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ing.Pierluigi Carnesecchi

indice generale : http://www.carnesecchi.eu/indice.htm

 

Storia dei Carnesecchi 1

Storia dei Carnesecchi 2

Storia dei Carnesecchi 3

 

 

Quella che segue e' una storia vera ma talvolta sconfina in qualcosa che sa di leggenda :

UNA LEGGENDA ANARCHICA

Tra quella nidiata d'aquilotti libertari che dai colli arcolani , dominanti a mezzogiorno la conca azzurra del golfo di Spezia e a tramontana la vallata del Magra , spiccavano il volo verso tanti quotidiani ardimenti , si distingueva sopratutti Dante Carnesecchi...........

 

 

LA PRIMA GRANDE GUERRA : IL DOPOGUERRA E IL BIENNIO ROSSO

La guerra igiene del mondo dilapido' in soli quattro anni nella sola Italia la meglio gioventu' : 650-000 ( 560.000 ) i militari morti di cui il 36% per malattia

Fatto salvi i mutilati fisici . gli invalidi psichici , i malati cronici e i tutti quei morti civili , morti in conseguenza della guerra

Completammo quasi l'unificazione dell'Italia con le terre irredente : un ideale in cui molti credevano

Al coraggio si contrapponeva l'istinto di sopravvivenza

All'ideale del guerriero la riflessione sull'inutilita' del massacro dell'uomo di pace

All'ideale dell'onore guerriero l'inutilita' di uccidere uno che non ti aveva fatto niente se non vestire una divisa diversa

ma l'uomo e' lupo per gli altri uomini che non hanno l'odore del suo branco

e talvolta e' lupo anche all'interno del suo stesso branco

mentre tanti morivano , come sempre , pochi si arricchivano con l'industria di guerra o con la borsa nera

 

 

In Russia nel frattempo era successo qualcosa destinato a sconvolgere il mondo..................

 

 

 

………………Certamente furono quelli i "tempi del ferro e del fuoco" , che posero fine alla " lunga durata" dell’Ottocento : nell’orrore di eventi bellici eccezionalmente distruttivi crollarono tutti i riferimenti politici , sociali , culturali , del vecchio ordine . Fu come se si fosse spalancato un immenso cratere in cui scomparvero imperi plurisecolari ( la Russia zarista , l’Impero ottomano , la Cina , l’Austria - Ungheria ) , forme di organizzazione politica e statale ( monarchia , autocrazia , lo stesso modello statale liberale ) , modi di vivere . In quelle convulsioni , in Russia con la rivoluzione bolscevica , nacque anche il primo regime che si accinse deliberatamente e sistematicamente a mutare questo crollo nel rovesciamento del mondo borghese . Ma da quelle rovine affioro’ anche una nuova realta’ , totalmente novecentesca , nelle sue linee essenziali destinata a durare fino ai nostri giorni . Ecco in Novatore e nei suoi coetanei c’era la nitida consapevolezza di vivere una fase "costituente" della storia che preludeva alla nascita di un mondo nuovo ; la guerra era veramente considerata la fine dell’ umanita’. Per rinascere bisognava distruggerne tutte le premesse culturali , ideologiche ,sociali , economiche . …………

dall’introduzione a cura di Giovanni De Luna a "Cavalieri del nulla" di Massimo Novelli

 

 

Errico Malatesta, Pasquale Binazzi, Dante Carnesecchi e le altre migliaia di oscuri che marciscono in quelle bolgie miasmitiche e micidiali che sono le carceri della monarchia dei Savoia e che i medagliettati del P.S.I. (Partito socialista italiano) hanno domandato al porcile di Montecitorio il mezzo per costruirne ancora delle altre più vaste, dovrebbero essere per noi tanti spettrali rimorsi, camminanti sotto forme paurose, fra i meandri incerti della dubbiosa anima nostra; dovrebbero essere tante calde vampate di sangue che ci fugge dal cuore per salirci vertiginosamente sopra le linee del volto e coprircelo di fosca vergogna.

Io so, noi sappiamo, che cento UOMINI - degni di questo nome - potrebbero fare quello che cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare. Non vedete voi, o amici, l’ombra di Bruno Filippi che sogghigna e ci guarda?

Che non ci siano più dunque CENTO ANARCHICI in Italia degni di questo nome? Non ci sono più cento "IO" capaci di camminare con piedi di fiamma sul culmine vorticoso delle nostre idee? Errico Malatesta e tutte le altre migliaia di caduti fra le mani del nemico nei primi preludi di questa tempesta sociale, attendono con nobile e febbrile ansia la folgore che schianta il crollante edificio, che rischiara la storia, che rialza i valori della vita, che illumina il cammino dell’uomo...

Ma la folgore luminosa e fatale non può irrompere dal cuore delle masse. Le masse che sembravano le adoratrici di Malatesta sono vili e impotenti.

Il governo e la borghesia lo sanno... Lo sanno e sogghignano.

Renzo Novatore

 

 

Gli anarchici hanno una vita maledetta in vita ed una vita dopo morte ancora piu’ maledetta

Il loro ricordo e’ scomodo ed e’ molto piu’ semplice dimenticarli e parlare di loro il meno possibile

Non c’e’ mai stata una rivoluzione anarchica riuscita ma vi e’ presenza anarchica in tutte le rivoluzioni

Gli anarchici sono uomini complicati che non si fanno amare

Rigidi nelle convinzioni e inguaribili idealisti

Uomini che aspirano ad un mondo talmente semplice e perfetto da essere inadatto ad un uomo impastato di fango e amante piu’ del vizio che della virtu’, inadatto ad un uomo che pretende molto dagli altri e poco da se

Gli anarchici sono uomini con un idealismo complesso , uomini incapaci di accettare compromessi , uomini che sembrano avere il destino segnato : Uomini da leggenda tragica

La societa’ non puo’ farne a meno. Sono in definitiva il grillo parlante che Pinocchio spiaccica contro il muro

Uomini da leggenda tragica...........

 

 

 

 

Dante Carnesecchi

Vezzano Ligure 12 marzo 1892 -- La Spezia localita' Termo d'Arcola 27 marzo 1921

 

ucciso in un agguato ferocissimo il giorno della Pasqua del 1921

dicono che nell'agguato i regi carabinieri fossero coadiuvati da alcuni fascisti del luogo

 

 

 

RIVOLUZIONARIO ED ANARCHICO INDIVIDUALISTA

Dall'Italia all'America, dall'America all'Italia

Di rivolta in rivolta

Una giovinezza creata per l'azione e nell'azione interamente spesa

Sino ad una sanguinosa e tragica morte il giorno di Pasqua del 1921

 

 

 

 

Noi lanceremo sui tetti della citta' addormentata la nostra pietra risvegliatrice! Noi solitari...
Oh si, Anche coloro che stanno placidamente avvolti nel manto di Morfeo noi risveglieremo!
Essi dovranno imparare a seguire noi che, piccolo pugno di audaci, balzammo in piedi con chiuso nel pugno il nostro grandioso destino e, sprezzanti di coloro che il letargico sonno ha gia' consegnato alla morte, trionfalmente marciamo verso le eccelse vette dove schiantano i fulmini della nostra spirituale tragedia e della nostra materiale epopea.

Renzo Novatore

 

 

 

Un uomo o un fantasma ?

 

Il personaggio “ Dante Carnesecchi” ha qualcosa di incredibile : pare essere un fantasma , una leggenda metropolitana

Quest’uomo agisce nell’oscurita’ piu’ assoluta , nel silenzio assoluto , non si vanta di niente ,non si confida con nessuno , freddamente determinato a perseguire il suo obiettivo di lotta : caratteristiche quasi non umane

E’ piu’ un ectoplasma . La sua presenza aleggia sempre ,viene percepita ma senza alcuna certezza

Sembra quasi non esistere nei rapporti ufficiali della polizia

La sua presenza si materializza quasi inattesa negli episodi principali del 1919-20

Di lui non esiste alcuna busta nel CPC

Poche ed essenziali le notizie anagrafiche : tanto che infine non ci meraviglieremmo se qualcuno affermasse che Dante non e’ mai esistito

Ma negli squarci della tela che copre la storia ogni tanto lo si vede agire vigorosamente nel buio e solo allora si capisce che e’ esistito veramente e si comprende perche’ i suoi compagni dicessero che era “un gigante dell’azione”

Gli storici non hanno mai parlato di lui perche’ non lo hanno visto ; in realta’ cercandolo e strizzando gli occhi per abituarsi al buio di lui appaiono tracce dovunque

 

 

.............Sempre secondo l’esempio degli spartachisti i rivoluzionari devono dividersi in agitatori del fatto e agitatori della parola :

I PRIMI DEVONO LAVORARE FRA LE MASSE RIMANENDO SCONOSCIUTI "ALLA POLIZIA DEL NEMICO" , I SECONDI INVECE DEVONO LAVORARE ALLO SCOPERTO E FARE MOLTO RUMORE PER ATTIRARE SU DI SE’ L’ATTENZIONE , COSICCHE’ GLI ALTRI POTRANNO COLPIRE ALL’IMPROVVISO E SENZA PIETA’..............

 

IL LIBERTARIO : 1919 Articoli : Le osservazioni di un rivoluzionario sulla rivoluzione a firma Der Beobachter

 

 

 

 

Una vita quella di Dante che sarebbe piaciuto scrivere al futurista Marinetti

Una vita vissuta allo spasimo , consumata in 9 anni , traboccanti di vita e di rabbiosa determinazione, finita in un orgasmo di violenza e di ingiustizia

 

 

 

di

Dante Carnesecchi non esiste piu' ne' la tomba ne' il ricordo

 

 

 

Dante fu sicuramente una delle prime vittime del fascismo

 

Nonostante i miei vari tentativi di far mettere una lapide nel luogo dove fu ucciso ( alla confluenza di La Spezia , Vezzano , Arcola ) nessuna delle autorita' mi ha ancora dato ascolto , tutti dicono che si dovrebbe fare ma nessuno si espone a farlo

Quasi novanta anni dopo le azioni di Dante Carnesecchi probabilmente fanno ancora paura !

Quasi novanta anni dopo Dante e' ancora visto come un terrorista , un assassino

Comunque un ispiratore di cattivi pensieri , che e' meglio non resuscitare

Ipocrisia moderna : come se la rivoluzione si potesse fare usando belle parole e modi cortesi

Nessuno sforzo di leggere la storia nel modo in cui andrebbe letta novanta anni dopo

In realta' e' proprio in questa mancata lettura e contestualizzazione che sta il pericolo

 

 

 

 

Gli anni che vanno dalla presa della Bastiglia alla Marcia su Roma sono anni di continua trasformazione sociale ed ideologica

La rivoluzione francese aveva risvegliato dal sonno la vecchia Europa scardinando un mondo statico di privilegi e di rassegnazione

la borghesia trionfante fu percorsa da palpiti nuovi e talmente potenti da estendersi al proletariato

la nuova industria manifatturiera mise in luce con maggior evidenza le differenze sociali e forme di sfruttamento della manodopera

il proletariato contadino vide crescere dal suo seno un proletariato operaio meno reazionario , piu' consapevole e piu' combattivo

le idee socialiste caratterizzarono la seconda parte dell'ottocento

La religione che per lunghi secoli era stata la stampella del potere fu da alcuni messa sotto accusa

Il proletariato insomma aveva iniziato a percepire meglio la propria condizione e il proprio malessere e taluni avevano iniziato a non piu' rassegnarsi

avevano cominciato a pensare che le cose potevano esser cambiate

E tra questi alcuni avevano cominciato a pensare che le cose dovessero esser cambiate a qualunque costo

Nella cultura popolare era entrato il concetto della lotta di classe che doveva permeare buona parte del novecento

 

Gli anni del dopoguerra 15-18 furono anni del tutto particolari

Era stata una guerra in cui gli uomini erano marciti nelle trincee portando ciascuno con se la propria esperienza sociale e facendone parte ai compagni

Vi era una consapevolezza maggiore

La fine della guerra era stata sconvolgente in ogni Nazione

Chi aveva perso portava il peso della sconfitta e vedeva il crollo del ceto dirigente

Chi aveva vinto aveva acquisito una sensibilita' maggiore verso il problema sociale ed era meno disponibile ad accettare che nulla cambiasse

La rivoluzione russa era li come una favola bella o come un incubo

il mondo andava stretto a molti a troppi giovani

Alcuni lo volevano cambiare a modo loro ma convinti di farlo per amore verso gli altri , per amore cioe' di una giustizia sociale

E per cambiarlo erano disposti a dare la loro vita

 

 

Nel presentare il libro di Maria Scarfi Cirone ( tratto da questa ricerca ) l'assessore alla cultura del Comune di Arcola ( la d.ressa Emiliana Orlandi ) ha citato questa poesia di Bertolt Brecht

Poesia che sembra perfettamente attagliarsi alla parabola dell'esistenza di Dante e che descrive lo spirito con cui noi "nati dopo" dovremmo accostarci a quella sua vita e a quei suoi tempi

 

A quelli nati dopo di noi

Bertolt Brecht

 

 

…………….

Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai!
Ma come posso mangiare e bere se
ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e
il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete?
Eppure mangio e bevo.


Mi piacerebbe anche essere saggio.
Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio:
tenersi fuori dai guai del mondo e passare
il breve periodo senza paura.

Anche fare a meno della violenza
ripagare il male con il bene
non esaudire i propri desideri, ma dimenticare
questo è ritenuto saggio.
Tutto questo non mi riesce:
veramente, vivo in tempi bui!


Voi, che emergerete dalla marea
nella quale noi siamo annegati
ricordate
quando parlate delle nostre debolezze
anche i tempi bui
ai quali voi siete scampati.


Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe,
attraverso le guerre delle classi, disperati
quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta.

Eppure sappiamo:
anche l'odio verso la bassezza
distorce i tratti del viso.
Anche l'ira per le ingiustizie
rende la voce rauca. Ah, noi
che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
noi non potevamo essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuto il momento
in cui l'uomo è amico dell'uomo
ricordate noi
Con indulgenza.

 

 

 

Ah, noi,che volevamo preparare il terreno per la gentilezza , noi non potevamo essere gentili.

 

 

 

 

Queste pagine sono dedicate alla ricostruzione della vita dell'anarchico individualista Dante Carnesecchi, una vita breve ma intensissima conclusa tragicamente a 29 anni il giorno 27 marzo 1921 .

Il 27 marzo del 1921 era il giorno di Pasqua :

un giorno simbolico per un assassinio ; non ci poteva essere perdono in quei giorni

 

In questa ricostruzione :

 

 

Il tentativo di dimostrare la sua presenza a Pueblo in Colorado nel 1913- 1914 nella sanguinosa rivolta dei minatori contro la compagnia di Rockefeller ; un importante episodio della conquista dei diritti sindacali negli Stati Uniti : The Colorado miners' strike of 1913-14 is one of the most important industrial conflicts in American working class history. It pitted some 11,000 miners and their families against one of the richest and most powerful men in the US, John D Rockefeller Jr of Standard Oil, owner of the Colorado Fuel and Iron Company (CFI). ; un lungo periodo della vita di Dante che forse e' la chiave di tutta la sua militanza anarchica

Qui forse maturo' quella fredda determinazione rivoluzionaria che ispirera' ogni sua azione successiva e la totale dedizione della sua vita alla causa.

 

La sua amicizia con il poeta anarchico Renzo Novatore e con Tintino Rasi (Auro d'Arcola)

 

Il comizio rivoluzionario a Santo Stefano Magra conclusosi con la morte di un carabiniere il 13 giugno 1919

 

La sua costante presenza nei moti operai del 1919 e 1920 e nell'occupazione delle fabbriche

 

L'assalto alla polveriera di Vallegrande , nel circondario di La Spezia , il 04 giugno 1920 ; assalto che ritengo fosse parte di un piu' vasto piano rivoluzionario che non pote' essere attuato

 

La sua uccisione : una morte tragica ed orribile

 

.

 

 

 

 

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Quando praticamente ancora Dante era un uomo dimenticato scrivevo

Queste poche righe maldestre , in mancanza di altro cercano di conservare e perpetuare quel che resta della memoria di quest'uomo che come altri partecipo' a fatti importanti e di cui non c'e' quasi piu' traccia nei libri degli storici spezzini

Queste righe ricordano Dante Carnesecchi ma devono esser stimolo a ritrovare la memoria di tutti quelli che come lui in quegli anni credettero e combatterono per realizzare un mondo diverso , ricostruendo la storia intensa e poco conosciuta degli anni 1919-1920 : il biennio rosso

 

 

Poi ho conosciuto Maria Scarfi Cirone

utilizzando questa mia ricerca ,con estrema fedelta'alla documentazione storica ,MARIA SCARFI' CIRONE ha pubblicato per le edizioni CAPPELLO :

L'ODORE SELVAGGIO DELLA NOTTE

 

Il romanzo utilizza infatti del tutto la documentazione storica presentata in questo sito ; Maria ha poi colmato i vuoti documentari con elementi romanzeschi frutto della sua creativita'

 

 

 

 

Sulla saga del biennio rosso spezzino e la presenza anarchica occorre ricordare anche i libri di Massimo Novelli scrittore e giornalista:

 

 

Cavalieri del nulla : Renzo Novatore, poeta : Sante Pollastro, bandito Galzerano editore 1998

 

La furibonda anarchia. Vite di Renzo Novatore, poeta e Sante Pollastro, bandito Editore: Araba Fenice 2007

 

L'eccezionale Imputato, da Spezia a Genova vita e opere del pittore futurista Giovanni Governato Collana Contro/Tempo; De Ferrari Editore Genova 2005

 

 

Nella Spezia degli anni Venti, città modernissima, tra l'occupazione delle fabbriche, la marcia su Roma e il delitto Matteotti si consuma l'avventura umana, artistica, rivoltosa e giudiziaria di un gruppo straordinario di giovani futuristi, anarchici, fascisti, poliziotti, militari, fanciulle ardimentose, poeti che si fanno banditi e banditi che sognano di diventare poeti.

Tra questi spicca Giovanni Governato, pittore anarco-futurista stimato da Filippo Tommaso Marinetti, che aveva mosso i primi passi collaborando alla rivista L'Eroica di Ettore Cozzani.

Per i suoi ideali libertari finisce implicato in un clamoroso processo a carico di alcuni "sovversivi", che erano stati capeggiati da Abele Ricieri Ferrari, in arte Renzo Novatore, lirico e visionario filosofo-espropriatore di Arcola ucciso dai carabinieri nel novembre del 1922, in un conflitto a fuoco a Genova Rivarolo.

Serate tumultuose nei teatri, esposizioni d'avanguardia a Parigi e a Berlino, attentati ai treni, rapine, lotte sociali degne del Messico di Zapata e di Pancho Villa, scandiscono le gesta di Governato e dei suoi compagni di strada. Assolto nel 1924 grazie anche all'arringa dell'avvocato Enzo Toracca, futuro podestà di Spezia, Governato si ritirerà a Genova dove morirà nel 1950, dopo avere dato altri importanti prove del suo non comune talento pittorico.

Ha scritto Marco Ferrari nella prefazione: "Come un romanzo sudamericano, la storia scritta da Massimo Novelli ci catapulta lungo la linea della frontiera tra attacchi ai treni, sparatorie e rapine, processi sommari e vendette. Anche i protagonisti odorano di saga alla Gabriel Garcia Marquez o alla Paco Ignacio Taibo II: pittori rivoluzionari e rivoluzionari poeti, anarchici futuristi e futuristi fascisti, uomini che corrono sul filo, giornalisti curiosi, poliziotti depressi e avvocati di periferia. Giovanni Governato e Abele Ricieri Ferrari potrebbero benissimo stare in un film dedicato a Pancho Villa e a Emiliano Zapata, a Butch Cassidy e a Sundance Kid, a Bonnie e Clyde.

La Spezia degli anni venti assomiglia molto al Messico populista, al Far West della conquista, ad un regno immaginario o una piccola repubblica utopistica sorta nella Amazzonia".

 

 

 

un interessante saggio della dressa Laura Iotti su i contatti tra anarchismo e futurismo ( che a La Spezia furono rappresentati da Renzo Novatore (Abele Ricieri Ferrari) e Auro d'Arcola (Tintino Persio Rasi) gli amici e compagni di Dante Carnesecchi )

 

Futuristi e anarchici: Dalla fondazione del futurismo all'ingresso italiano nella prima guerra mondiale (1909 - 1915)

 

 

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LA RIVOLUZIONE ITALIANA : " da cosa nasce cosa " : una rivoluzione mancata

 

 

 

 

 

http://www.alternativacomunista.it/dmdocuments/Ricci-%20La%20nascita%20del%20Pcdi.pdf

Il movimento prende vita con i moti contro il "caro-vita" nel giugno del '19 a La Spezia, dove alla serrata dei grossisti di frutta risponde lo sciopero degli operai dei cantieri navali. I marinai si schierano con il movimento che assume un carattere insurrezionale. L'appello di Turati, dirigente riformista, ai lavoratori è: "non fate sciocchezze!". Ma la lotta si estende. A Genova sciopero generale e scontri. Da lì a Milano e poi a Torino, con 20 mila operai che bloccano il centro al canto di Bandiera Rossa per salutare la memoria di Rosa Luxemburg, assassinata dal governo di "sinistra plurale" tedesco. E poi a Pisa, e poi a Bologna (dove una "commissione operaia e contadina" assume il controllo delle merci e dei prezzi). Ai primi di luglio c'è lo sciopero generale a Firenze. I moti popolari scuotono l'intera penisola con i carabinieri che sparano sui manifestanti per uccidere. Il 20 e il 21 luglio due giorni di sciopero generale contro l'aggressione imperialista al governo sovietico. A difendere l'ordine borghese non ci sono più i soldati (che fraternizzano con i manifestanti) ma ci sono i dirigenti socialisti che utilizzano le Camere del Lavoro per incanalare il movimento verso la trattativa con l'avversario di classe. E' un aiuto alla borghesia i cui meriti saranno rivendicati da D'Aragona quando farà presente che "forse abbiamo la colpa di aver concesso troppo all'infatuazione bolscevica delle masse, ma certamente non ci può essere negato l'onore di aver impedito una esplosione rivoluzionaria."

http://www.alternativacomunista.it/dmdocuments/Ricci-%20La%20nascita%20del%20Pcdi.pdf

 

 

 

 

Pochi sanno che a La Spezia il 4 giugno 1920 avrebbe potuto iniziare la rivoluzione italiana o almeno un innesco molto molto pericoloso .

Gli storici hanno mostrato la massima indifferenza verso l' episodio . Probabilmente ritennero e ritengono che non esistessero le premesse per un atto insurrezionale di ampie proporzioni

Con la stessa logica pero' tante cose che poi avvennero non avevano le premesse per riuscire

Nel 1920 un mix esplosivo di congiure anarchiche e di connivenza delle truppe di mare , pronte ad ammutinarsi sulle navi alla fonda, era in preparazione in quella grande "Piazza d'armi " che era La spezia all'inizio del secolo XX .

 

 

08 giugno 1920 al Prefetto di Genova

I disordini teste' avvenuti a Sarzana e Spezia vanno tenuti ben distinti avendo essi origine e fisionomia ben diversa : i primi ebbero un fondo prevalentemente economico con infiltrazione anarcoide e teppistica : i secondi non furono che l'esecuzione di un progetto anarchico rivoluzionario a sua volta conseguenza e continuazione di altri precedenti tentativi riusciti vani pel mancato verificarsi di circostanze indispensabili alla loro attuazione……………………. 

 "Senza l'intervento e la condotta ammirevole del carabiniere Carmana il tentativo criminoso avrebbe avuto ben diverso risultato I rivoltosi procedevano in silenzio sarebbero riusciti ad occupare la polveriera ove si contenevano ingenti quantita' di esplosivi con quale pericolo e' facile immaginare. Il carabiniere va premiato con un'alta ricompensa al valore…….

 

 

 

 

 

 

 

L'assalto alla polveriera era probabilmente parte di un piano anarchico molto piu' vasto

La divisione dei partiti operai ostacolo' la sua attuazione dividendo la classe operaia .

Le condizioni sociali pero' erano mature ad un atto rivoluzionario

Pochi mesi dopo , nel settembre 1920 durante l'occupazione delle fabbriche i marinai innalzeranno sulla caserma " Duca degli Abruzzi " la bandiera rossa dei soviet e questa sventolera' per diversi giorni indisturbata .

 

 

 

 

 

 

UNA PREMESSA CHE PARE PORTARCI FUORI STRADA : UNA STRANO GIOCO DEL DESTINO E IL GIUDIZIO STORICO SU DANTE CARNESECCHI

 

 

Io che ho iniziato questo studio del cognome non posso far a meno di notare una coincidenza , un ripetersi di fatti significativo a secoli di distanza

C'e' sempre un qualche narcotico che chi detiene il potere utilizza per intorpidire la mente o per acuire la vilta' a chi subisce questo potere

C'e' sempre in ogni dove qualcosa contro cui lottare

E dovunque ci sono sempre uomini-contro che lottano contro catene che la maggioranza porta senza nemmeno accorgersene

C'e' sempre un pensiero controcorrente , piu' flebile o piu' forte , c'e' sempre lotta e morte, c'e' sempre la denigrazione del vinto

 

 

Dante portava un cognome importante

Un cognome che ci riporta ai bagliori di un rogo : quello di Pietro Carnesecchi : l'eretico Pietro Carnesecchi l'uomo che tento' per buona parte della sua vita di cambiare dall'interno la Chiesa romana

 

 

 

" Pietro Carnesecchi, protonotario , uomo d'onore , famoso pel possesso di tutte le virtù, e di una mente più culta di qualunque ch' io abbia mai conosciuto nel corso della mia vita "

Aldo Manunzio

 

 

Fin dalla sua prima gioventù mostrò di esser nato per " stare avanti ai re, e non avanti a uomini da poco. " A una bella presenza, ad un vivo giudizio penetrante univa affabilità, dignità di maniere, generosità, e prudenza.

 

.

 

 

 

Pietro e Dante puo' apparire una grossolana bestemmia accostare due uomini cosi diversi , il colto e raffinato Pietro il selvaggio ed irruente Dante , eppure .....

un pirandelliano gioco del destino : .....una ineffabile coincidenza ..... gioca con lo stesso cognome ed ordisce un filo tragico che sembra unire la vita di questi due uomini proclamandoli ambedue eretici nel loro tempo . Seppure eretici di due diverse eresie

 

.....

 

 

Molti anni prima…………………………………………………………

 

Considerando Pio V , che siccome costui era il piu' autorevole e illustre corrispondente dei Settarj in Italia. il toglierlo di mezzo era percio' della massima importanza per estirpare da questa Provincia il seminio delle nuove opinioni. Sapeva la protezione , che avea Cosimo per il medesimo , e trattò in Congregazione del modo di obbligarlo con gli ufficj per non avere una negativa. Ecco come il Cardinale Pacecco li diciannove di Giugno prevenne il Duca di questo affare: Dalla lettera ,che N.S. scrive a Vostra Eccellenza , e dalla persona , che spedisce, potra' Ella ben giudicare di quanta premura sia il negozio , che il Padre Maestro Le dirà , nel quale Le posso assicurare che ho visto con i miei occhi cose nuovamente scoperte, che non solo non si possono dissimulare , ma sarebbe gran peccato davanti a Dio se sua Santita' non ne venisse a capo , e di Vostra Eccellenza come Principe Temporale se non desse al Papa tutto il favore , di cui ha bisogno per fare il suo uffizio come Vicario di Gesu' Cristo . Sua Santita' mi ha parlato di questo affare con gran premura e ansieta', e io l'ho assicurata di due cose , l'una che in tutta la Cristianita' non vi e' principe piu' zelante della gloria di Dio , e delle cose della Inquisizione quanto Vostra Eccellenza, e Sua Santita'conosce molto bene questa parte in Lei , e la predica. L'altra che per suo particolar contento e consolazione non vi sarebbe cosa per grave che fosse , che Ella non facesse , e mi ha detto che non poteva venir negozio in cui Vostra Eccellenza gli potesse mostrare il suo animo come questo ;e per dichiararglielo in una parola diro' che mi commesse nella Congregazione due volte che io venissi in persona a far l'uffizio, che viene a fare il P.Maestro, e se gli illustrissimi miei Colleghi non avessero disapprovato questa risoluzione non mi scaricava di tal peso ,dicendo queste parole : << Se bisognasse per la buona spedizione di questo affare che andassi io in persona lo farei volontieri , perche' questo e' il mio uffizio. >>

Non si meravigli Vostra Eccellenza che per un uomo solo si faccia questa istanza , perche' sarebbe possibile ricavare altre cose che importassero moltissimo , e forse qualcuna che fosse di suo servizio. La supplico intanto che , considerando questo negozio con la sua solita Cristianita' e prudenza , si risolva in quello come suole nelli altri maggiori , tenendo Dio davanti agli occhi , e tenendo ancora per certo che da questo caso dipendera' gran parte della buona corrispondenza , che Vostra Eccellenza deve tenere col Papa in questo Pontificato ecc.

 

 

16 agosto 1567

 

 

 

 

..pronunciamo, sentenziamo , diffinimo et dechiariamo , che tu Pietro Carnesecchi dall'anno 1540 et seguenti sei stato eretico , credente agl' eretici , et loro fautore

 

……….per questa sentenza definitiva, che in questa scrittura proferimo, pronunciamo, sentenziamo , diffinimo et dechiariamo , che tu Pietro Carnesecchi dall'anno 1540 et seguenti sei stato eretico , credente agl' eretici , et loro fautore , et recettatore respettivamente , et percio' sei incorso nelle sentenze, censure e pene legittime et ecclesiastice, dalli sacri canoni, leggi, et constitutioni, cosi generali come particolari, a simili delinquenti imposte. Et attesi tanti inganni fatti alla Santa Chiesa ,et tanti periurii , varieta', vacillationi , et l'incostantia et instabilita' tua et la durezza nel confessare la verita', et la impenitentia da te mostrata in molte cose , per molti segni , et tra gl'altri essendo prigione nel scrivere et dare avisi in favore di heretici ,come si e' detto,et la inveterata vita nelli errori et conversatione d'heretici et l'incorrigibilita'tua,poiche' in tre altre instanze oltra di questa e' stato giudicato di te et tua causa,havendo in quelle deluso et et ingannato il Santo Offitio, né doppo le prefate due assolutioni ti sei emendato né corretto, et considerando che perciò il Santo Offitio di te non si può più fidare né haverne sigurtà che sii vera et sinceramente pentito, né può sperarne correttione alcuna; per questo similmente ti dichiaramo et giudichiamo heretico impenitente, fintamente converso et diminuto…………………

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Carnesecchi  Pietro Carnesecchi il prezzo della corona granducale della dinastia medicea

 

Pietro Carnesecchi  Pietro Carnesecchi : alcune note

 

 

 

01 ottobre 1567

 

Pietro Carnesecchi , il segretario di Clemente VII , l'uomo che aveva trattato coi potenti della terra ,l'uomo che infine si era ribellato alla madre Chiesa rinunciando alla sua posizione nel mondo dichiarato eretico viene decapitato e arso

 

Liberatosi infine dalla paura della morte Pietro Carnesecchi sceglieva di non accettare compromessi e di morire . E quasi spavaldamente andava al supplizio

 

......Segui la lettura della sentenza del secondo condannato a morte. E poi i due vennero condotti in sagrestia per subire la degradazione. Carnesecchi passo' in mezzo a una folla di grandi personaggi quasi tutti da lui conosciuti che lo guardavano con interesse misto a disprezzo. anche in questa occasione volle far sfoggio di superiorita' agli eventi e a un gentiluomo di vista corta che si sporgeva per guardarlo <<Non vi affaticate tanto per vedere questo ricamo >> disse gentilmente , alludendo alla veste d'infamia con la quale era stato coperto << ecco che ve la mostro con comodita'>> e al proprio compagno di sorte fu sentito dire : <<Padre , noi andiamo vestiti a livrea come se fussi di carnevale>>

 

LA SPLENDIDA MORTE

 

Il tragico corteo si mosse alle sei del mattino.......Agli scarsi spettatori Carnesecchi apparve straordinariamente sereno e sicuro di se'; sali' sul palco con atteggiamento di alto decoro e di distacco di quanto accadeva intorno a lui <<nel condursi non mostro' vilta' non per altro se non per ostentatione del mundo e perche' andasse fuori voce che lui fosse morto con molta costantia per la nuova religione.>>

 

................. Al momento di lasciare il carcere Carnesecchi non pronuncio' parole di circostanza ,ne' lascio' ricordi personali ; soltanto quando fu sul punto di muoversi verso il luogo dell'esecuzione, scorgendo che la minaccia di pioggia era cessata per il tempo che gli restava da vivere si tolse il ferraiolo per donarlo ai confortatori. Apparve allora elegantissimo, come se si recasse a una gran festa con indosso un vestito " tutto attillato con la camicia bianca ,con un par di guanti nuovi e una pezzuola bianca in mano" .

Fra i presenti si rinnovo' l'ammirazione che al cronista dell'autodafe'della Minerva fa esclamare " pulcherrimus erat aspectu et magnum nobilitatis signum ostendebat"

 

............Due anni dopo Cosimo I riportava il premio del suo tradimento e riceveva il titolo ambito di Granduca e una Bolla pontificia che diceva come per suo merito, per la sua virtu'e per la prudenza la provincia della Toscana era , tra tutte le altre, la piu' libera dalla perniciosa tabe delle pestifere eresie

 

 

 

 

 

 

 

PIO V GHISLERI PER I CATTOLICI UN SANTO , PER I PROTESTANTI UN CUPO TORTURATORE ED UN ASSASSINO:

Quasi che fosse inverno,

brucia cristiani Pio siccome legna

per avvezzarsi al fuoco dell'inferno

 

 

 

Pietro Gori, commemorante Galileo nel giugno 1897 ,celebra Pietro tra gli eroi del libero pensiero e in quelle parole pare svelarsi il filo che unisce l'antico Carnesecchi a questo nuovo martire in una sorta di tragica premonizione…………

 

 

 

Dal sito.......http://www.domusgalilaeana.it/Esposizioni/mostragiugno95/rimandi/eppur.html

 

EPPUR SI MUOVE

NUMERO UNICO PUBBLICATO A CURA DEI SOCIALISTI-ANARCHICI PISANI

 

 

EPPUR SI MUOVE

Così proruppe, come protesta della verita' torturata, dalla bocca di Galileo, la ribellione del pensiero scientifico contro la prepotenza incivile del dogma: In cotesto grido dell'anima, abiurante l'abiura che i tormenti strapparono alle labbra del martire, c'è come la sintesi della storia.
E qual sintesi, tutta di genio e d'eroismo da un lato , di ferocia e di viltà dall'altro.
(....)

RETTILI NERI
Che cosa fate?
No, no. E' inutile! E' inutile che vi adattiate maschere nuove :
Anche sotto le nuove maschere, noi, vi conosciamo.
Si, vi conosciamo. siete sempre quelli che rubavate le offerte ai numi!
(...)
Dove un raggio di luce, dove un raggio d'amore, si affaccio' per brillare sulla deserta ingannata e oppressa umanita', voi, o eterni fabricatori d'infamie correste per soffocarlo.
I secoli si accavallarono ai secoli, come le onde del mare; le vicende, seguirono alle vicende, come le nubi del cielo;voi, cambiaste come il camaleonte, pelle e colori; ma una sola fu la costra fede, una la vostra tattica: l'impostura.
Una sola, non mai mutata la vostra natura: ingordigia e perfidia.
No!
Il vento dell'oblio, non crediate abbia disperso le ceneri degli eroi del pensiero.
No!
Le ceneri di Arnaldo, del Moro, del Campanella, del Bruno, del Savonarola, del Carnesecchi e di cento altri, non sono disperse.
No, insensati, no!
Quelle ceneri si addensano, si aggirano tempestose, preparando il ciclone dell'ultima e definitiva disfatta.

(...)
La cuccagna, è quasi al tramonto.
Non per nulla Dante, ha cacciato i papi, ancora vivi, capofitti nelle bolge dei simoniaci!
Ed ora, tornate a spolverarci sul viso, le tele bizantine e tibie e teschi intermati?
Spudorati!
Il popolo, il vero popolo, il popolo veggente e volente, vi guarda indignato e grida col poeta:

O date pietre a sotterrarli, ancora, Nere macerie delle Touilleri !...

On . Comitato
per le Onoranze a Galileo -- Pisa

Alla libera voce di popolo, salutante oggi in Pisa, la gloria di Galileo, si unisce -pur da lontano- il modesto saluto d'un credente nella forza vittorioso del pensiero.
Ma le insidie alla libertà della scienza mutaron forme e strumenti di tortura; e cessando d'esser monopolio dei preti, la inquisizione al pensiero non scomparve tuttavia dalla civiltà moderna.
Ditelo questo, a gran voce, voi almeno, che vi dichiarate amici della libertà.
E lasciate che in questa apoteosi del genio, sfolgorante sulla barbarie del passato, penetri un raggio di futuro redentore.
Dite alla maestà del popolo, che la eresia sociale ha oggi i suoi torturati come ieri li ebbe quella scientifica e religiosa.
(...)
Rivendicate al pensiero la libertà - libertà vera, per tutti.
Questo è il solo monumento degno della grandezza di Galileo.

 

Milano, li 26 Giugno 1897

Vostro
PIETRO GORI

 

 

 

  

 

Ditelo questo, a gran voce, voi almeno, che vi dichiarate amici della libertà.
………………………………………………………………………………………………
Dite alla maestà del popolo , che la eresia sociale ha oggi i suoi torturati come ieri li ebbe quella scientifica e religiosa…….

 

 

...la eresia sociale ha oggi i suoi torturati :

 

 

 

 

 

 

 

Aspettando il giudizio della storia

 

 

 

Quasi in una predestinazione tragica e in un certo modo stupefacente .......circa 450 anni dopo il supplizio di Pietro , un altro Carnesecchi : Dante condivideva uno stesso destino e s'immolava sull'altare in nome di una altra eresia .

Io credo che nelle loro vene scorresse lo stesso sangue ma sicuramente Dante non conosceva la storia di Pietro Carnesecchi .

Orfano di padre a nove anni Dante aveva lasciato presto la scuola e presto aveva iniziato a lavorare non aveva certo avuto modo di studiare la storia sui libri

Ma dentro di lui covava uno spirito ugualmente ribelle ed un uguale inestinguibile sete di giustizia.

Pietro e Dante sono stati sicuramente due uomini completamente diversi , per certi versi agli antipodi , diverso e' stato il tempo , diverso e' stato l'ambiente sociale , diverso e' stato l' ideale , diverso il modo di proporre la ribellione , ma in tutti e due l'animo e l' ideale erano cosi forti da renderli disposti ad affrontare la morte .

La scelta di una vita difficile li accomuna . E li accomuna la loro tragica fine affrontata da ambedue con una medesima coerenza . Tutti e due hanno avuto il coraggio di morire

 

 

 

Un marchio d'infamia.....

 

Per oltre tre secoli il nome di Pietro Carnesecchi fu infangato negli scritti dei cattolici , marchiato d'infamia ; solo alla fine dell'ottocento uomini liberi dai dogmi lo riconobbero infine qual'era : un eroe della liberta' di pensiero ed oggi il suo sacrificio trova giustamente spazio nei libri di storia di ogni nazione .

Oggi le 34 opinioni eretiche per cui Pietro Carnesecchi fu condannato a morte da Pio V sono in buona parte accettate dalla religiosita' cattolica

Sono dovuti passare quasi 500 anni

 

Oggi si dice anche che Dante Carnesecchi sia stato un malfattore...........................

 

Ai gridi ed ai lamenti
Di noi plebe tradita
La lega dei potenti
Si scosse impaurita
E prenci e magistrati
Gridaron coi signori
Che siam degli arrabbiati
Dei rudi malfattori.
 
Folli non siam ne' tristi
Ne' bruti ne' birbanti
Ma siam degli anarchisti
Pel bene militanti
Al giusto al ver mirando
Strugger cerchiam gli errori
Percio' ci han messo al bando
Col dirci malfattori.
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Noi del lavor siam figli
E col lavor concordi
Sfuggir vogliam gli artigli
Dei vil padroni ingordi
Che il pane han trafugato
A noi lavoratori
E poscia han proclamato
Che siam dei malfattori.
Natura comun madre
A niun nega I suoi frutti
E caste ingorde e ladre
Ruban quel ch'e' di tutti
Che in comun si viva
Si goda e si lavori
Tal e' l'aspettativa
Che abbiam noi malfattori.
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Chi sparge l'impostura
Avvolto in nera veste
Chi nega la natura
Sfuggiam come la peste
Sprezziam gli dei del cielo
E I falsi loro cultori
Del ver squarciamo il velo
Percio' siam malfattori.
 
Amor ritiene uniti
Gli affetti naturali
E non domanda riti
Ne' lacci coniugali
Noi dai profan mercati
Distor vogliam gli amori
E sindaci e curati
Ci chiaman malfattori .
 
 
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Divise hanno con frodi
Citta' popoli e terre
Da cio'gli ingiusti odi
Che generan le guerre
Noi che seguendo il vero
Gridiamo a tutti i cori
Che patria e'il mondo intero
Ci chiaman malfattori.
 
La chiesa e lo stato
L'ingorda borghesia
Contendono al creato
Di liberta'la via
Ma presto i di verranno
Che papa re e signori
Coi birri loro cadranno
Per man dei malfattori.
 
Allor vedremo sorgere
Il sol dell'avvenir
In pace potrem vivere
In liberta' gioir .

 

 

 

Quella di Dante e' una pagina di storia quasi completamente dimenticata ( mi viene da dire : volutamente dimenticata )

Ancora oggi a quasi novanta anni di distanza dalla sua morte le vicende della sua vita ed i suoi ideali non sono facili da raccontare

Non si possono giudicare le vicende della sua vita se non calandole nel clima in cui esse si estrinsecarono

Certe sue convinzioni sono ancora considerate eretiche e pericolose

 

E' possibile che la chiave di volta di tutta la storia di Dante debba ricercarsi in quei quasi tre anni passati in America , a contatto colla piu' avanzata esperienza capitalista e col bieco e disumano sfruttamento perpetuato sui minatori americani

La sua vicenda italiana va invece inquadrata in quei tumultuosi ed in un certo qual modo titanici anni d'inizio XX secolo

Dopo secoli di ottundimento la cultura italiana rialzava la testa e lanciava messaggi all'Europa , ed il paese era travolto da idealismi diversi che muovevano per la prima volta nella sua storia le moltitudini

Erano tempi difficili , erano tempi di grandi ingiustizie sociali. In quei primi anni del novecento le masse erano miserabili e senza diritti

Il contesto in cui si agitava la classe operaia era violento : una violenza che aveva imparato nelle trincee convivendo giorno dopo giorno con la morte

Per lunghi anni lo Stato aveva addestrato questi uomini psicologicamente e fisicamente ad uccidere

Per lunghi anni lo Stato aveva dato a questi uomini l'illusione che le cose dopo la guerra sarebbero cambiate , che alla fine sarebbe stato riconosciuto il giusto indennizzo al sangue dei miserabili versato per la patria

Erano i tempi in cui i miserabili pretendevano questo indennizzo

Erano i tempi in cui la classe operaia anelava di fare come in Russia e riteneva che la rivoluzione fosse un frutto maturo che aspettava solo di esser colto

Dante , piccolo possidente , avrebbe potuto scegliere una vita tranquilla e anonima , una vita come quella di altri suoi coetanei in quel caotico inizio di secolo

Ma Dante voleva cambiare il mondo che aveva trovato , ci provo' e non ci riusci

 Molto probabilmente uccise per questo , poi fu ucciso a sua volta ……….

 Quando e' giusto uccidere ? E' mai giusto ? ..........

Era un rivoluzionario Dante . Lui ,in quel momento, credeva fosse giusto e credeva che la strada che stava percorrendo fosse il sentiero che portava alla giustizia sociale

Voleva un mondo in cui il debole , la vedova , l'orfano non fossero preda dei forti ; un mondo dove un uomo non sfruttasse un altro uomo per fare del denaro

Alla violenza mascherata , dolciastra , ipocrita dello sfruttamento rispondeva con un uguale violenza non travestita da alcunche'

E allora chi aveva interesse lo chiamo' brigante , delinquente , terrorista.............ma Dante fu solo un uomo che credeva e voleva con ogni mezzo un mondo diverso

.....................................................................................

 

A scandire la fine di queste vicende il pianto di povere madri sui corpi martoriati dei figli , da una parte e dall'altra , pianto che rende ancora piu' incomprensibili i tragici giochi degli uomini che si ostinano a volere sempre piu' terra e a non capire che la terra che a loro occorre e' veramente poca

 

 

 

L’uomo è nato libero e dappertutto è in catene. Persino chi si crede il padrone degli altri non è meno schiavo di costoro. Come si è prodotto questo mutamento? Lo ignoro. Che cosa lo può rendere legittimo? Credo di poter rispondere a questa domanda. Se considerassi soltanto la forza, e l’effetto che ne deriva, direi: fino a che un popolo è costretto ad obbedire e obbedisce, fa bene; non appena può scuotere il giogo e lo scuote, fa ancor meglio; poiché, riacquistando la propria libertà in base al medesimo diritto in base al quale gli è stata tolta, o è legittimato a riprendersela ovvero non si era legittimati a togliergliela.

(Rousseau, Il contratto sociale, I, 1)

 

 

 

 

"Que coisa entendeis por uma nação, Senhor Ministro?
é a massa dos infelizes?
Plantamos e ceifamos o trigo, mas nunca provamos pão branco.
Cultivamos a videira, mas não bebemos o vinho.
Criamos animais, mas não comemos a carne.
Apesar disso, vós nos aconselhais a não abandonarmos a nossa pátria?
Mas é uma pátria a terra em que não se consegue viver do próprio trabalho?"

 


(resposta de um italiano a um Ministro de Estado de seu país, a propósito das razões que estavam ditando a emigração em massa)

 

 

Dante Carnesecchi comunque lo si voglia giudicare visse e mori perche' altri uomini avessero la possibilita' di vivere come dovrebbe vivere un uomo : dignitosamente

E la democrazia di oggi, che piu' spesso che non si creda e' frutto della violenza di ieri , ha attinto almeno ad una goccia del suo sangue

Il sangue dei vinti e' spesso fecondo per la liberta'

E' per questo che il potere denigra i vinti che ha ucciso perche' ha paura del loro sangue

 

 

 

Il Quarto Stato è un celebre dipinto realizzato dal pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901, inizialmente intitolato Il cammino dei lavoratori.Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori ed è stata eseguita secondo la tecnica divisionista. Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce.( da Wikipedia )

 

 

 

 

 

………………………Noi abbiamo lasciato famiglie, ed agi di vita
per gettarci in un intrapresa che darà il segnale della rivoluzione,
e voi ci guardate freddamente, come se la causa non fosse la vostra.


Carlo Pisacane,

Proclama alla popolazione del Salernitano

 

 

 

 

Dante Carnesecchi e La Spezia ad inizio XX secolo

 

 Carnesecchi chi era costui ? Chi era questo uomo che oggi a La Spezia , dove visse agli inizi del novecento , non ricorda piu' nessuno e che tuttavia gli amici e compagni di lotta di allora concordemente descrivono come una figura straordinaria ed eccezionale ?

Queste righe non possono sicuramente chiarire una personalita' complessa

Queste righe non possono chiarire fatti che difficilmente ormai potranno esser conosciuti compiutamente

Ci sono troppe congetture, troppe supposizioni in queste righe per poterle considerare uno studio storico

Queste righe hanno solo la pretesa di restituirne il ricordo

Un ricordo che queste sfumature di nebbia infine rendono ancora piu' affascinante

 

 

 

 

Fino ad oggi la memoria di Dante era affidata solo alla sintetica scheda del  "Dizionario biografico degli anarchici italiani ", Pisa, BFS ( Biblioteca Franco Serantini ) 2004,

  

 

 

CARNESECCHI, DANTE

( compare nel Volume primo alle pagine 326 e 327 : la voce e’ curata da (Fausto Bucci - R. Bugiani - M. Lenzerini )

 

Nativo di Arcola (SP ) , è personaggio di rilievo nel movimento anarchico spezzino: uomo audacissimo, il più temibile sovversivo di un gruppo, di cui fanno parte Abele Rìcieri Ferrari ("Renzo Novatore "), Tintino Persio Rasi ("Auro d'Arcola ") e Sante Pollastro. Accusato di aver partecipato all'assalto della Polveriera di Vallegrande il 4 giugno 1920, Carnesecchi viene tratto in arresto nel settembre successìvo, dopo l'occupazione delle fabbriche. Il giornale "Il Libertario" di La Spezia racconta che la stampa conservatrice sta facendo " un gran can can per l'arresto del terribile pregiudicato Carnesecchi, sul quale pendevano 4 mandati di cattura, che fu uno degli assalitori della Polveriera e che aveva la casa piena d'armi d'ogni genere. E se non ridi, di che rider suoli? Il Carnesecchi non è mai stato ricercato, tanto vero che tutti lo hanno veduto fino al giorno dei suo arresto passeggiare tranquillamente in città e dintorni e perfino in Pretura ed in Tribunale. E nientemeno aveva 4 mandati di cattura! O perché non lo hanno preso prima? Mistero ! "

il 7 ottobre 1920 il compagno di lotta Ferrari scrive: "Dante Carnesecchi è una delle più belle figure dell'individualismo anarchico. Alto, vigoroso, pallido e bruno. Occhi taglienti e penetranti di ribelle e di dominatore. Ha l'agilità di un acrobata ed è dotato di una forza erculea. Ha ventotto anni. E' un solitario ed ha pochissimi amici. L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima. Nelle conversazioni è un vulcano impetuoso di critica corrodente. E' sarcastico, ironico, sprezzante [ ... ] . E' un anarchico veramente individualista". Rimesso in libertà, dopo sei mesi di carcere preventivo, per mancanza di qualunque indizio, Carnesecchi è vittima di un agguato ordito da sette carabinieri, ben noti per aver provocato e arrestato altri sovversivi, e viene assassinato al Termo d'Arcola la sera del 27 marzo 1921, a pochi passi da casa sua.

"Si trattava" scriverà Tintino Rasi "di una caserma speciale, fuori classe, a cui erano stati chiamati, mediante concorso volontario, una dozzina di militi scelti tra i più brutali e i più sanginari dell'arma". Gli anarchici denunciano apertamente i militi e li accusano di avere "proditoriamente e selvaggiamente assassinato" il loro compagno di ideali: il 27 marzo i carabinieri del "Limone" racconta "Il Libertario" - sono sortiti dalla caserma come "cannibali ebbri ed armati", al comando di un "nefasto brigadiere", e si sono recati "al canto provocatore di " Bandiera rossa" ed altri inni sovversivi in ricerca della preda designata al Termo d'Arcola". Qui hanno schiamazzato, bevuto e costretto, con la violenza, la gente a rincasare, poi sono piombati su C., che usciva di casa con lo zio Azeglio e l'amico Franceschini portando con sé una chitarra, e hanno brutalmente colpito Azeglio con una frusta e sparato a Franceschini, senza ferirlo. Quanto a Carnesecchi , egli è stato schiaffeggiato dal brigadiere e investito dai militi con "una briaca, tempestosa sfuriata di nervate", prima di essere abbattuto da una fucilata alla schiena e colpito da numerose rivoltellate e pugnalate, mentre i carabinieri urlavano: "Vigliacco! Voglio spezzarti il cuore con una revolverata !"e il brigadiere ordinava: "Prendi il pugnale, spaccagli il cuore!". Il 29 marzo 1921 la mamma di Carnesecchi smentisce la versione dell'accaduto, diffusa da "Il Tirreno" e da altri giornali conservatorì, puntualizzando che il 27 marzo i carabinieri hanno íngìunto al figlio e ai suoi due compagni di fermarsi e di alzare le braccia: "Mio figlio e gli altri obbedirono chiedendo a quei sette [ ... ] chi fossero. Rispose il brigadiere qualificandosi e mio figlio declínò allora il suo nome. A questo punto il brigadiere, saputo che davanti aveva mìo figlio, gli vibrò uno schiaffo e tutti i carabinieri incominciarono a colpire con nerbate e pugnalate i tre disgraziati, i quali tentarono di salvarsi con la fuga. Mio figlio venne travolto e gettato a terra dove fu colpíto da vari colpi di rivoltella e dì fucile. [......] "E' pure falso che mio figlio fosse colpito da mandato di cattura".

Migliaia di lavoratorì partecìpano ai funerali di Carnesecchi, che rìescono "seri, imponenti, commoventi", nonostante gli espedientì della Questura locale, che ha censurato i manifesti degli anarchici e della Cd L sindacale. il carro funebre è coperto di corone, la bara avvolta da un labaro rosso, sul quale è scritto in nero: " Giù le armi". Sono presenti anarchici, comunisti, socialisti e operai iscritti alla Cd L sindacale e a quella confederale. Il saluto all'assassinato è portato da P. Binazzí, direttore de "Il Libertario" della Spezia, e da Ennìo Mattias, segretario della CdL sindacalista,

(F, Bucci- R. Bugiani - M. Lenzerini)

 

 

 

FONTI :

Arresti, "Libertario ", 30 set. 1920;

R. Novatore, (Abele Ricieri Ferrari). Dante Carnesecchi, ivì, 7 ottobre 1920;

R. Novatore, (Abele Ricieri Ferrari). Il compagno Dante Carnesecchi assassinato dai carabínierí del Limone, ìvi, 31marzo1921;

Spezia. L'assassinio del compagno Carnesecchi Dante, ivi;

Carnesecchi Lucia. Lettera della madre di Carnesecchi, ivi;

I funerali di Dante Carnesecchi, ivi, 7 apr. 192 l;

T.P, Rasi, I nostri caduti. Dante Carnesecchi, "AR", 11 maggio 1929.L'Adunata dei Refrattari (The Call of Refractaires),

 

B1BLIOGRAFIA :

Trentennío , p. 53; M. Novelli,

Cavalieri del nulla. Renzo Novatore, poeta, Sante Pollastro, bandito. Casalvelino Scalo 1998, pg 8 1-83.

 

 

 

 

 

 

Tra quella nidiata d'aquilotti libertari che dai colli arcolani , dominanti a mezzogiorno la conca azzurra del golfo di Spezia e a tramontana la vallata del Magra , spiccavano il volo verso tanti quotidiani ardimenti , si distingueva sopratutti Dante Carnesecchi. Alto, atletico , volto energico , parco di parole, rapido nel gesto , tagliente lo sguardo : una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa.

Se il tipo assoluto d'Ibsen qualcuno puo' mai averlo realizzato , questi fu Dante Carnesecchi . Egli era realmente una di quelle eccezionali individualita' che bastano a se stesse.

Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate , poiche' , solo a compierle , ne' porto' il segreto alla tomba .

Non aveva amici , non ne ricercava : non affetti , mollezze , piaceri . In seno alla stessa famiglia viveva senza vincoli. Verso la madre , come verso le sorelle che lo adoravano , si comportava con la freddezza di un estraneo.

Egli , a cui pur non difettavano i mezzi , coricava sul duro letto senza materasso, onde evitare di provare dell'attaccamento agli agi di casa . Un individuo simile non era fatto per essere amato. E dell'amore non conobbe ne' le estasi sublimi , ne' le dedizioni mortificanti.

Strana natura !

Perfino verso noi , tra i piu' vicini , il suo animo insofferente elevava un' ultima barriera isolatrice , come a sottrarsi ed a proteggersi dalle possibilita' d'ogni intima comunione .

Certo , egli era il piu' odiato dai nemici nostri , il piu' temuto dagl'indifferenti , il piu' ammirato dai compagni e dagli spiriti liberi : ma era anche colui che non si lasciava amare , che non fu amato.

Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore , egli era all'altezza delle sue azioni , che mandava in piena consapevolezza ad effetto , fidando solo sulle sue forze.

Ogni progetto , riduceva alle proporzioni di un operazione aritmetica , accomunando ad un estrema audacia un'estrema prudenza , una piena sicurezza in se' , ed una risolutezza tacita quanto irreducibile.

Nello sport quotidiano allenava il corpo alla resistenza , all'agilita' , all'acrobazia , alla velocita', e il polso alla fermezza ; nella temperanza scrupolosa conservava la pienezza del suo vigore fisico e della sua lucidita' mentale; nella musica ricercava le intime sensazioni per ricrearsi liberamente lo spirito .

Percio' egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ; suonatore e compositore di un virtuosismo piuttosto arido e cerebrale ;

ottimo poliglotta ………………………………………………………………….

 

 

dalla rivista "L'adunata dei refrattari ":

I nostri caduti : Dante Carnesecchi

articolo di Tintino Persio Rasi (Auro d'Arcola ) suo amico e compagno d'ideali

 

( debbo questo articolo all'immensa cortesia della signora Fiamma Chessa-- Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia )

 

 

 

 

 

 ………….con tutto cio' egli era lo spauracchio , il babau , lo spettro incubante dell'autorita' , solo perche' era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica . Un insieme di ombre , di esagerazioni iperboliche , di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorita' uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle , dopo esperita ogni altra via , alla soppressione del nostro amico .

 

articolo de Il Libertario

 

 

 

 

 

Il 7 ottobre 1920 , durante la prigionia di Dante a Sarzana , il compagno di lotta Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) scrive sul "Libertario":

 

"Dante Carnesecchi è una delle più belle figure dell'individualismo anarchico. Alto, vigoroso, pallido e bruno. Occhi taglienti e penetranti di ribelle e di dominatore. Ha l'agilità di un acrobata ed è dotato di una forza erculea. Ha ventotto anni. E' un solitario ed ha pochissimi amici. L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima. Nelle conversazioni è un vulcano impetuoso di critica corrodente. E' sarcastico, ironico, sprezzante ……Sembra un paradossale ed e' un logico . Le sue verita' bruciano . La sua anima misteriosa e complicata e' un mare sempre agitato da furiose tempeste dello spirito . Non ha mai scritto nulla ma ha pensato molto ……..E il suo pensiero non si aggira nel piccolo cerchio vizioso dei luoghi comuni . Va oltre …..Le figure come la sua sono rarissime . Parlarne troppo a lungo si corre sempre il rischio di guastarle . E' un anarchico veramente individualista . Ecco tutto ……Ora nel primo rastrellamento di delinquenti sociali fatto nei dintorni di Spezia , per ordine di Giolitti ,Olivetti , e D'Aragona , e' stato arrestato anche lui . << In una brillante operazione >> fatta da cento e piu' carabinieri del re guidati da un loro ufficiale hanno invaso la sua casa e lo hanno catturato . La stampa merdosa della borghesia idiota e democratica , liberale e monarchica , ne ha dato l'annuncio trionfale ricamandolo di particolari talmente foschi da fare invidia ad uno di quei ripugnanti romanzi che solo quella carogna di Carolina Invernizio , buon' anima , sapeva scrivere . Naturalmente tutto cio' che si e' scritto su di lui e' falso come e' falsa e bugiarda l'anima fangosa e putrida d'ogni miserabile giornalista venduto. Per amore della verita' dobbiamo dire ( a costo di disonorarlo ) che non e' pur vero che sia pregiudicato .

E' giovane . Ama intensamente la liberta' e la vita . Lo vogliamo fuori !

Anarchici individualisti a noi !

Renzo Novatore

 

 

 

 

In quell'estate del 19 , ricorda Auro , << si cerco di risolvere il problema ( dei propagandisti rivoluzionari , n.d.a. ) delegandomi in motocicletta seguito da due valorosi compagni tra cui quel gigante dell'azione che fu Dante Carnesecchi , a fare quanti piu' borghi possibili , ma giunti a Santo Stefano Magra , mentre io stavo concionando la folla , sbucarono non si sa da dove un milite e un brigadiere dei carabinieri ; quest'ultimo con fare burbanzoso mi intimo' di allontanarmi . Ne nacque un violento battibecco , durante il corso del quale dalla folla che stava alle spalle dei militi eccheggiarono fulmineamente tre colpi di revolver . I due gendarmi stramazzarono al suolo , la folla si sbando' con un grido di orrore , mentre dalla parallela provinciale giungeva una lunga teoria di camions carichi di armati ………………

 

 

Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola )

 

 

 

Nessun accenno agli anni americani di Dante Carnesecchi

 

"Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate , poiche' , solo a compierle , ne' porto' il segreto alla tomba ."

 

 

 

Invece e' probabilmente in quei tre anni passati in America , sconosciuti ai resoconti , la chiave di volta della vita di Dante . Probabilmente l'esperienza americana fa di Dante Carnesecchi qualcosa di molto speciale ; ne acuisce l'astuzia , il coraggio e l'audacia , probabilmente la spietatezza , lo rende un uomo temibilissimo capace di qualunque impresa

 

 

 

 

 

 

La Spezia all'inizio del XX secolo

La Spezia oggi una localita' turistica , ieri un polo dell'industria bellica di prima importanza

 

 

Dalla meta' dell'ottocento , la citta' di La Spezia fu interessata da una rapida crescita demografica , che la porto' nel giro di cinque decenni da poco piu' di 10.000 a quasi 70.000  abitanti ( censimento del 1901 ). A determinare cio' fu la costruzione dell'Arsenale militare ed il sorgere dell'indotto con numerose industrie che con la forte richiesta di manodopera , causarono una forte immigrazione di lavoratori dalle zone limitrofe e dall'entroterra ligure

Anche l'aspetto urbanistico della citta' cambio' rapidamente adeguandosi al nuovo ruolo di centro industriale e militare " la citta' si estese sulle aree collinari e sulla collina dei Cappuccini scavalcandola e debordando verso la piana di Migliarina

Il 20 maggio 1915 il Reggio Decreto n 795 accentrava a Spezia nel Comandante Militare della Piazza tutti i poteri civili e militari , accordandogli le piu' ampie facolta' ai fini preminenti della difesa .

Il numero della popolazione della citta' continuo' in quegli anni a crescere si passa infatti da 79.136 abitanti nel 1914 a 84.491 nel 1915 , a 96.474 nel 1916 a 102.517 nel 1917 , a 103.591 nel 1918

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Da Il tricolore insanguinato di Riccardo Borrini

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Ai prime del del 1919 il clima politico andava rapidamente mutando . La citta' di Spezia era un tipico esempio di questa nuova situazione (…) La riduzione della manodopera stava dunque rapidamente creando una sacca di disoccupati in quella che era oramai il secondo centro centro della Liguria ; la popolazione della citta' era ancora salita e al censimento del 1921 contera' 100.383 abitanti mentre 212. 581 saranno quelli del circondario

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Da Il tricolore insanguinato di Riccardo Borrini

 

 

Sento dire spesso ed ingiustamente che La Spezia e' una citta' senza storia .

Ecco , ad esempio , un pezzo di storia spezzina dimenticata : una vicenda troppo poco conosciuta :

La Spezia fu vicina nel 1919-1920 ad essere il centro di un innesco rivoluzionario che poteva avere importanti conseguenze a livello nazionale

Un episodio stranamente poco studiato e aprioristicamente trascurato o considerato di poco conto

 

E’ pur vero che la storia non si costruisce con i se e i ma……………….ma se quel giorno………………..

 

 

Per fare una sommossa occorrono le armi , occorrono le munizioni , occorrono gli esplosivi , e non e' facile procurarseli a meno di non impossessarsene con la forza prendendoli dove sono

E allora un gruppo di audaci quasi a mani nude penetra nell'area della polveriera..........................

Una settantina di facinorosi rudimentalmente armati ma ben decisi ad impossessarsi delle armi e degli esplosivi conservati nei forti e nell'arsenale della citta' , assaltarono a sorpresa la struttura militare di Vallegrande, riuscendo ad espugnare facilmente i corpi di guardia N e G catturando i marinai di servizio ed impossessandosi delle loro armi.

Imbaldanziti ed eccitati da questi due successi ed equipaggiati con le armi delle sentinelle gli insorti si diressero dunque verso l'obiettivo piu' importante : la polveriera....................

 

 

 

Medaglia d'oro al Valor militare : «Piantone all'ingresso di una polveriera, scorto l'avvicinarsi di una settantina di rivoltosi che già si erano impossessati di fucili di due corpi di guardia e intendevano impadronirsi della polveriera stessa, ordinava la chiusura della porta dietro di sé, pur sapendo di precludersi così ogni via di scampo, rispose a colpi di moschetto al fuoco dei ribelli, mantenendosi saldo al suo posto, da solo, benché ferito, dando così tempo al sopraggiungere di rinforzi, coi quali concorse poi a fugare i facinorosi, sventando in tal modo il criminoso tentativo esempio mirabile di eccezionale presenza di spirito, di coraggio e di altissimo sentimento del dovere» Spezia 4 giugno 1920

 

La resistenza del militare, che continuava a mantenere lontani i malintenzionati col suo moschetto, non sarebbe però potuta durare a lungo; finalmente, il fragore del combattimento fece accorrere un plotone di marinai, con alla testa il loro tenente, che in breve tempo riuscì a disperdere gli aggressori nei boschi vicini. Le cronache del tempo riferirono che, grazie all’impresa di Carmana, ben quattromila tonnellate di potente esplosivo non finirono nella disponibilita' degli assalitori.

Se tutti gli storici ( in particolar modo quelli spezzini ) hanno sottovalutato questa storia lo Stato non sottovaluto' la vicenda infatti a Leone Carmana , oltre alla medaglia d'oro , vennero intitolate alla morte : La Caserma sede di comando provinciale di Reggio Emilia , La Caserma sede di comando provinciale di Savona , le sezioni dell'associazione nazionale dei Carabinieri di La Spezia , di Savona , di Reggio Emilia , e una piazza a Gazzano di Villa Minozzo suo paese natale ( vedi dr Andrea Gandolfo )

Leone Carmana e' sepolto nel cimitero monumentale

 

Il destino si diverti :

S'incrociarono davanti alla polveriera molte persone che con il piccolo paese di Villa Minozzo avevano a che fare : Leone Carmana nativo, Dante Carnesecchi la cui madre era li nata, Renzo Novatore che probabilmente aveva passato li un periodo nascosto presso i parenti di Dante nel periodo della sua diserzione, Enrico Zambonini che alcuni dicono facesse parte del manipolo anarchico anche lui li nato

 

 

All'inizio del secolo scorso La Spezia dunque ospitava diversi individui non trascurabili e comunque sanguigni e di forte personalita' , questo senza far distinzione di fazione .

Uomini decisi , uomini intransigenti che fortemente amavano e fortemente odiavano , talvolta crudeli e sanguinari nella piu'estrema naturalezza e sino in fondo coerenti con le loro idee giuste o sbagliate che fossero .

 

 

 

-Ho camminato con gioia infinita sulle vie del Dolore. Per compagno ebbi sempre il pericolo che amai come un fratello. E sulle labbra sempre l'ironico sorriso dei superiori e dei forti; negli occhi sereni la fascinatrice visione della tragedia eroica che solo comprendono i veri amanti della vita libera. Ero solo... Ma nell'ombra sapevo che stava nascosta un'ardita falange di coerenti ed audaci che vivevano la mia stessa vita! Ah, quanto amore sentivo per quell'anonima schiera... Che importa se gran parte di essi languiva da lungo tempo nel fondo di umide celle? Essi non si piegarono! Essi vissero, noi vivemmo ai margini della società da veri ribelli, da Iconoclasti intransigenti, oppure non curanti di ciò che poteva essere la tragedia finale. 

 

RENZO NOVATORE

 

 

 

 

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RECENTEMENTE ( la storia inizia piano piano a farsi conoscere ) :

Leone Carmana oltre la Medaglia d’oro :Una giornata a Gazzano dedicata al carabiniere che cambiò la storia d’Italia.

27/3/2023 – Una straordinaria giornata di sole ha salutato sabato mattina a Gazzano di Villa-Minozzo, nell’appennino reggiano, la conferenza pubblica dedicata all’ eroe dei Carabinieri Leone Carmana, medaglia d’oro al Valor Militare. Manifestazione promossa dal Centro Studi Italia, dall’associazione culturale Pietro e Marianna Azzolini e dall’associazione nazionale Volontari di Guerra-Federazione di Reggio Emilia, nel paese natale di Carmana e nella proprio nella piazza a lui intitolata, presenti i famigliari e adornata con un grande Tricolore.

............I documenti dell’epoca, come la relazione dei Vice Prefetto di Spezia all’indomani dell’assalto fallito, e gli studi successivi ha rivelato come l’assalto alla polveriera dovesse far scattare l’insurrezione della piazza militare, dell’Arsenale e delle fabbriche, con l’ammutinamento dei marinai delle navi della Regia Marina alla fonda nel Golfo spezzino. Insurrezione preparata dagli anarchici di Errico Malatesta e guidata dal gruppo dei “futuristi di sinistra” di Dante Carnesecchi (proprietario terriero, agitatore, combattente e intellettuale, ucciso nel 1921 da una squadra speciale di carabinieri in borghese), Renzo Novatore (alias Abele Ferrari) e Auro d’Arcola, al secolo Tintino Persio Rasi, giornalista, polemista ed editore di giornali anarchici negli Stati Uniti, dove morì nel 1963. Insomma, alla Spezia si voleva “fare come in Russia” e creare una situazione rivoluzionaria, simile alla vicenda dell’incrociatore Aurora che a San Pietroburgo con le sue cannonate aveva dato il via alla Rivoluzione d’Ottobre.

Fu solo avventurismo, oppure quel piano aveva possibilità reali di successo? Difficile dirlo. E’ certo però che il coraggio di Carmana riuscì a fermare sul nascere quello che poteva diventare l’innesco di una insurrezione destinata a dilagare nell’Italia prostrata dalla guerra, dalla “spagnola” e diventata essa stessa una polveriera nel “biennio rosso” e poi nel “biennio nero” sino alla presa del potere da parte di Benito Mussolini.

by https://www.reggioreport.it/2023/03/leone-carmana-oltre-la-medaglia-doro-una-giornata-a-gazzano-dedicata-al-carabiniere-che-cambio-la-storia-ditalia/

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 Da una lettera del viceprefetto dopo l'assalto alla polveriera di Vallegrande

 

I fatti di Spezia appaiono ben piu' gravi per l'ispirazione rivoluzionaria e per il contenuto evidentemente politico : essi senza dubbio fanno parte di una preparazione diretta a sovvertire l'ordinamento statale sono il frutto della propaganda e di una concezione anarchica che ha in questa circoscrizione lunghe e profonde radici . Fin dai primi momenti in cui io assunsi qui le mie funzioni ebbi sentore delle mene anarchiche e del proposito in parte deliberato degli estremisti di tentare qualche colpo di mano Ben compreso della …….necessita' di sventare simili trame criminose dedicai tutta la mia attivita' a questo scopo . Con rapporto del 18 aprile io ebbi ad informare la S.V. d'un primo complotto organizzato dagli anarchici col supposto consenso parziale o colla tacita adesione delle truppe specialmente di mare . Si sperava allora sull'ammutinamento di un equipaggio di una nave ancorata in questo porto e sull'azione concomitante e violenta degli anarchici non solo del circondario ma anche della provincia vicina . Il complotto non pote' avere per varie circostanze ………………………… ………….Pero' fallito il colpo non desistettero gli organizzatori nei loro progetti d'azione diretta : che anzi in diverse riunioni ripresero le fila per un momento spezzate, e rinnovavano la fede di riuscire in un nuovo attentato che a breve scadenza si sarebbe deciso di eseguire I disordini di Viareggio, poi quelli di Sarzana , l'agitazione stessa che si diffondeva a Spezia sotto il pretesto del caro-viveri sembravano forse agli estremisti locali favorevoli all'attuazione dei loro propositi .Un ultima visita fatta qui nella settimana scorsa dal noto Errico Malatesta parve infondere vigore al proposito e senza dubbio sospinse all'azione che che fu stabilita per i primi giorni del giugno corrente.Il piano a quanto riferivano i confidenti ,era basato sempre sull'appoggio del personale di marina ed aveva per fine di impadronirsi di polveriera e forti , dell'arsenale , degli stabilimenti industriali , dei punti principalidella citta' e degli edifici pubblici . Il piano doveva avere esecuzione in diverse parti contemporaneamente .Certo si trattava di un vasto disegno concepito follemente, senza alcuna visione pratica della sua difficile possibilita' La frase tipica con cui si vuole venisse deliberato……………………………Da cosa nasce cosa. Questa frase illumina le finalita' del tentativo. si faceva altresi molto affidamento nella partecipazione al movimento una volta iniziato , della massa operaia , in ispecie in quella iscritta nell'unione sindacale .Se pero' il piano era troppo vasto ed audace per riuscire era tuttavia tale da destare le piu' serie preoccupazioni di fronte alle conseguenze gravissime che ne sarebbero scaturite se fosse stato anche in minima parte effettuato. Ed io non mancai di apprestare i mezzi di resistenza e fui ben sollecito di preavvisarne S.E. il Comandante in Capo della Piazza con ripetute e frequenti conferenze personali di cui l'ultima risale al pomeriggio di giovedi 3 corrente mese 

 

 

 

 

 

 

08 giugno 1920 al Prefetto di Genova

I disordini teste' avvenuti a Sarzana e Spezia vanno tenuti ben distinti avendo essi origine e fisionomia ben diversa : i primi ebbero un fondo prevalentemente economico con infiltrazione anarcoide e teppistica : i secondi non furono che l'esecuzione di un progetto anarchico rivoluzionario a sua volta conseguenza e continuazione di altri precedenti tentativi riusciti vani pel mancato verificarsi di circostanze indispensabili alla loro attuazione……………………. 

 

 "Senza l'intervento e la condotta ammirevole del carabiniere Carmana il tentativo criminoso avrebbe avuto ben diverso risultato I rivoltosi procedevano in silenzio sarebbero riusciti ad occupare la polveriera ove si contenevano ingenti quantita' di esplosivi con quale pericolo e' facile immaginare. Il carabiniere va premiato con un'alta ricompensa al valore…….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Importanza strategica della citta' di La Spezia all'inizio del XX secolo

 

 

 

 

 

 

 

 

Napoleone Bonaparte aveva individuato in La Spezia , all'inizio dell'ottocento il luogo ideale per la costruzione di una base navale adatta alle navi da guerra

L'idea fu ripresa da Cavour nel 1857 che ne affido' la costruzione a Domenico Chiodo ( Cavour mori nel 1861 )

I lavori per l'arsenale presero l'avvio nel 1862 e furono terminati nel 1869

caratterizzarono la citta' oltre che con la costruzione di un imponente arsenale militare anche con la costruzione di interi quartieri che dovevano servire alla vita dei dipendenti civili e militari , e di tutta una serie di forti opportunamente collocati a formare un sistema difensivo a protezione dell'arsenale e dell'ingresso del golfo

La spezia all'inizio del secolo era cosi una delle piu' importanti roccaforti militari . Caratterizzata dalla presenza dell'Arsenale militare e di alcune delle piu importanti industrie belliche italiane , circondata da una serie di forti e polveriere che ne dominavano il golfo………………………………………

 

 

http://www.chicago86.org/archivio-storico/miscellanea-arch-sto/84-miscellanea/257-linsurrezione-di-la-spezia.html

 

 

La Spezia, basti vedere la sua pianta, è una città artificiale. Voluta infatti come porto militare dai Savoia appena la monarchia Sabauda "unificò" l'Italia, fu costruita seguendo i dettami canonici che il barone Haussmann, dopo il macello della "Comune", impose in tutta quanta l'Europa. Le strade della città sono infatti perfettamente geometriche, ad eccezione di una via in diagonale pensata per permettere alle truppe di accorrere celermente là dove si poteva manifestare il benché minimo accenno di sedizione.

La città conobbe uno sviluppo rapidissimo che si incentrò praticamente tutto quanto sulla costruzione dell'Arsenale, pensato per la costruzione, la manutenzione e la riparazione delle navi da combattimento. Il borgo marino che contava nel 1861 appena 15.000 abitanti, divenne in pochi decenni una città che, assieme al circondario, arrivava a contare nel 1919, ben 212.000 abitanti.

Assieme all'Arsenale che divenne l'emblema della città, vennero aperte negli esigui confini cittadini, delimitati dagli Appennini che scendono fin quasi a toccare il mare, dalle Cinque Terre a ovest e dai borghi marini come San Terenzo ad est, vennero aperte alcune tra le più importanti fabbriche dell'Italia intera. Furono infatti costruiti gli stabilimenti della San Giorgio, della Montecatini, della Pirelli, della OTO Melara e della Vickers. Fabbriche di armamenti e di "prodotti esplodenti", come venivano chiamati allora gli esplosivi e le munizioni, "filiali" delle "case madri" sviluppatesi in altri posti, costruite spesso con il forte concorso del capitale straniero. Fabbriche che erano state pensate per l'imperialismo "straccione" dell'Italietta della fine dell'800. Rette da dirigenti più simili nel loro modo di agire e di pensare a degli ufficiali in "redingote" che a dei borghesi.

Una città quelle di La Spezia che anche visivamente rappresentava la quintessenza della lotta di classe.

Il proletariato che era in massima parte il frutto dell'emigrazione interna dalla Lunigiana e dai borghi di pescatori di tutta la riviera, era stato fin da subito rinserrato nei quartieri compressi tra la linea ferroviaria e le mura dell'Arsenale, in quartieri dai quali non si vedeva il mare e sovrastati dai fumi delle ciminiere delle fabbriche. Quartieri miserabili, dove gli operai si accalcavano, assieme alle loro famiglie, in tuguri privi di acqua corrente e con le fogne a cielo aperto. Tanto che, ancora nel 1884, un'epidemia di colera ne aveva uccisi più di duecento.

La poca borghesia cittadina, formata in massima parte da commercianti e da liberi professionisti, vive nelle belle case del centro, in quella dimensione di riservatezza che da sempre contraddistingue l'austera borghesia della Liguria.

I dirigenti delle fabbriche che hanno il compito di tenere i rapporti con il potere politico di Roma e con i suoi vari ministeri, vera e propria espressione di una borghesia monopolistica, si chiude in impenetrabili circoli e nelle ville con l'intonaco color pastello, con elaborate panoplie di fiori e di frutta e ambisce a fare sposare le proprie figlie a qualche comandante di una delle tante navi che sono sempre ormeggiate nella rada.

In questa città, dove la lotta di classe è senza mediazione alcuna, l'Unione Sindacale Italiana ha una delle sue roccaforti.

La Camera del Lavoro sindacalista organizza infatti in una ventina di leghe più di un terzo del proletariato spezzino, che è composto da decine di migliaia di operai, ma esercita anche una grande influenza su tutta quanta la massa operaia nel suo complesso, tanto che i sindacati diretti dai socialisti che, assieme alle aziende cogestiscono le assunzioni all'Arsenale, sono costretti molto spesso ad inseguire sul terreno rivendicativo i sindacalisti rivoluzionari. Questi a loro volta, possono contare su due potentissimi alleati. Il Sindacato Lavoratori del Mare e il Sindacato Ferrovieri che sono legati all'USI da un patto d'azione.

Inoltre, a partire dal 1903, Pasquale Binazzi, un anarchico spezzino, stimato in tutta quanta la città, assieme a Zelmira, la sua compagna di tutta una vita, fa uscire "IL Libertario". Un periodico che ha contribuito non poco alla maturazione politica e culturale del proletariato della città. Infatti tutti ma proprio tutti a La Spezia riconoscono ai sindacalisti dell'USI doti di serietà di preparazione culturale e di competenza. Esiste in città anche l'Unione Anarchica Italiana e un folto gruppo di anarcoindividualisti con Tintino Persio Rasi, Dante Carnesecchi e soprattutto Renzo Novatore. Abele Rizieri Ferrari, questo è il suo vero nome, che verrà ucciso dai carabinieri in un'osteria di Teglia, una località vicina a Genova è un disertore condannato a morte e poi amnistiato. I suoi amici lo ricorderanno con le seguenti parole: "Era l'angelo e il leone, era il soldato del sogno." Conosce Stirner, Wilde, Baudelaire e Ibsen e assieme ai suoi compagniè legato da un complicato e conflittuale rapporto con le organizzazioni sindacaliste rivoluzionarie.

Inoltre, sono presenti la camera del lavoro interventista, diretta da due sindacalisti che hanno partecipato alla guerra e al cui interno è in corso un lavoro sotterraneo di riconsiderazione di cosa è stata la Prima Guerra Mondiale che organizza venti leghe operaie attive in tutte quelle attività connesse ai lavori portuali. I socialisti della CGdL sono da parte loro potentissimi tra le maestranze dell'arsenale.

Questo proletariato che è sottoposto a durissimi turni di lavoro, per la massima parte è formato da operai che hanno un'elevata capacità professionale, sotto la guida dei sindacalisti rivoluzionari, è stato capace, prima di guerra, di importanti conquiste salariali ed è in massima parte sindacalizzato. Formato in gran parte da operai che sanno svolgere alla perfezione complessi lavori di meccanica, è stato in gran parte militarizzato durante il conflitto. Non è stata così ammessa la benché minima trattativa e i salari ormai falcidiati da un'inflazione brutale, non consentono di vivere agli operai e alle loro famiglie.

Inoltre le fabbriche della città si sono gonfiate in maniera ipertrofica durante tutta quanta la guerra, grazie alle commesse statali e ora, finito il conflitto, finita la grande cornocupia per gli industriali della città, essi licenziano la metà della forza lavoro, come ad esempio è stato fatto alla Vickers Terni. E come non bastasse, la messa in congedo di ben undici classi di soldati, ha portato in città altre migliaia di giovani, che risultano essere quasi tutti disoccupati.

Inoltre pesa su tutta quanta la città un fattore psicologico che nella rivolta dell'11 giugno giocherà un ruolo importante. In massima parte gli operai spezzini non sono infatti partiti per il fronte perché dichiarati "indispensabili" allo sforzo bellico e si sono così risparmiati il macello nelle trincee dell'Altopiano di Asiago come in quelle della Bainsizza. Ma per tutti quegli anni essi erano sempre stati sotto la minaccia di essere inviati a combattere. Per la minima protesta, per il minimo mugugno, un operaio riceveva immancabilmente la minaccia di essere mandato a combattere.

Mancava poco perché la città esplodesse e il pretesto arrivò in quell’estate, quando nel proletariato spezzino, come del resto in quello di tutta quanta l’Europa industriale, era forte la tentazione di "fare come in Russia".

L'11 giugno del 1919 a La Spezia, le tre camere del lavoro, per una volta congiuntamente, avevano indetto una manifestazione di protesta a causa del carovita.

Fu ottenuto dall'Uffico Approvigionamento un prezzo calmierato dei generi di prima necessità, pane, pasta e poco altro per potere fare fronte alla fame che ormai dilagava in tutta quanta la città.

I grossisti risposero con una serrata, ma quando la mattina dell'11 giugno furono visti gruppi di loro rovesciare per terra interi carichi di frutta e di verdura, la voce corse all'Ansaldo, alla Terni e alle altre fabbriche della città, da cui uscirono infuriati migliaia di operai.

Una manifestazione di 15.000 operai si diresse verso il centro della città mentre già cominciavano i saccheggi. Le truppe accorse in massa, all'ordine degli ufficiali, si rifiutarono di sparare. Lo fecero da parte loro i Regi Carabinieri che uccisero due operai, mentre molti altri furono feriti. Inoltre tantissimi tra di loro vennero arrestati, scioperi di solidarietà vennero dichiarati a Carrara, Viareggio, Reggio Emilia e Pisa. A Viareggio, come del resto a Seravezza e Pietrasanta, le rispettive camere del lavoro imposero ai commercianti prezzi calmierati, in tanti altri posti, furono addirittura gli stessi commercianti che consegnarono le chiavi dei loro negozi alle Camere del Lavoro, riconoscendo così implicitamente la loro autorità.

Lo sciopero generale a La Spezia durò un'altra settimana; finì per consunzione perché fu sconfessato dal PSI e dalla CGdL. Queste due organizzazioni lo definirono infatti "uno sciopero della pancia". Insomma una specie di assalto ai forni di manzoniana memoria più che una lotta operaia. E tutto questo malgrado alla testa delle manifestazioni e degli scioperi ci fosse l'élite della classe operai della città.

La verità vera, come ebbero a dire e a scrivere ripetute volte i dirigenti socialisti in seguito era che "se si fossero messe in moto le masse, sarebbero stati i Malatesta a dirigerle" e questo i dirigenti del PSI non se lo potevano proprio permettere.

Tratto da:
Antonio Bianchi: "Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia 1918-1930" Olschki.
Francesco Galmozzi: "Diciannovismo".

