 476. c. 811r (la portata di Giovanni di Pagolo nel 1433)

 

 

Il ruolo di Pippo, Andrea ed anche quello del fratello di Pippo, Matteo Scolari, nell’insediamento dei fiorentini nei primi due- tre decenni del secolo è fuori questione. Con la loro contemporanea scomparsa, avvenuta nel 1426, si chiude un capitolo della storia della diaspora fiorentina nel Regno d’Ungheria. Né prima né dopo Pippo Scolari un fiorentino riuscì ad ottenere un’influenza così determinante sulla corte reale. Nel 1426 morirono altre figure emblematiche dei rapporti fiorentino- ungheresi, come Vieri di Vieri Guadagni, parente stretto e business partner per gli Scolari, più volte indirettamente coinvolto nel commercio tra Firenze e Buda, e Pagolo di Berto Carnesecchi, uno tra quelli pochi fiorentini che secondo le informazioni alla disposizione aveva aperto una filiale indipendente a Buda. Morì nel anno seguente anche Tommaso di Domenico Borghini, un altro business partner per gli Scolari con cui fondarono una compagnia per il commercio a Buda. Dopo il 1426, la situazione dei fiorentini nel Regno d’Ungheria peggiorò da più punti di vista. Negli anni precedenti al 1427 non si ha conoscenza di casi in cui i fiorentini non erano stati trattati con riguardo dal sovrano. Dopo il dicembre del 1426, quando morì lo Spano, si registrarono continui arresti di mercanti fiorentini che lo avevano servito come vecchi familiares o compagni di commercio. Anche se dopo un periodo in prigione i fiorentini furono liberati e molti ritornarono nell’amministrazione reale, la loro influenza nella corte e nell’amministrazione reale non aveva eguagliò mai il livello raggiunto nei decenni precedenti. Così anche i cugini ed eredi generali di Pippo Scolari persero il controllo delle miniere di sale.

 

 

La maggior parte delle famiglie finora conosciute nella storia del commercio a grande distanza tra Firenze e il Regno d’Ungheria erano setaioli. Questo gruppo di famiglie comprendeva gli Albizzi, i Borghini, i Carnesecchi, i Corsi, i Del Pecchia, i Lottieri e i Melanesi. Vi erano altre tre compagnie di ritagliatori, gestite per la maggior parte dai membri della famiglia Carducci, Della Rena e Guadagni.

 

Per restare nell’ambito delle famiglie di ritagliatori, i Carducci si ritrovano in numero considerevole nei registri dell’Arte della Seta. I discendenti di Niccolò di Giovanni e Niccolò di Andrea di Andrea furono iscritti uno dopo l’altro. Già prima del 1406, quando Niccolò si vi iscrisse, i membri della sua famiglia partecipavano già all avita dell’Arte.297 Anche i suoi figli entrarono nell’arte: Bernardo nel 1418, Carlo nel 1426 e Domenico nel 1429. Un altro ramo della casata, quello di Niccolò di Giovanni, aveva lavorato nello stesso settore. A causa della grande differenza di età, i suoi figli appaiono per la prima volta nei libri dell’arte a molti anni di distanza: Mariotto nel 1408, Matteo nel 1412 e Carlo nel 1425.Tra i membri di questi due rami, solo il sopraddetto Niccolò di Giovanni ricoprì l’ufficio di console dell’arte per un totale di cinque volte.La compagnia di ritagliatori di Niccolò di Andrea venne registrata in più documenti; uno si riferisce al fatto che la compagnia aveva sede a Buda. Anche se le loro portate non forniscono informazioni dettagliate relative alla compagnia, è attestata una fusione tra la compagnia di Niccolò di Andrea (suo consocio era Andrea di Giovanni) e la compagnia dei figli di Pagolo Carnesechi, mercanti di seta residenti a Buda.

 

Oltre alla morte di Pippo Scolari e dei suoi parenti, il 1426 segnò anche la fine di un periodo di intensi contatti diplomatici e sociali tra la Repubblica di Firenze e il Regno d’Ungheria. In quell’anno morì non solo il principale canale personale, ma vennero a mancare diverse figure emblematiche nel mantenimento dei buoni rapporti tra i due stati medievali. Tra essi troviamo mercanti- imprenditori attivi nel commercio a grande distanza nel Regno d’Ungheria. Il 3 agosto 1426 morì Vieri di Vieri Guadagni, vecchio compagno di Matteo Scolari e suo parente, tramite un matrimonio stretto tra il figlio di Vieri e la figlia di Matteo. Nel corso dello stesso anno si spense Pagolo di Berto Carnesecchi, vicino dei fratelli Scolari in Via Panzano. Egli era stato tra i mercanti fiorentini ad aprire una compagnia a Buda. Nel 1427 morì l’altro consocio importante di Matteo Scolari, Tommaso di Domenico Borghini, con il quale aveva fondato una compagnia per il commercio con il Regno. Le perdita di numerosi capifamiglia e le ritorsioni di Sigismondo contro i mercanti fiorentini segnarono il periodo successivo al dicembre 1426. Le tensioni causate dalla scomparsa di queste figure emblematiche e alimentate dalla sfiducia di Sigismondo divennero un’esperienza quotidiana per molti mercanti fiorentini del Regno, la cui situazione economica si aggravò notevolmente con la morte degli Scolari.

 

I Carnesecchi (Pagolo di Berto e i suoi tre figli, Antonio, Giovanni e Simone) erano tra i mercanti fiorentini che aprirono una filiale a Buda. Nel 1427 il valore dei loro beni immobili ammontava a millequattrocento fiorini d’oro; il loro patrimonio includeva due case legate insieme nelle quali essi abitavano nel popolo di Santa Maria Maggiore, diverse altre case e casette urbane, numerosi appezzamenti e case rurali. Non da ultimo, essi costruirono anche una cappella familiare nella Chiesa di Santa Maria Maggiore.

 

 

 

 

 

 

 

Ritornando al nostro Paolo di Berto Grazini agli inizi del 400 raggiunta un eta' piu' matura sembra essere piu' presente a Firenze e quindi dedicarsi con maggior vigore all'attivita' politica

 

4 volte Priore nel 1400 , nel 1409 , nel 1415 , nel 1422

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 1415

Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425

Gonfaloniere di compagnia nel 1393 ( Pagholo di Berto Gratini -------------Alle bocche della piazza )

Console delle arti per i medici e gli speziali 13 volte e per la mercanzia 11 volte

Era eletto nei dieci di Balia nel 1405 , quando si tratto' di ricevere la citta' di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze

Nel 1407 fu commissario di Pisa

Nel 1417 fu ambasciatore a Bologna ( fonte : Scipione Ammirato )

Nel suo libro " Dal comune alla signoria "Gene Brucker ricostruisce la storia di Firenze dal 1382 al 1434 attraverso l'esame delle consulte.

In tale ricostruzione Paolo Carnesecchi , che viene definito un ricco mercante , appare con una certa frequenza dal 1414 in avanti

 

Documenti di storia italiana - Pagina 460
di Deputazione toscana di storia patria
... dove per tutti parlavano il nostro Rinaldo e Paolo di Berto dei Carnesecchi.
Trattandosi delle istruzioni da darsi agli oratori, erano essi di parere, ...
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Documenti di storia italiana - Pagina 344
di Deputazione toscana di storia patria
Risposero per tutti Paolo di Berto Carnesecchi e Bartolommeo di Niccolo Valori.
... di comunicare agli oratori in Roma le lettere dell'oratore in Venezia. ...
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( da "Ricordi di Bonaccorso Pitti ")

Adì primo di luglio l' anno 1422 entrai gonfaloniere di giustizia. I Priori miei compagni furono Bonaccorso di Paolo Corsellini ottonaio, Baldo di Nofri di Baldo correggiaio, Bernardo di Bartolomeo Gherardi, Simone di Lapo di Francesco Corsi, Domenico di Bartolo Ottavanti, Manno di Giovanni di Temperano Manni, Paolo di Berto Carnesecchi, Antonio di Tomaso di Guccio Martini. E ricordo che al nostro tempo mandammo ambasciadore a Roma. Togliemmo per raccomandato messer Tomaso da Campo Fregoso signore di Sanrezana. Soldammo il signor Braccio dal Montone signor di Perugia ecc. con lance mille, e fanti trecento in aspetto. Facemmo lega col Signore di Lucca per 5 anni. Mandammo ambasciadori al duca di Melano. Facemmo lezione d' ambasciadore al duca di Savoia, e facemmo molte altre cose utili per la nostra Replubbica, e mandammo ambasciadore a Vinegia. Fu nostro notaio ser Antonio di ser Michele da Ricavo; e mandammo le grosse galee.

 

 

 

Archivio di Stato di Prato, Datini, 340, Lettere Firenze-Prato Francesco di Lapo Federighi a F.D., arr. 27.7.1409

Francesco Datini si lamenta per gravezze impostegli. Francesco Federighi interviene con gli sgravatori: Giovanni Orlandini, Pagholo Charnesecchi

 

 

 

Pagolo di Berto Carnesecchi

(1409) Membro dell’Arte della Lana705

01/09/1408 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali706

01/09/1416 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 707

01/09/1418 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 708

01/09/1420 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 709

01/09/1424 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 710

01/09/1426 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 711

19/02/1407 sei di Mercanzia712

20/04/1408 sei di Mercanzia713

18/02/1410 sei di Mercanzia714

03/04/1413 sei di Mercanzia715

 

Simone di Pagolo Carnesecchi

1420 immatricolato all’Arte della Lana716

01/09/1421 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali717

 

 

702 ASF Seta 246. c. 13r.

703 ASF Seta 246. c. 14r.

704 ASF Seta 246. c. 15r.

705 ASF Lana 25. c. 38v

706 ASF Medici 46. c. 35v..

707 ASF Medici 46. c. 39v.

708 ASF Medici 46. c. 40v.

709 ASF Medici 46. c. 41v.

710 ASF Medici 46. c.43v.

711 ASF Medici 46. c.44v.

712 ASF Consulte 38. c. 13r.

713 ASF Consulte 39. c. 34v.

714 ASF Consulte 40. c. 124r.

715 ASF Consulte 41. c. 187v.

716 ASF Lana 25. c. 43v.

717 ASF Medici 46.4 c. 2r. 197

Piero di Pagolo Carnesecchi

01/09/ 1423 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 718

 

Antonio di Pagolo di Berto Carnesecchi

Membro immatricolati dell’Arte dei Medici e Speziali719

01/05/1437 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 720

 

Giovanni di Pagolo di Berto Carnesecchi

01/01/1436 consolo dell’Arte di Por Santa Maria721

 

 

Pagolo Carnesecchi (15/03/1409)753

Doffo di Nepo Spini (24/09/1409)754

Vieri di Vieri Guadagni (02/05/1411)755

Pagolo di Berto Carnesecchi (10/05/1412)756

 

 

 

 

Pagolo di Berto Carnesecchi

Dodici buonuomini (19/09/1395)795

Otto custodie (21/01/1398)796

Deputato del Quartiere San Giovanni (25/01/1402)797

Deputato del Quartiere San Giovanni (08/03/1408)798

Deputato del Quartiere San Giovanni (22/05/1409)799

Deputato del Quartiere San Giovanni (11/10/1409)800

Deputato del Quartiere San Giovanni (09/06/1410)801

Otto custodie (02/01/1412)802

789 ASF Consulte 26.. c. 190v.

790 ASF Consulte 29. c. 163r.

791 ASF Consulte 28. c. 139v.

792 ASF Consulte 28. c. 170r.

793 ASF Consulte 39. c.. 166v.

794 ASF Consulte 42.. c. 156v.

795 ASF Consulte 31. c.. 113v.

796 ASF Consulte 32. c. 174r.

797 ASF Consulte 35. c. 76r.

798 ASF Consulte 39. c. 21r.

799 ASF Consulte 40. c. 21r.

800 ASF Consulte 40. c.. 72v.

801 ASF Consulte 40. c.. 170v.

802 ASF Consulte 41. c.. 67r. 203

Deputato del Quartiere San Giovanni (04/06/1412)803

Gonfaloniere (13/09/1412)804

Deputato del Quartiere San Giovanni (07/07/1413)805

Deputato del Quartiere San Giovanni (14/12/1413)806

Deputato del Quartiere San Giovanni (16/08/1414)807

 

 

 

 

 

ARROTO in PARTE GUELFA nel 1413

(dai " Ricordi di Bonaccorso Pitti ")

Nel detto anno 1413 adì 8 di giugno, essendosi fuggito da Roma papa Giovanni XXIII, per la presa che lo re Lanzelao avea fatta di Roma, giunse a Santo Antonio del Vescovo, e quivi andarono i signori Priori a vicitarlo e fargli la debita reverenzia. E quivi stette insino adì [...]... di novembre; e qui in Firenze furono alloggiati i suoi cardinali e' suoi cortigiani; e nel tempo che ci stette, compilò e conchiuse la lega con questo Comune. Andonne a Bologna.

Nel detto anno del mese di novembre trovandosi de' Capitani di Parte Guelfa

Giovanni di Gianozo Vettori , Niccolò di Nino Orlandi , Inghilese di Simone Baroncielli , Iacopo di Piero Gherardini , Piero di Giovanni Anselmi , Luca di Giovanni di Luca Pezaio , Giraldo di Lorenzo Giraldi , Dingo di Guerriante Marignolli e Andrea di Guiglielmino de' Pazzi, provvidono con maturi consigli di grande nomero di Guelfi richiesti, che per lo Consiglio ordinario di Cento e poi per quello de' Sessanta, e' presono balia insieme co' loro Collegi e con 96 arroti guelfi di riformare gl' uffici di quella Casa con nuovo squittino, e d' annullare e ardere tutti gli squittini per adrieto fatti: e così feciono. E ciò si mossono a fare perché quella Casa era molto vilipenduta del suo usato onore e reputazione; e tanto era mancata, che a grande pena trovavano i capitani cittadini che facessono loro compagnia per andare all' offerte ordinate per quella Casa. E ciò intervenia per isdegno che i buoni e veri Guelfi aveano di vedere molti Ghibellini e nuove genti e di vile condizioni entrati negl'uffici di quella Guelfa e loro Casa. E i Collegi e arroti, che furono a fare la detta riformazione e squittino, furono questi, ciò è: Messer Lorenzo Ridolfi , Bartolomeo di Tomaso Corbinelli , Barduccio di Franciesco Canigiani ,Stefano di Corsino de' Corsini , Agnolo di Giovanni da Uzano , Giovanni di Franciesco Bucielli , Rinieri di Bardo Bagnesi , Gherardo d' Ormanno Foraboschi , Iacopo di Lutozzo Nasi , Biagio d' Agnolo bicchieraio , Chirico di Pero Tornaquinci , Antonio di messer Luca da Panzano , Fabbiano d' Antonio Martini , Spinello di Giovannello Cavicciuli , Simone di Niccolò Salviati , Salvestro di Lodovico Cieffini , Bernardo di Vanni Vecchietti , Giovanni di Giovanni Aldobrandini , Betto di Giovanni Busini , Giacoppo di Vanozzo de' Bardi , Giovanni di ser Dato maliscalco , Niccolaio di Pepo degl' Albizi , Salvestro di Tomaso Popoleschi , Lorenzo di messer Gherardo Bondelmonti , Bernardo di messer Biagio Guasconi , Benedetto di Caroccio degli Strozi , Giramonte di Guido Frescobaldi e Andrea di Guccio rigattiere Bartolo di Giovanni Canacci , Lodovico di Iacopo Giandonati , Matteo di Nuccio Solosmei Questi scritti di sopra furono Priori della Parte Guelfa;

e quelli scriverò nell' altro colonnello furono i segretari della detta Parte Guelfa.

Piero di Bernardo della Rena , Piero di Giovanni di Neri dal Palagio , Pierozo di Franciesco degl' Agli e Puccino di ser Andrea armaiuolo.

Quartiere di San Spirito. Arroti

Scala: Bernardo di Castello Quaratesi , Niccolò di Benozo Grasso , Astore di Niccolò di Gherardino Gianni , Giovanni di Lodovico di Banco , Firenze del PanciaNicchio:Paolo di Franciesco Biliotti , Piero di [Bernardo Magli] , Niccolò di messer Donato Barbadoro , Bartolo di Noffo Ridolfi , Ricciardo di Niccolò di NomeFerza:Davizino di Chele Amirati ,Bonacorso di Neri Pitti , Piero di messer Zanobi da Mezola , Bartolo di Piero Strada , Giovanni di Michelozo coreggiaio

Drago: Vannozo di Giovanni Serragli , Piero di [Francesco] del Soldato , Giovanni di Niccolò Soderini , Filicie di [Michele] Brancacci , Piero Lapini legnaiuolo

Carro: Giovanni di Nofri Arnolfi , Matteo di Michele Castellani , Andrea di [Sandro] Ragugi , Antonio di Piero di Fronte ,Antonio di Vanni Mannucci

Bue: Forese d' Antonio Sacchetti , Paolo di Bardo Mancini ,Gieri di Iacopo Risaliti ,Maso di Taddeo Borghini , Lorenzo di Giovanni coreggiaio

Lion nero: Andrea di [Francesco] Peruzi vocato Siepe , Giovanni di Francieschino Pepi , Manetto di Tuccio Scambrilla , Giannozo di [Zanobi] Cafferelli
Corsetto di Iacopo Arighetti

Ruote: Andrea di Niccolò Giugni , Antonio di messer Niccolò da Rabatta ,Lapo di Giovanni Niccolini , Franciesco di Biagio Lioni , Iacopo di Dino coreggiaio

Vipera: Adovardo di Lodovico Acciaiuoli , Bartolomeo di Bardo Altoviti , Lionardo di Marco di Giotto Fantoni , Pera del Pera Baldovinetti , Carlo di ser Tomaso Redditi

Unicorno Messer Rinaldo di Gianozo Gianfigliazi , Messer Cristofano d' Anfrione Spini , Tommaso di Neri Ardinghelli , Bartolomeo di Lionardo Bartolini
, Betto di Giovanni Rustichi

Lion rosso: Ugolino di messer Albizo Ruciellai , Tommaso d' Andrea Minerbetti , Mariotto di Piero della Morotta , Arigo di [Giovanni] Mazinghi , Manno di Bonuccio banderaio

Lion bianco: Antonio di Cipriano Mangioni , Paolo di [Bernardo] Bordoni , Niccolò di Tommaso Malegonelle , Gieri del Testa Girolami , Iacopo di Monte di Pugio

Lion d' oro: Giovanni di Bicci de' Medici , Rinaldo di [Filippo] Rondinelli , Ugo d' Andrea da la Stufa , Nerone di Nigi di Nerone , Lorenzo d' Andrea beccaio

Drago San Giovanni: Paolo di Berto Carnesecchi , Niccolò di Bernardo Sassi della Tosa , Tommaso di Iacopo Pecori , Filippo di [Arrigo] Arigucci
Tommaso Guidotti legnaiuolo

Chiavi: Bartolomeo di Niccolò di Taldo Valori , Luca di Manetto da Filicaia , Bernardo di Vieri Guadagni , Fillppo di Salvi di Fllippo , Paolo di Franciesco Gherucci

Vaio: Nofri di Giovanni Bischeri , Bartolo di Ruberto Cortigiani , Bartolomeo di Iacopo Gherardini , Bartolo di Giovanozo di Bartolo Bonafede , Lionardo di Salvestro brigliaio

GrandiGrandi Giovanni di Guerrieri de' Rossi , Gherardo di Gherardo Bondelmonti , Ciesare di Giramonte de' Bardi , Piero d' Aghinolfo de' Bardi
Amerigo di Giovanni Frescobaldi , Testa di Giovanni Tornaquinci , Tieri di Franciesco Tornaquinci , Bernardo di Bernardo Cavalcanti , Baldassarre di Bartolomeo Foraboschi , Cipolla d' Messandro degli Agli , Attaviano di Cacciatino Gherardini , Amerigo di Niccolò Cavicciuli , Franciesco di Giecie de' Pulci , Piero d' Adovardo degli Agli , Apardo d' Apardo Donati , Bindo di Franciesco degli Agli

 

 

 Sara’ ambasciatore a Bologna nel 1417 ( Scipione Ammirato : Istorie fiorentine )

Istorie fiorentine - Pagina 45
di Scipione Ammirato, Luciano Scarabelli - 1853
... co'loro castelli, e quella di Ludovico degli ... Bolognesi negato a Paolo
Carnesecchi ea Neri Vettori mandati di Firenze a quelli anziani, ...

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Informazioni su questo libro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un primo testamento : 

3/7/1387

Testamentum Pauli olim Berti Grazzini Duranti populi S. M. Maioris. Il compilatore annota nel margine sinistro: "Carnesecchi"

Notaio Niccolò di Piero Mazzetti da Sesto (1370-1391).

Manoscritto 514

 

 

Un secondo testamento :

 

Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Garzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale. In questa seconda parte del documento si hanno quelle specificazioni in più circa la cappella che permettono di circoscriverne la datazione: la si definisce infatti "cappellae et altaris Sanctae Catharinae erectae et factae per dictum olim Paulum patrem ipsorum in ecclesia Sancta Mariae Maioris de Florentia, fulcitae tabulae, paramentis et aliis ad dictam cappellam, necessariis pietrae et armis dicti Pauli designatae". Dall'atto notarile si può quindi dedurre che nel gennaio 1427 la tavola dell'altare era già stata fatta, ma non si può dire da quanto tempo.

 

Non conosco il riferimento archivistico per ritrovare il testamento di Pagholo Carnesecchi

 

 

 

 

 

 

LA CAPPELLA DI PAOLO CARNESECCHI IN SANTA MARIA MAGGIORE

I RAPPORTI CON MASOLINO MASACCIO E PAOLO UCCELLO

 

Ritroveremo Paolo ( tratteremo a parte l'argomento ) quale fondatore nel 1405 di una Cappella a suo nome in santa Maria Maggiore in cui lavoreranno Masaccio , Masolino e Paolo Uccello

 

 

 

Masaccio , Paolo Uccello, Masolino

 

 

Paolo Carnesecchi occupa un posto importante nella storia dell'arte

Nella sua cappella lavorarono insieme Masaccio e Paolo Uccello due padri della prospettiva, e Masolino

Inizio quindi qui nella cappella di Paolo Carnesecchi in Santa Maria Maggiore la collaborazione tra Masaccio e Masolino 

Vedi la pagina

 

 

 

 

Rapporto con le ARTI dei Grazini

 

 

Della carriera politica dei tre fratelli quello che colpisce in modo particolare e' il rapporto dei figli di Berto di Grazino con le Arti , in particolare con l'Arte dei Medici e Speziali e con le magistrature della Mercanzia ( vedi pagina 2 )

Io ho utilizzato i dati della Brown University che coprono solo il periodo dal 1993 al 1421

Questo rapporto intensissimo deve pur significare qualcosa !!!!!!

 

Carnesecchi consoli dell'Arte dei Medici e degli Speziali

 

Mancano i dati antecedenti al 1393 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429

 

1394

Paolo

1404

Paolo

1414

Paolo

1395

 

1404

Cristofano

1414

Zanobi ( muore tra il 16 e il 17 )

1396

Paolo

1405

Zanobi

1415

Paolo

1397

Cristofano

1406

Paolo

1415

Cristofano ( muore tra il 16 e il 17 )

1398

Paolo

1407

Cristofano

1416

Paolo

1399

 

1408

Paolo

1417

 

1400

Paolo

1409

Cristofano

1418

Paolo

1400

Cristofano

1410

Zanobi

1419

 

1401

Zanobi

1411

Cristofano

1420

Paolo

1402

Cristofano

1412

Zanobi

1421

………………………………….Mancano dati

1403

Paolo

1413

Cristofano

1422

………………………………….Mancano dati

 

 

 

 

 

 

Inoltre Paolo (Pagholo ) di Berto di Grazino e' Console per la Mercanzia negli anni :

1401,1405,1406, 1408,1409,1411,1413,1415,1416,1418,1420,1421

 

 

 

 

 Il Brucker basa la sua analisi del periodo 1382-1433 sui partecipanti alle consulte ma forse trascura una parte del panorama politico che si esprimeva in altro modo

 

 

 

 

 

 

Sua moglie e’ madonna Simona ( compare nella portata di Simone e fratelli nel Catasto 1427 )

Simone nato nel 1391 compare anche a nome dei fratelli nel catasto del 1427

Simone di Paolo di Berto di Grazino di Durante fiorini 10346 bocche 6 anni 36 

 

 

Ho dal dr Paolo Piccardi :

 

Manoscritto 501 ASFi

 

(4) Contratti di matrimonio e parentadi

 

1400 Antonio di Paolo Carnesecchi (c.59) f. 1000

1404 Parenti di Michele Serparenti e Maddalena di Paolo di Bartolommeo di Grazzino Carnesecchi f. 1000 (c.332)

1417 Berto di Zanobi Carnesecchi (c.279) f. 1200

1421 Gio. di Niccolo' di Matt.o Carnesecchi (c.102) f. 604

1426 Manetto di Zanobi Carnesecchi (c.29) f. 1100

1430 Luca di Gio. Carnesecchi (c.88) f. 350

1434 Manetto di Zanobi Carnesecchi (c.90) f. 1050

1442 Antonio di Paolo Carnesecchi (c.3) f. 900

1446 Luca di Luca Carnesecchi (c.90) f. 1000

1446 Carlo di Bernardo Carnesecchi (c.165) f. 833

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Era figlio di Berto di Grazino Durantis, il Gonfaloniere di Giustizia fiorentino del 1358 .

Fu uno dei piu' ricchi mercanti fiorentini nel periodo di fine XIV secolo

Viene citato nel libro del De Roover <<Il Banco dei Medici >> per un episodio del 1386. Un'ordine di trasferimento scritto su una cambiale che pare essere il primo esempio di girata documentato ( il sistema era sicuramente molto piu' antico ) : Si tratta di una cambiale spiccata l'11 aprile 1386 a Firenze da Iacopo Ardinghelli e C. su Antonio di messer Luca in Zara . Poiche' il datore , la ditta Guido Fagni e C , non aveva corrispondenti a Zara , si richiese al trattario di pagare a Nannino Pellacane di Venezia << o a chui vi scrivesse >> In conseguenza il 4 giugno 1386 Nannino Pellacane scrisse una nota separata ordinando al trattario di pagare a Paolo di Berto Grazzini , allegandola alla cambiale . Il 28 giugno 1386 la cambiale fu protestata perche il beneficiario insiste' per essere pagato in fiorini ungheresi correnti a Zara e non volle accettare i fiorini fiorentini col giglio , offerti in pagamento dal trattario

 

Alla fine della sua vita partecipo' considerevolmente alla vita politica fiorentina. Fu molto attivo nei consigli dove spesso si schiero' contro il partito della guerra.

La sua carriera politica e' cosi sintetizzabile

 

4 volte Priore nel 1400 , nel 1409 , nel 1415 , nel 1422

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 1415

Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425

Gonfaloniere di compagnia nel 1393

Console delle arti per i medici e gli speziali 13 volte e per la mercanzia 11 volte

Era eletto nei dieci di Balia nel 1405 , quando si tratto' di ricevere la citta' di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze

Nel 1407 fu commissario di Pisa

Nel 1417 fu ambasciatore a Bologna

 

 

Iscritto all'Arte dei medici e degli speziali insieme coi fratelli Zanobi e Cristofano ne fu console in modo quasi continuo nell'ultimo periodo della sua vita. Poiche' a quest'arte erano iscritti anche i pittori ebbe modo di conoscere tra gli altri Masolino e Masaccio

Cosi nella sua Cappella in Santa Maria Maggiore si ebbe l'inizio della collaborazione tra Masaccio e Masolino autori di quel trittico con le storie di Santa Caterina e San Giuliano oggi quasi completamente disperso e oggetto dell'attenzione della dottoressa Forosinini dell'OPD

Nella stessa Cappella lavoro' anche Paolo Uccello , figlio di una Del Beccuto famiglia con cui i Carnesecchi avevano importanti rapporti di vicinato , di parentela , e politici ( anche Deo Del Beccuto era stato piu' volte console dell'arte dei medici e degli speziali ) autore di un Annunciazione oggi dispersa

Cosi nel 1425 si ebbe la presenza su un unico lavoro di tre tra i piu' importanti rappresentanti dello studio della prospettiva

Mori nel 1426 lasciando tre figli maschi Simone, Antonio, Giovanni.

 

 

 

 

Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Garzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale.

 

 

E' figlio di Berto di Grazino Gonfaloniere nel 1358

E' fratello di Zanobi e Cristofano

Ha tre figli maschi : Simone ( nato 1394 ), Antonio (nato 1396 ) , Giovanni (nato 1404 )

Ha inoltre Maddalena

E' sposato con monna Simona non so di quale famiglia

 

 

 

 

 

4 volte Priore nel 1400 , nel 1409 , nel 1415 , nel 1422

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 1415

Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425

Gonfaloniere di compagnia nel 1393 ( Pagholo di Berto Gratini -------------Alle bocche della piazza )

Console delle arti per i medici e gli speziali 13 volte e per la mercanzia 11 volte

Era eletto nei dieci di Balia nel 1405 , quando si tratto' di ricevere la citta' di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze

Nel 1407 fu commissario di Pisa

Nel 1417 (?) ambasciatore a Bologna senza grande successo ( da Roberto Ciabani )

 

Console delle arti per i medici e gli speziali almeno13 volte e per la mercanzia almeno11 volte

Speziali : 1394,1396,1398,1400,1403,1404,1406,1408,1414,1415,1416,1418,1420, (mancano i dati antecedenti al 93 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429)

Mercanzia : 1401, 1405,1406,1408,1409,1411,1413,1415,1416,1418,1420, (mancano i dati antecedenti al 93 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429)

 

 

 

 

 

 

Quello che colpisce in modo particolare e' il rapporto dei figli di Berto di Grazino con le Arti , in particolare con l'Arte dei Medici e Speziali e con le magistrature della Mercanzia ( vedi pagina 2 )

Io ho utilizzato i dati della Brown University che coprono solo il periodo dal 1993 al 1421

Questo rapporto intensissimo deve pur significare qualcosa !!!!!!

