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IL MERCANTE AI VERTICI DELLA REPUBBLICA  AI TEMPI DELL'ASSEDIO

 

……accordando, si smarrisce, diceva egli, e non si perde la libertà, dove non accordando ed essendo vinti, non si smarriva a tempo, ma si perdeva per sempre.

 

Zanobi di Francesco di Berto Carnesecchi

Firenze 1471 --????

 

 

 

 

 

QUESTI CON ALTRI INFINITI , CH'IO NON MI RICORDO, FURNO L'ORNAMENTO ED IL FIORE DELLA CITTA' LIBERA, PERCHE' AMORNO LA CITTA' PER IL BEN PUBBLICO

Il Busini mai tenero coi Carnesecchi mette Zanobi di Francesco di Berto tra il fiore della citta' libera

 

 

 

 

 

 

Zanobi Carnesecchi nacque a Firenze nel 1471 circa, e appartenne ai Carnesecchi fiorentini. Fu una personaggio rilevante della Firenze del Quattrocento, figlio del ricchissimo mercante Francesco di Berto che era stato uno degli uomini eminenti della citta' ed era stato in societa' con Lorenzo e con Giuliano dei Medici

Zanobi inizio quella societa' con gli Strozzi destinata a prolungarsi fino alla fine del cinquecento

 

 

 

Vicende e Carriera politica

 

 

Figura tra i savonaroliani che firmarono la petizione diretta al Papa in favore del frate [1]

 

Priore della Repubblica nel 1502. [2]

 

048 Biagio Buonaccorsi a Niccolò Machiavelli

Firenze, 3 novembre 1502

Nicolao Malclavello suo plurimum honorando. etc.

Niccolò. Io vi scripsi per Carlo cavallaio brevemente, non havendo tempo, et per quella vi detti adviso come per il mezo del S.re Niccolò Valori et mia sollicitudine cavamo dal camarlingo delle prestanza ducati 30, li quali io ho nelle mani ad vostra instantia, ma non li mandai per Carlo, non sapendo come si venissimo sicuri. Per questa vi dico il medesimo, che io non li manderò, se non ho da voi expressa commissione: però me ne rispondete chiaro, etc.

Il velluto lo rihebbi et mandalo ad casa vostra.

Il Gonfaloniere vi scrive la alligata: vedete sia servito et di fare honore alle commissioni sua, et ingegnatevi di tornare.

Nec plura. Raccomandomi a voi. Florentie, die iii Novembris 1502.

Frater Blasius

Signori: Antonio Canigiani, Niccolò Capponi, Zanobi Carnesechi, Ugo della Stufa, Piero di Brunetto, Antonio Benozi, Thomaso Guardi, Tinoro Bellacci, Piero Soderini gonfaloniere.

 

Fu nella lista di uomini tra cui i Fiorentini scelsero il primo ed ultimo Gonfaloniere a vita Piero Soderini.

 

A dire del Busini era uomo assai considerato e molto amante della libertà.[3] : l'ornamento ed il fiore della citta' libera

……………………dico, che de'migliori cittadini, che furno a mio giudicio, in amando rettamente la libertà per cagione di lei, e non per altro, ed in costumatezza e lealtà conveniente al viver libero, furono: Marco del Nero, messer Gio. Vettorio Soderini, Agnolo della Casa, Andreuolo Niccolini, Giuliano Capponi, Gio. Batista e Lutozzino Nasi, Bastiano Canigianr, Tommaso Soderini, Banco degli Albizzi, Girolamo Gondi, Bernardo Gondi dal Trebbio, Nero del Nero, Tommaso Tosinghi, Lorenzo Giacomini, Pieradovardo e Pier Francesco Portinari, Zanobi e Luigi, che andavan prima, ma non guardate all' ordine; Larione e Lorenzo Martelli, Lorenzo Strozzi e lacopo Guicciardini andranno dipoi; Girolamo Bettini, Carlo e Bernardo Bagnesi, Bernardino Neretti, Bernardo Vettori, il vecchio, Luigi Soderini, Bernardo., Piero e Niccolo Popoleschi, Uberto de' Nobili, Girolamo Benivieni, lacopo Morelli, Giovanni Rinuccini,

Ulivieri Guadagni, Duccio Mancini, Carlo di Giovanni Strozzi, Mariotto Segni., Francesco Zati, Prior Pandolfini, Federigo Gondi, Ruberte Bonsi, Antonio Lenzi, Francesco Lenzi, Zanobi Carnesecchi, Gherardo Taddei, Niccolo da Verrazzano, Piero Petrini, un de'Ridolfi, un de'Gambi, fratello di Tommaso, Lorenzo Ridohì, Cherubin Fortini, messer Pagolo Cartoli, messer Niccola Acciaiuoli, Batista Nelli, Domenico Simoni. Questi con altri infiniti, ch'io non mi ricordo, furno l'ornamento ed il fiore della città libera, perché amorno la città per il ben pubblico;

 

Nel 1527 fu tra i venti cittadini designati a correggere il Consiglio Maggiore [4]

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nel 1527 rifiuta la nomina a Commissario generale nel campo della Lega [6]

…………Intanto venuto il tempo si crearono i nuovi signori per gennaio e febbraio, i quali furono questi: Giovanni di Gherardo Machiavelli e Bastiano d'Antonio Canigiani, per Santo Spirito; Francesco di Bartolommeo del Zaccheria e Matteo di Matteo Borgianni, per Santa Croce; Andrea di Tommaso Sertini e Alessandro d' Antonio Scarlattini, per Santa Maria Novella; Michele di Marcantonio Benivieni e Giovanni di Filippo Arrigucci ', per San Giovanni: il loro notaio fu ser Zanobi di ser lacopo Salvetti. A questa signoria fu per una provvisione commesso che facesse che il vicario di Valdicecina nel consiglio maggiore nel medesimo modo e colla medesima autorità si deputasse, che innanzi all' anno millecinquecentododici si faceva; e perché la città di Volterra più in detto vicariato uficiale alcuno mandare non potesse, tolto via l'ufficio del potestà di Volterra, solo il capitano, come innanzi al dodici, vi si mandasse. E perché Giovambatista Soderini fratello di Tommaso, il quale si trovava in Vicenza, era del mese di dicembre stato eletto ambasciadore a Vinegia, e giudicando cotale uficio minore della qualità sua , accettato non l'aveva, fu dopo Zanobi Bartolini, e Zanobi Carnesecchi, e Piero di Francesco Tosinghi, i quali tutti e tre rifiutato l'avevano, eletto commessario generale nel campo della lega. Era Giovambatista d'animo grande e d'eccellenti virtù, ma superbo e altiero molto;…………………..