 

http://www.chicago86.org/archivio-storico/miscellanea-arch-sto/84-miscellanea/257-linsurrezione-di-la-spezia.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ideologia dell’anarchico individualista Dante Carnesecchi

 

 

" Non ha mai scritto nulla ma ha pensato molto … " Non ha scritto nulla e quindi nulla rimane per testimoniare il suo pensiero se non le sue azioni ,

 

 

Dante era un anarchico anzi era un anarchico individualista , anarchico individualista come il suo amico Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) scrittore e poeta : l'uomo di cui si dira' che "scriveva come un angelo e combatteva come un demonio".

 

Di Dante il Novatore scrive :

Sembra un paradossale ed e' un logico . Le sue verita' bruciano .

La sua anima misteriosa e complicata e' un mare sempre agitato da furiose tempeste dello spirito . Non ha mai scritto nulla ma ha pensato molto ……..E il suo pensiero non si aggira nel piccolo cerchio vizioso dei luoghi comuni . Va oltre …..

 

 

Di Dante Tintino Rasi dice : "

…..Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore…."  Mettendo in luce che era un carattere forte poco disponibile a lasciarsi influenzare

 

Ma e’ da ritenere comunque abbastanza ammissibile che l’amicizia tra lui ed il Novatore si basasse oltre che su un ammirazione reciproca anche su una identita’ di ideali e di pensiero pur nella diversita’ d’interpretazione , diversita’ che certamente esisteva poiche' Dante pareva fortemente pragmatico mentre Abele era "l'uomo di tutti gli eccessi"

 

Se questa identita’ di pensiero non fosse esistita difficilmente il Novatore si sarebbe spinto a dire di lui :

………………………E' un anarchico veramente individualista . Ecco tutto ……

 

 

Quindi nel presupposto che su molte cose avessero la stessa visione , mancando scritti di Dante , nel tentativo di avvicinarmi al suo pensiero ho riportato qui e la' in questa ricostruzione brani dalle opere del Novatore

 

 

 

 

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Citare il pensiero del Novatore pero' e' certamente riduttivo per Dante , ove fosse provata la sua presenza nelle rivolte del Colorado , provenendo nel caso da una esperienza cosi significativa di lotta di classe e' evidente come sia assai probabile che egli rifuggisse da qualunque astrattismo intellettuale . Cosi come e' probabile che il suo individualismo fosse conseguenza dell'infelice conclusione di queste lotte

 

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IL PENSIERO DI RENZO NOVATORE

 

 

Abele Ferrari/Renzo Novatore si definiva con due parole: anarchico ed individualista.

 

 

 

dal sito http://www.novatore.it/ dedicato alla vita di Renzo Novatore

 

VEDI ANCHE : http://www.novatore.it/Brani_scelti.htm

 

 

Se in Novatore il sentimento anarchico fu innato e precoce, per quanto riguarda le convinzioni individualiste bisogna invece analizzare, almeno sommariamente, alcuni dei suoi autori preferiti, quei "vagabondi dello spirito" che partorirono idee così potenti da spingere un giovane figlio di contadini a muovere guerra al mondo intero.
Ma bisogna anche ricordare che per quanto Novatore potesse condividere ed apprezzare i ragionamenti e le tesi di un determinato filosofo o scrittore, egli non aderì mai ad una specifica scuola di pensiero, preferendo prendersi solo i passaggi che intimamente condivideva per valorizzarli al massimo, propagandandoli ogni giorno nella palese verità dell'azione diretta.

 

L'individualismo secondo Max Stirner


Questo pensatore tedesco (vero nome: Johann Caspar Schmidt), controverso e generalmente poco conosciuto, è spesso citato con rispetto e ammirazione negli scritti di Novatore, che infatti ha un grosso debito intellettuale con Stirner e più in particolare con la sua opera più nota.
Nel 1844 Max Stirner pubblicò "L'unico e la sua proprietà" che fu definito all'epoca geniale ma eccentrico da Feuerbach, suscitando anche forti critiche da parte di Marx ed Engels. Stirner afferma ne "L'Unico" che gli uomini sono guidati dal principio definito "di egoismo", il quale li spinge inevitabilmente a perseguire causa che rispetti il loro interesse personale.
Il problema, secondo Stirner, è che la causa assunta come fine ultimo da un gran numero di persone si traduce in ultima analisi nella causa di dio, dell'umanità, della verità, della filantropia, della libertà, della giustizia. Questi elementi finiscono inevitabilmente per monopolizzare la forza vitale del singolo, mortificandone lo spirito egocentrico originario.
Il pensatore tedesco invece degrada i valori sociali sopraccitati al rango di odiosi fantasmi da scacciare, da rifiutare in nome della sola causa per la quale valga davvero la pena combattere: l'unicità di ogni persona che abbia posto il proprio "Io" come meta suprema, riservandosi il diritto di pensare a se stesso come qualcosa di compiuto, con il suo carico originale e personale di azioni, scopi, fini, potenzialità ma anche di difetti ed errori.
Ecco alcuni esempi tipici del pensiero stirneriano, tratti da "L'unico e la sua proprietà" e utili per focalizzare meglio il nucleo del pensiero individualista che, come si noterà, ha qui molti punti di contatto con l'anarchismo:
"Per lo Stato è indispensabile che nessuno abbia una sua volontà; se uno l'avesse, lo Stato dovrebbe escluderlo, chiuderlo in carcere o metterlo al bando; se tutti avessero una volontà propria, farebbero piazza pulita dello Stato".
"Dio e l'umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null'altro che se stessi. Allo stesso modo io fondo allora la mia causa su me stesso, io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l'unico".

Gli aristocratici dello spirito secondo Friedrich Nietzsche


Novatore rimase molto impressionato dalle teorie di Nietzsche tanto da definirlo "il barbaro che impazzisce per insegnare agli uomini di superare se stessi". I passaggi preferiti furono soprattutto quelli dove si trattava dello spirito dionisiaco e del superomismo. Queste parole fanno oggi storcere il naso a molti libertari (sì, la puzza di D'Annunzio e fascismi vari è tanta) ma appunto la storia di Novatore ci dimostra il contrario, felice dimostrazione di come l'arma sia meno pericolosa di chi la impugna.
Nietzsche affermò che, da Socrate in poi, la cosiddetta civiltà occidentale cercò in tutti i modi di cancellare o mitigare la sua parte "dionisiaca", dipingendo con questo termine l'energia primordiale dell'esistenza, l'ebbrezza di piacere e di dolore, la caotica e istintiva ma anche insensata volontà di vita. L'uomo che comprende e ascolta la sua parte dionisiaca guarda a queste antiche ed innate virtù senza timore, anzi ne fa una bandiera da sventolare in faccia ai propri simili.
La negazione della volontà di vita si consolida col platonismo e trionfa col cristianesimo, imponendo il fittizio "mondo vero" e trascendente delle idee, della verità arbitraria degli uomini e di Dio. In un simile ambiente, l'ambiente perfetto per quelli che Nietzsche definisce il numeroso gregge dei deboli, coloro che aristocraticamente esaltano la forza, la sorridente gioia e il senso estetico ed artistico puro sono inevitabilmente isolati e spesso perseguitati.
Uno speciale e violento attacco il duro filosofo tedesco lo riserva proprio al cristianesimo, visto come "sistema della diffamazione e della mutilazione della vita" che ha santificato la sofferenza e avvelenato alla radice, colpevolizzandoli, tutti gli impulsi vitali.
Nietzsche sentiva che nella sua epoca (visse nella seconda metà del XIX secolo) i valori cresciuti nel lungo cammino di formazione della civiltà occidentale, gli stessi che negavano la parte "dionisiaca" dell'uomo, erano in realtà preda di un incontrollabile nichilismo.
Questo si manifestava soprattutto nel progressivo annientamento dei millenari sistemi di significati che reggevano la nostra esistenza, in una progressiva svalorizzazione delle antiche concezioni che culminò, per Nietzsche, nella famosa dichiarazione della "morte di Dio".
Ma il nichilismo non spaventa l'uomo nuovo, aristocratico dello spirito, trasfigurato dal superamento di ogni angoscia e scrupolo per la distruzione dei valori. Questo "superuomo" non è dunque il teorico della superiorità razziale o il conquistatore militare, ma colui che lotta affinché il destino del nichilismo si compia fino in fondo: solo così gli uomini nuovi riusciranno a liberare le forze affermative della vita godendo della pienezza dell'attimo"al di là del bene e del male", senza mirare ad un'ipotetica verità futura.

Altri autori


Se Stirner e Nietzsche furono la base filosofica sulla quale Novatore costruì il suo credo individualista, altri scrittori di narrativa confortarono il ribelle di Arcola nei momenti tristi della sua prima giovinezza.
Citiamo l'irlandese Oscar Wilde, con il suo umorismo tagliente, il suo spirito dandy e ribelle, il suo piacere per il gesto anticonformista ed offensivo nei confronti della morale comune.
Parliamo ad esempio del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen e dell'idea centrale, presente in molti suoi drammi, del dovere imprescindibile che ha l'individuo verso se stesso, il dovere di realizzarsi affermando la propria natura contro le convenzioni, il voler restituire all'uomo il senso critico e creativo della vita.

In una delle opere più importanti di Ibsen, "Una casa di bambola", illustra benissimo la contraddizione tra individuo e società. Descrivendo la crisi morale del personaggio di Nora, l'autore afferma come l'individuo, prima o poi, si trovi a dover difendere la propria autenticità contro il conformismo e l'ipocrisia sociale che tentano costantemente di corromperlo.


Concezione anarchica di Novatore
Abele Ferrari, innanzi tutto, proclamava e sperimentava ogni giorno nella pratica della vita quotidiana il rifiuto di ogni autorità. È noto come negli anni il concetto di anarchia sia stato interpretato in decine di modi diversi, spesso associandolo ad altre dottrine (capitalismo, comunismo, sindacalismo ecc) col risultato di rendere sempre più oscuro il primo e più genuino significato di questa parola così evocativa e radicale. Diremo quindi che l'anarchia deve essere considerata una scelta intima e personale dell'individuo o, volendo usare le parole di Novatore, "un modo speciale di sentire la vita". L'anarchico, prima di essere militante di un qualsivoglia movimento o il teorico di un fantomatico divenire sociale, è una persona che ha posto la propria libertà fisica e spirituale oltre ogni Stato, ogni sistema di governo, ogni convenzione, ogni religione e insomma qualsiasi imposizione percepita come proveniente dall'alto di una gerarchia, di un re, di un presidente, di una camera di deputati, di un generale, di un papa o di un prete. Parliamo di un'inequivocabile negazione dell'autorità costituita da uomini per interferire nella vita di altri uomini, spesso senza nemmeno chiedere loro il permesso. Queste affermazioni sono così naturali e basilari per l'anarchico puro che egli non si preoccupa nemmeno di farvi seguire astruse considerazioni e trattati socio-economici, a lui basta sapere soltanto che l'anarchia realizzata non sarà assenza di ordine ma solo assenza di capi.
Affermava Novatore:
"Noi dobbiamo tendere il nostro sforzo a tramutare la rivoluzione che si avanza in "delitto anarchico", per spingere l'umanità al di là dello Stato, al di là del socialismo.
Verso l'Anarchia".
Purtroppo queste idee, che puntualmente suscitano sconcerto nella maggioranza della gente e compassione nei militanti delle sinistre istituzionali, fanno sì che l'anarchico rimanga l'incarnazione lampante del più perfetto Don Chisciotte, del perenne contestatore e combattente arrabbiato col mondo, incapace di godere della vittoria elettorale di qualsiasi fazione o partito politico.
Sappiamo bene quanto Novatore se la sia presa non solo con borghesi e fascisti della prima ora, ma anche con i socialisti più o meno rivoluzionari che negli anni '10 del secolo scorso monopolizzavano ampie fasce del movimento operaio e contadino in lotta. Ciò che maggiormente impediva a Novatore di sposare la causa socialista era che lo scopo di quest'ultima era sì combattere lo Stato monarchico-parlamentare, ma solo per rimpiazzarlo, e i fatti dell'ottobre 1917 in Russia lo confermarono, con un altro sistema che per quanto meno autoritario ed ingiusto avrebbe sempre conservato una sua matrice burocratica, poliziesca, accentratrice e collettivista. Soprattutto quest'ultimo termine turbava Novatore, perchè celava la terribile colpa di voler soffocare in nome di un bene comune le preziose individualità degli spiriti più vivaci, artistici e spregiudicati.
Ed infatti, leggendo la sua opera "Verso il Nulla Creatore", scopriamo che Novatore in fondo approvava, ad esempio, l'abolizione della proprietà privata ma era sicuramente contrario alla massificazione del partito unico e della dittatura del proletariato:
"Bisogna che tutto ciò che si chiama "proprietà materiale", "proprietà privata", "proprietà esteriore" diventi per gli individui ciò che è il sole, la luce, il cielo, il mare, le stelle.
E ciò avverrà!

Avverà perchè noi - gli iconoclasti - la violenteremo!
Solo la ricchezza etica e spirituale è invulnerabile.
È vera proprietà dell'individuo. Il resto no!
Il resto è vulnerabile! E tutto ciò che è vulnerabile sarà vulnerato".
E ancora:
"Con Marx l'anima umana è discesa all'intestino".
Quindi, pur senza rifiutare ai socialisti la sua cooperazione attiva durante le agitazioni politiche e sindacali, il "nostro" ribelle affermò che anche un'ipotetica venuta della dittatura del proletariato in Italia lo avrebbe trovato sempre ai margini della società, pronto a negare i nuovi dogmi dei vincenti, se ritenuti ingiusti e lesivi delle sue sacre libertà personali. Niente e nessuno lo avrebbe mai convinto ad abbandonare il suo personale stile di vita che, come sappiamo, prevedeva anche l'esproprio, l'uso della forza ed il rifiuto del lavoro salariato.

 

Rispettate gli spiriti che vivono nell'Avvenire! Il nostro sguardo si fissa intensamente ai porti dell'Isola beata che si erge al di là del bene e al di là del male. E' là ove germinano i fiori verdi e sevaggi delle nostre più belle speranze!
E' là, verso quell'Isola, che volge ansiosamente la prora dorata della nostra Nave!
("Alla conquista di novelle aurore" da "Il libertario", 1917)

 

UOMO: Un sudicio impasto di schiavitù e di tirannia, di paura, di vanità e di ignoranza. La più grande offesa che si possa dare a un asino è quella di chiamarlo uomo.

 

UMANITA': Parola astratta con senso negativo, gonfia di forza e priva di vertià. Maschera oscena appiccicata sul viso turpe e laido di volgarissimi furbi per dominare il volgo grossolanamente sentimentale degli idioti e degli imbecilli.



SOLIDARIETA': E' il macabro altare sul quale i commedianti di ogni risma salgono a mettere in evidenza le loro qualità sacerdotali e a recitare abilmente la loro messa. E' qualche cosa che il beneficiario non paga mai meno del cento per cento in più della vergognosa umiliazione.

ORGANIZZAZIONE, CAMERE, SINDACATI: Chiese per impotenti. Monte di pietà per pidocchi e stracci. Molti vi sono affiliati per vivere parassitariamente alle spalle dei loro gonzi compagni tesserati. Parecchi per fare la spia. Qualcuno, i più sinceri e credenti( poveri ingeenui), per andarsene in galera ad espiare la vergognosa vigliaccheria di tutti. Il grosso della massa, per pagare, sbadigliare ed attendere.

 

SOCIALISMO: Disciplina, disciplina: Ubbidienza, ubbidienza: schiavitù ed ignoranza gravida di Autorità.

 

Io, anarchico individualista, non voglio e non posso sposare la causa del comunismo ateo, perchè non credo alla suprema elevazione delle folle e perciò nego la realizzazione dell'Anarchia intesa come forma sociale di convivenza umana.

Siate orgogliosi e fieri della vostra azione, perchè è solo dalla disobbedienza e dalla rivolta che nasce un fulgido raggio di bellezza umana. Salve a voi o anarchici del fato! Salve a voi o uomini fratelli! (da "Il Liberario)

Anarchico è colui che dopo una lunga, affannosa e disperata ricerca ha trovato sè stesso e si è posto, sdegnoso e superbo "sui margini della società" negando a qualsiasi il diritto di giudicarlo.
("I fiori selvaggi" da "Cronaca Libertaria, 1917)

 

Chi accetta una causa sociale, collettiva ed umana, non è nella pura Anarchia del libero istinto vergine e originale dell'antropocentrico inammissibile e negatore.

Ogni società che voi costruirete avrà i suoi margini e sui margini di ogni Società si aggireranno i vagabondi eroici e scapigliati, dai pensieri vergini e selvaggi che solo sanno vivere preparando sempre nuovo e formidabili esplosioni ribelli! Io sarò tra quelli!

 

L'anarchia è per me un mezzo per giungere alla realizzazione dell'individuo; e non l'individuo un mezzo per la realizzazione di quella. Se così fosse anche l'anarchia sarebbe un fantasma. Se i deboli SOGNANO l'anarchia per un fine sociale; i forti PRATICANO l'anarchia come un mezzo d'individuazione. (da "I canti del meriggio")

 

L'individualismo com'io lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine nè il Socialismo, nè il Comunismo, nè l'Umanità. L'individualismo ha per fine se stesso.

 

La vera libertà, un privilegio dei despoti che dominano e dei grandi ribelli che non sanno ubbidire. Ma gli uni e gli altri sono fuori dalla legge e dalla regola, sono fuori dalla mediocrità.

 

Noi lanceremo sui tetti della città addormentata la nostra pietra risvegliatrice ! Noi solitari...
Oh sì, Anche coloro che stanno placidamente avvolti nel manto di Morfeo noi risveglieremo!
Essi dovranno imparare a seguire noi che, piccolo pugno di audaci, balzammo in piedi con chiuso nel pugno il nostro grandioso destino e, sprezzanti di coloro che il letargico sonno ha già consegnato alla morte, trionfalmente marciamo verso le eccelse vette dove schiantano i fulmini della nostra spirituale tragedia e della nostra materiale epopea.

 

L'anarchico, oltre ad essere il più grande ribelle ha pure il vanto di essere un Re. Il Re di se stesso s'intende!

L'Anarchia è l'intimo mistero animatore delle incomprese unicità, forti perchè sole, nobili perchè hanno il coraggio della solitudine e dell'amore, aristocratiche perchè sprezzanti della volgarità, eroiche perchè contro tutti...

Anarchico è colui che si nega a tutte le cause per la gioia della propria vita irradiata dall'interiore intensità dello spirito. ("Al di sopra delle due anarchie" da "Vertice", 1921)

Io vivo un'anarchia emozionale che è negli spiriti liberi, nell'istinto dei grandi ribelli e nelle anime grandi e superiori.

 

L'Anarchia è negli spiriti liberi, nell'istinto dei grandi ribelli e nelle anime grandi e superiori.

 

La mia libertà e i miei diritti sono tanti quanto la mia capacità di potenza. Anche la felicità e la grandezza l'avrò solo in misura della mia forza!


Se è vero che l'anarchia è un irraggiungibile sogno di poeti, l'anarchico sarà un nobile e sublime "delinquente" per l'eternità.

 

 Io ho varcato le soglie del bene e del male per vivere intensamente la mia vita. Io vivo oggi e non posso aspettare il domani. L'attesa è dei popoli e della umanità, perciò non può essere affare mio. L'avvenire è la maschera della paura. Il coraggio e la forza non hanno avvenire per il semplice fatto che sono essi stessi l'avvenire che si rivolta sul passato e lo distrugge. ("L'espropriatore" da "Iconoclasta!", 1919)

 

Io appartengo alla razza più estrema dei vagabondi dello spirito: alla razza "maledetta" dell'inammissibile e degli insofferenti. Non amo nulla di ciò che è conosciuto, e anche gli amici sono quelli ignoti.
Mi sono liberato dalla schiavitù dell'amore per sentirmi libero nell'odio e nel disprezzo...
Io sogno! Sogno una grande e tremenda rivolta di tutti coloro che sono impalliditi nelle lunghe attese. Sogno il risveglio satanico di tutto ciò che vive incatenato... Deve essere bello accendere i roghi nella notte! Vedere i centauri della morte correre tutte le contrade del mondo cavalcati e spronati dai tragici eroi impalliditi nelle lunghe attese: Vedere gli spiriti della Rivolta e della Negazione ballare sovrani sul mondo! (da "I canti del Meriggio")

 

Io nella vita cerco la gioia dello spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi abbissi del male. (da "Vertice" 1921)

 

La mia anima è un tempio sacrilego, in cui le campane del peccato e del crimine voluttuose e perverse, risuonano di rivolta e disperazione.

 

Io sono un poeta strano e maledetto. Tutto ciò che è anormale e perverso esercita su di me un morboso fascino.
Il mio spirito, farfalla velenosa dalle sembianze divine, è attratto dei peccaminosi profumi che emanano i fiori del male. ("Una femmina" da "Il proletario", 1922)

 

Anche i rachitici intellettualoidi del tubercoloso conservatorismo liberale, come i malati di cronica sifilide democratica, fino agli eunuchi del socialismo ed agli anemici del comunismo, tutti parlano e posano ad Individualisti! Comprendo che non essendo l'Individualismo una scuola e tanto meno un partito non può essere "unico" ma è più vero ancora che gli Unici sono individualisti.. Ed io come unico balzo sul campo di battaglia, snudo la mia spada e difendo le mie intime idee di individualista estremo, di Unico indiscutibile...

Il mio non è un pensiero o una teoria, ma uno stato d'animo, un modo particolare di sentire. Quando sentirò il bisogno di mettere decisamente in libertà i miei Centauri e i miei furenti stalloni, sarà intorno a me un'orgia pazza d'amore e di sangue, perchè io sono, lo sento, ciò che gli abitanti delle paludi morali della società chiamano "delinquente comune".

Io sono un uomo sbagliato. Ma sono quel che sono, non importa cosa. E il gracidare di queste multicolori cornacchie altro non serve che a rallegrare la mia nobile e personale saggezza. Non udite, o scimmie apostoliche dell'umanità e del divenire sociale, qualche cosa che rimbomba al di sopra dei vostri fantasmi? Udite!, Udite! E' lo scrosciare saettante delle mie furibonde risate, che su nell'alto rimbomba!

 

 

Oggi cerco un'ora di furibonda anarchia e, per quell'ora darei tutti i miei sogni, tutti i miei amori, tutta la mia vita.

 

Ho per principio la Vita, e per fine la Morte. Voglio vivere intensamente la mia Vita per abbracciare tragicamente la mia Morte.

 DIO: Parto di fantasie malate. Abitatore di cervelli senili e impotenti. Compagno e confortatore di spiriti rancidi nati alla schiavitù. Cocaina per isterici. Pillola per menti stitiche chiuse al sapere. Marxismo per cuori rammolliti.

PATRIA: Ergastolo intellettuale per semi-intelligenti, stalla dell'imbecillità, Circe che tramuta in cani e porci i suoi adoratori. Bagascia dei suoi padroni e ruffiana dello straniero. Mangiatrice dei suoi figli, calunniatrice dei suoi padri e schermitrice dei suoi eroi.

FAMIGLIA: Rinnegazione dell'Amore, della Vita e della Libertà.

AMICIZIA: Fortunato colui che ha potuto bere a questo calice senza sentirsi lo spirito offeso e l'anima avvelenata.
Se uno di questi uomini esistesse lo pregherei caldamente a volermi inviare la sua fotografia. Sarei quasi certo di vedermi giungere la faccia di un idiota.

AMORE: Frode della carne a danno dello spirito. Malattia dell'anima, atrofizzazione del cervello, sdilingumento del cuore, corruzione dei sensi, menzogna poetica in cui mi ubbriaco due o tre volte al giorno, ferocemente, per poter consumare più presto questa mia cara e pur così stupida vita. E poi, in fondo, preferisco essere ucciso dall'Amore. E' l'unico farabutto, dopo Giuda, che sappia uccidere ancora con dei baci.

DONNA: La più brutale di tutte le bestie schiave. La più grande vittima che striscia sulla terra. Ma la più colpevole, dopo l'uomo e il cane, meritevole di tutti i suoi guai. sarei davvero curioso di sapere cosa pensano quando le bacio...

Ti amo di un insuperabile amore. Ahimè da superare, perchè ben altro ci vuole in questo sanguinoso crespuscolo di una civiltà che ha fatto il suo tempo, suonata com'è l'ora di di insorgere e non soltanto con qualche antipatico e teorico ripugnante belato d'agnelli. (alla sua compagna Di Chiara Emma Rolla *1898 - +1980)

 

Il materiale e’ tratto dal sito http://www.novatore.it/ dedicato alla vita di Renzo Novatore

 

VEDI ANCHE : http://www.novatore.it/Brani_scelti.htm

 

 

 

L'ESPROPRIAZIONE ANARCHICA

 

 

Dichiarazione di Alexandre Marius Jacob davanti ai giudici - 8 marzo 1905.

Signori,

adesso sapete chi sono: un ribelle che vive del ricavato dei suoi furti. Di più. Ho incendiato diversi alberghi e difeso la mia libertà contro l'aggressione degli agenti del potere. Ho messo a nudo tutta la mia esistenza di lotta e la sottometto come un problema alle vostre intelligenze. Non riconoscendo a nessuno il diritto di giudicarmi, non imploro né perdono né indulgenza. Non sollecito ciò che odio e che disprezzo. Siete i più forti, disponete di me come meglio credete. Ma prima di separarci, lasciatemi dire l'ultima parola...

Avete chiamato un uomo: ladro e bandito, applicate contro di lui i rigori della legge e vi domandate se poteva essere differentemente. Avete mai visto un ricco farsi rapinatore? Non ne ho mai conosciuti. Io, che non sono né ricco né proprietario, non avevo che queste braccia e un cervello per assicurare la mia conservazione, per cui ho dovuto comportarmi diversamente. La società non mi accordava che tre mezzi di esistenza: il lavoro, mendicità e il furto. Il lavoro, al contrario di ripugnarmi, mi piace. L'uomo non può fare a meno di lavorare: i suoi muscoli, il suo cervello, possiede un insieme di energie che deve smaltire. Ciò che mi ripugnava era di sudare sangue e acqua per un salario, cioè di creare ricchezze dalle quali sarei stato sfruttato. In una parola mi ripugnava di consegnarmi alla prostituzione del lavoro. La mendicità è l'avvilimento, la negazione di ogni dignità. Ogni uomo ha il diritto di godere della vita. "Il diritto a vivere non si mendica, si prende".

Il furto è la restituzione, la ripresa di possesso. Piuttosto di essere chiuso in un'officina come in una prigione, piuttosto di mendicare ciò a cui avevo diritto, ho preferito insorgere e combattere faccia a faccia i miei nemici, facendo la guerra ai ricchi e attaccando i loro beni. Comprendo che avreste preferito che fossi sottomesso alle vostre leggi, che operaio docile avessi creato ricchezze in cambio di un salario miserabile. E che, il corpo sfruttato e il cervello abbrutito, mi fossi lasciato crepare all'angolo di una strada. In quel caso non mi avreste chiamato "bandito cinico" ma "onesto operaio". Adulandomi mi avreste dato la medaglia al lavoro. I preti promettono un paradiso ai loro fedeli, voi siete meno astratti, promettete loro un pezzo di carta.

Vi ringrazio molto di tanta bontà, di tanta gratitudine. Signori! Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti che un automa, una cariatide.

Dal momento in cui ebbi possesso della mia coscienza mi sono dato al furto senza alcuno scrupolo. Non accetto la vostra pretesa morale che impone il rispetto della proprietà come una virtù, quando i peggiori ladri sono i proprietari stessi.

Ritenetevi fortunati che questo pregiudizio ha preso forza nel popolo, in quanto è proprio esso il vostro miglior gendarme. Conoscendo l'impotenza della legge, o per meglio dire, della forza, ne avete fatto il più solido dei vostri protettori. Ma state accorti, ogni cosa finisce. Tutto ciò che è costruito dalla forza e dall'astuzia, l'astuzia e la forza possono demolirlo.

Il popolo si evolve continuamente. Istruiti in queste verità, coscienti dei loro diritti, tutti i morti di fame, in una parola tutte le vostre vittime, si armeranno di un "piede di porco" assalendo le vostre case per riprendere le ricchezze che hanno creato e che voi avete rubato. Riflettendo bene, preferiranno correre ogni rischio invece di ingrassarvi gemendo nella miseria. La prigione... i lavori forzati, la prigione... non sono prospettive troppo paurose di fronte ad un'intera vita di abbruttimento, piena di ogni tipo di sofferenze. Il ragazzo che lotta per un pezzo di pane nelle viscere della terra senza mai vedere brillare il sole, può morire da un momento all'altro vittima di un'esplosione di grisou. Il lavoratore che lavora sui tetti, può cadere e ridursi in briciole. Il marinaio conosce il giorno della sua partenza, ignora quando farà ritorno. Numerosi altri operai contraggono malattie fatali nell'esercizio del loro mestiere, si sfibrano, s'avvelenano, s'uccidono nel creare tutto per voi. Fino ai gendarmi, ai poliziotti, alle guardie del corpo, trovano spesso la morte nella lotta ai vostri nemici.

Chiusi nel vostro egoismo, restate scettici davanti a questa visione, non è vero? Il popolo ha paura, voi dite. Noi lo governiamo con il terrore della repressione; se grida, lo gettiamo in prigione; se brontola, lo deportiamo, se si agita lo ghigliottiniamo. Cattivo calcolo, Signori credetemi. Le pene che infliggete non sono un rimedio contro gli atti della rivolta. La repressione invece di essere un rimedio, un palliativo, non fa altro che aggravare il male.

Le misure coercitive non possono che seminare l'odio e la vendetta. È un ciclo fatale. Del resto, fin da quando avete cominciato a tagliare teste, a popolare le prigioni e i penitenziari, avete forse impedito all'odio di manifestarsi? Rispondete! I fatti dimostrano la vostra impotenza. Per quanto mi riguarda sapevo esattamente che la mia condotta non poteva avere altra conclusione che il penitenziario o la ghigliottina, eppure, come vedete, non è questo che mi ha impedito di agire. Se mi sono dato al furto non è per guadagno o per amore del denaro, ma per una questione di principio, di diritto. Preferisco conservare la mia libertà, la mia indipendenza, la mia dignità di uomo, invece di farmi l'artefice della fortuna del mio padrone. In termini più crudi, senza eufemismi, preferisco essere ladro che essere derubato.

Certo anch'io condanno il fatto che un uomo s'impadronisca violentemente e con l'astuzia del frutto dell'altrui lavoro. Ma è proprio per questo che ho fatto la guerra ai ricchi, ladri dei beni dei poveri. Anch'io sarei felice di vivere in una società dove ogni furto fosse impossibile. Non approvo il furto, e l'ho impiegato soltanto come mezzo di rivolta per combattere il più iniquo di tutti i furti: la proprietà individuale.

Per eliminare un effetto, bisogna, preventivamente, distruggere la causa. Se esiste il furto è perché "tutto" appartiene solamente a "qualcuno". La lotta scomparirà solo quando gli uomini metteranno in comune gioie e pene, lavori e ricchezze, quando tutto apparterrà a tutti.

Anarchico rivoluzionario, ho fatto la mia rivoluzione, L'anarchia verrà! "

 

 

Dichiarazione di Alexandre Marius Jacob davanti ai giudici - 8 marzo 1905.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dante sicuramente non amava l’indugio e credeva principalmente nell’ "Azione" come mezzo di lotta

 

 

…………Una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa.

…………quel gigante dell'azione che fu Dante Carnesecchi

…………L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima.

…………una piena sicurezza in se' , ed una risolutezza tacita quanto irreducibile.

 

……egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ;

 

 

sembra riferirsi anche a lui il Novatore quando dice :

Io so, noi sappiamo, che cento UOMINI - degni di questo nome - potrebbero fare quello che cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Biografia di Dante Carnesecchi ( bozza )

"Una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa."

 

Di Dante Carnesecchi sembra non esista alcuna busta nel Casellario Politico centrale , e sembra non esistere piu' neppure la scheda anagrafica nel Comune di Vezzano Ligure ( !? )

 

 

 

Ricostruire la vita di un anarchico non e' certo semplice come chiunque puo' capire : bisogna saper interpretare i sussuri e le mezze verita , bisogna adattare gli occhi alla penombra e cercare di vedere cose che non possono vedersi in piena luce.

Le azioni di un anarchico sono azioni destinate a rimanere nascoste , e subiscono la reticenza degli stessi compagni che ne sono a conoscenza

Spesso si puo' solo leggere tra le righe

Spesso si puo' solo cercare d'immaginare

La complessa personalita' di Dante Carnesecchi ( in particolare : la sua estrema riservatezza ) inoltre , rende le cose ancora piu' difficili

"l'orrenda quanto lividamente lirica morte del Carnesecchi" ( come la definisce incisivamente Massimo Novelli ) spinge poi a focalizzare e a limitare l'attenzione su l'ultimo atto e a trascurare le sue azioni e le sue scelte che , nel contesto dei moti operai del 1919 e 1920 a La Spezia , ebbero un notevole peso .

 

 

 

 

 

 

Per cercare di definire meglio le sue " AZIONI " e nel tentativo di decifrare la personalita' di Dante Carnesecchi mi sono servito spesso di brani estratti dall' articolo dell' 11 maggio 1929 ( che riportero' nella sua interezza solo alla fine del racconto ) a firma Auro d'Arcola ( Tintino Persio Rasi )

 11 maggio 1929. L'Adunata dei Refrattari (The Call of Refractaires) : I nostri caduti : Dante Carnesecchi

con l'intento appunto di leggere tra le righe del raro materiale documentario .

 

 

 

 

ANNO 1710

I CARNESECCHI A CRESPINA

 

I Carnesecchi sono toscani . Intorno al 1710 giungevano a Crespina ( PISA ) , due fratelli : Antonio e Francesco di Michelangelo Carnesecchi

Francesco ebbe 4 figli maschi Michele , Giuseppe , Lorenzo ed Innocenzio

Probabilmente avevano avuto tempi migliori ma ora erano ridotti a lavorare come mezzadri . E cosi da poveri vissero i loro figli

Lungamente , questi Carnesecchi sperimentarono la miseria .

 

 

ANNI 1850--1890

 

I CARNESECCHI A LA SPEZIA

Erano , come detto , a Lorenzana e a Collesalvetti poveri contadini e la ricerca di un lavoro migliore spinse molti di loro distanti dai posti dove erano nati

Biagio era bottegaio forse a Livorno , a 32 anni si sposo una prima volta con Maria Antonia De Vincenzi come risulta dall'estrato comunale di matrimonio il 4 febbraio 1856

matrimonio 4/02/1856

Carnesecchi Biagio

bottegaio

di anni 32

celibe

popolo San Giuseppe

padre Fu Antonio

madre Rosa Ferrini

De Vincenzi Maria Antonia

Corallaia

di anni 20

nubile

padre Fu Giovanni

madre Luisa Ruffini

testimoni : Antonio Navi , Gaspero Cavallini

Successivamente Biagio Giuseppe Carnesecchi lascio' Lorenzana e non so dove se ne ando’

Probabilmente sua moglie mori e si risposo' una seconda volta

successivamente se ne venne a Vezzano Ligure

Piu’ tardi vennero a La Spezia i suoi cugini Malachia e Pio .

Biagio Giuseppe era figlio di Antonio di Innocenzio ; Malachia e Pio erano figli di Giovanni di Angiolo

Malachia detto Nello era mio nonno.

Biagio Giuseppe , partito povero da Lorenzana ora risulta abbastanza ben fornito di denari poiche’ compera dal Santuario di Molinello diverse case a Vezzano Ligure basso ed anche molti terreni sulla collina . Biagio si dimostra intelligente e avveduto , in una delle case ricava una trattoria che gestisce insieme alla prima moglie di nome Giuditta.Nella trattoria affluiscono operai e maestranze che lavorano per costruire la vicina galleria ferroviaria.

Biagio Giuseppe era quindi un piccolo possidente e doveva essere un abile commerciante ( oltre alla trattoria aveva anche un altro negozio )

Del matrimonio con Giuditta so molto poco se non che fu senza figli

Lavorante nella trattoria e’ Fontana Lucia una povera ragazza del luogo proveniente dall’ Appennino reggiano

Alla morte di Giuditta Biagio Giuseppe sposa ( probabilmente e' il terzo matrimonio ) la sua lavorante

Biagio Giuseppe era gia' assai avanti con gli anni ( era nato a Lorenzana il 2 febbraio 1824 ) ; Lucia Fontana molto piu' giovane di lui (era nata a Sologno il 18 aprile 1862 ) :

nel 1892 ebbe da Lucia il loro primo figlio : Dante 

 

 

 

12 marzo 1892

 

 

Nel registro degli atti di nascita di Vezzano Ligure (SP ) al num 46 dell'anno 1892 risulta :

Essere nato Carnesecchi Dante , Fortunato , Guido in data 12 marzo 1892 da Carnesecchi Biagio Giuseppe di anni 68 e da Fontana Lucia di anni 29 

 

Quindi non e' nativo di Arcola ( SP ) bensi di Vezzano Ligure ( SP)

 

Nella parrocchia di Santa Maria Assunta a Vezzano Basso si conserva il suo atto di nascita,

 

Questo atto di nascita contiene diversi errori : il cognome e' scritto in modo sbagliato 2 volte , e cosi il paese di nascita della madre . La cosa mi ha fatto pensare che il padre fosse poco conosciuto dal parroco

 

 

 

 

 

Di suo padre come detto era nato a Lorenzana ( PISA) il 2 febbraio 1824

Esiste l'atto di morte ( atto num 81 ) in cui e' registrato che Biagio Giuseppe Carnesecchi figlio di Antonio muore a Vezzano il 14 novembre 1901 all'eta di 78 anni

Biagio Giuseppe era alle seconde nozze ( atto dei morti parrocchia di Vezzano basso ) da cui risulta anche che era nato a Lorenzana ( PI )

 

Sua madre Fontana Lucia ( colpisce la forte differenza di eta' col marito ) risulta l'esser nata il 18 aprile 1862 : Fontana Lucia di Giovanni Fontana e di Belli Maria nativa di Villanuzzo (si legge male ma dovrebbe essere invece Villa Minozzo ) (RE), risulta poi esser morta a Vezzano Ligure lo 02 luglio 1942

Nell'atto dei nati , nella parrocchia di Vezzano basso , relativo a Dante , Biagio Giuseppe che denuncia a parroco la nascita di Dante alle nove antemeridiane dichiarera' esser sua moglie nativa di Sologno che e' un paese confinante con Villa Minozzo nell'Appennino reggiano

 

 Suo padre Biagio Giuseppe figlio di Antonio di Innocenzio nato a Lorenzana (PI) il 2 febbraio 1824 , aveva 68 anni quando Dante nel 1892 nacque , la madre Fontana Lucia , originaria di Villa Minozzo nell'Appennino reggiano ne aveva 29 .

Ebbero altre due figlie Isolina ( nata il 12 dicembre 1894 ) e Livia Enrichetta ( nata il 19 maggio 1901 e morta per malattia il 30 agosto 1923 . In realta’ si chiamava Lidia : Livia e’ un errore anagrafico )

Biagio Giuseppe mori il 14 novembre 1901 , quando Dante aveva 9 anni

 

Lo zio Azeglio che comparira' nel racconto non e' un Carnesecchi infatti Biagio Giuseppe aveva un solo fratello : Natale

Probabilmente e’ un fratello della madre e doveva essere un cocchiere del conte Piceli .

I Fontana forse abitavano nel comune di Arcola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una curiosita' nel 1892 emigra in Brasile certo Dante Carnesecchi di cui non conosco altro che il nome , probabilmente fiorentino ( vedi spogli dr Gravano sul sito ) 

 

 

 

 

 

Anni 1890 e 1893

 

Si costituisce il Partito dei Lavoratori sotto la guida di Filippo Turati, di vaga ispirazione marxista e con l'intenzione di organizzare politicamente le classi più povere e sfruttate. Contadini e operai italiani si trovano, in questo periodo, indietro di parecchie lunghezze rispetto agli standard salariali dei loro equivalenti di Francia, Inghilterra e Germania (per fare qualche esempio). All'interno del partito trovano spazio innumerevoli correnti (da quella riformista parlamentare a quella rivoluzionaria passando per quella anarchica) e nel 1893 il nome cambia ufficialmente in Partito Socialista Italiano. Il partito raccoglie da subito grandi consensi nelle masse cosiddette proletarie, impotenti di fronte alla repressione selvaggia e alle disposizioni antisindacali del governo presieduto da Francesco Crispi che, dal canto suo, cercherà di ostacolare in ogni modo il PSI e l'operato dei suoi membri.

 

 Nascono quelli che saranno suoi amici e compagni di militanza

Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) nasce il 12 maggio 1890 ad Arcola , Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola ) nasce anche lui ad Arcola il 15 settembre 1893 ,

Tutti e tre sono circa della stessa eta' e abitano nella stessa zona ( i confini di Arcola e Vezzano Ligure si toccano ) , non e' quindi da escludere fossero legati da amicizia sin dall'infanzia .

Nel 1919 come vedremo Renzo Novatore disertore e come tale ricercato si nascondera' presso Dante Carnesecchi

 

 

Abele Ricieri Ferrari (Renzo Novatore) nasce 12 maggio del 1890 ad Arcola, un piccolo comune sulla riva destra del fiume Magra, a pochi chilomentri da La Spezia.
Figlio di un contadino di mezzadria, fin da tenera età preferisce i libri alla zappa, ma la sua formazione culturale è fortemente autodidatta. I suoi autori preferiti tra gli altri sono l'irlandese Oscar Wilde, il norvegese Henrik Ibsen, oltre che a Baudelaire e Nietzche, dei quali fu lettore accanito, conservando però sempre un forte spirito critico e autonomo che ne caratterizzerà il futuro carattere di anarchico individualista. Il tempo e la cancellazione di gran parte dei suoi scritti durante il ventennio fascista, rendono la ricostruzione della sua vita tumultuosa, un'impresa complessa.

 

 

 

 

L'ambiente di Arcola pullulava, in quei primi anni del XX secolo, di anarchici , individui anticlericali, nemici giurati dello Stato e delle sue gerarchie, ostili ad essere incorporati anche in quel Partito Socialista che da un decennio si faceva portavoce delle istanze del proletariato italiano.

 

 

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Dante Carnesecchi e' personaggio di rilievo nel movimento anarchico spezzino: uomo audacissimo, il più temibile sovversivo di un gruppo, di cui fanno parte Pasquale Binazzi , Abele Rìcieri Ferrari ("Renzo Novatore ") e Tintino Persio Rasi ("Auro d'Arcola ") .

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Anno 1894

 

Nel tentativo si sedare la rivolta dei cavatori di marmo in Lunigiana, appoggiata dai numerosi anarchici attivi nella zona, il presidente del Consiglio Crispi dichiara lo stato d'assedio e fa emanare le cosiddette "tre leggi antianarchiche" di stampo dittatoriale, molto più severe di quelle emanate in seguito dal fascismo.

 

Dante ha due anni , il 12 dicembre nasce Isolina la prima delle sue tre sorelle

 

 

Anno 1898


A Milano, durante una grande manifestazione di protesta contro i continui rincari sul prezzo del pane, il generale Fiorenzo Bava Beccaris, che ha l'ordine di porre fine ai tumulti, ordina di fare fuoco con i cannoni sulla folla provocando ottanta morti. Il generale sarà in seguito decorato dal re per l'omicida fermezza dimostrata in quell'occasione.

 

 

 

Anno 1900


A Monza, il 29 luglio l'anarchico Gaetano Bresci uccide con tre colpi di pistola il re Umberto I, ritenuto simbolo dell'ingiustizia e massimo complice delle numerose repressioni statali a danno del popolo.

 

 

Anno 1901

 

Il 1901e' un anno molto importante nella vita di Dante : immagino che la sua vita sia molto cambiata in questo anno

ha compiuto nove anni

il 19 maggio gli nasce la seconda sorella Livia Enrichetta

il 14 novembre 1901 gli muore il padre che aveva gia' 77 anni

a nove anni si trova ad essere l'unico uomo in casa

 

Ho una copia del testamento di Giuseppe in data 27 ottobre 1901 , poco prima di morire

alcune cose

E' redatto in localita' Termo d'Arcola Comune di Vezzano Ligure nella casa di Carnesecchi Giuseppe segnata di numero comunale ottantanove

La figlia piu giovane in realta' si chiamava Lidia non Livia come da anagrafe

Non compare alcun Carnesecchi come testimone ( 4 testimoni Lucchini Baldassare di Spezia ( proprietario ), Biassoli Pietro di Arcola ( proprietario ) ,Caste' Giuseppe del Termo ( operaio ) ,Fazzi Natale di Vezzano ( muratore ) )

Dichiara di non sapere scrivere ( ???)

 

 

Nel 1901 Dante compie nove anni . Il 1901 e' un anno determinante nella vita di Dante : il 19 maggio gli nasce la seconda sorella Lidia Enrichetta ; il 14 novembre 1901 gli muore il padre che aveva gia' 77 anni

A nove anni si trova quindi ad essere orfano di padre e unico uomo in casa

Suo padre Giuseppe fa testamento in data 27 ottobre 1901 , poco prima di morire

 

 

 

 

Il testamento e' redatto in localita' Termo d'Arcola Comune di Vezzano Ligure nella casa di Carnesecchi Giuseppe segnata di numero comunale ottantanove .

Il notaio e' Edoardo Magri di residenza in Arcola inscritto presso il consiglio notarile di Sarzana

Non compare tra i testimoni alcun altro Carnesecchi , i 4 testimoni erano Lucchini Baldassare di Spezia ( proprietario ), Biassoli Pietro di Arcola ( proprietario ) , Caste' Giuseppe del Termo ( operaio ) , Fazzi Natale di Vezzano ( muratore ) .

Giuseppe dichiara di non sapere scrivere ( ??? ma forse voleva semplicemente dire di essere impossibilitato )

La figlia piu giovane in realta' si chiamava Lidia non Livia come da anagrafe

.......................................................................

Lascio meta' delle mie sostanze in proprieta' a mio figlio Dante.

Concorreranno a ricevere la quota legittima tanto il suddetto mio figlio Dante , quanto le mie figlie Isolina e Lidia

Lascio l'usufrutto della meta' delle mie sostanze , lasciate in proprieta' come sopra ho detto a mio figlio Dante , alla mia carissima moglie Fontana Lucia fu Giovanni , durante la di lei vita.

Questa e' la mia volonta' .

Questo testamento non viene sottoscritto dal testatore avendo dichiarato di non sapere.

.......................................................................

Biagio Giuseppe dunque nel morire lascia la famiglia e Dante in particolare in discrete condizioni finanziarie .

Dante , per quei tempi , era un piccolo possidente……………...( dira' Auro : Egli , a cui pur non difettavano i mezzi , . . )

 

 

Anno 1903

 

Lucia ha poco dopo la morte del marito una figlia Silvia , che cresce in famiglia in realta' quindi Dante cresce con tre sorelle

 

Inizia le sue pubblicazioni a La Spezia il giornale anarchico " Il libertario "

Il giornale avra' una fortuna incredibile e si diffondera' in tutta Italia ( principalmente in Liguria,Toscana, Emilia, Romagna, Sicilia, e anche all'estero ( In modo particolare Svizzera e Stati Uniti ). Anche se l'area di sua specifica diffusione e' l'area compresa tra tra Lunigiana e Genovesato (Genova resta ai margini di tale area essendo centro di altra stampa anarchica )

" l'impegno informativo , presente sul giornale con rubriche fisse di corrispondenza dalle altre citta' italiane e straniere , l'impegno teorico, presente con rubriche di analisi e di discussione ideologica , l'impegno politico , presente con articoli in cui si commenta la situazione generale, ne fanno uno dei fogli piu' vivi dell'anarchismo italiano

Vi collaborano alcune delle maggiori personalita' dell'anarchismo italiano ed internazionale (Kropotkin , Gori , Molinari , D'Angio' , Mazzoni . Leda Rafanelli , Maria Rygier ,Galleani, Guglielmo Boldrini , Riccardo Saccone , Amedeo Boschi, Alberto Meschi ed altri che spesso firmano i loro articoli con degli pseudonimi.

Direttori ne sono Pasquale Binazzi e la sua compagna di vita e di lotta Zelmira Peroni , militanti anarchici profondamente legati alla classe operaia ligure (Binazzi era egli stesso operaio ) , di rara moralita' e coscienza rivoluzionarie ,

Pasquale Binazzi ( La Spezia 12 06 1873--La Spezia 05 03 1944 )

Zelmira Peroni (Aulla 19 07 1865---La Spezia 24 12 1936 )

 

Notizia tratta da Andrea Bellotto op. cit.

 

Nel 1903 Dante ha 11 anni

Si comincia a comporre il puzzle della vita di Dante

Nato e residente a Vezzano bassa in pratica la dove La Spezia , Vezzano , Arcola si incontrano . Una zona allora circondata di boschi e di anfratti i luoghi ideali per sviluppare lo spirito d'avventura dei ragazzi

Amici quali Abele Ferrari , Tintino rasi che fra poco rappresenteranno tutto un pezzo di cultura anarco-individualista

Una forte presenza anarchica tra gli adulti della zona di Arcola. Una stampa anarchica efficace

E' pensabile che gia' dai primi anni dell'adolescenza iniziasse ad ispirarsi alla cultura anarchica

 

 

 

 

 

 

Anno 1904


Il governo presieduto di Giovanni Giolitti si dichiara disposto ad elargire concessioni e a collaborare attivamente con socialisti e sindacalisti organizzati e moderati, nel tentativo di creare un clima di dialogo ed armonia fra le parti sociali.
Il 16 settembre si svolge il primo sciopero generale della storia italiana. Coordinato dalle varie Camere del Lavoro presenti sul territorio, l'agitazione è l'esasperata risposta della gente ai ripetuti eccidi di lavoratori (242 morti in tre anni) perpetrati dai regi carabinieri durante scioperi e manifestazioni. Tra gli episodi più gravi sicuramente i fatti di Buggerru, Sardegna, dove il 4 settembre le pallottole statali lasciarono sul terreno tre minatori e numerosi feriti.
Lo sciopero generale si svolge senza grossi incidenti anche per l'ordine di Giolitti di non provocare o caricare i manifestanti. Lo sciopero perde lo slancio dei primi giorni anche per la profonda disorganizzazione delle varie Camere del Lavoro, e così le agitazioni cessano il 21 settembre senza aver ottenuto nessun sostanziale risultato.

 

 

Anno 1906


29 settembre. A Milano nasce la CGdL (Confederazione Generale del Lavoro). La Confederazione riunisce tutte le Organizzazioni di Mestiere e le Camere del Lavoro preesistenti sul territorio nazionale. Lo scopo dichiarato è quello di formare un fronte compatto dei lavoratori, che agisca a livello nazionale in modo organizzato e capillare nell'interesse di tutti. L'impronta generale è comunque di stampo riformista che preferisce il dialogo tra le varie parti sociali, anche se l'ala rivoluzionaria rimane attiva e numerosa ma sostanzialmente isolata.
La CGdL, forte di un apparato direttivo accentrato e burocratico, si assume da quel momento l'organizzazione e la direzione degli scioperi e delle vertenze sindacali, stabilendo in più un rapporto speciale col PSI che, se da un lato si impegna a farsi portavoce in Parlamento delle istanze sindacali, dall'altro si riserva l'ultima parola sull'effettiva valenza politica che avranno tutti i futuri scioperi.
A livello locale, nelle Camere del Lavoro, rimanevano ugualmente elementi anarchici o comunque favorevoli all'intransigenza rivoluzionaria e ad una concezione di sciopero "alla Sorel".

 

 

 

 

Anno 1907


 

1907

L'ala sindacalista rivoluzionaria si separa dal partito socialista

Negando la forma partitica accusata di essersi corrotta nella pratica riformista e propugnando l'uso dello sciopero generale come mezzo per spezzare la struttura politico economica italiana

Il partito socialista rimane rappresentato dall'ala riformista

 

 

 

Anno 1909 : Futurismo

 

 

 

 

IL FUTURISMO

 

 

Il Futurismo nasce in un periodo (inizio Novecento) di grande fase evolutiva dove tutto il mondo dell'arte e della cultura era stimolato da moltissimi fattori determinanti: le guerre, la trasformazione sociale dei popoli, i grandi cambiamenti politici, e le nuove scoperte tecnologiche e di comunicazione come il telegrafo senza fili, la radio, aeroplani e le prime cineprese; tutti fattori che arrivarono a cambiare completamente la percezione delle distanze e del tempo, "avvicinando" fra loro i continenti. Il XX secolo era quindi invaso da un nuovo vento, che portava all'interno dell'essere umano una nuova realtà: la velocità. Le catene di montaggio abbattevano i tempi di produzione, le automobili aumentavano ogni giorno, le strade iniziarono a riempirsi di luce artificiale, si avvertiva questa nuova sensazione di futuro e velocità sia nel tempo impiegato per produrre o arrivare ad una destinazione, sia nei nuovi spazi che potevano essere percorsi, sia nelle nuove possibilità di comunicazione. Questo movimento nacque inizialmente in Italia, successivamente si diffuse in tutta Europa.

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Nel Manifesto del Futurismo (1909), pubblicato inizialmente in vari giornali italiani, la Gazzetta dell'Emilia di Bologna, la Gazzetta di Mantova, L'Arena di Verona e poi sul quotidiano francese Le Figaro il 20 febbraio 1909, Marinetti espone i principi-base del movimento. Poco tempo dopo a Milano nel febbraio 1910 i pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini e Luigi Russolo, firmano il Manifesto dei pittori futuristi e nell'aprile dello stesso anno il Manifesto tecnico della pittura futurista[1]. Nei manifesti si esalta la tecnica e si dichiara una fiducia illimitata nel progresso, si decreta la fine delle vecchie ideologie (bollate con l'etichetta di "passatismo", tra cui figura anche il Parsifal di Wagner, che a partire dal 1914 comincia ed essere rappresentato nei teatri d'Europa). Si esaltano inoltre il dinamismo, la velocità, l'industria e la guerra che viene intesa come "igiene dei popoli".

 

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" Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell'umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi,noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro "

 

 

È normale che il Futurismo, nascendo in un'epoca decadente, abbia avuto tantissime contraddizioni. All'immobilismo scolastico e accademico ereditato dalle "tre corone" della poesia decadente (Carducci, Pascoli e D'Annunzio) i futuristi oppongono la dinamicità, il distruttivismo e, all'armonia e alla raffinatezza, contrappongono il disordine delle parole.

Secondo i futuristi, questi poeti devono essere completamente rinnegati perché incarnano esattamente i quattro ingredienti intellettuali che il Futurismo vuole abolire:

la poesia morbosa e nostalgica;

il sentimento romantico;

l'ossessione della lussuria;

la passione per il passato.

In contraddizione con il Futurismo è stata anche la corrente crepuscolare.

Infatti, il crepuscolarismo, nonostante condivida con il Futurismo l'idea di interartisticità, ha però una concezione della vita completamente diversa:

i futuristi inneggiano alle innovazioni, i crepuscolari sono avversi a una modernità che aliena l'individuo; i futuristi sono prepotenti, dinamici, chiassosi, i crepuscolari assumono toni dimessi, pacifici e malinconici; i futuristi esaltano il caos e le attività delle grandi città, i crepuscolari amano l'intimità, le "piccole cose di pessimo gusto", gli affetti familiari e una vita tranquilla; i futuristi sono sempre protesi verso un "domani" esaltante, i crepuscolari guardano al passato e alle piccole cose quotidiane.

Nelle arti figurative invece si presenta il confronto con le altre avanguardie, Cubismo, Astrattismo, Dada, Surrealismo, Metafisica, ognuna delle quali caratterizzata da propri temi e propri linguaggi espressivi. L'opera futurista è in evidente contrasto per alcuni temi con molte delle altre avanguardie sebbene condividano tutte l'intuizione di trasmettere attraverso l'arte un impulso di trasformazione della società e di rinnovamento.

 

 

 

MANIFESTO DEL FUTURISMO

Quando il testo fu pubblicato su Le Figaro il Manifesto raggiunse una fama internazionale. Nacque come reazione alla cultura borghese dell'Ottocento, compreso il decadentismo dannunziano.

 

 

 

Avevamo vegliato tutta la notte - i miei amici ed io - sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perchè come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture.

Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poichè ci sentivamo soli, in quell’ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all’esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che s’agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d’ali, lungo i muri della città.

Sussultammo ad un tratto, all’udire il rumore formidabile degli enormi tramvai a due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori, come i villaggi in festa che il Po straripato squassa e sràdica d’improvviso, per trascinarli fino al mare, sulle cascate e attraverso i gorghi di un diluvio.

Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l’estenuato borbottìo di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell’ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre gli automobili famelici.

Andiamo, diss’io; andiamo, amici! Partiamo! Finalmente, la mitologia e l’ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!.... Bisognerà scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!.... Partiamo! Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v’è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole che schermeggia per la prima volta nelle nostre tenebre millenarie!...

Ci avvicinammo alle tre belve sbuffanti, per palparne amorosamente i torridi petti. Io mi stesi sulla mia macchina come un cadavere nella bara, ma subito risuscitai sotto il volante, lama di ghigliottina che minacciava il mio stomaco.

La furente scopa della pazzia ci strappò a noi stessi e ci cacciò attraverso le vie, scoscese e profonde come letti di torrenti. Qua e là una lampada malata, dietro i vetri d’una finestra, c’insegnava a disprezzare la fallace matematica dei nostri occhi perituri.

Io gridai: Il fiuto, il fiuto solo, basta alle belve!

E noi, come giovani leoni, inseguivamo la Morte, dal pelame nero maculato di pallide croci, che correva via pel vasto cielo violaceo, vivo e palpitante.

Eppure non avevamo un’Amante ideale che ergesse fino alle nuvole la sua sublime figura, nè una Regina crudele a cui offrire le nostre salme, contorte a guisa di anelli bisantini! Nulla, per voler morire, se non il desiderio di liberarci finalmente dal nostro coraggio troppo pesante!

E noi correvamo schiacciando su le soglie delle case i cani da guardia che si arrotondavano, sotto i nostri pneumatici scottanti, come solini sotto il ferro da stirare. La Morte, addomesticata, mi sorpassava ad ogni svolto, per porgermi la zampa con grazia, e a quando a quando si stendeva a terra con un rumore di mascelle stridenti, mandandomi, da ogni pozzanghera, sguardi vellutati e carezzevoli. usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati d’orgoglio entro la bocca immensa e tôrta del vento!... Diamoci in pasto all’Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell’Assurdo!

Avevo appena pronunziate queste parole, quando girai bruscamente su me stesso, con la stessa ebrietà folle dei cani che voglion mordersi la coda, ed ecco ad un tratto venirmi incontro due ciclisti, che mi diedero torto, titubando davanti a me come due ragionamenti, entrambi persuasivi e nondimeno contradittorii. Il loro stupido dilemma discuteva sul mio terreno.... Che noia! Auff!... Tagliai corto, e, pel disgusto, mi scaraventai colle ruote all’aria in un fossato....

Oh! materno fossato, quasi pieno di un’acqua fangosa! Bel fossato d’officina! Io gustai avidamente la tua melma fortificante, che mi ricordò la santa mammella nera della mia nutrice sudanese.... Quando mi sollevai - cencio sozzo e puzzolente - di sotto la macchina capovolta, io mi sentii attraversare il cuore, deliziosamente, dal ferro arroventato della gioia!

Una folla di pescatori armati di lenza e di naturalisti podagrosi tumultuava già intorno al prodigio. Con cura paziente e meticolosa, quella gente dispose alte armature ed enormi reti di ferro per pescare il mio automobile, simile ad un gran pescecane arenato. La macchina emerse lentamente dal fosso, abbandonando nel fondo, come squame, la sua pesante carrozzeria di buon senso e le sue morbide imbottiture di comodità.

Credevano che fosse morto, il mio bel pescecane, ma una mia carezza bastò a rianimarlo, ed eccolo risuscitato, eccolo in corsa, di nuovo, sulle sue pinne possenti!

Allora, col volto coperto della buona melma delle officine - impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti - noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra:

 

Manifesto del futurismo.

1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo.... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!.. Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poichè abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aereoplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

 


È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il "Futurismo", perchè vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologhi, di ciceroni e d’antiquarii.

 

 

Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.

Musei: cimiteri!... Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono. Musei: dormitorî pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che vanno trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo le pareti contese!

Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all’anno, come si va al Camposanto nel giorno dei morti.... ve lo concedo. Che una volta all’anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo.... Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perchè volersi avvelenare? Perchè volere imputridire?

E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell’artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al desiderio di esprimere interamente il suo sogno?... Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un’urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.

Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?

In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni crocifissi, registri di slanci troncati!...) è, per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl’infermi, pei prigionieri, sia pure: -l’ammirabile passato è forse un balsamo ai loro mali, poichè per essi l’avvenire è sbarrato.... Ma noi non vogliamo più saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi!

E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!... Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!... Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!... Oh, la gioia di veder galleggiare alla deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... Impugnate i picconi, le scuri, i martelli e demolite, demolite senza pietà le città venerate!


I più anziani fra noi, hanno trent’anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l’opera nostra. Quando avremo quarant’anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. - Noi lo desideriamo!

Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle biblioteche.

Ma noi non saremo là.... Essi ci troveranno alfine -una notte d’inverno- in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani trepidanti e nell’atto di scaldarci le mani al fuocherello meschino che daranno i nostri libri d’oggi fiammeggiando sotto il volo delle nostre immagini.

Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti, esasperati dal nostro superbo, instancabile ardire, si avventeranno per ucciderci, spinti da un’odio tanto più implacabile inquantochè i loro cuori saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi.

La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. -L’arte, infatti, non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia.

I più anziani fra noi hanno trent’anni: eppure, noi abbiamo già sperperati tesori, mille tesori di forza, di amore, d’audacia, d’astuzia e di rude volontà; li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai esitare, senza riposarci mai, a perdifiato.... Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poichè sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!... Ve ne stupite?... È logico, poichè voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!

Ci opponete delle obiezioni?... Basta! Basta! Le conosciamo.... Abbiamo capito!... La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. - Forse!... Sia pure!.... Ma che importa? Non vogliamo intendere!... Guai a chi ci ripeterà queste parole infami !..

Alzate la testa!...

Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!...

 

Filippo Tommaso Marinetti

LE FIGARO 20 febbraio 1909

 

Uccidiamo il Chiaro di Luna!

Aprile 1909.

1.

Olà! grandi poeti incendiarî, fratelli miei futuristi!.... Olà! Paolo Buzzi, Palazzeschi, Cavacchioli, Govoni, Altomare, Folgore, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini, Pratella, D’Alba, Mazza! Usciamo da Paralisi, devastiamo Podagra e stendiamo il gran Binario militare sui fianchi del Gorisankar, vetta del mondo!

Uscivamo tutti dalla città, con un passo agile e preciso, che sembrava volesse danzare cercando ovunque ostacoli da superare. Intorno a noi, e nei nostri cuori, l’immensa ebrietà del vecchio sole europeo, che barcollava tra nuvole color di vino.... Quel sole ci sbattè sulla faccia la sua gran torcia di porpora incandescente, poi crepò, vomitandosi tutto all’infinito.

Turbini di polvere aggressiva; acciecante fusione di zolfo, di potassa e di silicati per le vetrate dell’Ideale!... Fusione d’un nuovo globo solare che presto vedremo risplendere!

-Vigliacchi! gridai, voltandomi verso gli abitanti di Paralisi, ammucchiati sotto di noi, massa enorme di obici irritati, già pronti per i nostri futuri cannoni.

"Vigliacchi! Vigliacchi!... Perchè queste vostre strida di gatti scorticati vivi?... Temete forse che appicchiamo il fuoco alle vostre catapecchie?... Non ancora!... Dovremo pur scaldarci nell’inverno prossimo!... Per ora, ci accontentiamo di far saltare in aria tutte le tradizioni, come ponti fradici!... La guerra?... Ebbene, sì: essa è la nostra unica speranza, la nostra ragione di vivere, la nostra sola volontà!... Sì, la guerra! Contro di voi, che morite troppo lentamente, e contro tutti i morti che ingombrano le nostre strade!...

"Sì, i nostri nervi esigono la guerra e disprezzano la donna, poichè noi temiamo che braccia supplici s’intreccino alle nostre ginocchia, la mattina della partenza!... Che mai pretendono le donne, i sedentarî, gl’invalidi, gli ammalati, e tutti i consiglieri prudenti? Alla loro vita vacillante, rotta da lugubri agonie, da sonni tremebondi e da incubi grevi, noi preferiamo la morte violenta e la glorifichiamo come la sola che sia degna dell’uomo, animale da preda.

"Vogliamo che i nostri figliuoli, seguano allegramente il loro capriccio, avversino brutalmente i vecchi e sbeffeggino tutto ciò che è consacrato dal tempo!

"Questo v’indigna? Mi fischiate?... Alzate la voce!... Non ho udita l’ingiuria! Più forte! Che cosa? Ambiziosi?... Certamente! Siamo degli ambiziosi, noi, perchè non vogliamo strofinarci ai vostri fetidi velli, o gregge puzzolente, color di fango, canalizzato nelle strade antiche della Terra!... Ma "ambiziosi" non è la parola esatta! Noi siamo piuttosto dei giovani artiglieri in baldoria!... E voi dovete, anche a vostro dispetto, abituarvi al frastuono dei nostri cannoni! Che cosa dite?... Siamo pazzi?... Evviva! Ecco finalmente la parola che aspettavo!... Ah! Ah! Bellissima trovata!... Prendete con cautela questa parola d’oro massiccio, e tornatevene presto in processione, per celarla nella più gelosa delle vostre cantine! Con quella parola fra le dita e sulle labbra, potrete vivere ancora venti secoli.... Per conto mio, vi annuncio che il mondo è fradicio di saggezza!...

"È perciò che noi oggi insegnarne l’eroismo metodico e quotidiano, il gusto della disperazione, per la quale il cuore dà tutto il suo rendimento, l’abitudine all’entusiasmo, l’abbandono alla vertigine....

"Noi insegnamo il tuffo nella morte tenebrosa sotto gli occhi bianchi e fissi dell’Ideale.... E noi stessi daremo l’esempio, abbandonandoci alla furibonda Sarta delle battaglie, che, dopo averci cucita addosso una bella divisa scarlatta, sgargiante al sole, ungerà di fiamme i nostri capelli spazzolati dai proiettili.... Così appunto la calura di una sera estiva spalma i campi d’uno scivolante fulgòre di lucciole.

"Bisogna che gli uomini elettrizzino ogni giorno i loro nervi ad un orgoglio temerario!.... Bisogna che gli uomini giuochino d’un tratto la loro vita, senza spiare i biscazzieri bari e senza controllare l’equilibrio delle roulettes, stando chini sui vasti tappeti verdi della guerra, covati dalla fortunosa lampada del sole. Bisogna, - capite? -bisogna che l’anima lanci il corpo in fiamme, come un brulotto, contro il nemico, l’eterno nemico che si dovrebbe inventare se non esistesse!....

"Guardate laggiù, quelle spiche di grano, allineate in battaglia, a milioni.... Quelle spiche, agili soldati dalle baionette aguzze, glorificano la forza del pane, che si trasforma in sangue, per sprizzar dritto, fino allo Zenit. Il sangue sappiatelo, non ha valore nè splendore, se non liberato, col ferro o col fuoco, dalla prigione delle arterie! E noi insegneremo a tutti i soldati armati della terra come il sangue debba essere versato.... Ma, prima, converrà ripulire la grande Caserma dove voi pullulate, insetti che siete!... Ci vorrà poco.... Frattanto, cimici, potete ancora tornare, per questa sera, agl’immondi giacigli tradizionali, su cui noi non vogliamo più dormire!"

Mentre volgevo loro le spalle, io sentii, dal dolore della mia schiena, che troppo a lungo avevo trascinato, nella rete immensa e nera della mia parola, quel popolo moribondo, coi suoi ridicoli guizzi di pesce ammucchiato sotto l’ultima ondata di luce che la sera spingeva alle scogliere della mia fronte.

2.

La città di Paralisi, col suo gridìo di pollaio, coi suoi orgogli impotenti di colonne troncate, con le sue cupole tronfie che partoriscono statuette meschine, col capriccio dei suoi fumi di sigaretta sopra bastioni puerili offerti ai buffetti.... scomparve alle nostre spalle, danzando al ritmo dei nostri passi veloci.

Davanti a me, ancora distante alcuni chilometri, si delineò ad un tratto il Manicomio, alto sulla groppa di una collina elegante, che sembrava trotterellare come un puledro.

- Fratelli, - diss’io - riposiamoci per l’ultima volta, prima di muovere alla costruzione del gran Binario futurista!

Ci coricammo, tutti fasciati dall’immensa follia della Via Lattea, all’ombra del Palazzo dei vivi, e subito tacque il fracasso dei grandi martelli quadrati dello spazio e del tempo.... Ma Paolo Buzzi, non poteva dormire, poichè il suo corpo spossato sussultava ad ogni istante alle punture delle stelle velenose che ci assalivano da ogni parte.

- Fratello! – mormorò - scaccia lontano da me codeste api che ronzano sulla rosa porporina della mia volontà!

Poi si riaddormentò nell’ombra visionaria del Palazzo ricolmo di fantasia, da cui saliva la melopea cullante ed ampia della eterna gioia.

Enrico Cavacchioli sonnecchiava e sognava ad alta voce:

- Io sento ringiovanire il mio corpo ventenne!... Io ritorno, d’un passo sempre più infantile, verso la mia culla.... Presto, rientrerò nel ventre di mia madre!... Tutto, dunque, mi è lecito!... Voglio preziosi gingilli da rompere.... città da schiacciare, formicai umani da sconvolgere!... Voglio addomesticare i Venti e tenerli a guinzaglio.... Voglio una muta di venti, fluidi levrieri, per dar la caccia ai cirri flosci e barbuti.

La respirazione dei miei fratelli dormenti fingeva il sonno di un mare possente, su una spiaggia. Ma l’entusiasmo inesauribile dell’aurora traboccava già dalle montagne, tanto copiosamente la notte aveva dovunque versato profumi e linfe eroiche. Paolo Buzzi, bruscamente sollevato da quella marea di delirio, si contorse, come nell’angoscia di un incubo.

- Li udite i singhiozzi della terra?... La Terra agonizza nell’orrore della luce!... Troppi soli si chinarono al suo livido capezzale! Bisogna lasciarla dormire!... Ancora! Sempre!.. Datemi delle nuvole, dei mucchi di nuvole, per coprire i suoi occhi e la sua bocca che piange!

A queste parole il Sole ci porse dall’estremità dell’orizzonte, il suo tremulo e rosso volante di fuoco.

- Alzati, Paolo! - gridai allora. - Afferra quella ruota!... Io ti proclamo guidatore del mondo!... Ma, ahimè, noi non potremo bastare al gran lavoro del Binario futurista! Il nostro cuore è ancora pieno di un ciarpame immondo: code di pavoni, pomposi galli di banderuole, leziosi fazzoletti profumati!... E non abbiamo ancora scacciate dal nostro cervello le lugubri formiche della saggezza.... Ci vogliono dei pazzi!... Andiamo a liberarli!

Ci avvicinammo alle mura imbevute di gioia solare, costeggiando una sinistra vallata, ove trenta gru metalliche sollevano stridendo, dei vagoncini pieni d’una biancheria fumigante, inutile bucato di quei Puri, lavati già da ogni sozzura di logica.

Due alienisti comparvero, categorici, sulla soglia del Palazzo. Io non avevo fra le mani che uno smagliante fanale d’automobile; e fu col suo manico di lucido ottone che inculcai loro la morte.

Dalle porte spalancate, pazzi e pazze scamiciati, seminudi, eruppero a migliaia, torrenzialmente, così da ringiovanire e ricolorare il volto rugoso della Terra.

Alcuni vollero subito brandire, come bastoni d’avorio, i campanili lucenti; altri si misero a giuocare al cerchio con delle cupole.... Le donne pettinavano le loro lontane capigliature di nuvole con le acute punte di una costellazione.

- O pazzi, o fratelli nostri amatissimi, seguitemi!... Noi costruiremo il Binario sulle cime di tutte le montagne, fino al mare! Quanti siete?... Tremila?... Non basta! D’altronde la noia e la monotonia troncheranno in breve il vostro bello slancio.... Corriamo a domandar consiglio alle belve dei serragli accampati alle porte della Capitale. Sono gli esseri più vivi, i più sradicati, i meno vegetali! Avanti!... A Podagra! A Podagra!...

E partimmo, scarica formidabile di una chiusa immane.

L’esercito della follia si avventò di pianura in pianura, colò per le valli, ascese rapido alle cime, con lo slancio fatale e facile d’un liquido entro enormi vasi comunicanti, e infine mitragliò di grida, di fronti e di pugni le mura di Podagra che risuonò come una campana.

Dopo avere ubbriacati, uccisi o calpestati i guardiani, la gesticolante marea inondò l’immenso corridoio melmoso del serraglio, le cui gabbie, piene di velli danzanti ondeggiavano nel vapore delle urine selvatiche e oscillavano più leggiere che gabbie di canarini fra le braccia dei pazzi.

Il regno dei leoni ringiovanì la Capitale. La ribellione delle criniere e il voluminoso sforzo delle groppe inarcate a leva scolpivano le facciate. La loro forza di torrente, scavando il selciato, trasformò le vie in altrettanti tunnel dalle vôlte scoppiate. Tutta la tisica vegetazione degli abitanti di Podagra fu infornata nelle case, le quali, piene di rami urlanti, tremavano sotto la impetuosa grandinata di sgomento che crivellava i tetti.

Con bruschi slanci e con lazzi da clowns, i pazzi inforcavano i bei leoni indifferenti, che non li sentivano, e quei bizzarri cavalieri esultavano ai tranquilli colpi di coda che ad ogni istante li gettavano a terra.... Ad un tratto, le belve si arrestarono, i pazzi tacquero, davanti alle mura che non si muovevano più....

- I vecchi son morti!.... I giovani sono fuggiti!.... Meglio così!... Presto! Siano divelti i parafulmini e le statue!... Saccheggiamo gli scrigni colmi d’oro!... Verghe e monete!... Tutti i metalli preziosi saranno fusi, pel gran Binario militare!...

Ci precipitammo fuori, coi pazzi gesticolanti e le pazze scarmigliate, coi leoni, le tigri e le pantere cavalcate a nudo da cavalieri che l’ebbrezza irrigidiva contorceva ed esilarava freneticamente.

Podagra non fu più che un immenso tino, pieno di un rosso vino dai gorghi spumosi, che colava veemente dalle porte, i cui ponti levatoi erano imbuti trepidanti e sonori....

Attraversammo le rovine dell’Europa ed entrammo nell’Asia, sparpagliando lontano le orde terrorizzate di Podagra e di Paralisi, come i seminatori gettano la semente con un gran gesto circolare.

3.

A notte piena, eravamo quasi in cielo, su l’altipiano persiano, sublime altare del mondo, i cui gradini smisurati portano popolose città. Allineati all’infinito lungo il Binario ansavamo su crogiuoli di barite, di alluminio e di manganese, che a quando a quando spaventavano le nuvole con la loro esplosione abbagliante; e ci sorvegliava, in cerchio, la maestosa ronda dei leoni che, erette le code, sparse al vento le criniere, foravano il cielo nero e profondo coi loro ruggiti tondi e bianchi.

Ma, a poco a poco, il lucente e caldo sorriso della luna traboccò dalle nuvole squarciate. E, quando ella apparve infine, tutta grondante dell’inebriante latte delle acacie, i pazzi sentirono il loro cuore staccarsi dal petto e salire verso la superficie della liquida notte.

Ad un tratto, un grido altissimo lacerò l’aria; un rumore si propagò, tutti accorsero... Era un pazzo giovanissimo, dagli occhi di vergine, rimasto fulminato sul Binario.

Il suo cadavere fu subito sollevato. Egli teneva fra le mani un fiore bianco e desioso, il cui pistillo s’agitava come una lingua di donna. Alcuni vollero toccarlo, e fu male, poichè rapidamente, con la facilità di un’aurora che si propaga sul mare, una verdura singhiozzante sorse per prodigio dalla terra increspata di onde inattese.

Dal fluttuare azzurro delle praterie, emergevano vaporose chiome d’innumerevoli nuotatrici, che schiudevano sospirando i petali delle loro bocche e dei loro occhi umidi. Allora, nell’inebbriante diluvio dei profumi, vedemmo crescere distesamente intorno a noi una favolosa foresta, i cui fogliami arcuati sembravano spossati da una brezza troppo lenta. Vi ondeggiava una tenerezza amara.... Gli usignuoli bevevano l’ombra odorosa con lunghi gorgoglii di piacere, e a quando a quando scoppiavano a ridere nei cantucci giocando a rimpiattino come fanciulli vispi e maliziosi. Un sonno soavissimo vinceva lentamente l’esercito dei pazzi, che si misero a urlare dal terrore.

Irruenti, le belve si precipitarono a soccorrerli. Per tre volte, stretti in gomitoli balzanti, e con assalti uncinati di rabbia esplosiva, le tigri caricarono gli invisibili fantasmi di cui ribolliva la profondità di quella foresta di delizie.... Finalmente, fu aperto un varco: enorme convulsione di fogliami feriti, i cui lunghi gemiti svegliarono i lontani echi loquaci appiattati nella montagna. Ma, mentre ci accanivamo, tutti, a liberar le nostre gambe e le nostre braccia dalle ultime liane affettuose, sentimmo a un tratto la Luna carnale, la Luna dalle belle coscie calde, abbandonarsi languidamente sulle nostre schiene affrante.

Si udì gridare nella solitudine aerea degli altipiani:

- Uccidiamo il chiaro di Luna!

Alcuni accorsero alle cascate vicine; gigantesche ruote furono inalzate, e le turbine trasformarono la velocità delle acque in magnetici spasimi che s’arrampicarono a dei fili, su per alti pali, fino a dei globi luminosi e ronzanti.

Fu così che trecento lune elettriche cancellarono coi loro raggi di gesso abbagliante l’antica regina verde degli amori.

E il Binario militare fu costruito. Binario stravagante che seguiva la catena delle montagne più alte e sul quale si slanciarono tosto le nostre veementi locomotive impennacchiate di grida acute, via da una cima all’altra, gettandosi in tutti i precipizi e arrampicandosi dovunque, in cerca di abissi affamati, di svolti assurdi e d’impossibili zig-zag.... Tutt’intorno, da lontano, l’odio illimitato segnava il nostro orizzonte irto di fuggiaschi.... Erano le orde di Podagra e di Paralisi, che noi rovesciammo nell’Indostan.

4.

Accanito inseguimento.... Ecco scavalcato il Gange! Finalmente il soffio impetuoso dei nostri petti fugò davanti a noi le nuvole striscianti, dagli avvolgimenti ostili, e noi scorgemmo all’orizzonte i sussulti verdastri dell’Oceano Indiano, a cui il sole metteva una fantastica museruola d’oro.... Sdraiato nei golfi di Oman e del Bengala, esso preparava perfidamente l’invasione delle terre.

All’estremità del promontorio di Cormorin, orlato di una poltiglia di ossami biancastri, ecco l’Asino colossale e scarno la cui groppa di cartapecora grigiastra fu incavata dal peso delizioso della Luna.... Ecco l’Asino dotto, dal membro prolisso rammendato di scritture, che raglia da tempo immemorabile il suo rancore asmatico contro le brume dell’orizzonte, dove tre grandi vascelli s’avanzano immobili, con le loro velature simili a colonne vertebrali radiografate.

Subito, l’immensa mandra delle belve cavalcate dai pazzi protese sui flutti musi innumerevoli, sotto il turbinìo delle criniere che chiamavano l’Oceano alla riscossa. E l’Oceano rispose all’appello, inarcando un dorso enorme e squassando i promontorî prima di prender lo slancio. Esso provò lungamente la propria forza, agitando le anche e ripiegando il ventre sonoro fra le sue vaste fondamenta elastiche. Poi, con un gran colpo di reni, l’Oceano potè sollevare la propria massa e sormontò la linea angolosa delle rive.... Allora, la formidabile invasione cominciò.

Noi marciavamo nell’ampio accerchiamento delle onde scalpitanti, grandi globi di schiuma bianca che rotolavano e crollavano, docciando le schiene dei leoni.... Questi, allineati in semicerchio intorno a noi, prolungavamo da ogni parte le zanne, la bava sibilante e gli urli delle acque. Talvolta, dall’alto delle colline, guardavamo l’Oceano gonfiare progressivamente il suo profilo mostruoso, come un’immensa balena che si spingesse innanzi su un milione di pinne. E fummo noi che lo guidammo così fino alla catena dell’Imalaia, aprendo, come un ventaglio, il formicolìo delle orde in fuga che volevamo schiacciare contro i fianchi del Gorisankar.

- Affrettiamoci, fratelli miei!.... Volete dunque che le belve ci sorpassino? Noi dobbiamo rimanere in prima fila malgrado i nostri lenti passi che pompano i succhi della terra.... Al diavolo queste mani vischiose e questi piedi che trascinano radici!... Oh! noi non siamo che poveri alberi vagabondi! Vogliamo delle ali!.... Facciamoci dunque degli aeroplani.

- Saranno azzurri! gridarono i pazzi - azzurri, per sottrarci meglio agli sguardi del nemico, e per confonderci con l’azzurro del cielo, che, quando c’è vento, garrisce sulle vette come un’immensa bandiera.

E i pazzi rapirono mantelli turchini alla gloria dei Budda, nelle antiche pagode, per costruire le loro macchine volanti.

Noi ritagliammo i nostri aeroplani futuristi nella tela color d’ocra dei velieri. Alcuni avevano ali equilibranti e portando i loro motori, s’inalzavano come avoltoi insanguinati che sollevassero in cielo vitelli convulsi.

Ecco: il mio biplano multicellulare a coda diret[21]tiva: 100 HP, 8 cilindri, 80 chilogrammi.... Ho fra i piedi una minuscola mitragliatrice, che posso scaricare premendo un bottone d’acciaio....

E si parte, nell’ebbrezza di un’agile evoluzione, con un volo vivace, crepitante, leggiero e cadenzato come un canto d’invito a bere e a ballare.

- Urrà! Siam degni finalmente di comandare il grande esercito dei pazzi e delle belve scatenate!... Urrà! Noi dominiamo la nostra retroguardia: l’Oceano col suo avviluppamento di schiumanti cavallerie!... Avanti, pazzi, pazze, leoni, tigri, e pantere! Avanti, squadroni di flutti!... I nostri aeroplani saranno per voi, a volta a volta, bandiere di guerra e amanti appassionate! Deliziose amanti che nuotano, aperte le braccia, sull’ondeggiar dei fogliami, o che indugiano mollemente sull’altalena della brezza!... Ma guardate lassù, a destra, quelle spole azzurre.... Sono i pazzi, che cullano i loro monoplani sull’amaca del vento del sud!.... Io intanto, sto seduto come un tessitore davanti al telaio e vo tessendo l’azzurro serico del cielo!.... Oh! quante fresche vallate, quanti monti burberi, sotto di noi!... Quanti greggi di pecore rosee, sparsi sui declivi delle verdi colline che si offrono al tramonto!.... Tu le amavi, anima mia!... No! No! Basta! Tu non godrai più, mai più, di simili insipidezze!... Le canne colle quali un tempo facevamo delle zampogne formano l’armatura di questo aeroplano!... Nostalgia! Ebbrezza trionfale!... Presto avremo raggiunti gli abitanti di Podagra e di Paralisi, poichè voliamo rapidi ad onta delle raffiche avverse.... Che dice l’anemometro?... Il vento che ci è contrario ha una velocità di cento chilometri all’ora!... Che importa? Io salgo a duemila metri, per sorpassare l’altipiano.... Ecco! Ecco le orde!... Là, là, davanti a noi, e già sotto ai nostri piedi!... Guardate, laggiù, a picco, fra gli ammassi di verdura, la tumultuante follia di quel torrente umano che s’accanisce a fuggire!... Questo fracasso?... È lo schianto degli alberi! Ah! Ah! Le orde nemiche sono ormai cacciate contro l’alta muraglia del Gorisankar!... E noi diamo loro battaglia!.... Udite? Udite i nostri motori come applaudono?... Olà, grande Oceano Indiano, alla riscossa!"

L’Oceano ci seguiva solennemente, atterrando le mura delle città venerate e gettando di sella le torri illustri, vecchi cavalieri dall’armatura sonora, crollati giù dagli arcioni marmorei dei templi.