 

Carnesecchi consoli dell'Arte dei Medici e degli Speziali

 

Mancano i dati antecedenti al 1393 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429

 

1394

Paolo

1404

Paolo

1414

Paolo

1395

 

1404

Cristofano

1414

Zanobi ( muore tra il 16 e il 17 )

1396

Paolo

1405

Zanobi

1415

Paolo

1397

Cristofano

1406

Paolo

1415

Cristofano ( muore tra il 16 e il 17 )

1398

Paolo

1407

Cristofano

1416

Paolo

1399

 

1408

Paolo

1417

 

1400

Paolo

1409

Cristofano

1418

Paolo

1400

Cristofano

1410

Zanobi

1419

 

1401

Zanobi

1411

Cristofano

1420

Paolo

1402

Cristofano

1412

Zanobi

1421

Mancano dati

1403

Paolo

1413

Cristofano

1422

Mancano dati

 

Inoltre Paolo (Pagholo ) di Berto di Grazino e' Console per la Mercanzia negli anni :

1401,1405,1406, 1408,1409,1411,1413,1415,1416,1418,1420,1421

 

Il Brucker basa la sua analisi del periodo 1382-1433 sui partecipanti alle consulte ma forse trascura una parte del panorama politico che si esprimeva in altro modo

 

 

 

 

 

Pagholo fu anche socio di Francesco Baroncelli di Cionaccio in una societa’ che molto probabilmente operava in Ungheria immatricolata nell'arte della seta

e poi di una compagnia che comprendeva il figlio Simone e Fronte di Antonio di Piero immatricolata nella Lana

 

 

 

 

Il dr Piccardi mi segnala questo documento :

 

 

3/7/1387 Testamentum Pauli olim Berti Grazzini Duranti populi S. M. Maioris. Il compilatore annota nel margine sinistro: "Carnesecchi" atto citato nel Manoscritto 514 dell’ASFi

 Il notaio è Niccolò di Piero Mazzetti da Sesto (1370-1391). Il compilatore annota che roga molto per i Beccuti e per i Carnesecchi,

[ Paolo non si nomina come Carnesecchi ma nello stesso anno :

2/4/1387 Domina Zabaina filia emancipata Manetti Neri de’ Medici, et uxor Zenobi Berti Grazzini de’ Carnesecchi, populi Sancte Marie Maioris, donat bona quondam D.ne Altiere matri sue, et uxori Manetti Neri de’ Medici. ]

 

 

 

 Partecipa e parla spesso nei consigli , viene definito come ricco mercante , sembra rappresentare gli interessi delle Arti

 

 

Ricevo dal dr Piccardi

 

Ho dato un' occhiata a "Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina" dell' Istituto storico italiano per il Medio Evo. 1408-1410

Nell' indice dei nomi appare sotto la voce:

Carnesecca, Carneseccha, Carnesecche, Carnesecchi, Carnesecchis, Paulus Berti Grazini de; "Carnesecchi, Pagolo";

la seguente spiegazione:

Carnesecchi, Pagolo o Paolo di Berto di Grazino. Priore nel 1400 e 1409. Gonfaloniere di Giustizia Mag.-Giu. 1404, Abitante nel Gonfalone Drago di S. Giovanni con coeffic. di importa di fiorini 4,4.

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C'è anche Cristofano di Berto, fratello di Paolo.

Nel testo vengono riportati molto riassuntivamente gli interventi di Paolo.

 

In realta come abbiamo visto e’ :

4 volte Priore nel 1400 , nel 1409 , nel 1415 , nel 1422

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 1415

 

 

 

http://www.bibliotecaitaliana.it/archivio/morelli/ricordi/morelli_ricordi.xml

Dove è menzionato anche Paolo Carnesecchi:

Come dinanzi (dove si fece memoria delle novità furono nelli anni Domini 1393) è scritto, la balia si diè agli Ottantuno, la quale s'intese pe' più fusse per anni cinque, di poi durò per insino a questo dì: e durava sempre se non si fusse levata. Ritrovandosi gonfaloniere di giustizia Pagolo Carnesechi, dopo messere Cristofano, gli venne voglia, perché da molti cittadini ne fu consigliato, di levare la balia agli Ottantuno del porre il danaio ed eziandio del rimutare la imposta delle prestanze; e a questo fare bisognorono le quarantacinque fave nere, cioè Signori, Collegi e degli Otto; e così l'ebbe tutte. E levossi quella balia a dì venti di giugno 1404. Il populo ne fu molto lieto: uomini da guerra ne furono molto dolenti. Che Idio ci ristori!

 

 

 

 

 

Ho dal dr Paolo Piccardi :

Manoscritto 501 ASFi

 

(4) Contratti di matrimonio e parentadi

1400 Antonio di Paolo Carnesecchi (c.59) f. 1000

1404 Parenti di Michele Serparenti e Maddalena di Paolo di Bartolommeo di Grazzino Carnesecchi f. 1000 (c.332)

1417 Berto di Zanobi Carnesecchi (c.279) f. 1200

1421 Gio. di Niccolo' di Matt.o Carnesecchi (c.102) f. 604

1426 Manetto di Zanobi Carnesecchi (c.29) f. 1100

1430 Luca di Gio. Carnesecchi (c.88) f. 350

1434 Manetto di Zanobi Carnesecchi (c.90) f. 1050

1442 Antonio di Paolo Carnesecchi (c.3) f. 900

1446 Luca di Luca Carnesecchi (c.90) f. 1000

1446 Carlo di Bernardo Carnesecchi (c.165) f. 833 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.bibliotecaitaliana.it/archivio/morelli/ricordi/morelli_ricordi.xml

 

In questi tempi, e come in parte è detto dinanzi, pello Comune di Firenze si tracciava d'avere Pisa o di poterla guerreggiare; e come che chi ha danari e vuole ispendere ha sempre ciò che vuole, o in gran parte, noi ne profferemmo tanti e a Bucicalco e al Signore di Pisa e al duca d'Oriensi, che dove contra di noi erano inacerbiti, e' si cominciarono a rendere e addolcire come il mele; e stavano a udire il suono de' molti fiorini molto volentieri, e cominciarono a dare intenzione. Ora noi che siamo sì frettolosi che mill'anni ci pare d'avventare, parve a' Signori messere Maso 5 s'abboccasse con messere Gabriello Maria; e questo fu a' gonfini del nostro e suo contado. I pisani il sentirono, presono sospetto e addieronsi del fatto. E in effetto uno cittadino di Pisa chiamato messere Rinieri Saccio (era raspante, cioè degli amici del Signore), sentito quello sempice accozzamento (il quale non giovò niente né era di bisogno, però che stava il ragionare con Bucicalco), andò al Signore e dissegli: "Noi sentiamo che voi ci volete vendere a' fiorentini: di questo ci maravigliamo, perché da questo popolo sete amato e non vi bisogna dubitare"; e che s'e' pure diliberasse non volere la signoria, che gli piacesse lasciarli liberi; e che se gli bisognassono danari, e' ne darebbono quelli volesse. Il Signore dimostrò cruccio e disse che questo né era né potrebbe mai essere, e che quelli pensieri e ragionamenti non gli piacevano e che a questo e' non pensassono né dessono fede né avessonne alcuno pensiero o ragionamento, e che s'e' ne sentisse niuna parlanza, ch'e' dimosterrebbe loro che gli dispiacesse. Messere Rinieri si partì; ed ivi ad alcuno dì, cresciuto il sospetto, e' s'accozzò coda parte nimica a lui e nimica al Signore, e disse loro: "Fratelli, i' sento che 'l Signore ci vuole vendere a' fiorentini; e pertanto, come che noi siamo istati pello passato, a questo noi dobbiamo e vogliamo essere fratelli, e riparare a questo con voi insieme, acciò che noi non vegniamo nelle mani de' vostri e nostri nimici". Queste parole piacquano a' bergolini molto, perché in questo non poteano altro che avanzare; e in effetto, d'accordo e insieme l'una parte e l'altra, di nuovo si dolfono di quello sentiano con messere Gabriello, e dissongli che in caso non riparasse a questo, riparerebbono eglino. A questo si scusò messere Gabriello e confortolli; e perché vide costoro male disposti, non volle fare loro quello arebbe voluto, per tema di peggio, ma pure gli riprese sì del sospetto e sì delle parole usavano con alcune oneste minacce. Partironsi male contenti; ed ivi a pochi dì, ciò fu a dì 27 di luglio 1405, s'armarono tutti, levarono il romore: "Viva il popolo e libertà, e muoia il tiranno!". Il Signore si tirò nella cittadella colla madre; e di poi, perduta la terra, e' se n'andò a Serezano. E la madre, madonna Agnesina, andò a Genova, e fece carta della città, contado e distretto di Pisa a Bucicalco, e dielli la tenuta, cioè la cittadella di Pisa; ed esso la rifornì di genovesi e di franciosi per modo la guardavano bene. In queste novità il ragionamento cominciò a farsi più innanzi con Bucicalco, ché 'l Signore di Pisa mai n'avea voluto udire nulla e sempre disse a chi gliene parlava: "I' voglio i Signori fiorentini per padri e maggiori, e ciascuno cittadino per fratello, e voglio che a Pisa egli usino con quella sicurtà e franchigia che mai ci ebbono, e di questo gli voglio bene sicurare (volea dire nelle castella, cioè in alcuni); ma la signoria i' voglio per me, e vivere e morire Signore di Pisa, e mai non sarò d'altra voglia per insino che io fussi coll'acqua alla bocca" (e toccavasi colla mano tra la bocca e il naso). Chiese Bucicalco dugentocinquantamila fiorini della cittadella e di Riprafatta, ché altro non dava né tenea, accetto che Livorno: noi ne profferemmo cento, ed egli vennono a dugento. Mandovvisi Gino Caponi e ser Benedetto di ser Lando Fortini e Nicolò Barbadoro, e fecionne il mercato. E messere Gabriello diè la parola, con dicendo: "I' sono contento vendere Pisa a' fiorentini, perché i' sono nell'acqua insino dove i' dissi". Il mercato istette in questa forma: ch'e' ci vendé Pisa e 'l contado con ogni ragione che v'avea messere Gabriello e messere Bucicalco, e di questo ci faceva le carte piene a nostro senno, e davaci la cittadella e Riprafatta. E noi gli diamo il terzo di dugentomila fiorini allora, e 'l terzo dal dì della tenuta a mesi sei, e l'altro terzo, infino in dugentomila fiorini, dobbiamo dare acquistata Pisa o eziandio facendo co' pisani alcuno accordo. Ed e' promisse darci l'uso di Livorno come di cosa nostra, ma non la tenuta; e di questo si feciono le carte piene quanto si seppe vedere pe' savi nostri e suoi. E a dì 24 d'agosto 1405 mandò il Comune la gente dell'arme a pigliare la tenuta della cittadella e passorono allato alle mura di Lucca. E di prima, a dì 20 d'agosto, si feciono i Dieci per sei mesi, cioè: messere Lorenzo d'Antonio di Nicolò e Nicolò da Uzano; Santa Croce: messere Filippo Magalotti e per grande Francesco de' Pulci e per artefice Antonio di Vanni Mannuci; Santa Maria Novella: messere Rinaldo di Gianozo Gianfigliazi, messere Cristofano d'Anfrione Ispini; San Giovanni: Bartolomeo Valori, Pagolo Carnesechi e per artefice Lodovico di Guccio della Badessa. E die essi piena balia a' Signori, Collegi, Capitani, Otto e Sei, e a quattro per gonfalone (i quai erano isquittinati da' Signori e Collegi) per mesi sei a potere fare ogni cosa, salvo che venderci.

 

 

 

 

Ritroveremo Paolo alla pagina 15 , quale fondatore della Cappella Carnesecchi in santa Maria Maggiore

 

 

Il patronato del secondo altare della navata sinistra di Santa Maria Maggiore, secondo l'attestazione delle fonti, apparteneva ai Carnesecchi, famiglia magnatizia del popolo di Santa Maria Maggiore: il nostro trittico fu con ogni probabilità commissionato da Paolo di Berto di Grazino dei Carnesecchi, patrono della cappella dal 1406 al 1427, anno della sua morte.

Queste considerazioni circa la committenza, rendono verosimile che l'esecuzione della cappella Carnesecchi trovi nel 1423 un terminus post quem, in relazione, appunto, alla possibilità di aver precedentemente conosciuto Masaccio, Masolino e Paolo Uccello nei loro esiti pittorici. Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Garzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale. In questa seconda parte del documento si hanno quelle specificazioni in più circa la cappella che permettono di circoscriverne la datazione: la si definisce infatti "cappellae et altaris Sanctae Catharinae erectae et factae per dictum olim Paulum patrem ipsorum in ecclesia Sancta Mariae Maioris de Florentia, fulcitae tabulae, paramentis et aliis ad dictam cappellam, necessariis pietrae et armis dicti Pauli designatae". Dall'atto notarile si può quindi dedurre che nel gennaio 1427 la tavola dell'altare era già stata fatta, ma non si può dire da quanto tempo. C'è comunque la possibilità di trovare altri elementi utili alla datazione del Trittico Carnesecchi, grazie all'esame della documentazione biografica nota circa Masolino e Paolo Uccello: il primo, infatti, parte il 1° settembre 1425 per l'Ungheria, al servizio di Pippo Spano e rientrerà a Firenze solo dopo il dicembre 1426, alla morte dello Scolari. Quanto a Paolo Uccello, dal 1425 risulta assente da Firenze, per un lungo soggiorno veneziano, pressoché continuativo, fino al 1431. Sembra perciò possibile restringere il periodo in cui poté avvenire la decorazione della cappella Carnesecchi tra il 1423 e il 1425.

 

Il documento di fondazione della Cappella dei Carnesecchi in Santa Maria Maggiore figura tra le carte dell'archivio Niccolini di Camugliano

(fondo: Antico , Segnatura : 6 Inserto 1,h vecchia segnatura C 1 4 1, h )

vedi sito http://www.archivistorici.com/archivi/ns.asp?wci=home&lng=1040&cur=3057

 

 

 

 

 

 

Paolo del fu Uberto Carnesecchi da Firenze, Capitano di Balìa a Pisa nel 1408.

Da Breve Vetus seu Chronica Antianorum Civitatis Pisanorum, ab anno Dominicae Incarnationis MCCLXXXIX ad annum MCCCCIX, in Istorie Pisane e Cronache Varie Pisane, a cura

di F. Bonaini, tomo II, parte seconda, Bologna, Forni Editore, 1984 (prima ed. Firenze, 1845), p. 790.

( Notizia segnalata dal dr Vieri Mazzoni )

 

 

 

Archivio di Stato di Prato, Datini, 340, Lettere Firenze-Prato Francesco di Lapo Federighi a F.D., arr. 27.7.1409

Francesco Datini si lamenta per gravezze impostegli. Francesco Federighi interviene con gli sgravatori: Giovanni Orlandini, Pagholo Charnesecchi

devo questo documento alla cortesia della dottoressa Simonetta Cavaciocchi

 

  

 

(dai " Ricordi di Bonaccorso Pitti ")

Nel detto anno 1413 adì 8 di giugno, essendosi fuggito da Roma papa Giovanni XXIII, per la presa che lo re Lanzelao avea fatta di Roma, giunse a Santo Antonio del Vescovo, e quivi andarono i signori Priori a vicitarlo e fargli la debita reverenzia. E quivi stette insino adì [...]... di novembre; e qui in Firenze furono alloggiati i suoi cardinali e' suoi cortigiani; e nel tempo che ci stette, compilò e conchiuse la lega con questo Comune. Andonne a Bologna.

Nel detto anno del mese di novembre trovandosi de' Capitani di Parte Guelfa

Giovanni di Gianozo Vettori , Niccolò di Nino Orlandi , Inghilese di Simone Baroncielli , Iacopo di Piero Gherardini , Piero di Giovanni Anselmi , Luca di Giovanni di Luca Pezaio , Giraldo di Lorenzo Giraldi , Dingo di Guerriante Marignolli e Andrea di Guiglielmino de' Pazzi, provvidono con maturi consigli di grande nomero di Guelfi richiesti, che per lo Consiglio ordinario di Cento e poi per quello de' Sessanta, e' presono balia insieme co' loro Collegi e con 96 arroti guelfi di riformare gl' uffici di quella Casa con nuovo squittino, e d' annullare e ardere tutti gli squittini per adrieto fatti: e così feciono. E ciò si mossono a fare perché quella Casa era molto vilipenduta del suo usato onore e reputazione; e tanto era mancata, che a grande pena trovavano i capitani cittadini che facessono loro compagnia per andare all' offerte ordinate per quella Casa. E ciò intervenia per isdegno che i buoni e veri Guelfi aveano di vedere molti Ghibellini e nuove genti e di vile condizioni entrati negl'uffici di quella Guelfa e loro Casa. E i Collegi e arroti, che furono a fare la detta riformazione e squittino, furono questi, ciò è: Messer Lorenzo Ridolfi , Bartolomeo di Tomaso Corbinelli , Barduccio di Franciesco Canigiani ,Stefano di Corsino de' Corsini , Agnolo di Giovanni da Uzano , Giovanni di Franciesco Bucielli , Rinieri di Bardo Bagnesi , Gherardo d' Ormanno Foraboschi , Iacopo di Lutozzo Nasi , Biagio d' Agnolo bicchieraio , Chirico di Pero Tornaquinci , Antonio di messer Luca da Panzano , Fabbiano d' Antonio Martini , Spinello di Giovannello Cavicciuli , Simone di Niccolò Salviati , Salvestro di Lodovico Cieffini , Bernardo di Vanni Vecchietti , Giovanni di Giovanni Aldobrandini , Betto di Giovanni Busini , Giacoppo di Vanozzo de' Bardi , Giovanni di ser Dato maliscalco , Niccolaio di Pepo degl' Albizi Salvestro di Tomaso Popoleschi , Lorenzo di messer Gherardo Bondelmonti , Bernardo di messer Biagio Guasconi , Benedetto di Caroccio degli Strozi Giramonte di Guido Frescobaldi e Andrea di Guccio rigattiere Bartolo di Giovanni Canacci , Lodovico di Iacopo Giandonati , Matteo di Nuccio Solosmei Questi scritti di sopra furono Priori della Parte Guelfa;

e quelli scriverò nell' altro colonnello furono i segretari della detta Parte Guelfa.

Piero di Bernardo della Rena , Piero di Giovanni di Neri dal Palagio , Pierozo di Franciesco degl' Agli e Puccino di ser Andrea armaiuolo.

Quartiere di San Spirito. Arroti

Scala: Bernardo di Castello Quaratesi , Niccolò di Benozo Grasso , Astore di Niccolò di Gherardino Gianni , Giovanni di Lodovico di Banco , Firenze del PanciaNicchio:Paolo di Franciesco Biliotti , Piero di [Bernardo Magli] , Niccolò di messer Donato Barbadoro , Bartolo di Noffo Ridolfi , Ricciardo di Niccolò di NomeFerza:Davizino di Chele Amirati ,Bonacorso di Neri Pitti , Piero di messer Zanobi da Mezola , Bartolo di Piero Strada , Giovanni di Michelozo coreggiaio

Drago: Vannozo di Giovanni Serragli , Piero di [Francesco] del Soldato , Giovanni di Niccolò Soderini , Filicie di [Michele] Brancacci , Piero Lapini legnaiuolo

Carro: Giovanni di Nofri Arnolfi , Matteo di Michele Castellani , Andrea di [Sandro] Ragugi , Antonio di Piero di Fronte ,Antonio di Vanni Mannucci

Bue: Forese d' Antonio Sacchetti , Paolo di Bardo Mancini ,Gieri di Iacopo Risaliti ,Maso di Taddeo Borghini , Lorenzo di Giovanni coreggiaio

Lion nero: Andrea di [Francesco] Peruzi vocato Siepe , Giovanni di Francieschino Pepi , Manetto di Tuccio Scambrilla , Giannozo di [Zanobi] Cafferelli
Corsetto di Iacopo Arighetti

Ruote: Andrea di Niccolò Giugni , Antonio di messer Niccolò da Rabatta ,Lapo di Giovanni Niccolini , Franciesco di Biagio Lioni , Iacopo di Dino coreggiaio

Vipera: Adovardo di Lodovico Acciaiuoli , Bartolomeo di Bardo Altoviti , Lionardo di Marco di Giotto Fantoni , Pera del Pera Baldovinetti , Carlo di ser Tomaso Redditi

Unicorno Messer Rinaldo di Gianozo Gianfigliazi , Messer Cristofano d' Anfrione Spini , Tommaso di Neri Ardinghelli , Bartolomeo di Lionardo Bartolini
, Betto di Giovanni Rustichi

Lion rosso: Ugolino di messer Albizo Ruciellai , Tommaso d' Andrea Minerbetti , Mariotto di Piero della Morotta , Arigo di [Giovanni] Mazinghi , Manno di Bonuccio banderaio

Lion bianco: Antonio di Cipriano Mangioni , Paolo di [Bernardo] Bordoni , Niccolò di Tommaso Malegonelle , Gieri del Testa Girolami , Iacopo di Monte di Pugio

Lion d' oro: Giovanni di Bicci de' Medici , Rinaldo di [Filippo] Rondinelli , Ugo d' Andrea da la Stufa , Nerone di Nigi di Nerone , Lorenzo d' Andrea beccaio

Drago San Giovanni: Paolo di Berto Carnesecchi , Niccolò di Bernardo Sassi della Tosa , Tommaso di Iacopo Pecori , Filippo di [Arrigo] Arigucci
Tommaso Guidotti legnaiuolo

Chiavi: Bartolomeo di Niccolò di Taldo Valori , Luca di Manetto da Filicaia , Bernardo di Vieri Guadagni , Fillppo di Salvi di Fllippo , Paolo di Franciesco Gherucci

Vaio: Nofri di Giovanni Bischeri , Bartolo di Ruberto Cortigiani , Bartolomeo di Iacopo Gherardini , Bartolo di Giovanozo di Bartolo Bonafede , Lionardo di Salvestro brigliaio

GrandiGrandi Giovanni di Guerrieri de' Rossi , Gherardo di Gherardo Bondelmonti , Ciesare di Giramonte de' Bardi , Piero d' Aghinolfo de' Bardi
Amerigo di Giovanni Frescobaldi , Testa di Giovanni Tornaquinci , Tieri di Franciesco Tornaquinci , Bernardo di Bernardo Cavalcanti , Baldassarre di Bartolomeo Foraboschi , Cipolla d' Messandro degli Agli , Attaviano di Cacciatino Gherardini ,
Amerigo di Niccolò Cavicciuli , Franciesco di Giecie de' Pulci , Piero d' Adovardo degli Agli , Apardo d' Apardo Donati , Bindo di Franciesco degli Agli

 

 

 

( da "Ricordi di Bonaccorso Pitti ")

Adì primo di luglio l' anno 1422 entrai gonfaloniere di giustizia. I Priori miei compagni furono Bonaccorso di Paolo Corsellini ottonaio, Baldo di Nofri di Baldo correggiaio, Bernardo di Bartolomeo Gherardi, Simone di Lapo di Francesco Corsi, Domenico di Bartolo Ottavanti, Manno di Giovanni di Temperano Manni, Paolo di Berto Carnesecchi, Antonio di Tomaso di Guccio Martini. E ricordo che al nostro tempo mandammo ambasciadore a Roma. Togliemmo per raccomandato messer Tomaso da Campo Fregoso signore di Sanrezana. Soldammo il signor Braccio dal Montone signor di Perugia ecc. con lance mille, e fanti trecento in aspetto. Facemmo lega col Signore di Lucca per 5 anni. Mandammo ambasciadori al duca di Melano. Facemmo lezione d' ambasciadore al duca di Savoia, e facemmo molte altre cose utili per la nostra Replubbica, e mandammo ambasciadore a Vinegia. Fu nostro notaio ser Antonio di ser Michele da Ricavo; e mandammo le grosse galee.

 

 

 

 da Pagolo di Matteo Petriboni Priorista (1407-1459 )

 

A di xj d'aprile 1426 , per Consigli et solennita' che dicie la riformagione , fecciono gli Acoppiatori dello squittinio del prioraticho , e quali son questi :

Niccholo' d'Andrea del Benino , quartier Santo Spirito (Niccholo'….Benino bracketed with Pagholo Carnesecchi )

Niccholo' di Franco Sacchetti ,quartier Santa Croce

Misser Palla di Nofri degli Strozzi , quartier Santa Maria Novella (misser …Strozzi bracketed with Baldassarre….fabro )

Baldassarre d'Arigho di Simone artoli fabro

Pagholo di Berto di Grazino Carnesecchi

Achoppiatori dello schuttino

 

 Secondo Pagolo di Matteo Petriboni : Pagholo Carnesecchi era vivo l'11 aprile 1426 di conseguenza la sua morte dovrebbe fissarsi nel febbraio del 1427 a conferma di quanto sopra

 

 

 

La tomba dove vengono raccolte le ossa dei suoi fratelli Cristofano e Zanobi datata 1430 ( Ricordo che morirono tra il 1416 e il 1417 ) che quindi sicuramente ivi furono traslati

Fu opera di qualcuno di diverso da Pagholo

 

" In S. M.a Magg.re più Capp.le e sepolture con iscriz.ne Zenobij, et Cristofori Berti de Carnesechis 1430. ( Benvenuti : Stemmario fiorentino )

 

 

 

 

 

 

 

Paolo di Berto di Grazino Carnesecchi

 

 

Era fratello di Zanobi e di Cristofano, ambedue mercanti e politicamente rilevanti.

Fu uno dei più ricchi mercanti fiorentini nel periodo di fine XIV secolo.[1] Due volte fu Gonfaloniere della Repubblica fiorentina

Compare, tra l'altro, nel libro del De Roover Il Banco dei Medici per un episodio del 1386. Un ordine di trasferimento scritto su una cambiale che secondo il De Roover pare essere il primo esempio di girata documentato[senza fonte]: si tratta di una cambiale spiccata l'11 aprile 1386 a Firenze da Iacopo Ardinghelli e C. su Antonio di messer Luca in Zara. Poiché il datore, la ditta Guido Fagni e C., non aveva corrispondenti a Zara, si richiese al trattario di pagare a Nannino Pellacane di Venezia <<o a chui vi scrivesse>>.[senza fonte] In conseguenza il 4 giugno 1386 Nannino Pellacane scrisse una nota separata ordinando al trattario di pagare a Paolo di Berto Grazzini, allegandola alla cambiale. Il 28 giugno 1386 la cambiale fu protestata perché il beneficiario insisté per essere pagato in fiorini ungheresi correnti a Zara e non volle accettare i fiorini fiorentini col giglio, offerti in pagamento dal trattario. [2]

Nell'ultima parte della sua vita partecipò considerevolmente alla vita politica fiorentina.Fortemente appoggiato dal mondo delle Arti fu molto attivo nei consigli dove spesso si schierò contro il partito della guerra. [3] [4] [5]

<<Come dinanzi (dove si fece memoria delle novità furono nelli anni Domini 1393) è scritto, la balia si diè agli Ottantuno, la quale s'intese pe' più fusse per anni cinque, di poi durò per insino a questo dì: e durava sempre se non si fusse levata. Ritrovandosi gonfaloniere di giustizia Pagolo Carnesechi, dopo messere Cristofano, gli venne voglia, perché da molti cittadini ne fu consigliato, di levare la balia agli Ottantuno del porre il danaio ed eziandio del rimutare la imposta delle prestanze; e a questo fare bisognorono le quarantacinque fave nere, cioè Signori, Collegi e degli Otto; e così l'ebbe tutte. E levossi quella balia a dì venti di giugno 1404. Il populo ne fu molto lieto: uomini da guerra ne furono molto dolenti. Che Idio ci ristori!>> [6] [7]

Personaggio politico di primo piano svolse la sua azione su tutto il territorio fiorentino lo vediamo per esempio presente per conto della Repubblica fiorentina alla revisione dello Statuto del comune di Montale:

…..Item super trigesimoprimo capitulo dictarum additionum et capitulorum scripte manu ser Ugucci de Ortignano quod incipit Item considerati l'ultimo capitolo de' < vechi > statuti il quale dispone del palio che si dee offerire et cetera imprimis capitulum et ordinamentum cassaverunt et anullaverunt in totum et prò casso et anullato haberi voluerunt et ordinaverunt. Item prefati statutari providerunt et ordinaverunt quod omnia statuta, provisiones et ordinamenta facta de mense decembris et ianuarii anni 14** per dominos et collegia <nec non> per dictum Tomasium de S<chit>tis, Paulum de Carnesechis et alios socios tunc paciarios Comunis Florentie in civitate et comitatu Pistorii observ < vatione > et executione mandatione in omnibus et per omnia prout et sicut in ipsis contentum et scriptum est. Eo etiam addito quod statuta predicta et presens approbatio non duret nisi tribus annis proxime futuris et quod post dictum trienium nisi de uovo approbaverint nec valeant nec teneant.. [8]

 

La sua carriera politica è cosi sintetizzabile:

4 volte Priore nel 1400, nel 1409, nel 1415, nel 1422.

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 e 1415.

Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425.

Gonfaloniere di compagnia nel 1393.

Console delle arti per i medici e gli speziali 13 volte e per la mercanzia 11 volte.

Nei dieci di Balia nel 1405, quando si trattò di ricevere la città di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze pisane.

Nel 1407 fu commissario di Pisa.

Nel 1417 fu ambasciatore a Bologna. [9] [10] [11]

 

Storia dell'arte

Dell'imponente carriera politica di Paolo Carnesecchi restano le tracce negli atti della Repubblica fiorentina. La sua fama è però oggi particolarmente legata ai suoi rapporti con Masaccio, Masolino e Paolo Uccello.

