contatti : pierluigi18faber@libero.it

indice generale : http://www.carnesecchi.eu

 

 

Storia dell'arte

 

 

 

E' sempre da tenere in considerazione la forte presenza dei Carnesecchi ai vertici dell'ARTE DEI MEDICI E DEGLI SPEZIALI a cui s'immatricolavano anche i pittori.

Infatti possiamo vedere una costante presenza dei Carnesecchi tra i consoli dell'ARTE .Vedi http://www.stg.brown.edu/projects/tratte

Questo presupponeva conoscenza personale coi pittori ed un eventuale rapporto di committenza privilegiato

 

 

 

 

Tracce   …………Un opera segnalata dalla dottoressa Scalella ; nel quadro lo stemma dei Duranti e dei Peruzzi

 

Anonimo : Madonna e Santi con stemma dei Duranti e dei Peruzzi

 

 

 

aestro Francesco , attribuito

Madonna con Bambino tra angeli e Santi

dipinto

Museo dello Spedale degli Innocenti

Firenze

(Altezza per Larghezza) 99 x 56

SBAS FI 236505 (fotografia b.n.)

ex art. 15 n. 12595 (diapositiva colore)

 

Al nome di "Maestro Francesco", letto da E. Borsook su una tavola della chiesa di S. Maria a Quarto, è stato legato un gruppo di opere proposto dall'Offner (in E. Borsook), che comprende anche il dipinto degli Innocenti e che lo studioso riteneva dell'ignoto "Master of Raised Haloes". Contemporaneamente alla lista dell'Offner, Zeri ha proposto un altro elenco di opere raccolte attorno alla stessa tavola di S. Maria a Quarto, che lo studioso attribuiva ad un anonimo "Maestro del Cristo Docente"; l'elenco dello Zeri comprendeva anche la tavola degli Innocenti. Offner (cit. in Borsook) ritiene che la tavola fosse in origine la parte centrale di un polittico.

 

 

 

 

 

Masolino   ...............Masolino : la Madonna Boni-Carnesecchi o Madonna di Brema ( 1423 )

 

 

Masolino : Madonna Boni-Carnesecchi 1423 : Quanta misericordia e' in Dio---si notano gli stemmi dei Boni e dei Carnesecchi

 

 

 

Santa Maria Novella   …………Tracce dei Carnesecchi

Santa Maria Maggiore   Santa Maria Maggiore descritta da Giuseppe Richa : Notizie istoriche delle chiese fiorentine

Santa Maria Maggiore   Le Cappelle Carnesecchi in Santa Maria Maggiore

Santa Maria Maggiore   La Cappella di Pagolo Carnesecchi : Masaccio , Masolino , Paolo Uccello ;e con alcune considerazioni dei dottori Frosinini e Bellucci

Santa Maria Maggiore   Uno studio del dr Hugh Hudson sulla Cappella Carnesecchi e Paolo Uccello

Masaccio  ……………………………..Il trittico di San Giovenale di Masaccio

 

 

 

 

Masaccio , Masolino : Trittico della capella di Paolo Carnesecchi----ricostruzione della dr.essa Frosinini OPD-Firenze : La Madonna con bambino e' stata rubata negli anni 20

 

 

Madonna di Masolino scomparto centrale del trittico Carnesecchi

La Madonna col Bambino, conservata nella chiesa di Santa Maria a Novoli, nella periferia fiorentina, venne trafugata il 31 gennaio 1923 e mai più ritrovata

 

 

San Giuliano di Masolino --trittico Carnesecchi-- ora nel Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte, Firenze

 

 

Predella di Masaccio --trittico Carnesecchi-- ora nel Museo Horne Firenze

 

 

 

 

Un tabernacolo di Domenico Veneziano  ……………………………..Una notizia poco conosciuta : Bernardo Carnesecchi committente di Domenico Veneziano

 

 

 

 

 

 

 

 

Domenico Veneziano : Tabernacolo Carnesecchi 1440 circa

 

 

 

storia dei Carnesecchi< …………………………………………………Il palazzo Quarantotti a Pisa

Giovanni di ser Giovanni di Mone detto lo Scheggia  Matrimonio Carnesecchi - Lanfredini : Un cassone di Giovanni di ser Giovanni di Mone detto lo Scheggia