- Finalmente! Finalmente! Eccoti dunque davanti a noi, gran popolo formicolante di Podagrosi e di Paralitici, lebbra schifosa che divora i bei fianchi della montagna... Noi voliamo rapidi contro di voi, fiancheggiati dal galoppo dei leoni, nostri fratelli, e abbiamo alle spalle l’amicizia minacciosa dell’Oceano, che ci segue da vicino per impedire che s’indietreggi!... È soltanto una precauzione, poichè non vi temiamo!... Ma voi siete innumerevoli!.... E potremmo esaurire le nostre munizioni, invecchiando durante la carneficina!... Io regolerò il tiro!... L’alzo a ottocento metri! Attenti!... Fuoco!... Oh! l’ebbrezza di giocare alle biglie della Morte!... E voi non potrete carpircele!... Indietreggiate ancora? Questo altipiano sarà presto superato!... Il mio aeroplano corre sulle sue ruote, scivola sui pattini e s’alza a volo di nuovo!... Io vado contro il vento!.... Bravissimi, i pazzi!... Continuate il massacro!.... Guardate! Io tolgo l’accensione e calo giù tranquillamente, a volo librato, con magnifica stabilità, per toccar terra dove più ferve la mischia!

"Ecco la furibonda còpula della battaglia, vulva gigantesca irritata dalla foia del coraggio, vulva informe che si squarcia per offrirsi meglio al terrifico spasimo della vittoria imminente! È nostra, la vittoria.... ne sono sicuro, poichè i pazzi lanciano già al cielo i loro cuori, come bombe!...: L’alzo a cento metri!... Attenti!... Fuoco!... Il nostro sangue?... Sì! Tutto il nostro sangue, a fiotti, per ricolorare le aurore ammalate della Terra!... Sì, noi sapremo riscaldarti fra le nostre braccia fumanti, o misero Sole, decrepito e freddoloso, che tremi sulla cima del Gorisankar!.."

 

 

IMPORTANZA DEL FUTURISMO NEL PENSIERO E NELLA POLITICA

 

 

Il futurismo avra' implicazioni profondissime nel pensiero di destra e di sinistra

 L'anarchismo esaltera' alcuni elementi di anarchismo presenti nel futurismo e la carica rivoluzionaria del futurismo

 

 

 

 

 

Il futurismo anarchico

In attesa di leggere con ApARTe una sintesi sul movimento che nella sua prima espressione attirò l'attenzione e coinvolse un discreto numero di anarchici e libertari, e per sgombrare il campo da molti equivoci che ancora ruotano attorno al Futurismo, mi preme, ancorché stringatamente, tratteggiare l'effettiva qualità e adesione a tale movimento, onde evitare facili equazioni.
Il Futurismo nasce nel 1909, prima quindi della Guerra Mondiale e molto lontano dal fascismo nel quale forzosamente sarà condotto. All'inizio del Novecento il movimento anarchico, accoglieva numerosi nietzschiani e stirneriani che sentirono attrazione, ricambiata, verso il Futurismo.
Probabilmente la lotta al passatismo (…), l'impatto eversore, l'amore per la violenza, il disgusto per il parlamentarismo, inducono i futuristi a cercare convergenze con l'anarchismo (Masini), ed il pensiero di Nietzsche e Stirner facilitò l'incontro ormai noto come anarco-futurismo. L'adesione anarchica al futurismo fu caratterizzata dal rifiuto del marinettismo, mentre Marinetti cercava contatti proprio in campo anarchico. Ad esempio, nel processo a carico di Governato ('24), esprime solidarietà come aveva già fatto verso Malatesta ('20), a nome di tutti i futuristi.
In precedenza, prima della Guerra, e come è ampiamente noto, fin dal Manifesto di fondazione, la specifica richiesta di contatti e rapporti con l'anarchismo viene praticata abbondantemente (Lucini, Carrà, Buzzi, Ceccardi), e poesia, pittura, letteratura, verso libero, legano persone a luoghi e testate. Il collante maggiore, al di là delle diverse metodiche espressive (poesia, pittura ecc.), continua ad essere costituito dalle correnti filosofiche individualiste.
La nascita del cosiddetto anarco-individualismo, si ha nel periodo in cui esce "Vir" (1907) e interessa ampi strati di intellettuali che civetteranno con esso, primo fra tutti Giovanni Papini. Il fermento pre-futurista semina nel biennio che precede la fondazione ufficiale e raccoglie i frutti fra '09 e '23.
Boccioni, pervaso da fermenti anarchici è il continuatore dell'opera simbolista di Munch e divisionista di Pellizza Da Volpedo così come il simbolismo di Marinetti del Roi Bombance fa breccia nell'ambiente socialista e anarchico.
Carrà, anarchico e futurista, illustrerà una quantità di testate di movimento. Da la "Sciarpa Nera" a "La Rivolta" a "La Barricata" ed altre. Incontri fra anarchici e futuristi avvengono su "Vir" (Monanni, S. Benelli, Papini), "Poesia" (Lucini, Buzzi), "La Folla" (Valera, Papini, Prezzolini, Provinciali, Corridoni), "Quartiere Latino" (Ugo Tommei, Lucini), "Apua Giovane" (Ceccardi e, attraverso il Manifesto apuano: Viani, Papini, Lucini), "La Donna Libertaria" (Giglioli). Poesia sociale anarco-futurista è ben visibile in Buzzi, Cavacchioli, Cardile.

Per far chiarezza e puntualizzare posizioni, sarà determinante il manifesto Anarchia e Futurismo pubblicato su "La Barricata" (Carrà, Rafanelli) di Parma del 1912, da parte di Provinciali. "La Barricata", sarà lo strumento attraverso il quale si determinerà lo specifico significato del futurismo anarchico, sia attraverso il citato manifesto, sia in maniera militante, fra il folto gruppo di universitari futuristi di sinistra del parmense, mentre "Demolizione" (Milano,1910) del discusso Dinale, costituisce un altro tassello di questo mosaico (Marinetti, Buzzi, Lucini, Belli). Notizie, attenzione e disponibilità verso gli anarco-futuristi, si hanno anche su "Rovente" di Illari e Soggetti a Pavia e su "La Testa di Ferro" di Mario Carli a Fiume (Novatore e Tintino Rasi), mentre "La Tempra" di Pistoia, già nella 'Dichiarazione', esprime l'interesse per il futurismo militante. Tratta quindi di Papini, Russolo, Magri, Lucini, Tommei, Buzzi. Anche Attilio Vella, pittore, coniuga futurismo e anarchismo così come l'anarchico Cesare Cavanna, sarà amato tipografo futurista.
L'eversione linguistica sarà altro elemento comune, la parola che si fa azione come in Bellezza e necessità della violenza di Marinetti, non a caso verrà introdotta nella Parma di Provinciali e degli studenti di sinistra del locale Circolo Libertario di Studi Sociali nel 1911. Buzzi, Cavacchioli, Cangiullo, usano tale strumento con Il canto dei reclusi (Buzzi), 7 Scaricatori di carbone (Cavacchioli) e Monumento alla fiamma (Cangiullo). Stessi temi e tecniche su "La Folla", "Il Proletario Anarchico", "Iconoclasta!", "Fede", "Vita", "Il Proletario", "Vertice" ecc.
E' talmente evidente il rapporto diretto fra futurismo e anarchismo, che gli storici devono aver sudato molte camicie per occultarlo per così tanti decenni. Ricordiamo, per terminare, che Marinetti, nella prefazione a Revolverate di Lucini, riconosce in lui l'inventore del verso libero.
Insomma futuristi e anarchici davvero molto spesso insieme! Notevoli sono le sperimentazioni in tipografia e sui testi teatrali da parte di Virgilio Gozzoli con una serie di numeri unici creati a Pistoia dal 1911 al 1915. Così come Parole in libertà, e tavole parolibere, oltreché in alcune testate di Gozzoli, si trovano in Buzzi su "L'Italia Futurista" ed in Cantarelli e Jannelli su "La Folgore Futurista".
La presa di distanze da Marinetti e dai suoi programmi politici aumenta nel dopoguerra, quando, come nel caso di Pietro Illari e Vinicio Paladini, si insorgerà contro il Programma Politico del 1923. Da Lucini a Paladini, quindi, gran parte della sinistra libertaria prende le distanze dal futurismo ufficiale, mentre altri, come il gruppo di La Spezia (Ferrari, Rasi, Governato) e Provinciali, percorreranno un futurismo spesso parallelo, ma senza collusioni con Marinetti né tantomeno col fascismo. Il futurismo nasce anarchico, libero, creatore. Quando muterà pelle, gli anarchici lo abbandoneranno.

Alberto Ciampi

articolo comparso sul settimanale anarchico "Umanità Nova"

http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2009/un06/art5694.html

 

 

 

 

Anno 1910

 

In un'Italia dove la percentuale di analfabeti è del 48,6% i comizi itineranti diffondono le idee politiche e sindacali, mentre le riviste anarchiche e futuriste sono il primo veicolo delle idee più sovversive in campo politico ed artistico. Tommaso Marinetti ha da poco pubblicato il suo "Manifesto Futurista" per l'esaltazione degli elementi primordiali, della bellezza della lotta audace. Tutti elementi che, sebbene trasportati in una visione libertaria e quindi opposta alle teorie di Marinetti e D'Annunzio, non mancheranno negli scritti novatoriani degli anni successivi.

 

 

 

 

 

 

15-16 maggio 1910

 

Un episodio in cui le cronache non nominano Dante 

 

Nel 1910 , la notte tra il 15 e il maggio, un incendio distruggeva la chiesa della Madonna degli Angeli ad Arcola. Il mattino seguente il cardinale Pietro Maffi di Pisa avrebbe dovuto celebrare proprio là

una importante cerimonia religiosa.
Le indagini dei carabinieri portarono presto all'identificazione di un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i quali anche Abele Ferrari . Mentre Pasquale Binazzi, figura instancabile dell'anarchismo

italiano, denunciava sulle pagine del suo giornale Il Libertario un presunto complotto clericale volto a scatenare una repressione generalizzata, Abele era tradotto nel carcere di Sarzana

Il processo che seguì i fatti dell'incendio alla chiesa vide poi il Ricieri Ferrari scagionato per mancanza di prove .

(devo cercare se tra i giovani accusati del fatto ci fosse anche Dante : ma non credo perche' il Carnesecchi non mi pare compaia nelle cronache dei giornali )

 

LIBERTARIO 19 maggio 1910

Chiesa incendiata ad Arcola

In questo vicino paese vi e' molta irritazione causa parecchi arresti fatti di socialisti imputati di avere incendiata la chiesa chiamata degli Angeli.

Fra clericali e anticlericali vi e' da tempo un serio astio , provocato dalla intolleranza e dalla spavalderia dei clericali, i quali si permisero di spezzare una targhetta portante il nome di Francisco Ferrer

Domenica il deputato Fiamberti , anticlericale , massone , mangia preti , dono' una corona d'oro per incoronare la madonna di cartapesta che si trova nella suddetta chiesa , e tale cerimonia venne preparata con ostentata pompa e coll'intervento del del cardinale Maffi e di vari vescovi.

Nella notte di domenica persone che sono rimaste ignote tentarono d'incendiare la chiesa guardata a vista da molti agenti e carabinieri , i quali accorsero a spegnere l'incendio appena scorsero il fumo che usciva dalle finestre .

I danni causati dicono che ascendono a circa diecimila lire.

Questo fatto ha resi furibondi i clericali , i quali vorrebbero che venisssero colpiti tutti gli anticlericali piu' in vista e la questura , tanto per contentarli , ha proceduto all'arresto di vari socialisti senza avere pero' le prove

di alcuna colpabilita' nel fatto.

I veri responsabili di quanto accaduto sono precisamente i clericali i quali vogliono fare da padroni dispostici di tutto e di tutti e quando posssono esercitare delle prepotenze irritanti lo fanno con gusto matto ; e una parte di responsabilita' deve ricadere pure sul deputato massone Fiamberti , che col suo contegno da umile chierico , ha concorso ad inasprire qualche giovane sincero e buono che sul serio lo aveva creduto anticlericale .

L'importante e' che ora non si facciano delle vittime innocenti , e quindi e' dovere di tutti i liberi pensatori d'intervenire per difendere energicamente quelle liberta' che i clericali vorrebbero venissero manomesse dalla compiacente questura.

 

 

 

 

Anno 1911

 

Sotto le pressioni di nazionalisti, liberali e cattolici il governo presieduto da Giolitti decide l'intervento militare in Libia. Le pulsioni coloniali dell'Italia saranno soddisfatte al termine di una guerra (18 ottobre 1912) che come risultati principali offrirà 3430 morti, pesanti sacrifici economici per la popolazione e l'inasprimento dei rapporti con le potenze europee. L'eldorado libico tratteggiato dalla propaganda si rivelerà un miserevole "scatolone di sabbia" nel quale gli italiani non riuscirono nemmeno a trovare i redditizi giacimenti di petrolio.

 

 

Guerra italo-libica : 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912

 

da wikipedia

 

La guerra italo-turca (nota in italiano anche come guerra di Libia o campagna di Libia e in turco come Trablusgarp Savaşı, ossia Guerra di Tripolitania) fu combattuta tra il regno d'Italia e l'Impero ottomano per il possesso delle regioni Nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica, tra il 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912.

Le ambizioni coloniali spinsero l'Italia ad impadronirsi delle due province ottomane, che assieme al Fezzan, nel 1934, avrebbero costituito la Libia, dapprima come colonia italiana, in seguito come stato indipendente. Durante il conflitto fu occupato anche l'arcipelago del Dodecaneso, nel Mar Egeo; quest'ultimo avrebbe dovuto essere restituito ai turchi alla fine della guerra[2], ma rimase sotto l'amministrazione provvisoria dell'Italia fino a quando - con la firma del Trattato di Losanna[3] nel 1923 - la Turchia rinunciò ad ogni rivendicazione e riconobbe ufficialmente la sovranità italiana sui territori perduti nel conflitto.

 

Prima dell'inizio della guerra in Italia si manifestarono forti correnti interventiste, con una convergenza di interessi fra la borghesia settentrionale, che vedeva un intervento come un'occasione per allargare i mercati per i prodotti agricoli e, soprattutto, industriali, ed il proletariato agricolo del sud, che vedeva nella Libia, descritta come terra generalmente fertile, un'occasione per ridurre la piaga dell'emigrazione. All'inizio del secolo l'industria italiana aveva avuto una notevole espansione delle esportazioni verso l'Impero ottomano, tanto che tra il 1907 ed il 1909 era al quarto posto nelle esportazioni verso la Turchia[11], con prevalenza di prodotti tessili, tuttavia tra il 1908 ed il 1911 diversi tentativi imprenditoriali ebbero una netta opposizione politica, che si manifestò anche in una serie azioni di boicottaggio degli interessi italiani sia in Libia sia nel Mar Rosso[11]. Altre spinte all'espansione venivano dall'esposizione della Banca di Roma, che era impegnata dal 1907 in Tripolitania, ma ormai era soggetta all'ostilità delle autorità turche[11].

Dal punto di vista strategico, inoltre, la Libia non era in grado di "fare sistema" con le basi in Italia meridionale e nelle isole, praticamente ottenendo solo il risultato di un aumento sia dell'importanza sia della vulnerabilità dell'Italia[12], come avrebbe successivamente dimostrato l'esperienza della seconda guerra mondiale.

Per l'occasione dell'entrata in guerra fu addirittura scritta una canzone, Tripoli bel suol d'amore, che venne cantata in molti teatri italiani dalla cantante Gea della Garisenda, il cui nome d'arte era stato coniato da d'Annunzio, che si presentava sul palcoscenico vestita unicamente del tricolore, suscitando scandalo nella società dell'epoca. Proprio nel 1910 veniva fondato il Partito Nazionalista, con l'appoggio soprattutto dei futuristi, che vedevano la guerra come "sola igiene del mondo"[14], anche sotto la spinta imperialista che soffiava su tutto il mondo europeo e americano. A questa spinta verso la guerra si aggiunsero anche voci precedentemente insospettabili, come il poeta Giovanni Pascoli, che, infiammato dalla propaganda che circolava in Italia, scrisse, parlando dell'Italia al teatro di Barga che "la grande proletaria si è mossa".

Contrapposti a questi entusiasmi erano sia i dubbi espressi da Salvemini, che definì la Libia "uno scatolone di sabbia" e da Leone Caetani (definito sprezzantemente dai più scalmanati interventisti "il Principe turco"), sia l'opposizione molto più netta di alcune correnti dei socialisti, che rifiutavano la guerra soprattutto per motivi ideologici, capeggiate da Benito Mussolini e dall'ala estrema repubblicana guidata da Pietro Nenni.

Ma l'opposizione più decisa venne dai sindacalisti rivoluzionari che tentarono di bloccare la guerra con le dimostrazioni e con lo sciopero generale. La Confederazione Generale del Lavoro proclamò uno sciopero generale di 24 ore per il giorno 27 settembre 1911. Ma, per le divisioni del movimento rivoluzionario, "il fallimento, in Italia, fu pressoché totale... Soltanto a Forlì lo sciopero riesce"[15]. Tutto lo stato maggiore del movimento fu arrestato. Contrariamente ad un'idea molto diffusa, poche furono le personalità di questo movimento che si dichiararono a favore dell'intervento. Fra queste vi furono Paolo Orano, Arturo Labriola che tuttavia mutò giudizio rapidamente, e Angelo Oliviero Olivetti. Sul piano ideologico e politico, le più approfondite analisi contro la guerra furono fatte da Alceste De Ambris che definì l'invasione italiana "una guerra di brigantaggio" e da Enrico Leone, economista e sindacalista rivoluzionario, che scrisse un libro contro la politica di colonizzazione violenta.

( da Wikipedia )

 

 

 

Il 30 luglio 1911, presentata da Ettore Cozzani e da Franco Oliva, nasceva a La Spezia la rivista "L’EROICA", baluardo della xilografia in Italia nella prima metà del ‘900. L’EROICA ha rivestito un fondamentale ruolo nella storia dell’arte italiana, caratterizzato dalla scelta della xilografia, la tecnica che permette all’artista di far risaltare contemporaneamente il momento creativo e quello artigianale; nella prima fase, notevole fu l’apporto di Adolfo de Carolis.
La rivista inizialmente stampata a La Spezia sino al n.48 - 57 ( 1916) successivamente fu stampata a Milano dal n. 58 (1919) all’ultimo numero il 310 (1944).

 

 

 

1912

 

 

Congresso di Reggio Emilia

Il Partito Socialista si divide ancora

La sinistra del partito , fedele alla politica anticolonialista ( Turati ) espelle la destra favorevole alla guerra ( Bissolati , Bonomi , Cabrini )

Si comincia a parlare di Benito Mussolini capo di una corrente fortemente critica verso il parlamentarismo e caratterizzata dall'esaltazione della violenza rivoluzionaria

 

 

 

30 giugno 1912

il governo Giolitti estende il diritto di voto a tutti i cittadini maschi dall'eta' di 30 anni senza limitazione di censo e d'istruzione. Ai maggiorenni di eta' inferiore ai 30 anni , fu concesso il diritto di voto ma subordinato al censo o al servizio militare.

Gli aventi diritto al voto passarono da 3.300.000 a 8.700.000

 

 

 In settembre Abele Ferrari è arrestato per furto e rapina. Probabilmente in questo periodo conosce Chiara Emma Rolla che sarà poi la sua compagna e madre dei suoi figli.
Inizia la collaborazione sotto forma di articoli su alcuni tra i più diffusi giornali anarchici del Nord Italia, e comincia a farsi conoscere col suo pseudonimo più famoso, Renzo Novatore, che lo accompagnerà sino alla fine.

 

Non ho alcuna notizia di Dante

 

 

LA PRIMA GUERRA BALCANICA La prima guerra balcanica (in bulgaro indicata semplicemente come ????????? ?????, balkanska vojna; in greco ???t?? ßa??a????? p??eµ??, Pròtos valkanikòs pòlemos; in serbo ???? ????????? ???, Prvi balkanski rat; in albanese Lufta ballkanike; in turco Birinci balkan savasi) iniziò l'8 ottobre[1] 1912, quando il Montenegro dichiarò guerra all'Impero ottomano; pochi giorni più tardi si unirono al Montenegro i suoi alleati Bulgaria, Serbia e Grecia, uniti al primo nella Lega Balcanica, estendendo il conflitto a tutta la penisola balcanica. In meno di due mesi, l'esercito dell'Impero ottomano subì una lunga serie di sconfitte, per mare e per terra, per mano delle forze dei coalizzati, che conquistarono la quasi totalità dei possedimenti ottomani nei Balcani. Un primo armistizio fu stabilito il 3 dicembre 1912 (a cui la Grecia aderì solo il 24 dicembre), ma le trattative diplomatiche, mediate dalle potenze europee, per giungere alla conclusione delle ostilità non ebbero esito ed i combattimenti ripresero il 3 febbraio 1913: le residue piazzeforti ottomane nei Balcani (Adrianopoli, Scutari e Giannina) furono espugnate dai coalizzati, ed un secondo armistizio fu stipulato il 24 aprile (il Montenegro vi aderì il 4 maggio). Con la mediazione delle principali potenze europee, il 30 maggio 1913 fu firmato il trattato di Londra, che pose fine alla guerra: l'Impero ottomano perse quasi tutti i suoi territori europei, che furono spartiti tra gli Stati della Lega balcanica; i dissensi circa la spartizione della regione della Macedonia provocarono attriti e contrasti tra i coalizzati, sfociati poi nella seconda guerra balcanica nel giugno-luglio 1913. Le condizioni stabilite mediante il trattato di Londra furono: L'Albania viene dichiarata stato indipendente e Serbia, Montenegro e Grecia sono obbligate a ritirare le proprie truppe dall'Albania. Il territorio di Sandžak viene diviso fra Serbia e Montenegro. Bulgaria annette la regione della Tracia. I confini territoriali saranno compresi fra le località di Eno e del mar Egeo e Midia (oggi Kiyiköy) sul mar Nero. Non viene data alcuna soluzione definitiva per la divisione del territorio della Macedonia fra le potenze vincitrici della Prima guerra balcanica. I difetti e le difformità del trattato furono la principale causa della guerra successiva, la Seconda guerra balcanica che scoppiò nel giugno del 1913. L'accordo di pace definitivo fra le nazioni belligeranti fu il Trattato di Bucarest firmato il 13 agosto dello stesso anno. LA SECONDA GUERRA BALCANICA La seconda guerra balcanica (conosciuta in bulgaro come ???????????????? ?????, Meždusajuzniceska vojna, Guerra tra gli alleati, in greco: ?e?te??? ßa??a????? p??eµ??, Dèfteros valkanikòs pòlemos, in rumeno: Al doilea razboi balcanic, in serbo: ????? ????????? ???, Drugi balkanski rat, in turco: Ikinci balkan savasi) fu un conflitto scatenatosi nella omonima penisola europea nel giugno del 1913 in seguito alla Prima Guerra Balcanica e fu una delle cause che avrebbero condotto alla Prima guerra mondiale. In seguito al trattato di Londra, firmato nella capitale britannica fra l'Impero ottomano e la Lega Balcanica (Regno di Serbia, Regno di Grecia, Regno di Bulgaria e Regno del Montenegro), la Turchia si era impegnata a cedere alle nazioni vincenti tutto il territorio che si estendeva oltre la linea Enos-Midia, eccetto l'Albania, i cui confini e il cui governo furono affidati alle potenze europee. Ma fu proprio questa spartizione delle spoglie europee dell'Impero ottomano a causare la seconda guerra balcanica. La Bulgaria, che non voleva riconoscere l'annessione della maggior parte della Macedonia alla Serbia, il 29 giugno del 1913 attaccò i suoi ex alleati della Lega Balcanica. Dapprima Greci, Serbi e Montenegrini resistettero saldamente all'attacco dell'ex alleato Regno di Bulgaria e in seguito passarono all'offensiva. Dello scoppio di questo nuovo conflitto nei Balcani, subito ne approfittarono gli ottomani, che il 20 luglio, attaccarono la Bulgaria orientale, riconquistando Adrianopoli, e i Rumeni (che avanzavano pretese sulla Dobrugia), i quali scesero in armi contro i Bulgari e, passato il Danubio, si diressero su Sofia. Al termine del Conflitto, il 10 agosto del 1913, dopo faticose trattative si raggiunse un accordo e a Bucarest fu firmata una pace, che avrebbe modificato profondamente la geografia politica dei Balcani Alla Grecia, oltre all'isola di Creta, vennero assegnate Salonicco, la regione dell'Epiro, una buona parte della Macedonia (fino a Bitola) e Cavala. Al Montenegro venne ceduto qualche lembo dell'Albania settentrionale e la parte di Novi Pazar. Alla Serbia venne raddoppiato quasi il suo territorio, annettendole quasi totalmente la Macedonia La Romania si annetté Silistra, quasi tutta la Dobrugia e parte della costa bulgara sul Mar Nero. In seguito al termine della guerra e alla conferenza degli ambasciatori a Londra, l'Albania, almeno apparentemente, venne proclamata stato Indipendente, retta su un Principato Ereditario e Nazione neutrale. Fu una vera impresa trovare un sovrano per il nascente stato albanese: scartate le proposte di dare il trono al principe Ghica, si tentò di proporre la guida della nuova monarchia prima al marchese d'Auletta Giovanni V Castriota Scanderbeg, in seguito al principe Napoleone, figlio di Gerolamo e di Clotilde di Savoia, fu alla fine scelto il tedesco principe Guglielmo di Wied, fratello della Regina Elisabetta di Romania. Concluse dunque in questo modo, le due guerre balcaniche, lasciavano i Balcani in una “pace” che aveva tutto l'aspetto di un armistizio di un conflitto in corso che non dava un assetto definitivo alla situazione politica della penisola. Di tutti gli stati che parteciparono alla conferenza di pace di Bucarest, l'unico che ne uscì pienamente soddisfatto fu il Regno di Romania, che riuscì ad avere tutte le terre che si aspettava di ottenere. La Grecia avrebbe voluto impadronirsi di una parte dell'Albania Meridionale e di creare grattacapi all'Italia, nel tentativo di alimentare l'irredentismo nelle isole del Dodecanneso, che erano state annesse al Regno d'Italia nel 1912. Un grande malcontento nacque anche nel Regno di Montenegro, che avrebbe aspirato a mantenere il controllo su Scutari e altri territori, e nella Serbia. La Bulgaria venne accusata dell'intenzione di voler togliere al Regno di Grecia la città di Salonicco e di voler privare la Serbia della Macedonia, e questi timori furono alla base di un trattato tra le due nazioni, per salvaguardarsi a vicenda in caso di un attacco bulgaro. Se si considera bene come vennero lasciate in sospeso alcune questioni nei Balcani in seguito alle due guerre è facile immaginare, soprattutto osservando la Serbia che non faceva mistero della sua ambizione di voler riunire tutti i popoli slavi sotto la propria corona, attirandosi le antipatie dell'Austria-Ungheria, come ben presto la situazione politica dell'area balcanica sarebbe stata una delle scintille che avrebbero dato luogo ad un conflitto in cui per la prima volta sarebbero state coinvolte tutte le grandi potenze europee, l'America e l'Asia: la Prima guerra mondiale. DA WIKIPEDIA

 

 

 

 

 

Anno 1912

 

Visita di leva

 

 

 Nel 1912 Dante aveva venti anni il 7 maggio viene esonerato dal servizio militare : Soldato di leva di 3 categoria posto quindi in congedo illimitato : 3 categoria esonerato per motivi familiari : probabilmente unico figlio maschio di madre vedova

Alla visita militare dichiara di essere CARPENTIERE : che fa presupporre lavorasse gia’ da tempo .

 

Mi e' stato cortesemente fornita dall'Archivio di Stato di Massa la copia del foglio matricolare :

 

 

 

 

DATI SUL FOGLIO MATRICOLARE

 

 altezza mt 1,75

capelli castani ondulati

cicatrice sul sopraciglio sinistro

CARPENTIERE

Reduce dall’estero 24 novembre 1915 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le mie ricerche sono ostacolate dalla mancanza di una fotografia di Dante

Ho tentato invano di aver notizie della presenza di Dante negli Stati Uniti in particolare a Pueblo durante le rivolte dei minatori

Ho ricevuto molto aiuto dal forum :

 

 

Con l'aiuto del dr Andrea Molle mi sono rivolto all'universita' di Denver e ..........

Sembra non esistano piu' gli elenchi dei minatori

Non essendoci stato alcun censimento tra il 1913 e il 1915 e' sfuggito anche alla burocrazia statunitense

In futuro indirizzero' le mie ricerche sulla figura di Giovanni Lombardi e sui Vegnuti

 

 

Anno 1913 : NEGLI STATI UNITI

 

Rochambeau è stato costruito per CGT nel 1911, e fu demolita nel 1934 . Gt 12.678

 

Un episodio ancora da decifrare o quasi , un periodo della sua vita che e' forse la chiave per comprendere le sue scelte

DANTE CARNESECCHI e' negli STATI UNITI

26 maggio 1913----novembre 1915 ( ? )

 Libero dal servizio militare Dante Carnesecchi a 21 anni , nel 1913 , e' negli Stati Uniti

Ho trovato sul sito http://www.ellisisland.org/ che Dante il 26 maggio 1913 e' sbarcato a New York

Si era imbarcato a Le Havre il 17 maggio 1913 sulla nave Rochambeau

 

 

Name: Dante Carnesecchi
Arrival Date: 27 May 1913
Estimated Birth Year: abt 1892
Age: 21
Gender: Male
Port of Departure: Le Havre
Ethnicity/Race­/Nationality: Italian (North) (Italian)
Ship Name: Rochambeau
Port of Arrival: New York, New York
Nativity: Italy
Line: 7
Microfilm Serial: T715
Microfilm Roll: T715_2088
Birth Location: Italy
Birth Location Other: vezzano
Page Number: 115

 

In attesa dell'imbarco Dante soggiorna in Francia

Qui potrebbe aver lasciato una traccia della sua militanza anarchica : probabilmente frequenta gli anarchici italiani e francesi e potrebbe esser stato schedato dalla polizia francese

Sembrava che :

La sua scheda insieme con quelle di tanti altri eversivi viene prelevata dai Tedeschi quando durante l'ultima guerra questi invadono la Francia e trasportata a Berlino

Quando Berlino e' occupata dai Russi , questo materiale politico viene prelevato e finisce in Russia

Nel 2007 la Russia col disgelo lo rende alla Francia : Cosi le schede tornano a casa e divengono disponibili alla consultazione : e spunta cosi fuori il nome di Dante Carnesecchi

Mi ha avvertito di questo la signora Lucette Laterrot : figlia di una figlia dell'anarchico Mario Lami e dell'anarchico Gino Balestri

Le buste tornate dalla Russia si trovano all'archivio di Fontainebleau .

 

QUESTA NOTIZIA DELLA SCHEDATURA DELLA POLIZIA FRANCESE NON HA TROVATO ALCUNA CONFERMA PER CUI AL MOMENTO E' DA RITENERSI FALSA

 

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deve esser considerata questa ipotesi sui motivi dell'imbarco di Dante a Le Havre

da LAURA NICOLINI

 

Dice Laura : Personalmente non ho mai creduto molto alla teoria del biglietto piu' a buon prezzo (molto gettonata anche su un forum americano che frequento) anche pensando a tutto ciò che significava spostarsi lassu' fino a Le Havre da paesini sperduti nelle campagne italiane... il treno avranno dovuto pagarlo....

Probabilmente non solo chi aveva problemi a farsi rilasciare il passaporto decise per quella partenza, penso che anche molte persone illetterate e sprovvedute si siano lasciate attrarre dalla facilità con cui ottenere un lasciapassare al "nuovo mondo" senza tante complicazioni Anni fa ho partecipato come volontaria all'indicizzazione dei fascicoli dei rilasci di passaporti della questura di Napoli di fine 800.... c'erano un sacco di documenti da presentare per ottenerlo tipo certificati di nascita, di matrimonio, nascita dei figli, fede penale pulita, certificati di stato civile libero per i "single", fogli di congedo, nulla osta rilasciato dal Comune di residenza e, a meno che non fosse rilasciato sempre dal comune un certificato di povertà, si dovevano pure pagare alcune imposte di bollo allo Stato... leggendo quella circolare ho pensato immediatamente che fosse la ragione principale delle partenze dalla Francia...

Laura Nicolini

 

 

la tua e' una considerazione estremamente importante perche' cambia completamente il modo di affrontare il problema

Era logico ci fosse qualcosa di diverso : troppi Italiani si imbarcavano a Le Havre

Questa e' una spiegazione molto molto plausibile

il prezzo del biglietto piu' basso probabilmente compensava o quasi il prezzo del viaggio fino a Le Havre

ma il vero motivo per cui si sobbarcavano l'ulteriore scomodita' di un viaggio attraverso la Francia erano gli inesistenti intralci burocratici

un bel business fatto dagli armatori francesi sui nostri migranti

 

Queste considerazioni di Laura Nicolini mettono sotto un'altra luce la presenza di Dante in Francia

Dubito vi si sia trattenuto

Aveva gia' un imbarco fissato : quindi e' probabile sia rimasto in Francia il solo tempo di attraversarla

 

 

LA CIRCOLARE CHE METTE IN EVIDENZA L'ESISTENZA DI PROCACCIATORI D'IMBARCO PER LE NAVI FRANCESI CHE DOTAVANO GLI EMIGRANTE DI UN DOCUMENTO CHE LE AUTORITA' FRANCESI ACCETTAVANO SENZA FORMALITA' PER L'INGRESSO IN FRANCIA E L'IMBARCO

Ai Signori Sindaci della Provincia di GENOVA

È noto alla S. V. che gli Armatori Francesi, che attendono al trasporto di emigranti per l'America, ed i loro Agenti in Italia, mediante una formula stampata in più lingue, fanno dei contratti colle persone che emigrano, e che pel passato tali scritture, quando fossero munite del Visto di un Agente consolare del Governo Francese, erano accettate dalle autorità Francesi come passaporti per entrare in Francia o per partirne.

Accadeva così che emigrati italiani, i quali non avevano potuto ottenere il passaporto, potevano imbarcarsi nel Regno su bastimenti francesi, o passare il confine per la via di terra, presentando il loro contratto di emigrazione, stipulato coi Rappresentanti di armatori Francesi, e vistato dagli Agenti Consolari della Repubblica.

Il Governo del Re, avendo fatto osservare tale inconveniente al Governo francese, questo ha disposto che i Consoli della Repubblica [Francese] non appongano per l'avvenire il loro visto ai contratti di emigrazione presentati da sudditi italiani, ove tali documenti non sieno già rivestiti del visto delle autorità italiane. Ora siccome nessuna Autorità del Regno [Italiano] si permette certamente di apporre il proprio visto ai contratti di emigrazione, mercè la disposizione data dal Governo Francese è posto riparo all'inconveniente lamentato.

Porto a notizia della Signoria Vostra questa disposizione, d'incarico del ministero dell'Interno.
Durissima sorte toccherà alla maggior parte dei nostri disgraziati emigranti, e finchè tristissime notizie e dolorosi racconti di reduci non distruggeranno nelle menti dei contadini le illusioni, che scaltri emissari vi hanno insinuate, essi saranno vittime di questa disonestissima speculazione.
Il Governo non può vedere con indifferenza, che ogni mese migliaia di Italiani s'imbarchino a Napoli o a Genova e passino le frontiere del Cenisio per imbarcarsi a Havre diretti per le Americhe, e crede suo dovere di mettere in opera tutti i mezzi possibili per colpire le immorali speculazioni e la emigrazione illegale, rispettando però scrupolosamente la libertà dei cittadini, che sciolti da ogni obbligo verso il paese intendono espatriare malgrado gli sforzi che l'Autorità non manca di fare per dissuaderli.
Nè è soltanto l'obbligo di colpire la frode e di mantenere l'osservanza della legge, che induce il Governo a provvedere colla massima energia, ma un sentimento di pietà verso una classe disgraziata di cittadini, il decoro del paese, e i raclami della pubblica opinione all'estero, e i gravi imbarazzi che la tutela degli emigrati poveri abbandonati ed oppressi crea ai Regi Agenti nei porti francesi ed in America.
Il Ministero si rivolge prima che ad ogni altro ai signori Prefetti di Genova, Napoli e Torino, che sono i luoghi dai quali partono gli emigranti, pregandoli di dare istruzioni precise e rigorose affine di colpire la disonesta speculazione degli agenti, di impedire la emigrazione illecita, e quando lecita, di frenarla con ogni mezzo.

 

 

 

 

 

 

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Final destination Pueblo Colorado

Friend Cesare Vegnuti in Pueblo Col.

238 BoX Elder street Pueblo

Ship Manifest della Rochambeau relativa a Dante Carnesecchi foglio1

dati fisici

5 feet 8 inches

hair eyes chest nut

 

 

Ship Manifest della Rochambeau relativa a Dante Carnesecchi foglio 1

Ship Manifest della Rochambeau relativa a Dante Carnesecchi foglio 2

Ship Manifest della Rochambeau relativa a Giovanni Lombardi foglio 1

Ship Manifest della Rochambeau relativa a Giovanni Lombardi foglio 2

 

 

Devo queste immagini al forum :

http://genealogy-forum.net/phpbb/index.php?sid=c67c2109b30bd3d5a5cfc73b5a33454d

 e al signor Fabrice Benvenuti

 

 

Cosa spinge Dante negli Stati Uniti ?

Le condizioni economiche della famiglia non giustificano questa emigrazione, come abbiamo visto , infatti la sua e’ una famiglia di piccoli possidenti con case e terreni

Sete di avventura o che altro ?

Parte con 30 dollari in tasca . (vedi dichiarazione allo sbarco )

 

Dante dichiara che nella sua permanenza negli USA starà presso un suo amico , Cesare Vegnuti, residente nella città di Pueblo ( contea di Colfax ) Colorado -- Pueblo 823 Box Elder street.
Quello stesso giorno, sulla stessa nave, arriva anche un certo Giovanni Lombardi figlio di Paolo , 24 anni, anche lui proveniente da Vezzano Ligure.

Il Lombardi dichiara che negli USA starà presso suo cugino Cesare Vegnuti abitante a Pueblo, Colorado.
E' evidente che i due viaggiavano insieme e avevano la stessa meta.

Cesare Vegnuti era arrivato in USA da Fivizzano il 13 ottobre 1912 a 24 anni. in USA dimorava gia' suo fratello Elia e pure una sorella sposata . Si era stabilito a Pueblo (Box Elder 823 street ) e con ogni probabilita' faceva il minatore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' presumibile che Dante e Giovanni Lombardi da New York e Pueblo si spostassero in treno ed ivi giungessero gia' nel giugno 1913

E' evidente che non avrebbero potuto essere ospiti non paganti di Cesare

E' evidente che debbano aver cercato lavoro intorno a Pueblo

 

 

OTTOBRE 1913 : MORTE DI CESARE VEGNUTI

 

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All'inizio di questo periodo di profondo malessere il 22 ottobre 1913 muoiono a Dawson 263 minatori per gran parte italiani e ispanici ( una delle piu' grandi tragedie minerarie )  

 

 

 

22 ottobre 1913

DAWSON TRAGEDY

 COUNTY: Colfax

LOCATION: 14 miles northeast of Cimarron

If you've heard about Dawson at all, chances are you've heard it was the site of two of the world's worst mining disasters. It was, but it was also a town of over 9,000 people, complete with schools, an opera house, a hospital, a hotel, a gymnasium, a church - even a bowling alley. It was a company town, owned and operated by Phelps Dodge, and a home for miners who had come from all over the world.

People fell in love in Dawson. Little girls cried when they skinned their knees. Someone dreamed about leaving, seeing the world and becoming famous. Dawson could have been Anytown, USA. But two terrible mining disasters, one on October 22, 1913, and another in February of 1923, ensured that Dawson would forever be remembered with sadness as well, and that may be the worst tragedy.

Over 350 white iron crosses in the Dawson Cemetery mark the graves of those who perished in the mining disasters. The cemetery is now the only part of Dawson still open to the public after Phelps Dodge shut the town down in 1950. These silent sentinels, some with individual names and some unmarked, are moving reminders of the tragic deaths of the victims. And, more importantly, their lives.

I visited the Dawson Cemetery at twilight. The air was cool and I was alone, and yet, of course, not. I walked slowly through the dried grass, thinking that the crosses would always be here, guarding the mountain.

A childish but persistent thought nagged me: Are they cold?

Now, many miles and many days away from my visit, I remember the miners sleeping in the cemetery at the foothills. When I reflect on my visit, I feel that just by thinking about the place I am intruding on its solitude, interrupting it mentally. I know that the crosses - larger in memory than they probably actually are - still exist, still guard, still remind. I know that the air still hangs heavy with something that should be making a sound but isn't. Can I hear it now that I'm gone? I listen harder, but nothing comes. Dawson, like a shooting star, is silent.

 

 

 

……Phelps Dodge strove to make the mines as safe as possible. They did such a good job with Stag Canyon Mine No. 2 that it attracted the eyes of coal-mining experts who, in 1913, described it as "the highest achievement in modern equipment and safety appliances that exists in the world." The New Mexico Inspector of Mines completed two days of inspection of the Dawson pits on October 20, 1913 and reported that Stag Canyon Mine No. 2 was totally "free from traces of gas, and in splendid general condition."

Yet, Dawson was doomed to suffer a series of tragedies that shadowed its history to the end. During this period of abundance and prosperity Dawson suffered its worst catastrophe on Wednesday, October 22, 1913,only two days after the mine's inspection. The morning dawned bright and clear and 284 miners reported to work at Stag Canyon Mine No.2.

Work went on as usual until a little after three p.m. when the mine was rocked by a huge explosion that sent a tongue of fire 100 feet out of the tunnel mouth shaking the homes in Dawson two miles away.

Relief and disaster crews were rushed from neighboring towns. Phelps Dodge sent a trainload of doctors, nurses and medical supplies up from El Paso and striking miners in Colorado ceased picketing and offered to form rescue teams. Working around the clock, rows of bodies were brought to the surface. The distraught wives and family members clogged and impeded the operations around the mouth of the mine.

Only 23 of the 286 men working in the mine were found alive. Two of the rescuers were themselves killed by falling boulders in the shaft. Mass funerals were conducted for the victims and row upon row of graves dug, making it necessary to extend the cemetery far up the hill. The cemetery was marked by white iron crosses and the burials continued for weeks. It was the second worst mine disaster of the century.

Investigators determined that the explosion had been caused by an overcharged blast in a dusty pillar section of the mine.

Dynamite, not a permitted explosive, was being used. The Bureau of Mines allowed certain types of explosives, but blasting was to be conducted only when all miners were evacuated and water sprays were to be used to settle the coal dust. These rules had obviously been ignored.

Safety measures were heavily increased after the disastrous explosion and subsequent accidents were comparatively minor with few fatalities.

 

 

 

http://www.vivanewmexico.com/ghosts/dawson.html

http://www.legendsofamerica.com/HC-Dawson2.html  

 

 

 

 

 

 

 

 Tra i minatori morti : Cesare Vegnuti

Cesare Vegnuti muore nella " Dawson Tragedy" nella contea di Colfax il 22 ottobre 1913 !!!!

 

 

 

 

http://ftp.rootsweb.com/pub/usgenweb/nm/state/vitals/deaths/vasvie.txt

VEGA SUSIE 08 21 26 LINCOLN 286 VEGA TRANQUILINO 02/25/39 GRANT 46 VEGA TRANSITO 01 29 26 GRANT 496 VEGA VIRGINIA V 03/19/39 DOÑA ANA 36 VEGAS LUCAS 05 05 15 DOÑA ANA 706 VEGAS RAFAEL 11 22 18 SOCORRO 626 VEGNUTI CESARE 10 22 1913 COLFAX 006 VEIDT CHARLES 03/08/36 BERNALILLO 366 VEITCH KENNETH E 02 10 30 BERNALILLO 306 VEITCH MARY T 04 18 21 DOÑA ANA 094 VEITH CHARLES A 07 07 26 UNION 42 VEIZNA DEMETRIO 09 29 20 BERNALILLO 064 VEJADO MALE 07/14/37 SOCORRO

http://ftp.rootsweb.com/pub/usgenweb/nm/state/vitals/deaths/

NEW MEXICO DEATHS 1899-1940 ************************************************************************ USGENWEB ARCHIVES NOTICE: These electronic pages may NOT be reproduced in any format for profit or presentation by any other organization or persons. Persons or organizations desiring to use this material, must obtain the written consent of the contributor, or the legal representative of the submitter, and contact the listed USGenWeb archivist with proof of this consent. The submitter has given permission to the USGenWeb Archives to store the file permanently for free access. Contributed for use in USGenWeb Archives by: New Mexico NMDI Project Volunteers August 19, 2001 These files should only be used as guides for ordering copies of the originals from the New Mexico State Health Department. Transcription and typographical errors are possible.

 

Cesare Vegnuti e' sepolto nel cimitero di Dawson sotto il nome di Cesare Vegniti

List of people buried in Dawson cemetery including those who died in the 1913 mine accident

 

 

 

 

 

 

 

 

Morto Cesare Vegnuti cosa fece Dante in quei due anni che mancano al suo rientro in Italia?

A Pueblo sembra scoppiare l'inferno

Gli anni 1914 e 1915 sono anni densi di avvenimenti

Nelle miniere le condizioni di vita dei minatori sono al limite dello schiavismo; ed i minatori rivendicano condizioni di lavoro e di vita piu' umane

Cosi' nelle miniere intorno a Pueblo proprio in quel periodo scoppia una grande rivolta con scioperi e scontri a fuoco tra minatori (molti ispanici e italiani) e vigilantes e Guardia Nazionale in modo particolare nelle miniere controllate da Rockefeller.

Gli scioperi e gli scontri sempre piu' violenti si concretizzano nella reazione che culmina nel "the 'Ludlow Massacre' dell' aprile 1914

 

 

 

 

Dal sito http://www.globalsecurity.org/military/ops/colorado-1913.htm

 

 

1913-14 - Colorado Coalfield War

The Colorado Coal Field Strike and War of 1913-1914 was a watershed episode in US labor history. There is no way to quantify labor history, but more union activity probably occurred in the extractive industries than in the manufacturing industries. The level of conflict and the corresponding loss of life in the American mining industry are of national significance. The "Ludlow Massacre" was the most violent episode of the 1913 - 1914 Colorado Coal Field Strike. The ten days of gunfire between miners and militia that it precipitated constituted one of the more dramatic examples of open class warfare in American history.

In September, 1913, striking coal miners around Trinidad in southern Colorado demanded recognition of the United Mine Workers of America (UMWA), a 10% increase in wages, enforcement of the eight-hour work law, health and safety regulations, and the right to select their own living quarters, eating houses and doctors. The mine operators, with the Colorado Fuel and Iron Company acting as spokesman for the group, attempted to open their properties with non-union labor. John D. Rockefeller of New York was one of the absentee owners of this company. The miners attempted to keep the strikebreakers out of the coal fields. The mine owners then sent appeals to the statehouse and Governor Ammons asking for militia intervention, who then sent National Guard troops to the region in order to keep the mines operating.

The history of the Colorado coal mining industry showed that, far from living complacently under company rule, the Colorado miners had revolted time and again during the thirty years prior to 1913. Strikes had occurred each ten years since 1883. In 1903, during John Mitchell's incumbency as president of the United Mine Workers, miners in the same camps affected by the 1913 strikes quit work for similar reasons and under circumstances very much resembling those of the 1913 strike. The history of this earlier strike was almost identical with the history of the strike of 1913. Strikers and their leaders were deported from the state by the military authorities of Colorado; large numbers of armed guards in the employ of the companies terrorized the strikers' communities and ruthlessly disregarded their civil rights. The strike was defeated by these methods, and the mines were re-opened with strike breakers recruited from the immigrant population of non-union eastern coal mining towns. Lacking as they were in radical or revolutionary background, these strike breakers themselves struck ten years later.

The Colorado coal mining industry presented an instance of the development of natural resources in isolated and unsettled territory by private capital organized in large companies and operating on a large scale. The industry had attained a considerable development in the 1880s, and by 1913 many of the camps were from fifteen to thirty years old. At the outset it was necessary for the owners to perform all the functions of the civil government and in addition to supervise all the activities of community life in these newly-created industrial communities situated in isolated and unsettled territory.

The allegation was frequently heard during the Colorado controversy that the inhabitants of the coal camps, being largely of foreign birth and speech, were incapable of either political self-government. The populations of coal mining camps in southern Colorado consisted of a small minority of English-speaking miners and their families and a majority of recently-arrived Europeans.

There were two principal classifications into which industrial disturbances fell. On the one side are the spontaneous revolts and the organized strikes of wage earners who are impelled to act by the pressure of economic necessity, or by the conviction that their collective power is sufficiently great to force an increase in wages or other purely material advantage. On the other side of the line are those revolts that are animated primarily, not by the need and desire for higher wages and greater material blessings, but by resentment against the possession and the exercise by the employer of arbitrary power. The struggle in Colorado was primarily a struggle against arbitrary power, in which the question of wages was secondary, as an immediate issue.

The Colorado conflict was also a struggle for a voice in determining political and social conditions in the communities where they and their families lived. The strikers passionately felt and believed that they were denied, not only a voice in fixing working conditions within the mines, but that political democracy, carrying with it rights and privileges guaranteed by the laws of the land, had likewise been flouted and repudiated by the owners. It was this latter belief that gave to the strikers that intensity of feeling which impelled them to suffer unusual hardships during their stay in the tent colonies, and which gave to the strike the character more of a revolt by entire communities than of a protest by wage earners only.

The Colorado Fuel & Iron Company mined from thirty-five to forty per cent of the coal produced in Colorado and employed nearly three times as many miners as the second largest company. For more than ten years its largest stockholder had been John D. Rockefeller, and since 1907 a personal representative of Mr. Rockefeller had been in active charge of its management. This official was Mr. L. M. Bowers, a man sixty-nine years of age, who had been employed by Mr. Rockefeller to manage various industries for twenty years, and whose deep seated opposition and animosity to labor unions and the practice of collective bargaining must have been well known to his employer. From first to last Mr. Bowers, as shown by his letters to Mr. Rockefeller's office, saw nothing in the struggle of the miners for the right to organize for collective bargaining except a plot by "socialists," "anarchists," and "political demagogues" to to wrest the control of the mines from their owners.

In 1913, a group of miners drew up 7 demands and presented them to the mine owners. These demands consisted of: Union recognition, a raise in wages, an eight-hour work day (which was already a state law but was generally ignored), hourly pay for dead work (work that didn't directly produce coal), a check weigh-man at all mines (to be elected without interference from company officials), the right to trade in any store they chose, the right to select their own living places and doctors, the enforcement of Colorado mining laws and the abolition of the guard system that had run the camps for so many years.

The strike of about 9,000 coal miners in southern Colorado began on September 23, 1913. When workers resided in company-owned housing, work stoppages brought mass evictions. Evicted strikers often were forced into makeshift accommodations. When the Colorado Fuel and Iron Company and other southern Colorado mine operators drove coal miners from their homes in September 1913, the miners set up a sizable tent colony near the town of Ludlow.

Conditions in the coal mining district were such that violence was inevitable. Men accustomed to the ready use of a revolver or rifle had been imported into the district in large numbers from Texas, New Mexico, West Virginia, and other sections by the Colorado Fuel & Iron Company and its associates. These mercenary adventurers had been employed and armed by the coal companies prior to the strike, and had been given deputy sheriffs' commissions by the sheriffs of Las Animas and Huerfano counties, who were political partners and agents of the coal companies. The first act of violence in connection with the strike was the killing of Gerald Lippiatt, an organizer for the United Mine Workers of America, by George Belcher, a Baldwin-Felts detective in the employ of the Colorado Fuel & Iron Co. Lippiatt was shot down on a public street in Trinidad before the strike began.

Union officials frankly admitted the purchase of arms and have quoted that section of the Constitution of Colorado which reads : "The right of no person to keep and bear arms in defense of his home, person, and property, or in aid of the civil power when thereto legally summoned, shall be called in question."

The strikers had established tent colonies at strategic positions near the mouths of the canyons in which the mines were situated, so that strike breakers going from the railroad stations to the mines were forced to pass near them. The history of strikes shows that workmen on strike feel that they have a property interest in their jobs, and that other workmen who take their places and thus aid their employers to defeat the strike are fit subjects for abuse, ridicule, and violence.

While the strikers and mine guards were waging guerrilla warfare on October 26 and 27, Governor Ammons of Denver was making a last effort to bring about a settlement. When his efforts failed he issued orders to Adjutant General Chase, calling out the militia and ordering General Chase to occupy the strike district. On October 28, 1913, Governor Ammons called out the Colorado National Guard. The units sent into the field included cavalry, infantry and artillery. Up to this time and for several weeks thereafter Governor Ammons had devoted all his efforts to bringing about a settlement on a basis that would be fair to all concerned. He issued orders that the troops be impartial in their handling of the situation and that no present or former coal company guards and gunmen were to be enlisted for service during this crisis.

Governor Ammons accepted the view that to permit the use of the troops in escorting strikebreakers would be to turn them over to one of the parties to the conflict. When the Federal troops entered the field seven months later similar orders were issued to them by the Secretary of War.

Soon after the troops entered the field many business men and salaried employees who had steady positions at home asked to be relieved from duty. Their places were taken by men recruited in the strike zone, at least some of whom had been imported to serve as mine guards.

In their efforts to coerce the Governor, the operators were aided by a peculiar situation produced by the refusal of State Auditor Kenehan to issue certificates of indebtedness to pay the salaries and expenses of the State troops. Bankers in Denver, Ludlow and Colorado Springs had acceded to a request of the Governor that they advance money for the militia. There were constant threats that the money would not be paid. Governor Ammons rescinded his order to the militia, prohibiting the importation of strikebreakers, after all efforts to obtain a settlement had failed, on November 27, 1913.

Strikers were arrested without charge on mere suspicion and were kept incommunicado; they were refused the visits of friends, the right to consult with counsel or to do anything else in the way of taking charge of and looking after their own interest and welfare, such as was usually granted to the commonest of criminals. Mother Jones, a general organizer for the United Mine Workers, more than eighty years of age, was arrested and put in jail and kept absolutely incommunicado for several months. All of that was done under a decision of the Supreme Court of the State that arose out of the Cripple Creek strike, called the Moyer case, the substance of which decision was that, whether martial law had been proclaimed or not, wherever state troops were for the purpose of restoring peace or preserving the peace, that there all civil law might be suspended at the will of the commanding officer and the military law take its place. This was a decision that, up to that time, had no precedent except in the Philippine Islands.

The economic dependence of the Colorado National Guard on the Colorado Fuel & Iron Co. and other operators was fully established. Colorado Fuel & Iron Co. had paid militiamen from $75,000 to $80,000 on certificates of indebtedness bearing interest and collectable fiom the State. Troops were quartered in Company buildings and furnished with supplies by Company stores in return for these certificates.

By the Spring of 1914, the cost of keeping the National Guard in place was bankrupting the state. Governor Ammons withdrew all but two of the troops from the field, these two troops being composed mostly of company men (mine guards and gunmen), and both of these troops were stationed near Ludlow. By April 1914 the Colorado National Guard no longer offered even a pretense of fairness or impartiality, and its units in the field had degenerated into a force of professional gunmen and adventurers who were economically dependent oa and subservient to the will of the coal operators. This force was dominated by an officer whose intense hatred for the strikers had been demonstrated, and who did not lack the courage and the belligerent spirit required to provoke hostilities.

Continual attacks on the colony by private guards and local and state authorities culminated on April 20, 1914. Shortly after dawn, Colorado National Guard troops opened fire on a tent colony of 1,200 striking coal miners at Ludlow, Colorado. Twenty four hours later the camp was in ruins. That day's onslaught of gunfire and arson, the Ludlow Massacre, claimed 24 lives, including those of 2 women and 11 children who succumbed to smoke suffocation. Along with their mothers, the children had hidden in shallow pits dug below the tents in order to be safe from flying bullets. The event outraged the nation, for a short while.

The Ludlow Massacre precipitated an armed and open rebellion against the authority of the State as represented by the militia. This rebellion constituted perhaps one of the nearest approaches to civil war and revolution ever known in this country in connection with an industrial conflict. Strikers in Southern Colorado armed themselves and swarmed over the hills, bent on avenging the death of their Ludlow comrades. Two days after the Ludlow tragedy, on Wednesday, April 22, the responsible leaders of organized labor in Colorado telegraphed to President Wilson, notifying him that they had sent an appeal to every labor organization in Colorado urging them to gather arms and ammunition and organize themselves into companies.

By Wednesday, April 22, two days after the Ludlow killings, armed and enraged strikers were in possession of the field from Rouse, twelve miles south of Walsenburg, to Hastings and Delagua, southwest of Ludlow. Within this territory of eighteen miles north and south by four or five miles east and west were situated many mines manned by superintendents, foremen, mine guards and strikebreakers. Inflamed by what they considered the wanton slaughter of their women, children and comrades, the miners attacked mine after mine, driving off or killing the guards and setting fire to the buildings.

During the ten days of fighting at least fifty persons had lost their lives, including the twenty-one killed at Ludlow. From 700 to 1,000 armed strikers had been in absolute control of large areas of territory, and had waged open warfare against mine guards, militia and mine employees. Responsible union officials planned the movements of their men, set about collecting and distributing arms and ammunition, and openly justified their acts. Each side reported its casualties after each skirmish and made claims as to the number of men killed and wounded on the opposing side. Newspapers, friendly to one side or the other, charged with apparent satisfaction that the losses of the other side had been greater than were admitted.

The New York Times carried an editorial on the events in Colorado, which stated "With the deadliest weapons of civilization in the hands of savage-mined men, there can be no telling to what lengths the war in Colorado will go unless it is quelled by force ... The President should turn his attention from Mexico long enough to take stern measures in Colorado."

The governor of Colorado ask for federal troops to restore order, and Woodrow Wilson complied. Ten days after the Ludlow Massacre, the 1,600 federal troops arrived -- with orders to disarm everyone in the state – militia, company guards, and strikers -- and all fighting ceased. After the 10-Day War, the strike dragged on for another seven months, ending in defeat for the UMWA. Negotiations proceeded and the strike officially ended in December, 1914, with the union miners being permanently replaced by non-union workers. Federal Troops remained in Colorado for the rest of 1914 - an unprecedented occupation of a state's jurisdiction.

Two years later, the Democrats in Colorado had to campaign under the real handicap of trying to explain away the uproar resulting from the Ludlow incident and the violence in the coal fields. The Republicans captured the Statehouse at the next election and the coal mines never economically recovered.

At Ludlow, Colorado, one can view the pit where the women and children were suffocated after National Guard troops burned their tent colony in the violent 1914 Colorado civil war. A monument, erected by the United Mine Workers of America, mourns the death of these innocents, the civilian casualties of industrial wars. Their deaths account for the national significance of the Ludlow massacre, the horror of which "jolted America." The U.S. Commission on Industrial Relations concluded in 1915 that workers "shared an almost universal conviction that they, both as individuals and as a class, are denied justice," that employers had used law enforcement in a "bitterly partisan" manner, and that the denial of workers’ rights had caused industrial violence.

 

Dal sito http://www.globalsecurity.org/military/ops/colorado-1913.htm

 

 

 

Dal sito http://sangres.com/history/coalfieldwar01.htm  

 

The Colorado Coalfield War, 1913-1914

 

Disaster stalked coal miners, especially in early Colorado where fatality rates were double what they were everywhere else in the world. The workers had many grievances against the powerful coal companies but they could not talk to the mine owners because they had no union and no bargaining power: this is how the mine owners wanted it. Anyone who spoke up was immediately fired. And as most workers lived in company housing, anyone fired also had his family immediately put on the street. The high death tolls reflected the gross negligence in regards to safety on the part of the mine owners. And most mines in this area were owned by John D. Rockefeller and/or his cronies.

In 1913, a group of miners drew up 7 demands and presented them to the mine owners. These demands consisted of: Union recognition, a raise in wages, an eight-hour work day (which was already a state law but was generally ignored), hourly pay for dead work (work that didn't directly produce coal), a check weigh-man at all mines (to be elected without interference from company officials), the right to trade in any store they chose, the right to select their own living places and doctors, the enforcement of Colorado mining laws and the abolition of the guard system that had run the camps for so many years.

This was a hard one for the owners. For years they had fought every attempt at union organization with very blunt tactics. Union miners were fired, tarred and feathered, beaten, and threatened, or rounded up and deported across state lines to be abandoned on remote stretches of prairie. When the union movement gained enough strength to call a strike, the companies retaliated by swiftly importing laborers. They sent recruitment ads to foreign countries boasting of the United States as a "land of milk and honey where the streets are paved with gold." Desparate workers came in droves, only to find that they had been blatantly lied to and had been enticed to come here only to replace striking miners. By 1911, 27 different languages were being spoken in the streets of Trinidad, spoken by people who had been brought in from overseas to work in the coal mines.

When the 7 demands were presented to the coal mine owners, the owners chose to ignore them. Consequently, the union organizers called for a general strike to begin on September 23, 1913. Using union funds, lands east of the coal camps were rented. Union officials then ordered tents and quietly established tent colonies on the plains for the striking miners and their families. Thousands of miners set up housekeeping in the flimsy tents, confident the strike would be over soon. At the same time, the mine owners invested heavily in more detectives, more guards and lots more rifles and ammunition. The John Rockefeller-owned Colorado Fuel & Iron (CF&I) steel mills in Pueblo built an armored car for the company. It had bulletproof sides and machine guns mounted on the back. It was nicknamed "the Death Special" by the miners because the gunmen who used the car took perverse delight in spraying bullets through the tents as they roared past the colonies on their way to and from the various mine offices. It happened so often at Ludlow that the men dug holes under their tents for their families to crawl into as protection against the flying bullets.

On October 17, 1913, Baldwin-Felts detectives in the Death Special shot up the Forbes colony, killing several people. One young boy running from the gunfire had 9 bullet holes in his legs. They discovered that one of the tents had over 85 bullet holes in it (the union shipped this tent to the East Coast and put it on display to show the rest of the world what was happening in Colorado). On October 28, 1913, Governor Ammons called out the Colorado National Guard. He issued orders that the troops be impartial in their handling of the situation and that no present or former coal company guards and gunmen were to be enlisted for service during this crisis. Within just a few months, most members of the Colorado National Guard troops who were stationed in the Ludlow area were replaced by coal company gunmen anyway.

The winter of 1913-1914 was one of the worst in recorded Colorado history. Food was scarce and the tents were cold and wet. In January 1914, Mother Jones (that's her on the left) arrived in Trinidad. Even though she was over 80 years old, the mine owners had her arrested immediately and confined in a psychiatric ward at Mt. San Rafael Hospital (the police said she was crazy and they were arresting her for her own protection: she must have been crazy, she very vocally opposed John D. Rockefeller).

On January 21, 1914, some of the miners' wives and children organized a parade to protest her arrest. Adjutant General Chase, commander of the Colorado Militia, was so furious he confronted the women and, in the excitement, fell off his horse. The women laughed and humiliated him with derogatory remarks about his prowess as a horseman. Embarrassed, he gave orders to "Ride down the women!" His mounted troops then attacked the women and children with their sabers drawn and injured quite a few.

By spring, the cost of keeping the National Guard in place was bankrupting the state. Governor Ammons withdrew all but two of the troops from the field, these two troops being composed mostly of company men (mine guards and gunmen), and both of these troops were stationed near Ludlow.

On April 20, 1914, a series of 3 signal bombs went off in the military camp. After the third one, bullets began ripping through the tents at Ludlow. Women screamed and people dodged. Children ran for their lives and hid in the basements under each tent. That evening, soldiers raced into the colony on horseback with burning, kerosene-soaked brooms, and torched the tents. Louis Tikas, leader of the Ludlow tent colony, was captured soon after the firing of the tents and was taken back to the National Guard camp. There, a Lieutenant Linderfeldt swung once and bashed the side of his head in with a rifle, and as Tikas turned and staggered away, Linderfeldt shot him 3 times in the back. Accounts say that his body and those of two others killed in the same fashion lay on the ground where they fell for a long time. Many of the families were marched by the bodies as the militia gathered people up and transported them to Trinidad on the train.

At the camp itself, the death toll included 4 men, 2 women and 11 children. All the women and children were found suffocated in the dugout beneath one of the burned tents. The bodies of the victims were taken to a mortuary in Trinidad where a suspicious fire broke out. The bodies then had to be hauled into the street to keep them from being burned a second time, and destroyed as evidence of the massacre.

During the days that followed, the miners retaliated by attacking coal mines in the valleys west of the tent colonies. They set fire to dozens of mine installations and dynamited thousands of dollars worth of mine buildings and workings. The atrocity at Ludlow was protested in cities all over the world and Federal troops were called in, arriving in early May, 1914.

The United States Commission of Industrial Relations, a body appointed by President Woodrow Wilson, made an investigation of the massacre and concluded "the State of Colorado through its military arm was rendered helpless to maintain law and order because that military arm acted, not as an agent of the commonwealth, but as an agent of the coal operators against the striking miners."

In reality, the miners lost the strike. The fighting went on for a while but after attending the funerals in Trinidad, most of the miners went back to work in the mines. Their working situation didn't change for years. In 1917, just three years later, a few miles north of the massacre site, the Hastings Mine blew up. It was the worst mine explosion in Colorado history with 121 men dying in the notoriously gassy mine.

Colorado finally began to enforce the state's mining safety and labor laws in Las Animas County in the 1920's. As the level of state enforcement of the safety and labor laws grew, many of the coal mine operators chose to close their mines rather than make them safer places to work. And having to pay their workers fairly for their production and an eight-hour-day on top of that: it was simply to much to ask of some of America's wealthiest people (especially those who had made their fortunes on the backs and in the blood of these very same miners). They closed the mines, bulldozed the buildings (so that squatters couldn't make any use of the properties) and took advantage of the tax breaks offered by the Federal government... and with the overall decrease in coal production, they were able to raise the price of the coal they still did produce... isn't this the Holy Grail of all business theory: to downsize and raise profit margins at the same time?

 

Dal sito http://sangres.com/history/coalfieldwar01.htm  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

fotografie tratte dal sito della Denver University

 

http://pubs.socialistreviewindex.org.uk/sr222/newsing.htm

Issue 222 of SOCIALIST REVIEW Published August/September 1998 Copyright © Socialist Review

Colorado, 17 September 1913

'The Ludlow massacre provoked an armed insurrection throughout the coalfield with the UMWA openly arming its members and supporters'

The Colorado miners' strike of 1913-14 is one of the most important industrial conflicts in American working class history. It pitted some 11,000 miners and their families against one of the richest and most powerful men in the US, John D Rockefeller Jr of Standard Oil, owner of the Colorado Fuel and Iron Company (CFI).

The CFI dominated the Colorado coalfield, owning 600 square miles of it and operating 39 mines, producing 6 million tons of coal annually. Rockefeller, a devout Christian, together with the other mine owners, imposed one of the harshest labour regimes in the country. Safety concerns were routinely ignored in the Colorado coalfield, which had the worst safety record in the US, which in turn had the worst in the world. In 1910 some 319 miners were killed in accidents, more than one in 50 of those employed.

The mine companies routinely rigged the scales at the pithead so they underweighed, lowering the miners' wages. One state official weighing 155 Ibs found that when he stood on the scales at the Eagleville mine, he added only 92 Ibs to the coal truck being weighed, at the Sopris mine only 70 Ibs and at the CF1 Starkville mine only 35 Ibs. Miners who demanded the checking of scales were fired.

Attempts to organise were confronted with a network of spies and informers and the often murderous brutality of the company guards. In 1903 a year long strike by the United Mine Workers of America (UMWA) had been defeated by the importation of strikebreakers, intimidation and murder. John Lawson, one of the strike leaders, had his home dynamited and was shot and wounded in an assassination attempt. A 70 year old striker, Joe Raiz, was brutally beaten and castrated, dying three days later. The union was defeated with its membership collapsing from 11,000 in 1903 to only 400 in 1905.

By 1912 the UMWA was recovering, covertly recruiting members and preparing for action. That year over 1,000 miners were sacked for being suspected union members, but the organisation still managed to recruit the overwhelming majority. At one mine a union man volunteered his services as a company spy, procuring the firing of potential scabs and helping to recruit others into the union. Discovery often meant a brutal beating at the hands of the company guards and sometimes death. In August 1913 union organiser Gerald Lippiati was shot dead in broad daylight on the streets of the town of Trinidad by detectives from the notorious Baldwin Felts agency. He was the first fatality of the Colorado war.

The miners demanded union recognition, an eight hour day and 10 percent pay increase, the right to elect their checkweighmen to end company fraud, the withdrawal of the company guards, and the enforcement of Colorado's mining safety regulations which the companies had always refused to implement. On 17 September 1913 over 90 percent of the Colorado miners, over 11,000 men, walked out and were promptly evicted, together with their families, from company housing. The UMWA established eight tent colonies, the largest at Ludlow. The day after the strike began a particularly hated company guard, Bob Lee, who had raped a number of miners' wives, was shot dead.

The company guards routinely harassed the tent colonies, hoping to provoke incidents and bring about the intervention of the state militia, the Colorado National Guard. In October an armoured car, the 'Death Special', provided by Baldwin Felts, was used to machine gun the tent colonies at Ludlow and Forbes. The fighting that resulted was used by the governor, Elias Ammons, as an excuse to send in the National Guard.

Many of the National Guard companies were made up of company guards in uniform, subjecting the strikers and their families to a reign of terror. The National Guard attempted to disarm the strikers, regularly raided and searched the tent colonies, arrested and imprisoned union organisers without trial, escorted scabs into the mines, and either stood by or joined in when the tent colonies were attacked. Violence continued throughout the winter with fatalities on both sides.

By the spring of 1914 it was clear that a crisis was approaching, that the mine owners wanted the strike broken. An all out assault came on 20 April when National Guardsmen under the command of a former mine guard, Lieutenant Karl Linderfelt, a veteran of America's bloody counter-insurgency in the Philippines, attacked the Ludlow colony. They raked it with machine gun fire and then set fire to the tents, killing two women and 11 children. They captured a union organiser, Louis Tikas, and two strikers, who were then brutally beaten and shot.

The Ludlow massacre provoked an armed insurrection throughout the coalfield with the UMWA openly arming its members and supporters for war. Mines were attacked, company property destroyed, and scabs and company guards killed in a series of ferocious attacks. At Aguilar the company men retreated underground when the strikers attacked: they dynamited the shaft, trapping 35 scabs inside. At Forbes, after a fierce gun battle, the strikers overran the mine, killing nine guards and burning buildings and equipment.

On 28 April President Woodrow Wilson ordered federal troops into the coalfield. He had stood by while the strikers were on the receiving end, but now that company property was at risk US troops became involved. By the time the army arrived over 70 people were known to have been killed in the conflict.

The massacre provoked widespread protest throughout the US with demonstrations in many cities. Thousands of people demonstrated outside the State House in Denver, Colorado, and eventually occupied it. In New York Rockefeller's offices and home were picketed. But while there were demonstrations and protests, what was needed was industrial action.

The UMWA leadership responded to strike demands by asserting that 'we can better aid our gallant brothers in Colorado by remaining at work'. The bureaucracy put its faith in President Wilson, looking to him to secure a settlement, rather than to the rank and file and militant action. The opportunity to inflict a decisive defeat on the mine owners, not only in Colorado but throughout the US, was thrown away. Putting faith in the capitalist state to curb the power of the capitalist class was a disaster and the strike went down to defeat.

The strikers were starved back to work by November with thousands victimised and hundreds imprisoned. Union organisation was completely smashed and Rockefeller emerged victorious, and the bravery and determination of the miners was thrown away by a union bureaucracy which chose to put its trust in the state.

John Newsinger

 

 

Sull'argomento vedi anche il sito  http://www.du.edu/anthro/ludlow/

 

 

The following was excerpted from Howard Zinn's A PEOPLE'S

HISTORY OF THE UNITED STATES (pgs 346-349).

 

"a telephone linesman going through the ruins of the Ludlow tent colony ... found the charred, twisted bodies of eleven children and two women. This became known as the Ludlow Massacre."

 

The Ludlow Massacre

 

"... shortly after Woodrow Wilson took office there began in Colorado one of the most bitter and violent struggles between workers and corporate capital in the history of the country.

 

"This was the Colorado coal strike that began in September 1913 and culminated in the 'Ludlow Massacre' of April 1914. Eleven thousand miners in southern Colorado ... worked for the Colorado Fuel & Iron Corporation, which was owned by the Rockefeller family. Aroused by the murder of one of their organizers, they went on strike against low pay, dangerous conditions, and feudal domination of their lives in towns completely controlled by the mining companies. ...

 "When the strike began, the miners were immediately evicted from their shacks in the mining towns. Aided by the United Mine Workers Union, they set up tents in the nearby hills and carried on the strike, the picketing, from these tent colonies.

The gunmen hired by the Rockefeller interests -- the Baldwin-Felts Detective Agency -- using Gatling guns and rifles, raided the tent colonies. The death list of miners grew, but they hung on, drove back an armored train in a gun battle, fought to keep out strikebreakers. With the miners resisting, refusing to give in, the mines not able to operate, the Colorado governor (referred to by a Rockefeller mine manager as 'our little cowboy governor') called out the National Guard, with the Rockefellers supplying the Guard's wages.

"The miners at first thought the Guard was sent to protect them, and greeted its arrival with flags and cheers. They soon found out the Guard was there to destroy the strike. The Guard brought strikebreakers in under cover of night, not telling them there was a strike. Guardsmen beat miners, arrested them by the hundreds, rode down with their horses parades of women int he streets of Trinidad, the central town in the area. And still the miners refused to give in. When they lasted through the cold winter of 1913-1914, it became clear that extraordinary measures would be needed to break the strike.

"In April 1914, two National Guard companies were stationed in the hills overlooking the largest tent colony of strikers, the one at Ludlow, housing a thousand men, women, children. On the morning of April 20, a machine gun attack began on the tents.

The miners fired back. Their leader, ..., was lured up into the hills to discuss a truce, then shot to death by a company of National Guardsmen. The women and children dug pits beneath the tents to escape the gunfire. At dusk, the Guard moved down from the hills with torches, set fire to the tents, and the families fled into the hills; thirteen people were killed by gunfire.

"The following day, a telephone linesman going through the ruins of the Ludlow tent colony lifted an iron cot covering a pit in one of the tents and found the charred, twisted bodies of eleven children and two women. This became known as the Ludlow Massacre.

 "The news spread quickly over the country. In Denver, the United Mine Workers issued a 'Call to Arms' -- 'Gather together for defensive purposes all arms and ammunition legally available.' Three hundred armed strikers marched from other tent colonies into the Ludlow area, cut telephone and telegraph wires, and prepared for battle. Railroad workers refused to take soldiers from Trinidad to Ludlow. At Colorado Springs, three hundred union miners walked off their jobs and headed for the Trinidad district, carrying revolvers, rifles, shotguns.

"In Trinidad itself, miners attended a funeral service for the twenty-six dead at Ludlow, then walked from the funeral to a nearby building, where arms were stacked for them. They picked up rifles and moved into the hills, destroying mines, killing mine guards, exploding mine shafts. The press reported that 'the hills in every direction seem suddenly to be alive with men.'

"In Denver, eighty-two soldiers in a company on a troop train headed for Trinidad refused to go. The press reported: 'The men declared they would not engage in the shooting of women and children. They hissed the 350 men who did start and shouted imprecations at them.

"Five thousand people demonstrated in the rain on the lawn in front of the state capital at Denver asking that the National Guard officers at Ludlow be tried for murder, denouncing the governor as an accessory. The Denver Cigar Makers Union voted to send five hundred armed men to Ludlow and Trinidad. Women in the United Garment Workers Union in Denver announced four hundred of their members had volunteered as nurses to help the strikers.

"All over the country there were meetings, demonstrations.

Pickets marched in front of the Rockefeller office at 26 Broadway, New York City. A minister protested in front of the church where Rockefeller sometimes gave sermons, and was clubbed by the police.

"The New York Times carried an editorial on the events in Colorado, which were not attracting international attention. The Times emphasis was not on the atrocity that had occurred, but on the mistake in tactics that had been made. Its editorial on the Ludlow Massacre began: 'Somebody blundered ...

' Two days later, with the miners armed and in the hills of the mine district, the Times wrote: 'With the deadliest weapons of civilization in the hands of savage-mined men, there can be no telling to what lengths the war in Colorado will go unless it is quelled by force ... The President should turn his attention from Mexico long enough to take stern measures in Colorado.'

"The governor of Colorado ask for federal troops to restore order, and Woodrow Wilson complied. This accomplished, the strike petered out. Congressional committees came in and took thousands of pages of testimony. The union had not won recognition. Sixty-six men, women, and children had been killed. Not one militiaman or mine guard had been indicted for crime.

 [...]

 

"The Times had referred to Mexico. On the morning that the bodies were discovered in the tent pit at Ludlow, American warships were attacking Vera Cruz, a city on the coast of Mexico--bombarding it, occupying it, leaving a hundred Mexicans dead--because Mexico had arrested American sailors and refused to apologize to the United States with a twenty-one gun salute.

Could patriotic fervor and the military spirit cover up class struggle? Unemployment, hard times, were growing in 1914. Could guns divert attention and create some national consensus against an external enemy? It surely was a coincidence—the bombardment of Vera Cruz, the attack on the Ludlow colony. Or perhaps it was, as someone once described human history, 'the natural selection of accidents.' Perhaps the affair in Mexico was an instinctual response of the system for its own survival, to create a unity of fighting purpose among a people torn by internal conflict.

 "The bombardment of Vera Cruz was a small incident. But in four months the First World War would begin in Europe.

--o O o--

 

 

 

 

 

Mother Jones

 

Mary Harris Jones (May 1, 1830 or August 1, 1837 – November 30, 1930), better known as Mother Jones, born in Cork, Ireland, was a prominent American labor and community organizer, a Wobbly, and a Socialist.

She was born Mary Harris, the daughter of a Roman Catholic tenant farmer, Richard Harris and his wife Ellen Cotter, on the northside of Cork city, Ireland. Some recent materials list her birthday as August 1, 1837, although she claimed her birthdate to be May 1, 1830. Her claims to an earlier date may have been an appeal to her grandmotherly image. The date of May 1st was chosen symbolically, representing the national labor holiday and anniversary of the Haymarket Riot

The family emigrated to the United States in 1848 and settled in the town of Monroe, Michigan. Harris studied and qualified to become a teacher in Toronto in 1857. She moved to Memphis, Tennessee in 1861 where she married George Jones, a member of the Iron Workers' Union.

Two turning points in her life were the 1867 deaths of her husband and their four children (all under the age of five) during a yellow fever epidemic in Tennessee, and the 1871 Great Chicago Fire. After the death of her family, she moved to Chicago and recreated herself as an independent dressmaker. She lost her hard-earned home, shop and possessions in the Great Fire. This second loss catalyzed an even more fundamental transformation: she turned to the nascent labor movement and joined the Knights of Labor, a predecessor to the Industrial Workers of the World (IWW or "Wobblies").

As another source of her transformation into a radical organizer, biographer Elliott Gorn draws out her early Roman Catholic connection -- including bringing to light her relationship to her estranged brother, Father William Richard Harris, Roman Catholic teacher, writer, pastor, and dean of Toronto's diocese of St. Catherine's, who was "among the best-known clerics in Ontario."

Active as an organizer and educator in strikes throughout the country at the time, she was particularly involved with the United Mine Workers (UMW) and the Socialist Party of America. As a union organizer, she gained prominence for organizing the wives and children of striking workers in demonstrations on their behalf.

She became known as "the most dangerous woman in America," a phrase coined by a West Virginia District Attorney Reese Blizzard in 1902, at her trial for ignoring an injunction banning meetings by striking miners. "There sits the most dangerous woman in America", announced Blizzard. "She crooks her finger—twenty thousand contented men lay down."

In 1903 Jones organized children working in mills and mines in the "Children's Crusade", a march from Kensington, Pennsylvania to Oyster Bay, New York, the home of President Theodore Roosevelt with banners demanding "We want time to play!" and "We want to go to school!" Though the President refused to meet with the marchers, the incident brought the issue of child labor to the forefront of the public agenda.

In 1913, during the Paint Creek-Cabin Creek strike in West Virginia, Mother Jones was charged and kept under house arrest in the nearby town of Pratt and subsequently convicted with other union organizers of conspiring to commit murder, after organizing another children's march. Her arrest raised an uproar and she was soon released from prison, after which the United States Senate ordered an investigation into the conditions in the local coal mines.

A few months later she was in Colorado, helping to organize the coal miners there. Once again she was arrested, served some time in prison, and was escorted from the state in the months leading up to the Ludlow Massacre. After the massacre she was invited to Standard Oil's headquarters at 26 Broadway to meet face-to-face with John D. Rockefeller, Jr., a meeting that prompted Rockefeller to visit the Colorado mines and introduce long-sought reforms.

By 1924, Mother Jones was in court again, this time facing varying charges of libel, slander, and sedition. In 1925, Charles A. Albert, publisher of the fledgling Chicago Times, won a $350,000 judgment against the matriarch.

A common "tall tale" is often told about Mother Jones, as follows: "In early 1925, Jones fought off a pair of thugs who had broken into a friend's house where she was staying. After a brief struggle one intruder fled while the other was seriously injured. The wounded attacker, 54-year old Keith Gagne, later died from the wounds inflicted on him by the elderly Jones—wounds including blunt head trauma from Jones' trademark black leather boots. Police immediately arrested Jones, but she was soon released when the attackers were identified as associates of a prominent local business person." According to academic-based search engines , this story is false. Not only that, but she was in her late 80s by then, in poor health, and it stretches credulity to imagine that she could have prevailed in such a physical altercation with two men.

Mother Jones remained a union organizer for the UMW affairs into the 1920s, and continued to speak on union affairs almost until her death. She released her own account of her experiences in the labor movement as The Autobiography of Mother Jones (1925). In her later years, Jones lived with friends Walter and Lillie May Burgess of Silver Spring, Maryland. There she celebrated her self-proclaimed 100th birthday on May 1, 1930, and was filmed making a statement for a newsreel. She died at the age of 93 or 100 on November 30, 1930. Mother Jones is buried in the Union Miners Cemetery in Mount Olive, Illinois, alongside miners who died in the Virden Riot of 1898. She called these miners, killed in strike-related violence, "her boys".

 

da Wikipedia

 

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Gli echi di questa rivolta si hanno anche a La Spezia ( !!!!???? )

 

....Anche in questi giorni al Colorado , in un eccidio commesso dai servi del capitalismo , uomini , donne e bambini italiani , rimasero vittime della piu' selvaggia sopraffazione .........

 

 

IL LIBERTARIO edizione del 14 maggio 1914

 

Le agitazioni studentesche

In tutte le citta' d'Italia gli studenti hanno fatto dimostrazioni ostili all'Austria perche' gli Italiani di Trieste nel giorno del 1 Maggio ebbero una solenne bastonatura da parte degli slavi , consenziente

la polizia austriaca.

Vi sono stati qui e la' arresti e colluttazioni colla forza pubblica che voleva impedire ad ogni costo dei dispiaceri alla cara alleata . E che gli sbirri italiani non differiscono da quelli austriaci , lo hanno

provato quegli studenti che furono vittime delle brutalita' poliziesche e si presero pugni nelle costole e sulla zucca , bastonate ed altro come avvenne a Milano.

Ecco a noi sono simpatici tutti coloro , e specialmente i giovani , che protestano contro una brutalita' e si ribellano a qualunque sopraffazione . Ci indignano e ci disgustano profondamente i metodi brutali e selvaggi della poliziottaglia . Ma vogliamo chiedere agli studenti italiani : Perche' non divampa la vostra giovanile protesta quando i percossi , gli uccisi , i perseguitati sono i nostri fratelli di qui , scesi in lotta per un pezzo di pane , vittime d'ingiustizie e di sopraffazioni inaudite da parte dei capitalisti e dei poliziotti ? Perche' non vi agitate quando miseri lavoratori sono massacrati come cani in tutte le terre straniere ove andarono a portare il loro lavoro in cambio di quel pane che la dolce patria loro negava ? E non esageriamo . Molti sono gli episodi che potremmo citare . Anche in questi giorni al Colorado , in un eccidio commesso dai servi del capitalismo , uomini , donne e bambini italiani , rimasero vittime della piu' selvaggia sopraffazione . Ma quelli non sono degni di commiserazione ! ….

Noi siamo contro le tirannie nostrane e oltre frontiera . Ovunque vi e' una miseria da redimere , un' ingiustizia da riparare cola' e' il nostro posto . Ecco perche' siamo internazionalisti , i nemici dichiarati di tutte le patrie …ufficiali , che sono le fomentatrici di odi fra i popoli e di guerre micidiali; ma siamo ugualmente nemici degli aguzzini , degli sfruttatori , dei torturatori della povera carne umana di qualunque razza di qualunque paese.

