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ing.Pierluigi Carnesecchi

indice generale : http://www.carnesecchi.eu/indice.htm

 

Storia dei Carnesecchi 1

Storia dei Carnesecchi 2

Storia dei Carnesecchi 3

Monumento alla Resistenza---La Spezia

 

 

RESISTENZA

 

 

Diversi sono i Carnesecchi che militano nelle file partigiane.............

Antesignano di questi vorrei ricordare Dante Carnesecchi ucciso nel 1921 in un agguato , forse una delle prime vittime del fascismo

CARNESECCHI DANTE anarchico individualista di La Spezia

 

 

 

 

E' interessante la situazione di questi fratelli discendenti dai Carnesecchi di Ceprano : 

 

 

Div. Matteotti Marengo,

Carnesecchi Enrico, ( detto Leo ) , ufficiale di macchina della marina mercantile, poi tenente di artiglieria , poi partigiano nella divisione Marengo ( 1 aprile 44--31 agosto 44) poi commissario politico della stessa Div. Matteotti Marengo,( 01 settembre 44--07 giugno 45 )

citato nel libro :

Il Movimento di liberazione in Italia - Edizioni 54-61 - Pagina 32

 

 

Enrico nasce il 22 11 1905 : a Oviglio (Alessandria ) figlio di Raffaele e di Maddalena Fossati

Ed e' fratello di

Carnesecchi Luigi di Raffaele nato a Oviglio (Alessandria ) il 03 ottobre 1909 Tenente e croce di guerra al valor militare 1949

Carnesecchi Mario di Raffaele, nato ad Oviglio (Alessandria) 11. 23 gennaio 1912.

i tre fratelli dovrebbero esser figli di quel Raffaele detto Cesare dei Carnesecchi di Ceprano

 

 

Ho da Silvio Carnesecchi alcune informazioni sulla famiglia ( vedi 3 parte )

 

 

 

 

 

 

CARNESECCHI ALDO DI PIETRO

BRIGATA GARIBALDI--MONTENEGRO

 

ufficiale politico: tenente Aldo Carnesecchi, dall'8 gennaio 1944 al 1° maggio 1945; ...( Aldo di Pietro e di Pucci Maria Teresa nato a Firenze il 29 settembre 1919 )

 

 

La divisione italiana partigiana Garibaldi: Montenegro, 1943-1945; - Pagina 521

Stefano Gestro - 1981 - 671 pagine

4 Qualifiche gerarchiche della IV brigata « Garibaldi » dal 6 luglio 1944 al 1 ° maggio 1945 : comandante : capitano Piero Zavattaro Ardizzi , dal 6 luglio 1944 al 1 ° maggio 1945 ... ........ufficiale politico : tenente Aldo Carnesecchi , dall'8 gennaio 1944 al 1° maggio 1945; capo di stato maggiore: tenente Renzo Morellini, dal 6 luglio 1944

 

 

 

 

 

 

infine potrebbe essere lui, questo :

CARNESECCHI Aldo 02/06/1979 Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana

con diversi dubbi legati ad un generale di origine senese con lo stesso nome

 

 

 

 

i fratelli Ferdinando e Gianfranco Carnesecchi

 

 

Ferdinando e Gianfranco ambedue fiorentini ed ambedue magistrati figli di Carlo di Ferdinando Carnesecchi di Firenze

Oggi esiste un aula nel tribunale di Venezia intestata a Ferdinando Carnesecchi , legata a tutta la sua vita da magistrato

 

 

 

 

 

 

S.I:M:

GIOVANNI CARNESECCHI DI CESARE DI COSTANTINO

 

 

Dopo l’8 settembre il SIM si trovò a combattere una battaglia per la sopravvivenza. Parte dei suoi quadri e delle sue sezioni ed uffici andarono in clandestinità nell’Italia occupata, entrando a far parte della Resistenza. Solo quattro gli ufficiali riparati a Bari, che si prodigarono nella riorganizzazione del Servizio, partendo da un "Ufficio Informazioni e Collegamento". Già in ottobre il SIM era strutturato su tre, poi quattro, sezioni (Situazione, Offensiva, Controspionaggio - che ripresero i nomi di Zuretti, Calderini e Bonsignore - e Organizzazione). Venne inoltre trasferita la sede da Bari a Napoli, aumentarono gli effettivi e si cominciò a tessere nuove reti nell’Italia occupata.

La sezione Calderini operò sotto stretta osservazione degli Alleati e ricostruì numerosi legami con le unità partigiane operanti nell’Italia occupata e poté contare sull’aiuto di Marina ed Aeronautica per organizzare numerose operazioni logistiche. La Sezione Organizzazione infine si occupò di censura, cifrari e collegamenti radio. La Marina comunque mantenne un proprio Servizio Informazioni. Un altro ufficiale del SIM, il tenente colonnello dei Carabinieri Ugo Luca era responsabile intelligence della banda Caruso.

Mentre l’ex capo del controspionaggio, colonnello Toschi, guidava una banda partigiana nella provincia di Rieti, a Roma vennero a formarsi due reti. Sulla prima, dal nome "Ufficio di Collegamento col Comando Supremo" e prevalentemente militare, si accanì la reazione del controspionaggio tedesco: tra i suoi capi il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo e il tenente colonnello Giorgio Ercolani che finirono torturati e fucilati alle Fosse Ardeatine. La rete di Montezemolo comprendeva anche i gruppi operanti al nord sotto il comando di Ferrè e Gasparotto. Un’altra rete romana si concentrava sulla raccolta di informazioni da inviare a sud. Si chiamava "Centro Radio" o Centro "R". Il suo capo era il tenente colonnello Ernesto Boncinelli, mentre suo vice fu il tenente colonnello Giovanni De Lorenzo, futuro direttore del SIFAR. Al momento della liberazione, solo a Roma, operavano circa 300 agenti. Un’altra importante rete fu infine posta in essere dal comandante dell’Accademia Militare di Modena, il colonnello Giovanni Duca[7], che verrà catturato e fucilato a Verona.

Il SIM inizialmente collaborò con lo Special Operations Executive (SOE) e il Secret Intelligence Service, che ebbero fino alla metà del 1944 una sorta di monopolio nei rapporti con il nostro intelligence. Ciò era dovuto a molteplici fattori: innanzitutto gli ufficiali britannici tendevano a trattare i colleghi italiani senza eccessiva superiorità e valorizzandone le azioni di intelligence. Inoltre Londra privilegiava l’opzione monarchica, condivisa dalla quasi totalità degli ufficiali del SIM.

L’OSS, da parte sua, ebbe una politica duplice: alcuni suoi agenti, in particolare Serge Obolenski e il maggiore André Bourgoin, capo della sezione SIM dell’OSS, tendevano a sostenere la linea di evitare ogni collaborazione con la Resistenza comunista. Altri, come il maggiore Peter Tompkins e il capitano Max Corvo, privilegiarono i propri rapporti con la Resistenza democratica, giungendo a creare un vero e proprio nuovo servizio italiano che sostenesse il CLN: nacque così nel novembre 1943 a Napoli l’Organizzazione Resistenza Italiana (ORI), posta al comando di Raimondo Craveri, genero di Benedetto Croce. L’ORI poté contare su un nutrito numero di elementi della Regia Marina per i propri servizi tecnici e su circa 45 agenti di reti operative in Italia settentrionale, per lo più volontari liberali, repubblicani e azionisti. I rapporti tra SIM e ORI non furono facili a causa delle reciproche diffidenze politiche.