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nel 1527 fu tra i Dieci di Liberta e pace <<la cui autorita' sulle cose della guerra era grandissima >> [5]

……….i quali furono questi: 1 Mariotto Segni, 2 Tommaso Soderini, 3 Andrea Pieri, 4 Nicolo Zati, 5 Federigo Gondi, 6 Angelo Doni, 7 Uberto Nobili, 8 Alfonso Strozzi, 9 Tommaso Tosinghi, 10 Zanobi Carnesecchi. Il primo Segretario dei quali era M. Francesco Tarugi da Montepulciano; nel cui luogo, essendo egli pochi mesi appresso morto, succedette col favore di Antonfrancesco degli Albizi, di Tommaso Soderini, di Alfonso Strozzi e del Confaloniere * medesimo, prima con cento e poi con centocinquanta fiorini d'oro netti per ciascun anno, Donato di Lionardo Giannolti; uomo di bassa condizione, ma grave pero' e modesto e costumalo molto; e non solo delle lettere greche e delle latine ma eziandio delle cose del mondo e specialmente de' governi civili intendentissimo, e sopra tutto grande amatore della libertà: talché coloro ancora i quali riprenderlo e biasimarlo voluto avrebbono, altro apporre non gli sapevano se non che egli alquanto fosse ambizioso, e troppo degli uomini o ricchi o nobili e per conseguente potenti amico e seguitatorc. Questa elezione inaspettata da molti fu (per questo che si dice e crede ancora oggi) non piccola cagione che Nicolo Machiavelli scrittore delle storie Fiorentine morisse: perciocché essendo egli di campo con M. Francesco Guicciardini tornato, ed avendo ogni opera fatto per dovere l'antico luogo del Segretario ricuperare; e veggendosi (quantunque Luigi Alamanni e Zanobi Buondelmonti suoi amicissimi grandissimamente favorito l'avessono) al Giannotto, di cui egli (ancorché piuttosto non senza lettere che letterato chiamare si potesse) molto in cotale uffizio si teneva superiore, posposto; e conoscendosi in quanto odio fosse dell'universale, s'attristò di maniera, che non dopo molto tempo s'infermò e morì. La cagione dell' odio, il quale gli era universalmente portato grandissimo, fu oltra l'essere egli licenzioso della lingua e di vita non molto onesta e al grado suo disdicevole, quell'opera ch'egli compose e intitolò il Principe, ed a Lorcnzo di Piero di Lorenzo, acciocché egli Signore assoluto di Firenze si facesse, indirizzò. Nella quale opera (empia veramente e da dover essere non solo biasimata ma spenta; come cercò di fare egli stesso dopo il rivolgimento dolio Stato, non essendo ancora stampata) pareva a ricchi ch'egli di tor la roba insognasse, e a' poveri l'onore, e agli uni e …………………

 

 

Nel 1529 venne eletto tra i sette cittadini, considerati alla stregua di "quasi dittatori"[7], che si occuparono della gestione politica della Repubblica fiorentina, durante l'assedio delle truppe spagnole, iniziato il 14 ottobre 1529. Infatti, come afferma Benedetto Varchi, i fiorentini: "Elessero finalmente sette cittadini, quasi sette dittatori, l'uficio dei quali fosse vegghiare tutte le cose della città pertinenti allo stato, e a tutte quante provvedere, ed in somma aver cura che la repubblica fiorentina non patisse danno alcuno in cosa alcuna; gli eletti a tanto magistrato furono: Iacopo di Girolamo Morelli, Zanobi di Francesco Carnesecchi, Antonfrancesco di Luca degli Albizzi, Bernardo di Dante da Castiglione, Alfonso di filippo Strozzi, Agostino di Francesco Dini, Filippo Baroncini"[8].

 

il Varchi esprime un giudizio fortemente negativo sulla loro azione

Questi sette cittadini , nei quali doveva consistere in grandissima parte la salute di Firenze , furono di pocchissimo ,anzi di nessun frutto; perciocche' , oltracche' la maggior parte di loro non eran capaci di cosi alto ed importante ufizio ,egli erano tanto diversi l'uno dall'altro , e tanto per lo piu'timidi e respettivi, per non dir cavosi e irresoluti, che mai non si sarebbero accordati a por mano , come bisognava , a un impresa rilevata e straordinaria ,ed insomma si impedivano l'un l'altro : perche' Zanobi Carnesecchi, verbigrazia, o Agostino Dini , il quale non aveva altro obietto che la sua arte di seta, ne' era stato piu' oltra dei suoi poderi, mai non arebbono consentito,verbigrazia, ad Antonfrancesco degli Albizzi o a Bernardo da Castiglione, di fare una resoluzione onorata ,dove si fusse portato come nelle azioni grandi ,alcun rischio o pericolo.Ne' si dubita dagli uomini prudenti ,che s'avessono eletto uno solo senza guardare ad altro che alla sufficienza ,come esempigrazia il Ferruccio o Lorenzo Carnesecchi , o alcun altro ancora di minore virtu' ,e fattolo dittatore da dovero ,le cose sarebbero state per avventura governate altramente che elle non furono , e per conseguenza avuto altro fine che esse non ebbero.

 

Il Varchi lamenta come di fatto questi sette s'impedissero l'azione l'un l'altro e rimpiange che non si fosse eletto un solo :

 

<<Tutti gli uomini più sennati si accordavano nel dire che, se invece di di aver messo lo stato in balia di sette cittadini quasi sette dittatori si fosse eletto uno solo senza guardare ad altro che alla sufficienza, come esempi grazia il Ferruccio o Lorenzo Carnesecchi, o alcun altro ancora di minor virtu', e fattolo dittatore da dovero, le cose sarebbero state per avventura governate altrimenti che elle non furono, e per conseguenza avuto altro fine che elle non ebbero.>> [10]

 

La sua indecisione 

 

Ebbe una politica talvolta indecisa perche' in lui si dibattevano diverse anime : poneva nella liberta' di Firenze il bene supremo , nello stesso tempo non era ostile ai Medici per tradizione familiare ( il padre Francesco aveva avuto diversi affari in comune con Giuliano e con Lorenzo dei Medici ) ed ancora essendo un mercante teneva in gran conto i disastri che questa guerra stava procurando alle industrie ed ai commerci fiorentini .

Animato quindi da propositi pacifici, avrebbe desiderato salvaguardare la libertà della repubblica con un accordo dignitoso con l'imperatore e con Clemente VII. In questo suo atteggiamento esprimeva l'indecisione di tanti fra i Fiorentini. [9]

Zanobi mirava ad un accordo onorevole col papa mediceo

Ed in consiglio , quando ancora si poteva forse raggiungere un accordo col Papa , votera' contro il proseguimento della guerra ( dei 16 gonfaloni 15 votarono per continuare la guerra solo il gonfalone Drago di San Giovanni sotto l'influsso del Carnesecchi voto' per l'accordo ) cercando di salvare il salvabile e di consdi conseguenza un duro scontro verbale con Lionardo Bartolini ( Questo non essere un compromesso della Mercanzia )( se voi tentate di fare accordo coi Medici ,o voi taglierete a pezzi noi o noi taglieremo a pezzi voi ) e con lo Zati. [11]

 

 

 

REALISMO DI ZANOBI

 

Zanobi propone di accettare una resa onorevole , cercando un compromesso col nemico che non precludesse definitivamente la liberta'

 

………………….Fuggironsi ancora di Firenze Roberto Acciaiuoli, Alessandro Corsini, Alessandre de'Pazzi e molti altri Palleschi, con sommo pìacere di Clemente, il quale per mezzo di messer Giovanfrancesco da Mantova aveva, che eglino si partissono, procurato, volendo mostrare non esser falsoquello ch'egli a Orange affermativamente predetto aveva, cioè che tutti i cittadini di conto, tosto ch'egli s'accostasse a' confini coll'esercito, abbandonerebbono la città, parte per l'affezione che gli portavano, e parte per la paura che non fossero arse e guaste le case e possessioni loro.