E' questo il pensiero generoso che dovrebbe animarvi , o giovani . I vostri entusiasmi , le vostre aspirazioni dovrebbero essere rivolte a redimere l'umanita' dalla miseria , dalla schiavitu' , dall'ignoranza e dai pregiudizi . Per affrettare questa grande redenzione umana bisogna propagare e preparare la fusione di tutte le patrie , la fine delle guerre , la fine del dominio dell'uomo sull'uomo , dei popoli agguerriti sui popoli piu' deboli .

Questa e' la generosa battaglia che voi o giovani , dovete combattere e vincere in nome della liberta' della giustizia per tutti gli esseri umani.

 

 

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E' difficile a questo punto capire che cosa facesse Dante

 

E' possibile che Dante Carnesecchi sia presente e sia coinvolto nella ribellione ?

 

E' assai probabile che Dante fosse gia' un anarchico prima del suo arrivo sul suolo americano

 

Puo' essere pero' che qui abbia il suo battesimo nella lotta armata e che dall' insuccesso della rivolta nasca la sua diffidenza verso le organizzazioni sindacali

 

Per ora , pur avendo cercato , non sono riuscito ad avere alcuna risposta sicura in merito

 

Di certo Dante al suo ritorno dall'America e' un individuo riservato e diffidente , cauto ed audace insieme , astuto e freddamente determinato.

 

 

.

Di questi 2 anni americani non parla alcuna cronaca , nemmeno il piu' piccolo cenno negli scritti de suoi amici piu' intimi , in Renzo Novatore o in Tintino Rasi.

Ma come sappiamo Dante aveva un carattere estremamente riservato .

Gli unici documenti ( che ho trovato ) che stanno a testimoniare l'avventura americana sono la lista di sbarco a New York , il generico foglio matricolare e naturalmente la testimonianza d' incerta memoria dei parenti rimasti

 

Rientrava dagli Stati Uniti o da qualche altra nazione : il foglio matricolare parla genericamente di "reduce dall'estero " ?

Da esaminare la possibilita' ( meno probabile ) che Dante possa essersi allontanato dagli Usa ed essersi trasferito nel Messico rivoluzionario e di li sia rientrato in Italia  

.......ottimo poliglotta ........

…Percio' egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ; suonatore e compositore di un virtuosismo piuttosto arido e cerebrale ; ottimo poliglotta ………………………………………………………………….

 

.

 

 

IL FUCILE E LA CHITARRA

 

 

 

Rientrando in Italia dall’estero Dante si portera’ dietro un fucile automatico ultimo modello , ( superando i controlli alle frontiere ) e la chitarra che avra’ con se la sera in cui sara’ ucciso ( una chitarra che il nipote dice si faceva notare per una disposizione delle corde molto particolare )

 

 

 

pierluigi wrote:


In un periodo che va dal giugno al novembre 1915 e' tornato in Italia con la guerra in corso , e' probabilmente sbarcato a Genova
portava dagli USA una chitarra ed un fucile automatico



........................................................................................Un canoro rivoluzionario come Joe Hill, un famoso sindacalista ed attivista americano. ( Coal Cracker )


 

 

 

Potrebbe essere che avesse imparato a suonare la chitarra ad imitazione di Joe Hill ; ma questa e' una pura supposizione

 

Comunque Dante doveva conoscere di fama questo personaggio che era vissuto in quello stesso periodo (1913--1915 ) in un luogo relativamente vicino ( Il Colorado e l'Utah sono confinanti e Dante e' in USA dal maggio 1913 fino probabilmente al novembre 1915 )

 

 

Joe Hill,

 

 

Da wikipedia

Joe Hill, nato Joel Emmanuel Hägglund (Gävle, 17 ottobre 1879 – Salt Lake City, 19 novembre 1915 ) è stato un sindacalista e compositore statunitense di origine svedese.

 

Dal sito

http://www.aflcio.org/aboutus/history/history/hill.cfm

A songwriter, itinerant laborer, and union organizer, Joe Hill became famous around the world after a Utah court convicted him of murder. Even before the international campaign to have his conviction reversed, however, Joe Hill was well known in hobo jungles, on picket lines and at workers' rallies as the author of popular labor songs and as an Industrial Workers of the World (IWW) agitator. Thanks in large part to his songs and to his stirring, well—publicized call to his fellow workers on the eve of his execution—"Don't waste time mourning, organize!"—Hill became, and he has remained, the best—known IWW martyr and labor folk hero.

Born Joel Hägglund on Oct. 7, 1879, the future "troubadour of discontent" grew up the fourth of six surviving children in a devoutly religious Lutheran family in Gävle, Sweden, where his father, Olaf, worked as a railroad conductor. Both his parents enjoyed music and often led the family in song. As a young man, Hill composed songs about members of his family, attended concerts at the workers' association hall in Gävle and played piano in a local café.

In 1887, Hill's father died from an occupational injury and the children were forced to quit school to support themselves. The 9-year-old Hill worked in a rope factory and later as a fireman on a steam-powered crane. Stricken with skin and joint tuberculosis in 1900, Hill moved to Stockholm in search of a cure and worked odd jobs while receiving radiation treatment and enduring a series of disfiguring operations on his face and neck. Two years later, Hill's mother, Margareta Katarina Hägglund, died after also undergoing a series of operations to cure a persistent back ailment. With her death, the six surviving Hägglund children sold the family home and ventured out on their own. Four of them settled elsewhere in Sweden, but the future Joe Hill and his younger brother, Paul, booked passage to the United States in 1902.

Little is known of Hill's doings or whereabouts for the next 12 years. He reportedly worked at various odd jobs in New York before striking out for Chicago, where he worked in a machine shop, got fired and was blacklisted for trying to organize a union. The record finds him in Cleveland in 1905, in San Francisco during the April 1906 Great Earthquake and in San Pedro, Calif., in 1910. There he joined the IWW, served for several years as the secretary for the San Pedro local and wrote many of his most famous songs, including "The Preacher and the Slave" and "Casey Jones—A Union Scab." His songs, appearing in the IWW's "Little Red Song Book," addressed the experience of vitually every major IWW group, from immigrant factory workers to homeless migratory workers to railway shopcraft workers.

In 1911, he was in Tijuana, Mexico, part of an army of several hundred wandering hoboes and radicals who sought to overthrow the Mexican dictatorship of Porfirio Diaz, seize Baja California, emancipate the working class and declare industrial freedom. (The invasion lasted six months before internal dissension and a large detachment of better—trained Mexican troops drove the last 100 rebels back across the border.) In 1912, Hill apparently was active in a "Free Speech" coalition of Wobblies, socialists, single taxers, suffragists and AFL members in San Diego that protested a police decision to close the downtown area to street meetings. He also put in an appearance at a railroad construction crew strike in British Columbia, writing several songs before returning to San Pedro, where he lent musical support to a strike of Italian dockworkers.

The San Pedro dockworkers' strike led to Hill's first recorded encounter with the police, who arrested him in June 1913 and held him for 30 days on a charge of vagrancy because, he said later, he was "a little too active to suit the chief of the burg" during the strike.

On Jan. 10, 1914, Hill knocked on the door of a Salt Lake City doctor at 11:30 p.m. asking to be treated for a gunshot wound he said was inflicted by an angry husband who had accused Hill of insulting his wife. Earlier that evening, in another part of town, a grocer and his son had been killed. One of the assailants was wounded in the chest by the younger victim before he died. Hill's injury therefore tied him to the incident. The uncertain testimony of two eyewitnesses and the lack of any corroboration of Hill's alibi convinced a local jury of Hill's guilt, even though neither witness was able to identify Hill conclusively and the gun used in the murders was never recovered.

The campaign to exonerate Hill began two months before the trial and continued up to and even beyond his execution by firing squad on Nov. 19, 1915. His supporters included the socially prominent daughter of a former Mormon church president, labor radicals, activists and sympathizers including AFL President Samuel Gompers, the Swedish minister to the United States and even President Woodrow Wilson. The Utah Supreme Court, however, refused to overturn the verdict and the Utah Board of Pardons refused to commute Hill's sentence. The board declared its willingness to hear testimony from the woman's husband in a closed session, but Hill refused to identify his alleged assailant, insisting that to do so would harm the reputation of the lady.

Hill became more famous in death than he had been in life. To Bill Haywood, the former president of the Western Federation of Miners and the best-known leader of the IWW, Hill wrote: "Goodbye Bill: I die like a true rebel. Don't waste any time mourning, organize! It is a hundred miles from here to Wyoming. Could you arrange to have my body hauled to the state line to be buried? I don't want to be found dead in Utah." Apparently he did die like a rebel. A member of the firing squad at his execution claimed that the command to "Fire!" had come from Hill himself.

After a brief service in Salt Lake City, Hill's body was sent to Chicago, where thousands of mourners heard Hill's "Rebel Girl" sung for the first time, listened to hours of speeches and then walked behind his casket to Graceland Cemetery, where the body was cremated and the ashes mailed to IWW locals in every state but Utah as well as to supporters in every inhabited continent on the globe. According to one of Hill's Wobbly-songwriter colleagues, Ralph Chaplin (who wrote the words to "Solidarity Forever," among other songs), all the envelopes were opened on May 1, 1916, and their contents scattered to the winds, in accordance with Hill's last wishes, expressed in a poem written on the eve of his death:

 

My body? Ah, if I could choose,
I would to ashes it reduce,
And let the merry breezes blow
My dust to where some fading flowers grow.

Perhaps some fading flowers then
Would come to life and bloom again.
This is my last and final will.
Good luck to you.

 

 

 

 

 

Da Wikipedia

 

È stato un organizzatore del movimento operaio, nonché un autore di canzoni popolari e rivoluzionarie.

Nasce a Gävle, una cittadina a nord di Stoccolma, da una famiglia di condizioni assai modeste (il padre, Olof, era un ferroviere). Il suo nome originario era Joel Emmanuel Hägglund. Una volta arrivato negli Stati Uniti, cambia il suo nome in Joseph Hillström (nome del tutto inventato, pur mantenendo l'aspetto svedese); le ragioni per tale cambiamento, avvenuto tra il 1906 e il 1910, non sono state mai chiarite, anche se probabilmente è per sfuggire alla giustizia; tale nome viene presto modificato e abbreviato in Joe Hill, cioè quello con cui è universalmente noto. Il nome, tra le altre cose, riecheggia curiosamente la pronuncia svedese del suo nome originario, Joel. È stato probabilmente uno dei più grandi cantori operai e sindacali di ogni tempo, oltre ad essere direttamente uno dei principali organizzatori e agitatori del movimento sindacale americano.

Joe Hill emigrò in America assieme al fratello Paul Hägglund nel 1902, alla morte della madre Margareta (il padre era morto nel 1887); giunse a New York, passando per Ellis Island come tutti gli emigranti; stabilitosi nella Bowery (la parte inferiore dell'East End), dovette accorgersi ben presto che il suo ingenuo idealismo sulla società americana non corrispondeva affatto alle durissime condizioni di sfruttamento cui i lavoratori immigrati erano sottoposti.

Lavorò ovunque e facendo qualsiasi mestiere; minatore, spaccalegna, scaricatore di porto. Per spostarsi divenne uno hobo, viaggiando sui treni merci e campando in mille posti, dove lo portava il lavoro

Joe Hill si iscrisse agli IWW (Industrial Workers of the World, i celebri Wobblies) circa nel 1910. Scrisse canzoni ispirate alle esperienze dei lavoratori del suo tempo che, pubblicate nell' IWW Little Red Songbook, divennero ben presto famosissime nel mondo intero. Tra queste ricordiamo Rebel Girl, The Preacher and the Slave, e, soprattutto, Casey Jones; tutte furono usate e cantate durante i grandi raduni sindacali e durante gli scioperi.

Joe Hill arrivò nello stato dell'Utah nel 1913 e trovò lavoro nelle miniere di Park City, presso la città di Murray, dove viveva una cospicua comunità svedese. Nel 1914 fu accusato dell'omicidio di un negoziante di Salt Lake City, John A. Morrison, e processato solo su base indiziaria. Joe Hill fu condannato a morte per impiccagione e ne conseguì una battaglia internazionale per impedire la sua esecuzione da parte dello stato dell'Utah.

I sostenitori di Hill dichiararono che la condanna a morte di Hill era in realtà dovuta ai "boss del rame" dell'Utah, che avevano cospirato contro di lui per togliersi di mezzo uno scomodissimo avversario. Ciò non fu mai dimostrato chiaramente, ma è invece appurato che il clima e le opinioni nello stato dell'Utah erano decisamente ostili agli IWW e a Joe Hill. Il Presidente Woodrow Wilson intervenne due volte per impedirne l'esecuzione, ma i suoi tentativi fallirono; Joe Hill fu messo a morte presso la Prigione di Stato dell'Utah a Sugar House, il 19 novembre 1915.

Fin dal giorno dopo la sua esecuzione, Joe Hill divenne un eroe popolare ed un martire del lavoro, un simbolo della Poco prima dell'esecuzione, le sue ultime parole sembrano essere state: Don't mourn for me: organize! ("Non piangetemi: organizzatevi!").

La vita di Joe Hill è stata oggetto di numerose trasposizioni nel corso degli anni: biografie, racconti, romanzi, film, pièces teatrali e canzoni sono state scritte su di lui

 

 

 

 

 

 

Nel frattempo in Italia ed in Europa :

 

ANNO 1914

 

"Settimana Rossa".
Durante una provocatoria manifestazione antimilitarista promossa il 7 giugno da anarchici e repubblicani un reparto di carabinieri apre il fuoco sulla folla in subbuglio ad Ancona, uccidendo tre manifestanti. Di conseguenza il 9 giugno è dichiarato lo sciopero generale senza nemmeno attendere l'effettiva delibera di CGdL e PSI. Alla chiusura di numerose attività e alla diserzione delle fabbriche si accompagnano manifestazioni che in molte città sfociano in tumulto e scontri con le forze dell'ordine. Nonostante gli ardori profusi dal socialista rivoluzionario Benito Mussolini, dal repubblicano Pietro Nenni e dall'anarchico Errico Malatesta nell'intento di conventire lo sciopero in rivoluzione contro il governo e la monarchia, le agitazioni cessano quasi ovunque tra il 12 e il 13 giugno. Più che per repressione governativa lo scioperò si esaurisce da solo per la disorganizzazione e la scarsa maturità delle capacità rivoluzionarie dei leaders estremisti, i quali non riescono a radicare nella maggioranza degli scioperanti la volontà di "andare fino in fondo". A tutto si somma la prevalente indifferenza di Confederazione sindacale e Partito Socialista.

 

La Settimana Rossa 7--14 giugno 1914

" Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. "

La Settimana Rossa fu la conseguenza di un'insurrezione popolare sviluppatasi ad Ancona e propagatasi dalle Marche alla Romagna, alla Toscana e ad altre parti d'Italia, tra il 7 e il 14 giugno 1914, per contestare una serie di riforme introdotte da Giovanni Giolitti. L'insurrezione è rimasta famosa perché i poliziotti aprirono il fuoco sui manifestanti. Ancora oggi gli storici dibattono sulle reali responsabilità dell'accaduto

Pietro Nenni, qualche tempo dopo, disse che a volere l'eccidio a tutti i costi era stata la polizia di Ancona, che lo aveva provocato e premeditato in combutta con le forze reazionarie.

Il comizio antimilitarista convocato il 7 giugno (anniversario dello Statuto Albertino), per l'abolizione delle "Compagnie di Disciplina nell'Esercito", per protestare contro il militarismo, contro la guerra, e a favore di Augusto Masetti e Antonio Moroni, due militari di leva. Il primo fu rinchiuso come pazzo nel manicomio criminale (aveva sparato al suo colonnello prima di partire per la guerra italo-turca), l'altro fu inviato in una Compagnia di Disciplina per le sue idee (era sindacalista-rivoluzionario). Essendo quella del 7 giugno una giornata piovosa, si decise di spostare il comizio alle ore 18 alla "Villa Rossa"[1] sede del partito repubblicano di Ancona. Alla presenza di circa 600 persone, repubblicani, anarchici e socialisti, parlano il segretario della Camera del Lavoro, Pietro Nenni, Pelizza, Errico Malatesta per gli anarchici e Marinelli per i giovani repubblicani. Dalla villa si decise si muovere verso la vicina piazza Roma dove si stava tenendo un concerto della banda militare.

La forza pubblica, volutamente distribuita su due ali in modo da bloccare l'accesso alla piazza e far defluire in fila indiana verso la periferia della città la folla, dopo aver avvisato i manifestanti con ripetuti squilli di tromba, iniziò a picchiare indiscriminatamente, mentre dai tetti e dalle finestre delle case furono lanciati pietre e mattoni. Alcuni colpi di pistola vennero esplosi: secondo i rivoltosi da una guardia di pubblica sicurezza, mentre i carabinieri sostenevano che fossero partiti dalla folla. A seguito di questo, i carabinieri aprirono il fuoco: spararono circa 70 colpi. Tre dimostranti furono uccisi: Antonio Casaccia, di 24 anni, e Nello Budini, di 17 anni, entrambi repubblicani, morirono all'ospedale, mentre l'anarchico Attilio Gianbrignoni, di 22 anni, morì sul colpo. Vi furono anche cinque feriti tra la folla e diciassette tra i carabinieri.

Un'ondata di indignazione si sparse subito per tutta la città, mentre le forze di polizia si tenevano cautamente distanti.

Il Comitato Centrale del Sindacato dei Ferrovieri era riunito ad Ancona e su proposta di Errico Malatesta dichiarò lo sciopero di categoria, che per motivi organizzativi iniziò il 9 giugno, in concomitanza dei funerali dei manifestanti che tuttavia si svolsero in maniera abbastanza tranquilla, e in alcune regioni solo il 10. I moti dalle Marche e dalla Romagna, si propagarono in Toscana ed in altre parti d'Italia. Lo sciopero generale durò un paio di giorni, la successiva mobilitazione dell'esercito convinse il sindacato ad abbandonare la lotta.

" Furono sette giorni di febbre durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata. "

 

La rivolta fallì a causa della mancanza di unità: non c'erano organizzazioni in grado d'incanalare le forze e dare loro un programma.

 

 

( da wikipedia )

 

 

 

 

Il 28 giugno, con l'assassinio a Sarajevo di Francesco Ferdinando d'Austria, comincia il valzer delle dichiarazioni di guerra che in pochi mesi porterà ad un immane scontro tra Germania, Impero Austro-Ungarico e Turchia da una parte e Inghilterra, Francia e Russia dall'altra. L'Italia, al momento legata agli Imperi Centrali da un trattato, decide inizialmente di non intervenire. Prendono il via nel frattempo trattative segrete con l'Inghilterra.
L'opinione pubblica, il mondo politico e gli ambienti intellettuali sono divisi da accese dispute tra interventisti e neutralisti.

 

 

 

La guerra in Europa scoppia il 28 luglio 1914 .

La guerra pone la Nazione di fronte a un coacervo di sentimenti contrastanti , e propone di fronte ai problemi antichi di paese arretrato i problemi nuovi di scelta

 

l'alleanza con la triplice

l'irridentismo

L'interventismo

l'internazionalismo

i problemi sociali

 

L'interventismo spezza i partiti popolari

Gli stessi anarchici si pongono di fronte alla guerra su posizioni diverse

 

Inizia una "campagna per l'intervento che vede schierati sindacalisti come CORRIDONI E DE AMBRIS , anarchici come

 

Gli anarchici individualisti spezzini si schierano decisamente contro la guerra

 

 

 

 "…Ed allora , siatene pur certi che gli Herve' e i Bissolati non mancheranno e noi tutti verremo travolti in questa macabra orgia di sangue. Compagni ! Tutto il proletariato italiano subisce le piu' vergognose umiliazioni ,

migliaia e migliaia di disoccupati e migliaia e migliaia di emigranti subiscono le piu' dolorose vie crucis . In nome dell'umanitarismo si sono organizzate delle associazioni di soccorso che non sono altro , praticamente , che delle vere e proprie congregazioni di carita' .

Le Camere del Lavoro sudano le proverbiali sette camicie per la costituzione di pentole comuniste con le quali non si fa altro che umiliare il proletariato , facendo opera infame contro la Rivoluzione Sociale. Questo invadente e morboso sentimentalismo ( cristiano ) mi fa francamente schifo ! Uccide la virilita' e castra l'uomo . Queste trovate da isteriche da marciapiede ributtano la santa causa proletaria che attende i suoi degni soldati ….

Il momento e' propizio : non guerra ma Rivoluzione! Si cominci con l'espropriazione e proclamiamo la Societa' dei Liberi e degli Uguali …..Viva la Rivoluzione Sociale!

 

RENZO NOVATORE articolo su IL LIBERTARIO

 

 

 

 

L'individuo deve negare a se stesso la guerra dei padroni, disertando l'inutile tragedia che interessa solo costoro.


RENZO NOVATORE

 

 


-Compagni! Il sangue scorre a torrenti ai confini di questo lembo di terra chiamato Italia. La politica di chi ci governa è ferocemente e spudoratamente cinica, poichè in una bella notte quando tutti saranno ubriacati dal veleno di tutti i falsi "sovversivi" interventisti (e... patriotticamente guerrafondai) e i torrenti di sangue andranno maggiormente sgorgando ai nostri confini, il Governo italico ci tufferà dentro il tricolore e all'alba ci dirà che è necessario difendersi (dichiarando guerra al "nemico d'oltre frontiera"). (da "Il libertario",1914)

RENZO NOVATORE

 


- Oh, se vi considerassi ancora degni del nostro disprezzo! Se potessimo ancora onorarvi della nostra sferza! Ma la mota con la quale avete sostituito il vostro cervello ed il vostro cuore, l'avete raccolta in paludi troppo pestifere per potervi ancora degnare di tutto ciò! (accusa contro gli ex libertari divenuti interventisti)

RENZO NOVATORE

 

 

 

 

 

 

 

.

20 Maggio 1915 R.D. numero 795 il circondario di La Spezia viene dichiarato Piazza di guerra di conseguenza il potere militare si sovrappone al potere civile e s'instaura la censura sui giornali e sulla stampa .

Il primo a farne le spese e' il Libertario , che il 24 maggio usciva quasi totalmente censurato con gli spazi bianchi ed era costretto a sospendere le pubblicazioni sino alla fine di Luglio.

.

 

 

L'Italia entra in guerra il 24 maggio 1915

 

 

 

 

 

Dalle tavole della mitica Domenica del Corriere

 

 

 

E le rane partirono... Partirono verso il regno della suprema viltà umana. Partirono verso il fango di tutte le trincee. Partirono.... E la morte venne! Venne ebbra di sangue e danzò macabramente sul mondo.
Danzò con piedi di folgore... Danzò e rise... Rise e danzò... Per cinque lunghi anni.
Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un'idea...
Che cosa idiota morire senza sapere il perchè... (dal poema "Verso il nulla creatore")

RENZO NOVATORE

 

 

Ah! plebe! plebe! Non hai dunque tu ancora compreso il suo linguaggio? Povera plebe! E pensare che anche i ciechi dovrebbero accorgersi ormai che chi non sa accettare l'eterna guerra per la propria affermazione ed il trionfo, deve accettare l'eterna schiavitù per il trionfo dei favolosi fantasmi, nemici dichiarati dell' IO. Sì, o plebe, io mi sono deciso ad essere, una volta tanto, sincero fino in fondo con te. Ed ecco che cosa ti dice la mia sincerità: Oggi tu ti sacrifichi sulle insanguinate trincee per una causa non tua, domani potrai forse sacrificarti nelle contrade insanguinate della Rivoluzione, per permettere poi che un nuovo verme parassitario e corroditore sorga sui mari di sangue uscito a caldi e fumanti fiotti dalle tue vene bronzee per ergersi a nuovo idolo a sedersi sopra di te proprio al pari dell'antico Dio...
Tu vuoi continuare ancora a vivere inginocchiata. Ma io ho compreso la vita. E chi ha compreso la vita non può vivere inginocchiato.

RENZO NOVATORE

 

 

 

Vi sono dei momenti nella vita, dei momenti angosciosi e strazianti, nei quali il pianto è solo dei forti, degli audaci, di coloro che nuotano disperatamente contro il torrente...
Oh, essi caddero i "pochi"! Caddero nel fango insanguinato delle trincee, con il cuore orribilmente squarciato dalla polvere e dal ferro omicida... Eppure entro quei cuori generosi e buoni vi stava chiuso tutto un superbo e grandioso sogno d'amore...

RENZO NOVATORE


- Tacito fu implacabilmente inesorabile contro tutti i responsabili delle guerre atroci che devastarono tutta l'umanita' dei tempi suoi. Ma Tacito visse in una di quelle infelici (?) epoche in cui le guerre venivano chiamate "barbarie" anche dai grandi storici come Egli stesso era. Mentre invece al secolo nostro e di Benedetto Croce, la guerra chiamasi "civilta' "! Quando si dice i tempi !...

RENZO NOVATORE



- Lucrezio, il quale visse in un'epoca satura di orrori guerreschi, cantava i suoi carmi alla Venere, dea dell'Amore, supplicandola di placare le ire feroci di Marte.
Gabriele D'Annunzio, improvvisatosi a novello Omero(?), pizzica la sua lira facendone scaturire l'osanna al bestiale dio della guerra acciocchè possa diventare ancor più bestiale e crudele. Anche questa potrebbe essere una questione dei tempi, ma io credo che sia piuttosto una questione di vanità e di... quattrini!

 

 RENZO NOVATORE

 

 

 

 

 

DANTE CARNESECCHI UN UOMO DIFFIDENTE ED ASTUTO

Della sua avventura americana nessun cenno da nessuna parte , solo le carte di Ellis island a dimostrarlo

Quello che per altri poteva essere un vanto era motivo per lui di silenzio

 

 

 

Novembre 1915

 

RIENTRO IN ITALIA DI DANTE CARNESECCHI : ............UN FUCILE E UNA CHITARRA

 

 

Rientra in Italia ed ha con se un fucile automatico ed una chitarra : due oggetti che sono la sintesi della sua vita

Rientra in Italia tra il giugno e il novembre 1915 e una volta presentatosi al distretto nel novembre viene immediatamente inviato al fronte

 

 

 

per la cortesia di Daniele Girardini della Associazione storica cime e trincee

www.cimeetrincee.it

www.cadutigrandeguerra.it

 

 

 

 

 

GIUNTO AL DISTRETTO REDUCE DALL’ ESTERO

 

Perche' Dante ritorna in Italia proprio pochi mesi dopo lo scoppio della guerra ?

Non posso pensare fosse sua intenzione di partecipare alla guerra

Forse negli USA aveva vissuto un esperienza di rivolta nelle miniere di Pueblo

Forse era costretto ad abbandonare gli stati Uniti

Forse tornava preoccupato di lasciar sole le sue tre donne durante la guerra ? ( ma se fosse stato inviato al fronte le avrebbe lasciate sole comunque ……………… )

Forse qualche malattia in famiglia

Forse era preoccupato perche’ se fosse stato dichiarato disertore non avrebbe piu’ potuto rientrare in Italia e la sua intenzione era invece quella di rientrare

Forse……………………………

 

 

 

 

Il 22 aprile 1915 viene richiamato

Il 1 giugno 1915 ………………………………..

Il 24 novembre 1915 si presenta al distretto REDUCE DALL’ ESTERO

Il 27 novembre 1915 e' gia in zona di guerra col 28 mo reggimento di fanteria Brigata Pavia ( per la cortesia di Daniele Girardini "Associazione storica Cime e trincee"

 

 

 

 

ANNO 1916

 

 

Nell'aprile del 1916 Dante viene definitivamente riformato per epilessia ( simulata ) con determinazione dell'Ospedale militare di Ravenna

Il 29 aprile viene congedato in seguito alla suddetta rassegna . Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver servito con fedelta' ed onore.

 

Non sembrano esserci nel comportamento manifesti segnali anarchici . Ma Dante in ogni momento della sua vita si mostra molto astuto nel dissimulare le sue azioni. E' sicuramente un uomo abile nel mostrarsi innocente anche quando e' colpevole

 

 

A La Spezia nel 1916 si temette per un moto insurrezionale che avrebbe dovuto coinvolgere la Val di Magra ( ASLa Spezia Prefettura busta numero 6 ; Sandro Antonini : Storia della Liguria durante il fascismo )

 

 

 

Alle ore 16 del 3 Luglio 1916

La Spezia, molo Pirelli/Pagliari

UN ESPLOSIONE SPAVENTOSA

 

Il pontile «Pirelli» si spingeva in mare per un centinaio di metri, proprio dinnanzi a Pagliari, ed era stato costruito dalla Società Wickers Terni per imbarcare parte delle armi da guerra costruite dalla stessa Società. Inoltre, il pontile veniva utilizzato dalla Regia Marina Militare per l’imbarco di munizioni per l’armamento della flotta da guerra e per la difesa costiera nei numerosi Forti sulle alture che circondavano la Base navale della Spezia. Le munizioni erano rifornite dalla polveriera di Valdilocchi (ove avveniva il caricamento dei proiettili) e quindi depositate e immagazzinate nella Santa Barbara della vicina Ferarezzola a Vallegrande. Le polveriere erano cinte da mura, con garitte, ove permanentemente montavano la guardia i marinai, La polveriera di Valdilocchi fu uno dei primi insediamenti militari nella zona di Fossamastra-Pagliari negli anni 1860, Del pontile, saltuariamente, se ne serviva anche lo stabilimento d'Artiglieria situato a Pagliari, ove si fabbricavano e caricavano munizioni per pezzi di artiglieria terrestri e campali e dove era depositata l’attrezzatura occorrente per il trasporto delle munizioni a dorso di mulo, come basti, sellami e finimenti di vario genere. Lo stabilimento fu costruito nel 1888 ed era presidiato da soldati del 21° Fanteria, Il pontile aveva preso il nome dall’omonimo confinante stabilimento della Pirelli (specializzato nel costruire cavi telefonici sottomarini che venivano de- positati a stesi nel fondo marino dalla nave posacavi «Città di Milano»), era do- tato di binari ferroviari ed era adibito al solo attraccaggio di navi militari per l’imbarco di munizioni e armi da guerra, che solitamente venivano trasportate tramite mezzi ferroviari. Dopo il disastro venne ricostruito più ampio, prolungato di alcune centina- nia di metri, come tutt'oggi si può vedere. In quell’assolato pomeriggio del 3 luglio 1916, alle ore 16,30, tre vagoni carichi di munizioni sostavano sul pontile, pronte per essere imbarcate, quando da un vagone cominciò ad uscire del fumo. Subito il personale addetto, al comando del capitano d’Artiglieria Gandolfo, responsabile della manovra d’imbarco, diede l’allarme. Immediatamente la nave li attraccata prese il largo, mentre accorrevano i marinai della vicina polveriera Valdilocchi con i militari che in quel momento si trovavano a transitare in zona, tra cui anche tre finanzieri; di questi tre ne venne eretto un cippo alla memoria. Tutti i soccorritori, pur sapendo del grave pericolo che incombeva, si prodigavano freneticamente per lo spegnimento, formando una catena umana e passandosi secchi di tela pieni d’acqua che attingevano dal mare. Ma, constatato che l’operazione non portava alcun risultato e i minuti inesorabilmente passavano, il capitano Gandolfo prese un’ultima disperata decisione: tentare di gettare in mare i vagoni. Mancando la motrice ordinò a tutti i numerosi presenti (si parlò di oltre un centinaio) di spingere a forza di braccia i vagoni, in modo che, con l’abbrivio, demolissero la barriera di fine corsa posta al limite del pontile. Ma questa non cedette, anzi provocò la terribile deflagrazione e la strage in cui perirono non solo quei prodi soccorritori ma i numerosissimi bagnanti — nella maggior parte giovani — della vicina spiaggia che, essendo di luglio, era gremita. Tra le vittime i molti curiosi che non valutarono il pericolo e non ascoltarono i disperati avvertimenti del personale di servizio che sventolava delle bandiere rosse. Fu anche la fatalità che, nel momento dello scoppio, proprio davanti al pontile stava passando il tram carico di bagnanti. I più rimasero uccisi. Fu una catastrofe, con centinaia di morti e feriti. Immediatamente, da tutti i settori militari e civili, partirono i soccorsi che si trovarono di fronte una apocalittica visione. Corpi dilaniati e straziati, brandelli di carne e ossa umane sparpagliati ovunque per un raggio di centinaia di metri. Se ne trovavano contro i grossi platani del viale San Bartolomeo e a penzoloni ai pochi mozziconi di rami scheletriti e sfogliati che avevano resistito alla deflagrazione, tra i cespugli; in mare a decine erano i corpi che galleggiavano. Ne furono trovati anche sui tetti delle case circostanti, che per la totalità erano danneggiate. Mentre i feriti venivano trasportati subito negli ospedali militari e civili, la pietosa raccolta dei corpi straziati prosegui per alcuni giorni. Infine intervenne uno speciale corpo di militari con cani addestrati alla ricerca di eventuali macabri resti umani non visti e nascosti nelle siepi o tra i cespugli............................. L’esatto numero delle vittime di quella sciagura non fu mai accertato. Si parlò di diverse centinaia. I quotidiani dell’epoca, per ordine governativo, dovevano cercare di mimetizzare il fatto, per ragioni psicologiche, dal momento che si era in guerra contro l’Austria e si parlava di un sabotaggio o di un attentato nemico. Perciò tutti i quotidiani avevano l’ordine tassativo di riportare solo il comunicato della Stefani (che era l’Agenzia di informazioni governativa), pena l’essere censurati. Sicché i più diffusi quotidiani nazionali, come Il Caffero di Genova e Il Popolo d’Italia non accennarono per niente al fatto. Solo Il Corriere della Sera, del 5 luglio 1916, riporta questo annuncio: «La Stefani comunica: il giorno 3 alle ore 16,30, nelle adiacenze del porto della Spezia, una scatola di polvere causò l’incendio di tre carri ferroviari carichi di esplosivi. Si hanno da lamentare parecchie vittime e danni materiali ai fabbricati adiacenti al luogo dello scoppio. Si è recato alla Spezia il Sottosegretario di Stato italiano per le munizioni, generale Dall’Olio per stabilire le cause dello scoppio e ricercare eventuali responsabilità». Il 6 luglio, in un altro articolo, così scrive: «Ieri sera, si ebbero sul luogo importanti funerali delle vittime, con la partecipazione del Sottosegretario generale Dall’Olio, i deputati Orlandini, Cimati e Framberti, il prefetto di Genova, grande ufficiale Mario Rebucci, tutte le autorità militari e cittadine e una immensa folla. Tutti i negozi e cinema sono stati chiusi per lutto cittadino». Questo comunicato che era della Stefani, venne riportato su tutti i quotidiani.

 

Giulio Negroni - IL BORGO DI FOSSAMASTRA Un tuffo nel suo passato ------------------ripreso da wikispedia

 

 

 

Nel 1917 pero' anche il certificato penale comincia a mostrare i segni di una certa attivita'

OLTRAGGIO ALLE AUTORITA'

Nel 1918 :

DETENZIONE DI MATERIALE ESPLODENTE

 

 

 

Dopo l'esonero posso presumere , solo presumere , che Dante entrasse a lavorare nella Vickers Terni dove lo ritroveremo operaio nel giugno 1919 (vd istruttoria per i fatti di Santo Stefano )

 

Fece anche il noleggiatore di biciclette , probabilmente come secondo lavoro o forse come copertura , di fatto amava correre in bicicletta .

 

 

 

Antonio Bianchi :

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 ……………… Nelle fabbriche i ritmi aumentavano e la produzione bellica veniva sfornata in modo sempre piú vertiginoso: dalla Ternì cannoni e mitragliere; in arsenale proiettili; al cantiere Fiat S. Giorgio di Muggiano sommergibili e navi da guerra. Si rendeva drammatico il problema degli approvvigionamenti e degli alloggi; la popolazione infatti dai 79.000 abitanti del 1914 passerà a 96.000 nel 1916 e a 103.000 alla fine del conflitto. Le autorità militari e civili, impegnate nel pieno controllo delle popolazioni, vigilavano con particolare cura la classe operaia: " Le maestranze della Terni sono formate in gran parte da elementi sovversivi e rappresentano una forza organizzatrice di tutto il movimento operaio in questa città e sono guidate da anarchici e sindacalisti pericolosi " . La conclusione era di richiamare i sovversivi al fronte o di trasferirli, mentre si provvedeva a stendere una lista di 30 nomi scelti tra i piú " pericolosi ".

 

Malgrado lo stato di guerra ponesse tutta una serie eli limitazioni alle fondamentali libertà civili, dall'estate del 1916 alla primavera del 1917 si ebbero una serie di agitazioni operaie per il carovita. Nel luglio 1916 gli operai della Terni ponevano una serie di rivendicazioni chiedendo aumenti dal 10% al 30% sui salari, che oscillavano dalle 4 alle 6 lire al giorno, e aumenti sino al 100% per il lavoro notturno effettuato oltre 14 ore lavorative (si lavorava senza sosta per fabbricare cannoni di grosso calibro). Si chiedeva infine il riconoscimento della commissione interna'. Lo stesso accadeva alla Cerpelli e all'arsenale, dove gli operai, a ritmi pesantissimi, sfornavano materiale bellico per alimentare il fronte. Nel novembre, dopo quattro mesi di trattative, la vertenza della Terni si chiudeva con un parziale accoglimento delle rivendicazionì.

Intanto le indagini sugli " operai sovversivi " della Terni erano andate avanti e nel marzo 1917 una apposita commissione del Comitato di mobilitazione industriale aveva provveduto a revocare gli esoneri di leva a 20 operai dello stabilimento, che impiegava in quel momento ben 3.500 unità. Immediata però era la risposta operaia e il 12 marzo 7 i rappresentanti degli operai della Terni, nella sede del sindacato metallurgico, minacciavano lo sciopero di protesta, se si fosse proceduto nella revoca degli esoneri denunciando la commissione stessa come strumento di ricatto, in quanto, dietro la questione degli esoneri, si mostrava il movente politico mirante a stroncare l'organizzazione sindacale dei lavoratori nella fabbrica e a colpire gli elementi politicamente piú preparati con la deportazione al fronte. Tale situazione era anche dovuta alla nomina a comandante in capo della piazza marittima, nel febbraio 1917, dell'ammiraglio Cagni, autoritario e nazionalista, disposto ad usare i mezzi estremi per arginare le rivendicazioni operaie. Questi, alla data del suo insediamento, aveva rivolto un severo richiamo agli operai dell'arsenale, minacciando di spedire al fronte i meno solerti. Anche stavolta però e l'esigenza di non fermare la produzione bellica e la pressione esercitata dall'unità operaia riuscivano ad evitare le deportazioni politiche.

Che le masse lavoratrici avessero tutti i motivi di agitarsi, soprattutto per il carovita, lo dìcevano i prezzi: nel 1917 il pane era salito a 46 cent. al kg., lo zucchero a 1,94 lire al kg., il vino 0,68 lire al litro, il caffè 3,90, ecc.

Stretti dal forte aumento del costo della vita, nel luglio erano i dípendentí delle tranvie elettriche ad avviare una nuova agitazione e, dopo una serie di trattative, ottenevano una indennità di caroviverì in ragione di 35 cent. al giorno e un orario di servizio massimo di 10 ore. Restava in piedi, tra le tante assurdità, la tassa di esonero che ogni quindicina gli operai pagavano allo Stato, come ringraziamento per non venir spedití al fronte.

Le autorità militari, capeggiate dal Cagni e sostenute dalle autorità civili interventiste, come il dr. Piola, nuovo sindaco della città, e il gruppo dei repubblicani facente capo a Ciro Corradetti, si rendevano sempre piú conto dell'azione organizzativa ed ideale compiuta dal Libertario e dall'Avanti! che orientavano ostinatamente la classe operaia e il piccolo.gruppo di intellettuali pacifisti, contribuendo, ogni giorno che la guerra procedeva, ad isolare quei dirigenti della classe operaia che erano finiti tra gli interventisti. Soprattutto Il Libertario era divenuto la bandiera anche di tutti i socialisti fedeli alla direzione del partito e riuscí persino ad informare, come fece l'Avanti!, dei risultati delle conferenze di Zimmerwald e di Kienthal, sfuggendo alla censura.

La coraggiosa azione dei due giornali, le lotte rivendicatíve mai cessate in piena guerra e l'isolamento dei dirigenti interventisti della CdL preoccupavano di certo le autorità militari, decise a sostenere la produzione di guerra e a mantenere la disciplina. Di conseguenza, nel settembre 1917, il Cagni dava un primo giro di vite esautorando l'amministrazione comunale con un decreto luogotenenziale che ínstaurava il commissario del governo.

Era il primo passo per la costituzione di una dittatura militare in tutto il circondario.

 

Da Antonio Bianchi :

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

 

( estratto )

Le autorità militari e civili, impegnate nel pieno controllo delle popolazioni, vigilavano con particolare cura la classe operaia: " Le maestranze della Terni sono formate in gran parte da elementi sovversivi e rappresentano una forza organizzatrice di tutto il movimento operaio in questa città e sono guidate da anarchici e sindacalisti pericolosi " .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli USA dichiararono la guerra alla Germania il 7 aprile 1917

 

 

 

 

Rivoluzione russa febbraio ---------25 ottobre 1917 tanto per mettere una data

 

Caporetto 24 ottobre 1917

 

 

 

Anno 1918

 

La sorella Isolina si sposa il primo luglio 1918 con Guido Danieli

 

Nel 1918 prima ancora della fine della guerra il viceprefetto segue con preoccupazione le agitazioni degli operai delle fabbriche spezzine che tentano di organizzarsi ( Sandro Antonini : Storia della Liguria durante il fascismo )

 

 

 

 

Alla fine del 1918 termina la guerra ( 4 novembre 1918 ultimo "Bollettino di guerra" con la Vittoria )

 

Comando Supremo, 4 Novembre 1918, ore 12



La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso Ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuna divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatre divisioni austroungariche, è finita.

La fulminea e arditissima avanzata del XXIX corpo d'armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, dell'VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.

Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.

L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecento mila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinque mila cannoni.

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.


Gen. ARMANDO DIAZ

 

 

 

 

Sempre dalle tavole della mitica Domenica del Corriere

 

 

 

 

 

 

ANNO 1919

 

 

Nella Germania sconfitta a Berlino gli Spartachisti nel gennaio rovesciano il governo

L'impresa dura pochi giorni

Truppe di volontari li neutralizzano : Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che avevano comandato la rivolta vengono fucilati

 

Nell'Ungheria il comunista Bela Kun prende il potere e riesce a mantenerlo da marzo a luglio

 

 

 

Conseguenze della rivoluzione russa nell'immaginario collettivo in Italia

 

Molto trascurata dagli storici la possibilita' reale di una rivoluzione in Italia

In realta' ben presente nella testa delle masse che pur moderate vivendo in condizioni di estrema difficolta sarebbe bastato poco a spingere verso quella direzione

Ci furono momenti che la rivoluzione sembro' essere l'unico sbocco possibile

 

 

 

disoccupazione

 

 

 

 

inflazione e caro viveri : rivendicazioni operaie e rivendicazioni dei reduci

 

 

 

Errico Malatesta (14/12/1853 - 22/7/1932)………………In Italia, nel 1914, fu tra i principali promotori della settimana rossa, dopo la sua conclusione negativa fu costretto ad un nuovo esilio in Inghilterra.

Nel 1919, tornò clandestinamente in Italia, e a Genova fu accolto da una folla oceanica, che lo invocò come il Lenin d’Italia.

Tra il 1919 ed il 1920 partecipò al biennio rosso, e

Nel 1920 fondò e diresse il quotidiano anarchico "Umanità Nova" (50mila copie di tiratura). Nello stesso anno promosse l’organizzazione dell’Unione Anarchica Italiana (UAI) con più di trentamila iscritti……………………………………………………………………

 

 

 

 

 

 
CHE COSA VOGLIAMO
di Errico Malatesta, scritto nel 1919
Il programma dell'Unione Anarchica Italiana è il programma comunista anarchico rivoluzionario, che già da cinquant'anni fu sostenuto in Italia nel seno della I Internazionale sotto il nome di programma socialista, che più tardi si distinse col nome di socialista anarchico, e che poi, in seguito e per reazione alla crescente degenerazione autoritaria e parlamentare dei movimento socialista, si disse semplicemente anarchico.

1. Che cosa vogliamo

Noi crediamo che la più gran parte dei mali che affliggono gli uomini dipende dalla cattiva organizzazione sociale, e che gli uomini volendo e sapendo, possono distruggerli.
La società attuale è il risultato delle lotte secolari che gli uomini han combattuto tra di loro. Non comprendendo i vantaggi che potevano venire a tutti dalla cooperazione e dalla solidarietà, vedendo in ogni altro uomo (salvo al massimo i più vicini per vincoli di sangue) un concorrente ed un nemico, han cercato di accaparrare, ciascun per sé, la più grande quantità di godimenti possibili, senza curarsi degli interessi degli altri. Data la lotta, naturalmente i più forti, o i più fortunati, dovevano vincere ed in vario modo sottoporre ed opprimere i vinti.
Fino a che l'uomo non fu capace di produrre di più di quello che bastava strettamente al suo mantenimento, i vincitori non potevano che fugare e massacrare i vinti ed impossessarsi degli alimenti da essi raccolti.
Poi, quando con la scoperta della pastorizia e dell'agricoltura un uomo potè produrre più di ciò che gli occorreva per vivere, i vincitori trovarono più conveniente ridurre i vinti in schiavitù e farli lavorare per loro.
Più tardi, i vincitori si accorsero che era più comodo, più produttivo e più sicuro sfruttare il lavoro altrui con un altro sistema: ritenere per sé la proprietà esclusiva della terra e di tutti ì mezzi di lavoro, e lasciar nominalmente liberi gli spogliati, i quali poi non avendo mezzi di vivere, erano costretti a ricorrere ai proprietari ed a lavorare per conto loro, ai patti che essi volevano.
Così, man mano, attraverso tutta una rete complicatissima di lotte di ogni specie, invasioni, guerre, ribellioni, repressioni, concessioni strappate, associazioni di vinti unitisi per la difesa, e di vincitori unitisi per l'offesa, si è giunti allo stato attuale della società in cui alcuni detengono ereditariamente la terra e tutta la ricchezza sociale, mentre la gran massa degli uomini, diseredata di tutto, è sfruttata ed oppressa dai pochi proprietari.
Da questo dipendono lo stato di miseria in cui si trovano generalmente i lavoratori, e tutti i mali che dalla miseria derivano: ignoranza, delitti, prostituzione. Da questo, la costituzione di una classe speciale (governo), la quale, fornita di mezzi materiali di repressione, ha missione di legalizzare e difendere i proprietari contro le rivendicazioni dei proletari; e poi si serve della forza che ha, per creare a sé stessa dei privilegi e sottomettere, se può, alla sua supremazia anche la stessa classe proprietaria. Da questo, la costituzione di un'altra classe speciale (il clero), la quale con una serie di favole sulla volontà di Dio, sulla vita futura, ecc., cerca d'indurre gli oppressi a sopportare docilmente l'oppres-sione, ed al pari del Governo oltre di fare gli interessi dei proprietari, fa anche i suoi propri. Da questo, la formazione di una scienza ufficiale che è, in tutto ciò che può servire agl'interessi dei dominatori, la negazione della scienza vera. Da questo, lo spirito patriottico, gli odi di razza, le guerre, e le paci armate talvolta più disastrose delle guerre stesse. Da questo, l'amore trasformato in tormento o in turpe mercato. Da ciò l'odio più o meno larvato, la rivalità, il sospetto fra tutti gli uomini, l'incertezza e la paura per tutti.
Tale stato di cose noi vogliamo radicalmente cambiare. E poiché tutti questi mali derivano dalla lotta fra gli uomini, dalla ricerca del benessere fatta da ciascuno per conto suo e contro tutti, noi vogliamo rimediarvi sostituendo all'odio l'amore, alla concorrenza la solidarietà, alla ricerca esclusiva del proprio benessere la cooperazione fraterna per il benessere di tutti, alla oppressione ed all'imposizione la libertà, alla menzogna religiosa e pseudoscientifica la verità. Dunque:
      1. Abolizione della proprietà privata della terra, delle materie prime e degli strumenti di lavoro, perché nessuno abbia il mezzo di vivere sfruttando il lavoro altrui, e tutti, avendo garantiti i mezzi per produrre e vivere, siano veramente indipendenti e possano associarsi agli altri liberamente; per l'interesse comune e conformemente alle proprie simpatie.
      2. Abolizione dei Governo e di ogni potere che faccia la legge e la imponga agli altri: quindi abolizione di monarchie, repubbliche, parlamenti, eserciti, polizie, magistratura, ed ogni qualsiasi istituzione dotata di mezzi coercitivi.
      3. Organizzazione della vita sociale per opera di libere associazioni e federazioni di produttori e consumatori, fatte e modificate secondo la volontà dei componenti, guidati dalla scienza e dall'esperienza e liberi da ogni imposizione che non derivi dalle necessità naturali, a cui ognuno, vinto dal sentimento stesso della necessità ineluttabile, volontariamente si sottomette.
      4. Garantiti i mezzi di vita, di sviluppo, di benessere ai fanciulli ed a tutti coloro che sono impotenti a provvedere a loro stessi.
      5. Guerra alle religioni ed a tutte le menzogne, anche se si nascondono sotto il manto della scienza. Istituzione scientifica per tutti e fino ai suoi gradi più elevati.
      6. Guerra alle rivalità ed ai pregiudizi patriottici. Abolizione delle frontiere: fratellanza fra tutti i popoli.
      7. Ricostruzione della famiglia in quel modo che risulterà dalla pratica dell'amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso
2. Vie e mezzi

Abbiamo esposto a sommi capi qual'è lo scopo che vogliamo raggiungere quale l'ideale pel quale lottiamo.
Ma non basta desiderare una cosa: se si vuole ottenerla davvero bisogna impiegare i mezzi adatti al suo conseguimento. E questi mezzi non sono arbitrari, ma derivano, necessariamente, dal fine cui si mira e dalle circostanze nelle quali si lotta; giacché ingannandosi sulla scelta dei mezzi, non si raggiungerebbe il fine propostosi, ma un altro, magari opposto che sarebbe conseguenza naturale, necessaria, dei mezzi adoperati. Chi si mette in cammino e sbaglia strada, non va dove vuole, ma dove lo porta la strada percorsa.
Occorre dunque, dire quali sono i mezzi che, secondo noi, conducono allo scopo prefissoci, e che noi intendiamo adoperare.
Il nostro ideale non è di quelli il cui conseguimento dipende dall'individuo considerato isolatamente. Si tratta di cambiare il modo di vivere in società, di stabilire tra gli uomini rapporti di amore e solidarietà, di conseguire la pienezza dello sviluppo materiale, morale e intellettuale, non per un dato partito, ma per tutti quanti gli esseri umani - e questo non è cosa che si possa imporre colla forza, ma deve sorgere dalla coscienza illuminata di ciascuno ed attuarsi mediante il libero consentimento di tutti.
Nostro primo compito quindi deve essere quello di persuadere la gente. Bisogna che noi richiamiamo l'attenzione degli uomini sui mali che soffrono e sulla possibilità di distruggerli. Bisogna che suscitiamo in ciascuno la simpatia pei mali altrui ed il desiderio vivo del bene di tutti.
A chi ha fame e freddo noi mostreremo come sarebbe possibile, e facile, assicurare a tutti la soddisfazione dei bisogni materiali. A chi è oppresso e vilipeso, noi diremo come si può vivere felicemente in una società di liberi e uguali; a chi è tormentato dall'odio e dal rancore, noi additeremo la via per raggiungere, amando i propri simili, la pace e la gioia del cuore.
E quando saremo riusciti a far nascere nell'animo degli uomini il sentimento di ribellione contro i mali ingiusti ed inevitabili di cui si soffre nella società presente, ed a far comprendere quali sono le cause di questi mali e come dipenda dalla volontà umana l'eliminarli; quando avremo ispirato il desiderio vivo, prepotente, di trasformare la società per il bene di tutti, di coloro che li han preceduti nella convinzione, si uniranno e vorranno, e potranno, attuare i comuni ideali.
Sarebbe - lo abbiam già detto - assurdo ed in contraddizione col nostro scopo di voler imporre la libertà, l'amore fra gli uomini, lo sviluppo integrale di tutte le facoltà umane, per mezzo della forza. Bisogna dunque contare sulla libera volontà degli altri, e la sola cosa che possiamo fare è quella di provocare il formarsi ed il manifestarsi di detta volontà. Ma sarebbe però egualmente assurdo e contrario al nostro scopo l'ammettere che coloro i quali non la pensano come noi c'impediscano di attuare la nostra volontà, sempre che essa non leda il loro diritto ad una libertà uguale alla nostra.
Libertà dunque per tutti di propagare ed esperimentare le proprie idee, senza altro limite che quello che risulta naturalmente dall'eguale libertà di tutti.
Ma a questo si oppongono - e si oppongono colla forza brutale - coloro che sono i beneficiari degli attuali privilegi e dominano e regolano tutta la vita sociale presente.
Essi hanno in mano tutti i mezzi di produzione; e quindi sopprimono non solo la possibilità di esperimentare nuovi modi dì convivenza sociale, non solo il diritto dei lavoratori di vivere liberamente col proprio lavoro, ma anche lo stesso diritto all'esi-stenza; ed obbligano chi non è proprietario a lasciarsi sfruttare ed opprimere se non vuole morire di fame.
Essi hanno polizie, magistrature, eserciti creati appositamente per difendere i loro privilegi; e perseguitano, incarcerano, massacrano coloro che vogliono abolire quei privilegi e reclamano i mezzi di vita e la libertà per tutti.
Gelosi dei loro interessi presenti ed immediati, corrosi dallo spirito di dominazione paurosi dell'avvenire. essi, i privilegiati, sono, generalmente parlando, incapaci di uno slancio generoso, sono incapaci benanco di una più larga concezione dei loro interessi. E sarebbe follia sperare ch'essi rinunzino volontariamente alla proprietà ed al potere, e si adattino ad essere gli eguali dì coloro che oggi tengono sottoposti.
Lasciando da parte l'esperienza storica (la quale dimostra che mai una classe privilegiata si è spogliata, in tutto o in parte dei suoi privilegi, e mai un governo ha abbandonato il potere se non vi è stato obbligato dalla forza o dalla paura della forza), bastano i fatti contemporanei per convincere chiunque che la borghesia ed i governi intendono impiegare la forza materiale per difendersi, non solo contro l'espropriazione totale, ma anche contro le più piccole pretese popolari, e son pronti sempre alle più atroci persecuzioni, ai più sanguinosi massacri. Al popolo che vuole emanciparsi non resta altra via che quella di opporre la forza alla forza.
Risulta da quanto abbiamo detto che noi dobbiamo lavorare, per risvegliare negli oppressi il desiderio vivo di una radicale trasformazione sociale, e persuaderli che unendosi, essi hanno la forza di vincere; dobbiamo propagare il nostro ideale e preparare le forze morali e materiali necessari a vincere le forze nemiche, e ad organizzare la nuova società. E quando avremo la forza sufficiente dobbiamo, profittando delle circostanze favorevoli che si producono o creandole noi stessi, fare la rivoluzione sociale, abbattendo, colla forza, il governo, espropriando, colla forza, i proprietari; mettendo in comune i mezzi di vita e di produzione, ed impedendo che nuovi governi vengano ad imporre la loro volontà e ad ostacolare la riorganizzazione sociale fatta direttamente dagli interessati.
Tutto questo però è meno semplice di quello che potrebbe a prima giunta parere. Noi abbiamo da fare cogli uomini quali sono nell'attuale società, in condizioni morali e materiali disgraziatissime; e c'inganneremo pensando che basta la propaganda per elevarli a quel grado di sviluppo intellettuale e morale che è necessario all'attua-zione dei nostri ideali.
Tra l'uomo e l'ambiente sociale vi è un'azione reciproca. Gli uomini fanno la società come essa è e la società fa gli uomini come essi sono, e da ciò risulta una specie di circolo vizioso. Per trasformare la società bisogna trasformare gli uomini e per trasformare gli uomini bisogna trasformare la società.
La miseria abbruttisce l'uomo e per distruggere la miseria bisogna che gli uomini abbiano coscienza e volontà. La schiavitù educa gli uomini ad essere schiavi e per liberarsi dalla schiavitù v'è bisogno di uomini aspiranti alla libertà. L'ignoranza fa sì che gli uomini non conoscano le cause dei loro mali e non sappiano rimediarvi, e per distruggere l'ignoranza bisogna che gli uomini abbiano il tempo ed il modo d'istruirsi.
Il governo abitua la gente a subire la legge ed a credere che la legge sia necessaria alla società; e per abolire il governo bisogna che gli uomini siano persuasi della sua inutilità e del suo danno.
Come uscire da questo circolo vizioso?
Fortunatamente la società attuale non è stata formata dalla volontà illuminata di una classe dominante, che abbia potuto ridurre tutti i dominati a strumenti passivi ed incoscienti dei suoi interessi. Essa è il risultato di mille lotte intestine, di mille fattori naturali ed umani agenti casualmente senza criteri direttivi; e quindi non vi sono divisioni nette né tra gli individui né tra le classi.
Infinite sono le varietà dì condizioni materiali; infiniti i gradi di sviluppo morale ed intellettuale; e non sempre - diremmo quasi molto raramente - il posto che uno occupa in società corrisponde alle sue facoltà ed alle sue aspirazioni. Spessissimo alcuni individui cadono in condizioni inferiori a quelle a cui sono abituati, ed altri, per circostanze eccezionalmente favorevoli, riescono ad elevarsi a condizioni superiori a quelle in cui sono nati. Una parte notevole del proletariato è già arrivata ad uscire dallo stato di miseria assoluta, abbrutente, o non ha mai potuto esservi ridotta; nessun lavoratore, o quasi nessuno si trova nello stato di incoscienza completa, di completa acquiescenza alle condizioni che gli fanno i padroni. E le stesse istituzioni, quali sono state prodotte dalla storia, contengono delle contraddizioni organiche che sono come dei germi di morte, i quali sviluppandosi producono la dissoluzione dell'istituzione e la necessità della trasformazione.
Da ciò la possibilità dei progresso; ma non la possibilità di portare, per mezzo della propaganda, tutti gli uomini al livello necessario perché vogliano e facciano l'anarchia, senza un'anteriore graduale trasformazione dell'ambiente.
Il progresso deve camminare contemporaneamente, parallelamente negli individui e nell'ambiente; dobbiamo profittare di tutti i mezzi di tutte le possibilità, dì tutte le occasioni che ci lascia l'ambiente attuale, per agire sugli uomini e sviluppare la loro coscienza ed i loro desideri; dobbiamo utilizzare tutti i progressi avvenuti nella coscienza degli uomini per indurli a reclamare ed imporre quelle maggiori trasformazioni sociali che sono possibili e che meglio servono ad aprire la via a progressi ulteriori
Noi non dobbiamo aspettare dì poter fare l'anarchia ed intanto limitarci alla semplice propaganda. Se facessimo così, presto avremmo esaurito il campo; avremmo convertiti cioè, tutti quelli che nell'ambiente sono suscettibili di comprendere ed accettare le nostre idee e la nostra ulteriore propaganda resterebbe sterile; o se delle trasformazioni d'ambiente elevassero nuovi strati popolari alla possibilità di ricevere idee nuove, ciò avverrebbe senza l'opera nostra, forse contro l'opera nostra e quindi con pregiudizio delle nostre idee.
Noi dobbiamo cercare che il popolo, nella sua totalità o nelle sue frazioni, pretenda, imponga, prenda da sé tutti i miglioramenti, tutte le libertà che desidera, man mano che giunge a desiderarle ed ha la forza di imporle; e propagandando sempre tutto intero il nostro programma e lottando sempre per la sua attuazione integrale, dobbiamo spingere il popolo a pretendere ed imporre sempre di più fino a che non ha raggiunto l'eman-cipazione completa.
3. La lotta economica

L'oppressione che, oggi, più direttamente preme sui lavoratori, e che è la causa principale dì tutte le soggezioni morali e materiali cui i lavoratori sottostanno, è l'oppres-sione economica, vale a dire lo sfruttamento che i padroni e i commercianti esercitano su di loro, grazie all'accaparramento di tutti i grandi mezzi di produzione e di scambi.
Per sopprimere radicalmente e senza pericolo di ritorno questa oppressione, occorre che il popolo tutto sia convinto del diritto che esso ha all'uso dei mezzi di produzione, e che attui questo suo diritto primordiale espropriando i detentori dei suolo e di tutte le ricchezze sociali e mettendo quello e queste a disposizione di tutti.
Ma si può ora stesso metter mano a questa espropriazione? Si può oggi passare direttamente, senza gradi intermedi, dall'inferno in cui si trova ora il proletariato, al paradiso della proprietà comune?
I fatti dimostreranno di che cosa i lavoratori sono oggi capaci. Compito nostro è quello di preparare il popolo, moralmente e materialmente, a questa necessaria espropriazione; e di tentarla e ritentarla, ogni volta che una scossa rivoluzionaria ce ne presenta l'occasione fino al trionfo definitivo Ma in che modo possiamo preparare il popolo? In che modo preparare le condizioni che rendano possibile, non solo il fatto materiale dell'espropriazione, ma l'utilizzazione, a vantaggio di tutti, della ricchezza comune?
Abbiamo detto antecedentemente che la sola propaganda, parlata o scritta, è impotente a conquistare alle nostre idee tutta quanta la grande massa popolare. Occorre una educazione pratica, la quale sia a volta a volta causa ed effetto di una graduale trasformazione dell'ambiente Occorre che a mano a mano che si sviluppati nei lavoratori il senso di ribellione contro le ingiuste e inutili sofferenze di cui son vittime, ed il desiderio di migliorare le loro condizioni, essi, uniti e solidali tra loro, lottino per il conseguimento di quel che desiderano. E noi, e come anarchici e come lavoratori, dobbiamo provocarli ed incoraggiarli alla lotta e lottare con loro.
Ma sono possibili, in regime capitalistico, questi miglioramenti? Sono essi utili, dal punto di vista della futura emancipazione integrale dei lavoratori?
Qualunque siano i risultati pratici della lotta per i miglioramenti immediati, l'utilità principale sta nella lotta stessa. Con essa gli operai imparano ad occuparsi dei loro interessi di classe, imparano che il padrone ha interessi opposti al loro e che essi non possono migliorare le loro condizioni ed anche meno emanciparsi, se non unendosi e diventando più forti dei padroni. Se riescono ad ottenere quello che vogliono, staranno meglio: guadagneranno di più, lavoreranno meno, avranno più tempo e più forza per riflettere alle cose che loro interessano, e sentiranno subito desideri maggiori, bisogni maggiori. Se non riescono, saran condotti a studiare le cause dell'insuccesso ed a riconoscere la necessità di maggiore unione, di maggiore energia; e comprenderanno infine che a vincere sicuramente e definitiva niente occorre distruggere il capitalismo. La causa della rivoluzione, la causa dell'elevamento morale del lavoratore e della sua emancipazione non possono che guadagnare dal fatto che i lavoratori si uniscono e lottano per ì loro interessi.
Ma, ancora una volta, è possibile che i lavoratori riescano, nell'attuale stato di cose, a migliorare realmente le loro condizioni?
Ciò dipende dal concorso di una infinità di circostanze. Malgrado ciò che dicono alcuni, non esiste una legge naturale (legge dei salari), la quale determina la parte che va al lavoratore sul prodotto del suo lavoro: o, se legge si vuol formulare, essa non potrebbe essere che questa: il salario non può scendere normalmente ai disotto di quel tanto che è necessario alla vita, né può normalmente salire tanto da non lasciare nessun profitto al padrone.
È chiaro che nel primo caso gli operai morrebbero e quindi non riscuoterebbero più salario, e nel secondo i padroni cesserebbero di far lavorare e quindi non pagherebbero più salari. Ma tra questi i due estremi impossibili vi sono una infinità di gradi, che vanno dalle condizioni miserabili di molti lavoratori agricoli fino a quelle quasi decenti degli operai dei buoni mestieri nelle grandi città.
Il salario, la lunghezza della giornata e tutte le altre condizioni del lavoro sono il risultato della lotta tra padroni e lavoranti. Quelli cercano di dare ai lavoranti il meno che possono e di farli lavorare fino a esaurimento completo; questi cercano, o dovrebbero cercare, di lavorare il meno e guadagnare il più che possono. Dove i lavoratori si contentano di tutto, o, anche essendo scontenti. non sanno opporre valida resistenza ai padroni, sorto presto ridotti a condizioni animalesche di vita: dove invece essi hanno un concetto alquanto elevato del modo come dovrebbero vivere degli esseri umani, e sanno unirsi e, mediante il rifiuto di lavoro e la minaccia latente o esplicita di rivolta, imporsi rispetto ai padroni, essi sono trattati in modo relativamente sopportabile. In modo che può dirsi che il salario dentro certi limiti, è quello che l'operaio (non come individuo, s'intende, ma come classe) pretende.
Lottando dunque, resistendo contro i padroni, i lavoratori possono impedire, fino ad un certo punto. che le loro condizioni peggiorino ed anche ottenere dei miglioramenti reali. E la storia del movimento operaio ha già dimostrato questa verità.
Bisogna però non esagerare la portata di questa lotta combattuta tra operai e padroni sul terreno esclusivamente economico. I padroni possono cedere, e spesso cedono, innanzi alle esigenze operaie energicamente espresse, fino a quando non si tratti di pretese troppo grosse, ma quando gli operai incominciassero (ed è urgente elle incomincino) a pretendere un tale trattamento che assorbirebbe tutto il profitto dei padroni e riuscirebbe così ad una espropriazione indiretta, è certo che i padroni farebbero appello si governo e cercherebbero di costringere gli operai a restare nella loro posizione di schiavi salariati.
Ed anche prima, ben prima che gli operai possano pretendere di ricevere in compenso del loro lavoro l'equivalente di tutto ciò che han prodotto, la lotta economica diventa impotente a continuare a produrre il miglioramento delle condizioni dei lavoratori.
Gli operai producono tutto e senza di loro non si può, vivere: quindi sembrerebbe che rifiutando il lavoro essi potessero imporre tutto ciò che vogliono. Ma l'unione di tutti i lavoratori anche di un sol mestiere, anche di un sol paese, è difficile ad ottenere, ed all'unione degli operai si oppone l'unione dei padroni. Gli operai vivono alla giornata e, se non lavorano, presto mancano di pane; mentre i padroni dispongono, mediante il denaro, di tutti i prodotti già accumulati, e quindi possono tranquillamente aspettare che la fame abbia ridotti a discrezione i loro salariati. L'invenzione o l'introduzione di nuove macchine rende inutile l'opera di un gran numero di operai ed accresce il grande esercito dei disoccupati, che la fame costringe a vendersi a qualunque condizione. L'immigrazio-ne apporta subito nei paesi dove gli operai riescono a star meglio, delle folle di lavoratori famelici che, volendo o no, offrono ai padroni il modo di ribassare i salari. E tutti questi fatti, derivanti necessariamente dal sistema capitalistico, riescono a controbilanciare il progresso della coscienza e della solidarietà operaia: spesso camminano più rapidamente di questo progresso e lo arrestano e lo distruggono. Ed in tutti i casi resta sempre il fatto primordiale che la produzione, in sistema capitalistico, è organizzata da ciascun capitalista per il suo profitto individuale e non già per soddisfare come sarebbe naturale, nel miglior modo possibile, i bisogni dei lavoratori. Quindi il disordine, lo sciupio di forze umane, la scarsezza voluta dei prodotti, i lavori inutili e dannosi, la disoccupazione, le terre incolte, il poco uso delle macchine ecc. - tutti mali che non si possono evitare se non levando ai capitalisti il possesso dei mezzi di lavoro e quindi la direzione della produzione.
Presto dunque si presenta per gli operai, che intendono emanciparsi o anche solo di migliorare seriamente le loro condizioni, la necessità di attaccare il governo, il quale, legittimando il diritto di proprietà e sostenendola colla forza brutale, costituisce una barriera innanzi al progresso, che bisogna abbattere colla forza se non si vuole restare indefinitamente nello stato attuale e peggio.
Dalla lotta economica bisogna passare alla lotta politica, cioè alla lotta contro il governo; ed invece di opporre ai milioni dei capitalisti gli scarsi centesimi a stento accumulati dagli operai, bisogna opporre ai fucili ed ai cannoni che difendono la proprietà, quei mezzi migliori che il popolo potrà trovare per vincere la forza con la forza.
4. La lotta politica
Per la lotta politica intendiamo la lotta contro il governo. Governo è l'insieme di quegl'individui che detengono il potere, comunque acquistato, di far la legge ed imporla ai governanti, cioè al pubblico.
Conseguenza dello spirito di dominio e della violenza con cui alcuni uomini si sono imposti agli altri, esso è, nello stesso tempo, creatore e creatura del privilegio e suo difensore naturale.
Erroneamente si dice che il governo compie oggi la funzione di difensore del capitalismo, ma che abolito il capitalismo esso diventerebbe rappresentante e gerente degli interessi generali. Prima di tutto il capitalismo non si potrà distruggere se non quando i lavoratori, cacciato il governo, prendano possesso della ricchezza sociale ed organizzino la produzione ed il consumo nell'interesse di tutti, da loro stessi, senza aspettare l'opera di un governo il quale, anche a volerlo, non sarebbe capace di farlo.
Ma v'è di più: se il capitalismo fosse distrutto e si lasciasse sussistere un governo, questo, mediante la concessione di ogni sorta di privilegi lo creerebbe di nuovo poiché non potendo accontentar tutti avrebbe bisogno di una classe economicamente potente che lo appoggi in cambio della protezione legale e materiale che ne riceve.
Per conseguenza, non si può abolire il privilegio e stabilire solidamente e definitivamente la libertà e l'uguaglianza sociale se non abolendo il governo, non questo o quel governo, ma l'istituzione stessa del governo.
Però, in questo, come in tutti i fatti d'interesse generale, più che in qualunque altro occorre il consenso della generalità: e perciò dobbiamo sforzarci di persuadere la gente che il governo è inutile e dannoso, e che si può vivere meglio senza governo.
Ma, come abbiamo già ripetuto, la sola propaganda è impotente a convincere tutti - e se noi volessimo limitarci a predicare contro il governo, aspettando altrimenti inerti, il giorno in cui il pubblico sarà convinto della possibilità ed utilità di abolire completamente ogni specie di governo, quel giorno non verrebbe mai.
Sempre predicando contro ogni specie di governo, sempre reclamando la libertà integrale, noi dobbiamo favorire tutte le lotte per le libertà parziali, convinti che nella lotta s'impara a lottare e che incominciando a gustare un po' di libertà si finisce col volerla tutta. Noi dobbiamo sempre essere col popolo, e quando non riusciamo a fargli pretender molto, cercare che almeno cominci a pretender qualche cosa: e dobbiamo sforzarci perché apprenda, poco o molto che voglia, a volerlo conquistare da sé, e tenga in odio ed in disprezzo chiunque sta o vuole andare al governo.
Poiché il governo tiene oggi il potere di regolare, mediante le leggi, la vita sociale ed allargare o restringere la libertà dei cittadini, noi non potendo ancora strappargli questo potere, dobbiamo cercare di diminuirglielo e dì obbligarlo a farne l'uso meno dannoso possibile Ma questo lo dobbiamo fare stando sempre fuori e contro il governo, premendo su di lui mediante l'agitazione della piazza minacciando di prendere per forza quello che si reclama. Mai dobbiamo accettare una qualsiasi funzione legislativa, sia essa generale o locale, poiché facendo così diminuiremmo l'efficacia della nostra azione e tradiremmo l'avvenire della nostra causa.
La lotta contro il governo si risolve, in ultima analisi, in lotta fisica, materiale.
Il governo fa la legge. Esso dunque deve avere una forza materiale (esercito e polizia) per imporre la legge, poiché altrimenti non vi ubbidirebbe che chi vuole ed essa non sarebbe più legge, ma una semplice proposta che ciascuno è libero di accettare e di respingere. Ed i governi questa forza l'hanno, e se ne servono per potere con leggi fortificare il loro dominio e fare gl'interessi delle classi privilegiate, opprimendo e sfruttando i lavoratori.
Limite all'oppressione del governo è la forza che il popolo si mostra capace di opporgli. Vi può essere conflitto aperto o latente, ma conflitto v'è sempre; poiché il governo non si arresta innanzi il malcontento ed alla resistenza popolare se non quando sente il pericolo dell'insurrezione.
Quando il popolo sottostà docilmente alla legge, o la protesta è debole e platonica, il governo fa i comodi suoi senza curarsi dei bisogni popolari; quando la protesta diventa viva, insistente, minacciosa, il governo, secondo che è più o meno illuminato, cede o reprime. Ma sempre si arriva all'insurrezione, perché se il governo non cede, il popolo acquista fiducia in sé e pretende sempre di più, fino a che l'incompatibilità tra la libertà e l'autorità diventa evidente e scoppia il conflitto violento.
È necessario dunque prepararsi moralmente e materialmente perché allo scoppio della lotta violenta la vittoria resti al popolo.
L'insurrezione vittoriosa è il fatto più efficace per l'emancipazione popolare, poiché il popolo, scosso il giogo, diventi libero di darsi a quelle istituzioni che egli crede migliori, e la distanza che passa tra la legge, sempre in ritardo, ed il grado di civiltà a cui è arrivata la massa della popolazione, è varcata d'un salto. L'insurrezione determina la rivoluzione, cioè il rapido attuarsi delle forze latenti accumulate durante la precedente evoluzione.
Tutto sta in ciò che il popolo è capace di volere. Nelle insurrezioni passate il popolo, inconscio delle ragioni vere dei suoi mali, ha voluto sempre molto poco, e molto poco ha conseguito.
Che cosa vorrà nella prossima insurrezione? Ciò dipende in parte dalla nostra propaganda e dall'energia che sapremo spiegare.
Noi dovremmo spingere il popolo ad espropriare i proprietari e mettere in comune la roba, ed organizzare la vita sociale da sé stesso, mediante associazioni liberamente costituite, senza aspettare gli ordini di nessuno e rifiutando di nominare o riconoscere qualsiasi governo, qualsiasi corpo costituito, che sotto un nome qualunque (costituente, dittatura, ecc.) si attribuisca, sia pure a titolo provvisorio, il diritto di far la legge ed imporre agli altri con la forza la propria volontà.
E se la massa dei popolo non risponderà all'appello nostro, noi dovremo - in nome del diritto che abbiamo di esser liberi anche se gli altri vogliono restare schiavi e per l'efficacia dell'esempio - attuare da noi quanto più potremo delle nostre idee, e non riconoscere il nuovo governo, e mantenere viva la resistenza, e far si che le località dove le nostre idee saranno simpaticamente accolte si costituiscano in comunanze anarchiche, respingano ogni ingerenza governativa, stabiliscano libere relazioni con le altre località e pretendano di vivere a modo loro.
Noi dovremo, soprattutto, opporci con tutti i mezzi alla ricostituzione della polizia e dell'esercito, e profittare dell'occasione propizia per eccitare i lavoratori delle località non anarchiche a profittare della mancanza di forza repressiva per imporre quelle maggiori pretese che a noi riesca indurli ad avere.
E comunque vadano le cose continuare sempre a lottare, senza un istante di interruzione, contro i proprietari e contro i governanti avendo sempre in vista la emancipazione completa, economica, politica e morale di tutta quanta l'umanità.
5. Conclusione
Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.
E per raggiungere questo scopo supremo noi crediamo necessario che i mezzi di produzione siano a disposizione di tutti, e che nessun uomo, o gruppo di uomini possa obbligare gli altri a sottostare alla sua volontà né esercitare la sua influenza altrimenti che con la forza della ragione e dell'esempio.
Dunque, espropriazione dei detentori dei suolo e del capitale a vantaggio di tutti, abolizione del governo. Ed aspettando che questo si possa fare: propaganda dell'ideale; organizzazione delle forze popolari; lotta continua, pacifica o violenta secondo le circostanze, contro il governo e contro i proprietari per conquistare quanto più si può di libertà e di benessere per tutti.


"IL NOSTRO PROGRAMMA! di Errico Malatesta - EDIZIONI DEL MATESE 1995 - No Copyright
 

 

 

 

 

 

il Riformismo : opera di freno alle iniziative rivoluzionarie del PSI

 

 

 

 

 

Il nazionalismo spezza la Sinistra

 

 

 

 

 

Fascismo

 

Articolo de Il Popolo d'Italia del 18 marzo 1919 di Benito Mussolini in cui si annunzia la creazione e il programmo dei Fasci di combattimento

Noi partiamo dal terreno della Nazione ,della guerra ,della vittoria.. Partiamo insomma dall'interventismo.......noi rivendichiamo il diritto e proclamiamo il dovere di trasformare , se sara' inevitabile , anche con metodi rivoluzionari , la vita italiana .............Noi prendiamo le mosse da quel maggio che fu squisitamente rivoluzionario .....quello fu il primo episodio della rivoluzione

 

Il 23 marzo 1919 a Milano in una sala della sede dell'Alleanza Industriale e Commerciale in piazza San Sepolcro Mussolini ed un centinaio di altri aderenti (ex combattenti , arditi ,interventisti di varia provenienza politica , futuristi) fondarono i Fasci italiani di Combattimento

 

Il gruppo piu' compatto era quello dei Sindacalisti e degli Anarchici che durante la campagna per l'intervento che durante la campagna per l'intervento avevano dato vita ai fasci d'azione rivoluzionaria sotto le bandiere di Corridoni e di De Ambris

Poi c'era la pattuglia dei futuristi guidata personalmente da Filippo Tommaso Marinetti

I Futuristi da movimento culturale ed artistico cercavano di trasformarsi in un movimento politico anche se con una certa difficolta' , visto che al loro interno c'erano elementi le cui posizioni politiche e di pensiero erano molto diverse: dai nazionalisti ,agli anarchici

Un altro gruppo erano i Trinceristi tra cui spiccavano gli Arditi

 

 

A La Spezia il primo Fascio di combattimento fu fondato il 21 Aprile 1919

Gli arditi erano gli appartenenti alle truppe d'assalto , protagonisti delle gesta piu valorose compiute in guerra

 

 

 

 

Manifesto pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 6 giugno 1919.

 

 

Italiani!

Ecco il programma nazionale di un movimento sanamente italiano.
Rivoluzionario, perchè antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perchè antipregiudizievole.
Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti.
Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali, ecc. li tracceremo quando avremo creata la classe dirigente.

 

Per questo NOI VOGLIAMO:

 

Per il problema politico

a) — Suffragio universale a scrutinio di Lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.

b) — Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni; quello per i Deputati abbassato ai 25 anni.

c) — L’abolizione del Senato.

d) — La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.

e) — La formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e col diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro.

 

Per il problema sociale:

NOI VOGLIAMO:

a) — La sollecita promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.

b) — I minimi di paga.

c) — La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.

d) — L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.

e) — La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.

f) — Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sull’invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.

 

Per il problema militare:

NOI VOGLIAMO:

a) — L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione e compito esclusivamente difensivo.

b) — La nazionalizzazione di tutte le Fabbriche di Armi e di esplosivi.

c) — Una politica estera nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni pacifiche della civiltà, la nazione italiana nel mondo.

 

Per il problema finanziario:

NOI VOGLIAMO:

a) — Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera ESPROPRIAZIONE PARZIALE di tutte le ricchezze.

b) — Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense Vescovili, che costituiscono una enorme passività per la Nazione, e un privilegio di pochi.

c) — La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra, ed il sequestro dell’85% dei profitti di guerra.

 

 

 

 

 

 

La questione fiumana

 

da Wikipedia

 

 

 

 

 

 

l'incontro con il Poeta riabilito' Mussolini agli occhi dei Nazionalisti ....

Il suo sogno restava di ricomporre intorno a se' il vecchio fronte delle sinistre interventiste. E il momento sembrava favorevole . Anch'esse erano schierate per Fiume .Anch'esse erano ben decise ad opporsi al grande sciopero - il cosidetto scioperissimo - che i socialisti avevano in animo di bandire in tutti i paesi dell'occidente per protestare contro gli aiuti che mandavano agli eserciti russi fedeli allo Zar in rivolta contro il regime di Lenin

( Indro Montanelli )

 

 

 

 

 

 

 

Da ANTONIO BIANCHI :

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

Nei centri della Lunigiana e della Versilia , come in mote altre citta' d'Italia , si erano diffuse , prima ancora della fine del conflitto le prime notizie frammentarie che annunciavano la presa di potere da parte di Lenin e dei bolscevichi. Entusiasmo e grandi speranze accendevano ora gli animi degli strati popolari che guardavano alla prima rivoluzione socialista della storia , il cui destino era ancora in forse , ma che tuttavia andava a rischiarare l'orizzonte del proletariato urbano.

La repubblica "sovietista " era un punto di riferimento preciso ; era finita l'utopia , era riscattata la Comune di Parigi , cresceva incontrollata la spinta massimalista all'interno della sinistra italiana ed europea , aumentava in Italia la schiera di coloro che volevano << fare come la Russia >>

Alla notizia della rivoluzione d'ottobre in Russia - racconta Tommaso Lupi, allora operaio ai cantieri Ansaldo - malgrado la censura vi fu in città un grande entusiasmo tra gli operai e il nome magico di Lenin circolava su tutte le bocche; era inoltre trapelata la notizia che al fronte il generale Cappello, dopo Caporetto, applicava le decimazioni tra le truppe e di questo si parlava con sdegno; il compagno Bacigalupi, socialista, che aveva organizzato agitazioni nel cantiere in piena guerra per la riduzione dell'orario di lavoro a 8 ore (se ne facevano allora 12, dalle 7 alle 19) era stato spedito al fronte a combattere; ogni manifestazione o assembramento di piú di tre persone era proibito. La classe operaia di La Spezia, che era uscita dalla tragica esperienza della guerra, vedeva nella repubblica sovietica un punto di riferimento ora concreto, che era finalmente uscito dall'utopia, e nel partito socialista crescevano le spinte " massimaliste ", di coloro che volevano " fare come in Russia "

Ai primi del 1919 il clima politico andava rapidamente mutando. Le fabbriche, che avevano lavorato a pieno ritmo per la guerra, richiamando in città migliaia di lavoratori, cominciavano ora a smobilitare.

La Vickers Terni riduceva il personale a 900 operai, dei 3.500 del periodo bellico, e il costo della vita raggiungeva una delle punte piú alte. Malgrado la conquista delle otto ore di lavoro dei metallurgici, avvenuta in febbraio, gli aumenti salariali, dovuti ai duri scoperi , bastavano appena a tener testa all'aumento implacabile dei prezzi e alla svalutazione della lira, che oscillava liberamente, dopo che gli alleati avevano tolto il sistema del cambio fisso. Inoltre fra marzo e novembre di quell'anno undici classi, comprese dal 1886 al 1896, erano poste in congedo, andando ad aumentare la numerosa schiera dei disoccupatí, in un clima esasperato di inflazione galoppante.

Venuto meno il controllo sui cambi concordato con le potenze dell'Intesa , nel luglio del 1920 la lira ridurra' al 21,4 % il suo valore in oro rispetto all'anteguerra ( G.Amendola Storia del Partito Comunista italiano 1921-1943 Roma Editori Riuniti 1978 pg.28 )

A La Spezia era ripresa l'attivita' sindacale . La Camera Confederale del Lavoro , che era la piu' importante per iscritti e per prestigio , veniva diretta dal massimalista Federico Cassiano giunto a La Spezia da Vigevano nel giugno 1918 , e da un altro socialista Lombardo Lombardelli . A questa aderiva la federazione mettalurgica con le leghe dell'Ansaldo San Giorgio , la lega Wickers Terni , quella dei cantieri Orlando , la lega Cerpelli e la Federazione lavoratori dello stato con la sezione guerra ( S.Bartolomeo ) e la sezione marina ( Arsenale ) .

Infine aderivano altre 22 leghe fra le quali la sezione del sindacato ferrovieri italiani .

La vecchia Camera del Lavoro i cui dirigenti avevano aderito alla Lega di Leeds sulle posizioni interventiste , organizzava ancora una ventina di leghe con particolare influenza sul porto e veniva diretta dai dirigenti interventisti dell'anteguerra , Corradetti , Rafuzzi e Ravizzini

Vi era inoltre la Camera Sindacale aderente all'U.S.I. , seconda per importanza dopo la C.C.d.L. , che organizzava circa un quarto dei lavoratori specie nel settore metallurgico ed alla quale aderivano in

prevalenza socialisti e anarchici .