Con la liberazione di Roma avvennero due fatti importanti: l’Ufficio I tornò ad essere il SIM e venne quindi operata una profonda riorganizzazione del Servizio, posto sotto il comando del colonnello Pompeo Agrifoglio. Aumentò l’organico, seppure nettamente inferiore rispetto a quello del 1943, e le sezioni divennero sei e dopo poco nove: organizzativa; elaborazione dei dati; contatti con gli altri organi informativi; personale; cifrari; "altre attività"; collegamenti radio; aeronautica; di collegamento con la Marina. In agosto del 1944 riprese il nome di SIM.

by Wikipedia

 

 

 

 

missione ANTICER

GIOVANNI CARNESECCHI DI CESARE agente SOE

 

 

Special Operations Executive

 

Nella primavera del 1945, quando le forze alleate anglo-americane con il concorso delle formazioni partigiane “liberarono” la penisola, la Resistenza italiana aveva raggiunto dimensioni tali da farne il movimento militante clandestino più forte in Europa (tralasciando i contesto jugoslavo). Questo era accaduto anche grazie all’aiuto cruciale dello Special Operations Executive (SOE), l’agenzia britannica costituita nel luglio del 1940 per organizzare i movimenti partigiani nei Paesi occupati dai tedeschi. Il SOE per l’Italia, noto con il nome di Number 1 Special Force, portò a termine nella penisola dozzine di missioni, il cui scopo era fornire alla Resistenza armi, munizioni, indumenti e cibo. Grazie a una straordinaria serie di eventi, il SOE collaborò segretamente anche con i suoi ex nemici: i servizi italiani d’intelligence militare e la Regia Marina, che fornì le veloci motosiluranti e i gommoni usati per sbarcare agenti britannici sulle spiagge italiane fortemente difese dai tedeschi. Raccogliendo in modo completo la documentazione ufficiale dell’epoca, resa pubblica di recente, diari personali e testimonianze dirette, questo libro racconta le operazioni segrete condotte in Italia dal SOE, rivelando particolari inediti sulla Resistenza italiana.

 

 

Lo Special Operations Executive fu creato nel più assoluto segreto ed ha rappresentato uno dei tre pilastri della strategia offensiva della Gran Bretagna per tutta la prima metà del secondo conflitto mondiale.

Lo Special Operations Executive (SOE) fu un'organizzazione britannica operante durante la seconda guerra mondiale.

“Ed ora incendiate l'Europa” (and now set Europe ablaze). Con queste parole, il 19 luglio 1940, il primo ministro britannico Winston Churchill autorizzava la creazione dello Special Operations Executive o SOE (l'Esecutivo Operazioni Speciali). Esso, secondo le parole di Churchill, avrebbe dovuto incendiare l'Europa col sabotaggio e la sovversione dietro le linee tedesche

La vicenda del SOE fa parte della storia segreta della seconda guerra mondiale. Partendo da Londra, dal Cairo, da Algeri, e in un secondo tempo anche da Brindisi e Bari, agenti segreti particolarmente addestrati presero terra in diversi paesi dell'Europa lanciandosi con il paracadute, scendendo da piccoli aerei o sbarcando da sommergibili e motoscafi.

Il loro compito consisteva nel collaborare con la resistenza e i gruppi partigiani, nell'organizzare e addestrare volontari decisi a disturbare ovunque gli invasori nazisti, nel distruggere strade, ferrovie e linee di telecomunicazione, nel distribuire armi, munizioni ed esplosivi che aerei britannici e americani paracadutavano su campi segretamente approntati dai militanti della resistenza.

Il segreto di stato imposto dalle autorità del Regno Unito sull'intera documentazione, mantenuto fino al 1997, non aveva permesso agli storici di studiare in quale misura il SOE avesse contribuito alla vittoria degli Alleati sui paesi dell'Asse. È il caso, ad esempio, delle numerose accuse più volte indirizzate al SOE, riguardanti l'aver sostenuto, foraggiato e fomentato gruppi di resistenza di ispirazione comunista e di aver contribuito, con tale sostegno, all'avvento di regimi comunisti nell'immediato secondo dopoguerra. Il contributo del SOE nell'area balcanica, ad esempio, si presta decisamente ad un'analisi particolareggiata dell'operato degli agenti speciali di Sua Maestà. Lo studio sul contributo del SOE ai gruppi di resistenza iugoslavi (serbi), greci e albanesi rappresenta sicuramente un'eccezionale opportunità di analisi sulle reali responsabilità che i servizi segreti britannici ebbero nel favorire l'instaurazione dei regimi comunisti del maresciallo Tito in Iugoslavia e di Enver Hoxha in Albania.

Le attività del SOE, dettate da obiettivi militari di breve periodo (ossia vincere la guerra), erano in forte contrasto con quelle di lungo periodo e più propriamente politiche del Foreign Office. Dall'analisi svolta si evidenzia con chiarezza quanto il SOE garantisse il suo aiuto militare a tutti quei gruppi che avessero dato maggiori garanzie di uccidere il maggior numero di tedeschi. Poco importava, perciò, di quale ispirazione politica fossero. In questa ottica, quindi, il SOE era in perfetta armonia con i capi di stato maggiore britannici, al contrario di ciò che avveniva con l'establishment del Foreign Office. Tale dicastero, invece, era molto più preoccupato di quale sarebbe stato l'equilibrio politico diplomatico nel periodo successivo alla fine della guerra e quali sarebbero state le conseguenze per la Gran Bretagna qualora si fosse resa corresponsabile dell'avvento di regimi comunisti in paesi fino ad allora monarchici ed alleati di Sua Maestà. Il SOE, favorendo tali regimi comunisti in alcuni paesi balcanici, ha delle precise responsabilità politiche e militari.

Un importante riconoscimento che va attribuito al SOE è che armando i gruppi di resistenza, lo Special Operation Executive ha permesso ai paesi balcanici di potersi liberare dal giogo nazista con l'ausilio delle loro sole forze. Al ritiro delle truppe naziste, infatti, i gruppi partigiani, iugoslavi e albanesi, furono in grado di rioccupare militarmente i propri paesi senza aspettare l'aiuto dell'Armata Rossa, come invece avvenne per il resto dell'Europa orientale, con la conseguente occupazione sovietica. Questa situazione ha permesso a questi due paesi, Iugoslavia e Albania, di seguire una politica indipendente rispetto a Mosca per tutto il periodo della Guerra Fredda.

by Wikipedia

 

 

 

Con l’alta Valtellina ci sono stati contatti e iniziative che hanno avvicinato le varie formazioni; l’osmosi è stata tale che saranno ricamati nella zona di Grosio fazzoletti verdi con la dicitura «Fiamme Verdi Valtellinesi» (da non confondersi con l’omonimo raggruppamento alpino dell’esercito della Rsi), ma ancor di più nella zona dell’Aprica e del Mortirolo vedranno le varie bande sovrapporsi. Apparentemente fuori da ogni legame geografico con l’alta Valtellina e l’alta val Camonica, la bergamasca Fonteno, sulla sponda occidentale del lago d’Iseo, diventa invece sede di un collegamento radio con le forze alleate fondamentale e non solo per le Fiamme Verdi; la presenza della missione del Soe inglese Anticer non può essere rinchiusa in un recinto preciso. La trasmittente, esisteva e funzionava dal maggio 1944 per opera di Giovanni Carnesecchi, Ugo, ventinovenne arruolato nelle forze inglesi del Soe. È un indispensabile collegamento fra i gruppi delle Fiamme Verdi e dei partigiani operanti fra la Valcamonica, l’Ovest bresciano e le valli limitrofe, sia della provincia bresciana che orobica, con il Comando alleato […] Il tentativo di dare una struttura compiuta, su tutto il territorio dell’Italia occupata, che rappresenti la forza armata del Governo del Sud è il compito che si era assunto il gruppo dei Volontari Armati d’Italia con a capo il Kulczycki. I militari che sono rientrati dalla Svizzera potevano rappresentare l’ossatura di una formazione militare che si sviluppava partendo da un territorio in cui c’era una rete di appoggio. La media Valtellina appariva come un territorio ideale, difficili ma non impossibili i contatti con la Svizzera, una rete locale con cui è possibile intendersi senza troppi problemi, la possibilità dei collegamenti con la valle Camonica dove il generale Masini ha sviluppato il gruppo delle Fiamme Verdi, il collegamento naturale con le bande dell’alta valle.