Ragunata dunque la pratica, si lessero da prima le lettere degli oratori, le quali dicevano, come il papa voleva in lui si facesse la rimission libera, e di poi mostrerebbe il suo buon animo verso la patria. Lette le lettere, favellò il gonfaloniere, dicendo:

Che consigliassero liberamente senza o amore o odio di persona alcuna, perciocche' egli, per quanto a lui s'aspettava, tutto quello che da loro determinato fosse, era non solamente per approvare come utile, ed eseguire come onorevole, ma eziandio commendare come onesto; che se a loro paresse, a lui bastava la vista di difendere la libertà di Firenze, ricordando loro, e strettissimamente pregandoli che ricordar si volessono della promission fatta dal consiglio grande in nome di tutto il popolo fiorentino a Gesù Cristo figlíuolo di Dio, di mai non volere altro re accettare che lui solo, il quale pareva bene, che della promessa loro e della pietà sua si ricordasse, poiché per divertire lo ímperadore dalle cose d'Italia, impiegato ancora e impegnato nelle guerre di Lombardia, aveva cotanto re quant'era Solimano signor de' Turchi, con trecento migliaia d'uomini e con infinita cavalleria, la casa sua propria a combattere mandato: le forze de'Fíorentini esser di quello che si stimava maggiori assai, e quelle del papa e dell'imperadore molto minori, siccome eglino stessi da Raffaello Girolami prestantissímo cittadino, il quale testimoniava di veduta, avevano udito poco innanzi; le mura della città di Firenze esser tali, che per se medesime guardare si potrebbono., e quando bene non avessono mura tanto forti e gagliarde, avevano tanti e tali soldati, che senza esse sarebbono bastanti a difenderglí. E quando non avessono anco soldati forestieri, avevano la loro milizia propria di tal virtu', e la terra di tante artiglierie di tutte le sorte fornita, che potevano, purchè fusson d'accordo a volersi difendere, stare sicurissimi di non potere esser da niuno, quantunque fortissimo e numerosíssimo esercito forzati; vettovaglie non esser per mancare loro, avendone dì già tante ragunale, e tante ogni giorno ragunandone; e molto meno danari per poter dare le lor paghe ne'debiti tempi a' lor soldati, essendo la città ricca, e i cittadini, per salvar l'onore e la roba e la libertà loro e della loro dilettissima patria, avere siccome per lo passato a contribuire eziandio per l'innanzi tutto quello che potevano volentieri.

Tacquesi dette queste parole il Carduccio, onde i cittadini essendosi insieme ristretti, ed avendo tra loro lungamente consultato, è gran cosa a dire che di sedici gonfaloni quindici furono dí tanta generosità ed altezza d'animo, che si risolvettero di voler perdere piuttosto la roba e la vita combattendo, che l'onore e la libertà cedendo; solo il gonfallone del drago verde per San Giovanni, per lo quale riferì messer Bono Boni dottor di leggi, buona veramente piuttosto che valente persona, consigliò che si dovesse, anzichè aspettar l'esercito, rimettersi nella potestà e volontà del papa liberamente, e pigliare in qualunque modo l'accordo, e ciò non tanto da lui procedette, quanto da Zanobi di Francesco Carnesecchi, il quale era in opinione non pure di leale e diritto mercatante, ma di pratico e prudente cittadino. Costui non cotale alla grossa con frivole ragioni, come sogliono il piu' de' mercatanti, ma con argomenti sottili e filosofici disse così: Gli uomini prudenti pigliano del bene piuttosto il certo, eziandìo che sia minore, che l'incerto che sia maggiore, e del male piuttosto l'incerto, eziandio che sia maggiore, che il certo, eziandio che sia minore; l' accordo è un ben certo, salvandosi la roba e la vita e forse anco la libertà; la guerra è un bene incerto., stando in potestà della fortuna così il perdere, come il vincere, ed è un mal certo, perdendosi chiaramente le possessioni, e' bestiami e forse, nonche la libertà, l'onore e la vita; oltrachè accordando, si smarrisce, diceva egli, e non si perde la libertà, dove non accordando ed essendo vinti, non si smarriva a tempo, ma si perdeva per sempre.

Nella quale opinione egli persistette, non ostante che Lionardo Bartolini, il quale uno era de'sedici collegi, con mal piglio e con meno che convenevoli parole, questo non essere un compromesso della Mercanzia, per isbeffarlo gli disse e a uno degli Zati, che ingiuriosamente, quasi minacciandolo, lo riprendeva, rispose con formo viso: che se la pratica era libera, ognuno poteva dire tutto quello che più gli pareva.

Il medesimo Lionardo, il quale se pure amava la libertà., come egli diceva ed io voglio credere, non l'amava modestamente ed in quel modo che si deve, disse in presenza di Giovambatista Busini e di Domenico Simoni amatori anch'essi ma con piu' modestia, della libertà, a lacopo Morelli chiamato il Diavoletto, quando usciva della pratica, Se voi tentate di fare accordo co' Medici, o voi taglierete a pezzi noi, o noi taglieremo voi;

 

 

Alla caduta della Repubblica fu tra gli uomini meno invisi ai Medici [12] ed al contrario di altri non subi nessuna persecuzione ma anzi fu tra gli uomini chiamati alla riforma dello Stato ( arroto alla balia ).[13]

 

