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ing. Pierluigi Carnesecchi

indice generale : http://www.carnesecchi.eu

 

 

Storia dei Carnesecchi 1

Storia dei Carnesecchi 2

Storia dei Carnesecchi 3

San Domenico Maggiore a Napoli------------by Wikipedia

 

La maestosa Basilica, in cui risuona un organo di 1640 canne, presenta una particolarità: alla Piazza San Domenico Maggiore si mostra con l’abside e non con la facciata principale. L’ingresso primario si spalanca invece nel cortile del convento. Dalla piazza, costruita in epoca successiva alla chiesa, si accede alla Basilica attraverso la grande scalinata sul lato occidentale, voluta da Alfonso I d’Aragona per la chiesetta romanica di San Michele Arcangelo a Morfisa, inglobata nel complesso, che conduce al transetto destro della Basilica.

 

 

San Domenico Maggiore a Napoli

 

ALTARE MAGGIORE-------------figura nella pianta col col numero 22

 

La balaustra, le cattedre alla base dei pilastri e l’altare – il tutto a tarsie marmoree – sono di Cosimo Fanzago (1593-1678). La data del rifacimento dell’altare (1652) si può leggere, capovolta, in un rosone del secondo gradino, a destra di chi guarda il tabernacolo. Il gradino superiore fu aggiunto nei restauri eseguiti dopo il terremoto del 1688. I due puttini in marmo, a destra e a sinistra, sono di Lorenzo Vaccaro (m. 1706). Sotto l’altare, in un’urna di bronzo, le ossa del beato Raimondo da Capua, confessore di S. Caterina da Siena e 23° maestro generale dei domenicani, morto a Norimberga in Baviera il 5 ottobre 1399.

 

.........Sotto l'altare si conservano le spoglie del beato Raimondo da Capua che fu confessore di S. Caterina da Siena in un'urna di bronzo eseguita dal Laganà su disegno del Carnesecchi . A sinistra si erge il grande Candelabro Pasquale ...................

 

 

 

BEATO RAIMONDO DA CAPUA

studiò teologia e diritto a Bologna, dove entrò nell'Ordine dei Predicatori attorno al 1350: nel 1380 fu eletto maestro generale e ne propugnò una radicale riforma, sull'esempio del movimento dell'Osservanza francescana.

Fu confessore ed allo stesso tempo discepolo di santa Caterina da Siena, di cui redasse una biografia agiografica (Legenda maior, 1393) che contribuì notevolmente a diffonderne il culto.

Morì a Norimberga nel 1399: il suo corpo venne traslato a Napoli ed inumato nella chiesa di San Domenico Maggiore. Oggetto di devozione sin dalla morte, il culto tributatogli venne confermato nel 1899

 

 

 

RITENGO CHE L' INGEGNERE AUTORE DEL DISEGNO DELL'URNA PER CONSERVARE LE RELIQUIE DEL BEATO RAIMONDO DA CAPUA SIA UN INGEGNER FRANCESCO CARNESECCHI NATIVO DI BARI E RESIDENTE A ROMA

 

 

Per la cortesia del dr Pasquale Cavallo autore del sito http://www.nobili-napoletani.it/

foto dell’urna bronzea ottocentesca, situata sull’altare maggiore della Basilicata di San Domenico in Napoli, nella quale vi sono le ossa del beato Raimondo da Capua, morto nel 1309, confessore di Santa Caterina da Siena.

A sinistra, accanto alla balaustra, vi è un candelabro pasquale eseguito nel 1585 per volere del duca Ferdinando di Capua del Balzo, del quale sono gli stemmi gentilizi. Per la sua realizzazione furono adoperati elementi scultorei trecenteschi provenienti dal sarcofago di Filippo d’Angiò, principe di Taranto.

 

 

Ho dalla cortesia del dr Luigi Russo esperto del Regno di Napoli

Academia.edu ....................dr LUIGI RUSSO

Tratta dalla splendida pagina sulla Basilica nel blog "I viaggi di Raffaella"

I VIAGGI DI RAFFAELLA.......... La Basilica di S.Domenico Maggiore uno dei più importanti complessi monastici del centro storico di Napoli.

 

Ne parlano :

La nuova guida storica, artistica, monumentale, turistica della città di Napoli e dintorni

Vittorio Gleijeses

Società editrice napoletana, 1973 - 495 pagine

 

Spaccanapoli e il centro storico

Vittorio Gleijeses

Di Mauro, 1983 - 342 pagine

 

.........Sotto l'altare si conservano le spoglie del beato Raimondo da Capua che fu confessore di S. Caterina da Siena in un'urna di bronzo eseguita dal Laganà su disegno del Carnesecchi . A sinistra si erge il grande Candelabro Pasquale ...................

 

 

 

NAPOLI

 

 

Un ingegnere Carnesecchi disegna un urna ( probabilmente agli inizi del novecento )

per le spoglie di San Domenico nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli

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QUALCHE NOTIZIA SU SAN DOMENICO MAGGIORE A NAPOLI

 

L’Istituto Storico dell’Ordine dei Predicatori (Institutum Historicum Ordinis Praedicatorum) è un ente di ricerca dell’Ordine dei Predicatori posto sotto la giurisdizione immediata del Maestro dell’Ordine. La sua missione è quella di studiare la storia dell’Ordine, presentando i risultati delle ricerche in pubblicazioni scientifiche, interventi, conferenze e colloqui, allo scopo di collaborare con esperti – domenicani e laici – che studiano la storia dell’Ordine e promuovono la formazione di giovani storici domenicani.

https://institutumhistoricum.op.org/storia/

 

 

A partire dal XIII secolo l’Ordine dei frati predicatori ha beneficiato della presenza di storici al suo interno. Ma è soltanto all’inizio del XVII secolo che l’Ordine intraprese ufficialmente un progetto di “storia domenicana”. I risultati di questa scelta furono la pubblicazione di un volume degli Annales di Malvenda nel 1627, i due volumi di Scriptores Ordinis Praedicatorum curati da Jacques Quétif e Jacques Échard nel 1719 e nel 1721 e infine il Bullarium Ordinis Praedicatorum preparato da Tomás Ripoll in 8 volumi (1729-1740). Un lavoro di gruppo condotto sotto la direzione di Tommaso Mamachi permise poi nel 1756 l’edizione di un unico e promettente volume, quello degli Annales Ordinis Praedicatorum.