Infine l'Unione popolare sviluppava l'attivita' nel settore assistenziale , collegata a 82 gruppi parrocchiali che contavano 1414 iscritti ( Il Popolo 18 maggio 1918 )

Anche l'attivita' politica era in rapida ripresa : nella sinistra andavano crescendo le aspirazioni rivoluzionarie specialmente tra gli operai della Wickers Terni 4 dei cantieri navali Ansaldo

Anche la sezione socialista era in ripresa: il 4 febbraio 1919 la prefettura revocava il divieto di circolazione dell'Avanti! che riappariva nelle edicole mentre nelle sezioni socialiste le aspirazioni rivoluzionarie erano sempre piú precisate dai massimalisti.

Il partito Socialista stava rafforzandosi

Il 20 febbraio anche Il Libertario poteva riprendere le pubblicazioni, con redattore ancora Binazzí, ritornato dal confino assieme alla moghe Zélmira; anche la Camera sindacale aderente all'USI veniva ricostituita.

Vi era infine una lega proletaria tra mutilati ed invalicli di guerra. La vecchia CdL, diretta dal Corradetti e dagli interventisti Lazzaro Rafuzzi e Ravizzìni, organizzava ancora una ventina di leghe, anche se non poteva piú contare sui grandi stabilimenti. Anche il movimento cattolico si sforzava di penetrare tra gli strati popolari, pubblicando sul Popolo articoli con richieste di rivendicazioni sociali, ma sviluppando anche una serrata polemica antisocialista. 1 liberali costituzionali e i gruppi legati alle imprese capitalistiche apparivano invece disorientati per l'atteggiamento del movimento operaio, sempre piú incline ad isolare le frange riformiste disposte alla collaborazione di tipo turatiano.

La domenica 23 febbraio al Teatro civico i metallurgici ' con un comizio organizzato dalla CCdL, chiedevano la smobilitazione e il ritiro delle truppe dell'Intesa dalla " Russia soviettista ", e il ripristino in Italia delle libertà fondamentali. Nel marzo in tutta la Liguria gli operai erano in lotta per imporre il sabato " inglese ", mentre gli arsenalotti manifestavano per le 48 ore settimanali, con un comizio al quale partecipavano 5.000 persone; era la prima grossa manifestazione del dopoguerra . Tutti i dipendenti delle fabbriche erano in movimento; gli impiegati dell'Ansaldo, Terni e cantieri Orlando chiedevano il riconoscimento delle commissioni interne; i bancari erano in agitazione; gli aspetti economici e sociali delle lotte si andavano ad intrecciare con lo scontro sul terreno politico e con le aspirazioni rivoluzionarie delle masse organizzate del paese.

Il 23 marzo ad un comizio " pro vittime della guerra e della reazione " si presentavano uniti la sezione socialista, gli anarchici, la federazione metallurgici e gli arsenalotti; esattamente un mese dopo, il 23 aprile si teneva un'altra grande manifestazione di protesta per l'incendio dell'Avanti! avvenuto a Milano. Era insomma una fase di ripresa del movimento, che si apriva con la prospettiva e la speranza rivoluzionaria di fare " come la Russia "; e tale volontà era rinsaldata il l' maggio da una manifestazione unitaria attorno all'oratore ufficiale, Ottavio Pastore del PSI, che parlava ad una folla di socialistí, anarchici e democratici.

Intanto anche i nazionalisti si erano organizzati, dopo gli sporadici tentativi avvenuti negli anni precedenti. Al termine della guerra il nazionalista Ettore Andrea Mori, nel dicembre 1918, aveva costituito l'Associazione fra reduci della guerra italo-tedesca, che avrà però breve vita, come pure l'Associazione spezzina combattenti, sorta per opera dell'ex maggiore Emilio Toracca ".

Dopo la fondazione dei fasci di combattimento, avvenuta a Milano il 23 marzo, ad opera di Mussolini, a La Spezia, un mese dopo, il 21 aprile, nella sala Mazzini dell'Unione fraterna ` veniva costituito il fascio spezzino, ad iniziativa di Emilio Toracca e del fratello Enzo, di Ludovico Barattini, Luigi Fanelli, Luigi Cardinale, Antonio Camilli, Ciro Corradetti e Franco Antonelli: questo gruppo tuttavia non riusciva a dar vita ad un movimento collegato e sarebbe caduto nel dimenticatoio sino al marzo 1920. Il gruppo fascista appoggiato dai nazionalisti potrà invece presentarsi alle elezioni del novembre, in occasione delle quali avrà l'appoggio del foglio fascista L'Assalto, affiancato alla Battaglia del Corradetti: sarà questo nucleo ad inviare i propri delegati al congresso di Firenze nell'ottobre ".

Intanto, subito dopo la fondazione, il fascio spezzino aveva abbozzato un primo programma, dichiarandosi " risoluto a scendere in campo contro la piaga del bolscevismo nella nostra città " e in un o.d.g. precisava di delegare " alla locale società dei combattenti l'iniziativa di radunare tutte le forze sane della città per opporle al dilagare di questa piaga sociale ... pronti a riprendere l'opera ... contro il nuovo nemico della civiltà e della patria che vorrebbe disperdere il frutto della vittoria " `. Non erano che parole, ma ben presto vedremo come andranno i fatti con lo scatenamento delle rappresaglie squadriste.

Alla fine di giugno, caduto il ministero Orlando, Francesco Saverio Nitti si apprestava a formare il nuovo governo in un clima di agitazioni sempre piú serrate, mentre i prezzi salivano incessantemente, soprattutto per i generi di prima necessità, con gravi difficoltà di rifornimento dei mercati. Per parecchi giorni, in varie parti d'Italia, le folle esasperate davano l'assalto ai negozi, saccheggiandoli in uno dei momenti piú alti della situazione rivoluzionaria del dopoguerra. Da Forlí alle Romagne, da Ancona a Firenze e a Bologna, da Torino a Milano, i moti del carovita scoppiarono spontanei.

A La Spezia la CCdL, la sezione socialista e l'USI indicevano per l'8 giugno un comizio di protesta: si formava una commissione, che'otteneva dall'ufficio approvvigionamenti, diretto dal Giachino, un calmiere, con riduzioni dei prezzi dei beni di prima necessità, particolarmente per i generi ortofrutticoli. I grossisti rispondevano con una serrata, bloccando i rifornimenti alla città. Il mercoledí 11 le masse operaie davano il via ad uno sciopero generale; gli operai dei cantieri navali Ansaldo, della Terni, della Cerpelli e dell'arsenale si riversavano dalla zona industriale verso il centro della città. Una lunga colonna di lavoratori tumultuantí, guidati dagli operai dell'Ansaldo e della Terni, si avviava per via Chiodo e corso Cavour sin sotto al Municipio, dove confluivano circa 15.000 persone: un comitato composto da anarchici dell'USI e dal socialista Federico Cassiano, nuovo segretario della CCdL, tentava un inutile incontro con i pochi consiglieri presenti in Comune. Alcuni esponenti parlavano alla folla dal balcone del palazzo civico e si arrivava alla decisione assembleare che lo sciopero si sarebbe continuato finché le autorità non avessero preso provvedimenti per bloccare gli speculatori e diminuire i prezzi.

Mentre la riunione volgeva al termine, da una finestra, che molti dissero fosse una degli uffici Maggiani e Cappelli, veniva sparato un colpo di rivoltella, senza che in seguito si potesse mai identificare l'autore.

Nella situazione di confusione che ne seguí la folla esasperata si mise a saccheggiare i negozi circostanti: la Salumeria lombarda, che fu tra le prime ad essere assalita, fu completamente svuotata. La situazione andava precipitando: gli ufficiali ordinavano alla truppa, nel frattempo fatta affluire sul luogo, di sparare, ma i soldati rifiutavano; i carabinieri aprivano allora il fuoco e sul terreno restavano due morti e numerosi feriti, mentre la folla si sbandava e i negozi venivano piantonati da agenti e soldati. Nel tardo pomeriggio molti commercianti si recavano alla CdL, consegnando le chiavi dei negozi e pregando i sindacalisti di garantire la loro proprietà

Il 12 pomeriggio, durante un comizio, si decise il proseguimento dello sciopero. La città fu intanto stretta in stato d'assedio, con squadre di cavalleria che percorrevano le strade, mentre il comitato d'agitazione e le commissioni di negozianti si tenevano in contatto col sottoprefetto per evitare provocazioni che giustificassero l'intervento della truppa. Il 14 giugno, incaricato dalla direzione del PSI, giungeva l'on. Marangoni che teneva un comizio. Giungeva anche il leader anarchico Borghi; mentre il comitato chiedeva il rilascio degli arrestati, si avevano dal circondario notizie di nuovi arresti. Gli anarchici e l'USI ponevano come pregiudiziále per la fine dello sciopero il rilascio degli arrestati, i socialisti e la CCdL chiedevano invece che tale data fosse fissata per il lunedí 16. Intanto la sezione socialista emetteva un o.d.g. in cui, pur riconfermando la fiducia nel partito, polemizzava con " il pensiero troppo riformista del gruppo parlamentare " e auspicava un movimento generale delle masse, come la direzione stessa del PSI lasciava intendere per bocca del segretario, Lazzari. La spinta massimalista della base anche da La Spezia premeva sulla direzione del partito, il quale, invece di guidare gli avvenimenti e le masse, palleggiava la rivoluzione e le responsabilità con la CGL.

A La Spezia lo sciopero continuò sino al 17 e per circa un mese i negozi restarono chiusi. Ma già sul Libertario del 24 luglio si denunciava come assieme alla polizia fossero apparsi nelle perquisizioni alcuni " poliziotti volontari " non bene identificati e che costituivano un pericoloso precedente ad iniziativa probabilmente dei gruppi nazionalisti. Vennero mantenuti intanto i fermi di polizia e ristabilita la censura.

Gli operai erano perplessi:

Gran parte degli iscritti al partito socialista - ricorda Bebel Volta nella testimonianza rilasciata all'A. nel 1971 - si domandavano come mai il partito non prendesse posizione per orientare le masse; gli operai citavano la settimana rossa di Berlino, la rivoluzione ungherese e pensavano che anche in Italia fosse venuto il momento di fare la rivoluzione, tanto piú che a Spezia i soldati facevano causa comune col popolo, ed erano consci che altrimenti non sarebbe tardata la reazione borghese. Piú tardi vedemmo che con la strage di via Torino i fatti andavano in questo senso.

In realtà, malgrado la situazione insurrezionale in molte città del Nord, il clima non era maturo per una rivoluzione; i riformisti del PSI si adopravano per calmare le acque, mentre la vigilanza governativa si manteneva molto stretta. Il 6 giugno da Genova era arrivata una allarmata comunicazione, proveniente da Savona, nella quale si dava per certo che il PSI e Turati stavano preparando un piano " per l'istituzione in Italia di una repubblica di tipo ungherese " attraverso un vasto collasso dell'economia italiana con scioperi programmati e finanziati dall"estero, per poi giungere al potere, evitando gli scontri con la polizia, " fino al momento in cui si renderà facile e sicuro vibrare il colpo finale " "

sui tavoli dei prefetti, da La Spezia il giorno 9 si dava una risposta sulla situazione:

Non si può confermare quanto si dice a Savona, però in questi ultimi tempi si è notato un insolito movimento di sovversivi da e per Milano e Torino, che una larga attiva propaganda con tendenza comunista è svolta dai partiti socialista ufficiale ed anarchico, che locale CCdL sta svolgendo un'azione intesa per tenere unite e compatte le masse operaie [..La CCdL è ora diretta con fermezza ed energia da tale Cassiano Federico da Senigallia, qui giunto nel giugno dello scorso anno, proveniente da Vigevano, individuo intefligente, dotato di parola facile e persuasiva, audace, con precedenti politici ……. ha qui comperato una villa ed alcuni boschi, tiene una automobile [ è largo di mezzi nella propaganda, dà sussidi agli scioperanti, mostra di avere iniziative audaci e dispendiose, come quella che ora sta traducendosi in atto, dell'impianto di un restaurant cooperativo e di una casa del popolo a Follo. Si ritiene che i soldi arrivino dalla direzione del partito socialista di origine straniera .

Mentre i telegrammi delle prefetture erano pieni di supposti propositi insurrezionali, il 20 e il 21 luglio la CGL e la direzione socialista proclamavano uno sciopero di solidarietà per i soviet di Russia ed Ungheria.

Il 28 a La Spezia si fermavano i metallurgici, mentre all'Ansaldo S. Giorgio la direzione, per tutta risposta, proclamava la serrata, facendo occupare- lo stabilimento militarmente e invitando le varie cooperative metallurgiche del circondario a sostituire gli scioperanti con il miraggio di un lavoro fisso. Il tentativo di dividere la classe operaia non riusciva grazie all'azione unitaria della CCdL, dell'USI e della FOM, cattolica, da poco sorta. In questa occasione emergeva l'azione di Angelo Bacigalupi, operaio dell'Ansaldo, che si affermerà ben presto come dirigente operaio e membro del dírettivo della sezione socialista .

Lo sciopero terminava il 29 settembre, dopo due mesi di agitazioni, con un concordato stipulato nazionalmente.

Ci si avviava intanto verso le elezioni del novembre ' le prime del dopoguerra, in una fase di risveglio e di forte ripresa del movimento operaio, le cui avanguardie premevano per partecipare al potere. Anche il nuovo partito, comparso sulla scena politica, il Partito popolare italiano, sorto sin dal gennaio ad opera di don Luigi Sturzo, compren deva nel suo programma molti postulati democratici che andavano incontro, entro certi limiti, alle richieste dei lavoratori e specie dei contadini delle regioni centro-settentrionali, dove il sindacalismo cattolico stava conducendo le sue piú vive battaglie. Ma sulle questioni di natura economico-sociale il PPI rivelava il suo carattere sostanzialmente conservatore, teso con il suo interclassismo a comporre anche gli interessi di gruppi conservatori e persino reazionari.

Il PSI, cui guardava la stragrande maggioranza della classe operaia, che spingeva per la presa del potere, stava vivendo uno dei suoi maggiori momenti di ascesa. Il numero degli iscritti era infatti passato dai 57.900 del 1914 -agli 83.500 del 1919, che diverranno 210.000 nel 1920. Ma il partito era travagliato da una profonda crisi interna, che lo rendeva sempre più incapace di comprendere gli avvenimenti e di indicare alle masse una sicura linea d'azione: i riformisti speravano ancora in una graduale evoluzione sociale; i massimalisti, ostili alla collaborazione con le forze borghesi, erano tuttavia incapaci di una decisa azione rivoluzionaria, che essi attendevano fatalisticamente.I dirigenti massimalisti della sezione socialista di La Spezia, influenzati dalla larga adesione popolare raccolta dalle loro posizioni al congresso nazíonale di Bologna, davano per scontato l'inizio del periodo rivoluzionario, che avrebbe portato all'abbattimento violento dello Stato borghese. Alle elezioni decidevano di presentare candidato per . La Spezia Angelo Bacigalupi, distintosi nelle lotte del cantiere Ansaldo, che godeva l'appoggio anche del dirigente socialista provinciale, avv. Agostino Bronzi. Per il Partito del lavoro, di tendenza ultrariformista (detto anche movimento dei tre anelli dal simbolo elettorale del partito) e che era diretto dall'avv. Giuseppe Canepa direttore del Lavoro di Genova, a La Spezia si presentavano l'avvocato Ubaldo Formentini, Mario Bettinotti ed altri..

Il gruppo Ansaldo intanto interveniva pesantemente nella vita politica della città, con la pubblicazione, nel novembre 1919, del quotidiano Il Tirreno, attorno al quale si volevano coalizzare le forze piú reazionarie del circondario, riprendendo il controllo del settore della informazione, dopo il periodo di sbandamento del dopoguerra.

 

ANTONIO BIANCHI :

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

 

 

 

IL PESSIMISMO DI BRUNO FILIPPI SULLA CAPACITA' DELLE MASSE DI RIBELLARSI

 

 

" Cani che leccate la mano di chi vi batte! Ed è per voi, proprio per voi che io dovrei insorgere? (...) Carogne imputridite nella rassegnazione (...) Neanche una sigaretta per voi (...). Io non voglio unirmi alla corte dei cortigiani del proletariato, che essi scusano, incensano, ornano di lauri. Lamentatevi della guerra, mentre siete voi i suoi autori e i continuatori perché la sopportate (...).

Bruno Filippi ( 1900-1919 )

Di fede anarco-individualista è un militante sin dall’adolescenza: era stato arrestato già nel 1915 per possesso di un revolver. Tra il 1917 e il 1918 partecipa alla prima guerra mondiale, esperienza che lo segnerà profondamente. Pur essendo partito da posizioni pacifiste prima dell'arruolamento, mentre un'altra grossa fetta dell'anarchismo italiano si dichiarava interventista, cambierà parere durante il conflitto, convincendosi che solo la prosecuzione della guerra avrebbe potuto portare il proletariato all'esasperazione e quindi alla rivolta.

Dopo la fine del conflitto però,il suo anarchismo si radicalizzerà particolarmente, allontanandosi sempre di più dalle posizioni ortodosse. Nei suoi scritti di questo periodo Filippi mostrerà un totale disprezzo per la massa, convinto ormai che sia impossibile portarla verso la rivolta, e che l'unica insurrezione possibile per gli anarchici sia l'attacco armato alle classi sociali superiori, eseguito solo da pochi e senza l ausilio della massa. Nel dopoguerra l’esperienza russa fa pensare che anche in Italia la rivoluzione sia a portata di mano del proletariato. Filippi approda dunque al terrorismo, vedendolo però in una prospettiva totalmente diversa dall'anarchia classica. Per Filippi le sue azioni non servono per ispirare una rivoluzione, ma solo per attaccare un nemico apparentemente invincibile, e per affermare la propria individualità nella guerra, unico ambito in cui uno spirito libero può affermarsi sfuggendo alle catene proprie del suo ceto. A lui sono attribuiti tutta una serie di attentati che scandiscono il 1919, anno in cui collaborerà con Renzo Novatore alla rivista Iconoclasta di Pistoia ed anno in cui morirà.

Bruno Filippi muore nel 1919, in un ennesimo attentato in galleria Vittorio Emanuele a Milano dilaniato da un ordigno che avrebbe dovuto colpire il caffè Biffi, storico ritrovo dell'alta borghesia milanese. Le dinamiche della morte non sono del tutto chiare ciò che si sa è che la bomba esplose prima del tempo, creando gravi danni alle strutture ma nessuno alle persone, fatta esclusione per Filippi stesso.

Il suo pensiero sarà raccolto da Renzo Novatore che nel 1920 sempre sulla rivista Iconoclasta pubblicherà i suoi scritti postumi sotto il titolo: I grandi iconoclasti

 

 

 

 

 

RENZO NOVATORE

 

Arroventiamo la penna nel fuoco vulcanico dello spirito nostro negatore; intingiamola nel nostro cuore gagliardo, gonfio di sangue ribelle e, nell'atea luce dell'anima nostra, scriviamo, scriviamo....
Scriviamo così, rapidamente, senza vane ricerche letterarie, senza ripugnanti ideologie teoriche, senza bigotte e sentimentali sdolcinature da isterici e politicanti, avvolti solo nel manto della nostra furibonda passione! Scriviamo soltanto parole di sangue, di fuoco e di luce! Scricchiola, striscia o mia ruvida penna di fuoco e di energia sul bianco candore di questo foglio, come striscia una lingua di vipera sulla tenera gola di un bambino innocente per dargli, col veleno, la morte. ("Verso L'uragano" da Il Libertario, 1919)

 

 

Che il poeta tramuti in pugnale la sua lira! Che il filosofo tramuti in bomba la sua sonda! Che il pescatore tramuti il suo remo in formidabile scure.
E il nostro odio ride... Ride rosso. Avanti! Avanti per l'integrale conquista dell'Individualità e della Vita!
(parole conclusive del poema "Verso il nulla creatore")

 

RENZO NOVATORE

 

 

 

 

 

 

Non sono ancora riuscito a rintracciare con sicurezza alcuna notizia precedente al 1919 di un eventuale attivita' anarchica di Dante

 

 

La maggior fonte di informazioni su anarchici e sovversivi nel periodo precedente il fascismo e' il Casellario Politico Centrale, cioè una sorta di "database" cartaceo depositato presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma che aveva il compito di raccogliere le informazioni sugli elementi pericolosi nelle loro zone e renderli disponibili alle varie questure d'Italia.

 

Non esiste nessuna scheda a suo nome. Questo non vuol dire che non e' mai esistita ma solo che non esiste attualmente .

 

 

Sui fatti e sul contesto locale dovrebbero servirmi le relazioni periodiche (settimanali e mensili) di prefettura, che dovrebbero essere in copia all'Archivio di Stato di La Spezia o di Genova

 

Qualcuno mi suggerisce esiste un archivio della OTO MELARA nel caso fosse gia' operaio della VICKERS TERNI

( la Vickers-Terni prendera' successivamente il nome di OTO MELARA )

 

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Carnesecchi e il Novatore

 

 

Verso la fine del conflitto i vertici militari cercarono di rimpinguare le divisioni del regio esercito , schierando anche i giovanissimi (i famosi nati nell'anno 1899) e chi aveva ormai passato l'età di leva o era stato precedentemente congedato. In quest'ultima categoria figurava Novatore, che nel 1912 era già stato giudicato non idoneo a prestare servizio militare.
In quegli oscuri giorni di morte però si vide recapitare la cartolina di precetto. Il 26 aprile 1918 Abele Ferrari, 28 anni, si allontanava senza permesso dal suo reggimento in partenza per il fronte per non farvi più ritorno.

 

Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) il 26 aprile 1918 disertatava dal reggimento in partenza per il fronte, e veniva condannato a morte in contumacia e ricercato come come disertore

 

Passo' la sua prima fase di latitanza nell'Appenino emiliano , ritornato successivamente ad Arcola era sicuramente rifugiato presso il Carnesecchi .

Secondo Tintino Rasi , che ne scrivera' , questo avveniva nella prima meta' del 1919

Possedendo molto terreno e casupole rustiche sulla collina di Vezzano era per Dante facile nascondere il Novatore come sara' poi facile per lui stare alla macchia successivamente

 

il fatto che il Novatore si affidasse al Carnesecchi e' signi ficativo dei profondi legami che dovevano gia' esistere tra loro .

LATITANZA DEL NOVATORE NELL'APPENNINO

Andrebbe analizzato anche il possibile legame tra la latitanza di Renzo Novatore nell'Appennino emiliano e l'esser la madre del Carnesecchi originaria di Sologno che e' un paese confinante con Villa Minozzo nell'Appennino reggiano , e dove questa doveva avere ancora i parenti

 

Curioso e' notare che degli stessi luoghi era anche l'anarchico Enrico Zambonini che si ipotizza possa aver partecipato all'assalto alla polveriera del 1920

Enrico Zambonini nasce infatti il 28 aprile 1893 al Monte di Secchio di Villa Minozzo (RE) quindi era anche di eta' con Dante e con Renzo Novatore

 

http://www.pollicinognus.it/Joomla/images/PollicinoGnus/2008/160-apr08-monografico.PDF

 

 

La vita costruisce intrecci cosi bizzarri che la logica fa fatica a farsene una ragione

 

Villa Minozzo lega ( sicuramente senza alcuna ragione alcuna ) alcuni degli attori di questa storia, infatti anche il carabiniere Leone Carmana era nativo di questi luoghi : nato a Gazzano di Villa Minozzo l'11 novembre 1894

 

http://www.ancispettoratosicilia.it/CARABINIERE%20LEONE%20CARMANA.htm

 

 

 

 

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Renzo Novatore durante la prima guerra mondiale diserta il suo reggimento il 26 aprile 1918. Giudicato in contumacia il 31 ottobre 1918, un tribunale militare lo condanna a morte per diserzione ed alto tradimento. Costretto alla fuga, ritornera' momentaneamente (a rischio della sua vita) presso la sua famiglia per dare l'ultimo saluto a suo figlio, morto negli ultimi mesi del 1918 .

In questa fase pare nascondersi sull'Appennino reggiano : forse presso i parenti della madre di Dante .

Ancora in clandestinita'sembra poi nascondersi sulla collina di Vezzano protetto da Dante

in clandestinita' , prende parte ugualmente al sollevamento popolare nel maggio 1919 a La Spezia, a cui partecipa con gli amici Dante Carnesecchi e Tintino Rasi; fa parte di un Comitato rivoluzionario che controlla la citta' ligure per alcune settimane.

 

Che Renzo Novatore fosse nascosto da Dante e' abbastanza sicuro infatti i fatti di Santo Stefano Magra (13 giugno 1919) faranno precipitare gli eventi, datossi alla latitanza il Carnesecchi ,e quindi ricercato dai carabinieri a sua volta , la sua casa non sara' piu' sicura per nessuno dei due , il fatto costringe Renzo Novatore a spostarsi nella campagna di Sarzana dove per la delazione di un contadino verra' quasi subito catturato (30 giugno 1919)

sara'liberato alcuni mesi piu' tardi grazie ad un'amnistia generale.

 

 

 

 Da una lettera di Renzo Novatore dopo la condanna a morte per Auro d'Arcola (allora trasferito a Cagliari ) :



Fratello, la mia esistenza ha in questi giorni acquistato la sua gioiosa e suprema ragion d'essere. La società che odio mi ha sentenziato la condanna a morte. Finalmente vivo con la bramante intensità, tutti i minuti, tutti gli attimi della mia vita; e il grido prepotente mi scoppia nel petto insidiato: voglio vivere, debbo vivere, vivrò, ora che son dannato. L'aspetto a piè fermo la jena insanguinata; sarò un mostro di ferocia...

 

Condannato a morte! ma come?! Ma se tutto il giorno vi fu nel cielo una frenetica danza di sole e di luce... Ma se tutto il giorno vi fu sulla terra una magica festa di profumo e di fiori, di musica e di poesia...

 

La notizia giunse fredda, cinica, inesorabile… Condannato a morte! Ma come?! Condannato a morte! Ma per cosa? Per ordine di chi? Chi ha il diritto di uccidermi? Lo Stato? La Società? L'Umanità? Guardai gli uomini proprio giù dentro l'anima. Volli vederne l'intima verità. Molti plaudirono, altri furono indifferenti. Pochi, pochissimi, piansero. Ma coloro che piansero, non piansero per solidarietà, per amicizia, per umanità. No: piansero per un'altra cosa. Ero solo. Solo colla morte! E pure era bella la vita. Bella, bella!.

 

 

 

 

 

 

 

Quali azioni ?

 

 

Che Dante fosse un militante anarchico gia' negli anni della guerra e' provato anche dalla sua rilevanza nel movimento gia' nei pimi mesi del 1919 .

Infatti dai ricordi di Tintino Persio Rasi e da quanto diremo dei fatti di Santo Stefano Magra e' possibile comunque dedurre come Dante gia'nel maggio del 1919 fosse da considerarsi un elemento di spicco nel movimento anarchico spezzino :

 

 

 

In quell'estate del 19 , ricorda Auro , << si cerco di risolvere il problema ( dei propagandisti rivoluzionari , n.d.a. ) delegandomi in motocicletta seguito da due valorosi compagni tra cui quel gigante dell'azione che fu Dante Carnesecchi , a fare quanti piu' borghi possibili ,ma giunti a Santo Stefano Magra ,……………..

 

 

.  

……. UN GIGANTE DELL'AZIONE ?

 

 

Quali azioni sono accreditabili a Dante Carnesecchi ?

Buona parte di queste non riusciremo a conoscerle , chi poteva testimoniarle e' oramai morto

 

Sono comunque azioni tali da spingere l'amico Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola ) a definirlo un gigante dell'azione .

 

Sono comunque azioni capaci di accendere la fantasia di Renzo Novatore , non certo di facile palato

 

E' evidente che queste non possono limitarsi ai soli fatti di Santo Stefano e dell'assalto alla polveriera

 

 

 

 

 

 

A me devono accostarsi soltanto coloro che gioiscono contemplando ardenti vulcani che lanciano verso le stelle le lave sinistre.... (...)
Ora tra il rogo ardente delle mie idee anch'io son diventato fiamma; e scotto, brucio, corrodo...
Io mi dichiaro in guerra aperta, palese e nascosta contro la Società: contro ogni Società! (da "Iconoclasta!)

RENZO NOVATORE 

 

-Ho camminato con gioia infinita sulle vie del Dolore. Per compagno ebbi sempre il pericolo che amai come un fratello. E sulle labbra sempre l'ironico sorriso dei superiori e dei forti; negli occhi sereni la fascinatrice visione della tragedia eroica che solo comprendono i veri amanti della vita libera. Ero solo... Ma nell'ombra sapevo che stava nascosta un'ardita falange di coerenti ed audaci che vivevano la mia stessa vita! Ah, quanto amore sentivo per quell'anonima schiera... Che importa se gran parte di essi languiva da lungo tempo nel fondo di umide celle? Essi non si piegarono! Essi vissero, noi vivemmo ai margini della società da veri ribelli, da Iconoclasti intransigenti, oppure non curanti di ciò che poteva essere la tragedia finale.

RENZO NOVATORE 



Solo il luccicar delle stelle, lo scorrere dei fiumi, il mormorio della foresta, dicono qualche cosa di ciò che vive in me. Chi non comprende le strane sinfonie della natura non può comprendere le strofe sonore delle mie maliarde canzoni. ("Al di sopra delle due anarchie", da "Vertice", 1921)

RENZO NOVATORE 



Che importa s'io devo vivere fra immense ondate di tenebra? Non sono forse io fatto di luce e di fiamma?
Io non ho mai veduto una cosa più bella dell'Anima della Notte! O Notte! O tenebra in cui scroscia e rimbomba il sarcastico riso della mia grande Vittoria sul Passato... (da il "Libertario, 1920)

 

RENZO NOVATORE 

 

 

 

 

 

 

 

( Estratto da L'Adunata dei Refrattari (The Call of Refractaires) I nostri caduti : Dante Carnesecchi )

 

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Durante il periodo dell'immediato dopoguerra , il territorio del circondario di Spezia fu particolare teatro d'una serie incessante di attentati anarchici contro le proprieta' , le polveriere , le caserme , le autorita' , le reti ferroviarie e telegrafiche. Ingenti patrimoni appartenenti allo stato ed ai privati andarono distrutti ; numerosi carabinieri ed

agenti della forza pubblica perirono sotto la folgore della rivolta; il prestigio dell'autorita' affogava nel ridicolo; i rivoltosi rimanevano ignoti , malgrado i numerosi arresti a casaccio . Il sospetto dell'autorita' cadeva sul gruppo d'audaci che scuoteva le basi dell'ordine e della sicurezza borghese . E piu' del sospetto avevano la certezza che il

Carnesecchi fosse tra questi , se non l'anima certamente il piu' temibile . Ma egli era un giovane senza precedenti giudiziari : Un incensurato che non lasciava traccia delle sue colpe. Si tento' , tuttavia , piu' volte d'incolparlo . Invano . La polizia si accaniva ad arrestarlo . La magistratura mancava d'ogni prova perfino indiziaria per procedere .

E non tardava a rilasciarlo in liberta'. ……………………..

 

 

…Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate , poiche' , solo a compierle , ne' porto' il segreto alla tomba

 

Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore , egli era all'altezza delle sue azioni , che mandava in piena consapevolezza ad effetto , fidando solo sulle sue forze. Ogni progetto , riduceva alle proporzioni di un operazione aritmetica , accomunando ad un estrema audacia un'estrema prudenza , una

piena sicurezza in se' , ed una risolutezza tacita quanto irreducibile. Nello sport quotidiano allenava il corpo alla resistenza , all'agilita' , all'acrobazia , alla velocita', e il polso alla fermezza ; nella temperanza scrupolosa conservava la pienezza del suo vigore fisico e della sua lucidita' mentale; nella musica ricercava le intime sensazioni per ricrearsi

liberamente lo spirito . Percio' egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ;…………………………………………….

 

Auro d'Arcola 

 

 

Sembra emergere dalle parole di Auro d'Arcola la figura di un Dante Carnesecchi ribelle solitario , solitario dinamitardo , solitario attentatore e assaltatore

L’analisi e’ complessa

Sembra di capire dagli avvenimenti successivi che pur prediligendo l'azione individuale , sapeva talvolta adeguarsi all'azione coordinata condotta insieme ad altri .

Quello che e' probabile e' che non fosse il tipo che amava indugiare ed aspettare che gli altri si decidessero.

Nel contesto "democratico" odierno molto probabilmente ci sarebbe apparso come un pericoloso e temibile terrorista e cosi doveva apparire alla borghesia spezzina del primo novecento

In questa visione del pericoloso terrorista si spiegano gli aggettivi di "famoso" e di "terribile pregiudicato" che vedremo usare nei suoi confronti dalla stampa borghese e la sua fama quasi di mitico brigante

Noi che leggiamo , circa un secolo dopo , possiamo e dobbiamo avere una visione storica dei fatti :

Dobbiamo giudicare le sue azioni nel contesto di allora , nel clima di aspettativa del rivolgimento sociale che era invocato e sembrava a portata di mano della classe operaia.

 

 

 

I MOTI DEL CAROVITA INIZIANO A LA SPEZIA E SI PROPAGANO AL RESTO DELLA NAZIONE

 

 

Nell'estate del 1919 scoppiarono in tutta Italia tumulti contro il carovita, la mancanza di lavoro, la fame. I sindacati erano i fermento ed in prima linea c'erano sempre gli anarchici; allo sfruttamento si rispondeva con lo sciopero, alla serrata padronale dello stabilimento si rispondeva con l'istituzione dei consigli operai di fabbrica e l'autogestione, alla violenza si rispondeva con la violenza. Su molte bocche, nelle piazze, serpeggiava la parola d'ordine "fare come in Russia" con evidente riferimento alla rivoluzione attuata dai bolscevichi di Lenin due anni prima. Nel maggio 1919 La Spezia cadeva nelle mani di un Comitato Rivoluzionario che riusciva a tenere testa ai militari ed a una spaventata borghesia L'illusione durò sino a metà giugno, quando un massiccio e determinato intervento di truppe stroncò ogni ulteriore tentativo di rivolta.

 

 

La prima citta' ove "i moti del carovita" esplodono e' La Spezia

Originati dalla giustificata insofferenza per l'aumento del costo della vita , che raggiunse proprio a La Spezia nel maggio-giugno la sua punta piu' alta ,costituiscono una delle manifestazioni piu' drammaticamente violente dello stato d'animo delle masse popolari di questa citta' e del loro orientamento politico in senso rivoluzionario

 

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11-14 giugno A Spezia , a causa del troppo alto prezzo dei viveri , veniva imposto un calmiere ; i rivenditori allora , recatasi alle porte della citta' , impedivano ai produttori di portare in citta' i prodotti; gli operai a loro volta abbandonato il lavoro si recavano in colonne serrate nel centro.

I sovversivi arringavano la forza e dopo le loro parole incendiarie cominciavano atti di violenza .La folla si dava a saccheggiare i negozi; la forza pubblica veniva aggredita ; il maresciallo Giuseppe Bandino era ferito gravissimamente e ferito rimaneva il carabiniere Giuseppe D'Angelo ; allora la forza sparava e tra i dimostranti si avevano molti feriti e due morti. Veniva proclamato lo sciopero generale ad oltranza . Il giorno 12 continuavano i saccheggi su vasta scala con altri incidenti e feriti.

Il 12 a Massa ed a Carrara veniva proclamato lo sciopero generale per ordine della Camera del lavoro in seguito ai fatti di Spezia .

Il 12 a Genova era pure proclamato lo sciopero generale per il caro viveri e per i fatti di Spezia , ed ogni attivita' era cosi paralizzata ; sospendevano il lavoro persino i vigili urbani. Il lavoro veniva a cessare in tutta la Liguria . il 13 lo sciopero generale veniva esteso anche a Milano ove si aveva un grande schieramento di forze sovversive .A Genova il 13 venivano assaliti molti negozi , venivano feriti dai sovversivi una donna e l'agente di pubblica sicurezza Benedetti . I trams che facevano servizio venivano assaliti dai dimostranti ; la forza pubblica li caricava , si ebbero molti contusi e vennero operati 300 arresti . La truppa che portava gli arrestati in Questura veniva assalita e di qui nuovi tumulti ed arresti .I disordini continuarono per tutta la giornata………………….

 

Storia della rivoluzione fascista G.A. Chiurgo

 

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Per la ricostruzione dei fatti "Il Libertario" e' una delle fonti principali e piu' preziose. ( Ci serviremo pero' per una ricostruzione quanto piu' possibile esatta , anche delle cronache del giornale cattolico spezzino "Il Popolo")

Da tempo serpeggiava-scrive "Il Libertario" il 19 giugno- un vivo malcontento causa l'eccessivo rincaro dei viveri e degli oggetti necessari alla vita". Fu percio'tenuto , l'8 giugno un comizio di protesta con l'adesione della Camera Confederale del Lavoro , della Sezione Socialista , Della Camera Sindacale dell?USI e dei gruppi anarchici; furono pronunciati discorsi di protesta e ne segui un corteo che attraverso' tutta la citta' ; una commissione riusci ad ottenere dall'Ufficio Approvigionamenti un nuovo calmiere con poche riduzioni di prezzo , particolarmente per i generi ortofrutticoli . Ne consegui da parte dei grossisti di frutta , verdura ed altri prodotti del genere , l'inconsulta decisione di attuare una specie di serrata, facendo mancare i consueti rifornimenti di frutta e di verdura al mercato e quindi alla citta'; quando gli operai la mattina dell' 11 giugno si recarono al lavoro , videro la piazza del mercato vuota e ne rimasero impressionati, tanto piu' che fuori dazio le verdure erano state respinte perche' non fosser vendute a prezzo di calmiere

Tanta inconsideratezza esaspero' la massa operaia .Una risoluzione fu da essi presa improvvisamente : disertare il lavoro e recarsi in citta' per protestare . La massa operaia della Terni, Cerpelli , Fiat , composta si diresse verso la citta'. Gli operai del Regio Arsenale , avvisati della cosa fermarono le macchine dirigendosi verso le porte per uscire . Si cerco' invano di trattenerli . In poco tempo si riverso' in citta' una folla di circa 10.000 persone : il concentramento avvenne spontaneamente davanti al Municipio dove una commissione composta da Faggioni , Frambati e altri due dell'USI , e dal dirigente socialista Cassiano chiese di parlare alla folla da una delle finestre del Palazzo Comunale. Si attese oltre mezz'ora prima che l'autorizzazione fosse accordata nel frattempo gli animi andavano sempre piu' riscaldandosi e cominciarono a verificarsio scene di violenze. Finalmente la commissione pote' parlare mettendo giustamente in rilievo la grave provocazione degli incettatori , che a distanza di tre giorni dall'avvenuto imponente comizio contro il caroviveri , rispondevano con la serrata dei generi; venne cosi deciso di continuare lo sciopero fino a che non venisse preso dalle autorita' un serio provvedimento atto a frenare la speculazione dei rivenditori

Dopo cio' il comizio si sciolse senza incidenti , anche se la folla andava sempre piu' ingrossandosi per l'arrivo degli arsenalotti , finche' davanti alla cappelleria Maggiani avvenne l'eccidio che causo' la morte di due stimati e compianti lavoratori e il ferimento di altri

Esso fu originato dallo sparo di un colpo di rivoltella contro la folla , colpo di provenienza incerta secondo "Il Popolo" , sparato da una finestra sovrastante e quindi da gente estranea ai manifestanti , secondo "Il Libertario"

Comunque la situazione precipito' : i carabinieri accorsero , la confusione si fece enorme , l'esasperazione della folla raggiunse il parossismo , anche i carabinieri spararono.

si giunse in tal modo all'uccisione dei due operai e al ferimento di altre 25 persone. La tragica provocazione scateno l'ira della massa e molti negozi furono assaliti e saccheggiati , a cominciare dalla Cappelleria Maggiani.

Le organizzazioni operaie, politiche , sindacali , cercarono subito di prendere il controllo della situazione ; il giorno stesso si riunirono nella sede dell' USI i rappresentanti della Sezione Socialista , della Camera Confederale del Lavoro, dell'Unione Sindacale e dei Gruppi anarchici costituendo un comitato di agitazione , il quale pubblico' il seguente manifesto

LAVORATORI , CITTADINI

INGORDI INCETTATORI DA GIORNI AVEVANO FATTO PRESSIONE AI CONTADINI

DEL CIRCONDARIO AFFINCHE' NON PORTASSERO PIU' FRUTTA E VERDURA IN CITTA'

ONDE FRUSTRARE I PREZZI STABILITI DAL CALMIERE

VOI LAVORATORI , CONSTATATA QUESTA PROVOCAZIONE , CON ATTO SPONTANEO DI SENTITA

PROTESTA , PROCLAMASTE LO SCIOPERO GENERALE.

A QUESTA PROTESTA E' SEGUITO UN ECCIDIO NEL QUALE RIMASERO VITTIME DUE LAVORATORI

AMADEI INNOCENZO DI ANNI 51 CONSIGLIERE DELLA FEDERAZIONE LAVORATORI DELLO STATO

( SEZIONE MARINA ) DA POZZO ALFREDO DI ANNI 19 OPERAIO AVVENTIZIO DELL'ARSENALE

E MOLTI FERITI PIU' O MENO GRAVEMENTE

NON E' TEMPO DI COMMENTARE QUESTO NUOVO DELITTO PROVOCATO DAL SISTEMA CAPITALISTICO

A NOI NON RIMANE ALTRO CHE LOTTARE AD OLTRANZA PROSEGUENDO NELLO SCIOPERO GENERALE

 

LA SPEZIA 11 GIUGNO 1919

IL COMITATO DI AGITAZIONE

 

 

Il comizio del giorno 12 delibero' il proseguimento dello sciopero che , mentre un atmosfera di drammatica tensione avvolgeva la citta' percorsa da reparti di soldati e da pattuglie di carabinieri, assumeva carattere di movimento insurrezionale estendendosi nelle localita' minori dell'entroterra e del golfo. A Santo Stefano Magra avendo voluto i carabinieri impedire un comizio all'aperto , un individuo' sparo dei colpi di rivoltella che ferirono gravemente un brigadiere e un carabiniere.

Estesosi lo sciopero anche a Genova , Carrara, Viareggio, Pisa e Reggio Emilia per solidarieta' con i lavoratori spezzini , il giorno 14 giunsero a La Spezia il deputato Guido Marangoni inviato dalla Direzione del PSI e Armando Borghi dell'USI

Subito , pero', si manifestarono i contrasti di vedute , e gli scopi del Movimento poterono dirsi falliti quando i Socialisti accettarono il calmieramento del prezzo dei prodotti proposto dal Sottoprefetto e dall'Ufficio Approvigionamenti che non volle aderire alla richiesta di ribasso del 50 %

I dirigenti della Camera del Lavoro Confederale si pronunciarono decisamente per la ripresa del lavoro la mattina del lunedi 16 , mentre i sindacalisti e gli anarchici volevano subordinare la fine dello sciopero al rilascio di tutti gli arrestati in conseguenza dell'agitazione

Al comizio di domenica 15 , gli operai si espressero a stragrande maggioranza per la continuazione della lotta " gli oratori socialisti che si ostinavano a far riprendere il lavoro furono urlati, zittiti dalla folla che inveiva contro di essi , mentre i compagni nostri che dimostravano la necessita'di ottenere la liberazione degli arrestati erano calorosamente applauditi"

L'assemblea nomino' quindi una commissione di 5 persone , composta da Binazzi , Frambati , Danesi , Bottini e Bacchini , la quale si reco' al Commissariato Approvvigionamenti per chiedere il ribasso dei prezzi del 50 % e poi dall'Autorita' prefettizia per il rilascio degli arrestati. " Ma non si tratto' che di un estremo tentativo di rilanciare il movimento mentre oramai l'isolamento dell'avanguardia libertaria dal fronte proletario era avvenuta con la rottura del Comitato di Agitazione e lo sciopero ebbe praticamente termine martedi 17 .

Era evidente - conclude - Il Libertario che data la scissione avvenuta , la pressione esercitata dai socialisti per la ripresa del lavoro , le false voci fatte spargere ad arte , non era piu' possibile ottenere quei risultati che sarebbero stati conseguibili se nessuno avesse defezionato . Cosi anche l'USI ed i gruppi anarchici decisero di riprendere il lavoro per la mattina del 18 , ripromettendosi di continuare la loro azione sia per il caroviveri come in favore degli arrestati di Spezia e del circondario.

Questo dunque lo svolgimento dell'agitazione contro il carovita a La Spezia nel giugno 1919 ; uno svolgimento che per la prima volta , dopo la guerra mette in luce un profondo contrasto fra anarchici e socialisti , manifesta apertamente lo scontro fra la linea coerentemente rivoluzionaria proposta dagli anarchici del " Libertario" e quella del Partito socialista , rivoluzionaria a parole ma sostanzialmente opportunista e riformista

Infatti come abbiamo visto come abbiamo visto gli anarchici spezzini percependo chiaramente la potenzialita' rivoluzionaria della situazione si impegnano e si adoperano sia per estendere e coordinare l'agitazione sia per mantenerla viva ,proponendo cosi una linea pratica e precisa per la realizzazione di tale potenzialita'.........

 

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Andrea Bellotto : Gli anarchici a La spezia dal 1919 al 1922 attraverso il Libertario

 

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Insieme Dante Carnesecchi , Abele Ferrari Ricieri , Tintino Rasi accomunati nella stessa visione della lotta sociale, parteciparono ai quei tumulti.

 

Il ruolo di primo piano avuto dal Carnesecchi nei tumulti di La Spezia emerge dalla parole che gli vedremo pronunciare a Santo Stefano Magra :……..ma chi e' lei ? un prefetto , un sottoprefetto ? lei non e' nulla e poi autorita' non ve ne sono piu' .Vada via , che qui comandiamo noi ; vogliamo fare come a Spezia

 

Troviamo Dante Carnesecchi , Renzo Novatore , e Auro D'Arcola, impegnati come oratori itineranti della causa rivoluzionaria nelle varie cittadine del circondano spezzino.

 

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13 giugno

A santo Stefano Magra ( Sarzana ) alcuni energumeni volevano tenere un comizio sovversivo ; i carabinieri Blanc Antonio e Vannini Vincenzo venivano assaliti a revolverate e veniva ucciso il Vannini e ferito il Blanc .

 

Storia della rivoluzione fascista G.A. Chiurgo

 

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13 giugno 1919

 

UN TRAGICO COMIZIO A SANTO STEFANO MAGRA

 

 

Mentre il Carnesecchi avanzatosi verso il Blanc minacciosamente gesticolando gli gridava : Ma chi e' Lei un prefetto , un viceprefetto ? Lei e' nulla , vada via . Autorita' piu' non ve ne sono , comandiamo noi .Vogliamo fare quello che abbiamo fatto a Spezia trovasi al fianco sinistro del vicebrigadiere il Picchioni ed a fianco del carabiniere Vannini il Bellotti , echeggiarono quasi contemporaneamente quattro colpi di rivoltella ed i due militi caddero mortalmente feriti.

 

 

 

 

 

Scrive : Massimo Novelli "Cavalieri del nulla : Renzo Novatore poeta Sante Pollastro bandito" . Galzerano editore

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In quell'estate del 19 , ricorda Auro , << si cerco di risolvere il problema ( dei propagandisti rivoluzionari , n.d.a. ) delegandomi in motocicletta seguito da due valorosi compagni tra cui quel gigante dell'azione che fu Dante Carnesecchi , a fare quanti piu' borghi possibili ,ma giunti a Santo Stefano Magra , mentre io stavo concionando la folla , sbucarono non si sa da dove un milite e un brigadiere dei carabinieri ;quest'ultimo con fare burbanzoso mi intimo' di allontanarmi . Ne nacque un violento battibecco , durante il corso del quale dalla folla che stava alle spalle dei militi echeggiarono fulmineamente tre colpi di revolver . I due gendarmi stramazzarono al suolo , la folla si sbando' con un grido di orrore , mentre dalla parallela provinciale giungeva una lunga teoria di camions carichi di armati >>

Chi sparo' dalla folla ? il Novatore ammesso ( e non lo sapremo mai ) che fosse presente ? o il Carnesecchi , il che spiegherebbe in parte la furia omicida dei carabinieri di due anni dopo ? Non abbiamo risposte

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Renzo Novatore in realta' non era presente mentre erano presenti sia Dante che Tintino Rasi

 

 

In realta' il processo istruttorio , ben condotto , chiarisce abbastanza bene i fatti : chiarisce chi era presente , individua gli esecutori materiali ma non chiarisce chi diede l'ordine di sparare

I carabinieri , nonostante l'assoluzione successiva , continuarono a ritenere che l'omicidio fosse stato preordinato e che fosse stato il Carnesecchi a dare il segnale del fuoco agli esecutori materiali , ritenendo essere il Carnesecchi a capo del gruppo dei quattro anarchici forestieri

 

Del processo istruttorio in cui Dante Carnesecchi non e' presente perche' latitante , mi ha colpito la frase di un testimone : << parlava sempre col " noi " sembrava che per lui l'io non esistesse >> : cioe' sembrava parlasse a nome di tutti , cioe' sembrava il capo di quel gruppo di 4 persone venute da Spezia

 

 

 

Durante uno di quei comizi improvvisati, in località Santo Stefano Magra, il 13 giugno 1919 due carabinieri, sopraggiunti improvvisamente per sgomberare l'assembramento, vennero colpiti da quattro colpi di pistola .

Uno dei carabinieri Vannini Vincenzo mori mentre il brigadiere Blanc Antonio sopravvisse

Ho rintracciato presso l'Archivio di stato della Spezia la fase istruttoria del processo : Fondo Tribunale busta 355 fascicolo I

Al fatto partecipano 4 "forestieri" come vengono definiti , e 6 individui del posto " tutti iscritti a partiti sovversivi " tra essi spicca Lombardi Alfredo

I 4 forestieri sono : Rasi Tintino Persio , Carnesecchi Dante , Picchioni luigi , Bellotti Pasquale

E' un pezzo di un certo valore storico : Dopo i disordini della spezia alcuni "iscritti a partiti sovversivi " di Santo stefano invitano 4 duri da La Spezia ( "siccome quelli del luogo non avevano il coraggio di iniziare l'opera criminosa si attendevano individui che a tal uopo dovevano giungere da La Spezia e da Arcola " ) per tenere un comizio a Santo stefano Magra , comizio che avrebbe dovuto essere il motivo d'innesco dei disordini nella cittadina.

Rasi Tintino che era salito su un muretto di piazza Vittorio Emanuele aveva iniziato il comizio viene invitato dal brigadiere a scendere (" Mi ritiene forse un bambino ? l'ho gia' detto che non posso permettere che si tenga un pubblico comizio perche' cio' e' proibito .Si cerchi una sala e allora lo potra' tenere in privato.); mentre il Rasi ubbidisce interviene il Carnesecchi , avendo di fianco Lombardi Alfredo ,che affronta di faccia il brigadiere "mentre il Carnesecchi avanzava verso il Blanc , minacciosamente gesticolando , gli gridava Ma chi e' lei ? un prefetto , un sottoprefetto ? Lei non e' nulla e poi autorita' non ve ne sono piu' . Vada via che qui comandiamo noi , vogliamo fare quello che abbiamo fatto a Spezia " ( intendendo : fare un comizio come abbiamo fatto a Spezia nei giorni precedenti , senza che nessuno ce lo impedisca ) .

Quindi davanti ai due carabinieri si trovano Tintino Rasi ,Carnesecchi, e Lombardi Alfredo. Dietro di fianco ai due carabinieri ci sono Picchioni Luigi e Bellotti Pasquale

Mentre il Carnesecchi minaccia il brigadiere , il Lombardi avrebbe secondo l'accusa dato un segnale

Partono 4 colpi di rivoltella , entrambi i carabinieri cadono colpiti alla testa ed uno muore . " Nello stesso tempo si udirono , quasi contemporaneamente quattro colpi di rivoltella ,ed i due militari dell'Arma colpiti al capo nella parte posteriore, cadevano al suolo."

In realta’ ritengo che piu' del Lombardi poteva essere accusato piu’ facilmente il Carnesecchi

 

-- Era latitante (a proposito i carabinieri specificano di non essere in possesso di alcuna fotografia di Tintino Rasi : " Non si e' mancato tuttavia di diramare le loro ricerche a tutti i Comuni dipendenti e limitrofi , nonche' a quello superiore di divisione , inviando le fotografie del Bellotti e del Carnesecchi . Del Rasi nessuna se ne e' potuta trovare.)

-- Alcuni testimoni accusavano il Carnesecchi di aver sparato .

"Qualche testimone accenna che il Blanc sarebbe stato colpito dal forestiere (Carnesecchi ) che intervenne vivacemente quando il brigadiere ingiunse al Rasi di smettere dallo arringare la folla : e' un mero errore di logica che, data la distanza dell'osservatore , deriva dall'aver associato i movimenti del braccio eseguiti indubbiamente dal Carnesecchi , ai colpi che si udirono quasi contemporaneamente ; ma l'errore viene perentoriamente eliminato non solo in base a quanto sopra e' detto ma ancora tenendo presente che il Carnesecchi distante piu' di tre metri dal brigadiere e quasi di fronte a costui , mentre i colpi furono sparati pel lato sinistro ed a brucciapelo (v.perizia medica ed ispezione di localita' )

 

Sembrava parlasse a nome di tutti , cioe' sembrava il capo di quel gruppo di 4 persone venute da Spezia << parlava sempre col " noi " sembrava che per lui l'io non esistesse >>

Il Procuratore del Re ipotizza che avanti il comizio il Lombardi e le altre persone del luogo avessero concordato con i forestieri , cosa doversi fare in caso d'intervento dei carabinieri ( inquadra in tale intesa il gesto del Lombardi che avrebbe dato il via alla sparatoria )

 

Invece viene accusato il Lombardi , di conseguenza viene scagionato il Carnesecchi e mandato assolto da ogni accusa e cosi pure Tintino Rasi .

Verrano infatti accusati dell'omicidio del Vannini Picchioni Luigi di Adolfo e Lavazzi Teresa , nato a Chiavari il 21 Aprile 1893 e domiciliato in frazione Termo d'Arcola operaio

Del ferimento con intenzione omicide del brigadiere Blanc viene accusato Bellotti Pasquale fu Pietro ,e di Gazzani Giuditta nato ad Arcola il 27 aprile 1890 e domiciliato in frazione Bottagna del comune di Vezzano Ligure, carpentiere e noleggiatore di biciclette

Di correita' per avere ordinato gli spari Lombardi Alfredo fu Angelo e di Farina Irene nato a Caprigliola il 28 dicembre 1886 ed ivi domiciliato , bracciante (" Allora il Carnesecchi , che era accanto al Rasi , intervenne vivacemente, gesticolando con le braccia e dicendo che li comandavano loro e nessun altra autorita'. Si vide allora il Lombardi che trovandosi vicino e sulla destra del Carnesecchi fare un un segnale col braccio : al quale segnale sussegui immediatamente lo sparo…." )

 

" considerato che le armi adoperate contro il vicebrigadiere Blanc e il carabiniere Vannini l'esplosione dei colpi a brevissima distanza dalle loro persone , e quasi a bruciapelo , le parti vitalissime prese di mira ,dimostrano in modo non dubbio che quelli che spararono agirono con precisa intenzione omicida ; che la premeditazione e' stabilita col fatto della contemporanea azione delli Picchioni e Bellotti ;susseguita immediatamente al segnale del Lombardi ; il che dimostra che erasi tra i tre preordinato il delitto e il modo di compierlo.

 

 

 

Tintino Rasi ( Auro d'Arcola ) parlera’ come presenti di lui e 2 valorosi compagni ( in realta' erano come abbiamo visto erano in quattro )

Probabilmente parlera’ cosi per proteggere , evitando ammissioni , chi era in quel momento ancora in carcere

 

 

 

 

 

PROCESSO ISTRUTTORIO SUI FATTI DI SANTO STEFANO MAGRA

 

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Legione territoriale dei carabinieri reali

 

La Spezia 26 giugno 1919

 

Oggetto Omicidio in persona del carabiniere a cavallo Vannini Vincenzo e mancato omicidio in persona del Brigadiere a cavallo Blanc Antonio

 

In seguito ai noti fatti avvenuti in Spezia il giorno 11 e 12 giugno u.s. anche nel paese di S.Stefano Magra ,ad opera specialmente dei sottonotati individui,

come risulta dalle indagini in seguito esperite .incominciarono a circolare voci di probabili saccheggi dei negozi nonche'delle case delle persone piu' facoltose del luogo."

  1. Ferrarini Ferdinando detto Rondo………………….bracciante
  2. Arzela' Antonio detto Maiu………………………..bracciante
  3. Pasquinelli Federico detto Bluco……………………bracciante.
  4. Rossi Dante……………………………………..bracciante
  5. Ferrarini Luigi detto Negro………………….bracciante
  6. Lombardi Alfredo fu Angelo e di Farina Irene nato a Caprigliola il 28 dicembre 1886 ed ivi domiciliato, bracciante

Tutti iscritti a partiti sovversivi . Si diceva tra l'altro che era gia' pronta la nota dei locali da devastare , ma siccome quelli del luogo non avevano il coraggio d'iniziare l'opera criminosa , si attendevano uomini che a tal uopo dovevano giungere da Spezia e da Arcola.

La popolazione di S.Stefano magra si allarmo' e pertanto nel pomeriggio del giorno 12 , si recavano in luogo per le opportune indagini e per tranquillizzare gli abitanti , il Maresciallo Maggiore Ghisoni Giuseppe Comandante della stazione dei C.C.R.R. di Sarzana , ed interinalmente anche della Tenenza , unitamente al Brigadiere a cavallo Blanc Antonio ,al Carabiniere a cavallo Vannini Vincenzo ed al Carabiniere ausiliario Canepa Lorenzo, nonche' a 20 militari del Distaccamento del 21 Reggimento Fanteria dislocato a Sarzana.

La giornata pero' trascorse tranquillamente e pertanto alle ore 23 , tanto piu' che a Sarzana correvano voci di imminenti movimenti popolari , il Maresciallo Ghisoni ed il carabiniere Canepa facevano rientro alla loro stazione , con buona parte dei soldati , lasciando in luogo , per il mantenimento dell'ordine pubblico ,il brigadiere Blanc , con il Carabiniere Vannini e 6 soldati al comando del sergente Tartarelli Giovanni.

Anche la mattinata del 13 trascorse tranquillamente , ma alle ore 16 giungevanno a S.Stefano Magra , i primi due su di una stessa motocicletta, guidata dal Picchioni ,e gli altri su biciclette , i seguenti individui , che solo in seguito a non facili indagini , poterono essere identificati:

  1. Picchioni Luigi di Adolfo e di Lavazzi Teresa nato a Chiavari il 21 Aprile 1893 e domiciliato a Termo d'Arcola ( frazione Arcola ) operaio
  2. Rasi Tantino Persio di Mario e Maissi Maria , nato ad Arcola il 15 settembre 1893 ed ivi domiciliato , fattorino telegrafico
  3. Carnesecchi Dante fu Giuseppe e di Fontana Luigia , nato a Vezzano Ligure il 12 marzo 1892 e domiciliato in frazione di Termo d'Arcola ( Comune di Arcola ) ,operaio della Vickers Terni ( e' cancellato noleggiatore di biciclette )
  4. Bellotti Pasquale fu Pietro e di Gazzani Giuditta nato ad Arcola il 27 Aprile 1890 e domiciliato in frazione Bottagna del comune di Vezzano Ligure , carpentiere e noleggiatore di biciclette.

Deposte le macchine contro il muro esterno dell'osteria Camaiora , sita nella piazza principale del paese , i suddetti individui si unirono a quelli in principio citati e poco dopo mentre tutti gli altri si trattenevano nell'osteria del Camaiore a bere della birra , il Lombardi Alfredo e il Rossi Dante si avvicinavano al Brigadiere Blanc che unitamente al dipendente , si trovava in servizio di pattuglia sulla piazza , chiedendogli il permesso di tenere un pubblico comizio. Il sottufficiale rispose negativamente , in quanto cio' era proibito, soggiungendo pero' che nulla aveva in contrario che il comizio fosse tenuto in locale privato, ed i due si allontanarono senza ribattere.

Dopo pochi minuti giunse sulla piazza in automobile il sig. Petriccioli di Aulla con un Carabiniere di quella stazione dell'Arma , chiedendo rinforzi in quanto dei malviventi saccheggiavano cola' i negozi , ma il Blanc rispose non potersi allontanare ed il sig. Petriccioli riparti'.

Fu nel lasciare l'automobile che il sottufficiale si accorse che il Rasi Tantino salito su un muricciolo esistente nella piazza incominciava a parlare pubblicamente , benche in luogo non vi fossero che una cinquantina di persone in tutto , che ivi si trattenevano separatamente , ed egli allora unitamente al Carabiniere Vannini si avvicino' senz'altro al Rasi dicendogli ( Mi ritiene forse un bambino ? l'ho gia' detto che non posso permettere che si tenga un pubblico comizio perche' cio' e' proibito .Si cerchi una sala e allora lo potra' tenere in privato.)invitandolo nel contempo a scendere dal muricciolo.

Il Rasi ubbidi , ma contemporaneamente davanti al Brigadiere , senza pero' salire sul muro si pose il Carnesecchi Dante , il quale avendo a se' vicino il Lombardi Alfredo , con le mani alzate e minacciosamente , disse al brigadiere ( ma chi e' lei ? un prefetto , un sottoprefetto ? lei non e' nulla e poi autorita' non ve ne sono piu' .Vada via , che qui comandiamo noi )

Nello stesso tempo si udirono , quasi contemporaneamente , quattro colpi di rivoltella ed i due militari dell'arma colpiti al capo nella parte posteriore , cadevano al suolo.

Segui un fuggi fuggi ed il Rasi e compagni poterono indisturbati rimontare sulle loro macchine e partire verso Ponzano Magra

Date le poche persone che si trovavano nella piazza e che fino a quel momento nessun serio indizio di turbamento dell'ordine pubblico si era manifestato , il Brigadiere Blanc non aveva creduto necessario fossero presenti anche i militari del Reggio Esercito , posti a sua disposizione , e , li aveva pertanto lasciati nel loro accantonamento , sito nei locali del teatrino del luogo, con l'ordine pero' di tenersi pronti ad accorrere nel caso li avesse fatti chiamare ed a tal uopo aveva condotto seco il soldato Montani Paris

Questi allorche' il sottufficiale Blanc confabulava col sig. Petriccioli era rimasto indietro di una ventina di metri ad attendere ,ne' il Sottufficiale penso' a chiamarlo di nuovo presso di se' allorche ' si porto' dal Rasi per invitarlo a smettere di parlare .

Il soldato pertanto uditi gli spari e veduto i due militari dell'Arma stesi a terra , senza aver nulla compreso del come il tragico avvenimento si fosse svolto , trovandosi solo non seppe far altro che correre a chiamare il sergente, il quale giunse subito in luogo con i soldati , ma i malviventi erano gia' partiti . Ed egli allora aiuto' i piu' pietosi e coraggiosi a raccogliere i due feriti ed a trasportarli nella vicina casa del medico Boeri , il quale riscontro' subito che il Vannini era in agonia avendogli un proiettile trapassato il collo ed altro il cranio e che il Brigadiere Blanc era in serio pericolo di vita , siccome colpito da un proiettile al collo e da altro al capo , quest'ultimo senza fuoriuscita.

Informato , a mezzo telegrafo e telefono , il Comandante la Stazione di Sarzana del luttuoso avvenimento , egli accorreva subito in luogo in automobile ed a mezzo di lettighe provvedeva a che i due militari venissero trasportati all'Ospedale Civile di Sarzana , ove la sera stessa alle ore 22,30 il Carabiniere Vannini cessava di vivere in seguito alle ferite riportate

Contemporaneamente all'avviso telefonico e telegrafico giungeva a Sarzana in motocicletta il Picchioni Luigi , che presentatosi a quel Delegato di P.S. ed a quel Commissario Regio racconto' che trovandosi a passare per S.Stefano Magra , era venuto a conoscenza che due Carabinieri erano stati ivi feriti.

Siccome fino a quel momento nulla dava a sospettare che il Picchioni avesse preso parte al fatto , egli non venne trattenuto.

La sera stessa con opportuni rinforzi si recava sul posto lo scrivente che in base alle indagini subito praticate come pure da quelle in seguito esperite e dalle recenti dichiarazioni fatte dal brigadiere Blanc , che trovasi in via di guarigione , ha potuto stabilire che autore dell'omicidio del Carabiniere Vannini fu il Bellotti Pasquale ed autore del mancato omicidio del Brigadiere Blanc fu il Picchioni Luigi , i quali alla sinistra dei due militari , simultaneamente spararono ciascuno due colpi di rivoltella.

Assodato infatti che gli autori del brutale assassinio dovevano unicamente ricercarsi tra coloro venuti da fuori ed escludendo il Brigadiere Blanc che sia il Rasi che il Carnesecchi abbiano potuto sparare , in quanto essi si trovavano dinnanzi a lui a due metri circa di distanza , non rimangono che il Bellotti e il Picchioni. Non e' ancora stato possibile fare il confronto tra quest'ultimo e il Blanc , ma il brigadiere afferma che l'individuo che aveva alla sua sinistra , indossava pantaloni bianchi e giacca scura ed in tal modo vestiva appunto il Picchioni.Il Blanc soggiunge che mentre il Carnesecchi parlava udi dietro a se un colpo di rivoltella ,che sarebbe il primo sparato contro il Carabiniere Vannini; voltata di scatto la testa vide una canna di rivoltella puntata contro il suo orecchio sinistro ed immediatamente colpito stramazzo' al suolo.

Da piu' testimonianze avute e' risultato altresi che il Picchioni porto' dopo il fatto , sulla propria motocicletta e fino a Ponzano Magra il Rasi , il quale scese a detto paese , dirigendosi a piedi verso Arcola , attraverso il fiume Magra.

La sera stessa venne proceduto all'arresto del Ferrarini Ferdinando , dell'Argela' Antonio, del Pasquinelli Federico , del Rossi Dante e del Lombardi Alfredo quali complici dell'assassinio e cio' sia perche' essi erano insieme agli autori del reato , sia perche' le voci da loro in precedenza sparse in Santo Stefano Magra dimostrano all?evidenza , come fossero d'accordo con i quattro venuti da fuori di provocare disordini anche in detto paese.

Il giorno 15 successivo in Termo d'Arcola fu proceduto all'arresto del Picchioni Luigi ed il 16 successivo si costituiva ai Carabinieri di Sarzana il Ferrarini Dante , prevedendo di non poter sfuggire alle ricerche dell'Arma . Rimangono tuttora latitanti il Bellotti,il Carnesecchi ed il Rasi , ma i servizi per la loro cattura a cui sono adbite cinque squadriglie di militari dell'Arma , continuano e si spera diano risultati favorevoli

Non si e' mancato tuttavia di diramere le loro ricerche a tutti i Comandi dipendenti e limitrofi , nonche' a quello Superiore di Divisione , inviando anche ai Comandi maggiormente interessati le fotografie del Bellotti e del Carnesecchi .Del Rasi nessuna se ne e' potuta trovare.

Il Capitano Comandante La Compagnia

Ugo Barattini

 

 

 

 

 

per la cortesia di Alberto Coronato

 

 

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Sarzana 19 settembre 1919

 

A tenore dell'articolo 265 C.P.P. nel trasmettere alla S.V.gli uniti atti mi onoro riferire quanto segue . Appena verificatisi nel giugno u.s. i sanguinosi fatti di Spezia , non pochi elementi tra i piu' torbidi e violenti ,

tentarono con ogni mezzo di estendere i disordini nei comuni circonvicini.

E' certo che il giorno 13 giugno nelle ore pomeridane arrivarono in Santo Stefano Magra quattro forestieri identificati poi per Picchioni Luigi , Rasi Tintino ,Carnesecchi Dante e Bellotti Pasquale , i quali accolti dagli altri imputati e dopo breve sosta nell'osteria di Camaiore Annibale ( v.fg 50), si portarono sulla Piazza Vittorio Emanuele di quella borgata.

Il Lombardi Alfredo -essi presenti-chiedeva al Brigadiere dei Reali Carabinieri Blanc Antonio il permesso di tenere un pubblico comizio ; ma ne ebbe risposta negativa (foglio 61). In quel mentre giungeva in quei pressi un automobile con entro due militari , i quali domandarono allo stesso Blanc se poteva mandare rinforzi ad Aulla , dove erano avvenuti gravi disordini e subito ripartirono.Intanto era accaduto che , mentre il Blanc scambiava poche parole per rispondere ai due militari, il Rasi, salito su di un muricciuolo aveva cominciato ad arringare la folla.

Il Brigadiere ritornato sui suoi passi, ingiungeva al Rasi di smettere :questi alla fine discese restando per altro dietro il muricciuolo.

Allora il Carnesecchi, che era accanto a lui, intervenne vivacemente , gesticolando con le braccia e dicendo che li comandavano loro e nessun altra autorita'.Si vide allora il Lombardi , che trovavasi vicino e sulla destra del Carnesecchi , fare un segnale col braccio :al quale segnale sussegui immediatamente lo sparo( fg. 69). Fu il tragico momento in cui tanto il Blanc quanto il Carabiniere Vincenzo Vannini ( che di poco era dietro di lui ) caddero mortalmente feriti.

Chi tiro' contro di loro ? …………………….che il Picchioni fu precisamente colui il quale ebbe a tirare due colpi di rivoltella contro il Blanc : infatti egli soltanto trovavasi sulla sinistra del Brigadiere ed a distanza di appena un metro e cinque centimetri (v. dep. Blanc f.76- verbale d'ispezione localita'-rilievo topografico annesso, nonche' verbale di riconoscimento a f 77 )

Nessuno vide chi ebbe a tirare contro il povero Carabiniere Vannini , di poi morto per le ferite ricevute ; per via d'esclusione si giunge senz'altro al Bellotti . Ma , se pur non ricorresse un cosi grave indizio , stanno contro di lui altre schiaccianti circostanze , quali la fulminea fuga dal luogo del delitto in compagnia del Picchioni , del Carnesecchi e del Rasi , l'essersi dato insieme a questi ultimi due immediatamente alla latitanza , che perdura ancora.

Qualche testimone accenna che il Blanc sarebbe stato colpito dal forestiere (Carnesecchi ) che intervenne vivacemente quando il brigadiere ingiunse al Rasi di smettere dallo arringare la folla : ma e' forse un mero errore di logica che, data la distanza dell'osservatore , deriva dall'aver associato i movimenti del braccio eseguiti indubbiamente dal Carnesecchi , ai colpi che si udirono quasi contemporaneamente ; ma l'errore viene perentoriamente eliminato non solo in base a quanto sopra e' detto ma ancora tenendo presente che il Carnesecchi distante piu' di tre metri dal brigadiere e quasi di fronte a costui , mentre i colpi furono sparati pel lato sinistro ed a brucciapelo (v.perizia medica ed ispezione di localita' )

Con ossequio

Il Procuratore del Re

 

 

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Sarzana 25 settembre 1919

A tenore dell'articolo 265 C.P.P. nel trasmettere alla S.V.gli uniti atti mi onoro riferire quanto segue.

Nel giugno u.s. in S.Stefano Magra , come in tutti i centri rurali ed urbani della regione , ferveva una intensa agitazione popolare , a fine prevalentemente economico ambiguamente esacerbata da taluni elementi anche a fine politico. Fino a quel giorno a S.Stefano la predetta agitazione si era mostrata latente e in potenza e cio' per il prevalere della popolazione rurale restia per una naturale inclinazione a iniziative sovvertitrici dell'ordine. Per cio'gli elementi piu' facinorosi attendevano e procacciavano la scintilla provocatrice venisse dal di fuori. Cosi i membri della locale sezione dell'Unione Sindacale Italiana di cui e' presidente il Lombardi Alfredo , si erano abboccati con agitatori dei dintorni ,i quali all'uopo si erano recati a S.Stefano , ove le autorita' locali tentavano frattanto di prendere provvedimenti che valessero a tutela dell'ordine pubblico , ma a soddisfare anche nel limite del possibile i desiderata economici della popolazione .Da tali adunanze delle autorita' erano pero' stati esclusi gli elementi leghisti e tesserati.

Nel pomeriggio del 13 giugno ……………………………………………………………………………………segue

 

 

 

 

 

 

LATITANZA DEL CARNESECCHI PER I FATTI DI SANTO STEFANO MAGRA

13 giugno 1919---15 gennaio 1920

 

 

La latitanza del Carnesecchi e la sua ricerca comporta come conseguenza che anche Renzo Novatore da lui ospitato non e' piu' al sicuro

Ora al Novatore probabilmente temeva che i carabinieri in caccia di Dante esplorassero i terreni sulla collina di Vezzano dove era nascosto

.......in seguito a questo fatto - ci dice Auro - Renzo che coabitava col Carnesecchi dovette precipitosamente "spostarsi " . Portatosi in una capanna nel Sarzanese , per la delazione di un contadino confinante , veniva accerchiato da una cinquantina di carabinieri ed arrestato in condizioni drammaticissime>> Questo il 30 giugno 1919 ( Rimarra' in prigione fino al 2 settembre 1919 )

 

 

 

 

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15 gennaio 1920

 

ASSOLUZIONE DEL CARNESECCHI PER I FATTI DI SANTO STEFANO MAGRA

 

 

 

SENTENZA

 

In nome di Sua Maesta' Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e volonta' della nazione Re d'Italia , l'anno 1920 il giorno 15 del mese di gennaio in Genova

La Sezione d'accusa presso la Corte d'appello di Genova composta dai signori :

1) Cav.Galletti Alfredo presidente

  1. Cav.Lavagna Giuseppe Consigliere
  2. Cav. Caielli Giuseppe Consigliere

 

Riunta in Camera di Consiglio ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento penale contro

  1. Picchioni Luigi……………………………………………………….operaio meccanico detenuto dal 15 giugno 1919
  2. Rasi Tintino Persio di Marino e di Menicci Maria nato il 15 settembre 1983 in Arcola ivi residente fattorino telegrafico latitante
  3. Carnesecchi Dante Fortunato Guido fu Biagio Giuseppe e di Fontana Lucia nato il 12 marzo 1892 in Vezzano Ligure a Termo d'Arcola operaio-LATITANTE
  4. Bellotti Pasquale ……………………………………………………………….carpentiere e noleggiatore di biciclette - latitante
  5. Lombardi Alfredo……………………………………………………………….elettricista -detenuto dal 13 giugno 1919
  6. Pasquinelli Federico…………………………………………………………..negoziante-gia' detenuto dal 13 giugno al 23 agosto 1919
  7. Azzela' Giacomo Antonio……………………………………………………..operaio-gia' detenuto dal 13 giugno al 23 agosto 1919
  8. Ferrarini Ferdinando GianBattista Arturo di Alfonso……………………………operaio meccanico -gia' detenuto dal 13 giugno al 23 agosto 1919
  9. Ferrarini Luigi di Felice…………………………………………………………operaio-gia' detenuto dal 16 giugno al 23 agosto 1919
  10. Rossi Dante Felice Serafini Giovanni………………………………………….operaio-gia' detenuto dal 13 giugno al 23 agosto 1919

imputati

i primi cinque :

a) del delitto previsto dall'articolo

 

 

gli altri cinque di complicita' nei suddetti delitti ai sensi dell'art. 64 del codice penale per avere nel 13 giugno1919 in Santo stefano Magra eccitata la risoluzione degli autori materiali a commetterli , dando loro istruzioni facilitandone la esecuzione , e prestando assistenza ed aiuto prima e durante i fatti .

La istruttoria ha stabilito in fatto che nel giugno scorso quando avvennero i noti disordini , anche nel piccolo paese di Santo Stefano Magra si manifestarono propositi sovversivi .

Corsero voci di probabili saccheggi , e si diceva che erano gia' designati i negozi e le abitazioni dei piu' facoltosi del luogo da devastarsi.

Si accerto' che tali idee erano espresse da iscritti alla locale Sezione dell'Unione Sindacale Italiana di cui presidente era il Lombardi Alfredo imputato, e soci erano i coimputati Pasquinelli Federico , Arzela' Giovanni Antonio , Ferrarini Ferdinando , Ferrarini Luigi e Rossi Dante . Si diceva anche che per iniziare l'opera criminale si sarebbero attesi dal di fuori uomini piu' evoluti perche' quelli del paese aderenti a tale progettata progettata azione non ne avevano il coraggio.Ed infatti nulla avvenne sino al pomeriggio del 13 giugno in cui giunsero verso le ore 16 in paese il Picchioni Luigi , il Rasi Tintino , il Carnesecchi Dante ed il Bellotti Pasquale , i primi due su di un'unica motocicletta , e gli altri due su biciclette , accolti dal Lombardi , e dagli altri suindicati .

In quel giorno attendevano in paese al servizio di pubblica sicurezza il Vice brigadiere dei Reali Carabinieri Antonio Blanc col carabiniere Vannini Vincenzo , oltre a sei soldati con un sergente , ma solo i primi due si trovavano di pattuglia sulla piazza del paese quando giunsero i quattro forestieri , essendo i militari di truppa accantonati in altra localita'

Appena giunti i quattro suindicati , dopo aver deposto le macchine che montavano fuori dell'osteria di certo Camaiore annibale , entrarono nell'osteria stessa col Lombardi e compagni, ma il Lombardi con il Rossi Dante ne uscirono poco dopo , per avvicinarsi al vice brigadiere Blanc e chiedergli il permesso di tenere sulla piazza un comizio pubblico .Dovette il vicebrigadiere Blanc rispondergli che non lo poteva , essendo in quei giorni vietati i comizzi pubblici , ma spiegandogli che avrebbero potuto tenere il comizio in locale privato.

Non insistettero piu' oltre il Lombardi ed il Rossi i quali allontanatisi dal vice brigadiere Blanc si riunirono ai quattro forestieri e compagni usciti nel frattempo dall'osteria del Camaiore .

Ma nonostante il divieto , il Rasi Tintino , approfittando di un momento in cui il vice brigadiere col carabiniere Vannini furono distratti da altre cure di servizio , sali su di un muricciolo limitante la piazza , cominciando di la' a parlare al pubblico intorno a lui radunatosi.

Ma accorse subito il vice brigadiere Blanc col carabiniere Vannini , ed impose con buoni modi al Rasi di desistere e di scendere dal muricciuolo , ed il Rasi ubbidi . Da questo momento si sciolse in modo rapidissimo la tragica scena .

Mentre il Carnesecchi avanzatosi verso il Blanc minacciosamente gesticolando gli gridava : Ma chi e' Lei un prefetto , un viceprefetto ? Lei e' nulla , vada via .Autorita' piu' non ve ne sono ,comandiamo noi .Vogliamo fare quello che abbiamo fatto a Spezia trovasi al fianco sinistro del vicebrigadiere il Picchioni ed a fianco del carabiniere Vannini il Bellotti , echeggiarono quasi contemporaneamente quattro colpi di rivoltella ed i due militi caddero mortalmente feriti.

Alla vista dell'efferato delitto subito la piazza si sfollo'sicche' il Picchiotti ed il Rasi rimontando sulla motocicletta , il Carnesecchi ed il Bellotti sulle loro biciclette con cui erano venuti , poterono darsi a rapida fuga .

Il Picchioni poi lasciato a Ponzano Magra il Rasi il quale per viottoli di campagna si avvio ad arcola , giunto che fu a Sarzana , all'evidente scopo di allontanare i sospetti , ebbe l'audacia di recarsi dal Delegato di P.S. per avvisarlo che passando per l'abitato di S.Stefano Magra aveva visto ferire due carabinieri.

Le lesioni riportate dai due militi furono per il Blanc una ferita all'orecchio sinistro ed una alla regione della nuca ; per il Vannini una ferita al terzo superiore del padiglione dell'orecchio sinistro ed un'altra alla regione occipitale sinistra , i due feriti ricoverati dapprima nell'abitazione del medic del luogo Dottor Valerio Boeri, furono poi trasportati all'ospedale Civile di Sarzana.

Il Vannini vi moriva in quella stessa sera alle ore 22,30 esclusivamente a causa delle lesioni mortali riportate, come si accerto' dopo la morte, con perizia medico legale .Invece il vicebrigadiere Blanc , dopo eser stato in pericolo di vita , guari fortunatamente in giorni quaranta .

Vennero nello stesso giorno arrestati Lombardi , Pasquinelli , arzala' , il Ferdinando Ferrarini ed il Rossi nel 15 giugno il Picchioni e nel 16 il Luigi Ferrarini.

Rimasero latitanti il Rasi ,il Carnesecchi ,ed il Bellotti , contro i quali per spiccato mandato di cattura , procedendosi contro di loro per i delitti rispettivamente addebitati in capo d'imputazione.

Durante l'istruttoria furono scarcerati per insufficienza d'indizi il Pasquinelli , l'Arzela' , il Rossi ed i due Ferrarini-

Considerato riguardo alla prova della responsabilita' degli imputati , che il vicebrigadiere Blanc ,udito il primo colpo che fu sparato contro il carabiniere Vannini , si volto' urto' con la guancia sinistra contro una canna di rivoltella , che in quell'istante gli fu sparata quasi a bruciapelo nel cadere a terra dopo questo primo colpo , fu colpito da un secondo proiettile

Risulta che chi sparo' contro di lui fu il Picchioni ,per la dichiarazione dello stesso Blanc e per il giudiziale suo riconoscimento (pag. 62,76 e 77 vol.I ) e da quanto hanno deposto i testimoni Ravini Pietro e Chiappini Vittorio (19 e 20 vol. I )

Il Picchioni come gia' si e' esposto fatto il colpo fuggi col Rasi con la motocicletta , ed il teste Ravini appunto depone che l'individuo che guidava la motocicletta era quello che aveva sparato contro il vice brigadiere , mentre quello che aveva voluto arringare la folla stava dietro di lui sulla stessa macchina.

Il teste Chiappini a sua volta noto'che chi sparo' contro il vicebrigadiere portava in capo la paglietta , e che questi portasse fu dallo stesso Picchioni ammesso , e pure dichiarato dal Blanc nel mentre che afferma che il Picchioni era l'unico individuo che si trovasse alla sua sinistra alla distanza di circa un metro

Inoltre la stessa posizione del Picchioni che si trovava un poco all'indietro a sinistra delBlanc, che e' appunto quello che , a giudizio del perito dottor Rolando , doveva avere il feritore nel momento dello sparo, conferma vieppiu' la prova di colpevolezza del Picchioni.

Riguardo al Bellotti e' anzitutto da notarsi che i suoi precedenti lo designano come individuo capacissimo del delitto che gli e' addebitato ,ed in secondo luogo che piu' chiara non potrebbe risultare la prova della sua colpevolezza , cioe' di aver ucciso il carabinieri Vannini,

E' certo che uno dei quattro venuti dal di fuori fu l'uccisore , perche' essi furono che si avvicinarono al vicebrigadiere e al Vannini , quando il primo ebbe ad imporre al Rasi di desistere dal concionare in pubblico .

Ma il Rasi ed il Carnesecchi nel momento del fatto vennero a trovarsi di fronte al vicebrigadiere , e la direzione della ferita riportata dal povero carabiniere Vannini esclude che da essi siano stati esplosi i colpi , e poiche'il Picchioni stava a fianco del Vannini non poteva essere non poteva essere che il Bellotti

Costui appena fuggito dopo il fatto ,si rese in seguito irreperibile.

Risulta a carico del Lombardi che ad un suo segnale , che fece alzando un braccio mentre v'era contestazioni tra il Carnesecchi ed il vicebrigadiere partivano immediatamente i colpi di rivoltella .

Si puo' rilevare d'altra parte da tutte le deposizioni testimoniali che i forestieri giunti a S.Stefano dovettero agire d'accordo col Lombardi ce per primo li accolse al loro arrivo , col quale ebbero abboccamenti , che si adopero' per ottenere al Rasi il permesso di arringare in pubblico , e che nonostante il divieto a lui stesso dichiarato fu presso al Rasi quando costui sali sul muricciolo per parlare al pubblico.

Questo contegno suo prima del fatto, e la circostanza che ad un suo cenno esplosero i colpi dimostrano in modo non dubbio la cooperazione sua al mancato omicidio del vicebrigadiere Blanc e all'omicidio compiuto del carabiniere Vannini .

Attesoche' in confronto degli altri imputati la prova difetta , poiche' se si potrebbero quasi con certezza ritenere che essi al pari del Lombardi del Picchioni e del Bellotti avessero determinato di concorrere ai saccheggi e devastazioni che si fossero potute compiere in S.Stefano Magra , non concorrono elementi di prova sufficienti per sostenere che essi o come cooperatori immediati o come complici abbiano partecipato all'omicidio e mancato omicidio , non potendosi escludere il dubbio che a loro insaputa il Il Picchioni il Bellotti ed il Lombardi abbiano premeditata l'azione delittuosa e senza adesione loro l'abbiano compiuta .