XXVIII. Sebbene a me sarebbe più magnifico e più orrevole, e agli altri più dilettevole e più maraviglioso, che avessi sempre nella penna o papi, o re, o imperadori, o altri personaggi grandi, e per conseguenza narrassi cose più alte e più degne di dover esser lette; nondimeno, scrivendo i fatti d'una città particolare, è ragionevole che io accomodi non la materia a me, ma me alla materia, qualunque ella si sia. Laonde non mi parendo fuori di proposito, non mi parrà anco fatica di scrivere a uno a uno, quartiere per quartiere, e secondo l'ordine dell'alfabeto, i nomi di tutti coloro, i quali per infino agli otto d'ottobre furono aggiunti alla Balia dalla Balia medesima, perchè da questi cento trentasei Arroti, i quali con quegli della prima si chiamavano la Balia maggiore, nacque, come si vedrà, il Consiglio de'Dugento, il quale ancora oggi fiorisce. E prima pel quartiere di Santo Spirito : Agnolo di Piero Serragli; Angiolino di Guglielmo Angiolini per la minore, Albertaccio d'Andrea Corsini; Alessandro di Niccolò Antinori; Alessandro di Gherardo Corsini; Alessandro di Giovan Donato Barbadori; Antonio di Piero di messer Luca Pitti; Bartolommeo d'Andrea Capponi; Bartolommeo, ovvero Baccio, di Lanfredino Lanfredini, Bernardo di Piero Bini; Domenico d'Andrea Alamanni; Domenico di Matteo Canigiani; Filippo di Benedetto de' Nerli ; Francesco di Piero Vettori ; Francesco di Piero Pitti; Francesco di Piero del Nero; Giovanni di Piero Vettori; Giovanni di Matteo Canigiani; Giovanni di Corso delle Colombe per la minore ; Giovanfrancesco di Ridolfo Ridolfi; Giuliano di Piero Capponi; Girolamo di Niccolò Capponi; Iacopo di Pandolfo Corbinegli; Lorenzo di Bernardo Segni; Lorenzo d'Iacopo Mannucci per la minore; Luigi di Piero Guicciardini; Luigi di Piero Ridolfi; Luca di Giorgio Ugolini; Lutozzo di Francesco Nasi; Maso di Bernardo de' Nerli ; Migiotto di Bardo de' Bardi ; Niccolò di Batista di Dino per la minore; Pierfrancesco di Giorgio Ridolfi; Raffaello di Francesco Corbinelli. Pel quartiere di Santa Croce: Agostino di Francesco Dini; Antonio di Lione Castellani; Antonio di Bettino da Ricasoli; Averardo d'Alamanno Salviati; Bernardo di Francesco del Tovaglia per la minore; Carlo di Ruberto Lioni; Domenico di Francesco Riccialbani; Donato di messer Anton Cocchi; Federigo di Ruberto de'Ricci; Francesco d'Averardo Serristori ; Francescantonio di Francesco Neri; Francesco di Benedetto Bonsi per la minore; Gherardo di Francesco Gherardi; Giovanni di Filippo dell'Antella; Giovanni d'Albertaccio degli Alberti; Giovanni di Batista Serristori; Iacopo di Giovanni Salviati; Iacopo di Girolamo Morelli; Iacopo di Berlinghieri Berlinghieri; Lapo di Bartolommeo del Tovaglia per la minore; Lionardo di Lorenzo Morelli; Lodovico d'Iacopo Morelli; Lorenzo di Bernardo Cavalcanti, Luigi di Francesco Gherardi ; Mainardo di Bartolommeo Cavalcanti; Niccolò di Giovanni Becchi; Raffaello di Rinieri Giugni; Raffaello di Miniato Miniati per la minore; Scoiaio d'Iacopo Ciacchi; Zanobi d'Andrea Giugni. Pel quartiere di Santa Maria Novella: Agnolo di Francesco della Luna; messer Alessandro di messer Antonio Malegonnelle ; Alessandro di Francesco Guiducci; Antonio di Dino Canacci; Benedetto di messer Filippo Buondelmonti; Bernardo di Carlo Rucellai; Bernardo di Carlo Gondi; Bongianni di Gherardo Gianfigliazzi; Cosimo di Cosimo Bartoli; Cristofano di Chimenti Sernigi; Filippo di Filippo Strozzi ; Francesco di Guglielmo Altoviti ; Francesco di Luigi Calderini per la minore; Giovanni di Lorenzo Tornabuoni; Giovanni d'Ubertino Rucellai; Giovanni di Girolamo Federighi; Giovanni di Piero Franceschi; Giovanfrancesco d'Antonio de'Nobili; Ippolito di Giovambatista Buondelmonti; Iacopo di messer Bongianni Gianfigliazzi, Iacopo d'Antonio Spini; Lionardo d'Iacopo Vettori; Lorenzo di Donato Acciaiuoli; Lorenzo d'Antonio Cambi; Lorenzo di Filippo Strozzi; Matteo di Lorenzo Strozzi; Palla di Bernardo Rucellai; Piero di Marco Bartolini; Pierfrancesco di Salvi Borgherini; Ruberto di Donato Acciaiuoli; Raffaello di Matteo Fedini per la minore; Teodoro di Francesco Sassetti ; Taddeo di Francesco Guiducci; Zanobi di Noferi Acciaiuoli. Per San Giovanni: Andrea di Paolo Carnesecchi; Andrea di Donato Adi mari; Alessandro di Giovanni Rondinelli; Alessandro di Guglielmo de'Pazzi; Antonio di Geri de'Pazzi; Antonio di Antonio da Rabatta; Adovardo d'Alessandro da Filicaia; Banco d'Andrea degli Albizzi; Bernardo d'Andrea Carnesecchi; Bivigliano d'Alamanno de'Medici; Bernardo d'Iacopo Ciai; Bernardo di Giovanni de'Rossi per la minore; Cristofanodi Bernardo Rinieri, Domenico di Braccio Martelli; Domenico di Girolamo Martelli; MesserEnea di Giovenco della Stufa; Francesco e Filippo di Niccolò Valori; Messer Giovanni di messer Bernardo Buongirolami ; Giovanni di Stagio Barducci ; Giovanni di Baldo Tedaldi ; Giovambatista di Marco Bracci per la minore; Iacopo di Chiarissimo de'Medici; Lorenzo d'Antonio degli Alessandri; Maso di Geri della Rena; Michele d'Antonio del Cittadino per la minore; Niccolò d'Andrea degli Agli; Prinzivalle di messer Luigi della Stufa; Raffaello di Francesco de' Medici ; Raffaello di messer Alessandro Pucci ; Ruberto d'Antonio Pucci; Ruberto di Francesco Alamanneschi; Ruberto di Felice del Beccuto; e Zanobi di Francesco Carnesecchi. L'uficio di questi Arroti, o Balia grande, o Senato; il quale soddisfece bene all'ambizione di molti cittadini minori, ma non empiè già l'ingordigia di pochi maggiori, è ragunarsi in Palazzo ogni volta che la campana gli chiamasse; e quivi con tanta autorità, quant'aveva prima tutto 'l Consiglio maggiore, far leggi, passare provvisioni, e provvedere all'altre occorrenze dello Stato, secondochè da chi aveva la mente del papa fosse stato proposto.

 

 

Discendenza

 

Tra i suoi figli si distinse in modo particolare Bartolomeo (Baccio) Carnesecchi, autore di una storia di Firenze ,banchiere con gli Strozzi di una delle piu' grandi banche fiorentine del suo tempo , poi senatore del Granducato di Toscana.[14] [15]

 

 

Note

1. ^ Pasquale Villari, La storia di Girolamo Savonarola e dei suoi tempi, 1882 : il testo e l'elenco dei firmatari e' reperibile in rete.

2. ^ Vedi sito della Brown University progetto tratte della repubblica fiorentina.

3. ^ Giovanbattista Busini, Lettere a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze. Pisa, 1822 . Il testo e' reperibile in rete

4. ^ Varchi Storia fiorentina TomoI 175

5. ^ Varchi Storia fiorentina TomoI 241

6. ^ Varchi Storia fiorentina TomoI 328

7. ^ Vedi nota seguente.