Dopo le grandi lacerazioni dell’epoca rivoluzionaria, in seno all’Ordine nacque un nuovo interesse per la sua storia. Nel 1841, il Capitolo generale chiese che fosse raccolto materiale riguardante le costituzioni dei Domenicani. E fu così che dalla fine degli Cinquanta dell’Ottocento, stimolati dal maestro Alexandre-Vincent Jandel, molti domenicani si dedicarono ai diversi aspetti della storia domenicana, come Gaetano Cicero (1805-1888) che ristampò le Costituzioni dell’Ordine, Thomas Bonnet (1825-1895) che intraprese la revisione degli Scriptores, Vincent Ligiez (1823-1898) che avviò una Epitome Bullarii. Il 1893 vide la nascita di un nuovo periodico sotto la direzione editoriale di Pie Mothon (1854-1929), gli Analecta Sacri Ordinis Praedicatorum comprendente sezioni appositamente dedicate a materiali storici (documenti ufficiali, agiografie, necrologie, statistiche). Sotto la direzione del domenicano tedesco Benedikt Reichert (1868-1917), dal 1898 al 1904 nella collana Monumenta Ordinis Praedicatorum Historica furono pubblicati quattordici volumi di fonti sulla storia dell’Ordine. Non si intrapresero revisioni complete degli Scriptores, ma una continuazione fino al 1750 fu pubblicata tra il 1909 e il 1934 da Rémi Coulon e Antonin Papillon.

.........................................................vedi su https://institutumhistoricum.op.org/storia/

 

 

Beato Raimondo da Capua

Capua (Ce), circa 1330 - Norimberga (Germania), 5 ottobre 1399

Ricordato dalla Chiesa il 5 ottobre

Della famiglia Delle Vigne, mentre era studente di diritto a Bologna, nel 1350 entrò nell'Ordine in quella città. Fu insegnante e priore in vari conventi italiani. Su suggerimento della Madonna, s. Caterina da Siena lo scelse come direttore spirituale, comunicandogli la sua ardente passione per la Chiesa e per il rinnovamento della vita religiosa. Come provinciale di Lombardia e poi nel 1380 Maestro dell'Ordine si prodigò per restaurare la regolare osservanza tanto che fu considerato un secondo fondatore dell'Ordine. Lavorò anche per il ritorno del papa a Roma e per la soluzione dello scisma d'Occidente.

Ha studiato teologia dai Domenicani e poi giurisprudenza a Bologna. Sui trent’anni è direttore spirituale o insegnante in varie comunità: da Montepulciano a Roma, e più tardi a Siena, dove si fa anche infermiere e confortatore nella pestilenza del 1374.

Nello stesso anno, eccolo direttore spirituale e confessore di Caterina da Siena, già nota a pontefici, a sovrani di tutta Europa e alla gente qualsiasi, per il suo modo tutto nuovo di affrontare problemi come la crociata in Terrasanta, il ritorno dei papi a Roma e la riforma della Chiesa. E per il suo passare da visioni e colloqui soprannaturali alle terrene ruvidezze della politica.

Entusiasma e preoccupa, Caterina. Qualcuno giunge a sospettare l’eresia in questa ragazza "monaca in casa" – una terziaria domenicana, si direbbe oggi – che fa tutto da sola, battitrice libera, e con le lettere e i colloqui scrolla i troni e le cattedre, discute con governanti, entusiasma la gioventù senese.

La sua piena ortodossia è riconosciuta dal Capitolo generale domenicano riunito a Firenze nel maggio 1374, che poi le mette al fianco appunto fra Raimondo. Per quattro anni lui l’accompagna anche nei suoi viaggi, e ad Avignone fa da interprete fra lei e Gregorio XI. Questo è il Pontefice che torna infine a Roma nel 1377. Ma muore nel 1378 e, dopo l’elezione del successore Urbano VI, scoppia il grande scisma che durerà 39 anni, con un Papa a Roma e uno ad Avignone, dividendo l’Europa, i vescovi, gli Ordini religiosi. Raimondo, come Caterina, è per il Papa romano, e ne difende la causa nelle missioni in varie parti d’Europa.

Morendo nel 1380, Caterina gli ha predetto l’elezione a Maestro generale dei Domenicani, cosa che avviene nello stesso anno, risiedendo poi alternativamente in Italia e in Germania. Nello spirito cateriniano di riforma, imprime nuovo vigore spirituale all’Ordine, favorendo lo sviluppo del movimento di "osservanza", sorto sull’esempio francescano. "In quest’opera si meritò il titolo di secondo fondatore dell’Ordine dei Predicatori" (G. D’Urso). Tra le sue opere scritte, la più nota è la vita di Caterina.

Sepolto dapprima a Norimberga, dove è morto, il suo corpo è stato poi portato a Napoli, nella chiesa di San Domenico Maggiore. Nel 1899 Leone XIII ne ha confermato il culto come beato.

Autore: Domenico Agasso

Fonte : Famiglia Cristiana

 

 

Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli

 

http://www.storiacity.com/art/chiesa-san-domenico-maggiore-di-napoli

 

 

E’ una chiesa di Napoli, tempio e circoscrizione domenicana della Provincia meridionale dell’Ordine.

Capita sull’omonima piazzetta in Spaccanapoli nel punto esatto in cui la via più famosa della città incrocia via di Mezzocannone in direzione sud verso il rettifilo e vicolo di San Domenico che mena a nord verso il museo Cappella di San Severo e via dei Tribunali; sorge proprio di fronte al Palazzo Casacalende e ai due altrettanto famosi palazzo Venezia e palazzo Filomarino della Rocca Istituto Italiano Studi Storici di Benedetto Croce.