 

 

Lo Scheggia : Cassone per il matrimonio di Giuliano Carnesecchi e Cassandra Lanfredini--stemmi Carnesecchi-Lanfredini

 

 

Sotheby’s

 

 

 

 

 

Santa Maria del fiore   …………Tracce dei Carnesecchi

Palazzi   …………Le case dei Carnesecchi

 

 

Immagini di Pietro Carnesecchi

 

 

 

Esistono alcune immagini che ritraggono Pietro Carnesecchi

 

2 di Domenico di Bartolommeo Ubaldini detto il Puligo : 1 conservato agli Uffizzi 1 conservato a Palazzo Pitti

 

 

 

 

 

ritratto giovanile Pietro Carnesecchi vittima dell'inquisizione nel 1567.

 

 

  • ritratto di Pietro Carnesecchi
  • dipinto
  • Galleria degli Uffizi
    Firenze
  • (Altezza per Larghezza) 59.5 x 39.5
  • Inventario 1890, n. 1489 (1890 post)
  • SBAS FI 177961 (fotografia b.n.)
    SSPM FI 555971 (fotografia digitale)
    ex art. 15 n. 25474 (diapositiva colore)

Il passaggio del dipinto dalla Guardaroba agli Uffizi avvenne nel 1787, ma su questo episodio non sono stati trovati documenti certi. La tradizione lo attribuisce ad Andrea del Sarto; fu il Gamba , sulla base delle indicazioni del Vasari, a riconoscervi la mano del Puligo e ad identificare nel personaggio ritratto Pietro Carnesecchi, riconoscimenti confermati unanimamente dalla critica successiva. Un altro supposto ritratto del Carnesecchi, sempre attribuito al Puligo, si trova ad Oakley Park nella collezione Earl of Plymonth. Scrive il Vasari: "Fra molti ritratti che Domenico fece di naturale, che tutti son belli e molti somigliano, quello e' bellissimo che fece di Monsignor messer Pietro Carnesecchi, allora bellissimo giovanetto". Il Vasari stesso riproduce questo ritratto nella volta della sala di Clemente VII in Palazzo Vecchio, in un ovale nel quale e' raffigurato Clemente VII che impone la berretta cardinalizia a Ippolito de'Medici. "... e' M. Piero Carnesecchi, segretario gia' di Clemente che allora fu ritratto quando ancora era giovanetto,ed io dal ritratto l'ho messo in opera". Il Carnesecchi infatti, imparentato per parte di madre con il cardinal Bibbiena, fu segretario di Clemente VII, ma dopo il 1540 abbraccio' la Rifoma secondo le dottrine valdesi: fu perseguitato, decapitato e bruciato su ordine del Tribunale dell'Inquisizione, il primo ottobre 1567, sotto il pontificato di Pio V. Nel 1527 si era recato a Firenze, sfuggendo al sacco di Roma. Aveva allora diciannove anni e il ritratto in esame dovette essere dipinto in quel periodo, poiche' il Puligo mori' in quello stesso anno.

 http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp

 

 

 

 

Riporto questo estratto

 Domenico di Bartolomeo Ubaldini detto il Puligo (Firenze 1475--1527 )

Uomo con le mani alla cintola ( Palazzo Pitti )

 

 

L'arte italiana del Rinascimento, Volume 3‎ - Pagina 299

Jacob Burckhardt - 1994 - 345 pagine

... (Ritratto di Domenico Carnesecchi); infine l'opera alla National Gallery è
il Ritratto virile (Paolo da Terrarossa) di Andrea del Sarto]. ...

Visualizzazione frammento

 

 

Mi sembra che il personaggio raffigurato sia stato identificato nel pronotaro Piero Carnesecchi

Non so quindi capire se Jacob Burckhardt segua questa tesi e Domenico sia un errore tipografico per Piero , o se Jacob Burckhardt dia una nuova identificazione del personaggio raffigurato in un Domenico Carnesecchi

 

Puligo Domenico

ritratto d'uomo

dipinto

Galleria Palatina e Appartamenti Reali

Firenze

(Altezza per Larghezza) 106 x 74

Inventario Palatina, n. 184 (1912)

SBAS FI 97873 (fotografia b.n., intero)

Alinari 298 (fotografia b.n.)