8. ^ Cfr. B. Varchi, Storia Fiorentina, a cura di G. Milanesi, vol. II, Le Monnier, Firenze 1858, pp. 22-23

9. ^ La nuova repubblica Fiorentina, iniziata nel 1527, era sorta specialmente per opera degli antichi fautori del Savonarola, cioè dei Piagnoni ai quali parve di vedere nel sacco di Roma la conferma delle profezie del frate . I Piagnoni che governavano Firenze, pur essendo sinceramente repubblicani, erano divisi in due partiti: quello degli Ottimati e quello dei Popolani. I popolani guidati da Baldassarre Carducci era intransigenti nell'odio contro i Medici indisponibili a qualunque trattativa , gli Ottimati che facevano capo al Gonfaloniere Niccolo Capponi invece ritenevano di poter ancora accordarsi salvaguardando dignita' e liberta'

10. ^ Varchi Storia fiorentina Tomo II 31

11. ^ Varchi Storia fiorentina Tomo II 163 164

12. ^ abbastanza naturale.

13. ^ Varchi Storia fiorentina Tomo II 538

14. ^ Manni Il senato Fiorentino

15. ^ The Medici Archive Project : Documentary Sources for the Arts and Humanities in the Medici Granducal Archive: 1537-1743

 

 

Bibliografia

 Pasquale Villari, La storia di Girolamo Savonarola e dei suoi tempi, 1882

 Benedetto Varchi, Storia fiorentina, 1841

 Baccio Carnesecchi, Storia di Firenze dal 1526 al 1529. Ed. Urini, Rivista storica degli archivi toscani III, 1931

 Giovanbattista Busini, Lettere a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze. Pisa, 1822

 Documenti ASFi

 

 

XXVIII. Sebbene a me sarebbe più magnifico e più orrevole, e agli altri più dilettevole e più maraviglioso, che avessi sempre nella penna o papi, o re, o imperadori, o altri personaggi grandi, e per conseguenza narrassi cose più alte e più degne di dover esser lette; nondimeno, scrivendo i fatti d'una città particolare, è ragionevole che io accomodi non la materia a me, ma me alla materia, qualunque ella si sia. Laonde non mi parendo fuori di proposito, non mi parrà anco fatica di scrivere a uno a uno, quartiere per quartiere, e secondo l'ordine dell'alfabeto, i nomi di tutti coloro, i quali per infino agli otto d'ottobre furono aggiunti alla Balia dalla Balia medesima, perchè da questi cento trentasei Arroti, i quali con quegli della prima si chiamavano la Balia maggiore, nacque, come si vedrà, il Consiglio de'Dugento, il quale ancora oggi fiorisce. E prima pel quartiere di Santo Spirito : Agnolo di Piero Serragli; Angiolino di Guglielmo Angiolini per la minore, Albertaccio d'Andrea Corsini; Alessandro di Niccolò Antinori; Alessandro di Gherardo Corsini; Alessandro di Giovan Donato Barbadori; Antonio di Piero di messer Luca Pitti; Bartolommeo d'Andrea Capponi; Bartolommeo, ovvero Baccio, di Lanfredino Lanfredini, Bernardo di Piero Bini; Domenico d'Andrea Alamanni; Domenico di Matteo Canigiani; Filippo di Benedetto de' Nerli ; Francesco di Piero Vettori ; Francesco di Piero Pitti; Francesco di Piero del Nero; Giovanni di Piero Vettori; Giovanni di Matteo Canigiani; Giovanni di Corso delle Colombe per la minore ; Giovanfrancesco di Ridolfo Ridolfi; Giuliano di Piero Capponi; Girolamo di Niccolò Capponi; Iacopo di Pandolfo Corbinegli; Lorenzo di Bernardo Segni; Lorenzo d'Iacopo Mannucci per la minore; Luigi di Piero Guicciardini; Luigi di Piero Ridolfi; Luca di Giorgio Ugolini; Lutozzo di Francesco Nasi; Maso di Bernardo de' Nerli ; Migiotto di Bardo de' Bardi ; Niccolò di Batista di Dino per la minore; Pierfrancesco di Giorgio Ridolfi; Raffaello di Francesco Corbinelli. Pel quartiere di Santa Croce: Agostino di Francesco Dini; Antonio di Lione Castellani; Antonio di Bettino da Ricasoli; Averardo d'Alamanno Salviati; Bernardo di Francesco del Tovaglia per la minore; Carlo di Ruberto Lioni; Domenico di Francesco Riccialbani; Donato di messer Anton Cocchi; Federigo di Ruberto de'Ricci; Francesco d'Averardo Serristori ; Francescantonio di Francesco Neri; Francesco di Benedetto Bonsi per la minore; Gherardo di Francesco Gherardi; Giovanni di Filippo dell'Antella; Giovanni d'Albertaccio degli Alberti; Giovanni di Batista Serristori; Iacopo di Giovanni Salviati; Iacopo di Girolamo Morelli; Iacopo di Berlinghieri Berlinghieri; Lapo di Bartolommeo del Tovaglia per la minore; Lionardo di Lorenzo Morelli; Lodovico d'Iacopo Morelli; Lorenzo di Bernardo Cavalcanti, Luigi di Francesco Gherardi ; Mainardo di Bartolommeo Cavalcanti; Niccolò di Giovanni Becchi; Raffaello di Rinieri Giugni; Raffaello di Miniato Miniati per la minore; Scoiaio d'Iacopo Ciacchi; Zanobi d'Andrea Giugni. Pel quartiere di Santa Maria Novella: Agnolo di Francesco della Luna; messer Alessandro di messer Antonio Malegonnelle ; Alessandro di Francesco Guiducci; Antonio di Dino Canacci; Benedetto di messer Filippo Buondelmonti; Bernardo di Carlo Rucellai; Bernardo di Carlo Gondi; Bongianni di Gherardo Gianfigliazzi; Cosimo di Cosimo Bartoli; Cristofano di Chimenti Sernigi; Filippo di Filippo Strozzi ; Francesco di Guglielmo Altoviti ; Francesco di Luigi Calderini per la minore; Giovanni di Lorenzo Tornabuoni; Giovanni d'Ubertino Rucellai; Giovanni di Girolamo Federighi; Giovanni di Piero Franceschi; Giovanfrancesco d'Antonio de'Nobili; Ippolito di Giovambatista Buondelmonti; Iacopo di messer Bongianni Gianfigliazzi, Iacopo d'Antonio Spini; Lionardo d'Iacopo Vettori; Lorenzo di Donato Acciaiuoli; Lorenzo d'Antonio Cambi; Lorenzo di Filippo Strozzi; Matteo di Lorenzo Strozzi; Palla di Bernardo Rucellai; Piero di Marco Bartolini; Pierfrancesco di Salvi Borgherini; Ruberto di Donato Acciaiuoli; Raffaello di Matteo Fedini per la minore; Teodoro di Francesco Sassetti ; Taddeo di Francesco Guiducci; Zanobi di Noferi Acciaiuoli. Per San Giovanni: Andrea di Paolo Carnesecchi; Andrea di Donato Adi mari; Alessandro di Giovanni Rondinelli; Alessandro di Guglielmo de'Pazzi; Antonio di Geri de'Pazzi; Antonio di Antonio da Rabatta; Adovardo d'Alessandro da Filicaia; Banco d'Andrea degli Albizzi; Bernardo d'Andrea Carnesecchi; Bivigliano d'Alamanno de'Medici; Bernardo d'Iacopo Ciai; Bernardo di Giovanni de'Rossi per la minore; Cristofanodi Bernardo Rinieri, Domenico di Braccio Martelli; Domenico di Girolamo Martelli; MesserEnea di Giovenco della Stufa; Francesco e Filippo di Niccolò Valori; Messer Giovanni di messer Bernardo Buongirolami ; Giovanni di Stagio Barducci ; Giovanni di Baldo Tedaldi ; Giovambatista di Marco Bracci per la minore; Iacopo di Chiarissimo de'Medici; Lorenzo d'Antonio degli Alessandri; Maso di Geri della Rena; Michele d'Antonio del Cittadino per la minore; Niccolò d'Andrea degli Agli; Prinzivalle di messer Luigi della Stufa; Raffaello di Francesco de' Medici ; Raffaello di messer Alessandro Pucci ; Ruberto d'Antonio Pucci; Ruberto di Francesco Alamanneschi; Ruberto di Felice del Beccuto; e Zanobi di Francesco Carnesecchi. L'uficio di questi Arroti, o Balia grande, o Senato; il quale soddisfece bene all'ambizione di molti cittadini minori, ma non empiè già l'ingordigia di pochi maggiori, è ragunarsi in Palazzo ogni volta che la campana gli chiamasse; e quivi con tanta autorità, quant'aveva prima tutto 'l Consiglio maggiore, far leggi, passare provvisioni, e provvedere all'altre occorrenze dello Stato, secondochè da chi aveva la mente del papa fosse stato proposto.