Anticipa e posticipa di poche decine di metri la chiesa monastero di Santa Chiara Vergine e la chiesa del Gesù Nuovo, di Santa Marta e nascosta da costruzioni più recenti anche la chiesa di santa Maria Donnaraomita.

In essa si conservano opere d’arti tra gli originali, le copie e i rimandi di Capodimonte di maestri che recano nomi come: Tiziano e Raffaello, Caravaggio e Mattia Preti e non meno di Luca Giordano e Francesco Solimena.

Essendo essa considerata unitamente ad altre 700 chiese disperse sul territorio italiano la speciale stratificazione di eventi storici di fondamentale importanza nella ricostruzione storica della città di Napoli e per il suo indiscusso pregio storico oltre che delle opere di inestimabile valor che essa conserva e che trova fondamento come ente religioso disciolto dalla cosiddetta legislazione eversiva di fine 800, è concessa in uso gratuito alle autorità ecclesiastiche dal Fondo Edifici di Culto avente per suo legale rappresentante il Ministero dell’Interno coaudiuvato da un Consiglio d’Amministrazione volto a garantirne la gestione attenta, la conservazione, il restauro,la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione di essa nell’opera di diffusione all’interno del tessuto perturbano

La Chiesa

Si presenta a croce latina col transetto in linea sproporzionata con la navata destra.

Il soffitto cassettonato della volta reca i fregi e le decorazioni in stucchi dorati lasciati dai rimaneggiamenti voluti nel 1670 dall’allora Priore Tommaso Ruffo sull’antico soffitto diviso in due scomparti recanti scolpiti in finissimo legno lavorato e a grandi dimensioni le immagini di San Michele Arcangelo a cui era dedicata la chiesa primitiva e a Santa Maria Maddalena santa titolare del complesso in epoca angioina.

Il soffitto venne poi ridipinto dal Travaglini nel 1850 recante lo stemma dei domenicani al suo centro e ai quattro angoli le armi della casa d’Aragona e la Corona spagnola.
I confessionali lo ricordiamo dodici in tutto sono in radica di noce del 1732.

Per far posto nel ‘500 a due cappelle rispettivamente le cappelle di Muscettola di Spezzano (a sinistra) e la cappella di Carafa di Santaseverina (a destra).

San Tommaso d’Aquino venne in San Domenico nel 1244 come riportano le fonti ufficiali, mentre a piè di nota di un testo scritto e firmato dal Priore Luigi Salerno del 7 marzo 1977,

Tommaso avrebbe indossato e vestito per sempre l’abito domenicano nel 1243 attratto dalla speculare teologia di del domenicano già novizio Giovanni da San Guliano.

Risale invece al 1974 l’ultimo congresso tomistico internazionale in occasione del settimo centenario della morte del Santo Tommaso d’Aquino detto il Bue Muto.

Aderente una torre campanaria, lustro della costruzione in piperno dell’epoca, abbattuta e rifatta nel ‘600 sorge attualmente un campanile di altrettanta pregiata fattura.

L’ingresso dato da basttenti lignei del portale ogivale tutto in marmo all’interno di un pronao di più tarda costruzione, la facciata veste le sue sembianze definitive dato dal celebre giurista Bartolomeo di Capua conte di Altavilla protonotario del Regno ai tempi di Roberto d’Angiò e in un secondo momento da un suo diretto discendente.

Tutto quanto l’altare maggiore, che anticipa il coro in radica di noce opera del laico domenicano Giuseppe da Parete, le balaustre alla base dei pilastri a tarsie marmoree, le floriere e candelabri di fattura gotica dell’800 per mano dei Salzano della fine degli anni 80 dell’ 800 incastrano in un ben congeniato meccanismo di forme e di colori sull’ opera di Cosimo dei Fanzago (1640-1645) tratto dal gusto barocco e soprattutto barocco napoletano in aperto contrasto ai manierismi diffusi.

E’ del 1652 la prima messa in restauro sull’impianto originario come vedasi in una data scritta capovolta in un rosone del secondo gradino, mentre il suo gradino superiore venne aggiunto ai restauri del 1688 sui disegni dell’ingegnere Carnesecchi.

Sotto l’altare in un’urna di bronzo dorato si conservano le ossa del beato Raimondo di Capua, confessore di Santa Caterina da Siena, ventitreesimo maestro generale dell’Ordine dei Domenicani morto a Norimberga in Baviera il 5 ottobre del 1399.

Addossato alla parete in linea con la diffusione della luce solare si erge maestoso un glorioso e poderoso meccanismo sonoro (l’organo) manufatto ligneo similoro del 1751 composto da 1640 canne tutt’oggi perfettamente funzionanti, restaurato da Zeno Fedeli da Foligno negli anni 90 dell’800 e nel 1975 aggiunto un sistema elettronico per potenziarne l’acustica.

L’organo si erge tra i due dipinti di Michele De Napoli del 1890 (?) "San Domenico che disputa con gli eretici" (alla sua sinistra) e "San Tommaso trai dottori" ( a destra).

I primi stesi dipinti erano del Regolia andati perduti in un restauro del 1850

 

 

(4) Le reliquie del Beato Raimondo da Capua un tempo sepolte presso la chiesa dei domenicani a Norimberga, precisamente sotto l’altare maggiore dedicato alla Madonna verranno alloggiate presso la chiesa di San Domenico maggiore in seguito ad una sofferta decisione del priorato bavarese premesso che la Riforma Protestante costringerà i frati predicatori a spostare altrove le reliquie pegno la probabile soppressione del culto e della venerazione.

L’allarme del protestantesimo proseguirà vantando su tutta l’Europa una successione ininterrotta di soppressioni varie e anche a San Domenico per la minaccia posta dal Lautrec non mancherà di creare allarme diffuso specie per le preziose reliquie ch’essa custodisce.

Le reliquie vennero letteralmente sepolte sotto il coro che, però, è da ricordare, a quel tempo anticipava l’altare maggiore.