Brogi 2895 (fotografia b.n., intero)

ex art. 15 n. 2843 (diapositiva colore)

 

 

 

Il ritratto è stato attribuito dalla critica ad Andrea del Sarto, a causadella sua alta qualità, fino al 1909, quando Carlo Gamba lo ha assegnato al Puligo e da allora questa attribuzione è stata condivisa da tutti gli studiosi. Maggiori problemi ha creato l'identificazione dell'uomo. Dai critici che hanno ritenuto il quadro opera di Andrea del Sarto, nell'Ottocento, è stato inizialmente considerato un autoritratto e con tale identificazione è stato trasportato a Parigi e citato nei cataloghi ottocenteschi della Galleria fiorentina. Ma già nel 1891, il Venturi cita il dipinto semplicemente come un ritratto di "nobile giovane fiorentino" realizzato da Andrea del Sarto, mentre altri studiosi dell'opera dell'artista hanno proposto altre identificazioni: il Biadi (1829) avanza l'ipotesi che si tratti del perduto ritratto del "Commesso di Vallombrosa", lo Jacobsen (1901) vede nel modello la stessa fisionomia del "Ritratto di uno scultore" della National Gallery di Londra (n. 690), mentre il Banchi ci vede quella del "Doppio Ritratto" della Palatina (inv. 1912, n. 118), anch'esso già considerato un autoritratto di Andrea del Sarto con la moglie del Bardi (1837), in realtà probabile opera di Tommaso di Stefano Lunetti (cfr. Padovani S. in Andrea del Sarto, 1986, pp.181-183). Infine il Guinness (1899) cita il quadro in esame più genericamente come un ritratto di artista e lo Knapp (1907) ritiene che non sia un autoritratto ma una copia di un originale perduto del Sarto. Ma già il Biadi (1829), il Bardi (1837), il Reumont (1835) e lo Jacobsen (1901) avevano notato una somiglianza con il ritratto degli Uffizi, inv. 1890, n. 1489. Sulla base di questa somiglianza, nel 1909 lo Schaeffer - che cinque anni prima aveva considerato il dipinto un autoritratto di Andrea del Sarto - ritiene che i due quadri, questo di Pitti e quello degli Uffizi, siano entrambi ritratti di Pietro Carnesecchi: il primo però realizzato da Andrea del Sarto, il secondo, meno grandioso, dal Puligo, come ci ricorda il Vasari. Lo stesso anno, e indipendentemente, giunge alla medesima conclusione anche il Gamba che, però, come visto, attribuisce anche il ritratto di Pitti al Puligo. La critica successiva non ha più messo in discussione l'identificazione e l'attribuzione proposte dal Gamba, tranne il Costamagna e la Fabre (1986). Infatti i due studiosi ritengono che i due ritratti sopracitati, pur essendo entrambi realizzati dal Puligo, non rappresentano la stessa persona e la loro somiglianza è solo apparente, dovuta alla tendenza a creare volti stereotipati propria dell'artista: dal momento che il ritratto degli Uffizi rappresenta sicuramente il Carnesecchi sulla base della testimonianza del Vasari, il ritratto della Palatina ha un'identità sconosciuta e è databile intorno la 1525. Ci sentiamo di condividere l'opinione del Costamagna e della Fabre, accostando il dipinto, da un punto di vista stilistico, oltre che al ritratto di Oakly Park, alla "Madonna con Bambino e San Giovanni Battista della Palatina (inv. 1912, n. 145), entrambi databili in questi anni (Capretti 1988-1989). La critica recente è concorde nel considerare il dipinto opera della maturità dell'artista.

 

 

 

 

 

 

 

Il terzo e' questo :

 

 

 

 

Autore: Van der Straet Jan detto Giovanni Stradano: 1523/ 1605

Vasari Giorgio: 1511/ 1574

Soggetto: papa Clemente VII nomina cardinale il nipote Ippolito de' Medici | Soggetti profani. Personaggi: Clemente VII Ippolito de' Medici Lorenzo Pucci (cardinale Santiquattro) Girolamo Barbolani di Montaguto cardinale Franciotto Orsini Giovanfrancesco da Mantova Giovanni Battista Ricasoli (vescovo di Pistoia) vescovo Tornabuoni Alessandro Strozzi Piero Carnesecchi. Figure maschili: astanti. Abbigliamento: contemporaneo: veste guanto cappelli berretta del papa mozzetta abito cardinalizio tonacella scarpe. Interno. Architetture: gradini. Oggetti: seggioloni a braccioli.