 

Partigiani in Val Trompia

 

 

 

 

un libro di David Stafford

 

Page 305

........set of an Italian mission operating near Bergamo with a Green Flames partisan group. Codenamed Anticer, it had been parachuted behind the lines over a year before as one of the dozens of Italian missions that played such a vital part in SOE operations. Its radio operator, a 29-year-old Milanese named Giovanni Carnesecchi, had been trained by No. 1 Special Force in southern Italy. He was a good and reliable operator and maintained regular contact with base until the end of the war. ‘If Anticer’s set works properly,’ Salvadori reported shortly after arriving, ‘it will be convenient to me as there is now a regular courier service twice a week between the Green Flames and Milan.’ Over the weekends he typed up lengthy reports for SOE that were taken by couriers — mostly female — to Birkbeck in Lugano. He was also making use of an SIS set in Turin and another near Bergamo, as well as relying on messages conveyed via the SOE missions led by McMullen and Manfred Czernin.*> Earlier that month, Czernin had been parachuted into Italy a second time, on this occasion to work with partisans north-east of Milan. For all his flamboyance he was carrying out valuable work with partisans around Bergamo and in due course was to enter the city, transmit direct to base from the Questura and accept the German surrender there.”

 

in questo libro e' detto milanese , ma altre testimonianze lo dicono fiorentino in realta' come appurato e' nato a Milano da padre senese

Proprio il sentirlo dire fiorentino e non trovandolo nelle liste di leva mi aveva fatto venire il dubbio che fosse di origine toscana ed in particolare senese

Avevo infatti un piccolo albero genealogico in parte riferitomi molti anni fa dal generale Aldo Carnesecchi

Cosi : Cesare di Costantino Carnesecchi (suo padre ) e' nato a Siena il 18 luglio 11883 (atto Comune di Siena 338 del 19 Luglio 1883

si sposa a Siena con Brunetti Angiola ( che non ho trovato tra i nati di Siena) il 14 gennaio 1914 e si trasferisce a Milano lo 09 09 1914

 

Storia dei Carnesecchi ...........................................................Insediamento del cognome Carnesecchi a Siena

 

Quindi effettivamente Giovanni e' nato a Milano ma da padre senese

 

 

 

 

Debbo alla catena di amici : Paolo PICCARDI , Valerio GIANNELLINI, Rodolfo VITTORI queste ulteriori notizie su Giovanni Carnesecchi

In particolare al prodigarsi di VALERIO GIANNELLINI

Missione Anticerdal libro : La missione Anticer e la radio di Fonteno---2013 ---di Carlo e Marco Bonari

 

Radio a Fonteno Giovanni Carnesecchi agente SOE

 

 

 

 

CARNESECCHI GIOVANNI (UGO) fiorentino nato circa 1916

 

La missione Anticer

La missione Anticer, inquadrata nella Special Force N. 1 inglese, operò dal febbraio 1944 (era stata paracadutata il 14 di quel mese nel padovano, sul greto del fiume Brenta) fino alla Liberazione nei dintorni del lago di Iseo, a cavallo delle province di Bergamo e Brescia. Suo compito era il funzionamento di una radio clandestina che garantisse le comunicazioni tra comando alleato e formazioni partigiane della Tito Speri, inquadrata nelle Fiamme Verdi della val Camonica. Dopo varie ricerche, Fonteno era stato individuato come luogo strategico per il Centro-Nord, ideale per installarvi la radio e qui la missione arriva nell’aprile 1944.

A costituirla sono il capitano degli alpini Federico Punzo, ospite dell’albergo Belvedere di Fonteno, il radio operatore Giovanni Carnesecchi, un antifascista fiorentino, e il tenente Emilio Bonari di Palazzolo sull’Oglio, che terrà un accurato diario di tutta l’operazione.

 

"Nel gennaio del 1944 venne paracadutato sui monti della zona Giovanni Carnesecchi, un antifascista che aveva con sé una ricetrasmittente. Carnesecchi venne ospitato dal gennaio del 1944 fino al gennaio del 1945 in casa mia. A lui si aggregò dopo un mese Federico Punzo, un maggiore degli alpini siciliano e residente a Milano. Lui aveva il compito di far arrivare ordini e portarli ad altre formazioni. Punzo andava sovente a Iseo a portare ordini. In seguito arrivò dalla Svizzera Emilio Bonari, tenente degli alpini e venne a dare una mano agli altri e rimase fino all’ottobre del 1944 ed arrivò nel mese di maggio del 1944. La mia casa era una base operativa dove venivano trasmessi ordini via radio. Passarono spesso a casa mia Brasi, Paglia, Silvio, Andrea, non so chi fossero questi ultimi.

L’antenna era stata piazzata sul tetto e spesso bisognava smontarla frettolosamente per non rivelare la posizione della radio nella mia abitazione. I tedeschi e fascisti sapevano che a Fonteno c’era una radio alleata perché probabilmente avevano rilevato con dei loro mezzi la presenza di onde radio in zona.Per questo motivo la mia famiglia visse sempre con la paura di essere scoperti e di essere fucilati".

 

L’importanza della missione è indiscussa. Proprio questa radio contribuisce alla nascita, nel giugno 1944, del Corpo volontari della libertà e alla firma del “Protocollo di Roma” tra i delegati del Comitato di liberazione nazionale alta Italia (Clnai) e gli Alleati. Numerosi i messaggi trasmessi alla Royal Air Force (Raf ) con l’indicazione di truppe, caserme, presidi, fortificazioni tedesche da bombardare e ancora più insistenti le richieste di aviolanci di armi e denaro per le Fiamme Verdi, ma anche per le brigate di Giustizia e Libertà e Garibaldi dell’Oltrepò pavese e del piacentino. Altre informazioni dettagliate riguardavano le più importanti azioni condotte sul campo, le formazioni partigiane, il numero di uomini mobilitati e il loro armamento, così come puntuali erano le notizie sulle rappresaglie e i rastrellamenti, sugli arresti di esponenti della Resistenza, come le smentite alle false notizie che venivano fatte circolare dai nazifascisti. Im-portantissimo anche il coordinamento che la radio offrì per l’aviolancio del generale Cadorna, nella notte fra l’11 e il 12 agosto. Proprio la radio informerà i comandi che il lancio – pur con alcune di(coltà – era riuscito. Il successo della missione si radica nell’azione di sostegno pronta e spontanea della popolazione civile: la Resistenza infatti non è solo lotta armata, è anche resistenza civile, senz’armi e dentro la quotidianità di vite normali. È in questa prospettiva che si coglie appieno tutto il significato del ruolo delle donne nella Resistenza, come appunto ci ricorda la storia di Angela Bertoletti in Pedretti. Questa donna apre la sua casa alla missione e permette che le apparecchiature della radio vengano installate nella sua abitazione, nella parte alta del paese. Il marito di Angela è prigioniero degli inglesi in Africa e lei vive con i suoi tre figli: Pierino di 19 anni, Caterina di 16 e Elisa di 13. Non teme le possibili dicerie del paese né ha paura di rischiare, anzi si fa aiutare dai suoi figli e da sua sorella, Ines Bertoletti, che vive con lei e diventa staffetta per tenere i collegamenti fra la radio e i partigiani. Come ricorderà Caterina in un’intervista dell’aprile 2006, i rastrellamenti furono numerosi, ma la radio non venne mai “scoperta” e gli operatori si salvarono.