Solo nel 1899 fatto beato Raimondo di Capua potrà rivedere nuovamente una collocazione più consona: dimentichi del fatto che il coro ligneo e tutti i suoi stalli vennero nel frattempo spostati, per mano del Priore Carlo Maiello nel 1899 si opereranno vere e proprie ricerche in chiesa per il ritrovamento delle reliquie in apparenze disperse.Ritrovate nel 1901 il 25 aprile del 1902 vennero esposte alla venerazione e poste sotto l’altare privilegiato

 

 

http://www.storiacity.com/art/chiesa-san-domenico-maggiore-di-napoli

 

 

URNA SEPOLCRALE DEL BEATO RAIMONDO DA CAPUA

Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli

 

Fu nello stesso anno, che fu designato direttore spirituale e confessore di Caterina da Siena, già nota a pontefici, a sovrani di tutta Europa e alla gente qualsiasi, per il suo modo tutto nuovo di affrontare problemi come la crociata in Terrasanta, il ritorno dei papi a Roma e la riforma della Chiesa, nonché per il suo passare da visioni e colloqui soprannaturali alle terrene ruvidezze della politica. La sua piena ortodossia fu riconosciuta dal Capitolo generale domenicano riunito a Firenze nel maggio 1374, che proprio per tale motivo le mise al suo fianco il capuano fra Raimondo. Per quattro anni lui l’accompagna anche nei suoi viaggi, e ad Avignone fa da interprete fra lei e Gregorio XI, il Pontefice che ritornò a Roma nel 1377 ma morì un anno dopo, facendo scoppiare, dopo l’elezione del successore Urbano VI, il grande scisma durato 39 anni, con un Papa a Roma e uno ad Avignone, dividendo l’Europa, i vescovi, gli Ordini religiosi. Raimondo, come Caterina, fu per il Papa romano, e ne difese la causa nelle missioni in varie parti d’Europa.

Morendo nel 1380, Caterina predisse a Fra Raimondo l’elezione a Maestro generale dei Domenicani, cosa che avvenne nello stesso anno, risiedendo poi alternativamente in Italia e in Germania. Nello spirito cateriniano di riforma, il beato capuano diede nuovo vigore spirituale all’Ordine, favorendo lo sviluppo del movimento di "osservanza", sorto sull’esempio francescano. "In quest’opera si meritò il titolo di secondo fondatore dell’Ordine dei Predicatori" (G. D’Urso). Raimondo da Capua soddisferà inoltre il desiderio dei senesi portando a Siena il capo della Santa, tuttora in San Domenico. Tra le sue opere scritte, la più nota è senza dubbio la vita di Caterina.

Sepolto dapprima a Norimberga, dove è morto, il suo corpo è stato successivamente portato a Napoli,dove le sue spoglie furono consacrate ed esposte nella chiesa di San Domenico Maggiore. Tuttora esse sono collocate ed esibite sotto l’altare maggiore della suddetta chiesa napoletana, in una splendida urna di bronzo eseguita dallo scultore Laganà su disegno di Carnesecchi.

Nel 1899 Leone XIII ne ha confermato il culto come beato. Naturalmente, la tela napoletana è una delle tante che presentano la figura di fra Raimondo poiché essa è parte integrante di tutte le iconografie che raffigurano Santa Caterina

 

 

 

 

 

Da nessuna parte ho trovato esplicitato il nome di questo ing Carnesecchi autore del disegno dell'urna

secondo gli :

Analecta sacri Ordinis Fratrum Praedicatorum - dell'anno 1901 alle Pagine 15 16 17

Che durante il ritrovamento dei resti mortali del beato Raimondo nella chiesa napoletana era presente un ingegnere Francesco Carnesecchi , ( non so se residente o meno a Napoli )

Cioe' un ing FRANCESCO CARNESECCHI ha presenziato alla ricerca ed al ritrovamento dei resti del beato Raimondo da Capua nell'aprile del 1900 rilasciando dichiarazione giurata

 

 

 

Storia dei Carnesecchi ............................Analecta sacri Ordinis Fratrum Praedicatorum - dell'anno 1901 pgg 10--21.

 

Un ringraziamento agli efficentissimi signori : Tiziano , Marta , Lisa della biblioteca BEGHI di La Spezia per l'aiuto e l'efficenza non comune

E' piuì che ammissibile sia stato questo FRANCESCO, l'ing.Carnesecchi autore del disegno dell'urna

Di questo Francesco non c'e' alcuna traccia negli elenchi della dottoressa Alessandra Veropalumbo " Architetti e ingegneri a Napoli nell’Ottocento preunitario" che nomina solamente come presente a Napoli l'ing Giuseppe Carnesecchi

 

 

Di questo ing Francesco Carnesecchi ho notizia a Napoli non solo per questa presenza in San Domenico ma anche per i lavori eseguiti per i Redentoristi di Sant'Alfonso

L'essere ingegnere e chiamarsi Francesco mi sembra faccia convergere l'attenzione su Francesco di Onofrio di Raffaele Carnesecchi nato a Bari il 21 marzo 1866 e laureato a Roma nell'anno accademico 1893-94 . Rimasto a Roma e poi entrato nel Ministero delle Poste e dei telegrafi , di cui diverra' uno dei dirigenti

Quest'incarico del 1900 potrebbe far parte della prima parte della sua vita professionale

I Carnesecchi a Bari .......................Le genealogia pugliesi

 

HO TELEFONATO IN CONVENTO ma nemmeno lo storico del convento sapevano qualcosa di questo Carnesecchi

 

 

 

Questo Francesco figura ualche tempo prima a Napoli Sembra inserito in particolar modo negli ambienti religiosi dei REDENTORISTI con luci ed ombre

 

 

A NAPOLI-MARIANELLA : 10 luglio 1893

 

Siamo di fronte ad un errore :

l'ingegnere Carnesecchi si chiama Francesco e non Giuseppe, ha lavorato per i Redentoristi anche a Marianella, nella Chiesa della Casa nativa di Sant'Alfonso Maria de' Liguori (Napoli, 27 settembre 1696 – Nocera de' Pagani, 1º agosto 1787), non lontano da Capodimonte. Lo svela una lapide posta nella cappella di destra datata 10 luglio 1893.