 

 

 LXIV. Il papa stando saldo in su la sua opinione, scriveva a Baccio Valori in Romagna, e a messer Francesco Guicciardini a Bologna, della qual città l'aveva fatto governatore, con non piccola indignazione e querimonia de' Bolognesi, usati ad aver per capo e superiore loro non un laico, ma un prelato; e a Firenze faceva scrivere a Matteo Strozzi, a Francesco Vettori e ad altri cittadini, dando, come s'usa di dire, intorno alle buche, per fargli uscire. Ma essi, che conoscevano benissimo la volontà del papa, fingendo di non saperla, rispondevano che non potevano nè volevano mancare d'ubbedire in tutte le cose a Sua Santità, la quale sapeva che essi senza l' appoggio di casa sua, non che godere la patria e i beni loro, non potevano star sicuri in Firenze, e però la pregavano, che le piacesse di lasciarsi intendere a ciascuno di loro: per non si far capo egli di cotale riforma, e fuggir l'odio universale e 'l biasimo che gli poteva nascere eternamente d' aver sottoposto e messo in servitù la patria, guardandosi ciascheduno intorno, aspettava che movesse chi che sia altri, o il papa stesso; il quale, conosciuto alla fine che i cenni non gli giovavano, fatti venire a Firenze messer Francesco e Baccio, impose a Filippo de' Nerli, il quale sene tornava a Firenze, che dicesse liberamente a quei cittadini che più gli parevano a proposito, ch' egli ormai era condotto col tempo alle ventitrè ore, e che intendeva di lasciare dopo di sè lo stato della casa de' Medici di tal maniera in Firenze, che dovesse restar sicuro che non potesse più avvenire, come nel novantaquattro e nel venzette avvenuto era, quando le Palle furono sbalzate di Firenze, e fatte ribelle, e gli amici delle Palle vi rimasero sani e salvi. Onde diceva, ch' era fermato di farsi, che in caso che i Medici fossero cacciati, gli amici e seguaci de' Medici dovessono anch' essi andare insieme con loro di compagnia. Nell' altre cose esser contento che ciascheduno avesse dello Stato, e quella porzione ne participasse, la quale gli si conveniva. Filippo, il quale ancorachè non fosse intervenuto in quelle pratiche, sapeva ottimamente la voglia del papa, e per cui più si faceva il principato che la repubblica, fece l'uficio gagliardamente, mostrando che il ciò fare era non solamente utile, ma necessario; i cittadini gli risposero nel medesimo modo, offerendosi pronti e parati a ubbidire qualunche volta gli fosse comandato: laonde il papa chiamandoli cornacchie di campanile, si risolvette a lasciarsi intendere chiaramente, e mandò prima Antonio Guiducci all' arcivescovo di Capova colla risoluzione della mente sua, e poco appresso Ruberto Pucci, il quale andasse disponendo la materia, e all' ultimo Filippo Strozzi, il quale v' introducesse la forma. Perchè dopo alcuni ragionamenti e pratiche, ristretti insieme, vinsero nella Balia il quarto giorno d'aprile una provvisione, per la quale fu dato autorità alla Signoria e gonfaloniere di potere, anzi dovere eleggere dodici cittadini, i quali potessero e dovessero fra 'l termine di un mese aver riformato, riordinato, ricorretto e stabilito lo stato, il governo e 'l reggimento della città di Firenze, con tutte l'altre cose annesse, dependenti e pertinenti alle faccende del Comune, con tanta potestà e balia, quanta si potesse maggiore, e con autorità di potersi prorogare per un altro mese. I dodici riformatori furon questi: messer Matteo Niccolini, messer Francesco Guicciardini, Agostino Dini, Ruberto Pucci, Iacopo Gianfigliazzi, Ruberto Acciaiuoli, Bartolommeo Valori, Giovanfrancesco Ridolfi, Matteo Strozzi, Francesco Vettori, Palla RucelIai e Giuliano Capponi ; a' quali s'aggiunse per cagione dell' esser egli gonfaloniere, Giovanfrancesco de' Nobili. I Signori i quali sedevano per marzo e aprile con esso lui, i quali furono gli ultimi Signori della città di Firenze, erano : Luigi di Piero Guicciardini e Buongianni Antinori, per Santo Spirito; Iacopo di Berlinghieri Berlinghieri e Antonio di Bettino da Ricasoli, per Santa Croce : Guasparri d' Antonio dal Borgo e Domenico di Soldo del Cegia, per Santa Maria Novella; Giuliano di messer Bartolommeo Scala e Raffaello d'Alessandro Pucci, per San Giovanni; e il lor notaio fuser Giovambatista di Michelagnolo Vivaldi.