Iscritto all'Arte dei medici e degli speziali insieme coi fratelli Zanobi e Cristofano ne fu console in modo quasi continuo tra il 1400 ed il 1426. [12] era per lui facile conoscere i pittori che proprio all'Arte dei medici e degli speziali erano immatricolati secondo le leggi del regime corporativo.[13] Per la sua cappella in Santa Maria Maggiore Paolo commissiono' a Paolo Uccello un affresco a parete e a Masolino e a Masaccio un trittico (oggi ricordato come Trittico Carnesecchi ) con le storie di Santa Caterina e San Giuliano.

Masolino aveva gia' lavorato per i Carnesecchi nel 1423 quando aveva dipinto per un loro matrimonio la Madonna Boni-Carnesecchi o Madonna di Brema (l'opera è datata e porta lo stemma dei Carnesecchi e lo stemma dei Boni). Masaccio aveva già dipinto il Trittico di San Giovenale per l'omonima chiesa posta nel Reggello luogo in cui i Carnesecchi avevano grandi proprieta'. Cosi nella cappella di Paolo Carnesecchi lavorarono insieme per la prima volta Masaccio e Masolino iniziando quella collaborazione che sarebbe continuata poi anche nella più famosa Cappella Brancacci

…….."Dipinse ancora in Santa Maria Maggiore accanto alla porta del fianco, la quale va a San Giovanni, nella tavola d'una cappella una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare". [14]

Nella cappella di Paolo Carnesecchi lavorò anche Paolo Uccello. Paolo Uccello era figlio di una Del Beccuto famiglia con cui i Carnesecchi avevano importanti rapporti di vicinato, di parentela e politici (anche Deo Del Beccuto era stato più volte console dell'Arte dei medici e degli speziali) [15] [16]

"Lavorò ancora in Santa Maria Maggiore in una cappella allato alla porta del fianco che va a San Giovanni, dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella quale fece un casamento degno di considerazione e cosa nuova e difficile in quei tempi, per essere stata la prima che mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto, che paia assai lontano e largo; e coloro che con giudizio sanno a questo con grazia aggiungere l'ombre a' suoi luoghi ed i lumi con colori, fanno senza dubbio che l'occhio s'inganna, che pare che la pittura sia viva e di rilievo. E non gli bastando questo, volle anco mostrare maggiore difficultà in alcune colonne che scortano per via di prospettiva; le quali ripiegandosi rompono il canto vivo della volta dove sono i quattro evangelisti, la qual cosa fu tenuta bella e difficile; ed in vero Paolo in quella professione fu ingegnoso e valente". [17]

Ebbero quindi modo di lavorare insieme nella Cappella di Paolo Carnesecchi due padri della prospettiva come Paolo Uccello e Masaccio;[18] che fa dire al dr Hugh Hudson << The taste for avant-garde perspective in art seems to have run in the Carnesecchi family.>> [19]

Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Grazzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27 [20]) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale. In questa seconda parte del documento si hanno quelle specificazioni in più circa la cappella che permettono di circoscriverne la datazione: la si definisce infatti "cappellae et altaris Sanctae Catharinae erectae et factae per dictum olim Paulum patrem ipsorum in ecclesia Sancta Mariae Maioris de Florentia, fulcitae tabulae, paramentis et aliis ad dictam cappellam, necessariis pietrae et armis dicti Pauli designatae". Dall'atto notarile si può quindi dedurre che nel gennaio 1427 la tavola dell'altare era già stata fatta, ma non si può dire da quanto tempo.[21]

 

Discendenza

Paolo mori nel 1427 lasciando tre figli maschi: Simone,[22] Antonio, Giovanni tutti politicamente importanti.[23]

 

 

Note

^ Sito della Brown University progetto catasto fiorentino 1427.

^ Raymond De Roover :Il Banco Medici dalle origini al declino (1397-1494) La Nuova Italia.

^ Gene Brucker :Dal comune alla Signoria Il Mulino.

^ Le Consulte e Pratiche della repubblica fiorentina (1404) a cura Renzo Ninci Istituto storico italiano per il medioevo.

^ Le Consulte e Pratiche della repubblica fiorentina (1405-1406) a cura Laura De Angelis Renzo Ninci Paolo Pirillo Istituto storico italiano per il medioevo.

^ Ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli da Mercanti scrittori Ricordi nella Firenze tra medioevo e rinascimento A cura di Vittore Branca Rusconi editore .

^ I ricordi Di Giovanni di Pagolo Morelli sono disponibili in rete.

^ Lo statuto del comune di Montale : http://www.comune.montale.pt.it/storia/statuto1403/testo.htm

^ Prioristi vari

^ Scipione Ammirato Storie fiorentine

^ Sito della Brown University progetto sulle tratte Fiorentine

^ Sito della Brown University progetto sulle tratte Fiorentine

^ I pittori erano iscritti all'Arte dei medici e speziali vedi p.e Raffaele Ciasca L'arte dei medici e speziali nella storia e nel commercio fiorentino Olschki editore.

^ Vasari : Le vite : Vita di Masaccio

^ Hugh Hudson :Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic 2008 .

^ Per i rapporti di vicinanza vedi pianta del centro storico di Firenze del Carocci costruita secondo i dati del catasto fiorentino del 1427 e vedi anche Wikipedia

^ Vasari : Le vite : Vita di Paolo Uccello

^ Tra gli studi più significativi sul trittico Carnesecchi quelli della dottoressa Cecilia Frosinini dell'Opificio delle pietre dure di Firenze e per Paolo Uccello gli studi del dr Hugh Hudson

^ Hugh Hudson :Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic.

^ notazione italiana e notazione fiorentina

^ Articolo della dottoressa Cecilia Frosinini

^ anche Simone fu due volte Gonfaloniere della Repubblica fiorentina (1436 e 1450)

^ 1427 notazione italiana, 1426 notazione fiorentina.

Bibliografia [modifica]

Ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli da Mercanti scrittori Ricordi nella Firenze tra medioevo e rinascimento. A cura di Vittore Branca Rusconi editore.

Raymond de Roover, Il banco Medici dalle origini al declino.

Jacques Mesnil, Masaccio et les debuts de la renaissance.

Cecilia Frosinini, Masaccio.

Hugh Hudson, Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic.

Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci, Il trittico Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze.

Carl Brandon Strehlke, Cecilia Frosinini, Roberto Bellucci, The panel paintings of Masolino and Masaccio: the role of technique, 5 Continents, 2002

Scipione Ammirato, Storie fiorentine.

 

 

 

 

 

Santa Maria Novella   …………Tracce dei Carnesecchi

Santa Maria Maggiore   Santa Maria Maggiore descritta da Giuseppe Richa : Notizie istoriche delle chiese fiorentine

Santa Maria Maggiore   Le Cappelle Carnesecchi in Santa Maria Maggiore

Santa Maria Maggiore   La Cappella di Pagolo Carnesecchi : Masaccio , Masolino , Paolo Uccello ;e con alcune considerazioni dei dottori Frosinini e Bellucci

Santa Maria Maggiore   Uno studio del dr Hugh Hudson sulla Cappella Carnesecchi e Paolo Uccello

Masaccio  ……………………………..Il trittico di San Giovenale di Masaccio

 

 

 

Masaccio , Masolino : Trittico della capella di Paolo Carnesecchi----ricostruzione della dr.essa Frosinini OPD-Firenze : La Madonna con bambino e' stata rubata negli anni 20

 

 

DALLA VOCE DI WIKIPEDIA DA ME SCRITTA

 

 

 

Figlio di Berto di Grazzino di Durante, il Gonfaloniere di Giustizia fiorentino del 1358, e fratello quindi di Zanobi e di Cristofano Carnesecchi, ambedue mercanti e uomini di rilievo nella politica fiorentina nel periodo a cavallo del quattrocento.[1][2]

Abitava a Firenze nel popolo di Santa Maria Maggiore, gonfalone Drago, quartiere di San Giovanni ed era immatricolato nell'Arte dei Medici e degli Speziali, (a questa Arte erano immatricolati anche i pittori ) pur occupandosi degli affari più svariati come consuetudine dei mercanti fiorentini tra cui l'immatricolazione molto spesso era un atto di puro comodo. Piu' volte fu console di questa Arte (cosi come i suoi fratelli Zanobi e Cristofano ) e questo lo mise in stretto contatto come vedremo con Masaccio e Masolino. Al catasto fiorentino del 1427 i suoi figli ed eredi (Paolo era morto nel febbraio 1427) compaiono tra i titolari di una delle portate più ricche. Il che fa di Paolo uno dei grandi mercanti fiorentini nel periodo di fine XIV secolo.[3][4]

Un episodio che si lega al suo nome riguarda le modalità di pagamento in uso ai suoi tempi. Si tratta di un ordine di trasferimento scritto su una cambiale, esempio di girata che merita la citazione di Raymond de Roover: si tratta di una cambiale spiccata l'11 aprile 1386 a Firenze da Iacopo Ardinghelli e Compagni su Antonio di messer Luca in Zara. Poiché il datore, la ditta Guido Fagni e Compagni, non aveva corrispondenti a Zara, si richiese al trattario di pagare a Nannino Pellacane di Venezia "o a chui vi scrivesse". In conseguenza il 4 giugno 1386 Nannino Pellacane scrisse una nota separata ordinando al trattario di pagare a Paolo di Berto Grazzini, allegandola alla cambiale.Il De Roover affermava nel 1970 a pagina 196 essere questo il più antico esempio conosciuto di questo procedimento.[5]

Interessante come vedremo la sua presenza a Buda in Ungheria negli anni che precedono la sua morte come interessanti i suoi traffici con Pippo Spano (Filippo Scolari).[6]

Nell'ultima parte della sua vita partecipò considerevolmente alla vita politica fiorentina. Fortemente appoggiato dal mondo delle Arti fu molto attivo nei consigli dove si schierò contro il partito della guerra come ci ricordano il contemporaneo Giovanni di Pagolo Morelli e studi storici successivi. [7][8][9]

"Come dinanzi(dove si fece memoria delle novità furono nelli anni Domini 1393)è scritto, la balia si diè agli Ottantuno, la quale s'intese pe' più fusse per anni cinque, di poi durò per insino a questo dì: e durava sempre se non si fusse levata. Ritrovandosi Gonfaloniere di Giustizia Pagolo Carnesechi, dopo messere Cristofano, gli venne voglia, perché da molti cittadini ne fu consigliato, di levare la balia agli Ottantuno del porre il danaio ed eziandio del rimutare la imposta delle prestanze; e a questo fare bisognorono le quarantacinque fave nere, cioè Signori, Collegi e degli Otto; e così l'ebbe tutte. E levossi quella balia a dì venti di giugno 1404. Il populo ne fu molto lieto: uomini da guerra ne furono molto dolenti. Che Idio ci ristori!" [10][11]

Personaggio politico di primo piano svolse la sua azione su tutto il territorio fiorentino lo vediamo per esempio presente per conto della Repubblica fiorentina alla revisione dello Statuto del comune di Montale:

citazione necessaria|..Item super trigesimoprimo capitulo dictarum additionum et capitulorum scripte manu ser Ugucci de Ortignano quod incipit Item considerati l'ultimo capitolo de' < vechi > statuti il quale dispone del palio che si dee offerire et cetera imprimis capitulum et ordinamentum cassaverunt et anullaverunt in totum et prò casso et anullato haberi voluerunt et ordinaverunt. Item prefati statutari providerunt et ordinaverunt quod omnia statuta, provisiones et ordinamenta facta de mense decembris et ianuarii anni 14** per dominos et collegia <nec non> per dictum Tomasium de S<chit>tis, Paulum de Carnesechis et alios socios tunc paciarios Comunis Florentie in civitate et comitatu Pistorii observ < vatione > et executione mandatione in omnibus et per omnia prout et sicut in ipsis contentum et scriptum est. Eo etiam addito quod statuta predicta et presens approbatio non duret nisi tribus annis proxime futuris et quod post dictum trienium nisi de uovo approbaverint nec valeant nec teneant..[12]

Pur legato al partito mediceo(Simone, suo figlio, sarà nella Balia che decreterà il ritorno dall'esilio di Cosimo il vecchio), ebbe comunque uno spazio politico importante nel regime oligarchico albizzesco. E fu due volte estratto come Gonfaloniere di Giustizia.

 

Sintesi della carriera politica

 

La sua carriera politica è cosi sintetizzabile:

  • 4 volte Priore nel 1400, nel 1409, nel 1415, nel 1422.
  • 2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 e 1415.
  • Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425.
  • Gonfaloniere di compagnia nel 1393.
  • Console delle arti per i medici e gli speziali 13 volte e per la Mercanzia 11 volte.
  • Nei dieci di Balia nel 1405, quando si trattò di ricevere la città di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze pisane.
  • Nel 1407 fu commissario di Pisa.
  • Nel 1417 fu ambasciatore a Bologna.[13][14][15][16]

 

 

 

Storia dell'arte

La sua fama è però oggi particolarmente legata ai suoi rapporti con Masaccio, Masolino e Paolo Uccello.

Iscritto all'Arte dei medici e degli speziali insieme coi fratelli Zanobi e Cristofano ne fu console in modo quasi continuo tra il 1400 ed il 1426.[15] era per lui facile conoscere i pittori che proprio all'Arte dei medici e degli speziali erano immatricolati secondo le leggi del regime corporativo.[17] Per la sua cappella in Santa Maria Maggiore,acquisita nel 1405, Paolo commissiono' a Paolo Uccello un affresco a parete e a Masolino e a Masaccio un trittico (Trittico Carnesecchi ) con le storie di Santa Caterina e San Giuliano.

Masolino aveva già lavorato per i Carnesecchi nel 1423 quando aveva dipinto per un loro matrimonio la Madonna Boni-Carnesecchi o Madonna di Brema (l'opera è datata e porta lo stemma dei Carnesecchi e lo stemma dei Boni). Masaccio aveva già dipinto il Trittico di San Giovenale per l'omonima chiesa posta nel Reggello luogo da cui i Carnesecchi provenivano e dove avevano grandi proprietà. Così la moderna storia dell'arte dice che nella cappella di Paolo Carnesecchi Masaccio e Masolino iniziarono quella collaborazione che sarebbe culminatata poi nelle opere della più celebre Cappella Brancacci. E che sarebbe durata sino al trasferimento in Ungheria di Masolino, trasferimento legato alla committenza di Pippo Spano ( Ungheria in cui come detto si trovava già anche Paolo Carnesecchi )

citazioni necessarie: "Dipinse ancora in Santa Maria Maggiore accanto alla porta del fianco, la quale va a San Giovanni, nella tavola d'una cappella una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare".[18]

Nella cappella di Paolo Carnesecchi lavorò anche Paolo Uccello.

"Lavorò ancora in Santa Maria Maggiore in una cappella allato alla porta del fianco che va a San Giovanni, dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella quale fece un casamento degno di considerazione e cosa nuova e difficile in quei tempi, per essere stata la prima che mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto, che paia assai lontano e largo; e coloro che con giudizio sanno a questo con grazia aggiungere l'ombre a' suoi luoghi ed i lumi con colori, fanno senza dubbio che l'occhio s'inganna, che pare che la pittura sia viva e di rilievo. E non gli bastando questo, volle anco mostrare maggiore difficultà in alcune colonne che scortano per via di prospettiva; le quali ripiegandosi rompono il canto vivo della volta dove sono i quattro evangelisti, la qual cosa fu tenuta bella e difficile; ed in vero Paolo in quella professione fu ingegnoso e valente".[19]

Paolo Uccello era figlio di una Del Beccuto apparteneva quindi a una famiglia con cui i Carnesecchi avevano importanti legami di vicinato: le case su cui oggi sorge il Palazzo Orlandini Del Beccuto erano di proprieta' di Paolo Carnesecchi come si evince dal Catasto 1427 ed erano antistanti, come si evince sempre dal Catasto 1427 a quelle dei Del Beccuto; politici : Deo di Deo Del Beccuto era stato più volte console dell'Arte dei medici e degli speziali; parentali : Andreuola Carnesecchi aveva sposato secondo Hugh Hudson lo stesso Deo di Deo. [20][21]

La committenza di Paolo oltre a determinare l'inizio della collaborazione tra Masaccio e Masolino fu quindi circostanza dell'incontro tra due maestri della prospettivacome appunto Masaccio e Paolo Uccello.[22][23]

Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Grazzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27 [24]) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale. In questa seconda parte del documento si hanno quelle specificazioni in più circa la cappella che permettono di circoscriverne la datazione: la si definisce infatti "cappellae et altaris Sanctae Catharinae erectae et factae per dictum olim Paulum patrem ipsorum in ecclesia Sancta Mariae Maioris de Florentia, fulcitae tabulae, paramentis et aliis ad dictam cappellam, necessariis pietrae et armis dicti Pauli designatae". Dall'atto notarile si può quindi dedurre che nel gennaio 1427 la tavola dell'altare era già stata fatta, ma non si può dire da quanto tempo.[25]

 

Discendenza

Paolo mori nel 1427 lasciando tre figli maschi: Simone,[26] Antonio, Giovanni tutti appartenenti al ceto dirigente mediceo.[27]

 

Note

  1. ^ A cura di Renzo Ninci: Le consulte e pratiche della Repubblica fiorentina 1404 Istituto storico italiano per il medioevo.
  2. ^ A cura di Laura De Angelis,Renzo Ninci,Paolo Pirillo: Le consulte e pratiche della Repubblica fiorentina 1405-1406 Istituto storico italiano per il medioevo.
  3. ^ http://www.carnesecchi.eu/storia_dei_Carnesecchi.htm dove compaiono le copie delle portate al catasto 1427.
  4. ^ http://www.stg.brown.edu/projects/catasto/overview.html progetto della Brown University sul Catasto fiorentino del 1427.
  5. ^ Raymond de Roover: Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze, La Nuova Italia.
  6. ^ Katalin Prajda (European University Institute): The Florentine Scolari Family at the Court of Sigismund of Luxemburg in Buda. studio disponibile in rete.
  7. ^ Gene Brucker :Dal comune alla Signoria. Il Mulino.
  8. ^ Le Consulte e Pratiche della repubblica fiorentina (1404) a cura Renzo Ninci, Istituto storico italiano per il Medio Evo.
  9. ^ Le Consulte e Pratiche della repubblica fiorentina (1405-1406) a cura Laura De Angelis Renzo Ninci Paolo Pirillo Istituto storico italiano per il Medioevo.
  10. ^ Ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli da Mercanti scrittori Ricordi nella Firenze tra Medioevo e Rinascimento. A cura di Vittore Branca, Rusconi editore.
  11. ^ I ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli, che wikipedia cita come Giovanni Morelli (memorialista) sono un classico per gli studi fiorentini di periodo e in rete ne compaiono diverse edizioni.
  12. ^ Lo statuto del comune di Montale : http://www.comune.montale.pt.it/storia/statuto1403/testo.htm
  13. ^ A cura di Antonhy Molho e Franek Sznura: Alle bocche della piazza. Diario di un anonimo fiorentino. Istituto Nazionale di Studi sul rinascimento
  14. ^ Scipione Ammirato Storie fiorentine
  15. ^ a b Sito della Brown University progetto sulle tratte Fiorentine
  16. ^ a cura di Gabriella Battista e Jacqueline Gutwirth : Pagolo di Matteo Petriboni e Matteo di Borgo Rinaldi: Priorista 1407--1459
  17. ^ Per l'iscrizione dei pittori all'Arte dei medici e speziali vedi p.e Raffaele Ciasca: L'arte dei medici e speziali nella storia e nel commercio fiorentino Olschki editore.
  18. ^ Vasari : Le vite : Vita di Masaccio
  19. ^ Vasari : Le vite : Vita di Paolo Uccello
  20. ^ Hugh Hudson :Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic 2008 .
  21. ^ Pianta del centro storico di Firenze del Carocci costruita secondo i dati del catasto fiorentino del 1427 in A.S.Fi
  22. ^ Tra gli studi più significativi sul trittico Carnesecchi quelli della dottoressa Cecilia Frosinini dell'Opificio delle pietre dure di Firenze e per Paolo Uccello gli studi del dr Hugh Hudson che fa dire al dr Hugh Hudson " The taste for avant-garde perspective in art seems to have run in the Carnesecchi family."
  23. ^ Hugh Hudson :Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic.
  24. ^ notazione italiana e notazione fiorentina
  25. ^ Articolo della dottoressa Cecilia Frosinini
  26. ^ anche Simone fu due volte Gonfaloniere della Repubblica fiorentina (1436 e 1450)
  27. ^ 1427 notazione italiana, 1426 notazione fiorentina.

Bibliografia

  • Ricordi di Giovanni di Pagolo Morelli da Mercanti scrittori Ricordi nella Firenze tra Medioevo e Rinascimento. A cura di Vittore Branca, Rusconi editore.
  • Raymond de Roover, Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze, La Nuova Italia, 1970. ISBN 88-221-0627-X.
  • Jacques Mesnil, Masaccio et les debuts de la renaissance.
  • Cecilia Frosinini, Masaccio.
  • Hugh Hudson, Paolo Uccello: Artist of the Florentine Renaissance Republic.
  • Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci, Il trittico Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze.
  • Carl Brandon Strehlke, Cecilia Frosinini, Roberto Bellucci, The panel paintings of Masolino and Masaccio: the role of technique, 5 Continents, 2002
  • Scipione Ammirato, Storie fiorentine.

 

 

 

La Cappella di Paolo Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze

 

 

queste note sono principalmente composte estrapolando brani dagli scritti dei

dottori Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci

Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro
viale Filippo Strozzi, 1
50129 FIRENZE
ITALY

Mi scuso con gli autori se non ho reso appieno il loro pensiero

 

 

Nel testamento dell'anno 1382 Michele di Braccino dispone alcuni lasciti a favore di quattro chiese : Santa Maria Novella e Santa Maria Maggiore a Firenze ; San Pietro e San Siro a Cascia .

Quindi il legame dei Carnesecchi con Santa Maria Maggiore al momento lo posso far risalire perlomeno a questa data .

 

 

 

Le cappelle in Santa Maria Maggiore :

 

 

 

 

Le Cappelle all’interno di Santa Maria Maggiore secondo la descrizione del Richa :

 

 Entrando partendo da destra :

 

Cappella dei Rimborti

Cappella Panciatichi

Cappella di Deo di Vanni Del Beccuto 1386 (Cappella di San Biagio )

Cappella Carnesecchi sormontata dallo stemma dei Carnesecchi-Capponi -Velluti

Cappella di Deo di Vanni Del Beccuto

 

Cappella maggiore : Cappella di Barone Cappelli

 

A Sinistra vicino all'Altar maggiore

Cappella di Bernardo Carnesecchi

Cappella degli Orlandini

Cappella di Pagholo Carnesecchi

Porta laterale

Cappella dei Bartolini poi del senatore Giovanni Buoni

Altare dei Cerretani

 

 

 

 

Come si puo' vedere i Carnesecchi avevano tre cappelle in Santa Maria Maggiore .

Una con patrono Bernardo Carnesecchi il ricco mercante-banchiere (1398-14..) il cui nome e' anche legato al tabernacolo di Domenico Veneziano , una con patrono Zanobi che in societa' con gli Strozzi alla fine del cinquecento era titolare di una delle piu' importanti banche d'Europa, una terza aveva patrono Paolo Carnesecchi ( ….-1427 ) ricco mercante ed importante uomo politico

 

 

 

……..la quarta Cappella e' dei Carnesecchi la cui arme : che qui vedessi ,oltre l' avere le tre liste d'oro con un rocco sotto d'oro , mostra da una parte l'arma

dei Capponi e dall'altra quella dei Velluti , mediante due donne entrate in casa Carnesecchi , che furono Violante di Piero Capponi e Maria Velluti questa madre

e quella moglie di Zanobi Carnesecchi che restauro' la Cappella di stucchi dorati nella volta con certe graziose storiette della vita di S. Zanobi dipinte da

Bernardino Poccetti

Nelle nicchie laterali le due statue di San Bartolommeo , e di San Zanobi , sono delle prime opere fatte da Gio: Caccini e la tavola sull'altare , ove e' dipinto

San Francesco di Assisi in atto di ricevere le Sacre Stimate , e' delle belle opere , che abbia fatto Pier Dandini. ………

…..( Richa Giuseppe :Notizie istoriche delle chiese fiorentine )

 

 Lo stemma dei Carnesecchi : nella navata sud tra l'arme dei Capponi e quella dei Velluti ( da Agostini : Pietro Carnesecchi )

 

Lo Zanobi di cui si parla e’ il figlio del senatore Bartolomeo titolare del Banco Carnesecchi—Strozzi di cui si parla in altra pagina

 

 Il documento di fondazione della Cappella dei Carnesecchi in Santa Maria Maggiore figura tra le carte dell'archivio Niccolini di Camugliano

(fondo: Antico , Segnatura : 6 Inserto 1,h vecchia segnatura C 1 4 1, h )

vedi sito http://www.archivistorici.com/archivi/ns.asp?wci=home&lng=1040&cur=3057

 

 

 

 

S. MARIA MAGGIORE dei Camerlitani rifabbricata con disegno di Arnolfo di Lapo, essendoci altra antica Chiesa, che era stata consacrata dal Pontefice S. Pelagio nel 556. A destra è la Tavola di mano del Cigoli, nella quale dipinse S. Alberto Carmelitano in atto di liberare uno, che pericolava nell' acqua. Quindi quella del Pugliani, che rap­ presenta la Maddalena Penitente in atto di ricevere nella sua grotta da S. Massimino la Comunione. Segue il martirio di S. Biagio di Ottavio Vannini, ed i laterali sono d'Antonio Giusti. Degna di lode è la Cappella dei Carnesecchi ,la volta della quale fu dipinta da Bernardino Poccetti, e le due statue di marmo di S. Bartolommeo, e S. Zanobi sono del Caccini; la Tavola di S Francesco in atto di ricever le Stimate è di Pietro Dandini. Nella quinta Cappella adorasi un Crocifisso di rilievo con alcuni Santi. La pittura della Volta è di Giuseppe Romei . Passato l'Altar maggiore è la Cappella del Sacramento, e quindi quella degli Orlandini, nella di cui volta il Volterrano rappresentò il Ratto d'Elia con bellissime figure tramezzate da stucchi dorati. La Tavola dell' Altare della Madonna è del Biliverti. Ragguardevoli sono le due Tavole, che seguono, quella di S. Maria Maddalena dei Pazzi d' Onorio Marinari, e l'altra di S. Francesco e Sacra Famiglia di Matteo Rosselli, sopra le quali Vincenzio Meucci di­ pinse i due sfondi. Degna di stima è la Tavola del Passignano rappresentante la venuta dello Spirito Santo. Una singolar me­ moria era già in questa Chiesa, oggi pe­ rita, cioè il Monumento stato fatto a Salvino di Armato degli Armati nell' Anno 1317. inventore degli Occhiali, Nel Chiostro del Convento si vede in un canto una delle quattro Colonne che reggevano il Sepolcro di Ser Brunetto Latini maestro di Dante come l' Inscrizione lo dimostra. Ivi si vedono alcune Pitture a fresco fatte dal Poccetti, e dal Ferrucci.

 

Firenze 30. Maggio 1804.

Devotiss. Obbligatiss. Serv. Cambiagi.

DESCRIZIONE DELLA GITTA' DI FIRENZE

Dal sito

http://echo.mpiwg-berlin.mpg.de/content/guiden/florence_guides/L226a/getFullTextXML  

 

.

 

 

 

 

 

…….Nella Nave poi a tramontana la piu' prossima all'Altar grande e' la Cappella che serve alla Comunione , fondata da Bernardo Carnesecchi nel 1449 , ed e'

stata dipinta tutta a grottesco nei nostri tempi . Evvi pero' in alto un divoto antico Crocifisso dipinto sul muro ,e tenuto in venerazione con i cristalli che lo coprono. Sotto del quale vedesi la tavola , dove Maria da l'abito al Beato Stock ,opera di Pisello Piselli…………..( Richa Giuseppe :Notizie istoriche delle chiese fiorentine )

 

 

…….Alle Cappelle lateralmente contigue all'Altar maggiore , avvi in un tondo di marmo breva iscrizione , che dice :

SEP. BERNARDI CHRISTOFANI DE CARNESECHIS MCCCCXLIX…………..( Richa Giuseppe :Notizie istoriche delle chiese fiorentine )

 

 

 

   La cappella Carnesecchi istituita da Pagholo Carnesecchi e’ andata nel tempo completamente dispersa

 

 …………..La terza cappella e' dei Carnesecchi . ove eravi gia' una pittura di Giotto giusta Leopoldo del Migliore , ma secondo Giorgio Vasari la tavola

era di Masaccio , e di lui pure la predella , ove in alcune piccole figure aveva dipinto la Nativita' di Cristo : in luogo di questa vi e' oggi una di Onorio Marinari

e dentrovi Cristo che apparisce a Santa Maria Maddalena dei Pazzi con gli strumenti della Passione nelle mani degli Angioli

 

 

 

 

 

 

 

 

Cappella di Paolo Carnesecchi in Santa Maria Maggiore

 

 

I Carnesecchi che si erano cosi cognominati solo negli anni 80 del 1300 prima erano identificati come Duranti da un certo Durante taverniere del popolo di Santa Maria Maggiore e Priore nel 1297 . I Duranti avevano partecipato alle cariche pubbliche con notevole successo nel periodo 1330-1360. Cognomignatisi Carnesecchi intorno nel periodo 1380-1390 ……………

I Carnesecchi avevano notevoli proprieta' fondiarie nel piviere di Cascia

 

  Il patronato del secondo altare della navata sinistra di Santa Maria Maggiore, secondo l'attestazione delle fonti, apparteneva a Paolo Carnesecchi. 

Delle tre Cappelle dei Carnesecchi in santa Maria Maggiore questa e’ la piu’ importante per l’importanza degli artisti che vi lavorarono : Masaccio , Masolino , Paolo Uccello e per i rapporti che tra essi si vennero instaurando

 

 Nel libro ( che non ho consultato )

 

Masaccio et les débuts de la renaissance - Pagina 27
di Jacques Mesnil - 1927 - 141 pagine
La chapelle avait été concédée par un acte de 1406 à Paolo di Berto Carnesecchi,
qui éleva l'autel (v. Archives de l'Etat à Florence, Conventi soppressi, ...