L'interno, di gusto neo rinascimentale, è decorato da finti marmi e da soffitti dipinti. Allo stesso modo l'oratorio della famiglia del Santo del 1889.

 

Ci aiuta a dissipare l'errore l'abilita'archivistica della gentilissima dressa KATIA AMENDOLA dell'archivio Redentorista di Pagani con queste immagini dovute al PADRE REDENTORISTA CIRO AVELLA

 

per la grande cortesia della dressa KATIA AMENDOLA e del padre Redentorista CIRO AVELLA

 

 

 

 

 

La morte del padre di questo Francesco Carnesecchi e' da porre tra il 1884 e il 1892 la ricaviamo dalle lettere di P. Francesco Mariano

la lettera in questione in cui si parla del funerale e' datata 27 febbraio 1892

 

Padre Francesco Mariano (1829-1911) redentorista

Corrispondenza epistolare, 1884-1892

Nonno per infermità ; morte di un fratello sacerdote del dottor Vivenzio; triduo di S. Antonio a Montagano; p. Ferrara a Termoli per esercizi alle orfanelle; per una scala a Tarsia; certo Giovannino D’ Ambrosi chiede di ritirarsi presso di noi; intercede per soccorrere un imprenditore nostro benefattore; dell’ ing. Carnesecchi; missione a Teano, 1891; esercizi a Tarsia con invito al p. Barbato e al Prov. p. Ferrara predica il mese mariano a Tarsia; il prov. invita Monaco La Valletta ( forse a Pagani); chiede f.llo Achille per sagrestano; restauri alla chiesa; ansietà di una persona per acquisto di beni ecclesiastici; funerale per il padre di Carnesecchi; morte del p. Giordano, 1892; sue infermità dovute all’ eccessivo lavoro in chiesa; infermità del p. Ferrara, e sua villeggiatura a Marianella; diverse pratiche per ammissioni (anonime; caduta di un cornicione ).

 

In evidenza queste lettere cosi catalogate:dell’ ing. Carnesecchi; funerale per il padre di Carnesecchi;

tratto da Biografie manoscritte del P. S. Schiavone vol.3 ------Pagani, Archivio Provinciale Redentorista. https://www.archivioredentorista.org/

 

 

Compare nella biografia di questo economo Padre De Tilla Giuseppe con cui non sembra aver avuto un rapporto facile

 

De Tilla Giuseppe redentorista (1864-1940) economo

......................

Completò i lavori di restauro della chiesa di S. Antonio a Tarsia iniziati dal suo predecessore P.Antonio Di Coste.Fece fare la gradinata a Tarsia per £. 1800 anziché £. 3000 come aveva preventivato l’Ing. Rossi Domenico. A lavoro compiuto, l’appaltatore esclamò: – Ho regalato mille lire a S. Alfonso.

La sua grande abilità fece sì che nulla venisse dato all’Ing. Carnesecchi il quale s’era mostrato un vero ladrone e che pretendeva, dalla Provincia £. 100.000

Mercè l’aiuto del suo cugino, avvocato De Tilla, riuscì a far trionfare la comunità di S. Angelo a Cupolo, circa l’acquisto del collegio e a far risplendere l’innocenza di fratello Federico.

Tutelò gli interessi della comunità facendo aumentare il fitto del collegio di Napoli da £. 2000 a £.6000 ed inoltre dopo dieci anni un’officina restò proprietà del collegio.

.............................

tratto da Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri. del P. Francesco Minervino, Pompei 1985 https://www.archivioredentorista.org/

 

 

 

Essendo nato a Bari il 21 marzo 1866

L'unico problema in questa nostra ricostruzione e' legato al fatto di essersi il nostro Francesco laureato all'Universita di Roma nell'anno 93/94-----laurea nel 1894

Diplomato a Bari e poi portatosi all'universita' di Napoli Federico II (1888-89 immatricolato per il corso di avviamento all'ingegneria ) e' all'universita' di Roma per il triennio ; nell'anno 1891-92 frequenta il primo anno di applicazione per gli ingegneri

Si laurea nel 1894 in ingegneria civile con 71/100 ( GU num 1 del 2 gennaio 1895 )

Essendo nato a Bari il 21 marzo 1866

Lascia dubbiosi quell'esser detto noto e sapiente un ragazzo di 28 anni appena laureato

LA SPIEGAZIONE PUO' ESSERE CHE LA LAPIDE SIA STATA MESSA PARECCHIO TEMPO DOPO QUANDO TUTTE LE CONDIZIONI ERANO REALIZZATE PER LA RAPIDA CARRIERA DI FRANCESCO

 

 

Carnesecchi e Carnesecca in Puglia

particolari vicende burocratiche a Gioia del Colle e a Bari

 

 

Sembra che fino al 1902 collabori coi Redentoristi

 

UNA RAPIDA CARRIERA

prima nomina 1 gennaio 1901 in Poste e telegrafi

 

nel 1901 era gia' vicesegretario al ministero delle Poste e dei Telegrafi

nel 1905 segretario al ministero delle Poste e dei Telegrafi

poi

 

 

In taluna letteratura e' detto che l'ingegnere che ha operato a Marianella avesse nome Giuseppe , ma non e' vero come ci hanno mostrato la dressa Katia Amendola e il padre Redentorista Ciro Avella

Ma perche' si parla di Giuseppe Carnesecchi ?