 

"Il 7 settembre, il giorno della morte di mio fratello, ci bruciarono la casa e ci portarono via tutto, anche le lenzuola. Carnesecchi non c’era perché era a Iseo con Punzo, Bonari Emilio di Palazzolo sull’Oglio riuscì a scappare. La radio per fortuna non venne trovata. Da lì iniziarono i rastrellamenti, secondo me. Con l’apparecchio trigonometrico avevano capito che nella zona doveva esserci una ricetrasmittente. E’ stato un susseguirsi di rastrellamenti. Ospitammo persino i tedeschi e i fascisti. Eravamo solo tre donne, mio padre era internato. I fascisti bruciavano, rubavano incendiavano. Anche i partigiani facevano baldoria nell’osteria di Francesco Bertoletti e poi se ne andavano. Quando i fascisti capirono che lì passavano i partigiani, bruciarono l’osteria. I tedeschi si sono comportati sempre meglio dei fascisti. I fascisti hanno individuato la radio solo il 2 gennaio del 1945 quando Carnesecchi stava trasmettendo. Mio zio vide i fascisti e si precipitò a casa mia. La radio venne nascosta e loro non si accorsero. Carnesecchi fu mandato con tutti gli uomini del paese alle scuole e lì interrogato a lungo. Loro dissero che il Carnesecchi non lo conoscevano. Lui disse che era un ex allievo di mio zio, che era tenente degli alpini e cappellano militare ed aveva insegnato a Milano all’istituto Salesiano. Io e mia zia andammo al comando e, senza metterci d’accordo confermammo la sua testimonianza. Dopo quella retata decisero di andarsene. Ormai avevano capito che a Fonteno c’era la ricetrasmittente. Noi a fine guerra non avevamo più né la casa né la cascina. Il 25 aprile sembrò di rinascere. Quel giorno vedemmo la colonna tedesca a Pisogne colpita da bombardamenti e poi................................".

 

 

 

 

 

Un pensiero particolare infine lo dedicherà Giovanni Carnesecchi (Ugo) a “mamma Angiolina”, nella cui casa di Fonteno è rimasta nascosta ed operante la radio clandestina delle Fiamme Verdi dalla primavera del 1944 fino alla vigilia della Liberazione («La signora Pedretti Angela non presenta alcuna difficoltà adaccogliermi, raggiungo quindi a Vicenza Romolo per avvertirlo e riprendo l’apparecchio a Palazzolo e mi impianto presso la signora. Metto al corrente la signora Pedretti della specie del mio lavoro e del bisogno di segretezza. Non ho da lei un rifiuto ma anzi un valido aiuto tanto che, per molto tempo, gli stessi suoi figli non si accorgono del mio lavoro»).

Nel corso della “battaglia di Fonteno”, il figlio di Angiola Pedretti, Paolo, diciannovenne partigiano della 53ª Brigata Garibaldi, «viene preso [mentre] io, inseguito da raffiche, raggiungo il fondo valle e comincio a risalire il versante opposto».

Pietro viene condotto verso piazza del paese dove, giunto vicino a casa, tenta di sfuggire ma è colpito da una raffica: ferito gravemente verrà poi barbaramente ucciso.

Ed ecco quanto scrive Giovanni Carnesecchi a proposito di “mamma Angiolina”: «Povera donna! Tanto ha già dato per il mio lavoro e la mia sicurezza, senza nulla chiedere; sempre con tanto amore e materna cura per tutti noi: Federico, io, Emilio, Felice (comandante Fiamme Verdi), Mario, Giacomo, Augusto e altri due dei quali mi sfugge il nome. Tutti abbiamo bisogno della sua ospitalità e del suo incoraggiamento materno. Povera “mamma Angiolina”, il dolore più profondo ti ha sconvolta per tutta la vita lasciando sul tuo volto i segni indelebili della tua sciagura.

Incendi, saccheggio generale e uccisioni sono le imprese e le vittorie nazifasciste di quel giorno. I rastrellamenti si intensificano in tutte le valli a causa dell’attività dei partigiani. Pericoli seri quindi per salvare l’apparecchio e mantenerci il più possibile in collegamento con la Base...

 

 

 

 

Il 7 settembre, nel primo dei numerosi rastrellamenti che si abbattono su Fonteno fu fucilato il figlio di Angela Pierino Pedretti, che per non andare in guerra si era arruolato nella Todt, ma che dopo tre mesi di lavoro era tornato a Fonteno per aggregarsi ai partigiani.

"Mio fratello aveva fatto il militare a Cogoleto e l’8 settembre era tornato a casa. Lui decise di non presentarsi più al distretto militare perché altrimenti lo avrebbero mandato in Germania. Rimase così sette o otto mesi in montagna. Prima era andato con le Fiamme Verdi in valle Camonica e poi passò con la Garibaldi. Lui di notte dormiva nei boschi e si spostava sempre. Il 7 di settembre piovigginava e mio fratello decise di rimanere in casa per poi svegliarsi la mattina dopo per tornare in montagna. Alle 6 arrivò mia nonna di ritorno dalla messa e ci disse di scappare. Alle 6 il paese era già circondato dai fascisti e tedeschi, mi ricordo che alcuni fascisti parlavano in dialetto bergamasco. Mio fratello e Bonari Emilio scapparono, mio fratello, che era del posto e conosceva bene la zona, scavalcò un muro altissimo ma venne preso, l’altro attraversò il paese di corsa passando nella piazza e si nasconde in un incavo nella roccia e si salvò. Mio fratello venne preso e portato a casa ma noi non c’eravamo.

Lui tentò di trovare i documenti che aveva della Todt, poi pare che abbia tentato di scappare e in quel momento i fascisti gli spararono alla schiena. Io e mia mamma scappammo da mia nonna che aveva una cascina posta sotto la nostra casa. Poi andammo al dopolavoro e lì mia madre si sentì male. Nel frattempo entrò un fascista, un ragazzo di 19 anni e ordinò un marsala. Poi disse, ‘abbiamo preso uno del ’25’ e mia madre capì che Pierino era stato preso. Poco dopo entrò mia zia e ci disse che mio fratello era stato ferito e che stava scendendo dalla mia casa in cima al paese verso la piazza. Pierino disse alla zia, ‘dai zia vieni a curarmi non vedi che sono ferito’. Mio fratello aveva lavorato all’Ilva di Lovere e riusciva a trovare uova o formaggi che portava ai colleghi. Prima di morire mio fratello chiese dell’acqua ad un fascista: ‘dammi un po’ di acqua da bere almeno tu che ti ho portato tante volte le uova e il formaggio’. Lui dunque riconobbe alcuni fascisti presenti alla retata. Mia zia allora disse a mia madre di vestirsi perché probabilmente avrebbero portato Pierino all’ospedale. Intanto i fascisti lo facevano camminare per la piazza ferito. Nel giro di una mezz’ora, alle 7.30 incontrammo una persona e mia zia disse, ‘andiamo a vedere mio nipote che è ferito’ ma quella persona ci rispose, ‘non andate perché Pierino è stato ucciso’. La ferita era già mortale perché aveva trapassato il polmone i fascisti lo caricarono sul camion. Arrivati appena sotto la chiesa, nella casa posta sulla curva i fascisti si fermarono. Lì c’è un muro alto, venne fatto salire sul muro e buttato giù.

Poi gli spararono probabilmente anche in faccia".