Per l'Arzela Giacomo Antonio si deve anzi riconoscere , per quanto deposero i testi Bandinelli Giuseppe e Maresciallio Ghisoni (f.33 95 vol.I ) che neppure fu presente al fatto.

Considerando che le armi adoperate contro il vicebrigadiere Blanc ed il carabiniere Vannini l'eslosione dei colpi a brevissima distanza dalle loro persone , e quasi a bruciapelo , le parti vitalissime prese di mira , dimostrano in modo non dubbio , che quelli che spararono i colpi agirono con precisa intenzione omicida , che la premeditazione e' stabilita dal fatto della contemporanea azione del Picchioni e Bellotti susseguita immediatamente al segnale del Lombardi , il che dimostra che erasi tra i tre preordinato il delitto ,il tempo ed il modo di compierlo e

Che trattasi di delitto di competenza della Corte di Assise ( art.14 n.1 del cod. Proc.Pen. )

 

PER QUESTI MOTIVI

Visti gli articoli 271 274 318 330 Cod. Proc. Penale

Su le conformi conclusioni del P.M.

Dichiara non doversi procedere contro Rasi Tintino ,Carnesecchi Dante , Pasquinelli Federico , Ferrarini Ferdinando ,Ferrarini Luigi ,e Rossi Dante per insufficienza di prove , e contro Arzela' Giacomo Antonio per non aver commesso il fatto.

Revoca di conseguenza il mandato di cattura rilasciato dal giudice istruttore di Sarzana il 18 giugno 1919 contro il Rasi ed il Carnesecchi.

Ordina il rinvio di Picchioni Luigi, Bellotti Pasquale e Lombardi Alfredo , ferma la detenzione preventiva del primo e del terzo ed il mandato di cattura suindicato rilasciato anche contro il Bellotti al giudizio della corte d'Assise di Sarzana per esservi giudicati come responsabili dei delitti di cui nei capi d'imputazione A e B , in cui va sostituita alla frase gli altri quattro ,quella di gli altri due

 

Firmato

Gallotti

Lavagna

Cajelli

Balestra

 

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E' evidente che questa era una grossa occasione per eliminare Dante .

Prevale nel giudizio la convinzione del Procuratore del Re che vede nella dinamica dell'omicidio la dimostrazione dell'impossibilita' di Dante di esserne l'autore materiale

O la magistratura non ha ancora assolutamente identificato Dante come un sovversivo pericoloso e prevale la volonta' di colpire Lombardi , segretario dello USI di Santo Stefano Magra

Oppure e' il segno di un alto ed inaspettato garantismo della magistratura del tempo ( e mi e' sembrato di scorgere di questo garantismo piu' segnali nei vari processi narrati da il Libertario : tanto che la questione meriterebbe di essere approfondita )

Un garantismo quindi eccezionale per il periodo e sorprendente nelle conclusioni

 

Invece i carabinieri si formano un opinione completamente diversa individuando in Dante l'autore morale dell'omicidio , come capo di quel comando anarchico

Opinione che li spingera' a cercare la vendetta

 

 

 

 

 

 

Nel luglio 1919 inizia a comparire sul Libertario una serie di articoli firmati Der Beebachter sulla rivoluzione spartachista di Berlino

Si sostiene una tesi distante dalla linea prevalente nel giornale che catechizza la necessita’ che siano le masse a fare la rivoluzione e ad avere la direzione politica del processo rivoluzionario

La linea portata avanti dall’articolista e’ una linea assai vicina all’anarchismo individualista.

In questi articoli si postula una teoria della rivoluzione e si tenta di indicare i mezzi e gli strumenti necessari alla sua preparazione

" al contrario di cio’ che pensano purtroppo ancora molti compagni ( ed e’ tutta qui la ragione che li fa stare con le mani alla cintola ad attendere placidamente che le cose si maturino da se’ ) io non credo al moto spontaneo delle masse . Ogni movimento e’ fatto da alcuni o molti individui coscienti ; ogni movimento e’ preparazione , e’ creazione , e molte volte creazione artificiale di un piccolo fatto per trarne immense conseguenze"

Quando si parla di movimento spontaneo della massa si commette l’errore di considerare la massa cosciente , mentre invece essa non lo e’ altrimenti non si spiegherebbe perche’ mai siamo costretti a vivere ancora sotto lo sfruttamento e la schiavitu’ borghese

Non vi e’ spontaneita’ di movimento se non nelle minoranze coscienti e la massa non e’ che tirata o spinta da queste.; non e’ difficile riconoscere questi individui motori. Basta prendere la cronaca di un fatto qualunque di sciopero , di protesta iniziata spontaneamente in uno stabilimento senza che le organizzazioni ed i partiti siano intervenuti nella decisione , e quei pochi individui che hanno fatto tutto , vi saranno designati dai giornali borghesi come elementi turbolenti od elementi che vogliono pescare nel torbido , mentre i giornali socialisti il piu’ delle volte in questi casi ( dato che l’ordine di sciopero non e’ partito dalle loro organizzazioni o dal loro partito ed e’ quindi un movimento sfuggito al loro controllo ) parleranno dell’opera di gruppi incoscienti , di individui irresponsabili che , come sopra hanno fini reconditi ed oscuri , o vogliono creare la disorganizzazione nelle masse.

La massa non e’ che un agglomerato informe e sta all’abilita’ del pilota , o dei piloti , di guidarla e indirizzarla. E’ una questione piu’ che altro di abbagliamento e di seduzione : si deve infatti esagerare , suggestionare , frustare la massa , mettere davanti ad essa la realta’ della vita nella forma piu’ impressionante perche’ da sola non riesce a percepire ne’ a comprendere. Anche il disagio materiale e morale e’ avvertito ma rimane in superfice senza penetrargli nelle viscere.

Poiche’ la massa non riesce a percepire il vero cosi com’e’ bisogna ricoprirlo di fantastico , rendere l’atmosfera elettrizzante , essere dei magnetizzatori , impossessarsi dei cervelli e dei corpi per guidarli alla meta’ , per utilizzare la loro energia a favore della causa nostra , che e’ poi anche la loro , perche’ tutti siamo dei proletari , cervelli dei pochi , dunque , che cercano e provocano l’ausilio materiale dei molti

Dopo queste premesse ideologiche e teoriche , l’autore degli articoli prosegue nel cercare di suggerire i mezzi per preparare una rivoluzione , di formare una linea di massima sull’agitazione e sull’azione preparatrice di un processo rivoluzionario , esaminando in particolare la rivolta berlinese. Fa una vera lezione di pratica rivoluzionaria : gli spartachisti facevano la maggiore propaganda nelle file dei soldati non ancora smobilitati e questi fornivano le armi e le munizioni al movimento .Con quella ai soldati , veniva subito la propaganda agli operai dei grandi stabilimenti metallurgici , nelle fabbriche di munizioni. Cosi si aveva fin dall’inizio una forza rivoluzionaria sicura , disciplinata e pratica della strategia della guerra.

Sempre secondo l’esempio degli spartachisti i rivoluzionari devono dividersi in agitatori del fatto e agitatori della parola : I PRIMI DEVONO LAVORARE FRA LE MASSE RIMANENDO SCONOSCIUTI "ALLA POLIZIA DEL NEMICO" , I SECONDI INVECE DEVONO LAVORARE ALLO SCOPERTO E FARE MOLTO RUMORE PER ATTIRARE SU DI SE’ L’ATTENZIONE , COSICCHE’ GLI ALTRI POTRANNO COLPIRE ALL’IMPROVVISO E SENZA PIETA’

Non si devono far piu’ scioperi economici perche’ non fanno altro che mantenere nel proletariato l’illusione che con essi si puo’ raggiungere un certo stato di benessere anche in una societa’ capitalistica ; bisogna rinnegare il parecchio per il il tutto .

Solo scioperi politici quindi per far comprendere all’operaio che la questione economica e’ assolutamente dipendente dalla questione politica.

E’ necessario dunque , nel campo economico : disorganizzare, annullare la produzione , nel campo politico : sabotare , provocare agitazioni e scioperi.

Cosi facevano gli spartachisti i quali non ammettevano che lo sciopero politico e con questo tenevano in continua esercitazione il proletariato berlinese , la ogni pretesto era buono per abbandonare le officine . La erano : elasticita’ , risposta immediata alle provocazioni sicurezza nelle proprie forze , nessuna tregua al nemico , continue battaglie campali per abituare ogni soldato della rivoluzione a fronteggiare l’avversario senza tremare , dimestichezza col pericolo.

In Italia avviene tutto il contrario : inerzia , retorica , incertezza , dispendio di forze che danno l’illusione al popolo di risolvere tutto e in realta’ non risolvono niente ; la l’opera degli spartachiani esasperava , ossessionava , terrorizzava la borghesia ……qui invece l’opera dei rivoluzionari fa ridere i pescicani , che sanno che , se il popolo si ribella con un boccone di pane un po’ grosso sara’ subito pacificato.

Dalla tesi di Andrea Bellotto

Gli anarchici a La Spezia dal 1919 al 1922 attraverso Il Libertario

 

 

Sempre secondo l’esempio degli spartachisti i rivoluzionari devono dividersi in agitatori del fatto e agitatori della parola :

I PRIMI DEVONO LAVORARE FRA LE MASSE RIMANENDO SCONOSCIUTI "ALLA POLIZIA DEL NEMICO" , I SECONDI INVECE DEVONO LAVORARE ALLO SCOPERTO E FARE MOLTO RUMORE PER ATTIRARE SU DI SE’ L’ATTENZIONE , COSICCHE’ GLI ALTRI POTRANNO COLPIRE ALL’IMPROVVISO E SENZA PIETA’

 

 

 

Nel frattempo :

 

impresa di Fiume.

 

Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Gabriele D'Annunzio 11 settembre 1919

 

 

 

http://www.fiume-rijeka.it/images/Elenco%20dei%20legionari%20dannunziani.pdf

 

http://www.fiume-rijeka.it/images/Elenco%20dei%20legionari%20dannunziani.pdf

 

 

Elenco ufficiale dei legionari fiumani depositato

presso la fondazione del Vittoriale degli italiani

in data 24/6/1939

 

 

 

Alla conclusione del primo conflitto mondiale, dalle trattative di pace, l'Italia ottenne le terre irredente di Trento e Trieste ma l'opposizione del presidente americano Woodrow Wilson condusse a una situazione di stallo per quanto riguardava la Dalmazia e Fiume, non promessa all'Italia col patto di Londra e reclamata dagli italiani in quanto abitata prevalentemente da connazionali. Inoltre già nell'ottobre 1918 a Fiume si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia di cui fu nominato presidente Antonio Grossich.

I rappresentanti italiani a Parigi Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, dopo aver polemicamente abbandonato il tavolo delle trattative il 24 aprile, non avendo colto risultati sperati vi fecero ritorno il 5 maggio.

A Fiume, già ad aprile Giovanni Host-Venturi e Giovanni Giuriati avevano iniziato a creare una Legione fiumana costituita da volontari per difendere la città in particolare dal contingente francese, filo-jugoslavo.[2]

Nel frattempo Gabriele D'Annunzio si era recato a Roma per tenere una serie di comizi in favore dell'italianità di Fiume. I discorsi infuocati di D'Annunzio suscitarono l'emozione soprattutto dei moltissimi giovani reduci che ritornati dalla guerra erano rimasti disoccupati. In particolare si insistette sull'onta della vittoria mutilata che induceva un revanscismo delle aspettative di carattere nazionalista. Intanto a Fiume la situazione diveniva sempre più incandescente e si susseguivano costantemente manifestazioni della popolazione a favore dell'italianità della città e incidenti tra i vari reparti delle quattro nazioni che al termine del conflitto avevano occupato la città (italiani, francesi, inglesi, americani). A Parigi si decisero così alcune sanzioni e l'allontanamento dei Granatieri di Sardegna, reparto che si era dimostrato particolarmente irrequieto. I Granatieri, sotto il comando del generale Mario Grazioli, lasciarono Fiume il 25 agosto 1919 sfilando in mezzo alla popolazione di Fiume che cercò di trattenerli con suppliche e manifestazioni di italianità . I Granatieri di Sardegna si acquartierarono a Ronchi. Da qui sette ufficiali inviarono a D'Annunzio una lettera in cui lo invitavano a porsi a capo di una spedizione che a Fiume ne rivendicasse l'italianità:

" Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo. "

(Dalla lettera inviata a D'Annunzio da alcuni ufficiali dei Granatieri di Sardegna)


Qui giunsero anche i volontari al seguito del tenente Guido Keller dotati di autocarri su cui presero posto buona parte dei convenuti. L'11 prese il via la cosiddetta Marcia di Ronchi. Messisi in viaggio verso Fiume, alla colonna via via si unirono altri volontari tra cui alcuni gruppi di bersaglieri che in realtà avrebbero dovuto bloccarlo. Oltrepassato il confine presidiato dal generale Vittorio Emanuele Pittaluga il 12 settembre, dopo essersi congiunto con la Legione Fiumana di Host-Venturi, D'Annunzio prese possesso della città acclamato dalla popolazione italiana e dai volontari lì presenti. Nel pomeriggio D'Annunzio proclamò l'annessione all'Italia di Fiume.

" Italiani di Fiume! Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà; nel mondo folle e vile vi è una sola verità: e questa è Fiume; vi è un solo amore: e questo è Fiume! Fiume è come un faro luminoso che splende in mezzo ad un mare di abiezione... Io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, credo di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando l'annessione di Fiume. "

(Dal discorso tenuto da D'Annunzio il 12 settembre dal Palazzo del Governo di Fiume)

Il giorno seguente i Francesi e gli Inglesi preferirono evitare che l'azione finisse in un bagno di sangue, anche se alcuni morti in realtà vi furono. Arrivò a Fiume il 22 settembre la Nave della Regia marina "Cortellazzo" (ex incrociatore Marco Polo) che si unì ai legionari di D'Annunzio.

.

Il presidente Nitti per non far scatenare delle gravi conseguenze sul piano militare e sui rapporti internazionali, esprime i suoi pensieri nel seguente discorso:

"L'Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterati dei vanesii".

Mussolini rispose cosi:"Il suo discorso è spaventosamente vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla paura che egli ha degli alleati.Quest'uomo presenta continuamente un'Italia vile e tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacalli di Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosi piccini, che diminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E' più facile il contrario".

D'Annunzio affida al presidente del consiglio un soprannome che racchiude tutto il disprezzo che prova per quest'uomo :"Cagoja".

 

D'Annunzio costituì un "Gabinetto di Comando" al cui vertice pose Giovanni Giuriati.

Il governo italiano guidato da Francesco Saverio Nitti disconobbe l'azione del Vate e, intenzionato a ottenere la resa e l'abbandono della città da parte dei legionari, nominò Commissario straordinario per la Venezia-Giulia Pietro Badoglio, con il compito di risolvere la situazione. Il nuovo commissario straordinario fissò la propria sede a Trieste e come primo atto fece gettare dei volantini su Fiume in cui si minacciavano i legionari di essere considerati disertori e quindi di poter essere puniti dai Tribunali militari.

L'ultimatum di Badoglio non fu accolto e non sortì alcun effetto. Nitti allora decise di porre la città sotto assedio impedendo l'afflusso di viveri. A ciò D'Annunzio rispose in maniera sprezzante chiamando in causa Nitti:

" Impotente a domarci. Sua indecenza la Degenerazione adiposa si propone di affamare i bambini e le donne che con le bocche santificate gridano "Viva l'Italia"... Raccogliete pel popolo di Fiume viveri e denaro! "

(Da un appello scritto da D'Annunzio al popolo italiano)

Il 16 settembre inviò anche una polemica lettera a Mussolini contestandogli lo scarso impegno finanziario nell'impresa:

" Mio caro Mussolini, mi stupisco di voi e del popolo italiano. Io ho rischiato tutto, ho fatto tutto, ho avuto tutto. Sono padrone di Fiume, del territorio, d'una parte della linea d'armistizio, delle navi; e dei soldati che non vogliono obbedire se non a me. Nessuno può togliermi di qui. Ho Fiume; tengo Fiume finché vivo, inoppugnabilmente. E voi tremate di paura! Voi che lasciate mettere sul collo il piede porcino del più abbietto truffatore che abbia mai illustrato la storia del canagliume universale. Qualunque altro paese - anche la Lapponia - avrebbe rovesciato quell'uomo, quegli uomini. E voi stete lì a cianciare, mentre noi lottiamo d'attimo in attimo, con un'energia che fa di quest'impresa la più bella dopo la dipartita dei Mille. Dove sono i combattenti, gli arditi, i volontari, i futuristi? Io ho tutti soldati qui, tutti soldati in uniforme, di tutte le armi. È un'impresa di regolari. E non ci aiutate neppure con sottoscrizioni e collette. Dobbiamo fare tutto da noi, con la nostra povertà. Svegliatevi! E vergognatevi anche. Se almeno mezza Italia somigliasse ai Fiumani, avremmo il dominio del mondo. Ma Fiume non è se non una cima solitaria dell'eroismo, dove sarà dolce morire ricevendo un ultimo sorso della sua acqua. Non c'è proprio nulla da sperare? E le vostre promesse? Bucate almeno la pancia che vi opprime, e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia. Su! Scuotetevi, pigri nell'eterna siesta! Io non dormo da sei notti; e la febbre mi divora. Ma sto in piedi. E domandate come, a chi m'ha visto. Alalà "

(La lettera inviata da D'Annunzio a Benito Mussolini direttore del Popolo d'Italia)

Questa lettera apparve sul Popolo d'Italia il 20 settembre emendate dalle parti più polemiche (quelle che appaiono in corsivo). Al riguardo è da rimarcare che mai in seguito D'Annunzio contestò la censura alla sua lettera. Mussolini avviò rapidamente una sottoscrizione pubblica per finanziare Fiume che raccolse quasi tre milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842 lire, fu consegnata a D'Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro in seguito. Parte del denaro, con un'autorizzazione pubblica del poeta, fu utilizzata per finanziare lo squadrismo milanese.[7]

Intanto il 25 settembre tre battaglioni di bersaglieri destinati all'assedio della città, lasciate le proprie posizioni completi di armi e salmerie disertarono e raggiunsero i legionari. L'avvenimento spinse Badoglio a rassegnare le proprie dimissioni, che furono però respinte.[8]

Il 7 ottobre Mussolini si recò a Fiume dove incontrò D'Annunzio, mentre il 10 dello stesso mese gli Uscocchi presero possesso di un'imbarcazione carica di armi e munizioni.

Al fine di risolvere la situazione che si rendeva sempre più esplosiva Nitti acconsentì a tentare una soluzione più diplomatica. In effetti a partire dal 20 ottobre 1919 cominciarono degli incontri tra Badoglio e D'Annunzio che, durati circa due mesi, non approdarono ad alcun accordo.

Il 26 ottobre si tennero a Fiume le elezioni che videro scontrarsi le due principali compagini politiche, da una parte i fautori dell'annessione all'Italia guidati Riccardo Gigante e dall'altra parte gli autonomisti guidati da Riccardo Zanella. Vinse la lista annessionistica con circa il 77% dei consensi e Gigante divenne sindaco della città venendo ufficialmente proclamato il 26 novembre.

Mentre ancora duravano gli incontri con Badoglio, D'Annunzio il 14 novembre prese l'iniziativa di recarsi a Zara. Infatti il 14 novembre si imbarcò sulla nave Nullo insieme a Guido Keller, Giovanni Giuriati, Giovanni Host-Venturi e Luigi Rizzo. A Zara venne benevolmente accolto dall'ammiraglio Enrico Millo, divenuto governatore di quei territori occupati, che davanti al Vate prese solennemente l'impegno di non abbandonare la Dalmazia finché questa non fosse stata ufficialmente annessa all'Italia.

 

 

 

Alle Elezioni politiche italiane del 1919 tenutesi il 16 novembre Francesco Saverio Nitti fu riconfermato al governo (Governo Nitti II).

 

CARTA DEL CARNARO

Già nella Premessa si affermava la chiara volontà di entrare a far parte integrante dello Stato Italiano e consequenzialmente l'italianità di Fiume e vi si sosteneva un futuro stato rivoluzionario-corporativo. Proprio dalla Carta del Carnaro "dannunziana" anche il regime fascista in seguito prenderà spunto per la propria dottrina politica economica riproposta nella Carta del lavoro del 1927, dove attraverso la politica del corporativismo si voleva, in teoria, creare un sistema antagonista nei confronti della società capitalistica, e di quella marxista[1]

" Premessa - Il Popolo della Libera città di Fiume, in nome delle sue secolari franchigie e dell'inalienabile diritto di autodecisione, riconferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante esplicito atto d'annessione; ma poiché l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa legittima volonta, delibera di darsi una Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del territorio (Città, Porto e Distretto) già formante il "corpus separatus" annesso alla corona Asburgica e degli altri territori adriatici che intendone seguirne le sorti. "

" Art. 2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono. "

" Art. 5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere. "

La Carta ha contenuti riferibili all'interventismo di sinistra, che a Fiume trovava espressione in una frangia di futuristi di sinistra e nel giornale ufficiale Testa di ferro. Il suo direttore, Mario Carli, era infatti (seppur a suo modo) filobolscevico, come filobolscevica e libertaria era una parte dei legionari fiumani

 

 

La Carta ha una matrice che discende dall'interventismo di sinistra dei Fasci d'Azione Internazionalista, ma soprattutto dal sindacalismo rivoluzionario di Alceste De Ambris, Filippo Corridoni e Vittorio Picelli e che in parte si ritrova nel Manifesto dei Fasci italiani di combattimento di piazza San Sepolcro (sansepolcrismo). Nello specifico, dal manifesto pubblicato su Il Popolo d'Italia viene estrapolata la parte più legata al sindacalismo rivoluzionario del manifesto di San Sepolcro (tralasciando la parte imperialistica) e quindi il manifesto pubblicato risulta teoricamente base del fascismo, ma non verrà mai pienamente applicato dal fascismo. Anzi fu in un certo qual modo accantonato dalla cultura ufficiale.

Soltanto il sindacalismo fascista negli anni venti si distaccò in parte dalla cultura ufficiale del Fascismo rifacendo suo il "mito" dell'Impresa di Fiume e della Carta del Carnaro redatta da Alceste De Ambris.[6]

Ma l'atteggiamento più diffuso durante il fascismo fu quello di considerare la Carta del Carnaro come l'espressione più alta e più compiuta di una esperienza ormai conclusa, quindi irripetibile, destinata ad essere superata dalla nuova Carta del Lavoro proposta da Giuseppe Bottai e approvata dal Gran Consiglio Fascista il 21 aprile 1927.

Sostanzialmente dalla Carta del Carnaro furono estratti gli elementi più corporativi mentre furono completamente accantonate le istanze democratico-libertarie.

 

 

 

 

La Carta del Carnaro promulgata l'8 settembre 1920 fu concettualmente concepita da De Ambris, ma curata nello stile da D'Annunzio. Vi si affermava non soltanto l'italianità di Fiume, ma si sosteneva un futuro stato rivoluzionario-corporativo.

  
Premessa

Il Popolo della Libera Città di Fiume, in nome delle sue secolari franchigie e dell'inalienabile diritto di autodecisione, riconferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante un esplicito atto d'annessione; ma poiché l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa legittima volontà, delibera di darsi una Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del Territorio (Città, Porto e Distretto) già formante il "corpus separatum" annesso alla corona ungarica, e degli altri territori adriatici che intendono seguirne le sorti.

Parte generale

1 - La Libera Città di Fiume, col suo porto e distretto, nel pieno possesso della propria sovranità, costituisce unitamente ai territori che dichiarano e dichiareranno di volerle essere uniti, la Repubblica del Carnaro.

2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali.
Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra per quanto è possibile i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono.

3 - La Repubblica si propone inoltre di provvedere alla difesa dell'indipendenza, della libertà e dei diritti comuni, di promuovere una più alta dignità morale ed una maggiore prosperità materiale di tutti i cittadini; di assicurare l'ordine interno con la giustizia.

4 - Tutti i cittadini della Repubblica senza distinzione di sesso sono uguali davanti alla legge. Nessuno può essere menomato o privato dell'esercizio dei diritti riconosciuti dalla Costituzione se non dietro regolare giudizio e sentenza di condanna.
La Costituzione garantisce a tutti i cittadini l'esercizio delle fondamentali libertà di pensiero, di parola, di stampa, di riunione e di associazione. Tutti i culti religiosi sono ammessi; ma le opinioni religiose non possono essere invocate per sottrarsi all'adempimento dei doveri prescritti dalla legge.
L'abuso delle libertà costituzionali per scopi illeciti e contrari alla convivenza civile può essere punito in base a leggi apposite, le quali però non potranno mai ledere il principio essenziale delle libertà stesse.

5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere.

6 - La Repubblica considera la proprietà come una funzione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio individuale. Perciò il solo titolo legittimo di proprietà su qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro che rende la proprietà stessa fruttifera a beneficio dell'economia generale.

7 - Il porto e le ferrovie comprese nel territorio della Repubblica sono proprietà perpetua ed inalienabile dello Stato con un ordinamento autonomo tale da consentire a tutti i popoli amici che ne hanno bisogno di servirsene con garanzia di assoluta parità di diritti commerciali con i cittadini fiumani.

8 - Una Banca della Repubblica controllata dallo Stato avrà l'incarico dell'emissione della carta-moneta e di tutte le altre operazioni bancarie. Un'apposita legge ne regolerà il funzionamento e stabilirà i diritti e gli oneri delle banche esistenti o che intendessero stabilirsi nel territorio della Repubblica.

9 - L'esercizio delle industrie, delle professioni e dei mestieri è libero per tutti i cittadini della Repubblica. Le industrie stabilite o da stabilirsi con capitale straniero saranno soggette alle norme di una legge speciale che regolerà pure l'esercizio professionale degli stranieri.

10 - Tre elementi concorrono a formare le basi costituzionali della Repubblica:
- a) i Cittadini;
- b) le Corporazioni;
- c) i Comuni.

Dei cittadini

11 - Sono cittadini della Repubblica tutti gli attuali cittadini della Libera Città di Fiume e degli altri territori che ad essa dichiarano di volersi unire; tutti coloro cui venga conferita la cittadinanza per meriti speciali; tutti coloro che ne faranno domanda, quando questa sia accettata dagli organi competenti, in base alla apposita legge.

12 - I cittadini della Repubblica entrano nel pieno possesso di tutti i diritti civili e politici non appena compiuto il ventesimo anno di età, diventando perciò elettori ed eleggibili per tutte le cariche pubbliche senza distinzione di sesso. Saranno tuttavia privati dei diritti politici, con regolare sentenza, tutti quei cittadini:
a) che risultano condannati a pene infamanti;
b) che rifiutano di prestare il servizio militare per la difesa del paese o di pagare le tasse;
c) che vivono parassitariamente a carico della collettività, salvo casi d'incapacità fisica al lavoro dovuta a malattia od a vecchiaia.

Delle corporazioni

13 - I cittadini che concorrono alla prosperità materiale ed allo sviluppo civile della Repubblica con un continuativo lavoro manuale ed intellettuale sono considerati cittadini produttivi e sono obbligatoriamente inscritti in una delle seguenti categorie, che costituiscono altrettante corporazioni, e cioè:
1a. Operai salariati dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei trasporti. A questa categoria appartengono pure i piccoli artigiani ed i piccoli proprietari di terre che non hanno dipendenti se non in limitatissimo numero o come aiuto saltuario e temporaneo.
2a. Personale tecnico ed amministrativo di aziende private industriali ed agricole, purché non si tratti di comproprietari delle aziende stesse.
3a. Addetti alle aziende commerciali non operai propriamente detti, purché non si tratti di comproprietari delle aziende stesse.
4a. Datori di lavoro dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e dei trasporti. S'intendono datori di lavoro coloro che, essendo proprietari o comproprietari di aziende, si occupano personalmente direttamente e continuativamente della gestione delle aziende stesse.
5a. Impiegati pubblici statali e comunali di qualsiasi ordine.
6a. Insegnanti delle scuole pubbliche e studenti degli istituti superiori.
7a. Esercenti professioni libere non comprese nelle 5 categorie precedenti.
Le cooperative di produzione, lavoro e consumo tanto agricole che industriali costituiscono esse pure una corporazione che può essere rappresentata esclusivamente dagli amministratori delle cooperative stesse.

14 - Le corporazioni godono di piena autonomia per quanto riguarda la loro organizzazione e funzionamento interno. Esse hanno il diritto d'imporre una tassa commisurata sul salario, stipendio profitto d'azienda, o lucro professionale degli inscritti, per provvedere ai propri bisogni finanziari. Le corporazioni hanno pure il diritto di possedere in nome collettivo beni di qualsiasi specie.
I rapporti della Repubblica con le corporazioni e delle corporazioni fra loro sono regolati dalle norme contemplate agli art. 16, 17 e 18 della presente Costituzione per i rapporti fra i poteri centrali della Repubblica e i Comuni, e dei Comuni fra loro.
Gli inscritti a ciascuna corporazione costituiscono un corpo elettorale per l'elezione dei propri rappresentanti al Consiglio Economico secondo le norme fissate dall'art. 23 della Costituzione.

Dei Comuni

15 - I Comuni sono autonomi fin dove l'autonomia non è limitata dalla Costituzione ed esercitano tutti i poteri che non sono da questa attribuiti agli organi legislativi esecutivi e giudiziari della Repubblica.

16 - I Comuni sono in diritto di darsi quella Costituzione interna che ritengono migliore; ma devono chiedere per le loro costituzioni la garanzia della Repubblica che l'assume quando:
a) esse nulla contengono di contrario alle prescrizioni della Costituzione della Repubblica;
b) risultino accettate dal popolo e possano essere riformate quando la maggioranza assoluta dei cittadini lo richieda.

17 - I Comuni hanno diritto di stipulare fra loro accordi, convenzioni e trattati sopra oggetti di legislazione e di amministrazione; però devono presentarli all'esame del potere esecutivo della Repubblica, il quale, se ritiene che tali accordi, convenzioni o trattati siano in contrasto con la Costituzione della Repubblica o con i diritti di altri Comuni, li rimanda al giudizio della Corte Suprema che può dichiararne l'incostituzionalità. In tal caso il potere esecutivo della Repubblica è autorizzato ad impedirne l'esecuzione.

18 - Allorché l'ordine interno di un Comune è turbato o quando è minacciato da un altro Comune, il potere esecutivo della Repubblica è autorizzato ad intervenire:
a) se l'intervento è richiesto dalle autorità del Comune interessato;
b) se l'intervento è richiesto da un terzo dei cittadini in possesso dei diritti politici del Comune stesso.

19 - I Comuni hanno segnatamente il diritto:
a) di organizzare l'istruzione primaria in base alle norme stabilite dall'art. 38 della Costituzione;
b) di nominare i giudici comunali;
c) di organizzare e mantenere la polizia comunale;
d) d'imporre tasse;
e) di contrarre prestiti nel territorio della Repubblica. Quando invece tali prestiti devono essere contratti all'estero occorre la garanzia del governo che la concede soltanto in caso di riconosciuta necessità.

Del potere legislativo

20 - Il potere legislativo è esercitato da due corpi elettivi:
a) La Camera dei Rappresentanti;
b) Il Consiglio Economico.

21 - La Camera dei Rappresentanti viene eletta a suffragio universale diretto e segreto da tutti i cittadini della Repubblica che hanno compiuto il 20° anno di età e che sono in possesso dei diritti politici. Ogni cittadino della Repubblica avente diritto a voto è eleggibile a membro della Camera dei Rappresentanti.
I rappresentanti vengono eletti per un periodo di tre anni, in ragione di uno ogni mille elettori ed in ogni caso in numero non inferiore a 30. Tutti gli elettori formano un unico corpo elettorale e l'elezione si compie a suffragio universale segreto e diretto col sistema della rappresentanza proporzionale.

22 - La Camera dei Rappresentanti tratta e legifera sui seguenti oggetti che sono di sua competenza:
a) Codice Penale e Civile;
b) Polizia;
c) Difesa Nazionale;
d) Istruzione pubblica secondaria;
e) Belle Arti;
f) Rapporti dello Stato con i Comuni.
La Camera dei Rappresentanti si riunisce ordinariamente una volta all'anno nel mese di ottobre.

23 - Il Consiglio Economico si compone di 60 membri eletti nelle seguenti proporzioni a suffragio universale segreto e diretto, col sistema della rappresentanza proporzionale:
- 15 dagli operai e lavoratori della terra;
- 15 dai datori di lavoro;
- 5 dai tecnici industriali ed agricoli;
- 5 dagli impiegati amministrativi delle aziende private;
- 5 dagli insegnanti delle scuole pubbliche e dagli studenti degli istituti superiori;
- 5 dai professionisti liberi;
- 5 da impiegati pubblici;
- 5 dalle cooperative di lavoro e di consumo.

24 - I membri del Consiglio Economico vengono eletti per un periodo di due anni. Per essere eleggibili occorre appartenere alla categoria rappresentata.

25 - Il Consiglio Economico si aduna ordinariamente due volte all'anno, nei mesi di maggio e di novembre, per trattare e legiferare sui seguenti oggetti, che sono di sua competenza:
a) Codice Commerciale e Marittimo;
b) Disciplina del lavoro;
c) Trasporti;
d) Lavori pubblici;
e) Trattati di commercio, dogane, ecc.;
f) Istruzione tecnica e professionale;
g) Legislazione sulle Banche, sulle Industrie e sull'esercizio delle professioni e mestieri.

26 - La Camera dei Rappresentanti ed il Consiglio Economico si riuniscono insieme una volta all'anno nella prima quindicina di dicembre formando l'Assemblea Nazionale, che tratta e legifera sui seguenti oggetti di sua competenza:
a) rapporti internazionali;
b) finanza e tesoro della Repubblica;
c) istruzione superiore;
d) revisione della Costituzione.

Del potere esecutivo

27 - Il potere esecutivo della Repubblica si compone di sette Commissari eletti nel modo che segue:
- Presidenza e Affari Esteri, Finanza e Tesoro, Istruzione pubblica: dall'Assemblea Nazionale;
- Interni e Giustizia, Difesa Nazionale: dalla Camera dei Rappresentanti;
- Lavoro, Economia pubblica: dal Consiglio Economico.

28 - Il potere esecutivo siede in permanenza e delibera collettivamente su tutti gli oggetti che non siano d'ordinaria amministrazione. Il Presidente rappresenta la Repubblica di fronte agli altri paesi, dirige le discussioni ed ha voto decisivo in caso di parità. I Commissari sono eletti per un anno e sono rieleggibili per una volta soltanto. Dopo l'interruzione di un anno possono però essere nuovamente eletti.

Del potere giudiziario

29 - Il potere giudiziario si compone:
a) dei giudici municipali;
b) dei giudici del lavoro;
c) dei giudici di secondo grado;
d) della giuria;
e) della Corte Suprema.

30 - I giudici municipali giudicano sulle controversie civili e commerciali fino al valore di cinquemila lire e sui crimini che importano pene non superiori ad un anno. I giudici di primo grado sono eletti in proporzione della popolazione da tutti gli elettori dei vari comuni.

31 - I giudici del lavoro giudicano sulle controversie individuali fra salariati o stipendiati e datori di lavoro. Essi costituiscono uno o più collegi di giudici eletti dalle Corporazioni che eleggono il Consiglio Economico, nelle seguenti proporzioni: due dagli operai industriali e dai lavoratori della terra, due dai datori di lavoro, uno dai tecnici industriali ed agricoli, uno dai professionisti liberi, uno dagli impiegati amministrativi delle aziende private, uno dagli impiegati pubblici, uno dagli insegnanti pubblici e dagli studenti degli istituti superiori, uno dalle cooperative di lavoro e di consumo. Ogni collegio di giudici del lavoro si divide in sezioni, per il più sollecito disbrigo dei giudizi. Le sezioni riunite costituiscono il giudizio di appello.

32 - I giudici di secondo grado giudicano su tutte le questioni civili, commerciali e penali che non sono di competenza dei giudici municipali e dei giudici del lavoro - (salve quelle di spettanza della giuria) - e funzionano da Tribunale d'Appello per le sentenze dei giudici municipali. I giudici di secondo grado sono scelti in base a concorso dalla Corte Suprema, fra i cittadini muniti della laurea di dottore in legge.

33 - Tutti i delitti politici e tutti i crimini e delitti che comportano la privazione della libertà personale per un tempo superiore ai tre anni sono giudicati da una giuria composta di sette cittadini assistiti da due supplenti e presieduti da un giudice di secondo grado.

34 - La Corte Suprema viene eletta dall'Assemblea Nazionale e si compone di 5 membri effettivi e due supplenti. Almeno due dei membri effettivi ed un supplente dovranno essere muniti della laurea di dottore in legge.
La Corte Suprema è competente a giudicare:
a) sulla costituzionalità degli atti dei poteri legislativo ed esecutivo;
b) su tutti i conflitti di carattere costituzionale fra i poteri legislativo ed esecutivo, fra la Repubblica ed i Comuni, fra i Comuni fra loro, fra la Repubblica e Corporazioni o privati, fra i Comuni e Corporazioni o privati;
c) sui casi di alto tradimento contro la Repubblica ad opera di membri del potere legislativo o esecutivo;
d) sui crimini e delitti contro il diritto delle genti;
e) nelle contestazioni civili fra la Repubblica ed i Comuni; fra i Comuni tra loro;
f) sui casi di responsabilità dei membri dei poteri della Repubblica e di funzionari;
g) nelle questioni circa i diritti di cittadinanza e circa i privi di patria.
La Corte Suprema giudica inoltre le questioni di competenza fra i vari organi giudiziari, rivede in ultima istanza le sentenze pronunziate da questi, e nomina i giudici di secondo grado in base a concorso.
I membri della Corte Suprema non possono coprire alcuna altra carica, neppure nei rispettivi comuni, né esercitare qualsiasi altra professione, industria o mestiere per tutta la durata della carica.

Del Comandante

34 [sic] - In caso di grave pericolo per la Repubblica l'Assemblea Nazionale può nominare un Comandante per un periodo non superiore ai sei mesi. Il Comandante durante il periodo in cui rimane in carica esercita tutti i poteri politici e militari, sia legislativi che esecutivi. I membri del potere esecutivo funzionano come suoi segretari. Può essere eletto Comandante qualunque cittadino, nel possesso dei diritti politici, facente parte o no dei poteri della Repubblica.
Allo spirare del termine fissato per la durata della carica del Comandante, l'Assemblea Nazionale si riunisce nuovamente e delibera sulla conferma in carica del Comandante stesso, sulla sua eventuale sostituzione o sulla cessazione della carica.

Della difesa nazionale

35 - Tutti i cittadini della Repubblica, senza distinzione di sesso, sono obbligati al servizio militare nell'età dai 17 ai 52 anni per la difesa della Repubblica.
Gli uomini dichiarati validi presteranno questo servizio nelle varie armi dell'esercito. Le donne e gli uomini non validi saranno adibiti, secondo le loro attitudini, ai servizi ausiliari, amministrativi e di sanità.
Tutti coloro che a causa del servizio militare perdono la vita o soggiacciono ad un'imperfezione fisica permanente, hanno diritto per sé e per le loro famiglie in caso di bisogno, al soccorso della Repubblica.

36 - La Repubblica non può mantenere truppe permanenti. L'esercito e la flotta della Repubblica saranno organizzati sulla base della Nazione Armata con apposita legge. I cittadini prestano il servizio militare soltanto per i periodi d'istruzione od in caso di guerra per la difesa del paese.
Il cittadino non perde nessuno dei suoi diritti civili e politici durante i periodi d'istruzione o quando venga chiamato in servizio per la difesa della Repubblica, salve le necessità del servizio militare.

Dell'istruzione pubblica

37 - La Repubblica considera come il più alto dei suoi doveri l'istruzione e l'educazione del popolo, non soltanto per quel che riguarda la scuola primaria o professionale, ma anche per le manifestazioni superiori della scienza e dell'arte, che devono essere rese accessibili a tutti coloro che dimostrano capacità d'intenderle.
Le scuole superiori esistenti verranno perciò riunite in un'Università libera e completate con nuovi corsi e facoltà, in base ad una apposita legge la quale dovrà contemplare puranche la istituzione di una scuola di Belle Arti e di un Conservatorio Musicale.

38 - L'organizzazione delle Scuole medie e affidata alla Camera dei Rappresentanti e quella delle Scuole tecniche e professionali al Consiglio Economico. Nelle Scuole medie sarà obbligatorio l'insegnamento delle diverse lingue parlate nel territorio della Repubblica.
L'istruzione primaria è gratuita ed obbligatoria. Essa resta affidata ai Comuni che la organizzano in base a programmi stabiliti da un Comitato di Istruzione primaria composto di un rappresentante per ciascun comune, di due rappresentanti delle scuole medie, di due rappresentanti delle scuole tecniche professionali, e di due rappresentanti degli istituti superiori, eletti dagli insegnanti e dagli studenti.
L'insegnamento primario verrà impartito nella lingua parlata dalla maggioranza degli abitanti di ciascun comune accertata, ove occorra, per mezzo di referendum; ma fra le materie d'insegnamento dovrà in ogni caso essere compresa la lingua parlata dalla minoranza. Inoltre quando lo richieda un numero di alunni sufficiente, a giudizio del Comitato per l'istruzione primaria, il Comune sarà obbligato ad istituire corsi paralleli nella lingua parlata dalla minoranza.
In caso di rifiuto da parte del Comune, il Governo della Repubblica ha diritto d'istituire esso stesso i corsi paralleli caricandone la spesa al Comune.

39 - Le scuole pubbliche devono poter essere frequentate dai seguaci di tutte le confessioni religiose e da chi non professa nessuna religione, senza pregiudizio della libertà di coscienza di chicchessia.

Della revisione costituzionale

40 - Ogni dieci anni l'Assemblea Generale si riunisce in sessione straordinaria per la riforma della Costituzione.
La Costituzione può però esser riformata in ogni tempo:
a) quando lo chieda uno dei due rami del potere legislativo;
b) quando lo chieda almeno un terzo dei cittadini aventi diritto al voto di cui all'art. 12.
Sono in diritto di proporre modificazioni alla Costituzione:
a) i membri dell'Assemblea Nazionale;
b) le rappresentanze dei Comuni;
c) la Suprema Corte;
d) le Corporazioni.

Del diritto d'iniziativa

41 - I componenti dei corpi elettorali hanno diritto di proporre leggi di loro iniziativa sulle materie spettanti ai rispettivi corpi legislativi, purché l'iniziativa sia proposta da almeno un quarto dei componenti il corpo elettorale competente.

Del referendum

42 - Tutte le leggi approvate dai due rami del potere legislativo possono essere sottoposte a referendum quando questo sia chiesto da un numero di elettori non inferiore ad un quarto dei cittadini aventi diritto al voto.

Del diritto di petizione

43 - Tutti i cittadini hanno diritto di petizione in confronto dei corpi legislativi che hanno diritto di eleggere.

Incompatibilità

44 - Nessuno può esercitare più di un potere o far parte contemporaneamente di due corpi legislativi.

Revocabilità

45 - Tutte le cariche sono revocabili:
a) quando gli eletti perdano i diritti politici mediante sentenza confermata dalla Corte Suprema;
b) quando la metà più uno dei componenti il corpo elettorale voti regolarmente la revoca.

Responsabilità

46 - Tutti i membri dei poteri e tutti i funzionari della Repubblica sono penalmente e civilmente responsabili dei danni che possono derivare alla Repubblica, ai Comuni, alle Corporazioni od ai privati in caso di abuso o di trascuranza nell'adempimento dei propri doveri. La Corte Suprema giudica su questi casi. I membri della Corte Suprema sono giudicati in questi casi dall'Assemblea Nazionale.

Indennità

47 - Tutte le cariche contemplate dalla Costituzione sono retribuite mediante indennità da fissarsi per legge votata annualmente dall'Assemblea Nazionale.


 

 

 

 

 

 

 

 

Anno 1920

 

 

 

 

 

l'anno 1920…………………..pg 92-93-94-95

 

 

da una lettera della prefettura ( A.S. SP. Busta 6 lettera della Prefettura del 19 Agosto 1920 ) …… I circa 20.000 operai del circondario di La Spezia erano cosi divisi 15.000

metallurgici : 8.000 nell'Arsenale militare , 3.000 nell'Ansaldo S. Giorgio Muggiano dei fratelli Perrone, 1.200 alla Vickers - Terni ( dai 3.500 effettivi del 1917 ) , 600 nelle officine

Cerpelli , 800 al Cantiere Miglietta , 300 nell'officina Bibolini , 120 nei cantieri Orlando , 120 all'officina Cecchetti e Bartolini

 

 

disastrose condizioni della classe operaia 

 ……………………………………………………………………………………………………..

 

 

 

 

 

 

E' in questa clima di tensione , di radicalizzazione della lotta politica e sociale che si verificano una serie di tentativi rivoluzionari e di assalti armati da parte dei nuclei anarchici spezzini che puntano anche nell'ammutinamento e la rivolta degli equipaggi della flotta ancorata nel golfo

Per una giusta collocazione di questi episodi bisogna riportarsi alle condizioni e al fermento rivoluzionario del tempo , all'urgenza di promuovere una serie di atti di disubbidienza e di rivolta che dessero corpo al malcontento generale contro una situazione caratterizzata dal "regno della polizia" , dal susseguirsi degli eccidi , dalla crescente miseria di larghi strati popolari , dall'affarismo degli speculatori , dall'arroganza padronale e dal riformismo allignante nel PSI e nella Confederazione del Lavoro

Tra i vari episodi va ricordato il tentativo , tra l'8 e il 9 aprile , di far ammutinare l'equipaggio della corazzata Duilio , dalla quale compagnie di sbarco di marinai sarebbero dovute scendere a terra per attaccare le forze di resistenza , mentre numerosi gruppi di anarchici della citta' e anche dei paesi vicini ( La zona di raccolta di queste formazioni era ad Arcolola ) avrebbero assalito le fortezze e i depositi d'armi. Erano interessati al tentativo di sommossa buona parte dei soldati del 21 Fanteria , e del 2 Reggimento di Artiglieria , ma ad impedire l'attuazione del movimento concorse , probabilmente in modo determinante , la delazione di un certo Salvago , che condusse all'arresto dei sotto ufficiali della Duilio : Cuzzocrea ed Astucci e dell'anarchico Vergassola.

Questi fatti sono illustrati dice il Bianco in una relazione del Sottoprefetto di Spezia nella quale, tra l'altro , si fa osservare , che non si denunciavano i probabili agitatori e dirigenti del movimento non si avevano prove sicure e anche per ragioni di opportunita' poiche' se si fossero fatti arresti di elementi sovversivi dei quali alcuni sono "magna pars" nella Camera Confederale del Lavoro e nell'Unione Sindacale come il Bandini , il Danese ed il Marzocchi, nell'attuale momento tali misure sarebbero alla massa eccitata dal lungo sciopero dei llavoratori dello Stato , apparsa come una provocazione , o una persecuzione politica , e certamente si sarebbe avuto uno sciopero generale di protesta. Nella relazione si precisa anche che era di pubblica nozione che i militari della Regia Marina specie quelli distaccati nello stabilimento di San Bartolomeo , facevano commercio di armi e di esplosivi con gli anarchici

 

 

Nel giugno si ha un altro tentativo di questo tipo :l'assalto alla polveriera di Vallegrande , alla periferia della citta' . E' con questo episodio che l'attivita' insurrezionale degli anarchici spezzini tocca il culmine e nello stesso tempo rivela in pieno i propri limiti e l'impossibilita' di uno sbocco concreto.

Il 3 giugno 1920 , verso mezzogiorno una settantina di uomini armati diedero l'assalto alla polveriera : alcuni marinai di guardia cedettero le armi e si unirono ai rivoltosi che appostarono due mitragliatrici al limita della strada ; mentre il gruppo avanzava verso la palazzina del comando , un carabiniere , certo Carmona , apri il fuoco ferendo uno degli attaccanti ; rispose il gruppo con colpi di fucile , ma il carabiniere ferito ebbe il tempo di ritirarsi dentro il posto di guardia . L'allarme era ormai dato , e gli attaccanti visto uscire un picchetto di marinai dalla palazzina e non volendo venire ad un conflitto , si ritirarono, anche perche' era mancato l'ammutinamento che nel frattempo avrebbe dovuto avvenire da parte dei marinai dell'Andrea Doria , ancorata nel golfo, e di quelli di due sommergibili attraccati all'Arsenale . Questa defezione porto' con se quella degli operai dell'Arsenale, della Vickers e del Muggiano e il tentativo si risolse in un fallimento

...............e, anche se e' da escludere che direttamente Binazzi ed altri esponenti di primo piano de Il Libertario fossero implicati e' certo che l'azione fu attuata da elementi anarchici

.............

Il fatto ad ogni modo provoca un immediata ondata di arresti : alcuni marinai vengono arrestati e condannati , cosi pure Binazzi insieme a costante Danese e umberto Marzocchi ma mentre questi ultimi vengono ben presto liberati , il Binazzi che pure verra prosciolto il 17 febbraio 1921 dalle imputazioni relative a questi fatti insurrezionali , rimane in carcere ( a Sarzana ) fino al marzo 1921 perche' implicato nel "complotto di Milano" insieme a E. malatesta , ai redattori di Umanita' Nova , e ai maggiori esponenti dell'USI , arrestati tra il 15 ed il 21 ottobre del 1920

In tal modo , durante l'occupazione delle fabbriche , a settembre , La Spezia rimane priva di una significativa presenza anarchica

 

Andrea Bellotto : Gli anarchici a La Spezia dal 1919 al 1922 attraverso il libertario tesi anno 1971-72

 

 

 

 

In realta' i fatti contraddicono queste conclusioni

 

 

Nell'aprile del 1920 come abbiamo visto un primo tentativo insurrezionale

 

Con rapporto del 18 aprile io ebbi ad informare la S.V. d'un primo complotto organizzato dagli anarchici col supposto consenso parziale o colla tacita adesione delle truppe specialmente di mare .Si sperava allora sull'ammutinamento di un equipaggio di una nave ancorata in questo porto e sull'azione concomitante e violenta degli anarchici non solo del circondario ma anche della provincia vicina . Il complotto non pote' avere per varie circostanze …………………………………… 

 

 

 

 

04 giugno 1920

 

 

ASSALTO ALLA POLVERIERA DI VALLEGRANDE

 

La Gazzetta della Spezia commenta l'episodio e lo minimizza opportunamente

 

i pussisti protettori della canaglia e della teppa.........

 

 

 

 

 

Carabiniere Carmana Cav. Leone ferito a Spezia il 5 giugno 1920 .

Sovversivi e anarchici avevano complottato di attaccare i forti , le polveriere e l'arsenale per impadronirsene. Difatti una sessantina da una pineta retrostante la polveriera di Valle Grande , presidiata dalla R. Marina , sorpreso alcuni corpi di guardia e , impossessatisi delle armi , proseguirono verso la porta principale della polveriera stessa , con l'evidente scopo di penetrare nel deposito esplosivi. Il carabiniere Carmana , piantone all'ingresso , vista quella turba di facinorosi armata , prontamente ordino' la chiusura della porta dietro di se' , pur sapendo di precludersi cosi ogni via di scampo e , portatosi portandosi rapidamente alla distanza di trenta metri dai rivoltosi , li affronto' decisamente prendendo posto dietro lo spigolo di un muro . Benche' ferito in seguito ad improvvisa e nutrita scarica di fucileria che crivello' il muro e la porta d'ingresso , il carabiniere Carmana rispose con colpi di moschetto all'incessante fuoco dei ribelli , mantenendosi saldo al suo posto , dando cosi tempo al sopraggiungere dei rinforzi , coi quali poi concorse a fugare i sovversivi.

All'eroico militare e' stata conferita medaglia d'oro al valor militare.

 

Storia della rivoluzione fascista G.A. Chiurgo

 

 

Fallito colpo anarchico a Spezia

Il 4 giugno un centinaio di anarchici armati di tutto punto tentano di assalire il presidio della polveriera di Vallegrande a 3 chilometri dalla citta' , riuscendo a disarmare i marinai di guardia . Ma il carabiniere Leone Carmana rimane eroicamente per oltre mezzora a difendere , solo , la polveriera riuscendo a tener testa ai sovversivi .

Giunti i rinforzi si impegna una battaglia e gli assalitori vengono messi in fuga ; essi si rifugiano in una villa presso Romito d'Arcola dove vengono a loro volta assediati . Nel conflitto rimane ferito un carabiniere. In citta' gli operai degli stabilimenti abbandonano il lavoro ; e' sospeso il servizio tramviario e proclamato lo sciopero generale . Il prefetto vieta gli assembramenti e la circolazione degli auto-veicoli. La citta' ritorna alla normalita' il giorno 6 ; quindici giorni dopo al carabiniere Leone Carmana e' assegnata la medaglia d'oro al valor militare.

 

Storia della rivoluzione fascista G.A. Chiurgo

 

 

 

Sul un sito dell'Arma dei Carabinieri

 

Il 4 giugno 1920 un gruppo di 60 facinorosi tenta un colpo di mano contro i forti e l'arsenale di La Spezia. La grande quantità di armi custodita rende la zona un bersaglio interessante per chiunque voglia fomentare i disordini. In silenzio e con la precisione di un buon reparto paramilitare, i 60 piombano sul corpo di guardia N della polveriera di Vallegrande. Le armi delle nove guardie passano di mano. Poco dopo viene neutralizzato il corpo di guardia G e la via è libera verso il recinto dei depositi con le sue tonnellate di armi e munizioni. Un giovane carabiniere emiliano, Leone Carmana, riesce invece a non perdere la testa. Fa sbarrare la porta d'accesso e si apposta con il suo fedele moschetto. Non c'è tempo per i consueti rituali ("Alto là, chi va là, fermo o sparo"): Carmana spiana con calma l'arma come se fosse al poligono ed infila una cartuccia dietro l'altra. A nulla vale il rabbioso fuoco degli assalitori, nemmeno una ferita al piede arresta il milite finché i rinforzi non chiudono la partita.

http://www.storiapatriasavona.it/anc_10.htm

 

 

 

Carabiniere Leone Carmana, medaglia d'oro al valor militare la cui motivazione è così sintetizzata:
"In servizio presso la Marina Militare, piantone all'ingresso di una polveriera, scorto l'avvicinarsi di una settantina di rivoltosi che già si erano impossessati dei fucili di due corpi di guardia ed intendevano impadronirsi della polveriera stessa, ordinava la chiusura della porta dietro di sé, pur sapendo di precludersi così ogni via di scampo, rispose a colpi di moschetto al fuoco dei ribelli, mantenendosi saldo al suo posto da solo e dando tempo al sopraggiungere dei rinforzi con i quali concorse poi a fugare i facinorosi, sventando in tal modo il criminoso tentativo. Esempio mirabile di eccezionale presenza di spirito, di coraggio e di altissimo sentimento del dovere."

*La Spezia 4 giugno 1920*

http://www.storiapatriasavona.it/anc_10.htm 

 

 

 

Leggo su

Franco Lena : Mille anni nel golfo ( La storia della Spezia anno per anno ) Edizioni Cinque Terre

 

" Il 5 giugno alle ore 12 un gruppo di anarchici penetro' nella polveriera di Vallegrande , si impadroni dei fucili del corpo di guardia ingaggiando un conflitto a fuoco , durato due ore , con i soldati che presidiavano la polveriera . Un carabiniere , solo davanti all'ingresso principale , tenne testa agli avversari e fu ferito. In quel momento , per puro caso , un idrovolante sorvolava la zona , il pilota si rese conto dell'accaduto e diede l'allarme. Cento carabinieri con le guardie regie riuscirono a sloggiare gli anarchici che , arrivati al Termo , furono circondati. "

 

In questa descrizione la data e' sbagliata , pero' vengono introdotti alcuni elementi nuovi

L'allarme lanciato dal pilota dell'idrovolante

L'intervento dei carabinieri e delle guardie regie

 

In realta' solo un gruppo di anarchici ,rifugiatosi in una villa furono momentaneamente circondati ma poi riuscirono a sganciarsi e a fuggire.

Non so da dove il Lena abbia ricavato la sua ricostruzione.

 

Se le cose fossero andate nel modo descritto emergerebbe piu' chiaramente la natura di atto di guerra dell'assalto.

 

 

 

 

 

………..Come mi assicura anche il maresciallo di Fossa mastra , si dice che che tra i facinorosi d'ieri che partirono dal Termo per dare l'assalto alla polveriera ci fossero anche alcuni di Migliarina in bicicletta, ma nessuna indicazione mi fu dato di avere. Il predetto maresciallo di Fossamastra , che assicura la banda essere in maggioranza composta di abitanti del Limone e del Termo capitanata dal Carnesecchi e dal Ferrari Abele,……………

 

 "Senza l'intervento e la condotta ammirevole del carabiniere Carmana il tentativo criminoso avrebbe avuto ben diverso risultato I rivoltosi procedevano in silenzio sarebbero riusciti ad occupare la polveriera ove si contenevano ingenti quantita' di esplosivi con quale pericolo e' facile immaginare. Il carabiniere va premiato con un'alta ricompensa al valore……. 

 

 

 

 

 

 Ho rintracciato all'Archivio di Stato della Spezia Fondo Prefettura Busta 4 Fascicolo 7 alcuni scarni atti riguardanti l'assalto alla polveriera

 

 

02 giugno 1920

notizie confidenziali di diversa fonte pienamente concordanti pervenutemi in questi ultimi giorni ed oggi confermatemi in qualche particolare , danno per probabile ed imminente

movimento anarchico questa citta' diretto ad impossessarsi contemporaneamente arsenale ,alcuni forti ,caserma marina Pagliari e San Bartolomeo contandosi pieno appoggio ……truppe.

Movimento dovrebbe comprendere anche citta' vicina Lunigiana e Toscana.

Stesse notizie sono pervenute egualmente a persona autorevole che me ne ha ,in via riservatissima , reso partecipe. Quantunque confidenze provengono da fonti dimostratesi in altre occasioni attendibili

Le accolgo con riserva ma non posso omettere comunicarle ……

Pertanto con mezzi oggi disponibili ………………prego vivamente pormi in grado fronteggiare maggiore sicurezza ogni evenienza accogliendo con urgenza mie precedenti richieste per invio……..

 

 

 

 

 

Compare tra le altre carte questo strano appunto che potrebbe essere una delazione

03 giugno 1920

Pronti per domani Venerdi

I marinai di Valdilocchi sarebbero pronti .In caso si produrebbero incendi

Gli equipaggi delle navi in arsenale pronti a ribellarsi

L'altra sera in una riunione segreta al Limone erano 2 marinai

Primo obiettivo impadronirsi garage Cerpelli

Marzocchi (Lenin) e' da certo …………….a Carrara , dovrebbe ritornare stamane

Questa sera in una riunione segreta a Migliarina , si prenderanno accordi decisivi sul giorno ed ora della rivolta

 

 

 

Il 4 giugno 1920 quindi il Carnesecchi e' in un gruppo di una sessanta-settanta ( forse molte meno ) persone che assaltano la polveriera di Vallegrande a La Spezia  

 

 

 

 

 

………verso le ore 13 una settantina di sovversivi sbucando dal bosco retrostante al corpo di guardia -batteria N -della polveriera Vallegrande si impossesso' di cinque fucili mentre la guardia stava mangiando senza che la sentinella benche' li avesse scorti gridasse l'allarme. Dopo scendevano nella valle e si impossessavano di altri dieci fucili del corpo di guardia (sezione G ) I marinai non fecero fuoco - Solo sparo' un carabiniere che rimase leggermente ferito al piede

I sovversivi dopo si diedero alla fuga .Essi erano armati di pistole e fucili da caccia

 

ultime notizie

tre rivoltosi ………asserragliati in una villa a Termo d'Arcola .Prese disposizioni per catturare ribelli

ho chiesto pure ……………………. ( Archivio di Stato La Spezia )

 

 

Seguiamo lo svolgersi degli avvenimenti leggendo il rapporto fatto dal viceprefetto al prefetto di Genova in cui ben chiaro appare l'intento rivoluzionario dei ribelli :

 

I fatti di Spezia appaiono ben piu' gravi per l'ispirazione rivoluzionaria e per il contenuto evidentemente politico : essi senza dubbio fanno parte di una preparazione diretta a sovvertire l'ordinamento statale sono il frutto della propaganda e di una concezione anarchica che ha in questa circoscrizione lunghe e profonde radici . Fin dai primi momenti in cui io assunsi qui le mie funzioni ebbi sentore delle mene anarchiche e del proposito in parte deliberato degli estremisti di tentare qualche colpo di mano Ben compreso della …….necessita' di sventare simili trame criminose dedicai tutta la mia attivita' a questo scopo . Con rapporto del 18 aprile io ebbi ad informare la S.V. d'un primo complotto organizzato dagli anarchici col supposto consenso parziale o colla tacita adesione delle truppe specialmente di mare .Si sperava allora sull'ammutinamento di un equipaggio di una nave ancorata in questo porto e sull'azione concomitante e volenta degli anarchici non solo del circondario ma anche della provincia vicina . Il complotto non pote' avere per varie circostanze …………………………………….Pero' fallito il colpo non desistettero gli organizzatori nei loro progetti d'azione diretta : che anzi in diverse riunioni ripresero le fila per un momento spezzate, e rinnovavano la fede di riuscire in un nuovo attentato che a breve scadenza si sarebbe deciso di eseguire I disordini di Viareggio, poi quelli di Sarzana , l'agitazione stessa che si diffondeva a Spezia sotto il pretesto del caro-viveri sembravano forse agli estremisti locali favorevoli all'attuazione dei loro propositi .Un ultima visita fatta qui nella settimana scorsa dal noto Errico Malatesta parve infondere vigore al proposito e senza dubbio sospinse all'azione che che fu stabilita per i primi giorni del giugno corrente.Il piano a quanto riferivano i confidenti ,era basato sempre sull'appoggio del personale di marina ed aveva per fine di impadronirsi di polveriera e forti , dell'arsenale , degli stabilimenti industriali , dei punti principalidella citta' e degli edifici pubblici .Il piano doveva avere esecuzione in diverse parti contemporaneamente .Certo si trattava di un vasto disegno concepito follemente, senza alcuna visione pratica della sua difficile possibilita'.

La frase tipica con cui si vuole venisse deliberato……………………………Da cosa nasce cosa. Questa frase illumina le finalita' del tentativo.si faceva altresi molto affidamento nella partecipazione al movimento una volta iniziato , della massa operaia , in ispecie in quella iscritta nell'unione sindacale .Se pero' il piano era troppo vasto ed audace per riuscire era tuttavia tale da destare le piu' serie preoccupazioni di fronte alle conseguenze gravissime che ne sarebbero scaturite se fosse stato anche in minima parte effettuato. Ed io non mancai di apprestare i mezzi di resistenza e fui ben sollecito di preavvisarne S.E. il Comandante in Capo della Piazza con ripetute e frequenti conferenze personali di cui l'ultima risale al pomeriggio di giovedi 3 corrente mese.

Il 4 mattina per ulteriori notizie pervenutemi durante la notte ero in grado di prevenire la ………Eccellenza che il colpo si sarebbe tentato sul mezzogiorno. Il tutto cosi avvenne poiche' l'attentato alla polveriera si verifico' verso le ore 13 ossia le 12 solari .

Da gli elementi sinora raccolti si puo' ricostruire cosi': una settantina di persone , in parte armate ,sbucate da un piccolo bosco antistante la polveriera di Vallegrande lontana pochi kilometri dalla citta' di Spezia,per quanto scorte dalle sentinelle che site in torrette elevate hanno………….., senza colpo ferire penetrarono in un primo corpo di guardia ove asportarono alcuni fucili e pacchetti di munizioni. Poi sempresotto l'occhio delle sentinelle passarono nel secondo corpo di guardia e s'impadronirono di altri fucili-in tutto 15- e di altre munizioni .

In questo momento il carabiniere Leone Carmana che era in servizio in quella zona , avvertito a quanto pare da una delle sentinelle , si porto' vicino al corpo di guardia e fulmineamente compreso di cio' che stava avvenendo non pose tempo in mezzo per ripararsi all'angolo del muro del corpo di guardia e di li comincio' a sparare sugli assalitori

Questi a loro volta adagiatisi nel terreno vicino scaricarono su di lui ben quaranta colpi di fuciledi cui uno lo colpi non gravemente ad un piede

A questo punto il Comandante la………..avendo udito gli spari accorreva sul posto con un plotone di marinai : ma invece di ordinare loro il fuoco si limitava a far suonare degli squilli mentre gli assalitori intimoriti ,pensarono bene di fuggire per il bosco vicino.

A bordo pagina  : i rivoltosi gridavano ai marinai : fate fuoco sui vostri ufficiali

In questa azione e' chiarissima una connivenza dei marinai , connivenza che pero' non si spinge ad appoggiare l'azione rivoluzionaria

e' posto in rilievo come i marinai di sentinella pur avvistando i ribelli niente fecero per dare l'allarme e come i marinai componenti i corpi di guardia non opponessero resistenza degna di rilievo

 

E' bene qui chiarire due circostanze : una versione del fatto attribuisce la mancata resistenza dei marinai di guardia alla sorpresa avuta mentre stavano fuori mangiando il rancio: un'altra sostiene che i marinai furono costretti dagli assalitori a consegnarer le armi con minacce alla persona.

Quale delle due sia la vera io di certo non posso affermare . Una constatazione e' sicura : che nessuno reagi' , che le sentinelle osservarono passive lo svolgersi della scena ed una anzi consegno' al primo invito le armi . L'ufficiale dei Carabinieri , che prima si porto' sul luogo afferma che pur dopo la sottrazione delle armi da parte degli assalitori , erano rimasti ai marinai di guardia quattro fucili con cui avrebbero potuto imitare l'esempio del valoroso carabiniere.

Una seconda circostanza e' positiva : che due dei marinai di guardia dopo il fatto sono scomparsi.

Il contegno dell'ufficiale….…………colla sorpresa da lui provata nell'avere notato che cogli assalitori eravi qualche marinaio . Erano questi volontariamente e previo accordo passato ai ribelli come ne farebbe supporre la scomparsa posteriore ovvero come si afferma dal Commando , furono detti marinai catturati e condotti per forza insieme alla banda degli aggressori ?

Comunque sia e' certo che che dovere precipuo del detto ufficiale era di comandare subito il fuoco e disperdere i ribelli con una esemplare punizione si sarebbe per molto tempo sventato qualsivoglia consimile audacia e l'effetto morale sarebbe stato enorme

 

 

E' evidente che il colpo sarebbe riuscito , con conseguenze importanti, se la resistenza attuata dal carabiniere Carmana non avesse fatto desistere gli assalitori

 

 

 "Senza l'intervento e la condotta ammirevole del carabiniere Carmana il tentativo criminoso avrebbe avuto ben diverso risultato I rivoltosi procedevano in silenzio sarebbero riusciti ad occupare la polveriera ove si contenevano ingenti quantita' di esplosivi con quale pericolo e' facile immaginare. Il carabiniere va premiato con un'alta ricompensa al valore…….

 Dell'assalto cosi ……………………..stabilimento della Vickers Terni , che si trova in quelle vicinanze e subitamente ne veniva edotto il Comando in Capo ( il quale ancora non era stato avvertito dai suoi dipendenti )……

……………………….l'invio sul postodi un forte reparto di carabinieri al comando del tenente sig. Demichelis

Per quanto la……..con tutta celerita' fosse arrivata …………..il tempo decorso aveva permesso alla banda di allontanarsi senza veruna molestia da parte del presidio della polveriera disperdendosi per le colline circostanti, tutte a coltura boschiva dove e' facile il nascondersi. La forza non manco di darsi all'inseguimento, di fare le piu' minute ricerche ma inutilmente. Vennero perquisite subito le case di quelli che si presumevano i capi della impresa e vennero anche sequestrate armi di diversa natura. Le indagini attivissime , le perlustrazioni notturne continuano e continueranno col massimo impegno Parecchie persone indiziate e trovate in possesso di armi sono state arrestate: ben tredici sono stati denunciati.

Il giorno dopo, e cioe' il 5 c.m. ………………………..la cattura di ben quattordici dei rivoltosi. Essi erano stati visti nei pressi del forte Parodi in un osteria a bere ma l'ufficiale comandante il forte anziche' subito ne dette l'avviso soltanto cinque ore dopo. Finanzieri e Carabinieri recatisi sul posto nulla rinvenivano (vedi pagina 7 )

Dalle premesse e' facile arguire le conseguenze. L'azione preventiva di questo ufficio non ha bisogno di altre parole per essere posta in luce. Basti pensare che per ben due volte valse a stornare due attentati gravissimi : il 9 aprile ed il 4 c.m.

Anche quando io ed il …….. di P.S. cav Bruschi che mi e' sempre di grande e valido ausilio potevamo essere accusati di allarmisti mai interrompemmo la vigilanza e fummo sereni sempre al nostro posto, paghi del dovere compiuto. L'azione nostra non avra' remore e proseguira' piu' attiva ancora e piu' intensa perche' e' mia ………….convinzione che in tempo assai prossimo il partito anarchico……………..

 

Da ora a costo di riuscire importuno mi permetto insistere perche' mi sienno concessi tutti i mezzi onde respingere ogni attentato , anche se piu' grave conformemente alle proposte avanzate.

Il Comando locale dell'Arma dei Carabinieri mi e' stato e mi e' prodigo di una sicura , fedele e preziosa cooperazione: nella contingenza attuale ha rinnovato le dimostrazioni di prontezza e di sacrificio

Il Comando in Capo sulla piazza e personalmente S.E. l'ammiraglio Solari - per quanto ho potuto constatare nei contatti frequentissimi con lui avuti ha sempre dato la massima importanza alle mie comunicazioni e ritengo. Compreso com'era del pericolo che abbia………..tutti i mezzi per …….e preservare le opere militari soggette alla sua giurisdizione

Da quel che e' accaduto sorge invece spontanea la convinzione che i suoi ordini non siano stati eseguiti come dovevasi o che i subalterni non abbiano attribuito ad essi il doveroso ascolto

 Se il personale della polveriera avesse compiuto il suo dovere , se l'ufficiale di giornata non si fosse attardato a far suonare degli squilli di tromba invece di agire risolutamente , il delitto compiuto da un pugno di esaltati sarebbe stato come volevasi punito e l'opera previggente dell'autorita'di P.S. avrebbe raggiunto il suo pieno coronamento.

Sebbene non mi competa e' mio debito riportare che giusto le voci piu' accreditate fra i militari di marina in servizio sedentario esista un vivo malcontento : come essi si lagnino e le loro lagnanze non si peritano di esternare a chicchessia …. di non avere il trattamento desiderato.

…….inoltre che detto personale in maggioranza e' composto di elementi regionali che a lungo andare acquistano relazioni, amicizie non buone : che sono resi piu' facili alla penetrazione sovversiva .Sarebbe da farsi ………indispensabile una larga sostituzione con nuovo e piu' fidato personale

Cosi e' bene avvertire come deficentissima si appalesi la guardia nei forti circostanti la citta' : ogni forte ha di …….tre o quattro uomini di guardia mentre ….contengono quantita' rilevanti di munizioni e di esplosivi.

Frequenti sono i furti taluni dei quali…………………….venne proprio scoperto e denunciato da questo ufficio.

Il pericolo e' forte ed urge vi sia posto riparo

 

Un ultimo episodio va ricordato : alcuni dei rivoltosi dopo l'aggressione alla polveriera si recarono allo stabilimento Vickers Terni inneggiando alla rivoluzione ed invitando con minacce gli operai ad uscire .

Il che avvenne ma senza grande entusiasmo delle maestranze.

La Camera Confederale del lavoro pero' , manifestando una strana solidarieta' cogli autori di un delitto, nella speranza di allargare il movimento e di assumerne la direzione , proclamo' subito dopo lo

sciopero generale che per buona ventura ebbe scarso successo e quel che ebbe fu dovuto in gran parte all'astensione del lavoro del personale delle tramvie urbane che impedi' a molti operai di recarsi nei

propri stabilimenti

 

Siamo di fronte alla lettera di un uomo che dice : visto che avevo ragione visto che non ero un allarmista visto che dovevate darmi retta e fornirmi degli strumenti repressivi che avevo piu' volte richiesto

di un uomo che tende quindi forse ad ingigantire tutto il contesto , forte dell'aver avuto ragione puo permettersi d'ingigantire il tutto

di un uomo che difende il suo operato e accusa a sua volta

Il prefetto , penso debba aver bestemmiato per lungo tempo dopo aver letto una lettera che in definitiva lo accusava di aver sottovalutato la situazione dell'ordine pubblico spezzino.

La lettera di un impiegato che forse da vittima sacrificale designata , ribaltava il tutto e si ergeva ora a spietato accusatore

Oltre che di un pezzo di storia questa lettera e' rivelatrice di un episodio di vita burocratica e di un intelligente tentativo di salvare le penne.

 

L'assalto alla polveriera di Vallegrande , e possibile fosse parte di un piu’ vasto tentativo rivoluzionario , che avrebbe dovuto prendere slancio attraverso questa azione eclatante e la conseguente disponibilita' di armi da guerra ed esplosivi

Vasto piano rivoluzionario , come dice il viceprefetto nel motto : da cosa nasce cosa

concepito da poche persone che speravano di costringere con la loro audacia al coinvolgimento una vasta fetta della classe operaia

La connivenza di molti si traduceva pero’ solo in appoggio ma non in partecipazione

Voleva dire che si era riusciti a creare un clima di consenso ma non di piu' , altrimenti con una classe operaia delle dimensioni di quella spezzina sarebbe bastata una scintilla anche piu' piccola

La situazione sembra doversi sintetizzare cosi : i rivoluzionari erano consapevoli che quello poteva essere il momento giusto ma erano consapevoli anche della timidezza ed indeterminazione della piu' larga parte della classe operaia . Speravano di creare l'innesco ma non ne avevano la certezza dei risultati della loro azione sulle masse popolari e questo ne frenava l'azione

Credo che questo spieghi come l'atto rivoluzionario decada in semplice atto di ribellione

Ecco l'azione della polveriera concepita come si poteva , cioe' con molta velleita' e che comunque non comporta il coinvolgimento delle grandi masse operaie o la rivolta degli equipaggi delle navi

 

 

 

 

 

 Sempre dall'Archivio di Stato della Spezia Fondo Prefettura Busta 4 Fascicolo 7

 

Fonogramma spedito ore 21 4 giugno 1920 al Prefetto di Genova ricevuto Ghilardi

Banda rivoltosi che si era dopo criminoso tentativo polveriera Vallegrande asseragliata in una casa presso Termo d'Arcola al sopraggiungere forza pubblica ……………

 

 

Migliarina rapporto ore 5 del 5 giugno1920

Egregio cav. Bruschi

Assieme al maresciallo Bruno abbiamo girato in lungo ed in largo in camion la zona spingendoci anche oltre il Termo d'Arcola ed i Pagliari, ma nulla di anormale in quanto a movimento di persone abbiamo notato ,

Silenzio perfetto ovunque.

Perquisizioni ed arresti non ho fatto, perche' i capi piu' noti di Migliarina furono qui visti durante la giornata, come Barsotti , Capagli , Pravagli (?) Scattina ed altri. Come mi assicura anche il maresciallo di Fossa mastra , si dice che che tra i facinorosi d'ieri che partirono dal termo per dare l'assalto alla polveriera ci fossero anche alcuni di Migliarina in bicicletta, ma nessuna indicazione mi fu dato di avere.

Il predetto maresciallo di Fossamastra , che assicura la banda essere in maggioranza composta di abitanti del Limone e del Termo capitanata dal Carnesecchi e dal Ferrari Abele,

che il detto graduato vide e non arresto', e' stato incaricato di appurare nella mattinata i mancanti al lavoro alla Vickers -Terni ed all'Ansaldo, e cosi dallo spoglio di essi avere qualche indizio per procedere , non potendo andare a casaccio .

Il Ferrari Abele e' operaio all'Arsenale , non so in quale cooperativa, bisognerebbe accertarlo e vedere se nella mattina lavorava .

Il maresciallo di Fossa mastra ha nella serata arrestato un individuo sospetto anarchico con indosso una rivoltella .

Per misura precauzionale lo ha gia' fatto trasportare a Spezia alla caserma principale dei C.C. per essere di buon mattino tradotto in carcere

Vado a riposare qualche ora e torno poi costa'

 

 

 

 

 

 

5 giugno 1920 fonogramma al prefetto di Genova

Notte trascorsa senza incidenti Sciopero attuatosi sinora parzialmente e dovuto in massima parte a completa sospensione servizio tramviario Operai Arsenale si recarono tutti lavoro

Ma gruppo di essi , appena entrato ,tento' con la violenza imporre sciopero bianco , riuscendo fermare macchine in una officina ( e' cancellato :nell'interno regio Arsenale fra gli operai recatisi al lavoro sono sorti gravi disservizi ) - Immediato interventodirigenti ed arma Reali Carabinieri con arresto due agitatori fece cessare ogni movimento e lavoro continua ora normale. Notizie finora pervenutemi assicurano identificazione due capi attentato di ieri , resisi latitanti ed attivamente ricercati . Un altro fu arrestato stanotte e trovato in possesso pistola. Perlustrazioni e perquisizioni sinora compiute riuscite infruttuose . Indagini e ricerche proseguono con ogni impegno ………………………………………

 

08 giugno 1920 al Prefetto di Genova

I disordini teste' avvenuti a Sarzana e Spezia vanno tenuti ben distinti avendo essi origine e fisionomia ben diversa : i primi ebbero un fondo prevalentemente economico con infiltrazione anarcoide e teppistica : i secondi non furono che l'esecuzione di un progetto anarchico rivoluzionario a sua volta conseguenza e continuazione di altri precedenti tentativi riusciti vani pel mancato verificarsi di circostanze indispensabili alla loro attuazione…………………….

……………………………………

LIBERTARIO

L'assalto alla Polveriera

 

Si e' gia tanto scritto sui giornali quotidiani di questo episodio clamoroso , che noi arriviamo assai tardi per parlarne ai nostri lettori Ci duole non poter dare di non poter dare altri particolari all'infuori di quelli gia' largamenti noti a mezzo dei quotidiani. Venerdi 4 C. verso le ore 13 un gruppo di cittadini armati , ha dato l'assalto alla Polveriera di Val Grande ed e' riuscita a penetrarvi . Vennero sparati colpi d'arma da fuoco da ambe le parti e quindi gli assalitori si ritirarono asportando armi e munizioni Gli operai della Wickers Terni che udirono gli spari , abbandonarono il lavoro e cosi feccero gli operai

degli altri stabilimenti. Vi era in tutti una febbrile ansia di sapere -In citta' profonda impressione. Carabinieri e truppa furono spediti sul luogo . Per un tratto intorno alla Polveriera fu esteso un cordone oltre il quale non era possibile penetrare .

Il piccolo stato d'assedio ( divieto di assembramento e divieto di circolazione per gli autoveicoli ) fu proclamato e le organizzazioni operaie , per protesta proclamarono lo sciopero generale che si protrasse fino alla mezzanotte di sabato .

Gia dicemmo del malcontento serpeggiante fra la massa lavoratrice e del profondo disagio materiale e morale dei cittadini tutti e delle provocazioni poliziesche verso i cittadini . Senza dubbio l'assalto alla polveriera fu un gesto di disperata protesta scaturito da animi esulcerati.

La stampa forcaiola ha ricamato ipotesi su ipotesi intorno all'episodio . Secondo quanto scrive l'Epoca ( ed altri giornali ) il manipolo di audaci che si accinse alla perigliosa impresa , benche' circondato dalla forza armata con abile mossa strategica , ha potuto sfuggire all'accerchiamento e scomparire . Ed i commenti non mancano, come non mancano gli allarmi che si ripetono ogni notte nei pressi di Valgrande , quasi che certi atti , fossero a ripetizione perpetua !

L'anniversario Venerdi 11 c. ricorre l'anniversario dell'insurrezione spezzina contro il carovita . Pare che se ne siano ricordato anche i commercianti in tessuti i quali annunziano un ribasso del 25% su tutti i generi. Siamo sicuri che ad ogni modo non rimetteranno del loro !

 

 

 

Dai documenti che abbiamo visto Antonio Bianchi trae le seguenti considerazioni : ( non so quanto condivisibili ! )

 

 

Antonio Bianchi

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

Nel circondario , dopo questi fatti , la situazione dell'ordine pubblico si era fatta di nuovo pesante , e il prefetto di Genova , allarmatissimo dava per certo un piano insurrezionale anarchico , con possibile occupazione dell'arsenale e degli stabilimenti militari e sollevazione delle truppe dei forti , in collegamento con la Lunigiana toscana ( aSSP b.6 telegramma del 2 giugno 1920 ) .

Anche se i timori erano esagerati , effettivamente qualcosa doveva esser giunto in mano alle autorita' , se per il 3 giugno si parlava di una riunione di anarchici a Migliarina , allo scopo di mettere a punto un piano rivoluzionario assieme ai marinai del deposito di Valdilocchi ( ASSP b.6 lettera del 3 giugno 1920 )

Il giorno dopo verso le 13 , durante l'ora dei pasti una quindicina di anarchici assaltavano la polveriera di Vallegrande ; le sentinelle , favorendo gli insorti , non spararono e solo un carabiniere , che aveva reagito , veniva ferito ad un piede da un colpo d'arma da fuoco . I rivoltosi dopo aver prelevato fucili e munizioni , si recavano poi armati davanti ai vicini stabilimenti della Terni , inneggiando alla rivoluzione ed invitando gli operai ad uscire , ma l'invito cadeva nel vuoto . Le guardie regie si mettevano all'inseguimento del gruppo , che riparava al Termo Alto e poi si sbandava per i boschi di Arcola , evitando le pattuglie

In un rapporto del giorno 8 , le autorita' attribuiscono la causa dei disordini a motivi economici , come la cattiva qualita' del pane , la carenza dell'olio d'oliva , le speculazioni dei commercianti e la convinzione , che si era fatta strada tra i ceti popolari che grosse quantita' di derrate fossero nascoste nei magazzini .

Ma sotto queste motivazioni esse celavano il grosso imbarazzo di dover coprire lo scandalo dei marinai di guardia alla polveriera , che avevano solidarizzato con i rivoltosi , fornendo loro praticamente le armi ( Per questo un mese dopo , appariranno davanti al tribunale militare 21 marinai di Vallegrande LIBERTARIO 29 luglio 1920 ) Quindi mentre si faceva ascendere il numero dei rivoltosi a 70 , correva anche la falsa voce che il leader anarchico Errico Malatesta fosse stato visto a La Spezia nei giorni del tentativo insurrezionale alla polveriera ( ASSP b.6 rapporto dell'8 giugno 1920 )

 

L'iniziativa avventuristica degli anarchici , se da un lato , era destinata al fallimento , d'altro canto aveva messo in moto una nuova ondata repressiva contro tutto il movimento operaio ; moltissimi dirigenti sindacali e politici erano arrestati e alla CCdL non restava che proclamare lo sciopero generale di protesta : miglior servizio di quello reso alle autorita'gli anarchici non potevano di certo compiere. Il 5 giugno lo sciopero in citta' anche per mancanza dei dirigenti falliva ; mentre sul monte Parodi dominante la citta' , era avvistato un misterioso gruppo di una quindicina di armati che pero' le guardie non riuscivano ad intercettare .

Le autorita' riprendevano in mano la situazione e l'ammiraglio Solari , comandante in capo , dava disposizioni per far proseguire il lavoro nell'arsenale ,mentre alcuni operai che avevano tentato di aderire allo sciopero , fermando le macchine nei reparti , venivano subito arrestati ( ASSP b.6 rapporto del 5 giugno 1920 ).

L'assalto anarchico alla polveriera aveva inoltre scatenato la stampa borghese e reazionaria che aveva buon gioco nell'insistere nella tesi del colpo di stato militare contro il << tentativo terroristico operato dai gruppi arditi della falce e martello o della fiaccola e scure >> (Il Popolo : 12 giugno 1920 )

Il Tirreno , compiacendosi del fallimento dello sciopero generale , in una serie di articoli presentava la classe operaia come un' accozzaglia di terroristi da isolare e da combattere.

 

ANTONIO BIANCHI

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FATTI SUCCESSIVI

 

Il 5 giugno lo sciopero in citta' anche per mancanza dei dirigenti falliva ; mentre sul monte Parodi dominante la citta' ,

era avvistato un misterioso gruppo di una quindicina di armati che pero' le guardie non riuscivano ad intercettare .