LXV. I tredici riformatori ragunatisi agli venzette d'aprile nella camera del gonfaloniere, fecero per partito, secondochè era la volontà e 1' ordine di papa Clemente, che fornita quella Signoria che sedeva, cotal magistrato, dopo ch' egli era durato dugencinquant' anni, insieme col gonfalonieratico s'intendesse in tutto e per tutto esser vacato e spento, nè mai più per l'innanzi si dovessono e potessono rifare nè Signori nè Gonfalonieri; e per creare e dar forma al nuovo stato, arrosero alla Balia ottantaquattro cittadini, e ordinarono, che da tutti insieme levato il nome di Balia, s'avessero a chiamare, non ostante che fossero più, il consiglio de'Dugento. Elessero un consiglio, ovvero senato di quarantotto cittadini scelti, i quali si chiamassero gli Ottimati. Dichiararono il duca Alessandro capo e principe di tutto lo Stato e governo, con titolo di doge della Repubblica fiorentina, durante la vita sua, e dopo lui i suoi ligittimi figliuoli e successori in perpetuo, dovendo sempre aver luogo il privilegio della primogenitura, e non avendo figliuoli legittimi, il più propinquo della casa in infinito, non derogando per questo alla provvisione delli diciassette di febbraio. Levarono la distinzione dell' arti maggiori e minori, e la precedenza d'esse nel sedere ne' magistrati, mescolando e confondendo la maggiore colla minore, e facendo di amendue un corpo e un membro solo, di maniera che tutti i cittadini fossero, com' è ragionevole, egualmente cittadini. E di vero cotal distinzione aveva senza frutto nessuno arrecato dimolti danni, e perchè in ella erano pochi o buoni o valenti, si batteva per lo più ne' medesimi, e questi, il più delle volte, o se n' andavano presi alle grida, o s'accomodavano al parere e al volere di quegli della maggiore, e in somma non facevano altro che stare, come si dice, a vedere il giuoco, o tenere il lume. Tolsero via nel distribuire gli uffici l'ordine de' Quartieri, di maniera che quello di Santo Spirito nell' andare a partito non fusse più il primo, nè quello di San Giovanni il sezzo; e anco questo non fu se non ben fatto, perciocchè la virtù in un governo ben ordinato si debbe andare a trovare dovunque ella sia.

Aveva dunque questo nuovo Stato tre membri principali: il Doge, i Quarantotto e i Dugento; e tutti e tre questi gradi e dignità, o uffici, o magistrati duravano-a vita. L'autorità de' Dugento era, spedire le petizioni private e particolari; ma bisognava prima, ch' elle fossero passate nel magistrato de' Procuratori tra loro aggiuntovi i Collegi, cioè i dodici Buonuomini; s'avevano a squittinare gli uffici chiamati de'Quattordici, degli Undici e degli Otto, e tutti que' provveditorati i quali non fossero riserbati o al Doge o a' Quarantotto. Nell'eleggere gli uffici si traevano per ciascuno d' essi delle borse ordinate a ciò, più polizze, e quegli che avessono vinto il partito per la metà delle fave e una più, s'imborsavano. I segretari erano quattro, uno de'Consiglieri, uno de' Collegi, uno de' Conservadori, e il cancelliere delle Tratte; i tre primi s'avevano a trarre per sorte. Ne' Quarantotto era ristretta tutta l'autorità della Balia, e nessuno per lo tempo avvenire poteva esser eletto Quarantotto, il quale non fusse de'Dugento, e avesse trentasei anni forniti. Era l'elezione del duca, nè poteva eleggerne più che due d'una famiglia e casato medesimo, e non avevano salario nessuno. Questi Quarantotto erano divisi in due parti : in dodici, i quali si chiamano Accoppiatori, e in quattro, che si chiamavano Consiglieri; gli Accoppiatori si traevano a sorte di quattro borse, in ciascuna delle quali era la quarta parte di loro, e perchè stavano tre mesi in officio, ogn' anno toccava a ciascuno la sua volta, ed era Accoppiatore per detti tre mesi. I quattro Consiglieri stavano anch' essi tre mesi in magistrato, e s' eleggevano dagli Accoppiatori tempo per tempo. Questi erano in luogo della Signoria; però dovevano precedere a tutti i magistrati, cavalieri e dottori, e durante il magistrato loro non potevano nè citare altri nè esser citati loro; l'abito di questi quattro Consiglieri era ordinariamente un lucco foderato. In luogo del Gonfaloniere, anzi in luogo del tutto era il Doge, perchè senza lui, o suo luogotenente o sostituto, non si poteva non che vincere cos'alcuna, proporre partito nessuno, ed egli solo poteva proporgli tutti, e si vincevano per tre fave nere. Ne' Quarantotto si deliberavano le leggi, si vincevano le provvisioni, si ponevano le imposizioni de' danari, ne si ricercava altro, se non che fossero proposte dal Duca, o suo luogotenente; si creavano i magistrati di più importanza, come gli Otto di Pratica, gli Otto di Guardia, i Dodici Collegi, i Conservadori; s' eleggevano i commessari e gli ambasciadori, e anco gli ufici di fuora di maggiore importanza; era necessario, che in tutti i magistrati della città fossero alcuni, o alcuno de' Quarantotto. Tra i dodici Collegi bisognava fosse almeno un Quarantotto, quattro de' Dugento, e gli altri per tutta la città. I Procuratori bisognava che fussero tutti de' Dugento, ma quattro de'Quarantotto; de'cinque capitani di Parte, tre de' Quarantotto, e dua de'Dugento; gli otto di Pratica, almeno cinque de' Quarantotto, e gli altri de' Dugento; gli Otto di Balia, due per tutta la città, e il resto de' Dugento. Gli ufici i quali tiravano salario, erano questi: Collegi, cinque scudi per uno il mese; Otto di Pratica, sette; Conservadori, cinque; Procuratori, sei; Otto di Balia, sei; e chiunque avesse più d' un uficio o magistrato di quelli la cui creazione fosse riserbata a' Quarantotto, non potesse risquotere il salario se non da un solo; ma di quegli che si davano per tratta, si poteva risquotere il salario da tutti. Le faccende che faceva la Signoria, cosi civili come dello Stato, furno distribuite e applicate a più magistrati in questo modo : le cause delle comunità con altre comunità, ovvero fra comunità e persone private, agli otto di Pratica; le cause dove intervenisse forza o fraude, agli otto di Guardia e Balia; le cause civili, di quegli però i quali per povertà non avessero il modo a piatire all' ordinario, a' Conservadori di leggi; le cause de' Pistoiesi, insieme con tutte le cause straordinarie che avessero di bisogno della suprema autorità che aveva la Signoria, a' signori Consiglieri.

LXVI. Riformossi ancora la Ruota; e dopo queste cose si feee pure da' riformatori d'ordine del papa un partito, mediante il quale si concedeva a tutti i confinati dal trenta, che potessero fornire i loro confini dovunque piacesse e tornasse loro meglio, discosto però dalla città di Firenze trenta miglia, ed eccettuandone queste quattro città, Roma, Vinegia, Genova ed Ancona, nè presso dette città a trenta miglia; e non osservando, bando di rubello e confiscazione de'beni; e dopo tre anni, se aves'sono osservato e mandato la fede autentica d'essersi tramutati a nuovi confini, non potessero tornare, se non vinto il partito per tutte otto le fave nere.