 

Il dolore non fa però retrocedere la donna dal suo impegno, anche se possiamo solo cercare di immaginare lo scoramento e forse la paura. Il 19 dicembre 1944 la radio trasmette questo messaggio: “Popolazione demoralizzata. Molto difficile cambiare zona per controlli continui e paura della popolazione. Costretto per ora ridurre appuntamenti”. E nello stesso spirito, particolarmente significativo è il messaggio a commento al proclama Alexander: “Profonda indignazione e reazione soprattutto dopo comunicato di Alexander di stasi invernale e pratico abbandono dei patrioti”. Dal 27 dicembre 1944 al 13 febbraio 1945 la radio tace, alla ricerca di un luogo sicuro, spostandosi in varie località della provincia di Brescia (Marone, Pontoglio, Chiari, Erbusco) sotto la protezione dei partigiani di “Tarzan” e con l’aiuto di Giannino Bresciani, che tiene i collegamenti con il Clnai di Milano.

 

 

 

 

E' stato remunerato con due medaglie al valore

Una d'argento ( decorato sul campo ) per il periodo 13 febbraio ---13 agosto 1944

 

una di bronzo per il periodo 14 agosto 1944 --- 27 aprile 1945

 

 

 

Questo "Ugo" dovrebbe esser quindi lo stesso di questo Giovanni Carnesecchi ( Carnesechi ) rinchiuso a San Vittore a Milano

l'inconciliabilita' delle date :1/3/1944 - 30/11/1944 penso sia apparente Non essendo l'intervallo temporale la lunghezza dell'arresto ma solo la distanza temporale delle schede presenti

Per conoscere il periodo effettivo di detenzione e' necessario consultare la scheda ma seguendo la concessione della medaglia di bronzo e' da collocarsi dopo l'agosto 1944

 

ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE IN ITALIA

Fondo: Schede del Carcere di San Vittore di Milano

Estremi cronologici: 1/3/1944 - 30/11/1944

Il fondo raccoglie alcune schede individuali con i nominativi dei detenuti del carcere di San Vittore di Milano registrati nel periodo 1 marzo-30 novembre 1944. I nominativi sono stati ricopiati da un registro delle matricole del carcere e versate all'archivio dell'Insmli da Massimo Legnani nel 1968. Sulle schede sono riportati cognome, nome, professione, numero di matricola, data di entrata e di uscita dal carcere (indicata con la lettera "U") e talora la destinazione (campo di concentramento o di transito, indicati con le sigle "CC" e "KL" o con la dicitura "Fossoli"). Per le donne sposate viene talora riportato il cognome del marito, per gli stranieri la nazione di provenienza e per alcuni detenuti la località di provenienza. Le schede, raggruppate in 14 fascicoli, sono disposte in ordine alfabetico per cognome eccezion fatta per un fascicolo che raccoglie schede anonime o nominative ma con scrittura diversa e incerta. Una ulteriore indagine sui detenuti del carcere milanese può essere compiuta presso il Museo del Risorgimento di Milano dove è conservato il registro di San Vittore (11 marzo-22 giugno 1944) e presso l'Archivio di Stato di Milano, Fondo Matricole del carcere di San Vittore, che conserva i libri matricola del carcere e dove è consultabile una banca dati anagrafica informatizzata dei detenuti per il periodo 8 settembre 1943-25 aprile 1945. ------40 fascicoli

 

http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzA00/01058%20*%20cts=d

 

 

 

Fascicolo: Carlini Davide - Cazzaniga Giulio

Busta 1, Fasc. 3

Schede personali dei detenuti: Davide Carlini, Dante Carneli, Eligio Carnelli,Giovanni Carnesechi, Tullio Carnevale, Roberto Carniello, Mario Carniti, Carlo Caronni, Concetto Carpentiere, Paolo Carpi De Rosmini, Teodoro Carpi, Cesare Carro, Pietro Carta, Enrico Cartabia, Pietro Carucci, Enrico Caruso, Franco Casadio, Giorgio Casale, Antonio Casoli, Enrica Casarini [Cesarini ?], Giuseppe Casati, Mario Casati, Riccardo Casati, Serafina Casati, Michele Casciello, Giovanni Casenghino, Mario Caserini, Angelo Casero, Micaela Casieri, Olimpia Casolasco, Giulio Casiraghi, Ambrogio Cassamagnago, Marta Cassi, Arduino Cassina, Pancrazio Castagneri, Piero Castana, Rita Castato Novati, Bruno Castellani, Vittorio Castellani, Giovanni Castellani, Marco Castellari, Giuseppe Castelletti, Francesco Castelli, Vittorio Castelli, Giovanni Castellini, Annibale Castelnuovo, Annibale Castiglioni, Pasquale Castoldi, Donata Castrezzali, Francesco Caterina, Carlo Cattaneo, Dante Cattaneo, Elia Cattaneo, Ernesto Cattaneo, Giuseppe Cattanco, Giuseppe Cattaneo, Romano Cavada, Corrado Cavalieri, Paolo Cavalieri, Bruno Cavallari, Mario Cavallazzi, Aldo Cavalli, Giuseppe Cavallotti, Mauro Cavoli, Ernesto Cazzaniga, Giulio Cazzaniga. cc. 69
Date: 01/03/1944 - 30/11/1944;

Compilatore: Corradi Facchetti Paolo 0/12/2005.

 

 

 

infine credo sia lui, questo (non ho conferme ) :

CARNESECCHI Giovanni 30/03/1965 Commendatore dell'Ordine della Stella d'Italia (già Stella della solidarietà italiana)

 

 

 

 

Nello stesso tempo

Fondo Questura Siena in ASSiena ......................busta Cesare Carnesecchi

che dovrebbe riguardare un sorvegliato politico prima dell'avvento del fascismo

Cesare Carnesecchi nasce nel 1883 , nel gennaio del 1914 sposa Brunetti Angiola e a settembre del 1914 si trasferisce a Milano

 

 

 

 

 

 

CARNESECCHI Furio – Nato a Rosignano Marittimo il 10 luglio 1911. Operaio, residente a Torino, già caporalmaggiore nel Genio ferrovieri. Patriota della 6ª Brigata della Divisione Bruno Buozzi nel periodo 1.01 – 7.06.1945.

 

 

 

CARNESECCHI ERSILIO

Notizia tratta dal Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 18-05-1944

Description: Notizia relativa a "Attività dei banditi e dei ribelli" a Castagneto Carducci (Firenze) riguardante "Carnesecchi Ersilio", contenuta nella pagina 26 della Guardia Nazionale Repubblicana, Notizia tratta dal Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 18-05-1944

Europeana

Fondazione Luigi Micheletti

/10904/B7B5CD5B702AA6E7221A1B91256A63700D62C592

 

 

 

CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’ ADERENTI AL C. L. N.

23^ BRIGATA GARIBALDI “ Guido Boscaglia “

La 23° Brigata Garibaldi è nata nel Volterrano (Macchie di Berignone) nel maggio 1944, dalla fusione di diversi distaccamenti partigiani che operavano da lungo tempo nella zona compresa tra Siena, Volterra e Massa Marittima.

Tale fusione fu auspicata e coordinata dalla giunta militare dei C.L.N. di Pisa, Firenze e Colle di val d’Elsa.

..........................

FULVIO CARNESECCHI di Pietro e di Isma Bastianini – fante – nato a Travale (Grosseto) 26/01/1924 – residente a Travale – ha fatto parte della Banda in qualità di partigiano – capo nucleo dal 03/03/1944 al 20/07/1944 -----------91029.

 

Vittima di un incidente particolare: ferito per caduta da cavallo al podere Prataccio.

"Il partigiano Fulvio Carnesecchi di Pietro, il giorno 20 giugno 1944 ha riportato artro-sinovite traumatica in seguito a caduta da cavallo al campo “Prataccio”, località in Comune di Radicondoli (Siena)."