 

ANTONIO BIANCHI

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

DANTE DOPO L'ASSALTO ALLA POLVERIERA RIMANE ALLA MACCHIA , PARTECIPERA' ALL'OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE E SARA' ARRESTATO DOPO IL FALLIMENTO DELL'OCCUPAZIONE

 

 

BINAZZI

 

Mentre è impegnato nella propaganda tra gli operai nelle fabbriche della Spezia, il 27 luglio 1920 è nuovamente tratto in arresto dalla polizia con l'accusa di avere, il mese precedente, preso parte all'assalto di una polveriera situata nella periferia della città assieme ad altri 70 compagni. Prosciolto per "non aver commesso il fatto" esce di prigione solo il 9 marzo 1921 convinto che di essere rimasto vittima di una "montatura poliziesca" tesa a "toglierlo di mezzo" in un frangente caldo della storia italiana.

 

 

 

 

 

 

 

 Un posto nella storia ?

 

Sono passati ottanta anni da quei giorni .

Credo che la vicenda dell’assalto alla polveriera dovrebbe essere argomento di un esame storico che non mi sembra esserci mai stato

 

 Fin qui la storia di Dante Carnesecchi e’ straordinaria in quanto e’ straordinaria la sua figura di uomo

Ma che importanza ha la vita di Dante dal punto di vista storico ?

E’ sicuramente un militante anarchico e’ sicuramente un militante rivoluzionario .

Pur essendo la sua vita totalmente caratterizzata da azioni volte a sovvertire e le sue azioni tutte inquadrabili nel contesto di favorire una rivoluzione che in quel momento sembrava un evento inevitabile ,

nessuna di queste azioni ha un peso tale da dare una svolta decisiva alla storia sono cioe’ azioni che non si differenziano fondamentalmente da quelle di altri militanti.

Penso che a differenziare la sua vita sia l’assalto alla polveriera

E’ stato anche detto che fu un gesto sconsiderato e prematuro

L’idea che mi sono fatto e che non ci sia sulla vicenda la catalogazione di un numero sufficiente di documenti e che questo abbia fatto si che la vicenda sia sfuggita ad un analisi fatta con la giusta attenzione

La probabile connivenza di parte dei marinai conferma che l’assalto alla polveriera era parte di un piano

Quale era il disegno complessivo di questo piano?

A chi era affidata la sua esecuzione ? Quali erano i compiti ? Che cosa non funziono’ ?

Non credo che la mancata occupazione della polveriera sia stata la causa del fallimento dell’intero piano .

Non ci fu forse l’attesa partecipazione della classe operaia

Probabilmente a boicottare il piano anarchico concorsero proprio le altre forze politiche della sinistra per calcoli diversi e per i contrasti che esistevano tra loro……………………………

………………………………………………………………………………………. E’ molto probabile che l’oramai accertata incerta e disorientata azione dei partiti della sinistra ……

 

L’assalto alla polveriera avviene il 4 giugno 1920

Tre mesi dopo , il 31 agosto , inizia l’occupazione delle fabbriche da parte delle maestranze in lotta.

Tre mesi dopo sulla caserma Duca degli Abruzzi i marinai fanno sventolare la bandiera dei Soviet

La conclusione inevitabile e’ pensare che anche tre mesi prima esistessero le condizioni per una forte azione di sovvertimento e che forse gli anarchici intendessero dare la spallata decisiva ad iniziare un moto rivoluzionario

 

Credo per finire che dal punto di vista storico il valore o meno dell’assalto alla polveriera sia nella consapevolezza che aveva o non aveva quel gruppetto di persone di compiere un vero e proprio atto di sovversione e nella consapevolezza che aveva o meno delle conseguenze che ne potevano scaturire.

 

 

 

Sull'assalto alla polveriera di Vallegrande ritengo che molto materiale debba trovarsi presso l'Archivio di Stato di Genova

Genova , era sede di prefettura ,era infatti li che finivano i rapporti dalla viceprefettura di La Spezia

 

Ritengo

che il coinvolgimento dei marinai , stia ad indicare un piano piu' vasto fallito per cincostanze che debbono essere ancora indagate. Che non si debba liquidare troppo frettolosamente la cosa . Che molto lavoro vada fatto .

Che esistessero effettivamente delle premesse rivoluzionarie

Che vadano investigate i motivi per cui il piano complessivo non ebbe effetto

Che vadano investigati i motivi della scarsa adesione della classe operaia : forse il vero motivo del fallimento

Che vadano investigate le divisioni politiche che ostacolarono il piano anarchico

 

Non ritengo sia giusto liquidare la vicenda guardandola solo come un tentativo velleitario

 

Il fallimento del piano anarchico forse fu l'ultima occasione che ebbe la classe operaia di " Fare come in Russia "  visto come anche come andarono a finire le vicende successive

 

 

 

 

Al carabiniere Leone Carmana , decorato con medaglia d'oro , venne poi intitolata la caserma di Reggio Emilia

Da parte dell'autorita' non ci fu sottovalutazione dell'episodio che viene ricordato dal dr Andrea Gandolfo nel calendario dell'Arma del 2002

Carmana fu decorato con medaglia d'oro al valor militare e alla sua morte gli venne dedicata la caserma di Reggio Emilia

 

 

Per fare una sommossa occorrono le armi , occorrono le munizioni , occorrono gli esplosivi , e non e' facile procurarseli a meno di non impossessarsene con la forza prendendoli dove sono

E allora un gruppo di audaci quasi a mani nude penetra nell'area della polveriera..........................

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

OCCUPAZIONE delle FABBRICHE

 

 

13 agosto 1920 , Milano : La delegazione degli industriali rompe le trattative con i sindacati metallurgici

 

21 Agosto 1920 , Milano : la FIOM organizza l'ostruzionismo nelle fabbriche

 

24 Agosto 1920 La Spezia : l'ostruzionismo viene praticato alla Vickers Terni e all'Ansaldo

 

26 Agosto 1920 La Spezia : Unione fraterna : Comizio degli arsenalotti s'incita alla resistenza e alla lotta : intervengono Alceo Bertone , Lamberti , Chiti , Danesi , Casabona

vedi LIBERTARIO 2 settembre 1920

 

27 Agosto 1920 La Spezia : Al teatro Politeama : Comizio di fronte a 4000 intervenuti ,in cui s'incita alla resistenza ed alla lotta : intervengono

Lombardelli (CCdL ) Giovannetti (USI ) On. Bacigalupi (PSI ) Agostino Bronzi (PSI) On. Lucio Serrati

vedi LIBERTARIO 2 settembre 1920

 

30 Agosto 1920 , Milano : Serrata della Romeo che viene presidiata dalle truppe

 

la risposta degli operai milanesi alla serrata e' l'occupazione di circa trecento stabilimenti

 

La Confindustria proclama la serrata su scala nazionale

 

 

31 Agosto 1920 gli operai dell'Ansaldo , alle prime notizie della decisione della serrata da parte degli industriali ,nella notte occupano il cantiere e gli scali

senza incontrare resistenza

 

 

2 Settembre 1920

Il Cantiere Ansaldo viene dichiarato <<proprieta' del proletariato >> , viene inalberata la bandiera rossa con la scritta <<Cantiere dei Soviet>> . Nella serata

vengono occupate La Cerpelli , la Vickers Terni , i cantieri Miglietta , i cantieri di Pertusola

A Caniparola venne occupata la miniera di lignita e la Societa' mineraria di Luni.

In tutte le fabbriche vennero issate le bandiere rosse e fatto straordinario ed imprevedibile , anche i marinai - trasportati dagli avvenimenti -issarono la bandiera

rossa sulla grande caserma Duca degli Abruzzi

Nelle fabbriche piu' importanti subito dopo l'occupazione gli operai avevano eletto i commissari di reparto ed avevano costituito i Consigli di fabbrica i quali dichiararono

gli stabilimenti << proprieta' delle maestranze >>

Si formarono anche nuclei di <<guardie rosse >> munite di bracciale e ,ove possibile anche di fucili e moschetti racimolati ovunque . Compito delle guardie rosse fu ,

nella prima fase dell'occupazione scortare i camion e i vaporetti imbandierati , che solcavano il golfo e provvedevano ai rifornimenti utili agli occupanti dei vari cantieri

Ovunque fu possibile la produzione continuo'

Grazie alla iniziativa degli operai delle officine elettriche S.I.E.L. fu assicurata alle fabriche in lotta l'energia elettrica

Le maestranze altamente specializzate poterono continuare a lavorare intorno agli scafi in via di allestimento sulla base dei disegni abbandonati negli uffici dai tecnici

 

 

 

 

sull'Avanti : Antonio Gramsci

 

…………….Le gerarchie sociali sono spezzate , i valori storici sono invertiti ; le classi esecutive , le classi strumentali sono diventate classi dirigenti , si sono

poste a capo di se stesse , hanno trovato in se stesse gli uomini rappresentativi , gli uomini da investire del potere di governo , gli uomini che si assumono

tutte le funzioni che di un aggregato elementare e meccanico fanno una compagine organica, una creatura vivente…………………………

 

 

 

Antonio Bianchi

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

4-5 settembre 1920 Milano : il direttivo della CGL , la direzione del PSI ,i rappresentanti di alcune CdL proclamano : l'obiettivo del controllo sulle aziende per arrivare

alla gestione collettiva , e alla socializzazione di ogni forma di produzione

 

10 settembre il fronte spezzino comincia a sfaldarsi : il fronte di lotta viene indebolito da un accordo siglato dalla C.C.d.l. con la Direzione del Cantiere Miglietta .

Accordo in pura chiave rivendicativa ( Il Tirreno 11 settembre 1920 )

 

 

19 settembre 1920 a Roma Buozzi per la Confederazione generale del Lavoro , firmava l'accordo raggiunto con gli industriali

 

 

21 Settembre l'ultimo disperato sussulto , forse influenzato dagli elementi dell'U.S.I. , porta all'occupazione delle Fornaci italiane e dello jutificio Montecatini , e ad una nuova occupazione del cantiere Miglietta

 

Tra il 27 e il 29 settembre ebbe inizio lo sgombero degli stabilimenti spezzini , vennero tolte le bandiere rosse e si intavolarono le trattative per la ripresa del lavoro con le varie direzioni , attraverso accordi che prevedevano il pagamento delle giornate arretrate prima dell'occupazione . Anche la parte piu' intransigente tra gli operai , quella della Vickers Terni , lascera la fabbrica il 3 ottobre 1920

 

Il movimento di occupazione era finito !

 

 

Antonio Bianchi

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

 

 

 

 

 ………………………………………………………………..

La Spezia il 31 Agosto da pagina 99 a pagina 103

 ……………………………………………………………

ANTONIO BIANCHI Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

 

 

 

 

 

In Italia nel settembre 1920 il malcontento e la miseria, strascichi della Grande Guerra, erano all'apice. Il sentimento di sfiducia reciproca tra proletariato e ceti medi era inoltre acuito dall'indifferenza e dal malgoverno della classe dirigente italiana. Grande irrequietezza regnava tra i lavoratori industriali che vedevano sempre più sminuito il loro ruolo sociale. I loro diritti, anziché aumentare, rimanevano cristallizzati in una situazione svantaggiata rispetto ai loro colleghi europei. I reduci di guerra erano avviliti dal pugno di mosche col quale il loro grande sforzo era stato ricompensato dal governo. La sinistra riformista e parlamentare temporeggiava invocando leggi e decreti, le parole di rivendicazione riecheggiavano e morivano nell'aria stagnante dell'aula parlamentare.

Gli industriali e i banchieri statunitensi, avevano tratto enormi guadagni dalla guerra riuscendo a sfruttare al meglio la situazione di crisi per lucrare ed azzerare le conquiste sindacali che gli industrial workers avevano guadagnato col sangue negli anni precedenti.

Anche tra gli imprenditori italiani prevaleva un atteggiamento egoista e non lungimirante. Davanti all'occupazione di molte fabbriche del Nord Italia, all'istituzione di consigli operai autogestiti, alla formazione di "guardie rosse" armate per il presidio degli scioperi , imprenditori ed agrari decisero di trincerarsi dietro un muro di bastoni, coltelli e baionette. La strada verso il fascismo cominciava a spianarsi.

 

Nel 1920 gli anarchici in Italia erano una forza rivoluzionaria con cui si dovevano fare i conti, una forza con cui dovevano fare i conti padroni, governo e fascisti.

Essi avevano un quotidiano, Umanità Nova, che tirava cinquantamila copie e numerosi periodici. L'U.S.I., il sindacato rivoluzionario influenzato dagli anarchici (segretario ne era l'anarchico Armando Borghi), contava centinaia di migliaia di iscritti.
Dopo il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, gli anarchici riconoscendo nel fascismo la "contro-rivoluzione preventiva" (come la definì bene Luigi Fabbri) con cui i padroni avrebbero cercato di impedire il ripetersi di una situazione pre-rivoluzionaria, gettarono tutte le loro energie nella mischia contro questo giovane ma già robusto figlio del capitalismo. La volontà ed il coraggio degli anarchici non potevano però bastare di fronte allo squadrismo, potentemente dotato di mezzi e di armi e spalleggiato dagli organi repressivi dello stato. Tanto più che anarchici ed anarcosindacalisti erano presenti in modo determinante solo in alcune località ed in alcuni settori produttivi. Soltanto una analoga scelta di scontro frontale da parte del Partito Socialista e della Confederazione Generale del Lavoro avrebbe potuto fermare il fascismo.

 http://www.socialismolibertario.it/afascismo3.htm 

 

 

 

 

 

28 settembre 1920

 

ARRESTO DEL CARNESECCHI :

 

 

Accusato di aver partecipato all'assalto della Polveriera di Vallegrande del 4 giugno 1920, Carnesecchi viene tratto in arresto il 28 settembre successìvo, finita l'occupazione delle fabbriche.

 

 

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il Carnesecchi probabilmente era latitante dal giorno del fallito assalto alla polveriera

 

Mentre Binazzi viene arrestato nel luglio 1920 il Carnesecchi viene arrestato solo alla fine di settembre ed ha quindi modo di partecipare attivamente all’occupazione delle fabbriche

 

Dai primi rapporti dei carabinieri sembra che accusati dell'assalto siano in maniera particolare il Carnesecchi e il Ferrari ( Novatore) . In realta' il Novatore non sembra pero' esser mai stato arrestato per il fatto .

 

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La cattura :

 

 

IL SECOLO XIX nell'edizione di mercoledi 29 settembre 1920

 

IL FAMOSO " CARNESECCA"

 

Il pregiudicato Dante Carnesecchi , colpito di ben quattro mandati di cattura per omicidio nella persona di un carabiniere , per attentato alla polveriera di Vallegrande , per reati contro la proprieta' ,e' stato assicurato alla giustizia in una brillante operazione dei reali Carabinieri al Termo d'Arcola .

Al momento dell'arresto s'era nascosto in un armadio ed aveva accanto una rivoltella carica.

La sua casetta come quella di un brigante degli antichi tempi era un vero arsenale di rivoltelle e di fucili con parecchie riserve di polvere pirica.

 

UNA RETATA

Di giovinastri hanno fatto i nostri carabinieri al Limone , arrestandovi il muratore Emilio Genesi di 22 anni da Spezia , Ruello Ciccotti da Cascina , ventenne aggiustatore al cantiere Miglietta , ed Egisto Ratti , trapanista allo stesso cantiere , con i fratelli Rinaldo e Galiano congegnatori

Hanno pure arrestato Alfredo Badiali di anni 31 e Domenico Bacchini da Arcola , aggiustatore il primo e manovratore il secondo alla Wikers Terni

Tutti erano armati di rivoltelle e qualcuno di bombe a mano e di fucile e sembra intendessero dedicarsi allo sport interessantissimo delle rapine su strada .

 

 

 

 

 

 

Non ho ancora reperito gli articoli de Il Tirreno e de Il Popolo

 

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Li disser ladri usciti dalle tane: ma non portaron via nemmeno un pane………….

 

La sua casetta come quella di un brigante degli antichi tempi era un vero arsenale di rivoltelle e di fucili con parecchie riserve di polvere pirica.

 

 

 

 

 

 

 

Il 7 ottobre 1920 , durante la prigionia di Dante a Sarzana , il compagno di lotta Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) scrive sul "Libertario":

 

………………..Ora nel primo rastrellamento di delinquenti sociali fatto nei dintorni di Spezia , per ordine di Giolitti , Olivetti , e D'Aragona , e' stato arrestato anche lui . << In una brillante operazione >> fatta da cento e piu' carabinieri del re guidati da un loro ufficiale hanno invaso la sua casa e lo hanno catturato . La stampa merdosa della borghesia idiota e democratica , liberale e monarchica , ne ha dato l'annuncio trionfale ricamandolo di particolari talmente foschi da fare invidia ad uno di quei ripugnanti romanzi che solo quella carogna di Carolina Invernizio , buon' anima , sapeva scrivere . Naturalmente tutto cio' che si e' scritto su di lui e' falso come e' falsa e bugiarda l'anima fangosa e putrida d'ogni miserabile giornalista venduto. Per amore della verita' dobbiamo dire ( a costo di disonorarlo ) che non e' pur vero che sia pregiudicato .

E' giovane . Ama intensamente la liberta' e la vita . Lo vogliamo fuori !

Anarchici individualisti a noi !

Renzo Novatore

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Libertario edizione del 30 settembre 1920

 

Arresti

………………………………… La stampa suddetta fa poi un gran can can per l'arresto del terribile pregiudicato Carnesecchi , sul quale pendevano 4 mandati di cattura, che fu uno degli assalitori della Polveriera e che aveva la casa piena d'armi d'ogni genere. E se non ridi, di che rider suoli? Il Carnesecchi non è mai stato ricercato, tanto vero che tutti lo hanno veduto fino al giorno dei suo arrestopasseggiare tranquillamente in città e dintorni e perfino in Pretura ed in Tribunale. E nientemeno aveva 4 mandati di cattura! O perché non lo hanno preso prima? Mistero ! "

Veniamo a conoscenza che una vera razzia fu fatta martedi sera dai carabinieri i quali in numero di oltre 150 percorsero il Limone , il Termo d'Arcola e adiacenze , arrestando quanti trovavano , perquisendo , mettendo sottosopra le case e gettando lo scompiglio e la desolazione in numerose famiglie. Bravi , bravi ! Cosi si serve L'ordine e la patria ….    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CHI ERA L’UOMO DANTE CARNESECCHI ?

 

Li disser ladri usciti dalle tane: ma non portaron via nemmeno un pane………….

 

 

 

…….Si aggiunge a cio' un' immediata , e pur priva d'ogni fondamento fama di delinquente che peraltro a smentirla basta il solo fatto , ch' egli era un incensurato.

Pochi davvero in questi tempi possono vantarsi di menare un tenore di vita cosi regolare e temperato come menava il Carnesecchi . Ma con tutto cio' egli era lo spauracchio , il babau , lo spettro incubante dell'autorita' , solo perche' era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica . Un insieme di ombre , di esagerazioni iperboliche , di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorita' uno stato d'animo tenebrosamente odioso ………………………………………

 

 

 

 

Inno dei Malfattori (Attilio Panizza)

 

Ai gridi ed ai lamenti
Di noi plebe tradita
La lega dei potenti
Si scosse impaurita
E prenci e magistrati
Gridaron coi signori
Che siam degli arrabbiati
Dei rudi malfattori.
 
Folli non siam ne' tristi
Ne' bruti ne' birbanti
Ma siam degli anarchisti
Pel bene militanti
Al giusto al ver mirando
Strugger cerchiam gli errori
Percio' ci han messo al bando
Col dirci malfattori.
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Noi del lavor siam figli
E col lavor concordi
Sfuggir vogliam gli artigli
Dei vil padroni ingordi
Che il pane han trafugato
A noi lavoratori
E poscia han proclamato
Che siam dei malfattori.
Natura comun madre
A niun nega I suoi frutti
E caste ingorde e ladre
Ruban quel ch'e' di tutti
Che in comun si viva
Si goda e si lavori
Tal e' l'aspettativa
Che abbiam noi malfattori.
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Chi sparge l'impostura
Avvolto in nera veste
Chi nega la natura
Sfuggiam come la peste
Sprezziam gli dei del cielo
E I falsi loro cultori
Del ver squarciamo il velo
Percio' siam malfattori.
 
Amor ritiene uniti
Gli affetti naturali
E non domanda riti
Ne' lacci coniugali
Noi dai profan mercati
Distor vogliam gli amori
E sindaci e curati
Ci chiaman malfattori .
 
 
 
Deh t'affretta a sorgere
O sol dell'avvenir
Vivere vogliam liberi
Non vogliam piu' servir.
Divise hanno con frodi
Citta' popoli e terre
Da cio'gli ingiusti odi
Che generan le guerre
Noi che seguendo il vero
Gridiamo a tutti i cori
Che patria e'il mondo intero
Ci chiaman malfattori.
 
La chiesa e lo stato
L'ingorda borghesia
Contendono al creato
Di liberta'la via
Ma presto i di verranno
Che papa re e signori
Coi birri loro cadranno
Per man dei malfattori.
 
Allor vedremo sorgere
Il sol dell'avvenir
In pace potrem vivere
In liberta' gioir .

 

 

 

 

 

UN CARATTERE FUORI DEL COMUNE

 

 

 

Dante era famoso nei dintorni per una forza fuori del comune

Questa forza ed un carattere estremamente risoluto erano valsi a creargli intorno un alone di temibilita’

 

Aneddoto : La famiglia produceva vino sui terreni che possedeva sulla collina di Vezzano ; per portare il vino a Spezia occorreva pagare il dazio alla porta .

Dante si caricava di due damigiane piene , in equilibrio su una stanga che portava sulle spalle e cosi senza far mostra di fatica simulando fossero vuote passava il dazio ( in realta' probabilmente i guardiani facevan finta di non vedere evitando rogne )

 

Aneddoto : Senza licenza e senza porto d'armi andava a caccia col fucile automatico ( che si era portato nel suo ritorno dagli Stati Uniti ) ; i carabinieri fingevano di non vedere e lui anziche' evitarli li sbeffeggiava parlando loro amichevolmente e mostrando loro la selvaggina catturata senza che questi osassero far domande .

 

Era pervaso da un forte sentimento della giustizia e di difesa dei deboli che manifesto’ in varie occasioni

 

Aneddoto : Una gruppo di marinai marciava sulla strada . Un militare sfinito si accascio’ per terra . Con alte urla il sottufficiale cerco’ di fargli riprendere la marcia.

Dante intervenne facendo notare che il milite non era in grado di continuare . Il sottufficiale rivolse la sua ira contro Dante intimandogli con male parole di non intromettersi

Dante immediatamente reagi con violenza atterrando il sottufficiale e i quattro militari che erano intervenuti ad aiutarlo .

 

 

 

 

IL FAMOSO " CARNESECCA"

 

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La sua casetta come quella di un brigante degli antichi tempi era un vero arsenale di rivoltelle e di fucili con parecchie riserve di polvere pirica.

 

 

Il terribile pregiudicato Carnesecchi,

 

 

 

Se il tipo assoluto d'Ibsen qualcuno puo' mai averlo realizzato , questi fu Dante Carnesecchi . Egli era una di quelle eccezionali individualita' che bastano a se stesse.

 

 

 

…….. La sua anima misteriosa e complicata e' un mare sempre agitato da furiose tempeste dello spirito ………….

 

 

……Sembra un paradossale ed e' un logico . Le sue verita' bruciano ……E il suo pensiero non si aggira nel piccolo cerchio vizioso dei luoghi comuni . Va oltre …

 

 

Aveva sicuramente lasciato presto le scuole , ma continuava a leggere e a studiare per proprio conto in un educazione da autodidatta

 

 

Ama intensamente la liberta' e la vita

 

 

 

L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima

 

 

  

Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore , egli era all'altezza delle sue azioni , che mandava in piena consapevolezza ad effetto , fidando solo sulle sue forze.

 

 

Ogni progetto , riduceva alle proporzioni di un operazione aritmetica , accomunando ad un estrema audacia un'estrema prudenza , una piena sicurezza in se' , ed una risolutezza tacita quanto irreducibile.

 

 

una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa.

 

 

 

Tra quella nidiata d'aquilotti libertari che dai colli arcolani , dominanti a mezzogiorno la conca azzurra del golfo di Spezia e a tramontana la vallata del Magra , spiccavano il volo verso tanti quotidiani ardimenti , si distingueva sopratutti Dante Carnesecchi.Alto, atletico , volto energico , parco di parole, rapido nel gesto , tagliente lo sguardo : una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa.

Se il tipo assoluto d'Ibsen qualcuno puo' mai averlo realizzato , questi fu Dante Carnesecchi . Egli era una di quelle eccezionali individualita' che bastano a se stesse.

Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate , poiche' , solo a compierle , ne' porto' il segreto alla tomba .

Non aveva amici , non ne ricercava : non affetti , mollezze , piaceri . In seno alla stessa famiglia viveva senza vincoli. Verso la madre , come verso le sorelle che lo adoravano , si comportava con la freddezza di un estraneo.

Egli , a cui pur non difettavano i mezzi , coricava sul duro letto senza materasso, onde evitare di provare dell'attaccamento agli agi di casa . Un individuo simile non era fatto per essere amato. E dell'amore non conobbe ne' le estasi sublimi , ne' le dedizioni mortificanti.

Strana natura !

Perfino verso noi , tra i piu' vicini , il suo animo insofferente elevava un' ultima barriera isolatrice , come a sottrarsi ed a

proteggersi dalle possibilita' d'ogni intima comunione .

Certo , egli era il piu' odiato dai nemici nostri , il piu' temuto dagl'indifferenti , il piu' ammirato dai compagni e dagli spiriti liberi: ma era anche colui che non si lasciava amare , che non fu amato.

Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore , egli era all'altezza delle sue azioni , che mandava in piena consapevolezza ad effetto , fidando solo sulle sue forze.

Ogni progetto , riduceva alle proporzioni di un operazione aritmetica , accomunando ad un estrema audacia un'estrema prudenza , una piena sicurezza in se' , ed una risolutezza tacita quanto irreducibile.

Nello sport quotidiano allenava il corpo alla resistenza , all'agilita' , all'acrobazia , alla velocita', e il polso alla fermezza ; nella temperanza scrupolosa conservava la pienezza del suo vigore fisico e della sua lucidita' mentale; nella musica ricercava le intime sensazioni per ricrearsi liberamente lo spirito .

Percio' egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ; suonatore e compositore di un virtuosismo piuttosto arido e cerebrale ; ottimo poliglotta .

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Auro d'Arcola ( Tintino Persio Rasi )

 

 

 

 Stupiscono le parole di RENZO NOVATORE sempre cosi restio nelle lodi

 

Il 7 ottobre 1920 , durante la prigionia di Dante a Sarzana , il compagno di lotta Abele Ricieri Ferrari ( Renzo Novatore ) scrive infatti sul "Libertario":

 

 

 

"Dante Carnesecchi è una delle più belle figure dell'individualismo anarchico. Alto, vigoroso, pallido e bruno. Occhi taglienti e penetranti di ribelle e di dominatore. Ha l'agilità di un acrobata ed è dotato di una forza erculea. Ha ventotto anni. E' un solitario ed ha pochissimi amici. L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima. Nelle conversazioni è un vulcano impetuoso di critica corrodente. E' sarcastico, ironico, sprezzante ……Sembra un paradossale ed e' un logico . Le sue verita' bruciano .

La sua anima misteriosa e complicata e' un mare sempre agitato da furiose tempeste dello spirito . Non ha mai scritto nulla ma ha pensato molto ……..E il suo pensiero non si aggira nel piccolo cerchio vizioso dei luoghi comuni . Va oltre …..Le figure come la sua sono rarissime . Parlarne troppo a lungo si corre sempre il rischio di guastarle . E' un anarchico veramente individualista . Ecco tutto ……

Ora nel primo rastrellamento di delinquenti sociali fatto nei dintorni di Spezia , per ordine di Giolitti ,Olivetti , e D'Aragona , e' stato arrestato anche lui . << In una brillante operazione >> fatta da cento e piu' carabinieri del re guidati da un loro ufficiale hanno invaso la sua casa e lo hanno catturato . La stampa merdosa della borghesia idiota e democratica , liberale e monarchica , ne ha dato l'annuncio trionfale ricamandolo di particolari talmente foschi da fare invidia ad uno di quei ripugnanti romanzi che solo quella carogna di Carolina Invernizio , buon' anima , sapeva scrivere . Naturalmente tutto cio' che si e' scritto su di lui e' falso come e' falsa e bugiarda l'anima fangosa e putrida d'ogni miserabile giornalista venduto. Per amore della verita' dobbiamo dire ( a costo di disonorarlo )

che non e' pur vero che sia pregiudicato .

E' giovane . Ama intensamente la liberta' e la vita . Lo vogliamo fuori !

Anarchici individualisti a noi !

Renzo Novatore

 

 

 

 

 

 

 

  

 

Alcune considerazioni

 

Auro d'Arcola descrive con tono quasi severo il carattere di Dante

 

 La madre pero' dichiarera'

Egli prosciolto da ogni accusa dedicava tutto il suo affetto e la squisita gentilezza dell'animo suo a me e a tutta la famiglia , che inconsolabile ne piange oggi la perdita e invoca dalla Giustizia la punizione dei suoi assassini.

 

Dante aveva , come detto , due sorelle Isolina di due anni piu' giovane di lui ( nata 1894, sposatasi nel 1918 ) e Livia Enrichetta (nata 1901)

 

Renzo Novatore che meglio lo conosceva ( avendo con lui coabitato al tempo della latitanza per diserzione ) :

…………….E' un solitario ed ha pochissimi amici. ………….

 

Cioe' : " ha pochissimi amici " e non "non ha amici "

la notte dell'agguato e' insieme allo zio Azeglio e all'amico Franceschini

 

Forse era un uomo che nella sua breve vita aveva imparato a non fidarsi di tutti

 

L’estrema sua riservatezza e’ provata dai due anni americani le cui vicende sono ad oggi completamente sconosciute

 

 

Dante appare quasi uno stoico praticante , che a nulla di terreno vuole affezionarsi , quasi presago del destino che lo attende

 

 

 

 

  

Il sentimento della solitudine è il più elevato fra tutti i sentimenti umani. Appartiene allo stesso tempo alla forza e alla bellezza.

Inoltre i solitari sono gli uomini che più benefici hanno sparso sopra l'umanità. Ed è per ciò che l'Umanità "riconoscente" li disprezza.
In sintesi: il solitario sceglie pochi amici, perchè ripugna l'iposcrisia e la menzogna.

 

 

 

 

 

UN APPELLO DISPERATO DI RENZO NOVATORE MENTRE SI AVVICINA LA FINE DELLE SPERANZE ANARCHICHE

 

 

 

8 dicembre 1920

 

 

 

 

Oggi la storia dell’umanità è giunta a uno - forse il più grandioso - di quei suoi tanti vortici ove l’anima dell’uomo è chiamata a rinnovarsi radicalmente sulle rovine magnificamente orrende del fuoco e del sangue, della catastrofe e della distruzione, o cristallizzarsi vigliaccamente nel decrepito e cadaverico concetto di vita che ci ha dettato e imposto l’anacronistica società borghese.

Se un forte pugno di ribelli, di superiori e di eroi, saprà balzare fuori dalle due correnti dell’anarchismo sofferente di esuberanza vitale per stringersi intorno al nero labaro della rivolta, appiccando il fuoco al cuore di tutte le nazioni d’Europa, il vecchio mondo cadrà perché intorno all’Eroe tutto deve fatalmente tramutarsi in tragedia; e solo nella tragedia nascono gli spiriti rinnovatori che sanno sentire, più nobilmente e più altamente, la canzone festante della loro libera vita.

Se questo pugno di audaci non balzerà fuori dall’ombra per gettare sulla laida faccia della società borghese il nero guanto di sfida e di rivolta, i rettili della demagogia politicantesca e tutti i saltimbanchi speculatori ed ipocriti dell’umano dolore rimarranno essi i padroni del campo e sul tragico sole rosso che cerca illuminare l’oscuro vortice della cupa storia che passa, getteranno l’oscena maschera di biacca portata sul libero orizzonte dell’umano pensiero da quel debosciato arlecchino che nomasi "Marx" e tutto finirà in una commedia turpe e grottesca innanzi alla quale ogni anarchico dovrebbe suicidarsi per dignità e per vergogna.

Per quella parte di anarchici italiani che soffrono di esuberanza vitale; per quella parte di anarchici italiani - individualisti e comunisti - per i quali la lotta, il pericolo e la tragedia è un loro bisogno di spirito e di materia, è giunta l’ora!

L’ora d’imporsi e di dominare. La vera libertà e il vero diritto dell’uomo stanno soltanto nella sua capacità di VOLERE!

Il diritto e la libertà sono la Forza!

Ciò che per gli altri è doloroso sacrificio per noi deve essere dono e gioioso olocausto.

Bisogna gettarsi sull’onda del tempo passato, calcare la groppa dei secoli, risalire virilmente la Storia per ribere alle vergini sorgenti dalle quali sgorga ancora, caldo e fumante, il sangue dei primi e liberi sacrifici umani.

Bisogna rientrare, nudi e scalzi, fra le vive pietre della mitica selva leggendaria e nutrirsi, come i nostri padri lontani, di midolle leonine e di selvaggia natura.

Solo così - al pari di Maria Vesta - potremo dire al primo Eroe che seppe stoicamente e serenamente offrire le sue carni alle fiamme rosse d’un lugubre e crepitante rogo nemico: Ora anche noi, come te, possiamo cantare nei supplizî.

La Vita che la società ci offre non è una vita piena, libera e festante. È una vita stroncata, mutilata e umiliante.

Noi dobbiamo rifiutarla.

Se non abbiamo la forza e la capacità di strappare violentemente dalle sue mani quella vita alta e rigogliosa da noi possentemente sentita, gettiamo questa larva sul tragico altare del sacrificio e della rinunzia finale.

Almeno potremo mettere una corona eroica di bellezza sul volto sanguinante dell’arte che illumina e crea.

Meglio salire sulle fiamme di un rogo e cadere con il cranio spezzato sotto la raffica di un incosciente picchetto di esecuzione che accettare questa larva d’ironica vita, che della vita non è altro che bieca parodia.

Basta o amici con la viltà. Basta o compagni con la ingenua illusione dell’"atto generoso delle folle". Basta.

La folla è strame che il socialismo ha messo a marcire nella stalla della borghesia.

Errico Malatesta, Pasquale Binazzi, Dante Carnesecchi e le altre migliaia di oscuri che marciscono in quelle bolgie miasmitiche e micidiali che sono le carceri della monarchia dei Savoia e che i medagliettati del P.S.I. (Partito socialista italiano) hanno domandato al porcile di Montecitorio il mezzo per costruirne ancora delle altre più vaste, dovrebbero essere per noi tanti spettrali rimorsi, camminanti sotto forme paurose, fra i meandri incerti della dubbiosa anima nostra; dovrebbero essere tante calde vampate di sangue che ci fugge dal cuore per salirci vertiginosamente sopra le linee del volto e coprircelo di fosca vergogna.

Io so, noi sappiamo, che cento UOMINI - degni di questo nome - potrebbero fare quello che cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare. Non vedete voi, o amici, l’ombra di Bruno Filippi che sogghigna e ci guarda?

Che non ci siano più dunque CENTO ANARCHICI in Italia degni di questo nome? Non ci sono più cento "IO" capaci di camminare con piedi di fiamma sul culmine vorticoso delle nostre idee? Errico Malatesta e tutte le altre migliaia di caduti fra le mani del nemico nei primi preludi di questa tempesta sociale, attendono con nobile e febbrile ansia la folgore che schianta il crollante edificio, che rischiara la storia, che rialza i valori della vita, che illumina il cammino dell’uomo...

Ma la folgore luminosa e fatale non può irrompere dal cuore delle masse.
Le masse che sembravano le adoratrici di Malatesta sono vili e impotenti.
Il governo e la borghesia lo sanno... Lo sanno e sogghignano.

Pensano: "Il P.S.I. è con noi. È la pedina indispensabile per la bieca riuscita del nostro giuoco malvagio. È l’Abracadabra che trova forma nella voce Abracas ed Abra della nostra magica e millenaria stregoneria. Le masse imbelli sono le sue schiave ed Errico Malatesta è vecchio ed ammalato. Lo faremo morire nel segreto buio di una umida cella e poscia ne getteremo il cadavere sulla faccia dei suoi compagni anarchici...".

Sì, così pensano governo e borghesia nel segreto della loro anima idiota e malvagia. Vorremo noi sopportare con indifferenza questa ignobile sfida? Vorremo noi sopportare in silenzio questo insulto sanguinoso e brutale?

Saremo noi tanto vili?

Io mi auguro che questi miei tre giganteschi punti interrogativi, così solenni e terribili, trovino nelle file dell’anarchismo una virile risposta che dica: NO! con un terribile rimbombo più terribile ancora...

È dalle cime in fiamme del luminoso vertice che devono scaturire le folgori liberatrici.
Il forte VEGLIARDO attende. Eroici compagni: A NOI!
Il cadavere d’un vecchio agitatore costa sempre più della vita di mille malvagi imbecilli.
Fratelli ricordatelo.
Facciamo che non cada su di noi la più profonda di tutte le umane vergogne.

Renzo Novatore

 "Il temperamento anarchico nel vortice della storia"

(apparso su Il Libertario, La Spezia, a.XVIII, n.793, 8 dicembre 1920)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANNO 1921

 

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primi giorni di marzo 1921

 

RILASCIO di DANTE CARNESECCHI PER I FATTI RELATIVI ALL'ASSALTO ALLA POLVERIERA

 

 

 

Non so in quale giorno : comunque intorno ai primi giorni di marzo 1921

Pasquale Binazzi e' scarcerato il giorno 9 marzo 1921 e quindi e' presumibile che anche Dante sia stato scarcerato in quei giorni , comunque prima del 19 marzo

 

 

 

Si prepara l'agguato mortale

 

 

 Durante il periodo dell'immediato dopoguerra , il territorio del circondario di Spezia fu particolare teatro d'una serie incessante di attentati anarchici contro le proprieta' ,le polveriere , le caserme le autorita' , le reti ferroviarie e telegrafiche. Ingenti patrimoni appartenenti allo stato ed ai privati andarono distrutti ;numerosi carabinieri ed agenti della forza pubblica perirono sotto la folgore della rivolta; il prestigio dell'autorita' affogava nel ridicolo; i rivoltosi rimanevano ignoti , malgrado i numerosi arresti a casaccio . Il sospetto dell'autorita' cadeva sul gruppo d'audaci che scuoteva le basi dell'ordine e della sicurezza borghese . E piu' del sospetto avevano la certezza che il Carnesecchi

fosse tra questi , se non l'anima certamente il piu' temibile . Ma egli era un giovane senza precedenti giudiziari : Un incensurato che non lasciava traccia delle sue colpe. Si tento' , tuttavia , piu' volte d'incolparlo . Invano . La polizia si accaniva ad arrestarlo . La magistratura mancava d'ogni prova perfino indiziaria per procedere .E non tardava a rilasciarlo in liberta'. Non rimaneva che sopprimerlo . ………………………..

 

Auro d'Arcola

 Estratto da : I nostri caduti : Dante Carnesecchi

 

 

 

 

 ………….con tutto cio' egli era lo spauracchio , il babau , lo spettro incubante dell'autorita' , solo perche' era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica . Un insieme di ombre , di esagerazioni iperboliche , di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorita' uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle , dopo esperita ogni altra via , alla soppressione del nostro amico .

 

 

da IL LIBERTARIO 

 

 

 

 In localita' del << Limone >> e' stata da oltre un mese istituita una Caserma dei RR. Carabinieri Comandata da un brigadiere dell'arma stessa . Per detta caserma si sono reclutati i militi , speciali e volontari nella capacita' di provocare , terrorizzare la popolazione di quei sobborghi

 

…………..usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perche'….

 

 

A questo scopo fu espressamente istituita una nuova stazione di carabinieri nella frazione abitata dal Carnesecchi . Si trattava di una casema speciale, fuori classe , a cui erano stati chiamati ,mediante concorso volontario , una dozzina di militi scelti tra i piu' brutali e sanguinari dell'arma

 

 

 

 

 

 

23 marzo 1921 Milano : Strage del DIANA

 La strage del Diana


Il 23 marzo 1921 un gruppo di anarchici milanesi, convinto sulla base di informazioni volutamente false, di poter colpire Gasti, il questore di Milano, fa esplodere un potentissimo ordigno all'esterno del teatro Diana. L'esplosione causa ventuno morti e più di centocinquanta feriti, ma ad essa scampa l'obiettivo principale. Gli autori del gesto, da tempo esasperati per la ingiusta detenzione dei redattori del quotidianoUmanità Nova, Borghi, Malatesta e Quaglino, vogliono richiamare l'attenzione sulle condizioni di salute dei tre detenuti. Costoro, infatti, nonostante l'avanzata età di Errico Malatesta, hanno appena iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le pretestuose lungaggini dei tempi processuali. Naturalmente, invece di far nascere un qualsiasi moto di solidarietà nei confronti del vecchio anarchico e dei suoi compagni di galera, il sanguinoso attentato genera un profondo moto di orrore, che si riverbera in nuove accuse e rinnovati, durissimi, attacchi a tutto il movimento anarchico.
Nessuno degli scopi che gli attentatori si sono prefissi viene raggiunto: la borghesia non si fa intimidire, ma diventa ancora più determinata nel combattere "la canaglia rossa"; i fascisti ne approfittano per compiere nuove e più selvagge azioni, quali la distruzione delle sedi di Umanità Nova e L'Avanti!; Malatesta e compagni restano in prigione, oppressi oltretutto da quanto avvenuto in loro nome; il movimento anarchico viene isolato e sottoposto a feroci repressioni; l'ideale solidario ed emancipatore dell'anarchismo risulta offuscato, per l'ennesima volta, dalla sanguinosità di un atroce delitto commesso in suo nome.

 

 

da un articolo di Massimo Ortalli

 

 

 

 

 

domenica 27 marzo 1921 ( Pasqua )

ASSASSINIO DI DANTE CARNESECCHI

 

 

.......do atto che a ore una, e minuti cinque del giorno ventotto corrente mese nella casa posta in S. Cipriano n.21 e' morto Carnesecchi Dante anni 29 nato a Vezzano Ligure figlio di fu Giuseppe e di Fontana Lucia - celibe - operaio

 

 

 

 

 ANTONIO BIANCHI

Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia (1919-1930). Anno 1981. Olschki editore 

 

A La Spezia , dopo che il Tirreno aveva riportata la notizia provocatoria del tentativo di assalto effettuato da ignoti alla polveriera dell'Acquasanta , il 23 gennaio erano avvenuti tafferugli tra operai ed ex legionari fiumani . La sera del 22 febbraio , poi , si ripeterono nuovi e piu' duri scontri tra operai e fascisti , mobilitatisi per impedire un comizio dell'onorevole Misiano , di cui si era sparsa la voce in citta' Infine la domenica 27 febbraio , squadre fasciste , dopo essersi date appuntamento ai giardini pubblici , partirono all'assalto della Camera Confederale del Lavoro e della sede del Partito Socialista , nel frattempo presidiate da operai socialisti , comunisti ed anarchici . Seguirono violenti scontri , durante i quali resto' accidentalmente uccisa una delle guardie regie accorse a dar man forte ai fascisti ,mentre , usando il moschetto come clava , stava battendo contro il portone sbarrato dei locali del sindacato ; allo stesso modo vennero danneggiati i locali dell'U.S.I., mentre la guardia regia piazzava mitragliatrici davanti alle sedi sindacali , temporaneamente occupate

Il giorno successivo , lunedi 28 febbraio , fu' proclamato lo sciopero generale di protesta : nel pomeriggio la guardia regia , aprendo il fuoco uccideva l'operaio anarchico Adolfo Olivieri ; i funerali della vittima , il giorno dopo si trasformarono in una seconda manifestazione operaia , mentre , dopo altri scontri , la citta' veniva posta in stato d'assedio .

Seguirono altri giorni di tensione per l'uccisione di un noto anarchico individualista , Dante Carnesecchi , che , disarmato , aveva tentato di sfuggire ai carabinieri.

 

 ANTONIO BIANCHI

Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia (1919-1930). Anno 1981. Olschki editore 

 

 

 

 

Rimesso in libertà, dopo cinque mesi di carcere preventivo, per mancanza di qualunque indizio , Carnesecchi è vittima di un agguato ordito da sette o piu' carabinieri, ben noti per aver provocato e arrestato altri sovversivi, e viene assassinato al Termo d'Arcola la sera del 27 marzo 1921, ( il giorno di Pasqua ) a pochi passi da casa sua.

Sette o piu' carabinieri avvicinano e circondano il Carnesecchi che esce di casa con suo zio Azeglio e con un amico . Nel giorno di festa Dante porta con se una chitarra , strumento che amava suonare-

Lo perquisiscono poi improvvisamente lo pigliano a scudisciate in faccia, Dante cerca di proteggersi con la chitarra che si spezza: in pochi istanti ha la faccia spaccata e gronda sangue. A quel punto tenta una disperata fuga ma è abbattuto da una raffica di fucile. Già a terra, Dante è colpito con molte pugnalate e col calcio del fucile alla testa "Si trattava" scriverà Tintino Rasi "di una caserma speciale, fuori classe, a cui erano stati chiamati, mediante concorso volontario, una dozzina di militi scelti tra i più brutali e i più sanguinari dell'arma".

 

 

 

 

Questa la versione dei giornali di regime :

 

 

 

IL SECOLO XIX edizione del 30 marzo 1921……………………. tra una grave contusione e due morsicature di cani…………………….Conflitto mortale con i carabinieri

 

 

 

Conflitto mortale con i carabinieri

Dante Carnesecchi di anni 29 noto anarchico, era da tempo ricercato dai carabinieri , quale sospetto colpevole della uccisione di un milite dell'arma.

La notte scorsa i carabinieri lo trovarono al Termo d'Arcola insieme a due suoi compagni e lo fermarono.

Il Carnesecchi estratto rapidamente il pugnale tento' di colpire e liberarsi : al suo tentativo rispose un colpo di rivoltella che lo feri' a morte .

I suoi due compagni si dileguarono rapidamente nella oscurita' inseguiti da altri colpi di rivoltella che pare abbiano raggiunto il segno e colpito uno dei fuggenti ,perche' sono state trovate sulla direzione della loro fuga , larghe tracce di sangue .

Dal luogo del conflitto venne chiamata telefonicamente la P.A. che accorse rapida , come e' consuetudine sua , e raccolse il Carnesecchi agonizzante.

Infatti costui mentre la lettiga giunse all'ospedale spiro' .

 

 

 

 

 

 

IL TIRRENO

 

 

 

 

Grave conflitto al Limone

Un morto

 

Ieri sera verso le ore 21 , mentre una pattuglia di carabinieri in borghese , perlustrava la campagna nelle vicinanze della localita' del Limone , s'imbatteva in tre individui che diedero ai militi qualche sospetto.

Uno dei tre , infatti era certo Carnesecchi Dante, di anni 22 da Vezzano Ligure .Il Carnesecchi che era colpito da mandato di cattura , all'intimazione di fermarsi rivoltagli dal capo pattuglia , estraeva di tasca un acuminato pugnale e con scatto felino si slanciava contro uno dei carabinieri . Gli altri militi , visto il compagno in pericolo , con rapida mossa estraevano le rivoltelle e sparavano parecchi colpi contro i tre individui colpendo a morte il Carnesecchi: gli altri due vista la mala parata , si davano alla fuga invano inseguiti dai colpi di rivoltella dei carabinieri. Il Carnesecchi stramazzato al suolo e dolorante per le gravi ferite veniva condotto all'ospedale dove , poco dopo esservi giunto spirava.

Chi era il Carnesecchi

 

Dante Carnesecchi era imputato , insieme a Pasquale Binazzi ed ad altri di attentato alla sicurezza dello stato, di formazione di bande armate e di duplice mancato omicidio.

Reati commessi in occasione dell' attentato alla polveriera di Valle Grande della quale imputazione e' stato teste' prosciolto.

Lo stesso Carnesecchi e' stato accusato di aver partecipato all'uccisione del carabiniere Vannini e al ferimento del brigadiere Blanc reato avvenuto in S. Stefano Magra nel giugno 1919.

Era stato anche da questa imputazione prosciolto in istruttoria

 

 

 

Devo ancora reperire gli articoli del Popolo e del Lavoro di Genova

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 AVANTI num. 76 del 29 marzo 1921

 L'articolo dell' Avanti e'un pasticcio di disinformazione ( di esatto non c'e' neanche la data )

Anarchico ucciso a Spezia

Spezia , 28

In localita' Limone , distante da Spezia , una sessantina di chilometri (sic ! mio commento ) ,una pattuglia di carabinieri si scontrava con un gruppo di operai . Ne nacque un vivace diverbio dal quale i militi traevano argomento per sparare alcuni colpi di moschetto che ferirono a morte certo Cainisecchi Dante (sic ) di Termo d'Arcola , trentacinquenne ( sic ) , noto appartenente al gruppo anarchico . Il Carnisecchi ( sic) era da poco uscito dalle carceri per una condanna ( sic ) subita in seguito all'attentato contro la polveriera di Valle Lunga (sic) .

 

( Debbo questo articolo alla meravigliosa gentilezza del sig. Fausto Bucci )

 

ancora un ignoto ritaglio

 

 

 

Da questi articoli una considerazione che possiamo trarre e' l'evidente notorieta' del Carnesecchi in ambito locale :

noto anarchico , noto appartenente al gruppo anarchico .

 

 

 

 

 

 

 

Gli anarchici denunciano apertamente i militi e li accusano di avere "proditoriamente e selvaggiamente assassinato" il loro compagno di ideali:

 

 

Da Il Libertario : edizione del 31 marzo 1921

 

Il compagno Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri del Limone

Domenica 27 marzo , circa alle ore 22,30 il compagno Dante Carnesecchi mentre usciva dalla propria abitazione sita al Termo d'Arcola , in compagnia di un suo zio ed un comune amico veniva proditoriamente e selvaggiamente assassinato da un nucleo di circa 7 carabinieri in abito borghese

Una caserma di belve umane

In localita' del << Limone >> e' stata da oltre un mese istituita una Caserma dei RR. Carabinieri Comandata da un brigadiere dell'arma stessa . Per detta caserma si sono reclutati i militi , speciali e volontari nella capacita' di provocare , terrorizzare la popolazione di quei sobborghi Difatti dacche' essa e' istituita i militi ogni sera si prendevano lo spasso di muovere in vera e propria scorribanda armata dal Limone al Termo d'Arcola , col deliberato proposito di provocare tutti i cittadini e le comitive giovanili dedite a divertirsi , in cui si incontravano. Cominciavano con le arroganti vessazioni delle perquisizioni intercalate da minacce verbalmente criminali , giungendo perfino a somministrare sfuriate di colpi di nerbo e revolverate all'impazzata senza nessunissimo motivo ma semplicemente , come si e' detto , per seminare il panico ,il terrore fra quelle popolazioni. Questa buona gente dell'ordine , non e' detto che s'accontentasse di vessare , provocare , percuotere , revolverare . Non le bastava . Necessitava loro far anche seralmente prede onde sfogare a bell'agio la belluina ferocia che li distingue . Ed arrestavano a casaccio ogni malcapitato che rimaneva loro fra le mani sottoponendolo a violenze e maltrattamenti corporali inauditi fra le segrete della caserma , ch'io definisco << covo di belve umane >>. Codesti << militi dell'ordine >> cosi amanti del disordine ed impastati di odio e criminalita' si vantavano pubblicamente delle loro prodezze brutali , tanto che le popolazioni di quei luoghi non si sentivano piu' tranquille e vivevano sotto un'inquietante incubo presago di nefasti avvenimenti.

La premeditazione del delitto

L'assassinio di Dante Carnesecchi risulta inconfutabilmente premeditato anche da parecchie circostanze precedenti al barbaro misfatto. Uscito dal carcere da poche settimane ove da oltre sei mesi era rinchiuso coimputato con Pasquale Binazzi ed altri per i fatti di Vallegrande : a distanza di pochi giorni seppe subito che il brigadiere della trista Caserma si era recato alla sua abitazione per rintracciarlo adducendo che voleva conoscerlo di persona . Fra l'altro , ben sapendo che il Carnesecchi era un appassionato ciclista , un bel giorno i militi si presero il detestabile diletto di fermare col moschetto a << punt'arm >> tutti i ciclisti che transitavano per la strada provinciale , che mena da Sarzana a Spezia e viceversa , chiedendo loro il nome e manifestando che aspettavano al varco il Carnesecchi . E se cio' non bastasse , non piu' tardi del giorno di S . Giuseppe il Carnesecchi ci narrava che alcune sere prima un giovane del Termo d'Arcola arrestato nelle consuete scorribande accennate , lo aveva avvertito che il brigadiere aveva chiaramente manifestato che non appena s'incontrava col Carnesecchi gli avrebbe sparato senza preavviso - Il nostro compagno ne rise credendo una fola cio' che si premeditava freddamente per la sua selvaggia uccisione

La stampa e la verita'

Non troviamo sufficienti parole di deplorazione verso tutta la stampa quotidiana che ha riportato il raccapricciante fattaccio cosi falsato e travisato da far emergere chiaramente che il giornalismo non sappia piu' fare la cronaca al di fuori degli uffici di questura . Ci duole constatare che il piu' poliziesco fra questi - e con cio' vogliamo dire il piu' falso - sia stato il "Lavoro " di Genova . Noi non vogliamo alcun favoreggiamento dalla stampa di qualsiasi colore essa s'imbelletti . Quello che vogliamo e' la verita' dei fatti senza la quale la stampa diventa il piu' basso strumento al servizio della menzogna ufficiale e si dimostra addirittura incompresa della sua missione che dev'esssere improntata ad alto , sereno , imparziale civismo . Mancando a questo suo preciso dovere il giornalismo nostrano che per nulla si e' mosso alla raccolta dei particolari sul luogo , preciseremo noi , per quanto sommariamente , la ricostruzione del brigantesco assassinio.

Il delitto

Soprattutto smentiamo subito recisamente l'affermazione stampaiola - questurinesca che dava il Carnesecchi colpito da mandato di cattura - Contro il Carnesecchi non esisteva alcun mandato di cattura ma esisteva bensi un decreto di morte tramato dalle belve monturate . Egli non poteva sfuggire alla tremenda vendetta che da tempo covava nel loro animo ebbro di odio ingiusto ed ingiustificabile. Malgrado che la magistratura avesse assolto il nostro compagno dall'accusa di omicidio avvenuto nella persona di un carabiniere nei moti del giugno del 1919 , si era pur tuttavia , propagata e radicata , fra i militi dell'arma , la voce e la convinzione artata ch'egli ne fosse stato l'autore o per lo meno l'istigatore . Si aggiunga a cio' un' immediata , e pur priva d'ogni fondamento fama di delinquente che peraltro a smentirla basta il solo fatto , ch' egli era un incensurato. Pochi davvero in questi tempi possono vantarsi di menare un tenore di vita cosi regolare e temperato come menava il Carnesecchi . Ma con tutto cio' egli era lo spauracchio , il babau , lo spettro incubante dell'autorita' , solo perche' era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica . Un insieme di ombre , di esagerazioni iperboliche , di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorita' uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle , dopo esperita ogni altra via , alla soppressione del nostro amico . I cervelli dei dipendenti , degli esecutori materiali , erano stati da lungo tempo ben montati con opportune concioni e domenica sera , giorno di Pasqua , in omaggio al rito di pace cristiana , i cannibali ebbri ed armati uscirono dalla caserma in abito borghese comandati dal nefasto brigadiere ( novello Livraghi ) portandosi al canto provocatore di << Bandiera rossa >> ed altri inni sovversivi in ricerca della preda designata al Termo d'arcola. Cola' giunti si soffermarono per le bettole schiamazzando e libando , insidiando e provocando. Indi , calcolata l'opportunita' dell'ora , cominciarono a far rincasare la gente , che incontravano lungo il tragitto che porta alla casa del Carnesecchi , a colpi di nerbo. Giunti a pochi passi piu' innanzi dal fabbricato della societa' Aurora s'imbattevano nel Carnesecchi , il quale usciva di casa in compagnia del proprio zio Azeglio e dell'amico Franceschini diretto ad accompagnare questi ultimi alle rispettive abitazioni site in quei pressi . Egli recava con se una chitarra senza pero' suonarla . I carabinieri intimarono il fermo alla comitiva e cominciarono a colpire col nerbo l'Azeglio brutalmente mentre il Franceschini spaventato fuggiva per la campagna fatto segno a due colpi di rivoltella che pero' non lo colpirono. Dopo averlo battuto , cosi tremendamente l'Azeglio , lo sospinsero fuori dal circuito intimandogli di recarsi a casa. Quindi si disposero intorno al Carnesecchi intimandogli il <<Mani in alto >> il brigadiere lo perquisi minutamente e quando fu certo che nessuin arma aveva seco gli chiese le generalita' . Il Carnesecchi declino' il suo nome .

Allora il brigadiere gli disse :- Io sono il brigadiere della Caserma del Limone . Al che il Carnesecchi rispose :- Ed io la rispetto ! Il brigadiere rispose allora con un violento schiaffo mentre i militi chiesero al superiore : - Possiamo venire , brigadiere ? Ed egli : -Venite ! ordino'. Ed una briaca , tempestosa sfuriata di nervate colpiva il compagno nostro , il quale mal tentava di proteggersi con la chitarra . Sotto l'azionebrutale ed incessante dei colpi di nerbo il Carnesecchi urlando dal terribile dolore raccolse le proprie forze in un disperato tentativo di fuga liberatrice . E vi riusci . Senonche' alla distanza di pochi passi lo raggiungeva un colpo di fucile alla schiena che lo atterrava sanguinante . Allora le folli belve umane si lanciarono all'assalto del povero corpo esanime facendone orrendo scempio in questa frenesia sanguinaria i mostruosi bruti intercalavano ingiuriose apostrofi a dileggi contro il moribondo , Tantoche' fin quando egli non dava piu' segni di vita i bravacci sitibondi continuavano ad apostrofarlo :- Vigliacco ! voglio spezzarti il cuore con una revolverata ! Ed il brigadiere incoraggiando , aggiungeva :- Prendi il pugnale , spaccagli il cuore ! Ed altre consimili frasacce truci che non trascriviamo per l'errore che ne proviamo e per il rispetto che ancora sentiamo verso chi ha sentimenti umani. Cosi il barbaro , raccapricciante , mostruoso delitto senza precedenti si compiva ; mentre gli assassini aggiungevano a conclusione dell'orrendo quadro che altri dovranno subire prima o poi la stessa sorte - Noi non commentiamo. Pensiamo che il piu' terribile terrorismo bianco sfrenato e folle si sta instaurando nel nostro paese Chi ha cuore e cervello non puo' non sentirsi pervaso da un' ondata di vindice raccapriccio di fronte a si culminante misfatto che e' il principio , l'inizio di un periodo reazionariamente brigantesco            

 

 

 

 

 

 

"Sono episodi della vita...non è niente...datemi dell'acqua...sto morendo".

 

sembra siano state le sue ultime parole rivolte ai presenti accorsi per soccorrerlo

 

 

 

 

 

 

Da IL LIBERTARIO edizione del 31 marzo 1921

 

Il 29 marzo 1921 la mamma di Carnesecchi smentisce la versione dell'accaduto, diffusa da "Il Tirreno" e da altri giornali conservatorì,  

Lettera della madre di Carnesecchi

Avendo il Tirreno e tutti i giornali quotidiani dato sul fatto una versione falsa , la madre ha indirizzato ai suddetti la seguente lettera :

Termo d'Arcola 29-3-21

Egreg. Sig. Direttore del giornale << Il Tirreno>>

Ad aumentare il grande strazio che provo con la barbara uccisione del mio caro figlio Dante Carnesecchi , si aggiunge la versione falsa che viene data dai giornali , compreso quello da lei diretto , versione certo ispirata dai responsabili dell'eccidio . Ecco come si e' svolto il fatto secondo testimonianze di persone serie degne in tutto e per tutto di fede I carabinieri della stazione del Limone con alla testa il brigadiere vestiti in borghese e che gia' si erano fermati in vari luoghi tenendo ovunque un contegno provocante , incontrarono verso le 23,30 del giorno di Pasqua mio figlio ,suo zio ed un altro onesto cittadino in vicinanza della mia abitazione , dove mio figlio era uscito per accompagnare lo zio verso casa. I carabinieri intimarono loro di fermarsi e di alzare le braccia: "Mio figlio e gli altri obbedirono chiedendo a quei sette chi fossero. Rispose il brigadiere qualificandosi e mio figlio declínò allora il suo nome. A questo punto il brigadiere, saputo che davanti aveva mìo figlio, gli vibrò uno schiaffo e tutti i carabinieri incominciarono a colpire con nerbate e pugnalate i tre disgraziati, i quali tentarono di salvarsi con la fuga. Mio figlio venne travolto e gettato a terra dove fu colpíto da vari colpi di rivoltella e dì fucile. Non aggiungo altri particolari di questo assassinio feroce perche mi serviranno per la mia costituzione di parte civile . E' pure falso che mio figlio fosse colpito da mandato di cattura . Egli prosciolto da ogni accusa dedicava tutto il suo affetto e la squisita gentilezza dell'animo suo a me e a tutta la famiglia , che inconsolabile ne piange oggi la perdita e invoca dalla Giustizia la punizione dei suoi assassini- Grazie anticipate della pubblicazione .

Lucia Carnesecchi  

 

La madre si costituisce parte civile

La inconsolabile madre di Carnesecchi assistita dall'egregio amico , avvocato Arturo Uccelli , ha presentato denuncia contro gli assassini del di lei caro figlio , costituendosi parte civile. Vedremo di fronte a tanta enormita' come sapra' comportarsi la magistratura  

 

 

 

Da IL LIBERTARIO edizione del 31 marzo 1921

 

L'assassinio del compagno Carnesecchi Dante

Appena in citta' e nel circondario si sparse la voce della fulminea morte del caro compagno ………enorme . Il dolore della …. veniva aumentato dal pensiero …era stato assassinato dai carabinieri della caserma del Limone. L'esasperazione degli animi fra i compagni ed i lavoratori e' grande ; tutti imprecano contro il sistematico impunito assassinio di inermi cittadini La desolata madre di fronte alla falsa versione del fatto data alla stampa dagli assassini del suo figlio , ha indirizzato una lettera di rettifica al giornale locale << Il Tirreno >> e ai corrispondenti di tutti gli altri giornali compreso <<L'Avanti >> Il Tirreno ha pubblicato la rettifica speriamo che lo stesso facciano gli altri giornali . Sarebbe infame rendersi complici ed occultare e traviare la verita', in questo truce delitto voluttuosamente e barbaramente consumato. Gli operai come atto di protesta volevano martedi mattina scioperare ; prevalse l'idea di sospendere mercoledi il lavoro un po' prima dell'orario , per poter intervenire ai funerali della compianta vittima. Il delitto abbiamo ragione di ritenere che fosse premeditato , soltanto si attendeva l'occasione di poter incontrare il Carnesecchi. Del resto non e' un segreto che nelle caserme dei carabinieri e delle guardie regie si fa una propaganda d'odio , si manifestano liberamente propositi di assassinare le persone piu' in vista . Questo e' un giuoco molto pericoloso , perche' eì ben lungi di poter portare la pace negli animi che tutti invocano , ma soltanto a parole Il caso di Carnesecchi non e' isolato ; non soltanto lui era stato preavvisato che volevano ammazzarlo , ma anche ad sono state rivolte minacce . Gia' che siamo in tema vogliamo rendere pubblico che un sergente delle guardie regie non si e' peritato , in occasione dell'ultimo conflitto avvenuto a Spezia alla Camera Confederale , di dire a parecchi arrestati che lui non l'aveva con loro , ma che l'aveva col nostro compagno Binazzi Pasquale e che alla prima occasione l'avrebbe ammazzato lui. Bisogna notare che questo avveniva mentre Binazzi era ancora detenuto nelle carceri di Sarzana. Chi sono dunque gli istigatori all'odio ? Chi sono coloro che scagliano i proletari in divisa contro i lavoratori ? Che cosa s'illudono di ottenere da questa seminagione d'odio ? E' un opera infame e folle Intanto noi in questo momento triste inviamo le nostre condoglianze alla desolata famiglia che piange l'irreparabile perdita del caro congiunto e sulla tomba del povero assassinato gettiamo i fiori rossi della fede e della memore promessa . I funerali hanno luogo mentre andiamo in macchina      

 

 

 

 

 

 

Da : Massimo Novelli : Cavalieri del Nulla  - Galzerano editore

 

… E dell'orrenda quanto lividamente lirica morte del Carnesecchi scrisse con rabbioso dolore il giornale " Gli scamiciati ". Narro' appunto che << la sera del 27 marzo , alla stazione di Termo d'Arcola , una squadra di carabinieri vestiti in borghese , usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perche'…..,partirono in

numero di dieci , bene armati di fucili americani e di pugnali , e bene innaffiati di vino , al canto di "Bandiera rossa "s'avviarono in cerca della vittima predestinata : Dante Carnesecchi , l'anarchico spauracchio , uscito da pochi giorni dalle carceri di Sarzana ove era stato parecchi mesi in attesa del processo che poi non venne …>>

…………..Stava il Carnesecchi , a ogni modo , << in quell'ora , in casa sua , suonando la chitarra in compagnia di uno zio violoncellista . Accostatisi a casa sua i dieci manigoldi vi s'appiattarono e al momento opportuno , cioe' quando il buon Dante uscito da casa sua s'accingeva ad accompagnare lo zio all'abitazione di lui , sbucarono fuori con i fucili spianati e perquisirono quelle loro due prede . Vistele disarmate incominciarono " la funzione " >>

Stava per morire Dante Carnesecchi , come in una poesia di Garcia Lorca : la chitarra e il violoncello ( ma che aria ,che melodia avevano accennato lo zio e il nipote ? Una romanza toscana di lancinante esilio , come quel <<Gia' allo sguardo…>> d'accenti alla Pietro Gori , o un << Mio caro ideal >> ? Oppure che altro ? ) poi l'interno domestico affogato in ruscelli d'ombre e a quel punto i regi militi , che , alla funzione quietamente familiare dai pittorici toni piu' casoratiani che iconoclasti o futuristi oppongono la loro : che e' funzione nell'urlare ubriaco , non nella musica , per eseguire vendetta classista e d'incoltura , d'incivilta' e di sangue.

<< Terribili colpi di nervo colpirono il nostro compagno alla faccia ; egli si difese come pote' colla chitarra che teneva in mano , ma questa ben presto ando' in frantumi ed egli con un gesto disperato ( aveva la faccia letteralmente spaccata dai nervi ferrati ) riusci a divincolarsi e a fuggire . Non aveva fatto ancora dieci passi che una raffica di colpi l'atterro' . Appena a terra gli furono sopra e gli vibrarono trenta pugnalate . Poi col calcio dei fucili gli spaccarono la testa.

L'assassinio fu' compiuto con tanta malvagita' e tanta brutalita' impossibili a concepirsi . Lo derubarono di tutto e poscia minacciarono di morte ( vigliacchi , ormai egli era gia' in agonia ! ) anche i militi della Pubblica Assistenza che andarono per portarlo via . Un milite piangente nel caricarlo sulla barella gli disse :" Coraggio Dante". Ed egli , col filo di voce che ancora gli rimaneva : " Sono episodi della vita …Non e' niente … Datemi dell'acqua …Muoio ". Il brigadiere sempre col pugnale in mano urlo' infuriato : Ah vigliacco ! Vivi sempre . Sei piu' duro d'un bue". E gli sputo' ancora addosso……>>

 

 

 

 

 

 

 

ASSASSINI !

Di Dante Carnesecchi vorremmo parlare a lungo ma ne siamo impossibilitati . Ancor troppo aperta e' la ferita del nostro cuore lacerato perche' freddamente vi possiamo tuffare le mani e trarne fuori tutto il furore che ci corrode per iscagliarlo contro gli assassini che ci han massacrato uno dei migliori amici nostri. Il sangue ci refluisce al cervello , le mani ci tremano ne' possiamo vergare parole adeguate allo scempio cui fu fatto segno il Carnesecchi. Siamo certi pero' che , egli assassinato , vive tutt'ora in ognuno di noi e che i fucili americani e i pugnali di cui erano armati gli armigeri reali non avranno lavorato invano

Ad ogni modo , per i compagni lontani che ancora non sapranno il bel gesto assassino di una squadra di belve in sembianze umane , compiuto su uno dei piu' energici , intelligenti , buoni e coraggiosi compagni d'Arcola , narriamo in poche righe il " fattaccio" lasciando ai lettori il trarne le conclusioni che verranno loro spontanee.

La sera del 27 marzo , alla stazione di Termo d'Arcola , una squadra di carabinieri vestiti in borghese , usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perche'…..,partirono in numero di dieci , bene armati di fucili americani e di pugnali , e bene innaffiati di vino , al canto di "Bandiera rossa "s'avviarono in cerca della vittima da tempo predestinata : Dante Carnesecchi , l'anarchico spauracchio , uscito da pochi giorni dalle carceri di Sarzana ove era stato parecchi mesi in attesa del processo che poi non venne …Egli stava in quell'ora , in casa sua , suonando la chitarra in compagnia di uno zio violoncellista .

Accostatisi a casa sua i dieci manigoldi vi s'appiattarono e al momento opportuno , cioe' quando il buon Dante uscito da casa sua s'accingeva ad accompagnare lo zio all'abitazione di lui , sbucarono fuori con i fucili spianati e perquisirono quelle loro due prede . Vistele disarmate incominciarono " la funzione " . Terribili colpi di nervo colpirono il nostro compagno alla faccia ; egli si difese come pote' colla chitarra che teneva in mano , ma questa ben presto ando' in frantumi ed egli con un gesto disperato ( aveva la faccia letteralmente spaccata dai nervi ferrati ) riusci a divincolarsi e a fuggire . Non aveva fatto ancora dieci passi che una raffica di colpi l'atterro' . Appena a terra gli furono sopra e gli vibrarono trenta pugnalate . Poi col calcio dei fucili gli spaccarono la testa. L'assassinio fu' compiuto con tanta malvagita' e tanta brutalita' impossibili a concepirsi .

Lo derubarono di tutto e poscia minacciarono di morte ( vigliacchi , ormai egli era gia' in agonia ! ) anche i militi della Pubblica Assistenza che andarono per portarlo via . Un milite piangente nel caricarlo sulla barella gli disse :" Coraggio Dante". Ed egli , col filo di voce che ancora gli rimaneva : " Sono episodi della vita …Non e' niente … Datemi dell'acqua …Muoio ". Il brigadiere sempre col pugnale in mano urlo' infuriato : Ah vigliacco ! Vivi sempre . Sei piu' duro d'un bue". E gli sputo' ancora addosso……

Inutili i commenti. Ogni parola suonerebbe ironia……

 

 

<< Gli Scamiciati >>

l'articolo "Assassini!" da "Gli Scamiciati", Pegli, 9 aprile 1921, serie II, num.12, pag. 2.

( debbo questo articolo all'immensa cortesia della signora Fiamma Chessa-- Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia )  

 

 

 

 

 

 

 

 

11 maggio 1929. L'Adunata dei Refrattari (The Call of Refractaires) I nostri caduti : Dante Carnesecchi

 

Auro d'Arcola descrive Dante uscire col solo zio.

La versione piu' attendibile e' ovviamente quella della madre che parla di Dante insieme allo zio e all'amico Franceschini ;

Resta che forse Auro non vuole mettere di mezzo il Franceschini

 

 

 

……………………………………………………….Non rimaneva che sopprimerlo. Fu questo il compito che si assunse di portare ad esecuzione il Comando di Legione della benemerita.

A questo scopo fu espressamente istituita una nuova stazione di carabinieri nella frazione abitata dal Carnesecchi .Si trattava di una casema speciale, fuori classe , a cui erano stati chiamati ,mediante concorso volontario , una dozzina di militi scelti tra i piu' brutali e sanguinari dell'arma . La consegna che avevano codesti energumeni era esplicita : tutelare l'ordine … con ogni sorta di vessazioni , d'arbitrii e di violenze : Non passava notte che non flagellassero a colpi di nerbo di bue quanti popolani incontravano sul loro cammino . Solamente gli anarchici potevano circolare dopo le 9 di sera . I teppisti della benemerita avevano cura di non provocarli e di non affrontarli in quel modo . Fingevano di non vederli . Essi sapevano troppo bene che contro gli anarchici non era prudente agire che in un solo modo : assassinarli isolatamente e proditoriamente , o fingere d'ignorarli.

Fu seguendo questa tattica che giunsero a preparare l'agguato in cui Dante Carnesecchi doveva cadere orribilmente martoriato, come mai niuno cadde.

 

Era la sera di Pasqua del 1921.

I clienti delle varie osterie situate lungo la strada provinciale del Termo d'Arcola notarono una comitiva d'individui avvinazzati che continuavano a trangugiare gotti di vino al canto dell'Inno dei lavoratori , di Bandiera Rossa , dell'Internazionale e d'altri inni sovversivi. Due di essi avevano la doppietta da caccia sulla spalla , e qualcosa di non meno sinistro s'indovinava che contenessero le tasche troppo gonfie degli altri . La presenza di codesti omaccioni dal volto infiammato e dalle pupille rese sanguigne da un'ebbrezza che non sembrava di solo alcool , turbo' la schietta allegria dei pacifici consumatori . Una strana inquietudine scese come un'ombra sugli animi . Ed in breve ogni pubblico ritrovo rimase deserto.

La comitiva usci dall'ultima bettola sulla strada buia . si dispose in cerchio , e dopo alcuni minuti di sommessi bisbigli s'inoltro' cautamente verso una casa isolata.

Giunta alla distanza di una cinquantina di metri sosto'' , ed ogni componente si scelse sul terreno un nascondiglio ove attendere e guatare .

 

Dall'alto del campanile di Vezzano Ligure scendeva al piano , lenta e triste come quella d'un 'agonia , l'eco di undici rintocchi , quando due uomini uscirono dall'uscio della casa accerchiata . L'uno gia' attempato e leggermente curvo , precedeva sul viottolo breve che mena sulla strada provinciale ; l'altro , giovane e agile , seguiva recando tra le mani una chitarra. Dante Carnesecchi aveva ricevuto la visita d'uno zio , ed a quell'ora tarda usciva per riaccompagnarlo a casa. Quando i due uomini imboccata la strada maestra , l'ebbero tranquillamente percorsa per circa una trentina di metri , furono bruscamente arrestati da un'ordine imperioso.

--Fermi la' , e mani in alto !

Dante Carnesecchi riconobbe subito nell'uomo che gli stava di fronte , dimenando nella mano nervosa lo scudiscio , il maresciallo comandante la stazione dei militi speciali .

Attorno , vide i visi sinistri dei militi disposti in cerchio come un tormo di bracchi impazienti che attendono l'ordine per lanciarsi sulla preda .

--Cosa fate voi , in giro a quest'ora ?

interpello' il graduato rivolgendosi al vecchio.

Il poveretto non ebbe tempo di rispondere che una tempesta di nerbate gli schiaffeggio' brutalmente il viso.

Dominandosi quanto piu' pote' , il nipote intervenne ad osservare che non era ne' umano ne' eroico percuotere in tal modo un vecchio padre di famiglia.

Le belve regie non aspettavano altro . Abbandonarono lo zio , e serrarono il cerchio intorno al Carnesecchi.

Egli impugno la chitarra per proteggersi il viso dai furiosi colpi di scudiscio. Ma ben presto quel debole scudo ando' in mille frantumi , ed il compagno nostro senti che solo un tentativo disperato poteva ancora aprirgli una via di salvezza . Raccolse tutte le sue forze e urto' in un impeto formidabile contro il cerchio dei suoi flagellatori.

Tre sicari caddero rovesciati a terra , ed il compagno nostro ratto come un fulmine , a cinquanta metri da essi , aveva gia' saltato il fosso che separa i campi dalla strada , quando raggiunto da un colpo di moschetto si abbatte' sul ciglio. La ciurma dei sanguinari gli fu presto addosso . Viveva ancora . Lo rotolarono a pedate nel fango del fosso.

E mentre un gruppo di tre militi portatisi sul trivio arrestava tutti i passanti col moschetto imbracciato , affinche' nessuno potesse correre ad avvertire i compagni della vittima ;

gli altri s'accinsero a consumare ogni sorta d'orribili sevizie sul corpo spasimante del ribelle.

Egli supplicava lo finissero con un colpo al cuore . Ma il macabro sadismo degli aguzzini era ben lungi da sentirsi appagato -Lo calpestarono di calci , lo dissetarono …sputandogli ed orinandogli in bocca , gli tormentarono il corpo con una pugnalata in ogni poro , gli attanagliarono i testicoli , gli perforarono i timpani degli orecchi , lo macerarono

nel sangue e nel fango del fosso tra sghignazzate oscene e ingiurie atroci.

--Uccidetemi !……Non vi chiedo che di uccidermi ! --rantolava la vittima con la lingua ingrossata e le labbra inturgidite dall'arsura e dagli spasimi.

--Schianta, miserabile !……..Non ti finiremo che per ricominciare sugli altri compagni tuoi .

Alle quattro del mattino le iene del re si accanivano ancora a dilaniare le martoriate carni dell'agonizzante . E solo il sorgere imminente dell'alba le indusse a nascondere al raccapriccio del giorno l'orrendo spettacolo della loro scelleratezza.

All'ospedale dopo sei ore di terrificante supplizio , il medico di guardia , affondava il colpo di grazia nel cuore di Dante Carnesecchi

 

Quando sulle prime ore del mattino nell'apprendere la tragica notizia , accorremmo sul luogo del misfatto , trovammo una donna ancora impalata sulla soglia di casa da dove aveva assistito allo svolgersi della scena spaventosa . col corpo in sussulto e le pupille dilatate dall'orrore , essa lanciava grida di uno strazio extraumano ,

strappandosi disperatamente i capelli come una furia .

Invano si tento' d'interrogarla. Non sapeva piu emettere che urla terribili .Aveva perduto la favella.

Invano si cerco' di condurla nell'interno della propria dimora .Rimase la' sull'uscio , come se vi fosse stata radicata , cogli occhi terribili , fissi verso il luogo della scena tremenda .

La poveretta era impazzita . irremediabilmente impazzita di spavento e d'orrore .

Sul macabro marmo della camera mortuaria , rigido e sospeso dalla tensione dei tormenti , il corpo armonioso di Dante Carnesecchi non presentava uno spazio dove il pugnale non si fosse affondato . Il viso era stato ridotto da una tempesta di nerbate , ad una maschera spaventosamente tumefatta. Mentre lo contemplavamo angosciati in silenzio , entro' col respiro affannoso e il passo concitato , una donna bassa e massiccia .

Ella , si chino' trepida sul cadavere , lo bacio', lo abbraccio' , e con voce che tradiva la commozione lo chiamo' per l'ultima volta :

--Dante !…..

Era la madre . In quel momento , impallidirono i nostri volti silenziosi , ed un groppo ci serro' la gola .

In quella stessa ora , in una sala del Comando di Tenenza , mandanti e mandatarii , banchettavano gioiosamente , brindando all'eroismo dei sicari .

Quando ella si rialzo', il suo ciglio era asciutto . Ci riconobbe . Ci mosse incontro' . E con uno sguardo senza lacrime in cui un intenso dolore commisto ad un intenso odio lampeggiavano implacabili , ci disse :

--Non resta che vendicarlo !

Mai , durante la mia vita , conobbi madre piu' di questa degna dello stoico eroismo del proprio figlio .

E non l'abbiamo ancora vendicata ……

 

Auro d'Arcola

 

 

 

 

 

Comune della Spezia :

Al numero 110 degli atti di morte del Comune della Spezia in data 29 marzo 1921

Nel registro degli atti di morte risulta al numero 110 che il Presidente dell'Ospedale ha dato comunicazione al Comune il giorno 29, della morte di Dante Carnesecchi di anni 29 avvenuta il 28 marzo 1921 alle ore 1 e cinque minuti ( il che vuol dire che raccolto agonizzante era morto durante la notte )

.......do atto che a ore una, e minuti cinque del giorno ventotto corrente mese nella casa posta in S.Cipriano n.21 e' morto Carnesecchi Dante anni 29 nato a Vezzano Ligure figlio di fu Giuseppe e di Fontana Lucia - celibe - operaio

 

 

 

 

Dal certificato necroscopico risultano come causa della morte "ferite multiple da arma da fuoco".

 

 

 

 

 

 

 

Alle quattro del mattino le iene del re si accanivano ancora a dilaniare le martoriate carni dell'agonizzante . E solo il sorgere imminente dell'alba le indusse a nascondere al raccapriccio del giorno l'orrendo spettacolo della loro scelleratezza.

 

il corpo armonioso di Dante Carnesecchi non presentava uno spazio dove il pugnale non si fosse affondato . Il viso era stato ridotto da una tempesta di nerbate , ad una maschera spaventosamente tumefatta.

 

 

 

UNA MORTE IMBARAZZANTE

 

La dichiarazione del direttore dell'ospedale che dichiara Dante essere morto alle ore 01,05 del 28 marzo piu di tutti contrasta col racconto di Auro d'Arcola che lo da morto verso le 4 della mattina

 

Non si puo' escludere che la versione del direttore dell'ospedale sia stata concordata coi carabinieri

 

Invero anche l'esame necroscopico lascia adito a qualche dubbio

Dal certificato necroscopico risultano come causa della morte "ferite multiple da arma da fuoco".

Mentre emerge da tutte le testimonianze che il corpo oltre alle ferite da arma da fuoco doveva presentare gravi ferite da nerbo al volto e ferite di pugnale in tutto il corpo ( e queste potevano esser state causa di morte e forse avrebbero dovuto essere citate )

 

 

 

 

A PROPOSITO DELL'UCCISIONE DELL'ANARCHICO CARNESECCHI

Abbiamo ricevuto una lettera dalla madre di lui , troppo tardi per poter essere pubblicata nel numero odierno . La lettera e' gia' stata pubblicati da altri giornali

Ad ogni modo per la consueta nostra imparzialita' diremo che la madre Lucia Carnesecchi in tale lettera da una versione diversa del fatto quale fu pubblicato dai giornali e quindi anche da noi e quale risultava dal rapporto dei RR Carabinieri

La madre asserisce che suo figlio fu aggredito e ucciso dai carabinieri senza motivo alcuno ed in una parola afferma che esso fu assassinato e di cio' si riserva di dar prova in tribunale costituendosi essa parte civile

E noi per parte nostra ci auguriamo che luce sia fatta ed intera su questo tragico episodio che tanto ha interessato la nostra regione

 

 

 

La narrazione della morte di Dante Carnesecchi fatta da Auro d'Arcola a tinte cosi fosche , con la donna impazzita dall'orrore , risulta artificiosa sicuramente utile a suscitare un odio vendicativo negli anarchici .

Fu , al di la' delle descrizioni , sicuramente una morte atroce tale era l'odio con cui si accanirono contro di lui .

 

 

 

 

 

 

 

mercoledi 30 marzo 1921

 

 

I funerali si svolgono mercoledi 30 marzo 1921

 

 

 Migliaia di lavoratorì partecìpano ai funerali di Carnesecchi, che rìescono "seri, imponenti, commoventi", nonostante gli espedientì della Questura locale, che ha censurato i manifesti degli anarchici e della C.d.L. sindacale. Sono presenti anarchici, comunisti, socialisti e operai iscritti alla C.d.L. sindacale e a quella confederale.

 

 

 

Da Il Libertario 7 aprile 1921

 

I funerali di Dante Carnesecchi

Mercoledi quando il giornale andava in macchina ebbero luogo i funerali del caro indimenticabile compagno nostro Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri della stazione del Limone. La questura fece del suo meglio per applicare l'ostruzionismo e la censura ai manifesti degli anarchici e della camera del Lavoro Sindacale . Soltanto alle ore 14,30 poterono essere affissi vale a dire soltanto due ore e mezzo prima dei funerali… Malgrado questi miserevoli espedienti migliaia di compagni e di lavoratori intervennero ai funerali che riuscirono seri, imponenti , commoventi  Il carro era coperto di corone e la bara era avvolta da un labaro rosso, su cui era scritto in nero: " Giù le armi".

Vi erano i vessilli degli anarchici , dei comunisti , dei socialisti e delle organizzazioni aderenti alla Camera Sindacale e a quella Confederale .