 

Sembra dirsi che Paolo Carnesecchi ebbe in concessione la cappella nel 1406

 

 

 

L'annunciazione di Paolo Uccello e il trittico di Masaccio e Masolino

 

 

Dalle fonti, Francesco Albertini prima e Giorgio Vasari poi, ci è testimoniata in Santa Maria Maggiore di Firenze l'esistenza di una cappella, dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, affrescata da Paolo Uccello e i cui arredi comprendevano una tavola d'altare opera di Masaccio e Masolino. Si può verosimilmente ritenere che non di una cappella vera e propria si trattasse, ma di un altare a nicchia, addossato alla parete della navata sinistra, sulla cui mensa d'altare sarebbe stato il trittico,

Trittico rappresentante, secondo il Vasari, "una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare" .

Sopra di esso, come coronamento, Paolo Uccello avrebbe dipinto su muro una Annunciazione.

 

G. VASARI, Le Vite, a cura di G. Milanesi, Firenze 1906,

vol. II, pp. ... e p. 292. Nella Vita di Masaccio viene detto: "Dipinse ancora in Santa Maria Maggiore accanto alla porta del fianco, la quale va a San Giovanni, nella tavola d'una cappella una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare". Nella Vita di Paolo Uccello: "Lavorò ancora in Santa Maria Maggiore in una cappella allato alla porta del fianco che va a San Giovanni, dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella quale fece un casamento degno di considerazione e cosa nuova e difficile in quei tempi, per essere stata la prima che mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto, che paia assai lontano e largo; e coloro che con giudizio sanno a questo con grazia aggiungere l'ombre a' suoi luoghi ed i lumi con colori, fanno senza dubbio che l'occhio s'inganna, che pare che la pittura sia viva e di rilievo. E non gli bastando questo, volle anco mostrare maggiore difficultà in alcune colonne che scortano per via di prospettiva; le quali ripiegandosi rompono il canto vivo della volta dove sono i quattro evangelisti, la qual cosa fu tenuta bella e difficile; ed in vero Paolo in quella professione fu ingegnoso e valente". 

 

 

 

Datazione

 

 

 

 

………………………………………….Il patronato del secondo altare della navata sinistra di Santa Maria Maggiore, secondo l'attestazione delle fonti, apparteneva ai Carnesecchi, famiglia magnatizia del popolo di Santa Maria Maggiore: il nostro trittico fu con ogni probabilità commissionato da Paolo di Berto di Grazino dei Carnesecchi, patrono della cappella dal 1406 al 1427, anno della sua morte.

Queste considerazioni circa la committenza, rendono verosimile che l'esecuzione della cappella Carnesecchi trovi nel 1423 un terminus post quem, in relazione, appunto, alla possibilità di aver precedentemente conosciuto Masaccio, Masolino e Paolo Uccello nei loro esiti pittorici. Grazie alle chiarificazioni di Ugo Procacci abbiamo oggi la possibilità di riconoscere nel 1428 un preciso terminus ante quem: infatti in un atto notarile del 29 gennaio di quell'anno, si dichiara che Paolo di Berto di Garzino de' Carnesecchi in suoi codicilli testamentari risalenti ad un anno prima (e cioè al gennaio 1426/27) aveva indicato i nomi delle persone cui sarebbe spettata la decisione circa l'elezione del cappellano "cappellae per eum ornatae et factae in dicta ecclesia Sanctae Mariae Maioris sub vocabulo Sanctae Catharinae et sui altaris, et alia plura ut latius et plenius constat per dictos codicillos". Si tratta evidentemente di disposizioni date dal testatore poco prima della morte, che infatti avvenne di lì a poco, il 6 febbraio 1426/27. Le persone deputate, tra cui la vedova del defunto, monna Simona, e i tre figli maschi del testatore adempivano ora all'incarico avuto e pochi giorni dopo l'ecclesiastico su cui era caduta la scelta (già identificato nell'atto precedente) ricevé la nomina ufficiale. In questa seconda parte del documento si hanno quelle specificazioni in più circa la cappella che permettono di circoscriverne la datazione: la si definisce infatti "cappellae et altaris Sanctae Catharinae erectae et factae per dictum olim Paulum patrem ipsorum in ecclesia Sancta Mariae Maioris de Florentia, fulcitae tabulae, paramentis et aliis ad dictam cappellam, necessariis pietrae et armis dicti Pauli designatae". Dall'atto notarile si può quindi dedurre che nel gennaio 1427 la tavola dell'altare era già stata fatta, ma non si può dire da quanto tempo. C'è comunque la possibilità di trovare altri elementi utili alla datazione del Trittico Carnesecchi, grazie all'esame della documentazione biografica nota circa Masolino e Paolo Uccello: il primo, infatti, parte il 1° settembre 1425 per l'Ungheria, al servizio di Pippo Spano e rientrerà a Firenze solo dopo il dicembre 1426, alla morte dello Scolari. Quanto a Paolo Uccello, dal 1425 risulta assente da Firenze, per un lungo soggiorno veneziano, pressoché continuativo, fino al 1431. Sembra perciò possibile restringere il periodo in cui poté avvenire la decorazione della cappella Carnesecchi tra il 1423 e il 1425………………………………

 

 

 

 

IL COMMITTENTE

 

Paolo di Berto di Grazino di Durante Carnesecchi ( ( ? ) -- 1426 o 1427 )

 

4 volte Priore nel 1400 , nel 1409 , nel 1415 , nel 1422

2 volte Gonfaloniere di giustizia 1404 1415

Buonuomo nel 1395, nel 1421, nel 1425

Gonfaloniere di compagnia nel 1393 ( Pagholo di Berto Gratini -------------Alle bocche della piazza )

Era eletto nei dieci di Balia nel 1405 , quando si tratto' di ricevere la citta' di Pisa in dedizione e di impadronirsi anche delle altre fortezze

Nel 1407 fu commissario di Pisa

Console delle arti per i medici e gli speziali almeno13 volte e per la mercanzia almeno11 volte

Speziali : 1394,1396,1398,1400,1403,1404,1406,1408,1414,1415,1416,1418,1420, (mancano i dati antecedenti al 93 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429)

Mercanzia : 1401, 1405,1406,1408,1409,1411,1413,1415,1416,1418,1420, (mancano i dati antecedenti al 93 e dall'agosto 1421 all'agosto 1429)

Il fratello Cristofano console degli speziali 1397,1400,1402,1404,1407,1409,1411,1413,1415, muore tra il 1416 e il 17 (mancano i dati antecedenti al 93)

Il fratello Zanobi console degli speziali 1401,1405,1410,1412,1414 , muore tra il 1416 e il 17 (mancano i dati antecedenti al 93 )

Il figlio di Paolo : Simone console degli speziali 1421,1439, (mancano i dati dall'agosto 1421 all'agosto 1429)

Praticamente i figli di Berto di Grazino furono quasi ininterrottamente consoli dell'arte dei Medici e Speziali dal 1394 al 1420 ( non conosco i dati antecedenti al 1393 )

 

 

Carnesecchi consoli dell'Arte dei Medici e degli Speziali (Arte a cui erano iscritti anche i pittori )

Sul sito della Brown University mancano i dati antecedenti all'anno 1393 e del periodo agosto 1421 --- agosto 1429

 

 

 

1394

Paolo

1404

Paolo

1414

Paolo

1395

 

1404

Cristofano

1414

Zanobi ( muore tra il 16 e il 17 )

1396

Paolo

1405

Zanobi

1415

Paolo

1397

Cristofano

1406

Paolo

1415

Cristofano ( muore tra il 16 e il 17 )

1398

Paolo

1407

Cristofano

1416

Paolo

1399

 

1408

Paolo

1417

 

1400

Paolo

1409

Cristofano

1418

Paolo

1400

Cristofano

1410

Zanobi

1419

 

1401

Zanobi

1411

Cristofano

1420

Paolo

1402

Cristofano

1412

Zanobi

1421

Mancano dati

1403

Paolo

1413

Cristofano

1422

Mancano dati

 

 

 

Elezioni delle Arti . A partire dal dicembre del 1393, la Mercanzia registrava i risultati delle elezioni dei magistrati della stessa Mercanzia e dei consoli di 20 delle 21 arti (le elezioni dell'Arte dei Giudici e Notai non erano controllate dalla Mercanzia e, ad eccezione di un'elezione nel 1393, esse sono del tutto mancanti dall'archivio-dati). I registri dell'Archivio della Mercanzia ("Tratte dei consolati delle arti") non sono sopravvissuti integralmente. Dei circa diciannove volumi di elezioni fra il 1393 e il 1538, che dovevano essere originariamente presenti, cinque non sono sopravvissuti. Ci sono di conseguenza delle lacune nei dati. I risultati delle elezioni sono completi dal dicembre 1393 all'agosto 1421, dall'agosto 1429 al dicembre 1443, dall'agosto 1465 all'aprile 1474, e dall'aprile 1480 al dicembre 1497. Non abbiamo codificato materiale dopo questa data, anche se siamo riusciti invece a colmare la lacuna degli anni 1433-34, mancanti dal registro 83 della Mercanzia, grazie al registro 109 ("Bastardello di Tratte"). I registri della Mercanzia continuano, dopo un'altra lacuna fra gli anni 1498 e 1507, fino alla fine delle Repubblica. Per gli anni mancanti del quindicesimo secolo, forse si potrebbero, con alcune ricerche, trovare fonti per individuare i "seduti" del magistrato della Mercanzia, ma è dubitabile che si possa reperire un ampio spettro di nomi per le altre arti.

 

La dottoressa Frosinini faceva notare , a questo proposito :

 

Da parte mia, trovo assai interessante il fatto che Paolo di Berto di Grazino Carnesecchi sia stato console dell'Arte dei Medici e Speziali ben 13 volte. All'arte dei Medici e Speziali, infatti, erano immatricolati i pittori e quindi la sua carica lo rende un committente per eccellenza di materiali artistici! Forse le sue scelte non furono tanto legate alla territorialità (cioè a Reggello), come avevamo ipotizzato in passato, ma alla sua carica politica. Nel senso che aveva a che fare con artisti su base quasi quotidiana e, forse, che gli artisti stessi dovevano avere un occhio di riguardo nei suoi confronti ( probabilmente, come avviene oggi, erano pronti a fargli degli "sconti" )!

 

. Ricevo per la cortesia della dottoressa Cecilia Scalella

 

Gent. Sig. Carnesecchi, non so se le può interessare, ma continuando la mia ricerca sul pittore fiorentino "Francesco" ho trovato che in una dichiarazione del catasto del ’27, 1° luglio 1427, il pittore Franco di Pietro (fratello del pittore Francesco di Pietro) abitava in una casa, situata nel popolo di Santa Maria Maggiore, casa appartenete agli eredi di Paolo Carnesecchi, cfr. W. Jacobsen, "Die Maler von Florenz zu beginn der Renaissance", Berlin, 2001, p. 558.


Il testo in tedesco è così:
"Franco di Pietro dipintore del popolo di Sancta Maria Magiore di Firenze......Hat chaseta in pop. Sancta Maria Magiore, gehörte den Erben des Paolo Carnesecchi... in sul canto del chiasso della via dell’Alloro.

 

La cosa anche se non inerente sembra suffragare questa consuetudine di Paolo con i pittori

.

 

 

 

Datazione

 

Nell'affrontare lo studio della cappella Carnesecchi è particolarmente significativo l'intreccio di dati storici che emerge dall'esame della committenza.

Il dato più significativo della storia della famiglia Carnesecchi è il radicamento nel Valdarno e, nello specifico, a Cascia di Reggello, il luogo da cui proviene il cosiddetto Trittico di San Giovenale, realizzato nel 1422 da Masaccio. Recentemente è stata avanzata l'interessante ipotesi di un'originaria destinazione fiorentina per l'opera prima di Masaccio, ma anche accettata l'idea di una collocazione successiva dell'opera a Cascia, non va dimenticato che, altrettanto importante per il nostro discorso, è l'origine dal paese del Valdarno superiore, dei Castellani, probabili committenti del trittico di Masaccio, e il radicamento negli stessi luoghi dei Carnesecchi, committenti della cappella di Santa Maria Maggiore. ( vedi pagina 14 : per i rapporti con il Valdarno superiore )

La famiglia Carnesecchi, inoltre, interviene in concomitanza di un'altra impresa artistica che può essere all'origine della scelta degli artisti per l'altare di famiglia in Santa Maria Maggiore: la Madonna dell'Umiltà, oggi a Brema, commissionata nel 1423 a Masolino. Infatti la tavola di Brema presenta sulla base lo stemma dei Carnesecchi insieme a quello dei Boni, loro consorti, forse in relazione ad un matrimonio tra membri delle due famiglie. Ne consegue un interessante rapporto incrociato di committenza che sfuma quasi nel mecenatismo: i Carnesecchi avrebbero avuto modo, già dai primissimi anni del terzo decennio del Quattrocento, di conoscere, artisticamente parlando, sia Masaccio che Masolino, l'uno al suo esordio (per quanto ci è dato di conoscere fin qui), l'altro al suo rientro a Firenze.

Queste considerazioni circa la committenza, rendono verosimile che l'esecuzione del Trittico Carnesecchi si situi intorno al 1423.

 

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L'attestazione comune delle fonti relativa ad una collaborazione (o, forse meglio, concomitanza di esecuzione) tra Paolo Uccello e Masolino per la cappella Carnesecchi, non è stata oggetto di particolare attenzione da parte della critica, presumibilmente a causa della perdita del complesso originario. Poche e veloci annotazioni hanno indicato come chiave di lettura la precedente comune iniziazione presso il Ghiberti, - attestata dal Libro di Antonio Billi e dal Vasari - alla cui bottega, durante i lavori per la Porta Nord, sono nominati fra le maestranze un Paolo di Dono e un Maso di Cristofano. Rimandando la discussione su Paolo di Dono a quanto esposto nel saggio di Annamaria Bernacchioni, in questa stessa sede, l'identificazione del lavorante del cantiere ghibertiano con Masolino sembrerebbe ormai da scartarsi dopo le precise argomentazioni addotte dal Milanesi e le puntuali prove fornite recentemente da Ugo Procacci. Ma leggiamo la chiarificazione nella bella prosa di questo studioso:

"occorre ... ricordare quanto siano frequenti le omonimie quando ancora non esistevano i cognomi o erano di scarso uso; a Firenze, per quello che è a mia conoscenza, vivevano tre Tommaso di Cristofano nei primi decenni del Quattrocento, e uno di questi - il cui nonno si chiamava Braccio, mentre l'avo di Masolino aveva nome Fino - era un orafo, iscritto regolarmente all'Arte della Seta. Sembra quindi più logico pensare che sia stato costui l'aiuto del Ghiberti, data anche la sua continuità nel lavoro (e non un'esperienza di poco più di un mese, come fu per Donatello, o di ragazzo, come per Paolo Uccello, che noi troviamo al lavoro per quasi cinque anni, ma da quando era decenne); ed è anche da presumere che l'errore dell'anonimo scrittore cinquecentesco e del Vasari sia derivato proprio dall'aver essi conosciuto i ricordati documenti che erano certo facilmente consultabili presso l'Arte di Calimala".

 

Le motivazioni della compresenza di Masolino e Paolo Uccello nella decorazione della cappella Carnesecchi, dunque, andranno cercate altrove: forse in una scelta dei committenti che, residenti nel popolo di Santa Maria Maggiore, avrebbero potuto indirizzarsi verso Paolo Uccello per motivi di conoscenza personale poiché sua madre apparteneva ad una famiglia della stessa parrocchia, i Del Beccuto.

 

 

 

 

 

Del Beccuto .( in verde scuro ) : in particolare di Deo di Deo Del Beccuto (verde scuro perimetrata di giallo ) che da sul canto ai Guidalotti

 

 

 

I rapporti tra i Carnesecchi e i Del Beccuto in realta' sono molto stretti e legati a piu' motivi

Vicinanza delle loro case

Patronato sulla stessa chiesa

Parentele tra le due famiglie

Appartenenza alla stessa Arte ( in particolare Deo Del Beccuto era stato anche lui piu' volte console dell'Arte )

Parte Guelfa

( Vedi in particolare lo studio su Paolo Uccello del dr Hugh Hudson e anche la pagina su questo sito )

 

 

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……Non è comunque nemmeno da escludersi il fatto che in questi primissimi anni del terzo decennio del secolo il giovane Paolo Uccello e Masolino, più anziano - ma esordiente sulla scena fiorentina - avessero un qualche genere di frequentazione di lavoro. La conduzione in comune della decorazione di una cappella fa evidentemente pensare ad un legame stretto e, verosimilmente, determinato legalmente: purtroppo da questo punto di vista nessuna documentazione precisa ci viene in aiuto. Il fatto che entrambi fossero maestri immatricolati all'Arte dei Medici e Speziali farebbe propendere per un rapporto alla pari, come quello che si stringeva con la stipula della compagnia. Nulla osta a ciò, a quanto ci è dato di sapere. Vorremmo però che venisse posta la debita attenzione al fatto che l'immatricolazione di Paolo Uccello è di un genere un po' particolare: egli infatti si iscrive all'Arte molto giovane, intorno ai 18 anni, nel 1415. In genere questo atto legale sanciva una professionalità già raggiunta e un certo giro di lavoro: solo in tal caso sembra che valesse la pena pagare la tassa dovuta all'Arte. Ed è proprio circa questo punto che il caso di Paolo Uccello si distacca dalla norma: egli infatti si immatricola gratuitamente, in quanto figlio di altro iscritto, il barbiere Dono. Essendo ormai ben noto come la piena fruibilità dei diritti "costituzionali" della Repubblica fiorentina si otteneva solo con l'iscrizione ad un'Arte, è evidente che colui che aveva la possibilità di farlo senza alcuna penalizzazione finanziaria si affrettasse ad esercitare il suo diritto non appena raggiunta la maggiore età.

È quindi sempre possibile, allo stadio attuale delle cose, pensare che Paolo Uccello forse da poco esercitava il mestiere di pittore (dopo la iniziale attività come garzone di bottega presso il Ghiberti e dopo un ignoto, ma evidentemente necessario, periodo di educazione all'arte presso una bottega pittorica). Quanto a Masolino, pur essendo rientrato a Firenze solo nel 1422, quasi quarantenne, era comunque un maestro più che avviato e, presumibilmente, di qualche notorietà anche in patria. Un tale ritardo nell'attività autonoma di Paolo Uccello potrebbe spiegare l'assenza di opere (e di documenti di lavoro) precedenti la sua andata a Venezia. Intorno al 1423 egli potrebbe quindi aver scelto di appoggiarsi a Masolino, forse anche in posizione subordinata. In qualche modo l'esperienza non ebbe successo: forse Masolino e Masaccio stabilirono in questa stessa occasione un sodalizio di ben altra sostanza. Da tutto questo complesso di ragioni e concomitanze si potrebbe forse comprendere meglio la stessa scelta, da parte di Paolo Uccello, di lasciare Firenze nel 1425, cosa non facilmente comprensibile se egli fosse stato maestro di sicurezza di mercato.

Certo che molte potevano essere le affinità elettive tra Masolino e Paolo Uccello: fra tutte l'interesse per un certo ambiente d'Oltralpe e per le sperimentazioni tecniche. Molti anche i punti di contatto tra quest'ultimo e Masaccio, in direzione di emergenti problematiche comuni di resa dello spazio. Se vogliamo stare alle parole del Vasari fu proprio in Santa Maria Maggiore che Paolo fece "cosa nuova e difficile in quei tempi, per essere stata la prima che mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto, che paia assai lontano e largo ... la qual cosa fu tenuta bella e difficile".

Quello che non è possibile credere è che la posizione di Masaccio fosse subordinata a quella di Masolino: qui i documenti, sensatamente interpretati, danno un'altra indicazione. La matricola di Masaccio all'Arte è del 1422; l'artista è senz'altro molto giovane, appena ventenne, ma immediatamente dopo, a tre mesi di distanza, licenzia un'opera autonoma, il Trittico di San Giovenale. C'è dunque da parte sua la necessità di giustificare il proprio lavoro, e, d'altra parte, una condizione economica familiare che gli consente, prima, di vivere a Firenze fin dal 1419 circa e, poi, di mettersi presto in proprio. L'immatricolazione, dunque, funzionale ad un'attività concreta, ne fa un maestro autonomo de iure e de facto. Pare più probabile, quindi, che il sodalizio con Masolino sia stato di tipo paritario. Come ormai ben noto, ma mai abbastanza ricordato, un vincolo di "compagnia" non necessariamente prevedeva una equanime spartizione del lavoro. Addirittura poteva sussistere senza alcuna attività comune: quello che si intendeva fosse in comune era il provento dei lavori assunti, sia separatamente che in comune.

Evidentemente troppo pochi sono i punti precisi di riferimento per parlare con una qualche certezza di un argomento tanto complesso come quello degli scambi culturali di questo straordinario momento della nostra storia. Ma anche dalla consapevolezza della scarsità di dati a nostra disposizione si può partire per allargare il campo delle considerazioni.

 

 

Di enorme interesse è dunque la possibilità che l'opera segni il debutto della collaborazione tra Masaccio e Masolino, collaborazione che dovette certamente essere un rapporto legalmente codificato secondo la prassi e le leggi dell'epoca, e non semplicemente nata su base spontanea, di "affinità elettive", fatto che non può in alcun modo inserirsi nelle costumanze di un'epoca e di un mestiere rigidamente codificato..

 

Rileggendo i documenti è possibile azzardare una ricostruzione cronologica degli eventi che può anche in qualche modo contribuire ad un chiarimento della cronologia delle opere dei due maestri e delle reciproche influenze e degli interscambi stilistici e tecnici. Sembrerebbe dunque che il rientro di Masolino a Firenze sia coinciso con una compagnia, precedente a quella con Masaccio, stipulata con Francesco d'Antonio, artista minore, uscito dall'orbita di Lorenzo Monaco. Il nome di Tommaso di Cristofano ricorre spesso, infatti, collegato a quello di Francesco d'Antonio, il quale gli fa da garante proprio nel primo dei documenti fiorentini, il contratto di affitto per una casa nel 1422. E' d'altronde verosimile che Masolino, assente dal panorama fiorentino fino a quella data che lo vede già trentottenne, sia stato attivo fuori dalla città e vi sia ritornato solo in vista di precise occasioni di lavoro. Un contratto di compagnia, oltre ad assicurargli l'appoggio economico e di mercato di un artista ben assestato in loco, poteva anche esonerarlo dall'onere di doversi aprire una bottega pagando la notevole tassa d'entratura connessa all'esercizio commerciale. Il rapporto di compagnia, come ormai dovrebbe essere ben noto, non presupponeva necessariamente la conduzione di attività in comune: i compagni avevano esclusivamente l'obbligo di condividere guadagni e perdite. Ma nel caso di Francesco d'Antonio e Masolino è possibile identificare una attività artistica comune, nei brani superstiti di affreschi della Cappella della Croce della chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani ad Empoli. La compagnia tra i due artisti venne sciolta, forse alla scadenza prevista, forse con anticipo, ma certo non in modo pacifico, dato che nel marzo del 1424 si ha un atto legale inerente la composizione di una lite tra Masolino e Francesco d'Antonio. Il documento non è specifico nel merito di queste "omnia eorum lithes", ma il fatto che come arbitri vengano eletti due pittori fa chiaramente intendere che essi erano ritenuti competenti in merito all'argomento del contendere. La data del documento è evidentemente solo un terminus ante quem della data di scioglimento della compagnia, ma attesta, in modo certo, che prima del 1424 Masolino era libero da vincoli legali e quindi poteva stipulare compagnia con altro artista, Masaccio dunque.

 

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Non sappiamo niente di certo circa le occasioni che dettero origine alla collaborazione tra Masaccio e Masolino , che comunque fu un vero e proprio sodalizio economico e di lavoro , una compagnia come veniva chiamata all'epoca , regolamentata secondo le leggi del tempo . Non esistono ipotesi di una qualche credibilita' che si possono basare sulla localizzazione dell'abitazione dei due artisti nel periodo antecedente la loro collaborazione . Va comunque ricordato che Firenze contava all'epoca meno di 40.000 abitanti e che uno dei punti istitutivi dell'Arte dei Medici e degli Speziali era quello di creare legami stretti tra gli immatricolati sia pure per motivi di controllo reciproco .Pur senza cercare occasioni specifiche , l'incontro tra i membri di uno stesso mestiere non doveva essere impossibile . Esiste comunque un ipotesi piu' specifica che cioe' occasione di incontro possa essere stata la committenza dei Carnesecchi , la famiglia magnatizia fiorentina che aveva beni e possedimenti nelle campagne intorno a San Giovenale , uno dei cui membri commissiono' a Masolino la Madonna dell'Umilta' ( oggi a Brema ) nel 1423 , come appare dagli stemmi sulla cornice.

I Carnesecchi furono i committenti di un trittico per la loro cappella in Santa Maria Maggiore a Firenze , la prima opera che vide la collaborazione tra i due artisti. Una collaborazione iniziata presumibilmente dopo il marzo 1424 , quando Masolino ruppe il sodalizio con il pittore Francesco d'Antonio , insieme al quale e' spesso ricordato dai documenti fra il 1422 e il 1424.

Il Trittico , in gran parte perduto a seguito del seicentesco rinnovamento della chiesa in cui era conservato , e' descritto dal Vasari , che parla di <<una cappella allato alla porta del fianco che va a San Giovanni , dove e' la tavola e la predella di Masaccio>> : una cappella dedicata a santa Caterina d'Alessandria , affrescata da Paolo Uccello . Nel registro principale erano dipinti <<una Nostra Donna , Santa caterina e San Giuliano , e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre ; e nel mezzo fece la Nativita' di Gesu' Cristo , con quella semplicita' e vivezza che era sua propria nel lavorare >> . Dell'intero complesso sono giunti fino a noi solo il San Giuliano e la predella con la truculenta storia a lui legata . La tavola centrale , la Madonna col Bambino , sopravvissuta fino al 1923 , venne rubata dalla chiesa alla periferia di Firenze in cui era collocata e da allora se ne sono perse le tracce.

Quasi a compensare la perdita della maggior parte delle tavole , esistono pero' ben due scomparti di predella con la storia di san Giuliano a contendersi la palma dell'appartenenza al Trittico Carnesecchi .

E a rendere piu' intrigante l'alternativa sta il fatto che che uno e' di Masaccio e l'altro di Masolino .Non si potrebbe trovare di meglio per esemplificare la diversita' tra i due artisti . Masolino sceglie una formula narrativa che privilegia il dramma in divenire , con l'uccisione da grand-guignol dei due ignari genitori nel letto . Masaccio affida il pathos al momento in cui il colpevole Giuliano si rende conto , incontrando la moglie , del tragico errore dettatogli dalla gelosia . Qui si svolge una scena che seppur abrasa irrimediabilmente , fa da potente anticipazione alla Cacciata della cappella Brancacci , con il grido muto al cielo del colpevole , consapevole di non poter tornare indietro e riparare al misfatto compiuto. E ancor Masaccio sceglie , al contrario di Masolino , di semplificare le vesti dei personaggi , di non accentuare l'appartenenza di San Giuliano alla cavalleria tramite l'eleganza di vesti foderate di pelliccia . Ma mirabile e l'inserimento del cane , secondo nelle raffigurazioni di piccoli animali inaugurate dal maialino ai piedi del sant'Antonio nel Trittico di San Giovenale . Particolarmente significativo e' il fatto che di recente l'appartenenza alla predella di Masaccio al Trittico Carnesecchi e' stata provata su base tecnica e quindi ancora piu' palesi dovevano risultare le scelte differenziate dei due artisti , se si considera che questa scena di predella era abbinata al San Giuliano a figura intera di Masolino , un cavaliere << da sogno preraffaellita >> come lo defini Toesca al momento della sua riscoperta .

Non sappiamo come Masaccio e Masolino si fossero divisi i restanti scomparti del Trittico (dalla documentazione fotografica la madonna col Bambino risulta inequivocabilmente di Masolino ) …….

 

dr . Cecilia Forosinini nel suo " Masaccio " edito per la Giunti 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ipotesi sull'inizio della collaborazione tra Masaccio e Masolino

La nuova ipotesi di ricostruzione del Trittico Carnesecchi.

 

Ecco i pannelli sopravvissuti del Trittico Carnesecchi :

San Giuliano

http://www.artpx.com/quat/images/Masolino_Fi_SStefano_al_Ponte_SGiuliano.jpg

 

Madonna rubata esiste una vecchia foto d'archivio, pubblicata sul libro :

The Panel Paintings of Masolino and Masaccio: The Role of Technique, a cura di C.B.Strehlke e C.Frosinini, Milano 2002

 

Storie di San Giuliano di Masaccio

http://www.masaccio2001.it/cgi-bin/italiano/opere.shtml

(è l'opera n.2, )

 

o, in alternativa, Storie di san Giuliano di Masolino

http://www.montauban.com/connection_ingres/P-auteur1/N325.HTM

 

 

 

Ancora oggi non sappiamo niente di certo circa le occasioni che fecero iniziare la collaborazione tra Masaccio e Masolino, esiste comunque l'ipotesi che l'occasione di incontro possa essere stata la committenza della famiglia Carnesecchi per un Trittico per la cappella in Santa Maria Maggiore a Firenze. Questa famiglia aveva beni e possedimenti nelle campagne intorno a San Giovenale, ed un suo membro commissionò nel 1423 la Madonna dell'Umiltà a Masolino (Brema).
Del Trittico Carnesecchi sopravvivono oggi soltanto due pannelli: il San Giuliano di Masolino (Museo di Arte Sacra di Firenze) e il pannello di predella con le Storie di San Giuliano attribuita a Masaccio (Museo Horne di Firenze). Faceva parte del Trittico anche una Madonna che fu rubata negli anni '20 del Novecento da una chiesa di Novoli. A Montauban in Francia esiste un altro scomparto di predella con Storie di San Giuliano. Fu acquistata nell'Ottocento sul mercato antiquario di Roma dal Ingres. Alla sua morte fu collocata nel Museo a lui dedicato e successivamente attribuita a Masolino.