"Tale affezione l’ha immobilizzato per la durata di due mesi. f.° Dott. Campo"

Nonostante questo :

"E’ a nostra conoscenza che il Ponte del Pelagone venne fatto saltare dalla 1^ Squadra della 1^ Compagnia comandata da Fulvio Carnesecchi"

 

Fulvio Carnesecchi e' padre di Florio Carnesecchi scrittore e custode e conservatore delle tradizioni della sua terra

 

 

 

SIRIO CARNESECCHI “Regolo” Partigiano, di Pietro e di I. Bastianini, nato a Travale il 02/03/1925, ivi residente. Ha fatto parte delle Brigata dal 01/06/1944 al 20/07/1944. 91023

fratello di Fulvio

 

 

 

ILIO DI SETTIMIO DI MONTEPESCALI

 

 

 

 

 

Altri non identificati : Non ho idea di chi fossero questi Carnesecchi citati L'unica traccia e' che il padre lavorava in ospedale come medico

 

estratti da RadioMaremmaRossa.it

https://www.radiomaremmarossa.it/partigiani/asdrubale-radi-pelo/

 

Asdrubale Radi, familiarmente Bube, nasce a Massa Marittima (Gr) il 25/07/1923, nel Terziere di Città Nova. Sua madre si chiama Annita Melosi e il padre è Enrico, già ”Ardito” nella Grande Guerra, di professione muratore.

......... ai dr. Carnesecchi, il figlio in formazione Camicia Rossa, il padre che collaborava attivamente dall’ ospedale

 

 

Nel 1943 parte militare, a Verona, e per caso scampa alla tragica spedizione in Russia dove avrebbe dovuto essere destinato se … non fosse già iniziata la disfatta sul Don dell’inadeguato contingente italiano sotto i colpi dell’ Armata Rossa. Non riesce a raggiungere neanche la seconda delle sue destinazioni, Creta, perchè un provvidenziale bombardamento della tradotta militare, dopo Roma, gli fornisce l’occasione di una prima fuga con altri verso Napoli, dove lo coglie l’8 settembre ed il definitivo sbandamento dell’esercito italiano. Con mezzi di fortuna, in pochi giorni è a Massa Marittima e, verso il 22 o 23 di settembre, raggiunge la località Il Poggione insieme al primissimo nucleo di attività partigiana organizzata: non prima però di essersi bene armati recuperando fucili, pistole e bombe a mano precedentemente nascoste dopo averle prelevate da una caserma locale.

Per problemi non solo di orientamento politico, il gruppo iniziale si divide: una parte segue Renato Piccioli stabilendosi alle Capanne e dando vita alla formazione Camicia Bianca, l’altra – con Pelo – rimane al Poggione con la formazione autonoma guidata da Viazzo Zazzeri, divenendo poi parte cospicua della futura IIIa Brigata Garibaldi ”Camicia Rossa” guidata dal maggiore Mario Chirici.

 

Nonostante il compito di cuoco, Pelo partecipa anche ad alcune azioni militari o di collegamento, incontrandosi anche sulle Carline coi partigiani della XXIIIa Brigata Boscaglia comandati da Paolo ( il dottor Giorgio Stoppa, comunista): è questa una missione in cui rappresentanti delle due Brigate, per motivi soprattutto ideologici e di responsabilità per il massacro subito dai partigiani al Frassine il 16 febbraio 1944, non trovano un accordo e si crea una frattura mai più risaldata tra le due formazioni.

Ed è anche l’ultima missione del suo compagno Enrico Filippi, pochissimi giorni prima del suo vigliacco assassinio.

In primavera, un rastrellamento nazifascista contro la sua formazione non va a frutto perchè Asdrubale e compagni riescono ad aprirsi un varco e lasciano nella rete solo … un prigioniero polacco collaborazionista dei tedeschi.

La sua formazione è anche autrice del fallito tentato rapimento del podestà Vecchioni, feroce proprietario terriero fascista responsabile di ripetute violenze fin dai primi atti squadristici.

Giugno è caratterizzato dalla tragedia dei minatori martiri di Niccioleta. E’ una squadra della formazione di Asdrubale Radi ad occupare il paesino minerario per motivi di rifornimento e sono la relativa facilità e il successo dell’azione a galvanizzare la popolazione. Un mordi e fuggi perchè a pochi chilometri, in Pian dei Mucini, c’è un grosso contingente tedesco.

Ma tanto basta perchè si issi una bandiera sul Dopolavoro fascista, si organizzino squadre di minatori armati che difendono la ”loro”miniera, il loro futuro pane dall’invasore tedesco e, purtroppo, si redigano fatali elenchi coi nomi e le turnazioni di guardia ai pozzi.

Il resto lo fanno le spie fasciste e la bestialità di nazisti e camicie nere complici che portano alla morte 83 minatori.

C’è rammarico ancora oggi, tra gli uomini della IIIa Brigata Camicia Rossa, per non aver potuto impedire manu militari questo scempio.

Tra i suoi compagni di Formazione, Pelo ricorda Viazzo Zazzeri, come comandante di squadra, e suo fratello, Dino Cocolli, Libero Fedeli, Marco Checcucci, Beppe Martellini, i fratelli Giannoni, i fratelli Bolognini, i fratelli Donati, Mario e Rolando Bagnoli, Luigi Tartagli, Alfo Cerbai, Mauro Tanzini,Mario Calvani, Angelo Bicicchi, Guido Noci, Livio Radi, Corbolini, Costagli, Montomoli, Fiorini.

Tra i collaboratori, oltre ai numerosi e generosi contadini ( ”ma non tutti, eh… a qualcuno c’era da girargli alla larga…” ) e alle preziose staffette, a cominciare dall’instancabile Ugo Ugolini, Asdrubale ha viva memoria dell’opera prestata, tra gli altri, dai medici Dr. Cheli ( ” accorreva sempre … rimase affezionato a questi posti anche quando diventò un professore … ” ) e dai dr. Carnesecchi, il figlio in formazione Camicia Rossa, il padre che collaborava attivamente dall’ ospedale ( ” e quando c’era da nascondere … nascondevano … ” ).

by RadioMaremmaRossa.it

https://www.radiomaremmarossa.it/partigiani/asdrubale-radi-pelo/

 

 

 

 

 

Episodi a margine :

 

 

STRAGE DI NICCIOLETTA

 

Vedi su questo sito : la strage di Niccioletta : http://www.carnesecchi.eu/Niccioleta.htm

STRAGE DI NICCIOLETTA

in particolare come Orlando Carnesecchi riusci a salvarsi

 

 

 

FERIMENTO VICINO A LASTRA A SIGNA DELL'OPERAIA OLINTA CARNESECCHI ---I FATTI DI PONTE DI MEZZO DEL 1921

 

Il paese del Porto di Mezzo si trova nel comune di Lastra a Signa, presso Firenze, al confine col comune di Scandicci.

 

 

 

 

DE' FATTI CH' VI NARRO RICORDATE ------ELIO VARRIALE

 

 

 

Testo di Donato Settimelli su un motivo popolare tratto dal sito Canzoni contro la guerra

 

Leoncarlo Settimelli, Il '68 cantato (e altre stagioni), edizioni Zona, 2008, p. 14. Il testo è stato ricopiato direttamente dal libro.

Leoncarlo figlio di Donato Settimelli

 

 

 

 

Questa canzone e' trattata su vari siti

 

 

OVVIAMENTE NON POSSO NON PARLARE DELL' ANARCHICO INDIVIDUALISTA DANTE CARNESECCHI TRA I PROTAGIONISTI DEL BIENNIO ROSSO SPEZZINO

 

L'incredibile vita e l'atroce morte di Dante Carnesecchi ucciso a 29 anni in un agguato il giorno di Pasqua 27 marzo 1921

 

 

 

 

 

 

SITI CONSULTATI

 

libri google

 

libri

 

23esima Brigata Partigiana "Guido Boscaglia" (non mi e' chiaro l'autore o gli autori : forse Mino Paradisi)

 

I partigiani d'Italia : Lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza

 

 

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Partigiani in alta Valtellina, nel Bergamasco, in Val Trompia, in Val Camonica…

Scritto il 12 Febbraio 2021

Un blog curato da Adriano Maini

Il 05 dicembre 1943, un gruppo di soldati russi catturati dalle truppe naziste sul fronte orientale e poi forzosamente obbligati a prestare servizio nella Wehrmacht o nella Speer (corpo ausiliario armato dell’esercito tedesco), fugge dai reparti tedeschi di stanza a Brescia e si concentra sul monte Guglielmo in Val Trompia.