Senza che nessuno l'avesse chiesto spontaneamente nell'ora dei funerali lungo il percorso del corteo , dall'Ospedale Civile per via Provinciale al Cimitero dei Boschetti , tutti i negozi in segno di lutto erano chiusi e tutti salutavano commossi la salma del compagno nostro . Quando il corteo giunse sullo spiazzale della camera mortuaria del Cimitero vi si erano gia' riversati tutti gli abitanti del Limone , Termo d'Arcola e paesi vicini , accorsi tutti ad attestare la stima e l'affetto al povero assassinato e la protesta contro i suoi assassini. Dissero commoventi ed inspirate parole per gli anarchici il compagno Binazzi ed Ennio Mattias per la Camera Sindacale

Non essendovi nessun agente tutto procedette nel massimo ordine  .

 

 

 

  

 

 

 

 

 

A distanza di pochi mesi il fascismo trionfante stendera' una cappa di silenzio sulla vicenda umana di Dante Carnesecchi

Il tempo poi fara' il resto

E sara' come se Dante non fosse mai vissuto . Solo due madri non smetteranno di ricordare : la madre di Dante e la madre del carabiniere Vannini 

.

 

           

 

di

Dante Carnesecchi a La Spezia non esiste piu' ne' la tomba ne' il ricordo

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ditelo questo, a gran voce, voi almeno, che vi dichiarate amici della libertà.
……………………………………………………………………………………
Dite alla maestà del popolo , che la eresia sociale ha oggi i suoi torturati

come ieri li ebbe quella scientifica e religiosa…….

 

- Vostro
PIETRO GORI

 

 

 

 

 

 

 

 

MORTE DI ABELE FERRARI ( RENZO NOVATORE )

 

 

Abele partecipa attivamente all'occupazione delle fabbriche, slegato da ogni compagine politica ma sempre pronto a collaborare a qualsiasi insurrezione.
Terminate le agitazioni si ritira momentaneamente dall'azione (1921) per fondare la rivista "Vertice", uscita in un solo numero, e per comporre il poemetto a carattere politico "Verso il nulla creatore".
Di fronte alla possibilità di aggregarsi al nascente movimento fascista Abele decide di proseguire la sua strada di individualista profondamente libertario.

Renzo Novatore morira' in un conflitto a fuoco coi carabinieri il 29 novembre 1922

http://www.novatore.it/index.htm

Nella notte del 5 giugno del 1922 alcuni camions carichi di fascisti arrancarono sino a Fresonara, la frazione di Arcola nella quale abitava Novatore. Certe cronache parlano di fascisti riunitisi all'ordine di qualche capoccia locale, altre invece ci riferiscono di regi poliziotti ben organizzati.
Il gruppo scese dagli automezzi con pessime intenzioni e cominciò a schiamazzare. Impugnavano bastoni, spranghe, forse qualche fucile. Cominciarono a picchiare alla porta, la porta della casa di Abele Ricieri Ferrari. L'intenzione (o l'ordine) era quella di confiscare i pochi beni e le carte sovversive in possesso dell'anarchico ma soprattutto spaventarlo, spaventare la sua famiglia, fargli capire che nell'ordine futuro non ci sarebbe stato posto per quelli come lui.
Ad un tratto la risposta di Novatore, ma non una voce umana: qualche colpo di rivoltella dall'alto. Gli aggressori si misero in allarme, aumentarono la foga nel tentativo di abbattere la porta. Non sappiamo bene cosa successe ma è sicuro che alla fine almeno una bomba a mano modello S.I.P.E. volò giù dalla finestra, esplodendo e creando un ottimo diversivo per Novatore che scappò in fretta perdendosi nelle campagne circostanti.
Fu l'ultima volta che la famiglia lo vide, come il figlio Renzo Ferrari ricorderà dopo la guerra.
Novatore, fuggiasco e braccato, incompreso ed incattivito, comprese che la società lo aveva definitivamente rinnegato come lui, del resto, aveva da tempo rinnegato la società. In caso di cattura ormai non se la sarebbe più potuta cavare con una condanna blanda e con la condizionale.
Nessuna causa comune o rivoluzionaria lo avrebbe più attirato ed infatti non si aggregò alle eterogenee formazioni di Arditi del Popolo che fronteggiarono i fascisti e, come a Parma nell'agosto 1922, riuscirono anche a respingerne gli attacchi e le angherie.
Nel giugno di quell'anno Novatore, vagabondo tra Appennino e basso Piemonte, si aggregò con modalità ancora misteriose alla banda di Sante Pollastro, classe 1899, famoso rapinatore di Novi Ligure di ispirazione anarchica e già allora ricercato dalla polizia.
Da quel momento le notizie si fanno scarsissime. Nessuna segnalazione della polizia, nessun contatto con la famiglia, nessun articolo inviato a qualche rivista.
Una ricostruzione fatta con brandelli di testimonianze scritte ed orali ha permesso di fare un po' di luce su quegli avvenimenti e tracciare una breve linea per seguire i movimenti di Novatore in quelli che erano ormai gli ultimi mesi della sua vita.
Il 14 luglio del 1922 (cioè trentanove giorni dopo l'assalto poliziesco-fascista alla sua casa) Renzo Novatore, Sante Pollastro ed altri due componenti della banda tendono un agguato nei pressi di Tortona al ragionier Achille Casalegno, cassiere della locale Banca Agricola Italiana, che stava percorrendo la strada con una borsa piena di denaro. Durante la colluttazione che seguì al tentativo di rapina, Novatore sparò un colpo con la sua arma uccidendo il ragionier Casalegno. Gli assalitori riuscirono poi a dileguarsi col bottino.
Questa versione dei fatti va accettata col beneficio del dubbio perché resa dal Pollastro stesso nel 1931 in sede di processo e non è da escludere che il bandito piemontese, davanti ai giudici, avesse attribuito l'omicidio al già defunto Novatore soltanto per difendere un complice che invece si trovava ancora in vita.
Tornando al 1922, invece, scopriamo che agli inizi di ottobre Novatore passò qualche giorno in una località ignota (presumibilmente tra Liguria e Piemonte) in compagnia dell'amico anarchico Erinne Vivani.
Sappiamo inoltre che, nel periodo che va da giugno a novembre, Novatore compose una poesia intitolata "Ballata crepuscolare – preludio sinfonico di DINAMITE". Si tratta di un componimento estremamente triste, dal sapore amaro e carico di oscuri presagi. L'instancabile istinto ribelle appare frustrato, non c'è più traccia di quel famoso sorriso beffardo da portare sempre sulle labbra. Novatore concluse quella lirica struggente e pesante con un riferimento alla necessità, da parte sua, di colpire (senza specificare come) e con queste parole sinistramente esplicite: " Io sono un astro che volge verso un tramonto tragico ". Tutta questa drammaticità aleggiante ci fa collocare, in mancanza di date sicure, questo componimento negli ultimi giorni di vita di Novatore.
Poi ancora buio, buio pesto sino al 29 novembre.
Il triste epilogo si svolse a Teglia, una frazione alle porte di Genova. Tra mezzogiorno e l'una il maresciallo Lupano (da tempo sulle tracce del bandito Pollastro), assieme ai carabinieri Corbella e Marchetti, entrarono in abiti civili nell'Osteria della Salute, piena di avventori. Ad un tavolo sedevano il pregiudicato ventitreenne Sante Pollastro, ricercato per rapina, ed un individuo sconosciuto. Mentre i carabinieri fingevano di prendere posto, preparandosi in realtà all'arresto, Pollastro si accorse dei loro gesti sospetti ed impugnò una pistola, come fece anche il suo compagno. Probabilmente quest'ultimo aprì improvvisamente il fuoco sul maresciallo che cadde a terra, colpito gravemente. Lupano sparò a sua volta e morì, mentre gli altri due carabinieri si buttavano sui banditi: nell'osteria risuonarono altri terribili colpi. Sul pavimento rimasero il cadavere dell'amico di Pollastro e il corpo ferito del milite Corbella. Nella confusione Sante Pollastro riuscì ad infrangere una vetrata a rivoltellate e buttarsi con estrema agilità in strada, e su questa si dileguò in pochi attimi.
Si stilò subito un bilancio dello scontro, durato pochi attimi.
Maresciallo Lupano: morto.
Carabiniere Corbella: gravemente ferito.
Carabiniere Marchetti: illeso.
Compagno ignoto di Pollastro: morto.
Bandito Sante Pollastro: illeso e fuggitivo.
A parte il cordoglio ufficiale per i militari morti e l'imponente quanto inutile caccia all'uomo organizzata nei paraggi per stanare Pollastro, un'altra questione attirò l'attenzione degli inquirenti e dei cronisti di nera interessati al caso. L'identità del misterioso bandito ucciso. Nelle sue tasche erano state ritrovati, oltre a dei documenti intestati ad un certo Giovanni Governato, una pistola Browning, due caricatori di riserva, una bomba a mano ed un anello con spazio nascosto contenete una dose letale di cianuro.
Chi era questo tizio, così equipaggiato per uccidere ed uccidersi?
Mentre gli inquirenti indagavano per fornire un'identità al morto, nell'ambiente ormai clandestino degli anarchici circolavano già bigliettini che annunciavano di casolare in casolare, di tugurio in tugurio, la morte in circostanze violente di un certo compagno, uno dei più cari per gli amanti dell'azione diretta contro il sistema.
Le indagini scagionarono Giovanni Governato (sì, proprio il pittore futurista co-fondatore della rivista Vertice) e solo dopo pochi giorni si ebbe un nome per quel cadavere fornito di documenti falsi e sforacchiato dai proiettili dello Stato: Abele Ricieri Ferrari, militante anarchico individualista, già titolare di un corposo fascicolo presso le autorità, resosi irreperibile e ricercato dal giugno precedente.
Comunque, nell'ambiente ormai clandestino degli anarchici, la triste notizia era già diffusa: il grande compagno Renzo Novatore, il più ribelle, il più irriducibile era caduto con le armi in pugno dopo una breve lotta con alcuni servitori del regime di stato.
Chiarito il dubbio svaniva anche l'attenzione per Novatore da parte di giornalisti e Carabinieri, mentre su alcuni fogli libertari, tra cui L'Avvenire Anarchico e Il proletario , diversi anarchici e libertari resero commossi ed appassionati saluti ed elogi ad Abele Ferrari, a tutti noto come Renzo Novatore: polemista, scrittore, rivoluzionario, ribelle e bandito. Novatore era morto sul pavimento di un'osteria anonima, lontano dai clamori della battaglia, lontano dagli amici di lotta, lontano dalla donna in un qualche modo amata e dai figli.
Alla fine di quel disperato novembre 1922 si formava a Roma un Governo prevalentemente fascista, con il cavalier Benito Mussolini nelle provvisorie vesti di Presidente del Consiglio: era l'inizio della dittatura.
Di Novatore tutto andrà perso, tutto andrà distrutto negli anni del regime fascista. I compagni che, sparsi per il mondo o costretti nell'ombra in Italia, avrebbero potuto e voluto mantenerne vivo il ricordo ma non riuscirono appieno nell'impresa di riunire tutti gli scritti e le bozze del ribelle d'Arcola e tramandarne la breve e violenta vicenda umana.

 

 

 

 

VITTIMA DEL FASCISMO

 

 

 

www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - iper-classici - 01-07-10 - n. 326

da Pietro Secchia, Le armi del fascismo 1921-1971, Feltrinelli, 1973

trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Pietro Secchia

Le armi del fascismo 1921-1971 - indice

 

Le "spedizioni punitive"

Il 1921 è l'anno in cui agli eccidi della polizia in occasione di manifestazioni, scioperi, proteste, si aggiungono prevalenti quelli consumati dagli squadristi fascisti appoggiati spesso dalla polizia, dai carabinieri e da ufficiali dell'esercito che apertamente, in divisa, capeggiano le bande fasciste, contro le sedi delle organizzazioni dei lavoratori, giornali, cooperative, leghe, sezioni socialiste e comuniste. Spedizioni "punitive" sono altresì effettuate contro singoli esponenti del movimento socialista e comunista. Impossibile elencare ogni singolo conflitto, ogni delitto, centinaia furono gli antifascisti assassinati; di quanto avveniva nell'Italia meridionale e nelle Isole i quotidiani non davano neppure notizia.

Ci limitiamo a ricordare con brevi accenni i più gravi.

L'8 febbraio a Trieste i fascisti assaltano e distruggono la sede dell'"Edinost," il quotidiano sloveno, e all'indomani attaccano la sede della redazione e della tipografia de "Il Lavoratore," il quotidiano comunista.

"Fu un'operazione," ricorda Vittorio Vidali, "meticolosamente preparata nel palazzo del governo. La battaglia fu aspra perché gli assalitori si trovarono innanzi una difesa organizzata dall'interno e dall'esterno. Sin dall'inizio i fascisti preferirono ritirarsi e lasciar fare alle forze di polizia che assediarono, intimarono la resa e dopo aver occupato l'edificio, arrestati e bastonati a sangue i difensori, permisero ai fascisti di penetrare, distruggere e incendiare."

"Il Lavoratore" era stato difeso come una piccola fortezza, ma non bastava. I giovani comunisti capeggiati da Vidali volevano dare una lezione a coloro che finanziavano i fascisti, mantenevano la loro stampa e incitavano l'autorità di occupazione a "fare presto". A Torino in quei giorni gli operai avevano approvato nelle Officine Fiat una risoluzione che minacciava di rappresaglie gli industriali per il loro appoggio sfacciato ai fascisti. Il 29 febbraio i fascisti ritornarono all'attacco ed incendiarono la Camera del Lavoro che fu difesa dai lavoratori triestini. All'indomani fu dichiarato lo sciopero generale e gli operai occuparono il Cantiere San Marco. La forza pubblica e reparti dell'esercito lo assediarono, la battaglia si prolungò per alcune ore, e alla fine alcuni reparti del cantiere erano in fiamme. I più coraggiosi difensori, rimasti sul posto sino all'ultimo, riescono a sbarcare a Muggia su di un rimorchiatore.

A sera, mentre i fascisti sfilano manifestando il loro giubilo, all'uscita della galleria di Montuzza, cadono sul corteo due bombe di tipo austriaco che provocano una quindicina di feriti.

Gli industriali proclamano la serrata perché pretendono che gli operai paghino i danni dell'incendio del cantiere. La lotta termina il 14 aprile con la sconfitta degli industriali.

All'indomani dell'incendio del cantiere la polizia procedette a numerosi arresti; fu arrestato, ma poi rilasciato, anche Vittorio Vidali. Ma dopo il successo elettorale dei comunisti nelle elezioni politiche del maggio, numerosi giovani comunisti, tra i quali Vidali, che ne era l'esponente, furono arrestati, torturati e denunciati per "associazione a delinquere, detenzione di armi e di esplosivi, omicidi, ferimenti, ecc." Vidali e i suoi riuscirono ad arginare gli arresti sostenendo che i loro gruppi erano autonomi dal Partito comunista e rivendicando il diritto di difendersi con le armi contro la violenza e l'illegalità.

Dopo due mesi, a tutti gli arrestati fu concessa la libertà provvisoria. Soltanto alla fine dell'anno il processo verrà celebrato in Corte d'Assise e a porte chiuse. Malgrado l'accusa avesse chiesto pene pesanti, 19 anni di carcere per Vidali quale "capo del complotto e dei bombardieri," le condanne furono lievi e tutte con la condizionale. I giurati e i giudici erano rimasti colpiti dal coraggioso atteggiamento degli imputati e dalle torture cui erano stati sottoposti.

In agosto, mentre si trovavano in libertà provvisoria, in risposta all'assassinio dell'antifascista De Marchi, avevano dato l'assalto alle sedi rionali fasciste di S. Giacomo e di S. Vito. Sino alla marcia su Roma a Trieste fu un susseguirsi di colpi fascisti nessuno dei quali restava senza immediata e decisa risposta. Una lotta dura e difficile condotta da un'avanguardia ardimentosa sul terreno politico e su quello della guerriglia.

Ma frattanto la violenza fascista si estendeva a tante altre località del paese. Il 25 febbraio, a Terranova di Calabria, la popolazione insorge manifestando davanti al Comune, imprecisato il numero dei morti e dei feriti. Il 28, a Firenze, i fascisti assaltano e distruggono sedi di giornali e di circoli socialisti, assassinano Spartaco Lavagnini direttore dell'"Azione Comunista," Gino Mugnai e Antonio Petrucci, a Certaldo l'anarchico Ferruccio Scarselli, a La Spezia l'anarchico Uliviero. Il 7 marzo ad Andria (Bari) conflitto tra fascisti e operai, cade il lavoratore Antonio Franzoso. A Casale Monferrato i fascisti aggrediscono operai socialisti e comunisti, numerosi feriti dalle due parti, cadono Costantino Broglio e Luigi Scaroglio. Il 9 marzo, a Pieve di Cento (Bologna), conflitto tra fascisti e lavoratori: un morto, Angiolina Toni, e tre feriti. Il 21 marzo, a Milano, gli squadristi, appoggiati dalle guardie regie, sparano sui dimostranti che celebrano le 5 giornate, morti e feriti dalle due parti. Ad Arcole (La Spezia), i carabinieri uccidono l'anarchico Dante Carnesecchi. Il 28 marzo, ad Alessandria, i fascisti appoggiati dai carabinieri aggrediscono un gruppo di operai, cadono Ernesto Coscia, Giuseppe Pessino e Vittorio Martini. Il 29 marzo, a Carmignano (Firenze), i lavoratori manifestanti per la vittoria nelle elezioni comunali sono aggrediti dai fascisti, due morti: Bertini e Bucci.

Il 4 aprile, a Ferrara, conflitto tra giovani socialisti e fascisti, cade il giovane Zechi. Il 13 aprile, a Pisa, i fascisti uccidono il maestro socialista Carlo Cammeo, il 14 aprile a Ragusa sparano sulla folla radunata a comizio, provocando tre morti e cinquanta feriti. Il 18 aprile, a Firenze, conflitto tra lavoratori e fascisti, nove morti e numerosi feriti dalle due parti. Il 19 aprile, ad Arezzo, i fascisti uccidono due operai, Milani e Martini. Il 20 aprile in un conflitto tra operai e fascisti cade Paolo Strina; il 22 aprile, a Pavia, i fascisti aggrediscono un gruppo di lavoratori e uccidono lo studente comunista Ferruccio Ghinaglia. Il 1° maggio, a Cavriago (Reggio Emilia), in un conflitto con i carabinieri sono uccisi gli anarchici Andrea Borrilli e Primo Franceschetti; l'8 maggio, a Castelvetrano (Palermo), dieci morti e cinquanta feriti. Il 13 maggio, a Torino, conflitto tra fascisti e socialisti: un morto e alcuni feriti. Nello stesso giorno è ucciso dai fascisti, in casa sua al Favaro (Biella), il consigliere provinciale socialista Ramella Germanin Eriberto. Lo sciopero generale di protesta viene proclamato in tutto il biellese.

Il 16 maggio, a Cerignola (Bari), i fascisti invadono i seggi elettorali, danno la caccia agli elettori: nove socialisti uccisi e numerosi feriti. Il 17 maggio a La Spezia i carabinieri sparano sui lavoratori: due morti e tredici feriti; nella stessa giornata, a Milano, nel corso di una manifestazione, l'operaio Sebastiano Pistillo è ucciso da una guardia regia. A Vicenza, i fascisti aggrediscono un corteo di lavoratori: due morti e altri gravemente feriti. A Firenze, dopo la vittoria elettorale socialista, i fascisti aggrediscono i manifestanti, uccidono Adamo Porri e Giuseppe Morosini, ne feriscono altri gravemente. Il 20 maggio gli squadristi assaltano e tentano di incendiare la Camera del Lavoro di Civitavecchia, i lavoratori si difendono, due morti: Umberto Urbani e Pietro Tartaglia, numerosi feriti dalle due parti. Nello stesso giorno, a Chiusi, tre lavoratori cadono in un conflitto con i fascisti. Il 21 maggio, a Foligno, i fascisti uccidono Augusto Belletta; nello stesso giorno, a Parma, aggrediscono un gruppo di operai, uccidendo Angela Martegani e ferendo gravemente Luigi Galliani. A Perugia, di notte, uccidono Guglielmo Rotini e feriscono altre elettori socialisti. A Parma, il 25 maggio, uccidono l'operaio Antonio Masseri e feriscono gravemente il giovane Aldo Ghiretti. Il 27 maggio, a Barletta, invadono le case di alcuni esponenti socialisti e comunisti e le saccheggiano, numerosi i feriti. Il 31 maggio, a Trevignano (Treviso), feriscono gravemente molte persone.

A Modica (Ragusa), in un conflitto seguito alle violenze fasciste, vi sono cinque morti e alcuni feriti. Il 3 giugno uccidono a Carrara il mutilato di guerra Renato Lazzeri. Il 7 giugno, a Firenzuola d'Arda (Piacenza), aggrediscono all'interno di un'osteria un gruppo di lavoratori, uccidendo il socialista Carlo Molinari. L'11 giugno, ad Arezzo, uccidono Guido Ciccaglini, Bruciamacchia e Tosti, feriscono gravemente Giorgi e Grifoni. Il 10 giugno, a Milano, uccidono il socialista Luigi Gadda e il 12 giugno Romeo Cozzi, feriscono gravemente Ettore Crotti; il 13 giugno invadono un circolo socialista a Venezia, uccidono l'operaio Vanini e ne feriscono gravemente altri. Il 14 giugno, "spedizione punitiva" a Sarzana (La Spezia): uccidono Luigi Gastardelli; il 15, a Minervino Murge (Bari), aggrediscono alcuni lavoratori, uccidendone uno e ferendone altri. Il 19 uccidono a Crema Ettore Sale e feriscono altri lavoratori. Il 22 giugno uccidono a Sermide (Mantova) Mario Bertelli, il 27 a Roma, Pietro Confetti, a Grosseto, Giuseppe Savelli, a Scicli (Ragusa) Angelo Ficili. Il 28, a Ossaglio (Milano), fascisti e forza pubblica aggrediscono un gruppo di scioperanti, uccidendo Attilio Achinti e ferendone gravemente altri sei.

Il 1° luglio, a Selvalizza (Parma), un morto e quindici feriti gravi in un conflitto tra scioperanti e forza pubblica. Nello stesso giorno i fascisti attaccano la sede della Camera del Lavoro di Sestri Ponente difesa dagli operai, vi sono oltre trenta feriti dalle due parti. L'11 luglio i fascisti uccidono a Viterbo il contadino Tommaso Pesci e ne feriscono gravemente altri. Il 12 luglio a Pallanza uccidono due lavoratori: Giulio Barietti e Amedeo Bottini. Il 13 luglio a Torino aggrediscono all'interno di un circolo operaio alcuni comunisti e uccidono Giuseppe Migliaretti e Isidoro Provera, riducono in fin di vita Attilio Abbo. Il 18 luglio a Lodi invadono un circolo socialista uccidendo un operaio e ferendone altri.

Il 18 luglio, "spedizioni punitive" a Sarzana e al Monzone di Carrara, dieci morti e venticinque feriti; gli "Arditi del popolo" si difesero efficacemente e i fascisti ebbero la peggio. Le autorità procedettero a numerosi arresti tra i quali quelli di Renato Ricci e di altri gerarchi fascisti responsabili delle stragi che insanguinavano le valli del Lucido e della Magra. Il 21 luglio oltre un migliaio di fascisti provenienti da diverse località della provincia di Carrara puntarono su Sarzana nell'intento di liberare dalle carceri il Ricci e gli altri caporioni fascisti. Quando si stavano concentrando sul piazzale della stazione di Sarzana si scontrarono con robusti cordoni di carabinieri decisi ad impedire loro l'ingresso in città. I fascisti tentarono di spezzare lo schieramento dei carabinieri muovendo all'assalto, ma furono accolti dalle scariche della mitraglia. Ebbe cosi inizio una vera e propria battaglia alla quale partecipò la popolazione in appoggio ai carabinieri. Vi furono numerosi morti tra i quali 20 fascisti e decine di feriti. Fu uno dei pochi casi in cui le forze armate fecero il loro dovere respingendo con le armi l'attacco dei fascisti.

Il 23 luglio un morto a Cesena: Pietro Casadei, uno ad Acqui: Guido Cordara e l'operaio Zanelli di Imola, nelle tre località numerosi i feriti. Il 25 luglio "spedizione punitiva" dei fascisti a Roccastrada (Grosseto); qui, a differenza che a Sarzana, le autorità e i carabinieri lasciarono che i fascisti penetrassero in città, invadessero di notte le case incendiandole e assassinassero i loro abitanti: dodici contadini uccisi e decine di altri feriti gravi.

In una interrogazione svolta alla Camera dei deputati il 27 luglio, l'on. Giacomo Matteotti denunciava una lunga serie di violenze consumate dai fascisti in provincia di Rovigo allo scopo di ottenere le dimissioni dei capi lega e dei consigli comunali. Concludeva il suo discorso dicendo: "Tutte le notti le case dei nostri, e noi abbiamo per sfortuna i paesi dispersi in mezzo alla campagna, dove la gente vive lontano dai centri che possono costituire un ostacolo ed una remora alla delinquenza, tutte le notti queste piccole case vengono assalite da bande mascherate che con facilità ne abbattono le porte e commettono i più orrendi e i più vili delitti. Lo stato di schiavitù e di delinquenza in cui vive oggi questa provincia italiana e quelle che le sono vicino è tale che dev'essere denunziato. Colà non vi è più possibilità di vita. Abbiamo centinaia di persone che non vivono e non dormono più nelle loro case."

Ma l'interrogazione non ebbe alcun effetto. A Casalmaggiore (Cremona), il 5 agosto, due morti, a Crema un morto, a Castelfranco Emilia due lavoratori uccisi e alcuni feriti; a Firenze i fascisti assaltano una Cooperativa mentre è riunito il consiglio di amministrazione, uccidono Adamo Sottani e feriscono gravemente Gino e Anita Petroni. Il 17 agosto a Marzabotto (Bologna), gli squadristi aggrediscono alcuni lavoratori durante una processione: un morto, Adolfo Comani e un ferito grave: Gelso Ravagli. Le spedizioni si susseguono quotidianamente: il 18 agosto cadono a Gavorrano (Grosseto) Giovanni Parmasio, il 20 a Rovigo Sante Caroti, il 22 a Noceto (Parma) G. Pettiraso, nello stesso giorno altri due morti a Parma, il 24 ad Acquanegra sul Chiesa (Mantova) è assassinato Beniamino Brunelli, a Casale Monferrato un altro lavoratore, a Dolo (Venezia) è ucciso l'ardito del popolo Romeo Semenzato, il 29 agosto a Forlimpopoli (Forlì) sono assassinati Pietro Calvoli e Adolfo Tassinari, altri lavoratori feriti; il 6 settembre due morti a Messina, il 10 un morto a Bagnara di Romagna (Ravenna), il 18 a Pontedera (Pisa) il socialista Paride Profet e l'anarchico Corrado Bellucci, il 21 a Montopoli (Pisa) Mario Susini e Artebano Gronchi, il 22 a Pont'Ercole (Grosseto) è ucciso Nello Fasci, il 23 a Firenze Virgilio Rovai, altri due lavoratori a San Romano (Lucca). Il 24, a Reggio Emilia, cadono Luigi Medici e Paolo Mantovani, il 26 a Bari viene assassinato dai fascisti il deputato socialista Giuseppe Di Vagno. Il 27, centinaia di fascisti, capeggiati dall'on. Vicini, tentano di invadere Modena, la forza pubblica lo impedisce sparando sugli squadristi, sette dei quali sono uccisi e altri feriti.

Il 2 ottobre, spedizione fascista a Fossoli (Carpi): un morto e alcuni feriti. Il 3 ottobre i fascisti uccidono ad Arezzo Galleano Braschi, il 5 ottobre, a Pola, Luigi Scallié, l'8 ottobre due operai a Monfalcone, il 17 ottobre a Pandino (Cremona) Angelo Lupi, a Vinci (Firenze) Giuseppe Corsani e L. Pacini e a Sannicandro Garganico (Foggia) un operaio, il 20 ottobre a Empoli Ettore Gasparri, il 14 a Sala Braganza (Parma) Carlo Fava, il 31 a Lugo di Ravenna Domenico Veronesi e a Ortanova (Foggia) Pietro Montefiori e Angelo Pietra.

L'8 novembre, a Roma, i fascisti uccidono due ferrovieri in sciopero, il macchinista Farnetti e Francesco Baldini e ne feriscono altri; viene proclamato lo sciopero generale, scoppiano conflitti tra fascisti e lavoratori in diversi rioni della città, centocinquanta feriti e tre morti: Romolo Barbieri, Rosario Pugliese e Camillo Manni. Il 26 novembre, in conflitti con i fascisti, cadono a Trieste Giuseppe Giraldi e Giorgio Muller, il 29 a Bologna sono aggrediti e gravemente feriti tre giovani che vendevano il giornale comunista "l'Avanguardia"; il 10 dicembre i fascisti aggrediscono, in un'osteria della periferia di Rovigo, alcuni lavoratori e uccidono Stefano Ravegnani e G. Zanella; il 12, a Rosate (Milano), uccidono Carlo Cantoni e Luigi Mangiarotti, e a Cremona assassinano il vicepresidente della deputazione provinciale, il socialista Attilio Boldori; il 20 dicembre danno l'assalto alla Casa del popolo di Dolo (Venezia), uccidono Severino Allegri e feriscono altri lavoratori.

A metà dell'anno Antonio Gramsci aveva tracciato un tragico bilancio delle violenze fasciste e poliziesche.

"Nei 365 giorni dell'anno 1920, 2500 italiani (uomini, donne, bambini e vecchi) hanno trovato la morte nelle vie e nelle piazze, sotto il piombo della pubblica sicurezza e del fascismo. Nei trascorsi 200 giorni di questo barbarico 1921, circa 1500 italiani sono stati uccisi dal piombo, dal pugnale, dalla mazza ferrata fascista, circa 40.000 liberi cittadini della democratica Italia sono stati bastonati, storpiati, feriti; circa 20.000 altri liberissimi cittadini della democraticissima Italia sono stati esiliati con bandi regolari, o costretti a fuggire con le minacce dalle loro sedi di lavoro e vagolano per il territorio nazionale, senza difesa, senza impiego, senza famiglia; circa 300 amministrazioni comunali sono state costrette a dimettersi; una ventina di giornali socialisti, comunisti, repubblicani, popolari sono stati distrutti; centinaia e centinaia di Camere del lavoro, di case del popolo, di cooperative, di sezioni socialiste e comuniste sono state saccheggiate ed incendiate; 15 milioni di popolazione italiana dell'Emilia, del Polesine, delle Romagne, della Toscana, del-l'Umbria, del Veneto, della Lombardia sono stati tenuti permanentemente sotto il dominio di bande armate che hanno incendiato, hanno saccheggiato, hanno bastonato impunemente, hanno violato i domicili, hanno insultato le donne e i vecchi, hanno ridotto alla fame e alla disperazione centinaia di famiglie, hanno calpestato tutti i sentimenti popolari, dalla religione alla famiglia, hanno fatto impazzire per il terrore e morire dei bambini e dei vecchi. Tutto questo è stato permesso dalle autorità ufficiali, è stato o taciuto o esaltato dai giornali.

[…] Tredici fascisti vengono uccisi dalla forza pubblica [i fascisti uccisi a Sarzana, N.d.R.], 13 componenti di una banda armata di 600 persone, diretta contro una città: lutti, pianti, desolazione. Duemilacinquecento italiani sono stati uccisi nel 1920; 1500 italiani sono stati uccisi nei primi sei mesi del 1921; ma erano di bassa casta, erano del bestiame popolare che è troppo numeroso, che è troppo ingombrante per la disponibilità in viveri, che è esuberante per la possibilità produttiva dell'apparecchio capitalistico industriale e agricolo; perciò nessuna protesta per la loro uccisione, nessun lutto, non lacrime, non desolazione per la loro fine violenta. I 13 valgono più dei 4000, la morte di 13 fa dimenticare la morte dei 4000, fa dimenticare i dolori, le sofferenze dei milioni e milioni di popolazione sottoposta al regime dell'invasione fascista." (1)

Alcuni avvenimenti succedutisi nel corso del 1921 meritano di essere ricordati: la discussione alla Camera sulle violenze fasciste e sugli "opposti estremismi," la costituzione degli "Arditi del popolo" e il patto di pacificazione tra socialisti e fascisti.

Il 31 gennaio 1921 si apriva alla Camera una vivace discussione sulle violenze, sui delitti del fascismo e sulla complicità degli organi dello Stato: governo, polizia, forze armate e magistratura. La documentata denuncia da parte dei socialisti e dei comunisti era stata fatta tra gli altri da Graziadei, Treves, e in particolare da Giacomo Matteotti con quella precisione che gli era caratteristica. Egli così aveva concluso:

"Il fatto nella sua precisione è questo: oggi in Italia esiste una organizzazione pubblicamente riconosciuta e nota nei suoi aderenti, nei suoi capi, nella sua composizione, nelle sue sedi, di bande armate, le quali dichiarano apertamente che si prefiggono atti di violenza, atti di rappresaglia, minacce, violenze, incendi, e li eseguono, non appena avvenga o si pretesti che avvenga alcun fatto commesso dai lavoratori a danno dei padroni o della classe borghese. È una perfetta organizzazione della giustizia privata, ciò è incontrovertibile.

Se sui singoli fatti, quelli che ho esposto e quelli che non ho esposti, quelli che la Camera conosce e quelli che non conosce; si può dubitare, questa esistenza di una organizzazione di bande armate, con simili, precisi scopi dentro lo Stato italiano, è un fatto sul quale nessuno può opporre contestazioni" (2)

In quella discussione si possono trovare molte analogie con quelle recentemente avvenute al Senato ed alla Camera dei deputati (febbraio-marzo 1971). L'atteggiamento dei partiti moderati e conservatori esattamente a cinquant'anni di distanza è ancora lo stesso. Invece di colpire il fascismo, attaccano gli "opposti estremismi," e la D.C., partito composito e interclassista come lo era allora il suo progenitore, il Partito popolare, assume gli atteggiamenti più contraddittori e ambivalenti.

In questa Camera - disse allora al termine di quel dibattito Claudio Treves - nessun oratore, s'intende fuori di questi banchi, ha fatto una netta, una chiara, una esplicita ripudiazione del fascismo. Anche quelli che ci misero una foglia di fico più per mostrarlo che per nasconderlo, ci tennero a trovare al fascismo delle discriminanti o delle attenuanti quanto meno, che in realtà poi diventarono delle giustificazioni.

[...] Il fascismo è forte, io non lo contesto. La prova, se ne avessi bisogno, me la dà il Partito popolare. Il Partito popolare su questa questione ha un atteggiamento che merita di essere definito illuminante. È lo stesso atteggiamento che ha tenuto durante la guerra e che io già illustrai alla Camera. Le parti sono divise: i germanofili, gli interventisti, i neutralisti. Miracolo di equilibrio, parlano un linguaggio in città e un altro in campagna, uno al monte e uno al piano a seconda dei vari strati sociali. Avete tenuto unito e compatto il vostro partito nelle elezioni.

Ebbene qui succede qualcosa di più sinistro e di più mostruoso. Trovo sinistro e mostruoso che in uno stesso gruppo, che in uno stesso partito si possano mandare avanti i fascisti e i leghisti [organizzatori delle leghe sindacali, N.d.R.], che voi, in uno stesso tempo, siate con i carnefici e siate con le vittime, siate con i contadini e con l'agraria la quale sostiene e arma i fascisti che voi venite qui a sostenere.(3)

Antonio Graziadei, da parte sua, dopo aver sottolineato che la forza del fascismo consisteva nella protezione di cui godeva da parte di tutti gli organi dello Stato ("le prefetture, i carabinieri, la guardia regia, la giustizia e la stampa, tutto è al servizio delle imprese del fascismo"), concludeva la sua analisi con un'acuta osservazione e una previsione che doveva esattamente avverarsi poco più di un anno dopo.

"Oggi ci troviamo in Italia in questa situazione: che coloro che dispongono della forza armata, non hanno l'autorità di fronte alle classi lavoratrici per tenere il potere, e viceversa coloro che potrebbero avere autorità verso queste masse sono completamente sprovvisti della forza armata.

Ora, questi periodi di crisi che si trascinano per anni, in cui nessuno di fatto governa, e quindi non può non prosperare il colpo di mano, sono i più dannosi per ogni paese, perché sono quelli che inaridiscono le condizioni stesse della produzione."(4)

La mozione socialista che condannava la politica del governo ebbe soltanto 79 voti, mentre 226 deputati, su 305 presenti e votanti, accordavano la fiducia al governo, manutengolo e complice del fascismo, sotto l'ipocrita maschera della lotta contro "gli opposti estremismi."

Note

1) Antonio Gramsci, "L'Ordine Nuovo", 23 luglio 1921, n. 203.

2) Giacomo Matteotti, Discorso alla Camera dei Deputati, 31 gennaio 1921.

3) C. Treves, Discorso alla Camera dei Deputati, 3 febbraio 1921.

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

 

"Biennio Rosso", nascita e affermazione del fascismo.


Nell'estate 1919 scoppiano in tutta Italia tumulti per protestare contro la disastrosa situazione socio-economica nella quale versa il paese dalla fine della guerra. I primi a farne le spese sono principalmente contadini ed operai. Proprio questi ultimi, più organizzati ed inquadrati politicamente, si pongono alla guida della protesta dichiarando l'occupazione delle fabbriche e, organizzati in comitati autogestiti sul modello dei soviet russi, assumono il controllo di officine e cantieri. Si formano addirittura reparti di cosiddette "guardie rosse", col compito di presidiare gli stabilimenti e respingere eventuali attacchi delle autorità o delle bande al soldo dei padroni.
Dalla frangia posta all'estrema sinistra del PSI si forma la prima cellula del Partito Comunista nella quale si distingue Antonio Gramsci che teorizza l'occupazione delle fabbriche come punto di partenza per la rivoluzione che finalmente farà piazza pulita dell'odiato Parlamento borghese e della monarchia Savoia.
Intanto tra gli imprenditori, gli agrari e tutta quella che si definisce classe media circola preoccupazione per la pessima piega che stanno prendendo gli eventi, anche perchè sembra che stavolta il proletariato faccia sul serio. L'esempio russo incombe e non si può aspettare che, come sempre, tutto si esaurisca per autocombustione interna.
Nel frattempo l'incallito militante Benito Mussolini, già passato nelle file interventiste durante la guerra, taglia definitivamente i ponti con la militanza socialista di estrema sinistra avendo perso fiducia nel mito della rivoluzione, dell'internazionalismo e del modello marxista. Arroccandosi sempre più nel nazionalismo, Mussolini matura la convinzione che per stare al passo coi tempi e cambiare lo status quo in Italia deve porre fine alla sua aperta ostilità con borghesia, imprenditori ed agrari e sviluppare una serie di valori tradizionali, forti e comuni (Patria, disciplina, orgoglio, militarismo, obbedienza verso determinate figure simbolo) che sappiano cementare il disgregato tessuto sociale post-bellico. Grazie a queste idee che ispirano finalmente ordine, decisioni vantaggiose per la borghesia e una spiccata funzione antisocialista, Mussolini riesce a cavalcare il malcontento di una popolazione esasperata da una crisi profonda e, al contempo, guadagnarsi anche l'appoggio di agrari ed industriali che vedono finalmente nel futuro Duce un possibile fautore del cambiamento sociale a loro favore.
Tra i primi impieghi dei Fasci di Combattimento mussoliniani ci sono senza dubbio servizi di bastonatura e pestaggi ai danni di militanti di estrema sinistra e sindacalisti, così come la distruzione di numerose Camere del Lavoro, soprattutto al Nord.
Nella solita disorganizzazione, nella solita marea di esitazioni e polemiche interne, nella solita sottrazione di forze causata dagli attendisti, si andava concludendo agli inizi del 1921 l'occupazione delle fabbriche.
Svaniva nel nulla l'ultima grande offensiva "rossa" della storia italiana.
In un clima di crescente intimidazione e spacconeria le squadre fasciste si strutturano nel Partito Nazionale Fascista. Dopo essere entrato in Parlamento grazie all'accordo con i liberali, nel 1922 Mussolini ordinò ai suoi seguaci di attuare in forma paramilitare la famosa "marcia su Roma", a seguito della quale il Re Vittorio Emanuele III, attuando uno stravolgimento delle norme costituzionali vigenti, lo incaricò di formare il nuovo governo, che fu di coalizione con i popolari ed i liberali moderati, a cui si opposero le sinistre ed alcuni liberaldemocratici.
Nel 1924 alcuni fascisti (che Mussolini stesso chiamò "teste calde") uccisero l'onorevole socialista Giacomo Matteotti che aveva denunciato i brogli commessi dagli uomini del Duce (così si faceva già chiamare Mussolini) nelle precedenti consultazioni elettorali. Questo provocò la crisi del governo di coalizione e l'uscita di molti partiti dal Parlamento (ritirata sull'Aventino); a quel punto Mussolini sciolse l'opposizioni ed attuò provvedimenti eccezionali che stroncarono ogni dissenso facendo delle vittime illustri tra le quali si ricordano Gramsci, don Minzoni, Gobetti e Amendola.
Era nato il regime.

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

LUOGO DELLA MORTE

DOCUMENTI ANAGRAFICI

RINGRAZIAMENTI

BIBLIOGRAFIA

Testo completo dell' articolo di Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola )

 

 

 

 

 

…….Giunti a pochi passi piu' innanzi dal fabbricato della societa' Aurora s'imbattevano nel Carnesecchi , il quale usciva di casa…………………………….. 

 

 

Nella cartina e’ segnato : 

Luogo dove abitava e dove mori Dante Carnesecchi

Segno 1 Casa dove abitava Dante al numero ottantanove - Vezzano Ligure …………….oggi via Brigola

Segno 2 Luogo dove Dante fu ucciso : qui di fianco alla societa' di Mutuo Soccorso Aurora vi era una viuzza alla quale immetteva un cancello sempre aperto

 

 

E’ sicuro che i carabinieri fossero accompagnati da alcuni fascisti della zona

Una cosa probabile e’ che i carabinieri avessero saputo da qualche confidente che Dante era in casa e che era sua abitudine riaccompagnare a casa lo zio , e quindi si fossero appostati sottocasa di Dante in attesa che uscissero

 

 

 

 

La famiglia racconta che anche quella volta Dante sarebbe riuscito a salvarsi , infatti in un supremo anelito di vita riusci a gettare a terra chi lo teneva e a fuggire

Svolto’ nella viuzza a fianco della societa' di Mutuo Soccorso Aurora , li c’era un cancello che normalmente era sempre aperto come ben sapeva Dante , quella sera lo trovo’ chiuso ( anche questo sembra configurare la preparazione di un agguato ), e quell'ostacolo inatteso fu la sua fine lo colpirono alle spalle

Poi caduto lo trucidarono

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Dall'alto del campanile di Vezzano Ligure scendeva al piano , lenta e triste come quella d'un 'agonia , l'eco di undici rintocchi , quando due uomini uscirono dall'uscio

della casa accerchiata . L'uno gia' attempato e leggermente curvo , precedeva sul viottolo breve che mena sulla strada provinciale ; l'altro , giovane e agile , seguiva

recando tra le mani una chitarra. Dante Carnesecchi aveva ricevuto la visita d?uno zio , ed a quell'ora tarda usciva per riaccompagnarlo a casa. Quando i due uomini

imboccata la strada maestra , l'ebbero tranquillamente percorsa per circa una trentina di metri , furono bruscamente arrestati da un'ordine imperioso.

--Fermi la' , e mani in alto !

Dante Carnesecchi riconobbe subito nell'uomo che gli stava di fronte , dimenando nella mano nervosa lo scudiscio , il maresciallo comandante la stazione dei militi speciali .

Attorno , vide i visi sinistri dei militi disposti in cerchio come un tormo di bracchi impazienti che attendono l'ordine per lanciarsi sulla preda .

--Cosa fate voi , in giro a quest'ora ?

interpello' il graduato rivolgendosi al vecchio.

Il poveretto non ebbe tempo di rispondere che una tempesta di nerbate gli schiaffeggio' brutalmente il viso.

Dominandosi quanto piu' pote' , il nipote intervenne ad osservare che non era ne' umano ne' eroico percuotere in tal modo un vecchio padre di famiglia.

Le belve regie non aspettavano altro . Abbandonarono lo zio , e serrarono il cerchio intorno al Carnesecchi.

Egli impugno la chitarra per proteggersi il viso dai furiosi colpi di scudiscio. Ma ben presto quel debole scudo ando' in mille frantumi , ed il compagno nostro senti che solo un tentativo disperato poteva ancora aprirgli una via di salvezza . Raccolse tutte le sue forze e urto' in un impeto formidabile contro il cerchio dei suoi flagellatori.

Tre sicari caddero rovesciati a terra , ed il compagno nostro ratto come un fulmine , a cinquanta metri da essi , aveva gia' saltato il fosso che separa i campi dalla strada , quando

raggiunto da un colpo di moschetto si abbatte' sul ciglio.

 

 

 

 

 

 

Documenti anagrafici

 

All'anagrafe del Comune di Vezzano Ligure (SP ) nel registro degli atti di nascita al num 46 dell'anno 1892 risulta :

Essere nato Carnesecchi Dante , Fortunato , Guido in data 12 marzo 1892 da Carnesecchi Biagio Giuseppe di anni 68 e da Fontana Lucia di anni 29

 

Di suo padre non ho trovato a Vezzano Ligure l'atto di nascita essendo nato a Lorenzana (PI) il 2 febbraio 1824

Esiste l'atto di morte ( atto num 81 ) in cui e' registrato che Biagio Giuseppe Carnesecchi figlio di Antonio muore a Vezzano il 14 novembre 1901 all'eta di 78 anni

Biagio Giuseppe era alle seconde nozze ( atto dei morti parrocchia di Vezzano basso ) da cui risulta anche che era nato a Lorenzana ( PI )

 

Sua madre Fontana Lucia ( colpisce la forte differenza di eta' col marito ) risulta l'esser nata il 18 aprile 1862 : Fontana Lucia di Giovanni Fontana e di Belli Maria nativa di Villanuzzo (si legge male ma dovrebbe essere invece Villa Minozzo ) (RE), risulta poi esser morta a Vezzano Ligure lo 02 luglio 1942

Nell'atto dei nati , nella parrocchia di Vezzano basso , relativo a Dante , Biagio Giuseppe che denuncia a parroco la nascita di Dante alle nove antemeridiane dichiarera' esser sua moglie nativa di Sologno che e' un paese confinante con Villa Minozzo nell'Appennino reggiano 

 

Quindi suo padre Biagio Giuseppe figlio di Antonio di Innocenzio nato a Lorenzana (PI) il 2 febbraio 1824 , aveva 68 anni quando Dante nel 1892 nacque , la madre Fontana Lucia , originaria di Villa Minozzo nell'Appennino reggiano ne aveva 29 .

Ebbero altre due figlie Isolina ( nata il 12 dicembre 1894 ) e Livia Enrichetta ( nata il 19 maggio 1901 ) . In realta’ si chiamava Lidia : Livia e’ un errore anagrafico )

Biagio Giuseppe mori il 14 novembre 1901 , quando Dante aveva 9 anni

 

( Debbo i seguenti dati alla cortesia del sindaco di Vezzano dr Giannarelli e alla dr Francesca Mariani del Comune di Vezzano Ligure )

FONTANA LUCIA figlia di Giovanni e di Belli Maria
nata il 18/4/1864 a Villaminizzo (Reggio Emilia)
vedova di Carnesecchi Giuseppe il 14/11/1901
iscritta nel registro l'11/6/1911
morta il 2/7/1942 per miocardite

CARNESECCHI ISOLINA figlia di Giuseppe e di Fontana Lucia
nata il 12/12/1894 a Vezzano Ligure
coniugata l'1/7/1918 con Danieli Guido
emigrata alla Spezia l'1/10/1951

CARNESECCHI LIVIA ENRICHETTA figlia di Giuseppe e di Fontana Lucia
nata il 19/5/1901 a Vezzano Ligure
morta il 30/8/1923 per malattia

In realta’ Livia e’ un errore anagrafico : il nome vero era Lidia

 

Comune della Spezia :

Al numero 110 degli atti di morte del Comune della Spezia in data 29 marzo 1921

Nel registro degli atti di morte risulta al numero 110 che il Presidente dell'Ospedale ha dato comunicazione al Comune il giorno 29, della morte di Dante Carnesecchi di anni 29 avvenuta il 28 marzo 1921 alle ore 1 e cinque minuti ( il che vuol dire che raccolto agonizzante era morto durante la notte )

.......do atto che a ore una, e minuti cinque del giorno ventotto corrente mese nella casa posta in S.Cipriano n.21 e' morto Carnesecchi Dante anni 29 nato a Vezzano Ligure figlio di fu Giuseppe e di Fontana Lucia - celibe - operaio

Dal certificato necroscopico effettivamente risultano come causa della morte "ferite multiple da arma da fuoco".

 

LA FORMULA " NELLA CASA POSTA IN S. CIPRIANO N. 21" ERA LA FORMULA IN USO PER INDICARE L'OSPEDALE CIVILE DI LA SPEZIA

 

 

 

Al cimitero di La spezia la sua tomba , era stato sepolto nella terra , non esiste piu' e le sue ossa non sono piu' rintracciabili

 

 

Non sono ancora riuscito a trovare notizie anagrafiche precise su suo zio Azeglio

Fontana Lucia sua madre aveva sicuramente un fratello

Fontana Giuseppe

 

Di Isolina Carnesecchi sono ancora viventi due figli

.

 

 

 

 

 

 

L'imbarco a Le Havre per l' America

 

 

Segnalato da Laura Nicolini sul sito http://www.tuttogenealogia.it

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Dal sito http://www.valdaveto.net/documento_708.html

Da un articolo di Sandro Sbarbaro

Una circolare che mette in luce i motivi per cui tanti Italiani si imbarcavano da Le Havre per il viaggio in America

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GENOVA, li 14 Gennaio 1873

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI GENOVA
Circolare n° 141

OGGETTO
Emigrazione per l'America

 

Ai Signori Sindaci della Provincia di GENOVA

È noto alla S. V. che gli Armatori Francesi, che attendono al trasporto di emigranti per l'America, ed i loro Agenti in Italia, mediante una formula stampata in più lingue, fanno dei contratti colle persone che emigrano, e che pel passato tali scritture, quando fossero munite del Visto di un Agente consolare del Governo Francese, erano accettate dalle autorità Francesi come passaporti per entrare in Francia o per partirne.

Accadeva così che emigrati italiani, i quali non avevano potuto ottenere il passaporto, potevano imbarcarsi nel Regno su bastimenti francesi, o passare il confine per la via di terra, presentando il loro contratto di emigrazione, stipulato coi Rappresentanti di armatori Francesi, e vistato dagli Agenti Consolari della Repubblica.

Il Governo del Re, avendo fatto osservare tale inconveniente al Governo francese, questo ha disposto che i Consoli della Repubblica [Francese] non appongano per l'avvenire il loro visto ai contratti di emigrazione presentati da sudditi italiani, ove tali documenti non sieno già rivestiti del visto delle autorità italiane. Ora siccome nessuna Autorità del Regno [Italiano] si permette certamente di apporre il proprio visto ai contratti di emigrazione, mercè la disposizione data dal Governo Francese è posto riparo all'inconveniente lamentato.

Porto a notizia della Signoria Vostra questa disposizione, d'incarico del ministero dell'Interno.
Durissima sorte toccherà alla maggior parte dei nostri disgraziati emigranti, e finchè tristissime notizie e dolorosi racconti di reduci non distruggeranno nelle menti dei contadini le illusioni, che scaltri emissari vi hanno insinuate, essi saranno vittime di questa disonestissima speculazione.
Il Governo non può vedere con indifferenza, che ogni mese migliaia di Italiani s'imbarchino a Napoli o a Genova e passino le frontiere del Cenisio per imbarcarsi a Havre diretti per le Americhe, e crede suo dovere di mettere in opera tutti i mezzi possibili per colpire le immorali speculazioni e la emigrazione illegale, rispettando però scrupolosamente la libertà dei cittadini, che sciolti da ogni obbligo verso il paese intendono espatriare malgrado gli sforzi che l'Autorità non manca di fare per dissuaderli.
Nè è soltanto l'obbligo di colpire la frode e di mantenere l'osservanza della legge, che induce il Governo a provvedere colla massima energia, ma un sentimento di pietà verso una classe disgraziata di cittadini, il decoro del paese, e i raclami della pubblica opinione all'estero, e i gravi imbarazzi che la tutela degli emigrati poveri abbandonati ed oppressi crea ai Regi Agenti nei porti francesi ed in America.
Il Ministero si rivolge prima che ad ogni altro ai signori Prefetti di Genova, Napoli e Torino, che sono i luoghi dai quali partono gli emigranti, pregandoli di dare istruzioni precise e rigorose affine di colpire la disonesta speculazione degli agenti, di impedire la emigrazione illecita, e quando lecita, di frenarla con ogni mezzo.
Converrà pertanto che i signori Prefetti tengano presenti le seguenti norme:

1.° Esigere che le disposizioni dell'art. 64 della Legge sulla Pubblica Sicurezza e degli articoli 73, 74, 75, 76, 77, del Regolamento sieno applicate rigorosamente agli Agenti o spedizionieri, e che sia tolto l'assenso a quelli fra essi, che attendono a procurare imbarchi di emigranti e farne sorvegliare la condotta e le operazioni per denunziarli, occorrendo, all'autorità giudiziaria.


2.° Quando risulti che gli Agenti o spedizionieri favoriscano la diserzione o la renitenza, procurando l'imbarco di giovani vincolati da obblighi di leva o di militari, denunziarli ai Tribunali anche dopo di aver tolto loro l'assenso.


3.° Quando risulti che questi Agenti o spedizionieri procurino imbarco a persone colpite da mandato di cattura, o prive di passaporto, o munite di passaporti altrui od alterati, o commettano frodi a danno degli emigranti, come spesso accade, oppure facciano partire individui che per imperfezioni fisiche o mentali debbano essere respinti per le leggi vigenti di America, siano denunziati ai Tribunali ancorchè privati dell'assenso.


4.° Che siano denunziati all'autorità giudiziaria i capitani di bastimenti che imbarcano individui privi di passaporto, contrariamente a quanto dispone l'articolo 130 delle Regie Patenti 13 Gennaio 1827, N. 270, pubblicate in tutto il Regno col Regio Decreto 22 dicembre 1871 N. 387.


5.° Che si eserciti la più rigorosa vigilanza per impedire l'imbarco per l'estero alle persone sprovviste di passaporto.


6.° Che si applichi rigorosamente l'art. 65 della legge sulla Pubblica Sicurezza, denunziando i contravventori a termini dell'art. 117, e rimandandoli alle case loro con foglio di via obbligatorio e col mezzo dell'ordinaria traduzione.


7.° Che alla frontiera del Cenisio si facciano retrocedere gli emigranti privi di passaporto per l'estero, che vanno ad imbarcarsi a Havre.


8.° Che a termini del regio Decreto del 30 Marzo 1872 N. 748, si neghi il passaporto ai giovani soggetti alla Leva, quando non si abbiano positive ragioni per ritenere che a suo tempo ritorneranno in patria.


9.° Che siano esaminati attentamente i passaporti per l'estero, affine di accertare se appartengono realmente ai portatori, e se in questi concorrono le altre indicazioni volute dalla legge nel senso delle istruzioni annesse al regio Decreto 13 Novembre 1857.

 

L'opera delle Autorità di Pubblica Sicurezza a Genova, Napoli e Torino non potrà certamente riuscire efficace, se non sarà secondata da quelle dei luoghi da cui partono gli emigranti; il Ministero darà a quest'uopo le necessarie istruzioni a tutti i Signori Prefetti, affinché si agisca dovunque col medesimo indirizzo.
Si raccomanderà alle Autorità dei paesi, che danno all'emigrazione un insolito contingente di dissuadere i contadini dallo emigrare, mettendo loro sott'occhio i pericoli, i disinganni, e la triste sorte a cui vanno incontro ed invitando i giornali a riprodurre le corrispondenze, che narrano le dure vicende di coloro che giungono in America senza mezzi.

Si raccomanderà inoltre di agire severamente verso gli emissarii delle Società di emigrazione e degli spedizionieri, che percorrono i villaggi e le campagne, applicando loro gli articoli 57, 64, e 65 della legge.
Si raccomanderà infine il massimo rigore nello eseguire le disposizioni delle leggi relativamente alla concessione dei passaporti per l'interno e per l'estero, obbligando i richiedenti a presentarsi personalmente agli Uffizi di Prefettura e Sotto Prefettura, e a dimostrare di avere i mezzi per fare il viaggio; per dimorare qualche tempo nel luogo d'arrivo, presentando la garanzia di persona solvibile, la quale si obblighi a rimborsare, occorrendo, la spesa pel viaggio di ritorno.

Il Ministero spera che con questi mezzi si riuscirà a reprimere la immorale speculazione degli agenti di emigrazione, si farà cessare l'emigrazione illecita dei giovani soggetti alla leva e dei militari non sciolti da ogni vincolo, e si frenerà la crescente tendenza nei contadini ad abbandonare la terra natia.


Nel manifestare siffatte prescrizioni Ministeriali a' signori Sindaci, li prego vivamente a volerne curare l'osservanza.

Il Prefetto
G. Colucci

Il Ministro Merlin

 

 

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REGIO ESERCITO ITALIANO

Doveri e facoltà del militare in congedo illimitato

Tratto da wikipedia

 

 

Giunto nel comune scelto per sua residenza, il congedato ha l’obbligo di presentarsi al sindaco per fare apporre il visto al proprio foglio di congedo e deporre le stellette di divisa. Fino a che non adempie a tale obbligo, egli dovrà intendersi sottoposto alla giurisdizione militare.

Il militare, che smarrisce il foglio di congedo illimitato, può ottenere una copia facendone domanda, in carta libera, al comandante del distretto da cui dipende, preferibilmente per mezzo del Sindaco.

Deve ricordar sempre che appartiene all’esercito, e mantenere quindi illibata condotta nella vita privata per rendersi indegno dell’onorata divisa che da un momento all’altro può chiamato a rivestire.

Deve obbedienza a qualunque ordine gli pervenga dalle autorità militari e dal sindaco relativamente ai suoi doveri come militare in congedo illimitato. Deve poi rispondere alla chiamata di controllo, poichè altrimenti, giusta l’art. 154 della legge sul reclutamento, incorre in un ammenda dalle lire 1 alle lire 5. Le chiamate di controllo non importano alcuna prestazione di servizio, ma soltanto l’obbligo di presentarsi alle autorità indicate nel manifesto di chiamata.

Deve presentare il foglio di congedo ogni qualvolta ne sia richiesto dalle autorità militari o di pubblica sicurezza; ma questo non può mai essergli tolto, salvo il caso di riammissione in servizio sotto le armi, o di richiesta fattane dal sindaco e dalla autorità militare, per qualche annotazione che vi debba esser fatta per disposizione superiore.

E’ libero di prender moglie senza che occorra la preventiva autorizzazione dell’autorità militare.

Può liberamente cambiare residenza nel Regno, ma è obbligato a notificare ogni cambiamento di residenza al Sindaco, entro 15 giorni dal trasferimento.

Contravvenendo a questa disposizione è punito, giusta l’art. 155 della legge sul reclutamento, con un ammenda da lire 1 a lire 5.

Volendo recarsi all’estero deve pure notificare al sindaco, qualche tempo prima della partenza, lo Stato, la località in cui si trasferisce e, ove sia possibile, anche il nuovo indirizzo.

Inoltre, se è militare di 1° o 2° categoria e non ha compiuto il 28° anno di età, per potere espatriare deve ottenere il nulla osta dal distretto militare, nulla osta che egli potrà chiedere per mezzo del Sindaco.

Durante la permanenza all’estero dovrà tenere sempre informato il R. console della sua dimora ed essere sempre pronto a tornare sotto le armi in caso di chiamata.

Se per infermità sopraggiunta, dopo che ha ottenuto il congedo illimitato, è divenuto inabile in modo assoluto a riprendere il servizio, se risiede nel regno deve chiedere, per mezzo del sindaco, al comandante del distretto di essere sottoposto alla rassegna che ha luogo ogni mese; se risiede all’estero deve rivolgere identica domanda al R. console.

Ove non si curi di far valere le sue ragioni alla riforma e nel frattempo avvenga un richiamo sotto le armi, non potrà per alcun motivo essere dispensato dal raggiungere il corpo, riparto, deposito o distretto al quale deve presentarsi, dove giunto, sarà utilizzato in quei servizi di cui sia capace fino a che, compiute le operazioni della mobilitazione, possa farsi luogo alla rassegna.

Il militare in congedo illimitato cessa da ogni obbligo di servizio il 31 dicembre dell’anno in cui compie il 39° anno di età.

 

 

 

  

 

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da Laura Nicolini

 

Personalmente non ho mai creduto molto alla teoria del biglietto piu' a buon prezzo (molto gettonata anche su un forum americano che frequento) anche pensando a tutto ciò che significava spostarsi lassu' fino a Le Havre da paesini sperduti nelle campagne italiane... il treno avranno dovuto pagarlo....

Probabilmente non solo chi aveva problemi a farsi rilasciare il passaporto decise per quella partenza, penso che anche molte persone illetterate e sprovvedute si siano lasciate attrarre dalla facilità con cui ottenere un lasciapassare al "nuovo mondo" senza tante complicazioni Anni fa ho partecipato come volontaria all'indicizzazione dei fascicoli dei rilasci di passaporti della questura di Napoli di fine 800.... c'erano un sacco di documenti da presentare per ottenerlo tipo certificati di nascita, di matrimonio, nascita dei figli, fede penale pulita, certificati di stato civile libero per i "single", fogli di congedo, nulla osta rilasciato dal Comune di residenza e, a meno che non fosse rilasciato sempre dal comune un certificato di povertà, si dovevano pure pagare alcune imposte di bollo allo Stato... leggendo quella circolare ho pensato immediatamente che fosse la ragione principale delle partenze dalla Francia...

Laura Nicolini

 

 

la tua e' una considerazione estremamente importante perche' cambia completamente il modo di affrontare il problema

Era logico ci fosse qualcosa di diverso : troppi Italiani si imbarcavano a Le Havre

Questa e' una spiegazione molto molto plausibile

il prezzo del biglietto piu' basso probabilmente compensava o quasi il prezzo del viaggio fino a Le Havre

ma il vero motivo per cui si sobbarcavano l'ulteriore scomodita' di un viaggio attraverso la Francia erano gli inesistenti intralci burocratici

un bel business fatto dagli armatori francesi sui nostri migranti

 

Questo mette sotto un'altra luce la presenza di Dante in Francia

Dubito vi si sia trattenuto

Aveva gia' un imbarco fissato : quindi e' probabile sia rimasto in Francia il solo tempo di attraversarla

 

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Ringraziamenti :

 

Il mio ringraziamento piu' sentito per la collaborazione offertami :

a Giuseppe Danieli

al direttore dell'Archivio di Stato della Spezia ( dr Antonino Faro ) e ai suoi validissimi collaboratori

alla Biblioteca Franco Serantini di Pisa

al personale dell'Archivio di Stato di Massa Carrara

all'Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia

alla signora Fiamma Chessa

al gentilissimo sig . Fausto Bucci

al dr. Mario Renosio

a Jules

al dr. Michel Antony

 al personale della biblioteca Ubaldo Mazzini di La Spezia

al personale dell'ufficio anagrafe del Comune di La Spezia

al personale dell'ufficio anagrafe del Comune di Vezzano Ligure

Al Sindaco di Vezzano Ligure Paola Giannarelli

Alla dottoressa Francesca Mariani del Comune di Vezzano Ligure

Alla societa’ INCIPIT di Prato

 

 

Bibliografia

 

Due libri di Antonio Bianchi sono fondamentali per la narrazione dei fatti che fanno da cornice alle vicende del Carnesecchi

Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana Editori riuniti 1975

Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia (1919-1930). Anno 1981. Olschki editore

 

ricordiamo anche :

"Dizionario biografico degli anarchici italiani ", Pisa, Biblioteca Franco Serantini , 2004,

 

il sito http://www.novatore.it/

 

M. Novelli, Trentennío , p. 53;

M. Novelli Cavalieri del nulla. Renzo Novatore, poeta, Sante Pollastro, bandito. Casalvelino Scalo 1998, Galzerano editore pg 8 1-83.

M. Novelli L'eccezionale imputato De Ferrari editore

Antonino Faro ( direttore Archivio di Stato della Spezia ) L'impresa fiumana e l'avvento del fascismo (1918-1922) : La Spezia nelle vicende del primo dopoguerra

 

 

 

.

 

 

 

 

 

Questo che segue e'il testo completo dell' articolo di Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola )

L' articolo del 1929 , che ci ha fatto da guida in questo racconto

 

 

 

11 maggio 1929. L'Adunata dei Refrattari (The Call of Refractaires)

 

I nostri caduti : Dante Carnesecchi

di Tintino Persio Rasi ( Auro d'Arcola )

 

 

Tra quella nidiata d'aquilotti libertari che dai colli arcolani , dominanti a mezzogiorno la conca azzurra del golfo di Spezia e a tramontana la vallata del Magra , spiccavano

il volo verso tanti quotidiani ardimenti , si distingueva sopratutti Dante Carnesecchi.

Alto, atletico , volto energico , parco di parole, rapido nel gesto , tagliente lo sguardo : una giovinezza creata per l'azione , e nell'azione interamente spesa.

Se il tipo assoluto d'Ibsen qualcuno puo' mai averlo realizzato , questi fu Dante Carnesecchi . Egli era una di quelle eccezionali individualita' che bastano a se stesse.

Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate , poiche' , solo a compierle , ne' porto' il segreto alla tomba .

Non aveva amici , non ne ricercava : non affetti , mollezze , piaceri . In seno alla stessa famiglia viveva senza vincoli. Verso la madre , come verso le sorelle che lo adoravano ,

si comportava con la freddezza di un estraneo.

Egli , a cui pur non difettavano i mezzi , coricava sul duro letto senza materasso, onde evitare di provare dell'attaccamento agli agi di casa . Un individuo simile non era fatto

per essere amato. E dell'amore non conobbe ne' le estasi sublimi , ne' le dedizioni mortificanti.

Strana natura !

Perfino verso noi , tra i piu' vicini , il suo animo insofferente elevava un' ultima barriera isolatrice , come a sottrarsi ed a proteggersi dalle possibilita' d'ogni intima comunione .

Certo , egli era il piu' odiato dai nemici nostri , il piu' temuto dagl'indifferenti , il piu' ammirato dai compagni e dagli spiriti liberi: ma era anche colui che non si lasciava amare ,

che non fu amato.

Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore , egli era all'altezza delle sue azioni , che mandava in piena consapevolezza

ad effetto , fidando solo sulle sue forze.

Ogni progetto , riduceva alle proporzioni di un operazione aritmetica , accomunando ad un estrema audacia un'estrema prudenza , una piena sicurezza in se' , ed una risolutezza

tacita quanto irreducibile.

Nello sport quotidiano allenava il corpo alla resistenza , all'agilita' , all'acrobazia , alla velocita', e il polso alla fermezza ; nella temperanza scrupolosa conservava la pienezza

del suo vigore fisico e della sua lucidita' mentale; nella musica ricercava le intime sensazioni per ricrearsi liberamente lo spirito .

Percio' egli era boxeur , lottatore , ciclista , automobilista , corridore , acrobata , tiratore impareggiabile ; suonatore e compositore di un virtuosismo piuttosto arido e cerebrale ;

ottimo poliglotta .

 

Durante il periodo dell'immediato dopoguerra , il territorio del circondario di Spezia fu particolare teatro d'una serie incessante di attentati anarchici contro le proprieta' ,

le polveriere , le caserme le autorita' , le reti ferroviarie e telegrafiche.

Ingenti patrimoni appartenenti allo stato ed ai privati andarono distrutti ;numerosi carabinieri ed agenti della forza pubblica perirono sotto la folgore della rivolta; il prestigio

dell'autorita' affogava nel ridicolo; i rivoltosi rimanevano ignoti , malgrado i numerosi arresti a casaccio .

Il sospetto dell'autorita' cadeva sul gruppo d'audaci che scuoteva le basi dell'ordine e della sicurezza borghese . E piu' del sospetto avevano la certezza che il Carnesecchi

fosse tra questi , se non l'anima certamente il piu' temibile .

Ma egli era un giovane senza precedenti giudiziari : Un incensurato che non lasciava traccia delle sue colpe. Si tento' , tuttavia , piu' volte d'incolparlo . Invano . La polizia

si accaniva ad arrestarlo . La magistratura mancava d'ogni prova perfino indiziaria per procedere .E non tardava a rilasciarlo in liberta'. Non rimaneva che sopprimerlo. Fu questo

il compito che si assunse di portare ad esecuzione il Comando di Legione della benemerita.

A questo scopo fu espressamente istituita una nuova stazione di carabinieri nella frazione abitata dal Carnesecchi .Si trattava di una casema speciale, fuori classe , a cui erano

stati chiamati ,mediante concorso volontario , una dozzina di militi scelti tra i piu' brutali e sanguinari dell'arma . La consegna che avevano codesti energumeni era esplicita : tutelare

l'ordine … con ogni sorta di vessazioni , d'arbitrii e di violenze : Non passava notte che non flagellassero a colpi di nerbo di bue quanti popolani incontravano sul loro cammino .

Solamente gli anarchici potevano circolare dopo le 9 di sera . I teppisti della benemerita avevano cura di non provocarli e di non affrontarli in quel modo . Fingevano di non vederli .

Essi sapevano troppo bene che contro gli anarchici non era prudente agire che in un solo modo : assassinarli isolatamente e proditoriamente , o fingere d'ignorarli.

Fu seguendo questa tattica che giunsero a preparare l'agguato in cui Dante Carnesecchi doveva cadere orribilmente martoriato, come mai niuno cadde.

 

Era la sera di Pasqua del 1921.

I clienti delle varie osterie situate lungo la strada provinciale del Termo d'Arcola notarono una comitiva d'individui avvinazzati che continuavano a trangugiare gotti di

vino al canto dell'Inno dei lavoratori , di Bandiera Rossa , dell'Internazionale e d'altri inni sovversivi. Due di essi avevano la doppietta da caccia sulla spalla , e qualcosa

di non meno sinistro s'indovinava che contenessero le tasche troppo gonfie degli altri . La presenza di codesti omaccioni dal volto infiammato e dalle pupille rese sanguigne

da un'ebbrezza che non sembrava di solo alcool , turbo' la schietta allegria dei pacifici consumatori . Una strana inquietudine scese come un'ombra sugli animi . Ed in

breve ogni pubblico ritrovo rimase deserto.

La comitiva usci dall'ultima bettola sulla strada buia . si dispose in cerchio , e dopo alcuni minuti di sommessi bisbigli s'inoltro' cautamente verso una casa isolata. Giunta

alla distanza di una cinquantina di metri sosto'' , ed ogni componente si scelse sul terreno un nascondiglio ove attendere e guatare .

 

Dall'alto del campanile di Vezzano Ligure scendeva al piano , lenta e triste come quella d'un 'agonia , l'eco di undici rintocchi , quando due uomini uscirono dall'uscio della

casa accerchiata . L'uno gia' attempato e leggermente curvo , precedeva sul viottolo breve che mena sulla strada provinciale ; l'altro , giovane e agile , seguiva recando

tra le mani una chitarra. Dante Carnesecchi aveva ricevuto la visita d?uno zio , ed a quell'ora tarda usciva per riaccompagnarlo a casa. Quando i due uomini imboccata

la strada maestra , l'ebbero tranquillamente percorsa per circa una trentina di metri , furono bruscamente arrestati da un'ordine imperioso.

--Fermi la' , e mani in alto !

Dante Carnesecchi riconobbe subito nell'uomo che gli stava di fronte , dimenando nella mano nervosa lo scudiscio , il maresciallo comandante la stazione dei militi speciali .

Attorno , vide i visi sinistri dei militi disposti in cerchio come un tormo di bracchi impazienti che attendono l'ordine per lanciarsi sulla preda .

--Cosa fate voi , in giro a quest'ora ?

interpello' il graduato rivolgendosi al vecchio.

Il poveretto non ebbe tempo di rispondere che una tempesta di nerbate gli schiaffeggio' brutalmente il viso.

Dominandosi quanto piu' pote' , il nipote intervenne ad osservare che non era ne' umano ne' eroico percuotere in tal modo un vecchio padre di famiglia.

Le belve regie non aspettavano altro . Abbandonarono lo zio , e serrarono il cerchio intorno al Carnesecchi.

Egli impugno la chitarra per proteggersi il viso dai furiosi colpi di scudiscio. Ma ben presto quel debole scudo ando' in mille frantumi , ed il compagno nostro senti che solo

un tentativo disperato poteva ancora aprirgli una via di salvezza . Raccolse tutte le sue forze e urto' in un impeto formidabile contro il cerchiop dei suoi flagellatori. Tre

sicari caddero rovesciati a terra , ed il compagno nostro ratto come un fulmine , a cinquanta metri da essi , aveva gia' saltato il fosso che separa i campi dalla strada , quando

raggiunto da un colpo di moschetto si abbatte' sul ciglio. La ciurma dei sanguinari gli fu presto addosso . Viveva ancora . Lo rotolarono a pedate nel fango del fosso.

E mentre un gruppo di tre militi portatisi sul trivio arrestava tutti i passanti col moschetto imbracciato , affinche' nessuno potesse correre ad avvertire i compagni della vittima ;

gli altri s'accinsero a consumare ogni sorta d'orribili sevizie sul corpo spasimante del ribelle.

Egli supplicava lo finissero con un colpo al cuore . Ma il macabro sadismo degli aguzzini era ben lungi da sentirsi appagato -Lo calpestarono di calci , lo dissetarono …sputandogli

ed orinandogli in bocca , gli tormentarono il corpo con una pugnalata in ogni poro , gli attanagliarono i testicoli , gli perforarono i timpani degli orecchi , lo macerarono nel sangue

e nel fango del fosso tra sghignazzate oscene e ingiurie atroci.

--Uccidetemi !……Non vi chiedo che di uccidermi ! --rantolava la vittima con la lingua ingrossata e le labbra inturgidite dall'arsura e dagli spasimi.

--Schianta, miserabile !……..Non ti finiremo che per ricominciare sugli altri compagni tuoi .

Alle quattro del mattino le iene del re si accanivano ancora a dilaniare le martoriate carni dell'agonizzante . E solo il sorgere imminente dell'alba le indusse a nascondere al

raccapriccio del giorno l'orrendo spettacolo della loro scelleratezza.

All'ospedale dopo sei ore di terrificante supplizio , il medico di guardia , affondava il colpo di grazia nel cuore di Dante Carnesecchi

 

Quando sulle prime ore del mattino nell'apprendere la tragica notizia , accorremmo sul luogo del misfatto , trovammo una donna ancora impalata sulla soglia di casa da dove

aveva assistito allo svolgersi della scena spaventosa . col corpo in sussulto e le pupille dilatate dall'orrore , essa lanciava grida di uno strazio extraumano , strappandosi

disperatamente i capelli come una furia .

Invano si tento' d'interrogarla. Non sapeva piu emettere che urla terribili .Aveva perduto la favella.

Invano si cerco' di condurla nell'interno della propria dimora .Rimase la' sull'uscio , come se vi fosse stata radicata , cogli occhi terribili , fissi verso il luogo della scena tremenda .

La poveretta era impazzita . irremediabilmente impazzita di spavento e d'orrore .

Sul macabro marmo della camera mortuaria , rigido e sospeso dalla tensione dei tormenti , il corpo armonioso di dante Carnesecchi non presentava uno spazio dove il pugnale

non si fosse affondato . Il viso era stato ridotto da una tempesta di nerbate , ad una maschera spaventosamente tumefatta. Mentre lo contemplavamo angosciati in silenzio ,

entro' col respiro affannoso e il passo concitato , una donna bassa e massiccia .

Ella , si chino' trepida sul cadavere , lo bacio', lo abbraccio' , e con voce che tradiva la commozione lo chiamo' per l'ultima volta :

--Dante !…..

Era la madre . In quel momento , impallidirono i nostri volti silenziosi , ed un groppo ci serro' la gola .

In quella stessa ora , in una sala del Comando di Tenenza , mandanti e mandatarii , banchettavano gioiosamente , brindando all'eroismo dei sicari .

Quando ella si rialzo', il suo ciglio era asciutto . Ci riconobbe . Ci mosse incontro' . E con uno sguardo senza lacrime in cui un intenso dolore commisto ad un intenso odio

lampeggiavano implacabili , ci disse :

--Non resta che vendicarlo !

Mai , durante la mia vita , conobbi madre piu' di questa degna dello stoico eroismo del proprio figlio .

E non l'abbiamo ancora vendicata ……

 

Auro d'Arcola

 

( debbo questo articolo all'immensa cortesia della signora Fiamma Chessa-- Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia )

 

 

 

 

 

 

LIBRI SU DANTE CARNESECCHI

 

 

Questa ricerca ha finalmente stimolato la fantasia degli scrittori

 

 

MAURIZIO CASAROLA

 

La Nazione – (on – line) – 27/10/10 - pag. 7

VEZZANO


DANTE Carnesecchi, il leggendario anarchico vezzanese, l’uomo descritto al ritorno dall’America con il fucile e la chitarra, tra i personaggi principali del libro del viaggiatore e storico Maurizio Casarola che sarà presentato domani, giovedì, alle 18 nella sala del consiglio comunale. Proprio Carnesecchi, il giovane militante che andò a 21 anni a New York e probabilmente partecipò alla rivolta dei minatori del Colorado e poi tornato nel territorio per lottare strenuamente in nome della libertà, fu tra i protagonisti anche del famoso assalto della polveriera a Vallegrande. Questa storia avvolgente e altre figure rimaste leggendarie nel libro "Per l’Imperatore e per il Re", edito da Arterigere, dello scrittore che si dedica da anni alla storia della Prima Guerra Mondiale, con particolare attenzione alla memorialistica dei reduci. Nel romanzo, che sarà introdotto dall’assessore Paola Baldini, Maurizio Casarola, rivela fatti realmente accaduti e ai più sconosciuti nel corso della Grande Guerra Mondiale attraverso la figura di Ivan Gulla, suo trisavolo e suddito di Francesco Giuseppe, che nel suo viaggio in Europa tra il 1914 e il 1918 incontra anche l’anarchico Carnesecchi. L’autore, infatti, ricostruisce nel libro tutti i luoghi citati e che ha visitato personalmente nell’arco di quattro anni fra i quali Vezzano Ligure.
C.G.

 

Maurizio Casarola utilizza Dante carnesecchi in un luogo in cui non puo' essere stato , Inventando una situazione che Dante avrebbe potuto vivere nella realta'

 

 

 

 

MARIA SCARFI CIRONE

 

Questo romanzo si rifa'strettamente a questa mia ricerca

 

Il romanzo di MARIA SCARFI CIRONE per le edizioni CAPPELLO

L'ODORE SELVAGGIO DELLA NOTTE

utilizza infatti la mia ricerca colmandone i vuoti documentari con elementi romanzeschi frutto della creativita' di Maria Scarfi

 

 

 

 

 

 

Dalla mia ricerca anche la voce di Dante Carnesecchi su Wikipedia e su Anarchopedia 

E sul sito francese http://militants-anarchistes.info/spip.php?article7160

 

CARNESECCHI, Dante, Fortunato, Guido

Né à Vezzano Ligure le 12 lars 1892 – assassiné le 27 mars 1921 - Charpentier - USA - La Spezia

mercredi 2 février 2011

Dante Carnesecchi, orphelin de père à l’âge de 9 ans, avait commencé à travailler très jeune comme charpentier et, après avoir été réformé du service militaire en 1912 était parti pour la France où, il aurait probablement commencé à fréquenter les milieux anarchistes. Il s’était embarqué au Havre en mai 1913 à destination des Etats-Unis où il était enregistré à Ellis Island le 26 mai. Il y aurait participé à Pueblo aux grèves et révoltes des mineurs de charbon du Colorado qui de septembre 1913 au printemps 1914 concernèrent plus de 10.000 mineurs et leurs familles et au cours desquelles furent massacrés plus de 70 grévistes et des centaines d’autres emprisonnés.

Rentré sans que l’on en connaise la raison en Italie en novembre 1915, il était immédiatement envoyé au front, avant d’être définitivement réformé pour épilepsie (semble-t-il simulée) en avril 1916.

Dante Carnesecchi, qui travaillait à l’usine Vickers de La Spezia, fut ensuite lié aux milieux anarchistes individualistes et notamment à Abele Ricieri Ferrari Renzo Novatore qui fut plus tard membre du groupe illégaliste de Sante Pollastro et à Tintino Persio Rasi Auro d’Arcola .

Le 13 juin 1919 il aurait participé à la manifestation de Santo Stefano Magra où avait été tué un carabinier, du meurtre duquel il fut finalement innocenté par la Cour d’Assises.

Il fut également accusé par la police d’avoir participé avec Renzo Novatore et une quinzaine d’autres compagnons le 4 juin 1920 à l’attaque de la poudrerie de Vallegrande où le groupe s’était emparé de plusieurs armes avant de s’enfuir, puis d’avoir participé le 2 septembre à l’occupation du chantier naval Ansaldo de La Spezia , déclaré " propriété du prolétariat " et où avait été hissé un drapeau rouge portant la mention " Chantier du soviet ".

Arrêté le 28 septembre pour l’affaire de la poudrerie, Dante qui avait été surnommé " le terrible " par la presse, resta six mois en prison préventive à Sarzana avant d’être remis en liberté faute de preuves.

Dante Carnesecchi qualifié comme " d’une force herculéenne " était selon son compagnon Abele Ricieri " une des plus belles figures de l’anarchisme individualiste…un solitaire qui avait peu d’amis…un volcan impétueux et critique dans les débats " (cf. Il Libertario, 7 octobre 1920), fut assassiné le 27 mars 1921 à Termo d’Arcola par un groupe de sept carabiniers, alors qu’il sortait de chez lui avec son oncle Azeglio et un ami, Franceschini. Les trois hommes avaient été violemment frappés avant que Dante ne soit froidement abattu par le brigadier des carabiniers qui prétendra avoir agi en légitime défense et dont la version reprise par la presse conservatrice sera dénoncée le 29 mars par Lucia Carnesecchi (née Fontana, 1862-1942) la mère de Dante.

L’enterrement de Dante Carnesecchi fut l’occasion d’une importante manifestation rassemblant anarchistes, communistes, socialistes et syndicalistes de La Spezia.

Sources : Dizionario biografico degli anarchici…, op. cit. (Notice de F. Bucci, R. Bugiani & M. Lenzerini)// L’Adunata dei refrattari, 11 mai 1929// Dante Carnesecchi//

 

 

 

 

 

 

 

 

Un Trentennio di attività anarchica (1914-1945)‎ - Pagina 53

di Anarchism Collection (Library of Congress), Paul Avrich Collection (Library of Congress) - 1953 - 215 pagine

Cade in un conflitto coi carabinieri, nei pressi di Arcole (La Spezia), l'
anarchico Dante Carnesecchi. 7 aprile. — In seguito alle cessate pubblicazioni
del ...

Visualizzazione frammento -

 

Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza‎ - Pagina 183

di Pietro Secchia, Enzo Nizza - 1968

Ad Arcola (La Spezia), ucciso dal carabinieri l'anarchico Dante Carnesecchi, 28
marzo: ad Alessandri^, nel corso di un'aggressione fascista appoggiata da ...

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I partiti operai in Liguria nel primo dopoguerra‎ - Pagina 155

di Gino Bianco, Gaetano Perillo - 1965 - 166 pagine

... Dante Carnesecchi, parteciparono attivamente al movimento). La
partecipazione anarchica all'occupazione delle fabbriche si sviluppò secondo una
precisa ...

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Almanacco delle effemeridi storiche‎ - Pagina 31

di Ivan Guerrini - 1969 - 117 pagine

1921 Ad Arcola (La Spezia) in un conflitto contro i carabinieri, cade l'
anarchico Dante Carnesecchi. 28 — 1483 A Urbino nasce il grande pittore
Raffaello ...

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Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia (1919-1930)‎

di Antonio Bianchi - 1981 - 309 pagine

Pagina 148

Seguirono altri giorni di tensione per l'uccisione di un noto anarchico
individualista, Dante Carnesecchi, che, disarmato, aveva tentato di sfuggire ai
...

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Le armi del fascismo: (1921-1971).‎

di Pietro Secchia - 1971 - 173 pagine

Pagina 120

... Comunista," Gino Mugnai e Antonio P trucci, a Certaldo l'anarchico Ferruccio
Scarselli, a La Sp zia l'anarchico ... l'anarchico Dante Carnesecchi. ...

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Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1919-1922‎

di Mimmo Franzinelli - 2003 - 464 pagine

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003