 

 
Fino a adesso si riteneva ……………………..

 

……..che la predella di Montauban di Masolino potesse far parte del Polittico Carnesecchi ma le indagini dell'OPD hanno dimostrato che invece la predella del Polittico è quella di Masaccio al Museo Horne di Firenze, infatti è dipinta sulla stessa tavola di legno del San Giuliano di Masolino e presenta la stessa tecnica e tipo di preparazione.

 

Si riteneva ,avanti a questa conclusione , che il polittico fosse cosi' composto  :

 

 

 

Dopo le conclusioni della dottoressa Forosinini si puo' ritenere :

 

 

 

 

 

 

TRITTICO CARNESECCHI : San giuliano di Masolino

 

 

Conservato a Firenze presso il museo arcivescovile del Cestello

 

 

La ricostruzione dell'assetto originario, della cappella Carnesecchi nel suo insieme e del trittico in specifico, non è possibile oltre un certo limite, dato il laconico ripetersi delle fonti e la perdita di buona parte dell'originale complesso.

Dalle fonti, Francesco Albertini prima e Giorgio Vasari poi, ci è testimoniata in Santa Maria Maggiore di Firenze l'esistenza di una cappella, dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, affrescata da Paolo Uccello e i cui arredi comprendevano una tavola d'altare opera di Masaccio e Masolino. Si può verosimilmente ritenere che non di una cappella vera e propria si trattasse, ma di un altare a nicchia, addossato alla parete della navata sinistra, sulla cui mensa d'altare sarebbe stato il trittico,

Trittico rappresentante, secondo il Vasari, "una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare" . Sopra di esso, come coronamento, Paolo Uccello avrebbe dipinto su muro una Annunciazione.

 

G. VASARI, Le Vite, a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, vol. II, pp. ... e p. 292.

Nella Vita di Masaccio viene detto: "Dipinse ancora in Santa Maria Maggiore accanto alla porta del fianco, la quale va a San Giovanni, nella tavola d'una cappella una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo, con quella semplicità e vivezza che era sua propria nel lavorare". Nella Vita di Paolo Uccello: "Lavorò ancora in Santa Maria Maggiore in una cappella allato alla porta del fianco che va a San Giovanni, dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella quale fece un casamento degno di considerazione e cosa nuova e difficile in quei tempi, per essere stata la prima che mostrasse con bella maniera agli artefici, e con grazia e proporzione mostrando il modo di fare sfuggire le linee, e fare che in un piano lo spazio che è poco e piccolo acquisti tanto, che paia assai lontano e largo; e coloro che con giudizio sanno a questo con grazia aggiungere l'ombre a' suoi luoghi ed i lumi con colori, fanno senza dubbio che l'occhio s'inganna, che pare che la pittura sia viva e di rilievo. E non gli bastando questo, volle anco mostrare maggiore difficultà in alcune colonne che scortano per via di prospettiva; le quali ripiegandosi rompono il canto vivo della volta dove sono i quattro evangelisti, la qual cosa fu tenuta bella e difficile; ed in vero Paolo in quella professione fu ingegnoso e valente".

 

Il trittico, dunque, sarebbe stato sopra la mensa d'altare, e sopra di esso, come coronamento, Paolo Uccello avrebbe dipinto su muro la sua Annunciazione; qualcosa di simile all'altare del Maestro di Signa nella pieve di San Donnino a Villamagna, questo in versione rinascimentale (con pala quadra e non trittico).

Questa collocazione della mensa d'altare a parete sembra confermata anche dal fatto che sul retro lo scomparto del San Giuliano ritiene un gancio originale in ferro, segno che oltre a poggiare sull'altare era assicurato tramite di esso al muro retrostante.

Dell'intero complesso sopravvissero allo smembramento seguito al rinnovamento seicentesco dell'edificio sacro soltanto la Madonna col Bambino e lo scomparto del San Giuliano, con la sua predella, rinvenuti ed identificati come appartenenti al Trittico tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Il 31 gennaio del 1923 la Madonna col Bambino, venne trafugato dalla chiesa di Santa Maria a Novoli e da allora non è stata più ritrovata.

Al Trittico Carnesecchi sono riferibili, in via ipotetica, due diversi scomparti di predella raffiguranti lo stesso soggetto iconografico (Storie di San Giuliano) e quindi entrambi collegabili all'unico laterale principale sopravvissuto: attribuiti incontrovertibilmente uno a Masolino (quello del Museo Ingres di Montauban) e uno a Masaccio (Museo Horne, Firenze). Niente di certo sappiamo circa la loro provenienza, essendo stati entrambi acquistati sul mercato antiquario in epoca relativamente recente. Di per sé la diversa attribuzione non offre alcun sostegno all'ipotesi di appartenenza o meno al perduto complesso Carnesecchi per nessuna delle due tavolette, se non che per alcune fonti l'autore delle storie della predella sarebbe stato Masaccio. Tra queste attestazioni, di rilievo è quella data dalla prima edizione delle Vite del Vasari che, come è noto, viene considerata di particolare attendibilità circa l'attività di Masaccio e nella quale lo storico aretino dà a Masaccio solo la predella del Trittico Carnesecchi. Il ritrovamento dei due scomparti maggiori con la loro autografia masolinesca sembrerebbe andare in direzione di una conferma al silenzio del Vasari relativamente alla parte principale del Trittico e quindi rafforzerebbe l'idea di prendere in considerazione la tavoletta Horne, di Masaccio, appunto, come unica parte sopravvissuta della predella Carnesecchi proprio in virtù della sua autografia.

Sono però le novità tecniche emerse dalle indagini attuali che permettono di riferire la predella Horne al Trittico Carnesecchi in modo incontrovertibile. Identici sono infatti, nel San Giuliano e nella predella Horne le caratteristiche del legno, della tela e del gesso usati per gli strati preparatori. I due supporti infatti mostrano fibratura identica e caratteristiche tali da indicare la provenienza da uno stesso tronco. La tela ha un rapporto trama-ordito identico, molto diverso da quello più fitto generalmente riscontrabile in tutti gli altri dipinti di Masaccio e Masolino. Anche la preparazione sembra essere la stessa, contribuendo a dare alle lastre radiografiche dei due dipinti delle inusuali risultanze di scarsissima radio-opacità.

Un attento esame del San Giuliano (purtroppo con la sola possibilità di istituire confronti con vecchie foto della Madonna col Bambino), induce a nuove e interessanti considerazioni circa la ricostruzione del trittico originale. Il trittico, anche se costruito con carpenteria di tradizionale impianto tardogotico, presentava l'elemento assai innovativo di un coronamento ad arco tondo, come inequivocabilmente dimostrano i segni tracciati sul nudo legno venuti alla luce dopo la rimozione della cornice tarda. Con queste linee di disegno, in fase di approntamento degli strati preparatori si lasciavano indicazioni precise alle maestranze che dovevano stendere tela e gesso, ragion per cui essi diventano oggi, dopo le numerose modifiche e manipolazioni cui il dipinto è stato sottoposto, assai più significativi delle zone di margine, sempre assai danneggiate.

Lungo entrambi i bordi laterali del pannello si rilevano tracce di colatura del gesso originale, segno che le dimensioni sono quelle originali e che i tre scomparti principali erano evidentemente costruiti separatamente gli uni dagli altri, ottenendo poi un ricongiungimento in fase di montaggio finale del complesso. Le giunzioni tra le tre tavole dovevano poi essere mascherate con elementi di incorniciatura, quali colonnine tortili. Questi minori elementi erano spesso incollati soltanto in corrispondenza delle terminazioni e semplicemente giustapposti al supporto per tutta la lunghezza, ragione per cui non si rilevano alla RX tracce di chiodi sul lato sinistro del pannello, quello confinante con lo scomparto centrale. Lungo il margine destro, invece, quello esterno, si notano tracce di 3 chiodi, certo destinati a collegare un più importante elemento di cornice.

Mentre in larghezza il pannello presenta tutte le evidenze di mantenere le misure originarie, in lunghezza deve esserci stata una resecazione al basso, di circa 4-5 cm. La superficie dipinta è infatti irregolarmente tagliata, ma soprattutto, assai significative sono le tracce di una spianatura sul retro, fatta per alloggiare la traversa, e i segni di due chiodi (rimossi e la cui sede è stata stuccata) che collegavano questo elemento al supporto. Trovandosi questi alla estremità attuale del pannello, sembrerebbero indicare la perdita di un'area corrispondente alle stesse dimensioni della spianatura visibile, tenendo conto che la traversa fosse situata più o meno al centro della spianatura e, come tradizionalmente nelle carpenterie fiorentine, la traversa bassa fosse collocata alla base del trittico.

Anche la traversa superiore era alloggiata in un'area di spianatura del supporto ed in RX sono ben visibili le tracce dei chiodi, ad un'altezza che comunque, innalzandosi al di sopra della sorgente degli archi, deve far presupporre che il Trittico fosse dotato di una struttura architettonica complessa al di là di una semplice incorniciatura. Questo non solo per nascondere agli occhi dell'osservatore la traversa che altrimenti sarebbe risultata visibile, ma anche perché, per ragioni strutturali, posizionare una traversa oltre la sorgente degli archi trova una sua ragione soltanto se deve servire da sostegno anche a strutture soprastanti di un certo peso.

I pur scarsi elementi che servono all'ambientazione spaziale delle figure, analizzati con puntualità, permettono di precisare che il campo dipinto doveva ospitare una sorta di Sacra Conversazione ambientata in un unico spazio indiviso. Le figure poggiano su un basamento marmoreo marezzato, il cui piano è incorniciato da una fascia grigio scura, forse pietra serena. Nello scomparto del San Giuliano questa fascia è visibile orizzontalmente, lungo il fondo e al proscenio, prima del gradino, e lateralmente, sul lato corto, alla destra dell'osservatore. Il basamento costituiva quindi l'ambiente scenico dell'intero trittico, e se ne può osservare la conclusione, a destra, in corrispondenza della chiusura fisica del trittico stesso. Il fatto che non esista un'identica conclusione sul lato sinistro dello scomparto del San Giuliano prova che la figurazione dovesse proseguire senza soluzione di continuità nell'adiacente pannello centrale. Infatti in questo la fascia grigia è presente soltanto in corrispondenza dei lati lunghi, in continuità, così come omogenea e congrua è la marezzatura del marmo del pavimento in entrambi gli scomparti. Oltre all'unificazione dello spazio interno e alla forma ad arco tondo degli scomparti, uno dei tanti segni del lento processo di elaborazione nel passaggio da trittico a pala unificata è dato dall'insolita particolarità costruttiva rivelata dalle misure identiche tra scomparto centrale e laterale. Questa notazione è emersa da un'approfondita disamina dei due dipinti e da una loro elaborazione per via informatica. Le misure note attraverso le schede OA e le diverse pubblicazioni, infatti, se si esclude quelle indicate da Ugo Procacci, erano errate e, si ha l'impressione, copiate le une dalle altre senza alcuna verifica. La resecazione in basso del San Giuliano e l'impossibilità di verifiche sul perduto scomparto della Madonna di Novoli, sembravano precludere la possibilità di lavorare in questa direzione. Ma un percorso di osservazione relativa alla unitarietà del basamento su cui poggiano le figure, ha reso usare questo elemento come punto di riferimento, misurandolo sulle immagini digitalizzate di entrambe le opere, e quindi riproporzionarle l'una all'altra in modo da far coincidere gli elementi di esso. Il risultato è stato estremamente interessante: una volta ricreata la continuità del basamento, anche i peducci di imposta delle centine si sono venuti a trovare allineati. Anche lo scomparto di Novoli è diventato a questo punto misurabile ed è risultato identico al suo laterale, sia in altezza che in larghezza.

L'abbandono di una gerarchia tra scomparti, insieme alla adozione dello spazio interno unificato, doveva dar luogo ad un effetto degno di attenzione per coerenza di impostazione. In esso l'aspetto di priorità devozionale era fatto salvo in parte da due accorgimenti: la figura della Madonna, in realtà, è di proporzioni maggiori del San Giuliano, tenendo conto del fatto che è seduta e comunque anche questa forma di rispetto, nascosta ad una prima occhiata, viene riproposta con garbo e understantment dall'avere l'aureola di pochi centimetri più alta rispetto a quella del santo.

Un'altra notazione interessante può essere condotta, dal punto di vista iconografico, sul complesso Carnesecchi: infatti l'insolito seggio della Vergine, un alto basamento, che spesso ha indotto la critica a considerare l'immagine sacra come una "Madonna dell'Umiltà", riecheggia invece, con ogni verosimiglianza, un altare. Il gruppo della Vergine con il Bambino, quindi, conterrebbe un richiamo specifico al sacrificio di Cristo immolatosi sul Golgota , il cui gesto viene reiterato dal sacrificio eucaristico. Inoltre la Vergine, in questo contesto, sarebbe presentata come Maria Mater Ecclesiae, l'appellativo che presumibilmente sta dietro anche al titolo della chiesa di Santa Maria Maggiore che ospitava il Trittico Carnesecchi.

Le peculiarità tecniche

La serie di indagini ottiche cui sono stati sottoposti i pezzi riferiti al Trittico Carnesecchi ha dato come risultato l'individuazione di alcune caratteristiche tecniche inusitate nell'ambiente fiorentino contemporaneo. Sia la veste del San Giuliano che quella della Madonna (per quanto ci è dato di osservare in fotografia) sono infatti realizzati usando un colore semitrasparente (lacca rossa nel caso del San Giuliano) su un fondo preparato a foglia metallica (argento nel San Giuliano) fittamente incisa per simulare un tessuto peloso. Inusitato non è naturalmente l'utilizzo della foglia metallica come base del colore, del quale si hanno innumerevoli esempi lungo tutto l'arco della pittura fiorentina fino a questo momento; innovativo è invece lo speciale trattamento a incisione, ben diverso, nell'effetto che si raggiungeva, dal graffito. Infatti l'incisione non era praticata sul colore per mettere in luce l'argento sottostante, ma direttamente sulla foglia metallica, prima ancora della stesura del pigmento, per ottenere un effetto materico, di tessitura della veste, che probabilmente doveva addirittura suggerire ai contemporanei, l'individuazione di una stoffa specifica. Tale attenzione agli effetti naturalistici della veste è particolarmente evidente nel tipo di incisione che si individua sul San Giuliano dove la distribuzione, la lunghezza dei singoli tratti, la profondità delle incisioni, suggeriscono non solo una stoffa di tipo "pesante" ma anche le luci e le ombre delle pieghe tramite l'infittirsi o il diradarsi del tratto. Sia per il tipo di effetto materico ricercato, sia per il colore, Masolino sembrerebbe aver qui riprodotto un abito di "velluto pavonazzo".

Altri importantissimi elementi di innovazione tecnica sono verificabili sul San Giuliano e contribuiscono a rafforzare l'ipotesi di una conoscenza altera acquisita da Masolino in ambiente extra italiano. Gli incarnati non sono costruiti secondo la tradizionale tecnica del verdaccio di base, cui si conforma indistintamente quasi tutta la pittura fiorentina del Trecento e del Quattrocento, ma con pennellate sovrapposte e affiancate di bianco, rosa e arancio. Tecnica che è stata osservata e analizzata scientificamente su altri tre dipinti di Masolino, appartenenti al Polittico bifronte per i Colonna.

Il dato di gran lunga più significativo è comunque quello dell'utilizzo del medium a olio, almeno per alcuni pigmenti: è infatti nella stesura calda, corposa e modulata della fodera di pelliccia del manto del Santo che si individua con facilità l'uso di un legante a olio, l'unico che può permettere le pennellate larghe e coprenti con cui è steso il pigmento. Il ritrovarne l'applicazione anche sul San Giuliano, oltre a costituire una evidente anticipazione cronologica di quanto finora conosciuto, fornisce una prova in più per attribuire la paternità di questa introduzione su larga scala a Masolino. Da quanto detto finora circa le molte innovazioni riscontrabili nel dipinto in esame, sembra infatti sempre più plausibile l'ipotesi di una diretta conoscenza da parte dell'artista di tecniche nuove, imparate in contesti estranei non solo a Firenze, ma probabilmente anche all'Italia. Le novità che egli introduce vengono recepite con rapidità quasi incredibile da coloro che entrano in rapporto con lui.

 

 

 

predella di Masolino

Musee Ingres di Montauban

 

 

 

 

 

Trittico Carnesecchi : Predella dipinta da Masaccio 

Predella conservata al museo Horne di Firenze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le vicende storiche dell'altare Carnesecchi seguono le mutazioni architettoniche della chiesa di Santa Maria Maggiore, dovute prima alle nuove esigenze liturgiche disposte dal Concilio di Trento e poi all'adeguamento ai cambiamenti di gusto del XVII secolo. Nel 1521 la chiesa passa ai carmelitani riformati che danno inizio a tutta una serie di ammodernamenti; i Carnesecchi più volte adducono scuse di carattere economico per non procedere ad alcun lavoro alla cappella di loro patronato. Infine, il 9 gennaio 1650, i carmelitani ottengono dall'arcivescovo di Firenze il permesso di demolirla, poiché "come antica, e con una cortina che sporta in fuora, guasta ogni ordine di detta chiesa". Nel 1651 la cappella viene soppressa e del polittico, dato ad un membro della famiglia che ne aveva avuto il patronato, si perdono le tracce.

 

ASF, Conventi Soppressi 114, S. Maria Maggiore, vol. 29, Memoriale, c. 110: "Per li molti rispetti niuno si trovò che ci volesse metter le mani per disfar detta cappella, stette imperfetta havendo disfatto l'altare e levato quelle pietre che stavano per cadere, siccome ancora li Padri concessero al signor Luigi [Carnesecchi] uno de' patroni, l'ancona che era a detta cappella, havendola cara per l'antichità di casa sua, e questo fu sotto dì 8 marzo 1651". E ancora: "È stata guastata da restauri fattivi con poca cura. Le mani, parte delle vesti e della faccia sono state ridipinte con colore a vernice".

 

Nel 1677, il Bocchi dà notizia del fatto che la nuova cappella attendeva di essere ornata con una tavola di Onorio Marinari, che nel 1684, secondo la descrizione del Del Migliore, era già in loco. Il Baldinucci nel 1696 ricorda comunque l'antica decorazione della cappella citando Masaccio e Paolo Uccello come autori: "E in Santa Maria Maggiore, in una cappella allato alla porta del fianco verso San Giovanni, ove già era una tavola e una predella di mano di Masaccio,... [Paolo Uccello] fece una Nunziata in fresco".

Del Trittico Carnesecchi, smembrato e alienato in pezzi separati, si ebbe nuovamente notizia solo con i censimenti su vasta scala dei beni artistici promossi nell'Italia postunitaria e condotti, per quanto riguarda la Toscana, dai "regi ispettori" Carlo Pini, prima, Guido Carocci, poi. Nel 1895 questi segnala nella chiesa di Santa Maria a Novoli (nell'immediata periferia fiorentina) una Madonna col Bambino, ubicata in canonica forse a causa dei lavori di ammodernamento della chiesa avvenuti sulla metà del secolo. Le uniche notazioni interessanti riguardano la quasi completa ridipintura del manto della Vergine. Nel 1899 lo stesso Carocci segnala una tavola con San Giuliano [fig. 2] nella chiesa di San Giuliano a Settimo, presso Scandicci, borgata sulla strada che conduce verso Lastra a Signa. La tavola non era stata citata dall'inventario redatto dal Pini nel 1863, ma poiché il Carocci la rinviene in canonica, è possibile che vi si trovasse anche 25 anni prima e non fosse stata vista dal Pini. Nel 1913, nell'inventario della chiesa di Santa Maria a Novoli, una nota in calce di Matteo Marangoni riconosce la Madonna come vicina a "Masolino da Panicale del quale ricorda vagamente la maniera". I due scomparti, al momento del loro ritrovamento, erano accomunati da una aggiunta che dimostrava come avessero avuto, in un qualche momento della loro storia, una collocazione intermedia uguale: una cortina con nappe, dipinta in rosso, sulla cuspide, a mascherare la fascia esterna venuta in evidenza dopo la rimozione della cornice originale, e che sormontava anche parte del fondo oro lungo i bordi delle due tavole.

Nei primi anni venti i due dipinti vengono pubblicati da Offner e Toesca e identificati come parti del Trittico Carnesecchi. Nel 1922 Carlo Gamba, allora ispettore onorario alle Belle Arti, scrive una relazione circa un sopralluogo da lui effettuato insieme a Pietro Toesca alla chiesa di San Giuliano: consiglia di rimuovere al più presto il dipinto, poiché "Acton, Berenson e compagni" hanno fatto ripetute offerte per acquistarlo. Pochissimi giorni dopo l'opera viene ritirata e portata alla Galleria degli Uffizi, ufficialmente per essere restaurata. In realtà sappiamo che il restauro avvenne solo intorno al 1935 (forse poco prima, in occasione dell'esposizione del dipinto alla Mostra di Firenze Sacra del 1933); da tutto il carteggio si ricava perciò l'impressione che il ritiro del dipinto fosse motivato da legittime preoccupazioni circa possibili alienazioni e che il restauro fosse solo una scusa addotta. Che poi non si trattasse di timori esagerati è dimostrato dal fatto che nemmeno un anno dopo, il 31 gennaio del 1923, l'altro dipinto, la Madonna col Bambino, venne trafugato dalla chiesa di Santa Maria a Novoli e da allora non è stata più ritrovato.

 

 

 

 

  

Alcune Fonti

 

Articolo della dottoressa Valentina Cimarri : Famiglie fiorentine e loro possessi a Cascia nel 1422 : http://www.carnesecchi.eu/maggiore25.doc 

 

Articolo di Ivo Becattini : II territorio di San Giovenale ed il Trittico di Masaccio Ricerche ed ipotesi : http://www,carnesecchi.eu/maggiore21.doc

 

Articolo dei dr Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci : Il trittico Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze : La ricostruzione http://www.carnesecchi.eu/maggiore22.doc

 

 

 

Articolo dei dr Cecilia Frosinini e Roberto Bellucci : La Cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze :

Un problema di collaborazione tra Paolo Uccello , Masolino e Masaccio : http://www.carnesecchi.eu/maggiore23.doc

 

 

 

 

 

 

AUTHOR STREHLKE, CARL B AND CECILIA FROSININI.

THE PANEL PAINTINGS OF MASOLINO AND MASACCIO. THE ROLE OF TECHNIQUE. TURIN, 2002.

272pp, with 255 b/w and colour ills.

THE PANEL PAINTINGS OF MASOLINO AND MASACCIO THE ROLE OF TECHNIQUE. MILAN 2002.

pp 272, 154 ill. a colori e 129 b/n.

THE PANEL PAINTINGS OF MASOLINO ANDMASACCIO - THE ROLE OF TECHNIQUE. 5 CONTINENTS, 2002

ISBN: 8874390009

 

Ed infine gli articoli ed il libro del dr Hugh  Hudson

Gent.mo Signore,

Ho scritto un piccolo libro su nostro amico Paolo Uccello:

http://www.amazon.de/Paolo-Uccello-Florentine-Renaissance-Republic/dp/3639040708

con tutti le cose che ho trovato su la vostra famiglia.

Cordialmente,

Hugh

 

 

 

 

 

http://www.elsewhereonline.com.au/place/the-monuments-of-florence-real-and-imagined-in-the-early-renaissance-the-development-of-single-point-perspective-in-painting-by-dr-hugh-hudson

 

The Monuments of Florence, Real and Imagined, in the Early Renaissance: The Development of Single-Point Perspective in Painting* by Dr Hugh Hudson

 

Nel sito

http://www.carnesecchi.eu/Hugh_Hudson1.pdf

potrete leggere l’articolo qui sotto trascritto ma ulteriormente impreziosito di note importanti

 

 