 

 

"INGEGNERE GIUSEPPE CARNESECCHI"

 

 

A Napoli sembrano operare contemporaneamente per brevissimo tempo due ingegneri di cognome Carnesecchi : FRANCESCO e GIUSEPPE

Ritengo appunto sia una contemporaneita' del tutto temporanea e casuale essendo Francesco molto probabilmente un' ingegnere di origine barese normalmente domiciliato a Roma e non so per quali motivi designato ad incarichi cosi particolari a Napoli

 

GIUSEPPE E' LO ZIO DI FRANCESCO , FRATELLO DEL PADRE DI RAFFAELE

Nato a Bari il 14 settembre 1818 da Raffaele di Mario e' fratello di Onofrio padre di Raffaele e si e' probabilmente laureato a Napoli

Questo ingegnere e' quindi zio ed e' ben piu' vecchio dell'ingegnere Francesco

 

Il barese Giuseppe compare in GU del Regno del 25 settembre 1874 nel momento in cui la Corte dei Conti liquida la sua pensione e viene detto ingegnere nel Genio civile nella provincia di Potenza

E' detto di di Bari nato il 12 settembre 1818

il che ce lo fa individuare come il figlio di Raffaele cioe' questo:

 

Carnesecchi e Carnesecca in Puglia

particolari vicende burocratiche a Gioia del Colle e a Bari

 

 

 

da Wikipedia

La città di Palermo rimase a lungo priva di un'università, infatti, sebbene nel Trecento l'amministrazione di Palermo avesse richiesto al sovrano Federico III d'Aragona il permesso di creare un'università finalizzata allo studio di diritto e medicina, il re rifiutò. Nel corso del Quattrocento sorsero lo Studio francescano e lo Studio generale, i quali permettevano di conseguire la laurea soltanto in altre università.

Nel 1550, i due Studi furono sopraffatti dalla nascita del collegio massimo dei Gesuiti, che rilasciò lauree in filosofia e teologia e conquistò in breve tempo un ruolo egemone nell'istruzione cittadina.

Il collegio gesuitico cessò la propria attività nel novembre 1767, con l'espulsione dei gesuiti dai Regni di Napoli e di Sicilia.

Il 5 novembre 1779 sorse a Palermo, negli stessi locali del precedente collegio massimo dei Gesuiti, la Regia accademia degli studi san Ferdinando, la quale rilasciava lauree unicamente in filosofia e teologia, pur essendo dotata di quattro facoltà (giurisprudenza, teologia, filosofia e medicina) e venti cattedre. Nel 1804, con il ritorno in Sicilia dei gesuiti, l'accademia dovette spostarsi presso l'ex convento dei Teatini in via Maqueda.

Nell'agosto del 1805 Ferdinando III di Borbone decise di riconoscere all'Accademia panormita degli studi il titolo di università, e i corsi cominciarono il 12 gennaio 1806[12]. Il governo borbonico cercò di ampliare l'ateneo istituendo nuove cattedre, ma la scarsità di risorse inizialmente non permise l'impiego di docenti forestieri.

Primi decenni

Nel decennio 1826-1835, l'ateneo raggiunse un massimo di 784 iscritti, mentre nel 1859 si superarono per la prima volta i mille iscritti, dei quali solo il 25% proveniva da Palermo, il restante proveniva da fuori i confini della provincia[senza fonte]. Giurisprudenza divenne facoltà autonoma nel 1841. Nel 1848 l'università fu temporaneamente chiusa a causa della rivoluzione siciliana, mentre con l'arrivo di Garibaldi, nel 1860, fu soppressa la facoltà di teologia e contemporaneamente venne istituita la scuola per ingegneri ed architetti.

by Wikipedia

 

 

Quindi solo nel 1860 venne istituita a Palermo la scuola per ingegneri ed architetti.

E' probabile quindi che Giuseppe che incontriamo ora si sia laureato a Napoli

 

 

Sembra, non esistano più documenti riguardanti i Laureati presso l'università di Napoli tra il 1800 e il 1900

Almo Collegio dei Dottori é stato soppresso nel 1811 (comunque riportava solo gli iscritti Laureati in Legge o Medicina).

Dopo quella data, esisteva un archivio dei Laureati dello Studio di Napoli conservato negli archivi dellUniversitá Federico II di Napoli andato distrutto nella seconda guerra Mondiale.

"Nel 1943 un incendio appiccato dalle truppe tedesche distrusse l’archivio dell’università. I pochi fondi superstiti, relativi agli anni 1908-1935, sono stati depositati presso l’archivio di Stato di Napoli nel 1978. Sorte diversa, perché collocato nella sede dell’ex tenuta reale di Portici (NA), ebbe l’archivio della Facoltà di Agraria, erede della Regia Scuola Superiore di Agricoltura istituita nel 1872 e trasformata in facoltà nel 1935; la consistenza dell’archivio è di circa 400 cartelle dal 1872 al 1970, cui devono aggiungersi circa 3000 fascicoli di laureati dal 1916 al 1970.

Ulteriori danni alla conservazione dell’archivio sono stati determinati da una serie innumerevole di traslochi."

Elenchi laureati a Napoli

 

 

 

Per parecchio tempo ho avuto diverse convinzioni sbagliate su questo ing. Giuseppe Carnesecchi

L'ho pensato di origini siciliane tra Caltanissetta e Agrigento ( Girgenti)

ho pensato potessero esistere due persone diverse ed omonime

Ho pensato che l'ing. Giuseppe Carnesecchi fosse l'autore del disegno dell'urna per i resti del beato Raimondo da Capua ( invece che Raffaele Carnesecchi )

 

 

La prima volta che incontro un ing . Carnesecchi e' a Caltanissetta

La presenza a Caltanissetta mi aveva falsamente indotto a presumere una nascita in Sicilia ( non a Caltanissetta dove l'amico Victor La Melfa dice giustamente non aver incontrato nello spoglio dei battesimi alcun Carnesecchi )

 

 

Infatti nel 1847 ho la sua prima traccia a Caltanissetta dove opera in una stima :

Dal sito

http://www.cittadicaltanissetta.com/palazzo_barile.php

 

25 giugno 1847

In questo articolo ' : ing Giuseppe Carnesecchis , Caltanisetta

 