LXVI1.1 nomi degli ottantaquattro cittadini, i quali furono arroti alla Balia per adempire il numero de' dugento, furono questi : Per Santo Spirito: Andrea d'Iacopo Mannucci ; Antonio di Luca Ugolini; Buongianni di Gino Capponi; Batista di Braccio Guicciardini; Bernardo di Giovanni Lanfredini; Buongianni di Lodovico Antinori; Francesco di Camillo Canigiani; Giovanni di Bartolommeo libertini; Giuliano di Vincenzio Ridolfi; Lodovico di Castello Corsini; Lorenzo di Bartolommeo Gualterotti; Luigi di Francesco Pieri ;messer Niccolò di Tommaso Soderini; Pagolo di Giovanni Machiavelli; Piero di ser Antonio Bartolommei; Piero di Giovanni Dini; Pierfrancesco di Carlo del Benino; Raffaello di Piero Velluti; Raffaello di Luca Torrigiani; Rosso di Giorgio Ridolfi; Vincenzio di Batista di Dino. Per Santa Croce: Angiolo d'Andreuolo Sacchetti : Andrea di Pagolo Niccolini; Antonio di Maffeo da Barberino; Antonio di Bernardo Miniati; Bartolommeo, o Baccio, di Luigi Arnoldi; Batista di Francesco Dini; Bettino di Bettino da Ricasoli; Carlo di Tinoro Bellacci; Francesco di Pier Antonio Bandini ; Francesco d'Antonio Busini; Francesco d'Agnolo Miniati; Giovanni di Benedetto Covoni; Girolamo di Giovanni Morelli; Girolamo di NoferiMelimi; Guido di Bese Magalotti: Giuliano di Francesco del Zaccheria; Iacopo di Bernardo Castellani; Lorenzo d'Iacopo Salviati; Lorenzo di Bernardo Iacopi; Niccolò di Giovanni Orlandini; Piero di Lionardo Salviati; Piero di messer Antonio Cocchi; Pierfrancesco di Ruberto de'Ricci; Pierpagolo di Carlo Biliotti ; Ruberto di Francesco Lioni. Per Santa Maria Novella: Bernardo di Giovanni Rucellai; Bernardo di Noferi Acciaiuoli; Bindo d'Antonio Altoviti: Carlo di Tommaso Sassetti; Domenico di Soldo del Cegia; Filippo di Francesco della Luna; Francesco di Girolamo Rucellai; Francesco di Giovanni Baldovinetti; Francesco di Luigi Stefani; Gherardo di Bartolommeo Bartolini; Giovanni di Ruberto Venturi; Guasparri d'Antonio dal Borgo; Luca di Piero Vespucci; Piero di Giovanni Davanzati. Per San Giovanni: Alamanno di Bernardo Ughi ; Antonio di Mancino Sostegni : Bartolommeo di Giovanni Puccini; Bernardo di Gino Ginori; Bernardo di Zanobi Frasca; Francesco di Pierfrancesco Tosinghi; Gherardo di Francesco Taddei; Giovanni di Carlo Buonromei; Giovanni di Benedetto degli Alessandri; Giovanni di Pandolfo Pandolfini; Girolamo di Luca degli Albizzi; Girolamo di ser Pagolo Benivieni; Gismondo di Gismondo della Stufa; Guido d'Iacopo del Cittadino; Giuliano di messer Bartolommeo Scala; Iacopo di Lorenzo de' Medici; Lorenzo d' Attilio de' Medici ; Lorenzo di ser Niccolò Michelozzi : Niccolaio di Girolamo Lapi ; Orlandino di Bartolommeo Orlandini; Piero di Renato de' Pazzi; Piermaria di Francesco Pucci; Raffaello di Rinaldo Rinaldi, e Zanobi di Lionardo Guidotti.

LXVIII. I primi Quarantotto furono: Per Santo Spirito: Alessandro Antinori; Alessandro Corsini; AntonioGualterotti; Bartolommeo Lanfredini: messer Francesco Guicciardini: Francesco Vettori ; Filippo de' Nerli ; Filippo Machiavelli ; Giovanfrancesco Bidolfi; Giovanni Canigiani; Girolamo Capponi; Giuliano Capponi; Luigi Guicciardini ; Luigi Ridolfi; Raffaello Corbinelli. Per Santa Croce: Agostino Dini; Antonio da Ricasoli; Federigo de' Ricci; Francesco Antonio Nori; Giovanni degli Alberti; Giovanni Corsi; Giovanni dell'Antella; Lodovico Morelli; Lorenzo Salviati; Luigi Gherardi; messer Matteo Niccolini. Per Santa Maria Novella: Andrea Minerbetti; Benedetto Buondelmonti; Bernardo di Carlo Gondi; Filippo Strozzi; Giovanfrancesco de' Nobili; Iacopo Gianfigliazzi; Matteo Strozzi; Palla Rucellai; Ruberto Acciaiuoli; messer Simone Tornabuoni ; Taddeo Guidacci ; Zanobi Bartolini ; Zanobi Acciaiuoli. Per San Giovanni: Andrea Carnesecchi; Bartolommeo Valori; Francesco Valori; messer Giovanni Buongirolami, Girolamo degli Albizzi; Ottaviano de' Medici; Prinzivalle della Stufa; Raffaello de' Medici, e Ruberto Pucci. Le case e famiglie che ebbero due Quarantotto, furono queste: Medici, Strozzi, Guicciardini, Capponi, Valori, Ridolfi e Acciaiuoli.

LXIX. I primi quattro Consiglieri furono: Ruberto Acciaiuoli, Prinzivalle della Stufa, Filippo Strozzi e Luigi Ridolfi. I quali il primo di maggio (essendosene ita la Signoria vecchia a buon' ora a casa fuora de' modi vecchi e delle cirimonie antiche), udita una messa piana in San Giovanni, se n'andorno insieme col duca in Palazzo nell'audienza degli Otto di Pratica, e quivi presa per contratto 1' autorità o tutto l'imperio, la prima cosa che fecero, diedero la balia agli Otto di Guardia, e spedirono tutte quelle faccende con tutte quelle cerimonie le quali soleva, tornata ch'era di San Giovanni dalla messa cantata, spedire e fare la Signoria.

Insino a qui, come io dissi nel principio di questa Storia, era l'intendimento mio di volere scrivere particolarmente le cose pubbliche della città di Firenze; e col principio dello stato nuovo, e fine di questo dodecimo Libro pensava io e desiderava, che dovesse essere il fine delle mie fatiche, e il principio in questa ultima vecchiezza, non già di riposarmi, non essendo cosa più contraria alla felicità e beatitudine umana che lo starsi, ma bene di ritornare a'dilettevoli studi tanto tempo da me tralasciati della santissima Filosofia. Ma poichè nostro Signore Dio per sua infinita bontà e benignità mi concede ancor vita e sanità, e V eccellentissimo duca Cosimo, non pure vuole che io seguiti, ma mi sollecita, e promette di dovermi dare nuovi libri e nuove scritture così pubbliche come private, onde io e possa e debba trarre e l'ordito e il ripieno di questa lunga e non agevolissima tela, io non recuserò, per tesserla in quel modo che saperrò e potrò migliore, di mettermi con nuova ed incredibile diligenza a nuova ed incredibile fatica, la quale, per quanto avviso, non doverrà esser disutile, perciocchè si conoscerà manifestamente ne' libri che seguiranno, quanto sia diverso un reggimento licenzioso e confuso , ed un tirannico e violento, da quello d'un giusto e legittimo principe.

 

 

 

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