Opposite the principal train station of Florence in the northwest quarter of the city stands the imposing church of Santa Maria Novella, distinguished by its slender belltower, long nave, elegant marble façade, and fine courtyards with cypress groves at either side. Inside are some of Italy’s most dazzling late Medieval and Renaissance mural painting cycles: Domenico Ghirlandaio’s Stories of the Virgin and Saint John the Baptist in the magnificent Tornabuoni Chapel behind the high altar, Nardo di Cione’s Purgatory, Hell, Paradise, and Last Judgment in the Strozzi Chapel on the left of the transept, and Filippino Lippi’s Stories of Saints Philip and John the Evangelist in the Filippo Strozzi Chapel on the right of the transept. In the lower nave of the church on the west wall is another chapel with exceptional decoration. Pilasters of white marble with rose marble Corinthian capitals support a rose marble entablature, framing the entrance to a tall, barrel vaulted chapel. In front of the pilasters, heavily robed figures kneel in prayer, while the Virgin and Saint John the Baptist stand inside the chapel on either side of the Trinity: God the Father supporting Christ on the cross, with the Holy Spirit flying between them. This is not a real chapel, of course, but Masaccio’s celebrated mural painting of a fictive chapel, called the Trinity.
As many undergraduate students of art history learn, one of the most distinctive innovations of early Renaissance art in Florence is single-point perspective. Very little is securely known, however, about its rapid development in painting in the first decades of fifteenth century. What conditions in Florence, especially in and around the Santa Maria Novella quarter, during the second half of the 1420s led to the stunning semblance of reality in Masaccio’s Trinity? That is to say, how did painters come into contact with the first developments in perspective, what kind of patrons did it appeal to, and how was it ultimately used? Rather than a conventional altarpiece depicting figures disposed in a shallow space within a gothic frame, or a mural painting of biblical scenes, Masaccio envisaged a virtual chapel with classical architecture, and figures receding into its depths in the nave of the gothic church. Certainly, space was at a premium, where even the patronage rights to individual piers were fought over by wealthy families. In the early Renaissance the chapels in the nave were of different styles, depending on the taste and means of the patrons and the administration of the friars, at the time they were made. Amid competition from rival families, a fictive chapel was perhaps one way to enhance the appearance of a donor’s patronage. But how was this novel solution conceived? Traditionally, the artist, architect, and engineer Filippo Brunelleschi is credited with the invention of single-point perspective and its application to the architectural features in the Trinity. Despite the volume of literature on Renaissance perspective little has been written about the artistic debates surrounding the validity of its introduction into painting, or the social climate that made it desirable in Florence in the 1420s, whether in regard to the painting of a fictive chapel or painting in general.
Standard accounts routinely attribute the invention of single-point perspective to Brunelleschi in the early decades of the fifteenth century, while Donatello is often said to have been the first to apply it to relief sculpture (albeit imprecisely), Masaccio the first to apply it to large-scale painting, and Alberti the first to put it down in writing. Standard accounts also often give the impression that despite minor differences of approach all those who worked with perspective were primarily interested in achieving a resolution of common technical issues, rather than coming to grips with the significance of perspective as an aspect of their specific artistic (or indeed literary) practices. But does the historical and visual evidence sustain such a straightforward synopsis? This article will argue that it does not, and that even in the early Renaissance there are indications of varied views on the significance of single-point perspective and the identity of its key practitioners that should not be discounted.
Brunelleschi was indeed referred to as a ‘perspectivist’ in a brief reference in a letter written in 1413 by the poet Domenico da Prato to Alessandro di Michele Rondinelli (‘prespettivo, ingegnoso uomo Filippo di ser Brunellescho, ragguardevole di virtudi e di fama’), a tantalizingly early but laconic and ambiguous source. The author did not mention any specific work by Brunelleschi; moreover, it is not clear that the term ‘prospettivo’ here refers to an expert in the depiction of perspective, as it is now understood, rather than just a maker of ‘views’. In modern Italian the word for perspective (‘prospettiva’) can allude in a general sense to any panorama, and in the early fifteenth century there is no reason to expect that the word (or any of its cognates) would already have had a particular technical definition, especially in the vocabulary of a poet. The sculptor and architect Filarete did credit Brunelleschi with the invention of the modern rules of perspective in a more technically specific context, in his treatise on architecture, written c. 1460–64, as did Antonio di Tuccio de’ Manetti in his short collection of biographies of Renaissance Florence’s most remarkable men, written c. 1494–97. Clearly, Brunelleschi’s contribution to the development of perspective made an impression on his contemporaries and followers. However, there is no surviving written description of his actual technique, or a perspective depiction definitely by Brunelleschi with which to reconstruct it.
In his extended biography of Brunelleschi written around the 1480s, Manetti famously described two panels by Brunelleschi (now lost), showing perspectival depictions of a view of the Baptistery from the door of the Cathedral, and the Piazza della Signoria in Florence from the end of Via dei Calzaiuoli. Manetti explained how Brunelleschi guaranteed the verisimilitude of his depiction of the Baptistery. There was a tiny hole in the reverse of the panel through which the viewer looked to see a mirror held in place in front of the panel. Looking with one eye, the viewer observed a reflection of the painting of the Baptistery on the obverse of the panel through the hole, that is, from the point determined by Brunelleschi, the point at which the perspective construction gave a convincing impression. Manetti called Brunelleschi’s approach to perspective scientific because it involved a rule ‘setting down properly and rationally the reductions and enlargements of near and distant objects in correct proportion to the distance in which they are shown’. What that rule was Manetti did not say, probably because he did not know. Brunelleschi’s preparatory design for the perspective would have been obscured when he coloured the images, as Manetti said he did. There is no reason to doubt that Brunelleschi’s panels showed a relatively convincing depiction of two of Florence’s most important monuments. However, whether the construction method underlying their depiction was as systematic as Manetti and others have believed is open to question.
Donatello’s beautiful, classicising Saint George and the Dragon marble relief on the base of his statue of Saint George, made for the niche of the Armourers’ Guild on the outside of Orsanmichele, along Via dei Calzaiuoli from the Baptistery (now in the Bargello Museum in Florence), is datable to the late teens of the fifteenth century. It has been described as among the earliest surviving instances of the application of the new perspective. However, linear perspective is confined to the facade of the small building behind the princess and the pavement within, visible through a doorway—minor features in which the perspective seems in fact to be rather irregular. Donatello’s Feast of Herod bronze relief panel for the font of Siena’s Cathedral Baptistery, made in the mid-1420s, shows a brilliantly complex, multi-layered depiction of space. Elements of single-point perspective have been found in the tiles on the floor and the architecture, but there is no overall convergence of the orthogonals (the edges on the sides of box shapes converging to a vanishing point). Thus, the examples most commonly cited of Donatello’s contribution to single-point perspective suggest, if anything, a relaxed approach rather than a systematic one.
Masaccio’s Trinity (c. 1425–27) is probably the earliest surviving painting of the Florentine Renaissance to show a consistent set of converging orthogonals (at least in the barrel vault where the orthogonals are most clearly visible). Yet it is difficult to establish whether it also shows an entirely consistent system of proportionally diminishing spatial values (the forms shown receding into the distance diminishing in size in a proportional manner) because Masaccio did not show the floor of the chapel, which is depicted as though slightly above eye level. Thus, it is difficult to establish the rate of diminution within the depicted space. The ribs of the barrel vault give the strongest indication that there is a consistent system of diminution, although even this indication is ambiguous in parts. It has been assumed that Brunelleschi must have inspired or designed the fictive architecture in this work, and that the appearance of mathematical precision is part of its religious meaning. Certainly, the classical architecture is much more elaborate and close to Brunelleschi’s style than in any other work of Masaccio, and the perspective is much more an important feature of the work than any other work of his, but their collaboration on this painting remains a hypothesis in the absence of any firm evidence.
As the Trinity is such a compelling image and one that is apparently convincing in its depiction of forms in space, writers sometimes give in to the temptation of exaggerating its mathematical precision. In fact it applies perspective inconsistently, but then there is probably no Renaissance painting in which every line and shape conforms precisely to an overall perspective plan. Probably only a modern computer would be capable of such precision. In 1996, J.V. Field presented a thorough review of Renaissance approaches to perspective, including that of the Trinity after making new measurements of the paint surface, concluding: ‘Like other artists of the fifteenth century, Masaccio and Donatello were interested in a form of truth that was essentially visual rather than mathematical, though mathematics might be used in attaining to it. That a picture that is so impressively visually correct as the Trinity can turn out to be mathematically faulty is a warning against confusing artist with mathematician.’ According to Field, the abaci—the flat blocks surmounting the capitals on the columns—are not consistently measured; those at the front are too long to have been planned mathematically.
Furthermore, as Joannides pointed out, the arch over the foremost columns should be foreshortened, since it is seen from below, whereas Masaccio depicted it face on as a series of semi-circles. A series of increasingly flat ellipses would have provided the correct appearance of a foreshortened arch only from a single viewpoint in the church (fairly close to the painting), from all other positions it would have looked distorted. And so Masaccio compromised the single-point perspective of his work, probably in order to create a regular appearance from further away. An analogous phenomenon occurs in Uccello’s Equestrian Monument for Sir John Hawkwood (1436) in Florence Cathedral, where the horse and rider are depicted as seen face on while the sarcophagus on which the horse stands and its base are depicted as seen from below, probably to avoid certain undesirable effects of showing the whole structure in consistent perspective: the horse’s feet would have appeared cut off by the sarcophagus, Hawkwood’s face would have been less clearly visible, and from a distance the horse and rider would have appeared distorted. The idea that Masaccio was the first to create a large-scale painting in something approaching single-point perspective also needs to be treated with caution, as is discussed below.
Alberti’s treatise on painting De Pictura written in Latin in 1435 (and translated into the vernacular as Della Pittura in 1436) includes a shorthand method for producing an accurate view of a scene, which uses a ‘veil’ of squaring through which the artist looks and which they use as a reference for plotting the relationships between forms in the scene to be depicted. Alberti defended this method from critics who said it did not require artists to develop any real understanding of the depiction of objects in space. More complex was his second method, one that provides the two key features that this article takes to constitute the basis of single-point perspective (converging orthogonals and a proportionally diminishing scale of objects receding in space). Essentially, it required the artist to plot where the visual rays between points on the ground plan of the scene to be depicted (using for the example a grid of square paving) would cut the picture plane, using these intersections to locate the transversals in the composition (those straight lines parallel to the picture plane). The method exploits geometry rather than calculation to depict a pavement of squares in perspective, allowing the artist also to determine the appropriate heights of objects depicted on the pavement.
Though more rigorous than any earlier written perspective method, this is not to say that the method is itself highly sophisticated. Alberti frankly admitted at the outset of his text: ‘Mathematicians measure the shapes and forms of things in the mind alone and divorced entirely from matter. We, on the other hand, who wish to talk of things that are visible, will express ourselves in cruder terms.’ Indeed, a recent mathematical analysis of Alberti’s perspective method has found it wanting, in terms of determining the precise relationship between horizontal, vertical, and orthogonal proportions.
Modern art historians have often struggled to accommodate the claims by early writers that one of the protagonists in the development of perspective in early Renaissance Florence was Paolo Uccello (c. 1397–1475). Manetti singled out Uccello among the artists who followed Brunelleschi in the application of perspective, and Giorgio Vasari alternatively credited Uccello and Masaccio with the leading role in the application of perspective to the field of painting. What has made it difficult for these claims to be accepted is Uccello’s non-canonical uses of perspective. While a number of his paintings demonstrate a knowledge of standard single-point perspective (for example, the Hunt in the Forest in the Ashmolean Museum in Oxford), throughout his oeuvre numerous instances occur in which he ignored the standard approach, adopting varied and unusual uses (notably, the Nativity in the reserve collection of the Uffizi in Florence, in which the sinopia—the underlying preparatory drawing—depicts a standard perspectival grid, while in the painting on the intonaca—the final layer of plaster—there are two vanishing points at the lateral edges creating a strangely distorted appearance of space). Furthermore, even when Uccello used perspective in a more-or-less straightforward manner, he sometimes did so ironically, as in the Battle paintings in the National Gallery, London, and the Galleria degli Uffizi in Florence, in which he contrived to show the broken lances on the ground, and even the tufts of grass growing thereon, in a perspectival grid. How could a founder of canonical perspective have used it so inconsistently and anti-illusionistically?
Loath to ignore the early sources, some modern writers have attempted either to discredit them, or to make him the exception that proves the rule, as it were. Thus, Uccello has appeared in modern literature as a late follower of his peers whose influence on the development of perspective was actually inconsequential, or an aberration, an eccentric personality, simultaneously obsessed with perspective and yet unable or unwilling to adhere seriously to its most important rules. However, historical evidence, discussed below, suggests Uccello was professionally and socially linked to the milieu in which the new approach to perspective found its earliest expression in painting. Specialist writers on Uccello have also suggested that he may have been providing a commentary on the work of Brunelleschi and Alberti (neither primarily a painter), by pointing out the artificial restrictions that single-point perspective creates. Uccello was by no means the only painter in the early decades of the fifteenth century to resist or ignore the strictures of single-point perspective. In three respects Uccello’s approach belongs to a more complex reading of the significance of perspective in the late Medieval and early Renaissance period: in its recognition of the technical, expressive, and philosophical or theological limitations inherent in standard single-point perspective.
While single-point perspective created using the second method described by Alberti generates a consistent diminution of scale in forms as they recede into space in front of the viewer, this is at the expense of visual consistency across the picture plane. The further forms are laterally from the centre, the greater their distortion. This is a well-known phenomenon in specialist perspective studies, but one to which the common viewer of artworks, accustomed to conventions of visual representation, would probably give little consideration under normal conditions. Piero della Francesca addressed the problem in the thirtieth proposition of the first book, and the twelfth proposition of the second book, of De Prospectiva Pingendi (On Perspective for Painting), referring to unnamed critics of perspective who doubted its rationality, but he did not accept that peripheral distortion invalidated the application of perspective to the visual arts. Leonardo da Vinci returned to the problem in Manuscript A of his Discorsi. Art historians agree that Leonardo understood the problem of lateral distortion, however, there is disagreement as to what approach or approaches he may have pursued to overcome the problem.
In other words, the Florentine single-point perspective method may not be an entirely mathematically precise method of depicting space in two dimensions, and is not an entirely consistent approximation of it, but is rather a system for creating a degree of illusion of regularly constructed space, one that privileges the diminution of forms away from the picture plane. The inherent difficulties in correlating the depiction of three dimensional objects in two dimensional space with the biological reality of vision were not so much resolved by Renaissance theorists as minimised through limiting the angle of vision (to avoid lateral distortion) and creating a pre-determined position for a viewer’s eye (to allow the artist to create the most convincing impression of depth from a single view and to avoid the complexities of binocular vision). For practical reasons neither strategy would find general acceptance in painting: artists needed at times to depict wide angles of vision to create broad settings for their subjects and viewers usually move around in front of artworks—looking with both eyes! Furthermore, as explained in reference to Uccello’s Equestrian Monument, other aspects of single-point perspective can at times be at odds with the desire for clearly legible forms in painting.
One aspect of Uccello’s work that writers have not failed to praise is his imaginative and innovative imagery, replete with fantastically elaborate dragons, fierce thunderstorms, the pageantry of war, and the elegance of the Renaissance hunt. Might not his unconventional use of perspective be associated with his quest for novelty and the liberation of imagery from the monotony of canonical standards? A similar suggestion has been made to explain why most fourteenth-century artists, who were not that far from achieving single-point perspective, might have resisted it, and why even many fifteenth-century artists who evidently were capable of using the technique often chose not to. There is a well-known written source that also suggests such an interpretation. In the introduction to his handbook on painting, Cennino Cennini cited two reasons why painting can be considered a higher art: its basis in theory on the one hand, and its poetic licence on the other. For Cennini the painter is not constrained to follow theoretical considerations, indeed the occasional poetic disregard for theory is part of what distinguishes a painter from a lesser artisan. Recently, it has been proposed that his handbook may have been written as a codification of late fourteenth-century artists’ practices for the purpose of allowing the painters’ guild to better oversee their members’ professional activities. Thus, his sentiment might well have expressed an orthodox point of view. Would the development of single-point perspective in the decades following the writing of his treatise negate such a view?
An indication that the rational application of geometry, on which single-point perspective is based, might not have convinced all commentators of its ability to provide a framework for representing the complexity of the world (and the universe) in the early Renaissance period is provided by the writings of the humanist Nicholas of Cusa, called Cusanus, particularly his most famous work, De Docta Ignorantia (On Learned Ignorance), completed in February 1440. Although Cusanus affirmed that God created the world using arithmetic, geometry, music, and astronomy (the quadrivium—four of the liberal arts comprising the basic courses of a Medieval university) he used logical arguments to demonstrate the incompatibility of standard geometry and the concept of infinity, or put another way, the incommensurability of the human mind and divinity. In one instance he argued that an infinitely large circle would be equivalent to an infinitely long straight line whose circumference is everywhere and whose centre is nowhere. If this sounds paradoxical, that was evidently Cusanus’ intention, to show that the finite logical tools available to the human mind are insufficient to understand God’s infinite reality. Cusanus’ demonstrations of the ambiguities of infinite geometry parallel to some extent Uccello’s use of perspective, in as much as both highlight the limits of geometry, rather than its ability to represent a clearly comprehensible order.
Some artists and humanists might have had differing views about single-point perspective as an orthodoxy, however, Florentine patrons may have had their own intentions in its use as well. The Trinity’s verisimilitude is, of course, not restricted to the architectural setting. Two of the most riveting aspects of the work are the life-size figures of the presumed donors. They are unusually depicted without any kind of framework (fictive or real) around them. Instead, they kneel in front of the fictive architectural structure surrounding the sacred figures. Since most of the original edges of the painting have been destroyed, there could possibly have been a surrounding frame, but in any event, the directness of their depiction is innovative, posed between the viewer and the sacred figures, rather than among the sacred figures, as was more customary.
While their identity remains uncertain, documents provide a clue: a tomb slab near the painting was dedicated to Domenico Lenzi and his family, presumably when Domenico died in January 1427. Little is known about Domenico as an individual, and the family as a whole has not been the subject of a sustained study as other families of their time have. Scholars of the Trinity have drawn attention to the fact that a Benedetto di Domenico Lenzi became Prior at Santa Maria Novella c. 1426–28, and that a Lorenzo di Piero Lenzi (Domenico’s cousin) was Gonfaloniere di Giustizia (effectively the mayor) in August and September 1425, as evidence for the extended family’s possible influence over the commission. Further information about the social standing of the Lenzi and another family, the Carnesecchi, that commissioned paintings with conspicuous displays of perspective before and after the Trinity can help to explain the circumstances in which the taste for perspective in painting initially developed.
Disparate sources indicate that the Lenzi grew in prominence in the Santa Maria Novella quarter from the late fourteenth century, without ever joining the inner-circle of the most powerful families in Florence. They owned adjacent properties on the Piazza di Ognissanti on the north bank of the Arno, a little south of Santa Maria Novella. Being well outside the second city wall of Florence, this location did not represent the most desirable real estate in the city. Nevertheless, some time before 1470, two brothers and an uncle of the family—Lorenzo and Pietro di Anfrione and Francesco Lenzi—built an impressive palazzo on their properties, which currently serves as the French Consulate.
The fact that the palazzo was built by three members of the family says something about the importance of collective patronage in early Renaissance Florence. Even if Domenico is the patron represented in the Trinity, the commission would have been planned in partnership with the Dominican friars, and served as a collective monument for Domenico, his wife, and his descendents (the tomb slab was inscribed for him and his family ‘Domenico di Lenzi et Suorem’), and served more generally as a symbol of the success of the extended Lenzi family. An Anfrione di Lorenzo di Piero Lenzi is known to have held the important office of Operaio (building supervisor) at the Cathedral from June 1436. . Based on their patronymics (the string of names identifying the individual, their father, their grandfather and so on), it seems that Lorenzo, Anfrione, and, Lorenzo and Pietro represent three generations of a significant dynasty of power and patronage in Florence.
The most prominent member of the family was Lorenzo di Piero Lenzi, whose name appears frequently in sources in this period. In late 1412 and early 1413 a man of that name was a leader and representative of the Guelf party (Parte Guelfa), a semi-official association predominantly representing the interests of Florence’s conservative, oligarchic families, and was again in 1424–25. In 1416 a Lorenzo di Piero Lenzi appears in a ledger of the Confraternity of Saint Peter Martyr, the company of laity and friars based in Santa Maria Novella, which exercised considerable influence over the administration of patronage at the convent and church. In the same year a Lorenzo di Piero Lenzi appears in the records of the Magistrato dei Pupilli, a communal institution providing judges and notaries to administer the property of orphans. In 1434 a Lorenzo di Piero Lenzi sold Paolo Uccello a house in Via della Scala, perhaps the Lorenzo Lenzi who was among five supporters of the Medici threatened with exile by anti-Medici officials in that year. Granted, there may well have been more than one person with that name in Florence in the early fifteenth century, but the fact remains that the Lenzi family were conspicuous members of Florentine society at the time, particularly in the Santa Maria Novella quarter. That they buried their dead in the principal church of the quarter, as well as in Ognissanti, their local church, confirms their high social standing. In addition, the Lenzi had a chapel dedicated to Saint Catherine in the church of the Spedale degli Innocenti.
Paolo Uccello’s association with the Lenzi may not have been entirely casual. His wealthy and powerful relative from his mother’s family, Deo Beccuti, owned land in Castello, a number of kilometres northwest of Florence, an area favoured by the leading patrician families of the Santa Maria Novella quarter because of its proximity to the quarter, its location on the main road to Prato, and its elevated position on a foothill of Mount Morello, affording a view over the surrounding countryside and the city of Florence. The tax return of a Giovanni di Domenico Lenzi shows that in 1427 he owned land in Castello neighbouring that belonging to Deo Beccuti, as well as a house in Florence on the Piazza di Ognissanti, next to his kinsman Lorenzo di Piero Lenzi. Any knowledge Uccello might have gained through his relative about the landowners in the Santa Maria Novella quarter, such as the Lenzi, would have been helpful when he bought his house from one of them in 1434, but landowners were also important art patrons, so Uccello’s interest in the Lenzi family and other prominent landowning families in the quarter would have been a professional concern. As it happens, Anfrione di Lorenzo di Piero Lenzi was among the operai who oversaw the final stages of the commission for Uccello’s Equestrian Monument for Sir John Hawkwood in the Cathedral in 1436.
The idea of an indirect association of Uccello through his relative Deo Beccuti with prominent landowners and patrons in and around the Santa Maria Novella quarter is supported by the important case of the Carnesecchi Chapel in Santa Maria Maggiore, the modest church on Via de’ Cerretani, mid-way between Santa Maria Novella and the Cathedral. The sombre Medieval interior is now crowded with Baroque decoration, however, it previously contained a number of important Renaissance paintings by Uccello, Masolino, Masaccio, and Botticelli. The most distinguished early Renaissance survival in the church is Giovanni di Francesco’s small Crucifixion, painted on a blue background in an arch, high in the chapel on the left of the main altar. The decoration of the Carnesecchi Chapel, dedicated to Saint Catherine of Alexandria, was provided for in the will of Paolo di Berto di Grazino de’ Carnesecchi, who died on the 4th of February 1428. He was a prominent citizen, holding numerous important government offices, and he was, like Lorenzo di Piero Lenzi, a leader of the Guelf party in the second and third decades of the century.
A tax return of his sons Simone, Antonio, and Giovanni shows they were concerned with the financial maintenance of the chapel as directed in their father’s will (‘La chapella di santa chatérina di santa maria maggiore de avere per testimente di nostro padre ognni ano due […] di valuta’), and an entry in a ledger of Santa Maria Novella shows that his heirs also paid for commemorative ceremonies to be held in the principal church of the quarter (‘Rede d[i] paolo d[i] berto carnesechi dono dare f[iorin]j 5 lanno p[er] i fino/ i dieci annj p[er] uno rinovali […] pietaza p[er] […]ldecto paolo mori ad[i] 4 d[i] febraio 1427’). These services no doubt reflected the family’s desire to achieve recognition in the principal church of the quarter at this time, even if, unlike the Lenzi, they might not have been able to afford to commission a lasting monument there.
The Carnesecchi altarpiece, although broken up after 1653, can be reconstructed from earlier descriptions and its surviving panels. The commission was granted jointly to Uccello, Masolino, and Masaccio, three of the leading avant-garde painters in early Renaissance Florence. Vasari recorded that Uccello painted an Annunciation and Four Evangelists in the vaulted summit (now lost). Following the demolition of the chapel, an Annunciation by Uccello (the same one?) was recorded in guidebooks as fixed to a column in the church until the early nineteenth century, after which there are no further notices of it. Vasari made remarkable claims for Uccello’s contribution to the project, describing:

…an Annunciation in fresco, in which he made a building worthy of consideration, a new and difficult thing for those times, being the first that showed in a fine manner to artists and with grace and proportion, [it] showed how to make the lines escape [towards a vanishing point] and to show space on a plane, that is little and small, so much so that something that appears far seems large: and they who colour with good judgment of this, with grace adding the shadows in their place and the highlights, with colours, deceive the eye, such that the picture appears real and in relief. And not satisfied with doing this, he wanted also to show the great difficulty of some columns foreshortened by means of perspective, which bend round and break the corner of the vault, where there are the four Evangelists: a thing considered fine and difficult; and truly Paolo was ingenious and skillful in his profession.

Of the three scenes in the altarpiece described by Vasari, the panel depicting Saint Catherine is lost, the central panel showing the Virgin and Child has not been seen since it was stolen in the 1920s, although its appearance is known from photographs, and the Saint Julian is now housed in the Museo d’Arte Sacra in Florence. The two panels known to modern art historians are now attributed to Masolino, on stylistic grounds. Vasari also described three predella panels: a Scene from the Life of Saint Catherine and a Nativity, which are lost, and a Scene from the Life of Saint Julian, which has been identified with the small and badly damaged panel in the Museo Horne, Florence, on the basis of the analysis of its panel support.
From Vasari’s precise description it is known the Carnesecchi Chapel was located on the north wall of the church, beside a door providing access to the street leading to the Baptistery (Via de’ Cerretani). The left aisle of the nave on the north side is not particularly wide, and so the chapel was probably not a space separated by walls from the rest of the church, but an altar with an altarpiece against the wall. However, the fact that the altarpiece was vaulted suggests it was of some depth, more solid than a flat panel. Vasari praised in particular Uccello’s depiction of columns, illusionistically foreshortened within the curve of the vault at the top of the altarpiece. It seems that Uccello overcame the constraints imposed by the format of the altarpiece to create an impression of architecture in perspective.
Paul Joannides argued that a notice of the chapel by Paolo Carnesecchi in January 1427 describing it as furnished (‘fornita’) meant that the decoration had been completed by that time. The commission would most likely have been completed before the end of 1425, by which time Masolino was in Hungary and Uccello was in Venice. Joannides dated Masolino’s contribution, and so presumably the whole commission, to around 1423 on stylistic evidence and the large workload Masolino had around 1424–25. Thus the work most likely predates Masaccio’s Trinity and may well have exerted some influence over it.
How Uccello, Masolino, and Masaccio came to collaborate on the commission is unknown. Anna Padoa Rizzo suggested that Uccello’s involvement may have been facilitated by his mother’s family. The del Beccuto and the Carnesecchi families each owned large properties adjacent to Piazza di Santa Maria Maggiore, indicating that they were among the leading citizens of the parish. The church would have been a focus for their religious and social activities. Like the Carnesecchi, the del Beccuto had patronage rights within the church, including a chapel dedicated to Saint Blaise. An eighteenth-century genealogy of the del Beccuto family in the Florentine State Archive shows that Deo Beccuti was in fact married to one Andreola di Zanobi Carnesecchi, adding some documentary support to the hypothesis of a social connection between Uccello and his patron. Like the del Beccuto and Lenzi families, the Carnesecchi also owned land in Castello, another indication of their comparable social status.
The taste for avant-garde perspective in art seems to have run in the Carnesecchi family. It was probably Paolo di Berto’s nephew, Bernardo di Cristofano Carnesecchi, who commissioned Domenico Veneziano’s Virgin and Child with God the Father, the Holy Spirit and Saints in the early 1440s for a street tabernacle in front of one of his houses on the Canto de’ Carnesecchi. The tabernacle was located at the point where the present day Via de’ Banchi and Via de’ Panzani meet, between Santa Maria Novella and Santa Maria Maggiore. The detached paintings from the central scene and two fragments of saints’ heads from the sides of the tabernacle are all that survive, now housed in the National Gallery, London. The Virgin ad Child are shown on an enormous throne depicted in steep perspective, composed of distinctively Uccellesque, simple, geometric forms, notably the spheres mounted directly on the top of the throne, reminiscent of the spheres decorating the tops of architectural features throughout Uccello’s mural paintings of the Stories of the Virgin and Saint Steven in the Cathedral in Prato, painted c. 1435–36. Interestingly, like his uncle and Lorenzo di Piero Lenzi, Bernardo Carnesecchi was a member of the aristocratic Guelf party. This might be an indication of the kind of patron who favoured artists that contributed to the early development of perspective, since as shall be discussed below, the Guelf party was itself a patron of Brunelleschi and Donatello.

While Vasari sometimes credited aspects of the development of perspective to Uccello and sometimes Masaccio, it would be impossible, and pointless in any case, to try to establish who made the greater contribution first. What is known is that if the Lenzi (or the Dominican friars) were looking for a painter for their ‘chapel’ in 1426 or 1427 Uccello would have been unavailable until at least 12 July 1427, when Deo Beccuti submitted his tax return on his behalf, because Uccello was away designing mosaics for San Marco in Venice. Masolino is thought not to have returned to Florence before mid 1427. So, of the collaborators on the Carnesecchi altarpiece, Masaccio appears to have been the only one who was available. If Uccello pioneered a taste for perspectival art in and around the Santa Maria Novella quarter, on which other artists subsequently capitalised, where might his own interest in it have originated?
In the crucial early decades of the century it has been all but impossible to find substantial evidence of the context in which Uccello’s perspective developed. The earliest surviving paintings that can be attributed with some certainty to Uccello are most probably from the late 1420s or early 1430s (the Creation Stories in the Chiostro Verde of Santa Maria Novella, the del Beccuto Virgin and Child in the Museo di San Marco, Florence, the Annunciation in the Ashmolean Museum, Oxford, and the Saint George and the Dragon in the National Gallery of Victoria, Melbourne). There may, however be a clue in Eve Borsook’s observation of the similarity between Brunelleschi’s reported habit of using squared paper for accuracy when drawing the classical monuments in Rome, and Uccello’s use of squared drawings to enlarge studies for mural paintings. The earliest surviving squared drawing is Uccello’s Study for the Equestrian Monument for Sir John Hawkwood, housed in the Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Florence, although the preparatory squaring visible in the figure of the Virgin in Masaccio’s Trinity shows that the technique had already been in use for some time. Where might painters such as Masaccio and Uccello have become familiar with this aspect of an architect’s practice? In fact, the earliest work by Uccello referred to in a nearly contemporary document is a mosaic he created at San Marco in Venice in 1425. While the documented figure of Saint Peter on the façade has been destroyed, another mosaic of a wheel interlaced with ribbons inside the atrium has been convincingly attributed to Uccello, and a beautiful, geometrically designed pavement in coloured stone of a stellated dodecahedron in perspective under the door of Saint Peter (the current main exit) has been plausibly attributed to him as well.
Thus, Uccello’s art had an architectural aspect from early in his career. Unlike drawings and paintings, in which an artist can modify their design as they work, making pavements required a thoroughly pre-conceived plan and great precision in the cutting of the valuable stones. To avoid mistakes, the masons may well have made cartoons of the artist’s designs, and these might have been enlarged from the artist’s drawing using squared paper. Whether Uccello was involved in this kind of design in Florence before his trip to Venice is unknown, but he probably could not have got the commission without having some prior experience.
In the fifteenth century the most important examples of mosaics, polychrome stonework, and classical architectural features in Florence were in the Baptistery. Because of its cultural and religious importance it had always been adorned with expensive and elaborate ornaments. The significance of its fittings as a source of inspiration for Florentine artists and architects is well known. Diane F. Zervas has argued that the all’antica style pioneered by Brunelleschi and Donatello in the early decades of the fifteenth century, was championed by the Guelf party in its commissions to these artists for the tabernacle and statue of Saint Louis made for the outside of Orsanmichele and the new audience hall of its palazzo, because the antique references lent visual authority to the Party’s claims to a venerable history in the Florentine Republic. In particular, Brunelleschi’s borrowing of classical architectural elements from the Baptistery represented an appropriation of symbols of Florence’s ‘classical’ past. The Chancellor Leonardo Bruni had argued that the Baptistery provided a distinguished classical lineage for Florence’s modern Republic, having been built as a temple by Romans during their Republican era. In fact, the Baptistery’s origins cannot be established conclusively, but it may have originated in the seventh century and been rebuilt in the eleventh or twelfth.
That Brunelleschi depicted the Baptistery in one of the two panels in which he is said to have pioneered perspective was probably no accident. His two ways of looking at the Baptistery are no doubt related: viewing it as a textbook of classical architectural features to be copied and translated into his own commissions, and viewing it as an exercise in perspective projection. The prestige of Rome’s classical monuments justified Brunelleschi’s trip there and the careful efforts he made to record them accurately using squared paper, and much the same might have been true of the Baptistery. Perhaps this is where the origins of single-point perspective should be looked for. The projection of a grid onto the picture plane is conceivably a first step to the development of single-point perspective, in the laying of a regular, geometric matrix over the visual field. This finds is most direct corollary in Alberti’s ‘veil’, described earlier. The artist then has to project the grid onto the ground plan as well, to consider the scene as though looking at it from the side as well as the front, and to realise that the two viewpoints together will provide the required proportions for a single-point perspective representation of the subject.
If single-point perspective originated in the context of Florence’s centre, in the study of its most prestigious monuments by its most important architect who was working on commissions intended to enhance the city’s monuments through references to its ‘classical’ past, its further development in painting seems to have taken place somewhat further away. In particular, in and around the Santa Maria Novella quarter, upwardly mobile families such as the Carnesecchi and the Lenzi were intent on advancing their interests towards the centres of power. As members of the Guelf party they would have been familiar with Brunelleschi’s and Donatello’s commissions for expensive architectural monuments and bronze sculpture for the Guelf party. Edgar Hertlein has presented a strong case for seeing the Trinity as containing allusions to Guelf imagery, not least in the formal similarity of its classical architecture with the tabernacle at Orsanmichele commissioned by the Guelf party from Donatello to house his gilded bronze statue of Saint Louis of Toulouse. Even if the Carnesecchi and the Lenzi were not quite rich enough to afford such expensive monuments for themselves, they were, nevertheless, sufficiently well off to commission painters such as Uccello and Masaccio to emulate these achievements using increasingly sophisticated and illusionistic techniques. Uccello and Masaccio were among the first painters to adapt the new perspective to large-scale paintings, and in doing so they quickly discovered its limitations.
It is telling that the Carnesecchi altarpiece was probably a substantial edifice, and the Trinity is on a monumental scale. It seems that the potential for perspective to evoke grand architectural settings even in constrained physical, and perhaps financial, contexts was appreciated by early patrons. Like many patrician families in Florence, the Lenzi would have been keen to project an image of their wealth and antiquity, and in this context the choice of fictive classical architecture for the Trinity might be interpreted as a strategy aimed at this end, much as the Guelf party’s taste for expensive classicising monuments bespoke its claim to an ancient and privileged position in the commune. In translating the theory of single-point perspective from its inherently limited scope to a monumental scale, artists such as Uccello and Masaccio were virtually obliged to compromise some of its principles, and in the case of Uccello, he seems to have made a virtue out of necessity by highlighting the artificial nature and theoretical limitations of perspective to such an extent that it can indeed be said to have become a part of his subject matter.

Dr. Hugh Hudson, Honorary Fellow, School of Culture and Communication, The University of Melbourne, 2006.