Il loro comandante, Nicolaj Pankoff (Nicola), è un giovane ventenne, allievo ufficiale e studente in ingegneria. Ragazzo intelligente, deciso e coraggioso darà filo da torcere ai nazifascisti che lo braccano con ostinata persistenza.

La banda dei russi è l’unica formazione presente sulle montagne a cavallo della Val Trompia e della Valle Sabbia nell’inverno 1943/1944 in quanto i nazifascisti avevano in precedenza operato una serie impressionante di rastrellamenti e arresti che di fatto avevano lasciato le valli bresciane senza direzione operativa.

Nel frattempo nelle fila della Repubblica Sociale Italiana si distinguono in negativo il questore Candrilli ed il suo vice Quartararo impegnati a precettare uomini da inviare al lavoro coatto in Germania.

Fino al mese di aprile del 1944 il gruppo dei russi non intraprende alcuna attività militare degna di nota, ma limita la propria azione in un’operazione di mera sopravvivenza cercando di procurarsi cibo, armamento e denaro presso commercianti ed industriali fascisti evitando azioni illegali che potessero configurasi come soprusi nei confronti della popolazione civile.

All’uopo vale la pena ricordare che il primo ribelle caduto nel bresciano è proprio un componente di questa banda, passato per le armi dallo stesso Nicola per essersi reso colpevole di aver sottratto viveri ad un malgaro senza averlo remunerato.

Col passare dei giorni, il gruppo dei russi diventa un punto di riferimento imprescindibile per i giovani renitenti che scelgono la montagna.

Un capillare aiuto viene loro fornito da alcuni esponenti comunisti locali, in primis da Francesco Bertussi di Marcheno e dal lumezzanese Tranquillo Bianchi che pagheranno con la vita il loro slancio umanitario.

La casa del Bertussi diventa un punto nevralgico della Resistenza, la base di riferimento per i russi ed il centro organizzativo delle prime attività del Movimento di Liberazione in Val Trompia.

L’attività della banda dei russi, come del resto quella di altri gruppi autonomi, si fa via via più incessante e culmina il 28 giugno 1944, con l’assalto alla caserma della Guardia Nazionale Repubblicana di Brozzo, con la cattura dell’intera guarnigione e facendo ingente bottino di armi e munizioni.

Poco prima veniva demandata a Nicola la triste incombenza di eliminare il tenente Martini reo di tradimento alla causa partigiana.

Durante il bombardamento alleato su Brescia del 13 luglio 1944, circa duecento detenuti politici riescono ad evadere dal carcere e a portarsi in Val Trompia.

Tra questi Leonardo Speziale, uno tra gli organizzatori della lotta armata e promotore dei Gruppi di Azione Patriottica (G.A.P.) nei mesi di ottobre e novembre del 1943 ed al quale il partito comunista conferirà l’incarico della costituzione della 122^ brigata Garibaldi. Guido Assoni, La banda dei russi, Valle Sabbia non solo news, 15 giugno 2017

Con l’alta Valtellina ci sono stati contatti e iniziative che hanno avvicinato le varie formazioni; l’osmosi è stata tale che saranno ricamati nella zona di Grosio fazzoletti verdi con la dicitura «Fiamme Verdi Valtellinesi» (da non confondersi con l’omonimo raggruppamento alpino dell’esercito della Rsi), ma ancor di più nella zona dell’Aprica e del Mortirolo vedranno le varie bande sovrapporsi.

Apparentemente fuori da ogni legame geografico con l’alta Valtellina e l’alta val Camonica, la bergamasca Fonteno, sulla sponda occidentale del lago d’Iseo, diventa invece sede di un collegamento radio con le forze alleate fondamentale e non solo per le Fiamme Verdi; la presenza della missione del Soe inglese Anticer non può essere rinchiusa in un recinto preciso. La trasmittente, esisteva e funzionava dal maggio 1944 per opera di Giovanni Carnesecchi, Ugo, ventinovenne arruolato nelle forze inglesi del Soe. È un indispensabile collegamento fra i gruppi delle Fiamme Verdi e dei partigiani operanti fra la Valcamonica, l’Ovest bresciano e le valli limitrofe, sia della provincia bresciana che orobica, con il Comando alleato […] Il tentativo di dare una struttura compiuta, su tutto il territorio dell’Italia occupata, che rappresenti la forza armata del Governo del Sud è il compito che si era assunto il gruppo dei Volontari Armati d’Italia con a capo il Kulczycki.

I militari che sono rientrati dalla Svizzera potevano rappresentare l’ossatura di una formazione militare che si sviluppava partendo da un territorio in cui c’era una rete di appoggio. La media Valtellina appariva come un territorio ideale, difficili ma non impossibili i contatti con la Svizzera, una rete locale con cui è possibile intendersi senza troppi problemi, la possibilità dei collegamenti con la valle Camonica dove il generale Masini ha sviluppato il gruppo delle Fiamme Verdi, il collegamento naturale con le bande dell’alta valle. Una traccia che corrobora questa ipotesi è un documento che si trova in mano al Ponti, lo Statuto del V.A.I.

In Val Camonica per mano delle Fiamme Verdi del futuro generale Ragnoli, si verificherà l’assurda consegna ai tedeschi con conseguente uccisione del colonnello Raffaele Menici.

Nelle valli orobiche fu la volta di Mino del Bello e dei suoi uomini ad essere vittima dell’istituzionalizzazione ritardata a causa delle debolezze garibaldine.

Più tardi lo stesso Speziale e i quadri dirigenziali del partito comunista saranno direttamente responsabili della cattura di Giuseppe Verginella da parte di reparti della G.N.R.

Il trasferimento dello Speziale quale ispettore delle brigate Garibaldi del Veneto si rivelò alquanto tardivo.

I danni cagionati erano ormai irreparabili sebbene certa pubblicistica resistenziale si sia ostinata a celarli.

Per quanto riguarda il tragico epilogo della banda dei russi e, in primo luogo del loro comandante, mi riprometto di parlarne compiutamente in un prossimo post partendo dagli studi e dalle meticolose ricerche del grande storico valtrumplino Isaia Mensi che è riuscito, dopo un immane lavoro, a ribaltare letteralmente la storiografia consolidata sull’argomento.(145).

Anche le interviste a Placido Pozzi, Alonzo, e Antonio Sala della Cuma Scipione (146) confermano lo sviluppo della rete del Vai.

Sala della Cuma è assistente dell’Azienda Elettrica Municipale di Milano presso il cantiere della centrale di Lovero – paese lungo la strada tra Tirano e Sondalo-, dove i lavori iniziarono nel 1942, in piena guerra, e poterono essere conclusi solo a guerra finita nel marzo del 1948. É lui che tesse la rete che lo lega tramite il direttore dei lavori alla stessa Aem e poi alla Edison dove, oltre a Parri e in subordine Corti, lavora il fratello di Kulczycki (147).

Sono gruppi che si sviluppano in alta valle: nel bormiese il gruppo Alonzo, a Grosio e Grosotto il Visconti-Venosta. Nei dintorni di Sondrio il Comitato che si era formato si è andato gradualmente sbandando, nella primavera resite ancora il gruppo di Torti sopra Spriana, all’inizio della Valmalenco, è su questo gruppo e sui suoi contatti che Croce pensa di sviluppare la rete? Sembra di sì.

