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ing.Pierluigi Carnesecchi

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Storia dei Carnesecchi 2

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La legge del 1750 prevedeva espressamente che i sudditi non descritti nei registri della nobiltà o del patriziato «non fossero, né dev[essero] reputarsi nobili, non ostante qualsivoglia sentenza, privilegio, godimento d’onore o consuetudine» potessero addurre37, sancendo un principio di normalizzazione giuridica dello status privilegiato superiore a qualsiasi altro principio nobilitante.

 

da Restare nobili perdendo la nobiltà. Il caso del Granducato di Toscana tra Sette e Ottocento

by Marcella Aglietti

 

 

 

 

Concetto di Nobilta nel Granducato di Toscana con gli ASBURGO LORENA

 

 

da : I "Libri d'oro della nobilta' fiorentina e fiesolana" di Bruno Casini

 

Introduzione di Franco Cardini

 

 

Si inciampa anche in questa introduzione nell'inadeguatezza del vocabolo NOBILTA'

che ha bisogno di essere definito meglio dagli storici in funzione del luogo e del tempo

 

 

 

Bruno Casini da una sintesi dei contenuti del REGOLAMENTO

 

 

La differenza tra patrizi e nobili, all'atto pratico , si riduceva alla precedenza che avevano i primi sui secondi nelle funzioni e nelle pubbliche adunanze

 

Tanto i patrizi quanto i nobili pena la perdita del loro status, dovevano mantenere col dovuto decoro la nobilta' trasmessa loro dagli antenati

 

La donna patrizia o nobile che si fosse maritata con un uomo non nobile non doveva essere radiata dalla sua classe , anche se durante il matrimonio, doveva essere considerata della condizione di suo marito. Cosi anche se un patrizio o nobile avesse sposato una donna di condizione inferiore, essa doveva restare nella condizione inferiore

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

da Restare nobili perdendo la nobiltà. Il caso del Granducato di Toscana tra Sette e Ottocento

by Marcella Aglietti

 

La mancata registrazione nei libri d’oro: quale declassamento?

La legge del 1750 prevedeva espressamente che i sudditi non descritti nei registri della nobiltà o del patriziato «non fossero, né dev[essero] reputarsi nobili, non ostante qualsivoglia sentenza, privilegio, godimento d’onore o consuetudine» potessero addurre37, sancendo un principio di normalizzazione giuridica dello status privilegiato superiore a qualsiasi altro principio nobilitante.

Ciò nonostante, di fronte a casati di evidente condizione nobiliare ma privi del possesso di prove ammissibili, fu la Deputazione ad escogitare stratagemmi atti a sanare situazioni di indubbio prestigio sociale. In più di un caso emerse infatti una spiccata difformità tra i titoli che la legge riconosceva come probatori del possesso di rango, e quelli che invece la tradizione locale considerava tali. Tra le giustificazioni addotte, ma giudicate irrilevanti ai fini della registrazione, apparvero veri e propri capisaldi della nobiltà toscana quali la titolarità dell’antica cittadinanza fiorentina, l’aver contribuito alla fondazione di cappelle, l’ammissione a una Accademia nobiliare e l’aver ricevuto donazioni dotali da parte di una granduchessa38.

Volendo esaminare in che misura la legge del 1750 causò declassamento vero e proprio, cioè l’estromissione dal ceto nobile da parte di chi, prima della norma, ne faceva parte, più che sulle esclusioni occorre soffermarsi su chi non fu ascritto, magari per non essersi presentato all’esame della deputazione, volontariamente o per errore. Si trattò di un’evenienza tutt’altro che rara, ma non sempre la mancata registrazione si trasformò in uno stigma sociale come auspicato dalla riforma.

 

da Restare nobili perdendo la nobiltà. Il caso del Granducato di Toscana tra Sette e Ottocento

by Marcella Aglietti

 

 

 

 

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