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.elsewhereonline.com.au/place/from-via-della-scala-to-the-cathedral-social-spaces-and-the-visual-arts-in-paolo-uccello2019s-florence-by-dr-hugh-hudson/view

 

From Via della Scala to the Cathedral: Social Spaces and the Visual Arts in Paolo Uccello’s Florence, by Dr Hugh Hudson

 

 

Nel sito

http://www.carnesecchi.eu/Hugh_Hudson2.pdf

potrete leggere l’articolo qui sotto trascritto ma ulteriormente impreziosito di note importanti

 

 

 

This article reconstructs the experience of Florence’s urban spaces from the point of view of one of its most intriguing early Renaissance artists: Paolo Uccello. It assesses the evidence for his personal life and social status, and discusses his professional activity along an itinerary from his home on Via della Scala in the west of Florence to the Cathedral in its centre. In so doing it illustrates the significance of urban spaces as socially charged sites in the life of an artist and the web of associations that connected Florentine society with its communal spaces and artworks. Special attention is given to Uccello’s Nativity mural painting from ¬the cloister of the hospital of Santa Maria della Scala, whose iconography may reflect the support given by Florentine families and government to orphans—a significant aspect of the history of Uccello’s mother’s family and of his own experience as a young man.

As every visitor to the city knows, Florence retains the imprint of its history in its densely packed urban character, its streets lined with imposing Renaissance palaces, forbidding medieval towers, crooked alleyways, paved squares, and the Arno river bisecting the city east to west, in a valley bounded by hills to the north and south. Rising above the city, now as in the fifteenth century when it was built, the terracotta tiles, marble ribs, and lantern of the cupola of the Cathedral can be seen from most parts of the city, a constant reminder of the pre-eminent achievements of the early Renaissance period. Nevertheless, the city has undergone a constant process of transformation, involving the opening up of communal spaces within its urban fabric, such as piazzas, churches, convents, hospitals, cloisters, and loggias. Moreover, streets have been straightened, and intersections widened to aid the flow of traffic. Such disruptions to the urban fabric inevitably cause the loss of built heritage, however, they also create opportunities for urban regeneration, and in particular the employment of the visual arts to adorn new spaces. How, then, did the life of a Florentine early Renaissance artist intersect with the city’s network of communal spaces?

At the end of the nineteenth century, Guido Carocci, Royal Inspector of Excavations and Monuments for the city of Florence and one of the most intrepid scholars of its Renaissance history, created a map of the centre of the city showing the names of the heads of the city’s households where they lived in 1427. It was informed by catasto records, a vast archive of tax documents now housed in the Florentine State Archive, rich in information about the material lives of the city’s citizens. Few artists were included in Carocci’s map, as few were sufficiently wealthy to own valuable real estate near the city centre. An exception is Filippo Brunelleschi, artist, architect, and engineer, whose family home was opposite the small church of San Michele Berteldi in the inner part of the northwest quarter of the city. Carocci’s map shows that on his way to work at the Cathedral Brunelleschi would have left his house, turning left into the Piazza degli Agli, and then right into the Via dei Guidalotti, subsequently leading into the Canto dei Pecori. His view of the Cathedral would have been blocked by the building over the archway, called the Volta dei Pecori (demolished in the nineteenth century), beside the archiepiscopal palace on Piazza San Giovanni. Upon entering the piazza, the most important project of his career would have come into view: the cupola of the Cathedral. Although the street names have changed, as well as the configuration of the city blocks and many of the buildings surrounding them, it would be possible—approximately—to follow in Brunelleschi’s footsteps today.

If such historical reconstruction seems merely picturesque, or even banal, it is nevertheless pertinent to a discussion of the way artists negotiated Florentine society through its spaces. The intense competition for influence over space in the city by individuals, families, the church, guilds, and various government bodies, is brought to light in the individual’s journey through the city. Their progress embodies a negotiation of social boundaries, from the individual’s quarters within the family home to that of the nuclear or extended family (in Brunelleschi’s case he grew up with his brothers in the paternal home that he eventually inherited), into the neighbourhood dominated by the most powerful landowners (the Agli and Guidalotti families who gave their names to its streets and piazzas), and moving towards the centre where the city’s major religious and communal institutions held sway (the administration of the Cathedral’s construction, was delegated by the Signoria to the wealthy and powerful Wool Guild).

For artists less closely tied to the Florentine establishment than Brunelleschi, their social experience of the city could be marginal despite their culturally important works and posthumous fame, and, indeed, it was sometimes further marginalised by writers. The sixteenth-century art historian, Giorgio Vasari, peppered his Le vite de’ piú eccellenti pittori scultori e architettori italiani (Lives of the Most Excellent Italian Painters, Sculptors, and Architects) with accounts of the friendships, rivalries, and love affairs of his subjects in the urban mis-en-scène of the city. Vasari’s anecdotes cast certain early Renaissance artists in a negative light through the literary strategy of setting them in humble domestic or street settings. Although the painter Andrea del Castagno is documented as living near the Cathedral at one point of his life, he was not a citizen of Florence, and so was something of a social outsider. In Vasari’s Le vite his character becomes positively malevolent. According to Vasari, while painting the Equestrian Monument for Niccolò Tolentino in the Cathedral, a boy passing by knocked Andrea’s ladder and for his carelessness was chased all the way to the Canto de’ Pazzi by the artist. Since ‘Canto de’ Pazzi’ literally means the ‘corner of the madmen’, and is located around the corner from the Cathedral, Vasari seems to be implying that Andrea’s preciousness eventually drove him round the bend! Further on in the same life Vasari claimed that Andrea became so jealous of Domenico Veneziano’s much-praised tabernacle painting Virgin and Child with God the Father, the Holy Spirit, and Saints, located at the Canto de’ Carnesecchi near the church of Santa Maria Novella, that he plotted falsely to become Domenico’s friend, winning the secret of oil painting from him by deception, and then mortally wounding him in the street. That the latter episode was fictitious became apparent in the nineteenth century when it was discovered that Veneziano actually outlived Castagno.

There has been considerable academic interest recently in the idea of space as a means of investigating social relations in history. In particular, spaces outside buildings seem alluring for their potential to focus attention on less well known aspects of history, that is, history relating to subjects other than large state, church, or family institutions, especially concerning the lower classes, and behaviours viewed as anti-authoritarian, anti-social, or criminal. For art history too, locating the residences of Florentine Renaissance artists, describing the neighbourhoods, recreating their social networks, and identifying the original locations of their artworks, are important for creating a detailed and historically meaningful picture of their lives. Moreover, this approach is essential for creating a context within which to interpret their works, not merely as isolated aesthetic objects, but as part of the rich fabric of personal and social relations in which they were created. It has been applied with an emphasis on artists’ social connections with each other at the neighbourhood level, as Nicholas Eckstein has done for the community of mostly lower-class artists of the Gonfalone (one of four administrative sub-divisions of each of the city’s quarters) of the Green Dragon. Alternatively, it has been applied with an emphasis on the social connections of an artist’s patrician patrons, as John Spencer has done for Andrea del Castagno. Bill Kent has since identified a need for the investigation of the relationship between the social world of Florentine artists (of the artisan class) and that of their patrician patrons. This article seeks to represent a cross-section of an artist’s social world by examining their experience of traversing the gamut of the city’s spaces from a peripheral street to the city’s most venerable cultural monuments in its centre.

Artworks could serve purely personal functions for the individuals who commissioned or acquired them, as objects providing sensual pleasure, preserving memories, or serving a devotional purpose. However, art was commissioned above all to be seen in communal spaces in which an audience was available to receive whatever messages a patron might wish to communicate. The distinction between private and public in the Renaissance, as now, was often blurred or changeable. Certain domestic spaces were regularly made accessible to particular members of the public for social, commercial, or government transactions, while, conversely, private influence could be exerted over public spaces in various ways, such as the sponsoring of building works in or near communal spaces on the condition that the improvements bore the patron’s familial insignia.

Art was commissioned to decorate furniture and rooms inside the Renaissance home, in particular to commemorate marriages between families, such as the numerous surviving cassone bearing the coats of arms of the bride and groom. These acted as a constant reminder of the social alliances forged by a couple’s marriage. Art distinguished the façade of the home: coats of arms carved in stone were frequently placed at the property lines of buildings to mark the extent of the family property, or over the main door to communicate information to visitors about the occupants. The ubiquitous paintings and sculptures of the Virgin and Child in tabernacles on the outside of houses acted as talismans for the family and passers by.

For well-to-do families artistic patronage usually extended to the local church, where patronage rights over a chapel would be obtained to provide a fitting place to bury and commemorate the family’s dead, and to demonstrate the family’s wealth and power in the neighbourhood. Chapels could be furnished with stone altars covered with expensive fabrics, painted altarpieces, metal candelabra, wooden crucifixes, carved tombstones, and coats of arms. The rich might obtain patronage rights at the principal church of the quarter, in addition to or in preference to, the local church. The wealthiest citizens supported charitable institutions in their neighbourhood and elsewhere in the city, such as hospitals, which also often required a degree of adornment in the form of architectural finishes, sculptures, mural paintings, and panel paintings. Many wealthy families also owned agricultural land and villas beyond the city walls, extending the geographical scope of private patronage considerably.

The most significant patronage in the city was organised in a corporate fashion through confraternities, and civic institutions such as the guilds, the Parte Guelfa (a semi-official institution representing above all the interests of Florence’s conservative oligarchy), and the government’s various bodies. The building of churches, large hospitals, and other major infrastructure projects devoured sums of money that only very large institutions could afford, nevertheless, powerful individuals and families could still hope to influence the decision-making processes of corporate patrons. Thus, a variety of communal spaces within the city, from intimate domestic rooms to public squares, provided contexts for the commissioning of artworks that served to identify their functions to the public, to remind people who owned them or who had provided for them, and to render them dignified and worthy of respect.

A case study of an artist’s relationship with the social spaces of their city, challenging because of the limited direct evidence, is nevertheless valuable for Paolo Uccello (c. 1397–1475). While a legendary figure of early Renaissance art history, his biography has remained for the most part mysterious, obscured by Vasari’s caricature-like sketch of his personality, summed up in four piquant adjectives: ‘solitary, strange, melancholy and poor’ (‘solitario, strano, malinconico e povero’). Granted, the innovative and often fantastic nature of Uccello’s imagery makes his artistic personality seem singular, and for that reason intriguing. However, archival evidence provides a quite different picture of his life than Vasari’s literary topos of the poor, socially isolated artist.

In one of Uccello’s tax returns he indicated that at about the age of 37 he had acquired: ‘a house for me to live in, located in the parish of Santa Lucia near Ognissanti in Via della Scala, [surrounded on its sides by] first, the street, second and third, Gabriello the furrier, and fourth Cristofano the cook, bought on 21 April 1434 from Lorenzo di Piero Lenzi [for] 110 florins’. A later tax return shows he lived in the same house until the end of his life, that is, over a period of more than four decades. From the detailed information Uccello provided about his neighbours, it can be seen how Carocci was able to work out the overall pattern of the city’s occupation from individual tax returns, the information fitting together like pieces of a jigsaw puzzle. Carocci was helped by the fact that many of the major streets of Florence still follow the Renaissance layout, albeit approximately. The long, straight Via della Scala takes much the same route now from the bottom of Piazza di Santa Maria Novella west to the former boundary of the third city wall (since demolished), as it was depicted in the print of the city made shortly after Uccello’s lifetime: the street is visible in the so-called Chain Map woodcut of c. 1510 (Kupferstichkabinett, Staatliche Museen, Berlin), a copy of an engraving of the 1480s, of which only a fragment survives.

Judging from the depiction of the buildings on the part of the street where Uccello lived, near the church of Santa Lucia (even if they represent only an approximation of the buildings that actually lined the street), the low price of Uccello’s house, its distance from the centre of the city, and the blue-collar professions of his neighbours, his domicile would have been a modest one. Nevertheless, Uccello was not poor, as Vasari would have it. In addition to his house in the city, he owned agricultural land at Ugnano, a few kilometres west of the city, from about the age of 28 (if not earlier) until his old age. In 1455, 1458, and 1459 he added to his property there with successive purchases of land. He seems only ever to have increased his land holdings, never to have sold off these investments. Uccello certainly came into contact with the poor, as we learn from a tax return in which he informs the tax officials of a debt owed to him, but not likely to be recovered, by one of his tenant farmers who ‘is poor [and] has nothing’.

Topographically, the northwest quarter of the city, comprising the segment of land in the angle between a point just west of the Piazza di San Giovanni in the city centre, the north bank of the Arno river running to the west, and the road to the Fortezza da Basso (corresponding in part to the present-day Via Faenza) covers much of the administrative Santa Maria Novella quarter, the area surrounding the Dominican church and convent renowned for its patrician families, their impressive palaces, and the lavishly decorated churches they patronised. However, wealth was not evenly distributed in the quarter. Samuel Kline Cohn Jr has argued that the redevelopments that resulted in the opening up of the dense urban fabric in the centre of Florence had a disproportionate effect on members of the artisan and labouring classes. From the late fourteenth century to the end of the fifteenth, the lower classes tended to be redistributed towards the periphery of the city. In Uccello’s time, this seems to have been true of the northwest part of the city. The rich tended to live and conduct their business closer to the centre of the city, within the boundaries of the second city wall. For example, the shops of wealthy wool merchants in the quarter seem to have clustered around the street running between San Michele Berteldi and Santa Trinita (now the Via de’ Tornabuoni), as well as along the Via della Vigna Nuova, while further away from the centre, along the edge of the river the workshops of wool processors were located in a less densely built-up area, where water was used in the dirty and foul smelling procedures of washing and dying fleece. The area was also popular with tanners, and the son of one such tanner, Alessandro di Mariano di Vanni, is better known as Sandro Botticelli (c. 1444–1510). He lived in the parish of Santa Lucia after 1470, near Uccello’s house.

Even though Uccello’s career intersected for some time with that of Brunelleschi in the Cathedral (Uccello executed two mural paintings and designed three stained glass windows there between 1436 and 1444), the distance he travelled between work and home was further, and traversed a greater part of the social spectrum, as it were. So what did it mean socially to be a painter like Uccello living on the outer fringes of the Santa Maria Novella quarter in the mid-fifteenth century?

Since the research of the great archivist Gaetano Milanesi, published as annotations to his 1878 edition of Vasari’s Le vite, it has always been accepted that Uccello’s father was Dono di Paolo, a barber-surgeon from Pratovecchio, a small town east of Florence. Dono (short for Donato) gained his Florentine citizenship in 1373, and married one Antonia di Giovanni Castello del Beccuto in 1387. While Milanese was able to show that Uccello’s father had a coat of arms (a chevron between three lion heads), confirmed by a seventeenth-century description of the family’s tombstone previously in the cloister of Santo Spirito, south of the Arno, being the son of a migrant to Florence in the early fifteenth century could well have been a social disadvantage for Uccello. Since the fourteenth century, the conservative, oligarchic government of Florence generally discriminated against migrants, and made it difficult for them to hold public offices, the chief means of gaining high social status. Uccello’s mother’s family also had a coat of arms (a red field with a white band), but had a very long and respectable, even somewhat distinguished, history in Florence, putting Uccello in the awkward position of being both wellborn and slightly suspect, socially speaking. Compounding Uccello’s difficulty was the fact that his father died by the time Uccello wrote his first will in 1425, at the age of about 28, and it appears he had also been separated from what remained of his nuclear family, since he did not leave anything to family members in his will.

There is further evidence to suggest that Uccello was orphaned. When Uccello was away in Venice working on mosaics for the façade of San Marco in 1427, it fell to a distant relative from his mother’s family, Deo Beccuti, to submit his tax return. Deo described himself as Paolo’s attorney (‘p[r]ochuratore’), and stated that he submitted the return for a notary by the name of Ser Bartolo di Ser Donato Giannini. The death of a young person’s father in Renaissance Florence could call for the involvement of the Magistrato dei Pupilli, a communal institution providing judges and notaries to administer family property for orphans, who in turn dealt with orphans’ legal representatives: procuratores, curatores, and tutores. Uccello’s name has not been found in the Pupilli records, however, the facts that he left nothing to relatives in his will, and that his tax return was submitted by a distant relative while he was in Venice, suggest that he was without close family relations at this time. Ser Bartolo Giannini was Notary of the Signoria on a number of occasions from 1416 to 1438. It is not clear from the evidence whether he helped administer Uccello’s affairs following the death of his father, or merely requested that Deo Beccuti submit Uccello’s tax return while Uccello was away from Florence.

Deo was the most prominent member of Uccello’s mothers’ family at the time, and this may explain why he accepted the responsibility. Carocci identified Deo’s properties on his map, clustered around the Piazza di Santa Maria Maggiore, valuable real-estate near the centre of the city. It may have been because of the location of his mother’s ancestral home in this area that Uccello moved to the northwest part of the city by the age of about 28, and apart from professional trips out of the city, remained there for the rest of his life.

An unpublished, eighteenth-century genealogy of the del Beccuto family, compiled by a descendent, Anton Ranieri Orlandini, shows the male lineage of the most prominent branch of the family, including Deo, but does not make any reference to Uccello’s mother Antonia, or any woman born of the family for that matter. However, from her patronymic, ‘di Giovanni di Castello’, her grandfather’s name is known to be Castello, which was not a particularly common name in Florence. There is, however, one person with that name in the genealogy, Deo’s grandfather’s brother. Thus, Deo and Antonia may have been related through their grandfathers, which is supported by the age difference between Uccello and Deo. In 1427 Deo was 50, while Uccello was about 30, making Uccello approximately one generation younger than Deo. Castello di Lippo del Beccuto, tentatively identifiable in this way as Uccello’s great-grandfather, lived in the parish of Santa Maria Maggiore, as is indicated in a notarial record that also supports the assessment of Uccello’s relationship to Deo suggested here. It seems that when Castello died the tutelage of his sons Vanni and Antonio was assumed by his nephew Deo di Vanni, keeping the two lineages of the family closely bound, an arrangement sanctioned by the Pupilli. The name of one of Castello’s sons, Vanni—short for Giovanni¬, corresponds with Uccello’s grandfather’s name, known from his mother’s patronymic. This incidence of family solidarity provides a precedent for Deo di Deo del Beccuto’s later tutelage of Uccello.

Castello was a man of some social standing, whom the genealogy notes held the government office of prior in 1348, 1351, and 1355. Other archival evidence shows he helped the Signoria fortify the castello at Calenzano against Visconti attack in 1352. In turn, Castello’s great-grandfather was Geremia del Beccuto, who had been employed by the Signoria on works on the road outside the Baptistery in 1289. Thus, Uccello’s mother’s family had established a notable social status in Florence over many generations by the time of Uccello’s birth.

A large, carved pietra serena lintel, described by Carocci as a modern reproduction of a fifteenth-century original, was removed from the del Beccuto palace on the street of their name (Via del Beccuto), presumably at the time the building was demolished in the nineteenth century. The lintel is now housed in the Museo di San Marco in Florence, with hundreds of architectural fragments salvaged from the old centre of Florence. The lintel shows the family’s coat of arms in the centre, inside a wreath with two undulating ribbons flowing to each side. At each end of the lintel is the head of a fantastic, bird-like creature with plumes splayed out at the back and a giant beak, a witty allusion to their family name (becco means beak).

Also housed in the Museo di San Marco is a small mural painting of the Virgin and Child with an unusually expensive gold ground and lapis lazuli drapery. The credit for identifying this sadly damaged painting as a work of Uccello goes to the art historian Alessandro Parronchi, who realised that the inscription on the reverse of the work, ‘formerly in a house of the Del Beccuto [family]’ (‘già in una casa dei Del Beccuto’), and its elegant, gothic-inflected, Renaissance style indubitably linked the work to Uccello. Judging by the painting’s pointed-arch shape, it was originally located over a doorway, perhaps the same one the lintel came from. Together, the artefacts would have expressed symbolically the family’s piety, wealth, taste, and wit.

The del Beccuto had two, or possibly three, chapels in Santa Maria Maggiore. According to Vasari, the family had the chapel to the left of the main altar painted with scenes from the life of Saint John the Evangelist in 1383 by an obscure artist called Lippo, whose chapter in Le vite actually includes works by a number of artists, and nothing remains of the paintings that might help identify the individual responsible. A tomb of a member of the Beccuti family bearing the family’s coat of arms is still in the chapel; it is sometimes identified as belonging to Bruno Beccuti, presumably the Bruno del Beccuto who was a prior of the church. Other evidence shows Carnesecchi family patronage of the chapel: a tabernacle for the sacraments on the left wall of the chapel bears the date 1449 and the arms of the Carnesecchi, and Bernardo Carnesecchi’s tombstone, dated 1449, was recorded in the chapel in the eighteenth century. It is possible the del Beccuto and Carnesecchi families shared patronage rights to the chapel, or that patronage passed from one family to the other.

Deo Beccuti recorded that his father, Deo di Vanni, established a chapel dedicated to Saint Blaise in his testament notarised in 1386, without specifying its location within the church. However, the eighteenth-century antiquary, Giuseppe Richa, referred to a chapel founded in that year, third on the right from the entrance to the church, with a panel painting by the seventeenth-century artist Ottavio Vannini and his student Antonio Giusti, showing the martyrdom of Saint Blaise, with Saints Michael and John the Evangelist. An altarpiece that apparently stood in the chapel by 1423 is now lost. The chapel remained in the del Beccuto family until at least the seventeenth century. Further, Richa wrote that Deo di Vanni also had the patronage rights to the chapel to the right of the main altar, where he recorded an inscription declaring his foundation of the chapel in 1383 in language that left no doubt as to his own view of his high social standing: ‘SEP. NOBILIS VIRI DEI VANNIS DE BECCVDIS SPECTABILIS/ HONORABILIS QVI PRIMA DIE IVNII DOTAVIT AN. D. MCCCLXXXIII.’.

From sifting the fragmentary archival, artistic, and archaeological evidence, art historians such as Anna Padoa Rizzo and the present author have pieced together a picture of a long association between Uccello and Deo Beccuti, in which the patriarch of the artist’s mother’s family seems to have fostered the young man’s career in the absence of his father. Evidence of connections between Deo Beccuti and Uccello exists from the period Uccello was about 16 to about the age of about 36. Most importantly, Deo Beccuti had connections with Uccello’s earliest presumed patrons: the Confraternity of Saint Peter Martyr (it seems likely that Uccello worked in c. 1413 at their hospital at Castello just outside Florence, to which Beccuti had donated money for its renovation), the Bartoli family (in 1416 Uccello may have helped paint the street tabernacle near Castello belonging to this family with which Beccuti had financial dealings), and the Carnesecchi family (early sources state that Uccello helped paint the altarpiece, datable on current evidence to c. 1423, for a member of the family in Santa Maria Maggiore in Florence, the family from which Beccuti’s wife came), and as Padoa Rizzo suggested, Beccuti most likely commissioned the Virgin and Child now in the Museo di San Marco in the early 1430s.

Uccello’s 1458 tax return provides the first information about his wife and children. He named his wife, Tomasa di Benedetto Malifici, aged 25 (compared with his 62 years!), his six-year-old son Donato, and his daughter Antonia, who was just over a year old. Nothing is known about the social status of Uccello’s wife. At 200 florins, her dowry was neither particularly small nor large for a Florentine artist’s wife. The fact that she possessed a family name might suggest she came from a distinguished family, or one with pretensions. A little investigation of the tax records of the Florentine State Archive reveals that there were at least two Benedetto Malificis in Florence in 1427, one of who was potentially Uccello’s father-in-law. By coincidence, both of them were named Benedetto di Piero, while neither of them claimed to be particularly wealthy. One of them lived on Via della Scala, so Uccello might have met the family of his wife on the street where he lived. In the fifteenth century it was much more likely for an artisan or labourer to marry within their own gonfalone than for a member of the patriciate.

Uccello’s wife appears in the most famous of Vasari’s anecdotes concerning the artist, when one night she called him to bed he reportedly responded: ‘Oh what a sweet thing this perspective is!’ (‘Oh che dolce cosa è questa prospettiva!’). It is usually understood from this exchange that Uccello preferred to work on his perspective studies than sleep with his wife. Another interpretation, however, may be inferred from the words Vasari chose, no doubt carefully: that for Uccello the prospect of going to bed with his wife was a sweet thing (prospettiva meaning perspective and prospect). Both interpretations would have been intended more for the amusement of Vasari’s readers than their edification. Another of Vasari’s anecdotes concerning Uccello’s home relates that it was filled with the artist’s drawings of animals, which he kept there because he was too poor to afford real animals. It is, though, far from unusual for an artist to have drawings of animals at their disposal for the design of artworks. Ironically, Vasari admitted that he admired Uccello’s skill as a draughtsman, and that he was a collector of Uccello’s drawings, including a study of a beautifully foreshortened bull made for a painting then in the Medici Palace. Why, then, make Uccello (and Castagno, and other early Renaissance artists) the subject of disreputable anecdotes? Perhaps for no other reason than Vasari’s long series of artists’ lives would have made rather heavy-going reading if every artist was accorded the same reverential tone that he gave his favoured contemporaries, such as Michelangelo.

If the acquaintances Uccello made on his street might have lead to marriage, it seems they might also have lead to a commission for work. A mural painting by Uccello, datable on stylistic criteria after the late 1430s, was once found in the Spedale di Santa Maria della Scala (subsequently renamed San Martino alla Scala) on the same part of the street where Uccello lived. The hospital was founded in the early fourteenth century by a local benefactor, Cione di Lapo Pollini, and it took on the role of caring for abandoned children; by the fifteenth century its administration was taken over by the Silk Guild. The smallish mural painting of the Nativity (140 by 215 cm) was originally in the arch above the door leading from the cloister of the hospital into the foyer in front of its chapel. The painting has been detached from the wall, and is now stored with its sinopia (the underdrawing on the preparatory layer of plaster) in the reserve collection of the Uffizi, due to its poor state of preservation.

While no document concerning the work’s commission has been found, Annamaria Bernacchioni suggested that the commission might relate to the presence of the children’s Confraternity of the Archangel Raphael in the hospital. The confraternity moved into the chapel and rooms between the present-day Via degli Orti Oricellari and the courtyard by 1427, which they renovated at their own expense. It had prominent supporters, including Pope Eugenius IV, who approved an alternative name for it, in recognition of the impressive nativity play it performed in 1430: the Confraternity of the Nativity of Our Lord (perhaps helping to account for the subject of Uccello’s painting). He also issued bulls to obtain accommodation for the confraternity at the hospital, not far from the entrance to his apartment at Santa Maria Novella on Via della Scala. The confraternity might well have known the paintings Uccello executed in 1437 for the Confraternity of the Purification at the Spedale di San Matteo in the north of the city, since that confraternity was a splinter group that had separated from them in 1427. The groups maintained good relations after the split, visiting each other every year on the feast days of their patron saints. Thus, Uccello was a local artist whose work would have been familiar to those at the hospital.

The Nativity has been discussed by art historians as much for its sinopia, showing a regular perspectival grid, as for the composition of the final painting itself. Indeed, the sinopia is unique in the Renaissance in establishing only the perspective for the final composition, not the figures, architecture, or natural landscape features. The grid informs the finished painting’s unusual use of perspective, showing two sharply contrasting views: one of a Nativity scene taking place in front of a wooden shelter whose perspective is aligned to a point at the far right, and another view of the landscape with a pavement whose perspective is aligned to a point at the far left of the picture. Art historians have interpreted this experimentation with perspective as an instance of Uccello’s engagement with this key technical feature in the development of the visual arts in Florence in the fifteenth century.

Alessandro Parronchi interpreted the separate vanishing points as a critique of Brunelleschian and Albertian orthodox single-point perspective. He related this approach specifically to Vitellione’s observation in Book III of his Perspectiva that an object is only seen distinctly when it falls on the central axis between the viewer’s eyes. If this theoretical interpretation of Uccello’s imagery seems perhaps too erudite for a hospital for abandoned children housing a confraternity for children, it may be relevant that Brunelleschi (the reputed discoverer of single point perspective) had been one of the Operai (on the board of works) of the Silk Guild that administered the hospital, although his duties related to the construction of the Spedale degli Innocenti in the 1420s, well before Uccello’s work was painted at the Spedale di Santa Maria della Scala. Even so, there seems to be no definite imagery within the composition, such as blurred images at the lateral edges, to support Parronchi’s interpretation. Franco and Stefano Borsi interpreted the bi-focal perspective of the Nativity as an allusion to the duality of Christ’s incarnation, divine and human.

Alternatively, the divergence of the perspectival views towards the right and the left in Uccello’s Nativity, with the view to the right dominating, may have a moral and religious significance. The prominence of the sheep in the left foreground, near the point where the two perspective views separate, recalls the passage in the Bible in Matthew 25: 32–46 from Christ’s discourse on the Mount of Olives describing the separation of the sheep from the goats:

 

And before him shall be gathered all the nations: and he shall separate them one from another, as a shepherd divideth his sheep from the goats:

And he shall set the sheep on his right hand, but the goats on the left.

Then shall the King say unto them on his right hand, Come, ye blessed of my Father, inherit the kingdom prepared for you from the foundation of the world:

For I was an hungred, and ye gave me meat: I was thirsty and ye gave me drink: I was a stranger, and ye took me in:

Naked, and ye clothed me: I was sick, and ye visited me: I was in prison and ye came unto me.

Then shall the righteous answer him, saying Lord, when saw we thee an hungred, and fed thee? or thirsty, and gave thee drink?

When saw we thee a stranger, and took thee in? or naked, and clothed thee?

Or when saw we thee sick, or in prison, and came unto thee?

And the King shall answer and say unto them, Verily I say unto you, Inasmuch as ye have done it unto one of the least of these my brethren, ye have done it unto me.

Then shall he say unto them on the left hand, Depart from me, ye cursed, into everlasting fire, prepared for the devil and his angels:

For I was an hungred, and ye gave me no meat: I was thirsty, and ye gave me no drink:

I was a stranger, and ye took me not in: naked, and ye clothed me not: sick, and in prison, and ye visited me not.