145 La presenza dello Statuto del Vai nell’archivio privato di Angelo Ponti è citata in M. FINI, F. GIANNANTONI, La Resistenza più lunga, cit., p. 51. Il testo dello statuto è in P. PAOLETTI, Jerzy Sas Kulczycki Colonnello Sassi”. Il primo organizzatore militare della resistenza in Veneto (settembre-dicembre 1943), Edizioni Menin, Schio, 2004, p. 92; idem, Volontari Armati Italiani (V.A.I.) in Liguria (1943-1945), cit., p. 27.

146 Intervista a Placido Pozzi e a Antonio Sala Della Cuna, Issrec, Fondo: Anpi di Sondrio, Fascicolo: “Relazioni e interviste Bassa valle”; Testimonianze, Busta 2, Fasc. 18 carte sd [1945 – 1970];

147 relazione sulla costituzione e l’attività del gruppo Visconti Venosta, Issrec, fondo ANPI, b. 2, fsc. 12 brigata Mortirolo”. Jerzy non ha fratelli ma sorelle, potrebbe trattarsi di qualcun altro famigliare

Massimo Fumagalli e Gabriele Fontana, Formazioni Patriottiche e Milizie di fabbrica in Alta Valtellina. 1943-1945, Associazione Culturale Banlieu

In Val Camonica per mano delle Fiamme Verdi del futuro generale Ragnoli, si verificherà l’assurda consegna ai tedeschi con conseguente uccisione del colonnello Raffaele Menici.

Nelle valli orobiche fu la volta di Mino del Bello e dei suoi uomini ad essere vittima dell’istituzionalizzazione ritardata a causa delle debolezze garibaldine.

Più tardi lo stesso Speziale e i quadri dirigenziali del partito comunista saranno direttamente responsabili della cattura di Giuseppe Verginella da parte di reparti della G.N.R.

Il trasferimento dello Speziale quale ispettore delle brigate Garibaldi del Veneto si rivelò alquanto tardivo.

I danni cagionati erano ormai irreparabili sebbene certa pubblicistica resistenziale si sia ostinata a celarli.

Per quanto riguarda il tragico epilogo della banda dei russi e, in primo luogo del loro comandante, mi riprometto di parlarne compiutamente in un prossimo post partendo dagli studi e dalle meticolose ricerche del grande storico valtrumplino Isaia Mensi che è riuscito, dopo un immane lavoro, a ribaltare letteralmente la storiografia consolidata sull’argomento.

Bibliografia

Leonida Tedoldi: “Uomini e fatti di Brescia partigiana”;

Rolando Anni: “Storia della brigata “Giacomo Perlasca”;

Santo Peli: “Il primo anno della Resistenza – Brescia 1943-1944”;

Rolando Anni: “Dizionario della Resistenza bresciana”;

Leonardo Speziale: “Memorie di uno zolfataro”;

Roberto Cucchini/Marino Ruzzenenti: “Memorie resistenti”;

Marino Ruzzenenti: “La 122^ brigata Garibaldi e la Resistenza nella Valle Trompia”

Guido Assoni, art. cit.

[…] con l’arrivo del comandante Giuseppe Verginella, il preesistente gruppo partigiano della Val Trompia ebbe un nuovo riconoscimento e una notevole valorizzazione da parte del Comitato di Liberazione nazionale. Si costituì ufficialmente la 122a brigata Garibaldi. Brescia era, naturalmente, un importante centro amministrativo della Repubblica di Salò. Anche la Resistenza in Val Trompia, quindi, faceva parte di una strategia diretta a portare in città la lotta di liberazione dal nazifascismo.

Alle intraprese resistenziali seguirono mesi di reazione fascista, la quale, anche avvalendosi di ricatti, mezzi inumani e delazioni, riuscì a scompaginare l’organizzazione.

Il 10 gennaio 1945, nelle immediate vicinanze dell’edificio adibito a caserma della brigata nera «Enrico Tognù», a Lumezzane, venne ritrovato il cadavere di Giuseppe Verginella. Il comandante della 122a brigata Garibaldi era stato tradito, catturato, sottoposto a indicibili interrogatori e, infine, in mancanza di regolare processo, assassinato dalla polizia politica fascista. Forse un tetro monito per la Resistenza valtrumplina; certamente, un vile colpo di coda sferrato da parte di un ordine repubblicano nazifascista che mai aveva suscitato consenso popolare.

Nonostante ciò, la 122a brigata Garibaldi trovò la forza di riprendersi per continuare nel perseguimento dell’obiettivo: l’espulsione degli invasori tedeschi e la fine del loro regime collaborazionista. Contro la 122a brigata Garibaldi – in quel momento comandata da Luigi Guitti (Tito) – si impuntò allora, il 19 aprile 1945, l’attenzione del sanguinario apparato fascista. La sede del comando garibaldino si trovava allora sul monte Sonclino, in località «Buco» e «Tesa». Un’azione di rastrellamento partita da Lumezzane e coadiuvata da una colonna militare tedesca salita dal versante di Marcheno sfociò in battaglia, nella quale perse la vita il vice comandante Giuseppe Bruno Gheda. Caddero, inoltre, altri 11 partigiani, di cui 6 efferatamente seviziati prima di venire passati per le armi.

Ancora 6 componenti della 122a, catturati dai nazisti tedeschi, furono fucilati il giorno seguente. Ma era troppo tardi, per il regime di Salò. Il 26 aprile avverrà la liberazione di Brescia […]

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia SEZIONE «GIANCARLO BRUGNOLOTTI» DI LUMEZZANE

Redazione, Il sacrificio dei partigiani, Bresciaoggi, Spazio Lettori, 18 aprile 2019

La Brigata [la 122^ Brigata Garibaldi] venne ufficialmente costituita il 4 ottobre 1944, anche se dal maggio dei gruppi avevano iniziato ad operare nella zona della Valle Trompia (Gardone V.T. e monte Guglielmo) come partigiani garibaldini. Dopo il bombardamento su Brescia del 13 luglio del 1944 e la loro fuga dalle carceri cittadine di Canton Mombello, Giuseppe Gheda (Bruno) e Leonardo Speziale (Carlo) diedero vita al primo nucleo della brigata, formato da alcune decine di uomini. Cominciò così ad operare nella bassa e media Valle scontrandosi coi nazifascisti in Vaghezza (agosto) e Mura (settembre). Parte dei suoi uomini comandati da Giuseppe Verginella (Alberto), tra l’ottobre e dicembre del ’44, si spostarono in città e nei paesi vicini operando una “pianurizzazione” della formazione, caratterizzata da colpi di mano e sabotaggi.

Dal gennaio, dopo l’arresto e l’uccisione di Verginella, all’aprile del ’45 la formazione composta da circa 60 combattenti comandati da Luigi Guitti (Tito), fu impegnata in scontri con i fascisti e le truppe tedesche in ritirata, conclusi il 19 con la “battaglia del Sonclino” (Lumezzane), dove cadde il vicecomandante Gheda e furono catturati 17 partigiani, subito fucilati.

Bibliografia:

G. Porta-M. Magri, Leonardo Speziale. Memorie di un zolfataro, Luigi Micheletti editore, Brescia 1980, pp. 109-39;

M. Ruzzenenti, La 122° brigata Garibaldi a la resistenza nella Valle Trompia, Nuova Ricerca, Brescia 1977;

R. Anni, Dizionario della Resistenza bresciana (A-M), Brescia, Morcelliana, 2009, pp. 95-8

Redazione, 122^ Brigata Garibaldi, ANED Brescia, 23 febbraio 2020