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Il Barrile, attento osservatore, non menziona alcuna torre nel palazzo, piuttosto precisa che la campana del magistrato e l'orologio pubblico erano collocati nella "Torre quadra della chiesa del Salvatore", ubicata in prossimità del complesso del Cannine. Quindi la casa del Magistrato era solo un edificio coronato da merli, la cui estensione coincideva con la stessa occupata dall'attuale edificio della Camera di Commercio. Certamente non includeva i resti della "Torre del Magistrato", posti in prossimità dell'androne a circa metà dell'estensione del Palazzo Barile. Nel 1845 a causa della "vetustà e ristrettezza" della casa comunale, nasce l'esigenza di costruire un nuovo edificio da adibire a palazzo municipale (Archivio di Stato di Caltanissetta, Fondo Archivio Storico del Comune, busta 808 e. 184-187). Il 3 maggio del 1806, in occasione della visita di Re Ferdinando IV, il palazzo viene arredato per ospitare i ministri e il Confessore del Re. H Sovrano soggiorna nel palazzo di fronte, di proprietà del Barone Barrile. Nel 1845 l'edificio, ubicato in via Santa Croce nella sezione I detta di Santa Domenica, appartiene in parte agli eredi del "Ciantro" Vincenzo Barrile ("ventidue camere superiori, sei basse e due botteghe") e agli eredi del Barone Barrile ("5 camere superiori e 3 bassi e una bottega in vicolo Neviera), (Archivio di Stato di Caltanissetta, Fondo Vecchio Catasto Terreni, Stato di sezione di Caltanissetta, pp. 43-44). Il rinvenimento di un documento d'archivio, relativo al progetto di acquisto del palazzo Barile e della casa del Magistrato per adibirli a sede vescovile, è particolarmente significativo: vengono stimate le case esistenti nello spazio designato da S. M. il Re NS. nella breve dimora che fece in questa il di 25 giugno 1847, le quali debhonsi abbattere per la edificazione dello Episcopio e Seminario Diocesano in questo Capo Provincia. Viene dettagliatamente descritta, dalFing. Giuseppe Carnesecchis e dal!' arch. Agostino Lo Piano, l'ex casa comunale: composta di 8 camere con un prospetto nella piazza preceduto da una scala con nove gradini circolari,definito dall'ordine architettonico, con 2 balconi sorretti da 6 grosse mensole, con altri piccoli ornati e parapetti di ferro "a petto di colomba". Nell'edificio è presente una scala a lumaca che conduce all'orologio composta di numero 66 gradini di fabbrica e gesso coverto dì mattoni... un parapetto di ferro avanti la campana dell'orologio con numero 11 bastoni verticali, due orizzontali e tre rosoni. Nello stesso documento è riportata la descrizione del "casamento di proprietà dei fratelli E ne Commendre Cavre Barrile. L'edificio è "composto 1° di Num. 20 compresi tutti a pian terreno addetti uno all'entrata principale della strada della Neviera e di Santa Croce, gli altri porzione ad uso di abitazione, e porzione ad uso di rimesse, stalle, magazzini e botteghe. 2° di quattro quarti nobili dei quali il primo grande è formato da n. 18 camere tra sale e salette, stanze di compagnia, di letto, di studio, di mangiare, camerini riposti, cucine e passetti. Il 2° ne contiene numero 6 tra sala, cucina, stanza di compagnia, di studio e di letto. H 3° ne contiene numero 4 tra sala, cucina, stanza di studio e di dormire; il 4° finalmente ne contiene n° 6 tra camerini, stanze grandi, scala e cucina". L'ingresso principale, ubicato nella strada della Neviera, ha un androne con Archi di pezzi intagliati in giro alla volta dell 'entrata.. numero 5 pilastri su cui poggiano detti archi. Il prospetto, concluso da un cornicione, presenta gattoni, mensole, architrave, cornice e capitelli, due balconi con un parapetto di ferro a petto di colomba, due finestroni con parapetto di ferro e (...) 25 catene dì ferro.

...........................

 

Dal sito

http://www.cittadicaltanissetta.com/palazzo_barile.php

 

 

 

Nella tesi di dottorato dell'architetto Alessandra Veropalumbo " Architetti e ingegneri a Napoli nell’Ottocento preunitario" vi e' un brevissimo accenno su di lui in questi termini : CARNESECCHI GIUSEPPE (notizie dal 1843 al 1852) ingegnere. Nel 1843 entra a far parte del Corpo con la qualifica di ingegnere alunno (ASNa, LL. PP. 32/2). Nel 1852 diventa alunno al seguito (Russo 1967: 143)

TESI DI DOTTORATO..................................architetto Alessandra Veropalumbo " Architetti e ingegneri a Napoli nell’Ottocento preunitario

poche notizie riferibili tutte all'ing Giuseppe di Raffaele nato a Bari

 

Da me interpellato il dr Luigi Russo https://unina.academia.edu/RUSSOLUIGI

Probabilmente si potrebbero trovare altri dati su Giuseppe nel fondo amministrazione del corpo di Ponti e Strade dell'ASNA

 

Infatti sui libri Google :

 

nel 1854 compare ancora come ingegnere alunno della Direzione generale di Ponti e Strade nella provincia di Basilicata

 

 

 

Continua nel Genio Civile del Regno d'Italia come ingegnere di terza classe

 

 

 

Nel 1864 continua il suo lavoro nel Genio civile del Regno d'Italia promosso a ingegnere di seconda classe a Matera ( Basilicata--servizio generale )

Nel 1866 e' ancora a Potenza

 

 

E' nel 1868 che deve aver iniziato un contenzioso per essere messo in pensione

Contenzioso che probabilmente causa il suo trasferimenrto ad Agrigento

 

 

ECCOLO AD AGRIGENTO NEL 1870 e nel 1871

Nel 1873 e' pero' assente dai quadri

 

 

Sembra spiegarci la situazione :

 

 

 

Nel 1873 e' collocato a riposo ancora ingegnere ordinario di seconda classe a Potenza dove non so se s'intenda la Provincia o la sede

 

 

 

INFINE :

Giuseppe compare in GU del Regno del 25 settembre 1874 nel momento in cui la Corte dei Conti liquida la sua pensione e viene detto ingegnere nel Genio civile nella provincia di Potenza (anche qui non so come vada inteso se sede o Provincia )