Then shall they also answer him, saying, Lord, when saw we thee an hungred, or athirst, or a stranger, or naked, or sick, or in prison, and did not minister unto thee?

Then shall he answer them, saying, Verily I say unto you, Inasmuch as ye did it not to one of the least of these, ye did it not to me.

And these shall go away into everlasting punishment; but the righteous into life eternal.

 

Part of the same text (the latter part of Matthew 25: 34) provides a central inscription in the fourteenth-century mural painting Allegory of Mercy in the Sala dell’Udienza of the Misericordia in the Piazza di San Giovanni in Florence, one of the most important charitable institutions in Florence in the late Medieval and early Renaissance period. Like the Spedale di Santa Maria della Scala, it cared for foundlings, among its other charitable activities. The Allegory of Mercy has been described as the earliest instance of the representation of the works of mercy in an Italian philanthropic institution, and as such the model for a number of mural painting cycles of similar subject matter in Tuscany, some of them in hospitals. The best-known Tuscan depiction of the seven acts of mercy (the six acts referred to in Matthew plus the burying of the dead added by the Catholic Church) is the glazed terracotta relief frieze, mostly by Santi Buglioni, on the façade of the Ceppo Hospital at Pistoia, dating from the 1520s.

The separation of the sheep and goats seems rarely to have been depicted in art literally. A relief of the subject is found on a fourth-century Italian marble sarcophagus lid in the Metropolitan Museum of Art in New York. An important example is found among the sixth-century mosaics in the church of Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna. If the iconography of Uccello’s Nativity does relate to the parable of the sheep and the goats, it could be interpreted as an allusion to the charitable work undertaken at the hospital, especially for children. While the children might be reassured that they will be cared for at the hospital by the image of the Virgin adoring the Christ Child, or (metaphorically) by the image of the shepherds watching over their flocks, the administrators of the hospital could be assured (allegorically) that ultimately their charitable work would be rewarded by Christ.

The Nativity may also hint at the punishment Christ alluded to for those who did not act mercifully. While the dominant view of the Christian story of the Nativity leads to the vanishing point on the right (traditionally the virtuous side and in the painting it is also on Christ’s right), the subsidiary one leads to a tiny gallows in the distant landscape at the left (traditionally the ‘sinister’ side). That the motif of the gallows might not just be an insignificant landscape feature, but a symbol, is suggested by the figure of Securitas in Ambrogio Lorenzetti’s Effects of Good and Bad Government in the Palazzo Pubblico in Siena, whose attribute is a man hanging from a gallows. The iconography of the Nativity apparently represents two paths: the Christian path leading to eternal life on the right, and another leading to ignominy on the left, a moral message on the rewards for charity and the danger of straying from the Christian path.

The Nativity is not an isolated instance of neighbourhood patronage. Some of Uccello’s most famous mural paintings are to be found in the Chiostro Verde (‘Green Cloister’) of the ex-convent of Santa Maria Novella, around the corner from where he lived. Elsewhere, the present author has argued that the commission for the Stories of Genesis mural painting cycle on three walls of the cloister probably relates to the presence of the Confraternity of Saint Peter Martyr at the convent, and that Uccello’s involvement with the project may have come about partly through his and his relative Deo Beccuti’s dealings with the confraternity.

If Uccello’s route is retraced in a hypothetical journey made in the late 1450s from his home to the Cathedral, much as was done for Brunelleschi, the topographical landmarks that would have stood out as spaces of particular significance for him can be identified. Walking down Via della Scala he would have passed the hospital from which the street took its name, where he painted the Nativity. He might have heard the voices of the orphaned children his painting overlooked in the cloister, and given thought to the difficulties he had faced as a young man in Florence without a father. His own family history demonstrates how Florentine families and the city’s government were concerned with protecting the young in a time of high mortality, and perhaps Uccello’s Nativity itself alludes to this.

At the end of the street he would have entered the Piazza di Santa Maria Novella where the magnificent church and convent rise, near which he had lived in his twenties, and for which he later painted scenes from Genesis in its cloister. Seeing work commencing on the spectacular white marble façade of the church he might well have recalled that the patron, Giovanni Rucellai, who lived only a few blocks away on the south side of the piazza, was also an owner of his work. Crossing into the present-day Via dei Banchi on the other side of the piazza he would have come to the intersection known as the Canto dei Carnesecchi where Domenico Veneziano painted the tabernacle that allegedly inspired Castagno’s envy, most probably for one of the Carnesecchi, a leading family in the area. As modern commentators have done, Uccello might have noted how its robust use of perspective and pure geometric forms was influenced by his own works in that vein.

Following the Via de’ Cerretani, Uccello would have passed on his right the houses of his wealthy relative Deo Beccuti, surrounding the small Piazza di Santa Maria Maggiore, even perhaps glimpsing above their door the Virgin and Child he painted for his mother’s family. Inside the church, sixteenth-century sources inform us he painted an Annunciation impressive for its pioneering use of perspective. The altarpiece to which it belonged was commissioned by Paolo di Berto Carnesecchi, from the family into which Deo Beccuti had married, making Uccello a very distant relation of his patron. To square the circle, as it were (constituting Uccello, Deo Beccuti, Paolo Carnesecchi, and Filippo Brunelleschi) Paolo di Berto Carnesecchi would have known Brunelleschi from their time together as representatives of the Gonfalone Dragon on the government Consiglio del Popolo in 1400. Brunelleschi’s house was located in the small block south of Deo Beccuti’s properties, and Uccello would have given some thought to the technical innovations of this most famous artist and architect, as even a fifteenth-century source suggests. From such a social context it is not very far to the upper echelons of Florentine society. Deo Beccuti also owned property in the parish of San Lorenzo, the heartland of the Medici, located a little further up Via de’ Cerretani and a small block to the north. Moreover, he was a neighbouring landlord of Cosimo de’ Medici in Calenzano, and had financial dealings with Averardo de’ Medici.

Coming to the Baptistery in a matter of minutes, Uccello might have recalled how one of his distant ancestors had worked there, how he himself had been commissioned to paint a tabernacle for it in the early 1450s (which if it was completed is lost), and how his son and daughter were baptised there. Uccello might then have stepped into his workshop situated on the piazza to examine the small paintings of the Virgin and Child that were probably being produced by an assistant to his designs in this period. Then entering the soaring space of the Cathedral he could not have failed to see his enormous mural painting of the Equestrian Monument for Sir John Hawkwood on the wall of the left aisle, and on the inner façade, the enormous Clockface with Four Male Heads (Evangelists?). At this point Uccello might have recalled his dealings over many years with the rich and powerful Operai of the Wool Guild. Finally, approaching Brunelleschi’s cupola, he would have seen far above his head the three large stained glass windows he designed for its drum: the Annunciation, Nativity, and Resurrection.

 

Dr Hugh Hudson, Honorary Fellow, School of Culture and Communication, The University of Melbourne.

 

 

 

 

Oltre a riportare i links dove trovare questi articoli : ho pero' anche trascritto sul mio sito questi articoli per evitare che il link possa nel tempo divenire irreperibile

 

 

 

 

 

 

Appendice

Membri e consoli delle cinque arti maggiori e i consiglieri della Mercanzia

(1382/851434/37)

Domenico di Tommaso di Domenico Borghini

1411 setaiolo, Membro dell’Arte della Seta690

(1442) Membro dell’Arte della Lana691

Giovanni di Tommaso di Domenico Borghini

1412 setaiolo, Membro dell’Arte della Seta692

Tommaso di Domenico Borghini

01/03/1413 consigliere di Mercanzia693

01/01/1415 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta694

01/04/1421 consigliere di Mercanzia695

01/10/1424 consigliere di Mercanzia696

01/01/1410 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta697

01/09/1410 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta698

01/05/1417 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta699

01/01/1419 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta700

01/09/1421 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta701

690 ASF Seta 28. c. 1v.

691 ASF Lana 25. c. 15r

692 ASF Seta 28. c. 1v.

693 ASF Mercanzia 129.c. 9v.

694 ASF Seta 246. c. 9v.

695 ASF Mercanzia 129. c. 11v.

696 ASF Mercanzia 129. c. 12v.

697 ASF Seta 246. c. 8r.

698 ASF Seta 246. c. 8v.

699 ASF Seta 246. c. 10v.

700 ASF Seta 246. c. 11r.

701 ASF Seta 246. c. 12r. 196

01/09/1423 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta702

01/01/1426 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta703

01/05/1428 consolo dell’Arte di Por Santa Maria o della Seta704

 

Pagolo di Berto Carnesecchi

(1409) Membro dell’Arte della Lana705

01/09/1408 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali706

01/09/1416 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 707

01/09/1418 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 708

01/09/1420 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 709

01/09/1424 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 710

01/09/1426 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 711

19/02/1407 sei di Mercanzia712

20/04/1408 sei di Mercanzia713

18/02/1410 sei di Mercanzia714

03/04/1413 sei di Mercanzia715

 

Simone di Pagolo Carnesecchi

1420 immatricolato all’Arte della Lana716

01/09/1421 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali717

 

 

702 ASF Seta 246. c. 13r.

703 ASF Seta 246. c. 14r.

704 ASF Seta 246. c. 15r.

705 ASF Lana 25. c. 38v

706 ASF Medici 46. c. 35v..

707 ASF Medici 46. c. 39v.

708 ASF Medici 46. c. 40v.

709 ASF Medici 46. c. 41v.

710 ASF Medici 46. c.43v.

711 ASF Medici 46. c.44v.

712 ASF Consulte 38. c. 13r.

713 ASF Consulte 39. c. 34v.

714 ASF Consulte 40. c. 124r.

715 ASF Consulte 41. c. 187v.

716 ASF Lana 25. c. 43v.

717 ASF Medici 46.4 c. 2r. 197

Piero di Pagolo Carnesecchi

01/09/ 1423 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 718

 

Antonio di Pagolo di Berto Carnesecchi

Membro immatricolati dell’Arte dei Medici e Speziali719

01/05/1437 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 720

 

Giovanni di Pagolo di Berto Carnesecchi

01/01/1436 consolo dell’Arte di Por Santa Maria721

 

 

Agnolo di Zanobi di Taddeo Gaddi

(1434) Membro dell’Arte della Lana 722

(1408?) immatricolato membro dell’Arte di Medici e Speziali723

01/05/1426 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 724

01/01/1431 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 725

01/09/1432 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 726

01/05/1434 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 727

01/05/1439 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 728

Taddeo di Zanobi di Taddeo Gaddi

13861408 Immatricolato membro dell’Arte dei Medici e Speziali729

01/01/1418 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali730

01/09/1420 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali731

01/05/1423 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali732

718 ASF Medici 46. c. 43r.

719 ASF Medici 7. c. 12v

720 ASF Medici 46. c. 49v.

721 ASF Seta 246. c. 18r.

722 ASF Lana 25. c. 3r.

723 ASF Medici 7. c. 11r.

724 ASF Medici 46. c. 44r.

725 ASF Medici 46. c. 46v.

726 ASF Medici 46. c 47v.

727 ASF Medici 46. c 48r.

728 ASF Medici 46. c. 50v.

729 ASF Medici 7. c. 157v

730 ASF Medici 46. c 40r.

731 ASF Medici 46. c. 41v.

732 ASF Medici 46. c 42v. 198

01/09/1427 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali733

01/09/1429 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali734

01/05/1436 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali 735

Zanobi di Taddeo Gaddi

(1385) Membro dell’Arte della Lana736

(13531386) Immatricolato membro dell’Arte dei Medici e Speziali737

01/01/1397 consolo dell’Arte dei Medici e Speziali738

Zanobi di Taddeo di Zanobi Gaddi

1408- immatricolato membro dell’Arte dei Medici739

Michele di Jacopo Lottieri

01/05/1412 consolo dell’Arte di Por Santa Maria740

01/01/1417 consolo dell’Arte di Por Santa Maria 741

01/09/1418 consolo dell’Arte di Por Santa Maria 742

01/01/1423 consolo dell’Arte di Por Santa Maria 743

01/03/1427 consolo dell’Arte di Por Santa Maria 744

Piero di Bernardo della Rena

01/05/1428 consolo dell’Arte di Por Santa Maria 745

Simone di Filippo Capponi

Mercanzia (09/12/1389)746

733 ASF Medici 46. c 45r.

734 ASF Medici 46. c 46r.

735 ASF Medici 46. c 49r.

736 ASF Lana 25. c. 50r.

737 ASF Medici 7. c. 66r.

738 ASF Medici 46. c 29v.

739 ASF Medici 7. c. 166v.

740 ASF Seta 246. c. 8v.

741 ASF Seta 246. c. 10v.

742 ASF Seta 246. c. 0v.

743 ASF Seta 246. c.12v.

744 ASF Seta 246. c. 14r.

745 ASF Seta 246. c.15r.

746 ASF Consulte 28. c. 22r. 199

Consoli dell’Arte del Cambio 13871437 ( 4 ember van mindig) Arte del Cambio 12.

Luca di Giovanni del Pecchia

(1386) merciaio, consolo dell’Arte dei Medici e Speziali747

Jacopo di Giovanni del Pecchia

(1408-?) merciaio, immatricolato membro dell’Arte dei Medici e Speziali748

 

 

Uffici intrinsechi ricoperti da mercanti fiorentini che operarono nel Regno d’Ungheria

Capitani della Parte Guelfa (13871437)

messer Gherardo di messer Manente Buondelmonte (10/04/1387)

Antonio Santi (28/01/1387)

Simone di Filippo Capponi (03/06/1387)

Antonio Santi (07/12/1387)

Simone di Filippo Capponi (31/07/1387)

Piero di Jacopo Baroncelli (21/10/1387)

messer Gherardo di messer Manente Buondelmonti (26/12/1388)

Messer Filippo Corsini (05/03/1389)

Bernardo di Piero della Rena (08/07/1390)

Messer Gherardo Buondelmonti (04/04/1392)

Andrea di messer Lorenzo Buondelmonte (03/05/1393)

Messer Filippo Corsini (27/12/1394)

Messer Filippo Corsini (07/01/1395)

Andrea di messer Lorenzo Buondelmonte (19/01/1397)

Giovanni di Niccolò Tosinghi (12/06/1403)749

Vieri di Vieri Guadagni (27/02/1402)750

Giovanni Tosinghi (12/06/1403)751

Messer di messer Lorenzo Buondelmonte (12/02/1409)752

747 ASF Medici 46. c. 14v.

748 ASF Medici 7. c. 92v

749 ASF Consulte 36. c. 85r.

750 ASF Consulte 34. c. 91r.

751 ASF Consulte 36.c. 85r.

752 ASF Consulte 39. c. 137r. 200

Pagolo Carnesecchi (15/03/1409)753

Doffo di Nepo Spini (24/09/1409)754

Vieri di Vieri Guadagni (02/05/1411)755

Pagolo di Berto Carnesecchi (10/05/1412)756

 

Filippo Corsini

Deputato del Quartiere Santo Spirito (20/05/1387)757

Deputato del Quartiere Santo Spirito (15/11/1387)758

Dodici buonuomini (18/12/1387)759

Deputato del Quartiere Santo Spirito (25/11/1388)760

Gonfaloniere ( 11/02/1389)761

Dodici buonuomini (18/11/1390)762

Deputato del Quartiere Santo Spirito (18/12/1391)763

Deputato del Quartiere Santo Spirito (21/08/1392)764

Deputato del Quartiere Santo Spirito (20/02/1393)765

Deputato del Quartiere Santo Spirito (18/11/1393)766

Deputato del Quartiere Santo Spirito (16/11/1394)767

Gonfaloniere (07/02/1396)768

Deputato del Quartiere Santo Spirito (10/06/1396)769

Deputato del Quartiere Santo Spirito (18/12/1396)770

753 ASF Consulte 39. c. 162r.

754 ASF Consulte 39. c. 64v.

755 ASF Consulte 41.c. 5v.

756 ASF Consulte 41. c. 93r.

757 ASF Consulte 26. c. 40r.

758 ASF Consulte 26. c. 134v.

759 ASF Consulte 26. c. 151r.

760 ASF Consulte 27. c. 58r.

761 ASF Consulte 27. c. 74r.

762 ASF Consulte 28. c. 187r.

763 ASF Consulte 29. c. 8v.

764 ASF Consulte 29. c. 115v.

765 ASF Consulte 29. c. 170v.

766 ASF Consulte 30. c. 87v.

767 ASF Consulte 31. c. 36r.

768 ASF Consulte 32. c. 22r.

769 ASF Consulte 32. c. 46v.

770 ASF Consulte 32. c. 83v. 201

Deputato del Quartiere Santo Spirito (24/11/1399)771

Deputato del Quartiere Santo Spirito (10/11/1400)772

Deputato del Quartiere Santo Spirito (23/04/1402)773

Deputato del Quartiere Santo Spirito (06/07/1402)774

Dodici buonuomini (07/08/1402)775

Deputato del Quartiere Santo Spirito (12/07/1402)776

Deputato del Quartiere Santo Spirito (11/12/1402)777

Dieci balìe (01/09/1403)778

Deputato del Quartiere Santo Spirito (07/02/1407)779

Deputato del Quartiere Santo Spirito (25/06/1407)780

Deputato del Quartiere Santo Spirito (07/11/1407)781

Simone di Filippo Capponi

Deputato del Quartiere Santo Spirito (15/01/1388)782

Deputato del Quartiere Santo Spirito (17/12/1395)783

Dieci libertà (09/05/1396)784

Dodici buonuomini (23/05/1399)785

Deputato del Quartiere Santo Spirito (06/12/1399)786

Deputato del Quartiere Santo Spirito (21/11/1402)787

Deputato del Quartiere Santo Spirito (13/10/1403)788

771 ASF Consulte 34. c. 34v.

772 ASF Consulte 34. c.130r.

773 ASF Consulte 34. c.113v.

774 ASF Consulte 34. c. 134v.

775 ASF Consulte 34. c. 146v.

776 ASF Consulte 34. c. 152r.

777 ASF Consulte 35. c. 15v.

778 ASF Consulte 36. c. 102r.

779 ASF Consulte 38. c.. 10r.

780 ASF Consulte 38. c. 51r.

781 ASF Consulte 38. c. 94r.

782 ASF Consulte 26. c.. 164r.

783 ASF Consulte 31. c. 133v.

784 ASF Consulte 32. c.. 37v

785 ASF Consulte 33. c.. 161v.

786 ASF Consulte 34. c. 39V.

787 ASF Consulte 34. c. 173r.

788 ASF Consulte 36. c. 115v. 202

Messer Gherardo Buondelmonte

Dieci libertà (12/95/1388)789

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella (13/01/1393)790

Domenico di Taddeo Borghini

Dodici buonuomini (16/03/1390)791

Bernardo della Rena

Dodici buonuomini (27/97/1390)792

Piero di Bernardo della Rena

Dodici buonuomini (20/03/1409)793

Gonfaloniere (04/07/1414)794

 

Pagolo di Berto Carnesecchi

Dodici buonuomini (19/09/1395)795

Otto custodie (21/01/1398)796

Deputato del Quartiere San Giovanni (25/01/1402)797

Deputato del Quartiere San Giovanni (08/03/1408)798

Deputato del Quartiere San Giovanni (22/05/1409)799

Deputato del Quartiere San Giovanni (11/10/1409)800

Deputato del Quartiere San Giovanni (09/06/1410)801

Otto custodie (02/01/1412)802

789 ASF Consulte 26.. c. 190v.

790 ASF Consulte 29. c. 163r.

791 ASF Consulte 28. c. 139v.

792 ASF Consulte 28. c. 170r.

793 ASF Consulte 39. c.. 166v.

794 ASF Consulte 42.. c. 156v.

795 ASF Consulte 31. c.. 113v.

796 ASF Consulte 32. c. 174r.

797 ASF Consulte 35. c. 76r.

798 ASF Consulte 39. c. 21r.

799 ASF Consulte 40. c. 21r.

800 ASF Consulte 40. c.. 72v.

801 ASF Consulte 40. c.. 170v.

802 ASF Consulte 41. c.. 67r. 203

Deputato del Quartiere San Giovanni (04/06/1412)803

Gonfaloniere (13/09/1412)804

Deputato del Quartiere San Giovanni (07/07/1413)805

Deputato del Quartiere San Giovanni (14/12/1413)806

Deputato del Quartiere San Giovanni (16/08/1414)807

 

Messer Bartolomeo Panciatichi

Deputato del Quartiere San Giovanni (10/01/1397)808

Dodici buonuomini (09/01/1403)809

Deputato del Quartiere San Giovanni (18/05/1403)810

Vieri di Vieri Guadagni

Otto di pratica (05/02/1397)811

Dodici buonuomini (31/03/1400)812

Deputato del Quartiere San Giovanni (26/11/1402)813

Dieci libertà (02/03/1403)814

Gonfaloniere (09/05/1403)815

Deputato del Quartiere San Giovanni (17/02/1408)816

Deputato del Quartiere San Giovanni (05/07/1408)817

Deputato del Quartiere San Giovanni (10/02/1410)818

Gonfaloniere (13/04/1411)819

803 ASF Consulte 41. c. 103v.

804 ASF Consulte 41. c. 138r.

805 ASF Consulte 42. c. 47r.

806 ASF Consulte 42. c.. 99v.

807 ASF Consulte 42. c. 165r.

808 ASF Consulte 32. c.. 87v.

809 ASF Consulte 36. c.. 27r.

810 ASF Consulte 36 c.. 78r.

811 ASF Consulte 32. c.. 96r.

812 ASF Consulte 34. c. 88v.

813 ASF Consulte 36. c. 5r.

814 ASF Consulte 36 c. 50r.

815 ASF Consulte 36. c. 71r.

816 ASF Consulte 39. c.11r.

817 ASF Consulte 39. c. 69r.

818 ASF Consulte 40. c. 119r.

819 ASF Consulte 41. c.. 1v. 204

Gonfaloniere (16/01/1413)820

Deputato del Quartiere San Giovanni (22/05/1413)821

Deputato del Quartiere San Giovanni (14/08/1414)822

Niccolò di Giovanni del Bellaccio

Otto custodie (22/11/1397)823

Gonfaloniere (04/10/1398)824

Deputato del Quartiere Santa Croce (07/09/1407)825

Deputato del Quartiere Santa Croce (31/06/1409)826

Deputato del Quartiere Santa Croce (19/10/1409)827

Dodici buonuomini (17/12/1411)828

Deputato del Quartiere Santa Croce (10/05/1412)829

Deputato del Quartiere Santa Croce (08/10/1412)830

Deputato del Quartiere Santa Croce (04/03/1413)831

Deputato del Quartiere Santa Croce (19/05/1414)832

Diedi libertà (03/08/1414)833

Gonfaloniere (10/09/1414)834

Giovanni di Niccolò Tosinghi

Dodici buonuomini (14/06/1399)835

Gonfaloniere (16/02/1404)836

820 ASF Consulte 41. c. 164v.

821 ASF Consulte 42. c. 15v.

822 ASF Consulte 42. c. 163v.

823 ASF Consulte 32. c. 159v.

824 ASF Consulte 32. c. 81v.

825 ASF Consulte 38. c. 77v.

826 ASF Consulte 40. c. 35v.

827 ASF Consulte 40. c. 76v.

828 ASF Consulte 41. c. 62r.

829 ASF Consulte 41. c. 93v.

830 ASF Consulte 41. c. 150r.

831 ASF Consulte 41. c. 180r.

832 ASF Consulte 42. c. 137v.

833 ASF Consulte 42. c. 160v.

834 ASF Consulte 42. c. 169r.

835 ASF Consulte 33. c. 168r.

836 ASF Consulte 37. c. 28v. 205

Matteo di Scelto Tinghi

Gonfaloniere (17/12/1400)837

Otto di pratica (24/11/1407)838

Luca di Giovanni del Pecchia

Dodici buonuomini (10/06/1402)839

Doffo di Nerpo Spini

Gonfaloniere (09/09/1407)840

Gonfaloniere (09/06/1410)841

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella842

Messer Andrea di messer Lorenzo Buondelmonte

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella (11/01/1409)843

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella (16/07/1409)844

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella (27/01/1413)845

Deputato del Quartiere Santa Maria Novella (06/08/1413)846

Tommaso di Domenico Borghini

Dodici buonuomini (12/02/1409)847

Recco di Simone Capponi

Gonfaloniere (05/11/1409)848

Dodici buonuomini (12/11/1410)849

837 ASF Consulte 34. c.139v.

838 ASF Consulte 38. c. 106r.

839 ASF Consulte 34. c. 120v.

840 ASF Consulte 38. c. 78r.

841 ASF Consulte 40. c. 169r.

842 ASF Consulte 42. c.. 172v.

843 ASF Consulte 39. c. 120v.

844 ASF Consulte 40. c.. 42r.

845 ASF Consulte 41. c. 172r.

846 ASF Consulte 42. c. 58v.

847 ASF Consulte 39. c. 135r.

848 ASF Consulte 40. c. 80v.

849 ASF Consulte 40. c. 221r. 206

Antonio di Piero Fronte

Dodici buonuomini (16/06/1410)850

Otto custodie (03/08/1414)851

850 ASF

 

 

AMBASCIATE

 

 

 

PAOLO CARNESECCHI E L'AFFITTO DEI BAGNI TERMALI DI VOLTERRA

 

Verso la fine del secolo la Repubblica di Firenze gettò gli occhi sui Bagni a Morba, inviando sul posto il celebre medico Ugolino da Montecatini ed il cancelliere Coluccio Salutati, per un preliminare esame. Il territorio fiorentino difettava di sorgenti termali,

e non era senza disappunto che la città del San Giovanni vedeva i cittadini recarsi per le loro cure nel Senese, in Lucchesia o nella Romagna (56). Più gradito sarebbe tornato il soggiorno nel territorio di Volterra, che, legato ai Fiorentini da perpetua alleanza e protezione, era da questi considerato un’appendice del loro Stato. La località fu evidentemente giudicata di pieno gradimento, se il Bagno, con quattro staiora di terreno

intorno, venne locato dal Comune di Volterra alla Repubblica fiorentina per anni 29 (57). Fu poi restituito ai Volterrani nel 1443.

 

 

(57) L’atto fu stipulato il dì 8 marzo 1388 (st. f.) (ASCV., Campioni e catasti, E nera, I, c. 2). Il contratto di affitto è in relazione all’ambasceria di Paolo Carnesecchi, la quale seguì evidentemente la visita di Ugolino e del Salutati.

Nel 1388, dopo un’ambasceria di Paolo Carnesecchi, i bagni furono locati alla Rep. fiorentina, che si obbligò a versare fl. 10 d’oro all’anno e costruire fabbriche e muraglie. A tale scopo fu eletto a Firenze un Magistrato, i cui funzionari furono chiamati uffiziali del Bagno (MAFFEI mss. cit., c. 4 t., TARGIONI, III, p. 394). Nel 1394 furono rinnovati gli uffiziali per fare le muraglie ai bagni (GIULI, op. cit., p. 28).

Ecco come nella rilevazione catastale del 1427 dei beni del Comune sono segnati i Bagni a Morba: " Bagni da Morba che confina colla corte di Montecerboli, coi beni della pieve di Morba e i beni del vescovado di Volterra, e decti bagni tiene a fitto el Comune di Firenze

dal Comune di Volterra e mai se ne pagò alcuna cosa " (ASF., Catasto, reg. 240, c.383).

 

Dalla descrizione di Ugolino, molteplici sono le testimonianze sulla notorietà e sull’efficacia curativa di quelle acque da parte dei naturalisti più celebrati del ‘400 e ‘500 (58).

(58) UGOLINO DA MONTECATINI, MICHELE SAVONAROLA, MENGO BLANCHELLO FAENTINO, BARTOLOMEO TAURINENSIS, GIORGIO AGRICOLA, nel trattato De Balneis, omnia quae extant apud graecos, latinos et

 

Il fatto di essere frequentate da Lorenzo de’Medici ne aumentò grandemente la fama, ed è una prova evidente del loro beneficio la gelosa attenzione con la quale i familiari del Magnifico ne sorvegliavano l’esercizio. Il medico Piero Leoni da Spoleto eseguì per incarico di Lorenzo e di sua moglie Clarice un’accurata inchiesta sulle proprietà di ogni singola sorgente (59). La ragione precipua del credito dei Bagni a Morba era determinata

dalla varietà delle sorgenti termali e dalla natura delle acque, atte a curare differenti affezioni (60). Si contavano tre bagni nell’interno dell’edifizio termale (Doccia, Cacio cotto, Sotto la scala) e due all'esterno (Bagno al piano, Bagnolo). Mentre le sorgenti del Bagnolo, del Piano, della Scala sembra fossero indicate nelle malattie del ricambio, nelle affezioni renali e intestinali, alle altre accorrevano i sofferenti di dolori artritici, affezioni cutanee, gotta, " frigidità di stomaco ", " umidità catarrali ", ecc. (61). Tutte queste acque erano di natura sulfurea, ma più particolarmente ne risentivano quelle del Cacio cotto e della Doccia, essendo ricchissime di idrogeno solforato (62).

I Bagni a Morba, dalla loro fama medievale, sfiorirono lentamente nel Cinquecento, per decadere poi in modo completo. Nel 1617 parte dell’edifizio era già in rovina (63).

Nel 1803, per opera dei volenterosi proprietari delle sorgenti, ne fu intrapresa la riattivazione, ma pare che questa lodevole iniziativa non avesse seguito (64), poichè solo nel 1815 furono riaperte da Francesco Lamotte. Il fisico Carlo Matteucci, che ebbe l’incarico di analizzare le acque (ben dodici analisi furono eseguite), dichiarò che il Bagno a Morba aveva tutti i requisiti per divenire uno dei primi stabilimenti termali d’Italia. Purtroppo anche l’entusiasmo del Lamotte si esaurì ben presto (65) e quelle celebri sorgenti mai più furono tolte da deplorevole abbandono.

http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/testi/monografie/fiumi/04.pdf

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003