E' detto di di Bari ( in GU figura come nato il 12 settembre anziche il 14 settembre dell'atto civile di nascita )

 

 

 

E' evidente il suo intento di dedicarsi alla libera professione sulla piazza di NAPOLI

 

 

Ho dalla cortesia del dr Luigi Russo esperto del Regno di Napoli

Academia.edu dr LUIGI RUSSO

 

Opera a Napoli un ing Carnesecchi Giuseppe in modo particolare specializzato in perizie

 

 

A S NAPOLI : Corte di appello civile. Perizie - Inventario dei documenti iconografici

Busta 088

088.0014.01 - Pianta geometrica del casamento sito strada Castello in Afragola dividersi tra Nunzio M. Sepe e gli eredi del fu Aniello Sepe. Pianterreno1876

Busta 088

088.0014.02 - Piano superiore1876

Busta 088

088.0014.03 - Pianta geometrica del fondo rustico a dividersi denominato Lellaro. Fondo rustico denominato Lellaro1876

Busta 103

103.0004.01 - Pianta Topografica del Fiume Volturno secondo lo stato dell'antico letto e quello attuale (estratta dalla perizia Purman,Carnesecchi ed Artiaco) Pianta della piccola lunata presso Capua. Letto antico e attuale del Fiume Volturno1883

 

 

 

Lo trovo come perito incaricato per il tribunale di Napoli nel 1889

 

 

DUE INGEGNERI GIUSEPPE CARNESECCHI O UNO SOLO

 

Ci sono momenti in cui sembrano esser due gli ingegneri Giuseppe Carnesecchi contemporanei

Uno barese nipote di quel Mario di Frascati e nato nel settembre 1818 , uno siciliano di cui non conosco alcun dato anagrafico ma comunque contemporaneo

In particolare una cosa mi aveva indotto a pensare di trovarmi di fronte a persone omonime e differenti

Nel 1870 e nel 1871 uno lavora per l'amministrazione provinciale e comunale di Girgenti e l'altro dovrebbe lavorare a Potenza nel Genio Civile della Basilicata

 

In realta' l'ing.Giuseppe Carenesecchi ( UNICO INGEGNER GIUSEPPE CARNESECCHI ) e'stato trasferito temporaneamente in questa amministrazione

Caltanissetta, Genio Potenza Matera, Girgenti, messa a riposo . Napoli : un solo ingegnere quello barese nato nel 1818 e laureato intorno al 1843

 

CONCLUSIONI

 

 

 

 

L'URNA E L'ING FRANCESCO CARNESECCHI

 

Ma il disegno dell'URNA ritengo debba attribuirsi a FRANCESCO che e' quello che ne aveva la piu' credibile opportunita' di eseguirlo

Probabilmente chiamato per il rinvenimento dei resti , Francesco disegna l'urna in San Domenico Maggiore agli inizi del novecento per le spoglie del beato Raimondo da Capua nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli dopo averne certificato il ritrovamento dei resti

E' possibile che nell'anno trascorso a Napoli 1888-89 ( Universita' Federico II ) Francesco sia entrato in contatto coi Redentoristi e con questi abbia iniziato a collaborare ancor prima della laurea conseguita poi a Roma nel 1894

E sia stato proprio attraverso i Redentoristi che abbia ottenuto l'incarico per la presenza testimoniale alla ricerca delle reliquie del beato Raimondo da Capua

 

 

 

 

CAPPELLA MORTUARIA CARNESECCHI A NAPOLI

 

Mi e' anche venuto il dubbio che la cappella Carnesecchi in un cimitero non specificato di Napoli ( ma e' pensabile Poggioreale ) di cui si parla per una Mater dolorosa di Filippo De Falco possa esser messa in relazione a uno di questi Carnesecchi

Da notare i legami del De Falco con Marianella e con Pagani , e la possibilita' di contatti

Meno chiara la necessita' di una cappella mortuaria a Napoli

 

Mater Dolorosa del pittore Filippo De Falco

( per la cappella Carnesecchi nel cimitero di Napoli ).

 

Filippo De Falco pittore , nacque a Napoli il 16 febbraio 1852.

Discendente da una famiglia di artisti : nipote dello scultore Filippo e figlio del pittore Carlo (1798—1882 ) , Filippo studiò dal 1866 al 1870 all'Istituto di Belle Arti di Napoli con G. Smargiassi e A. Carrillo.. Esordì alla Promotrice Salvator Rosa del 1873 con Ricordo dei Ponti Rossi, un Ritratto e uno Studio. Con vedute e studi dal vero fu puntualmente presente alle mostre napoletane e anche se in maniera sporadica a quelle di Mlano (dal 1878 al 1886), di Torino (1878, All'ombra dei pioppi), di Firenze (1881, Una parte del vestibolo della Chiesa di S. Marco in Venezia) e di Genova (1882, In campagna). Negli anni '80 adottò anche soggetti d’interno (Confidenze, esposto a Napoli nel 1884) e temi d'attualità (Col giornale dovunque, esposto a Roma nel 1890). Dal decennio successivo si orientò verso una maggiore sintesi formale (Paesaggio marino, 1894, Napoli, Galleria dell'Accademia) accostandosi anche alle tematiche di fine secolo (Amore e fede, 1895, Napoli, Galleria dell'Accademia). Nel 1891 fu nominato conservatore e ispettore dell'Istituto di Belle Arti di Napoli. Ispettore, dal 1891 al 1919, dal 1900 l'artista diventò sovrintendente al restauro delle regge di Napoli e di Caserta.

Alcune sue opere: Amore e fede; Pascolo estivo; Reminescenza di Barra; I reprobi e gli eletti (eseguita per la chiesa di Pagani); L'assalto dei turchi alla porta della città (per la Cattedrale di Crotone); Sant'Alfonso (per la cappella dei Signorini di Marianella); Mater Dolorosa (per la cappella Carnesecchi nel cimitero di Napoli).

Si spense a Napoli il 16 febbraio 1926.

 

 

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