Materia e Tecnica: intonaco/ pittura a olio

Data di creazione: 1556 / 1562

Ambito geografico: FI: Firenze | Palazzo Vecchio o della Signoria: Museo di Palazzo Vecchio

 

STRANISSIMA E' LA DATAZIONE IL SITO DEI BENI CULTURALI

In realta' Ippolito e' fatto cardinale nel 1529 e quindi e' questo episodio a fornire la data ; data confermata dalla giovinezza di Pietro

 

 PARTICOLARE :

 

 

 

 

La quarta immagine e' nel quadro di  Sebastiano del Piombo (Ritratto di Clemente VII benedicente e Pietro Carnesecchi 1533-1534 ) che e' conservato nella Biblioteca Palatina di Parma e di cui non possiedo fotografie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ritratto del banchiere Zanobi di Bartolomeo di Zanobi Carnesecchi

 

 

 

 

 

 

 

VIRGILIO DI RIDOLFO CARNESECCHI ARCHITETTO ED INGEGNERE

 

 

 Santi di Tito , Chiesa di Santa Maria Novella : L'angelo avrebbe i tratti di Virgilio di Ridolfo Carnesecchi

 

 

 

Archivio Niccolini da Camugliano< ………………Contratto di fondazione della cappella in Santa Maria Maggiore( cortesia dr.essa Rita Romanelli )

Tracce   …………alcune altre piccole cose

storia dei Carnesecchi< …………………………………Una lettera importante di Anton Francesco Doni a Simone Carnesecchi

I giardini delle Tuileries in Francia < …………Bernardo Carnesecchi per incarico di Caterina dei Medici progetta i giardini delle Tuileries a Parigi

 

 

 

I giardini delle Tuileries a Parigi progettati da Bernardo Carnesecchi

 

 

Bernardo Carnesecchi.
Jardinier de Catherine de Medicis.

Lorsque Catherine de Medicis fit entreprendre , aux tuileries , un nouveau palais sur les terrains de la proprieté qu'elle avait récemment acquise , elle ordonna de pousser les travaux avec activité et recourut aux services d'un nombreux personnel.A la tete de cette administration figurait le célèbre Pierre de Gondi , évèque de Paris , puis Cardinal , qui était en réalité le simple représentant de sa mère , Marie de Pierrevive , la favorite de la reine mère,femme d'Antoine de Gondi , sieur du Perron et ( commissaire à l'intendance ) de la nouvelle demeure royale.Cette dame , qui semble avoir eu à cet egard des dispositions remarquables , pour ne pas dire du talent , fut une veritable '' intendance des batiments''.Son role est d'ailleurs bien connu.
Un ordonnateur , Antoine Nicolay , premier président à la chambre des Comptes , était adjoint à l'intendance , ainsi qu'un controleur general , pour les dépenses , Guillaume de Chapponay.Bernard Palissy et ses parents , Nicolay et Mathurin , furent chargés de la décoration .Le grand potier fit dans le parc de la reine un cabinet de verdure avec une grotte,ornée d'animaux et autres sujets émaillés.Les deux architectes qui travaillèrent aux batiments furent Philibert de l'Orme et Jean Bullant.
Mais la reine désirait moins se creer une nouvelle demeure , qu'elle considérait comme inutile , qu'une villa à l'italienne , avec un jardin de plaisance '' ombreux ; animé de statues et egayé d'eaux jaillissantes''.Elle s'interessa donc , avant tout , à l'établissement du parc et aux plantations , qui y furent faites avec art , gout et science.Divers jardiniers et pepinieristes figurent à plusieurs reprises dans les comptes , dressés en 1571 , pour les travaux des Tuileries: ce sont Bastien Tarquin , Jehan Paillart , Jehan Espallard , Girard Auglard et René Le Notre.( Dans les ecoles en france l'histoire semble comme simplement avec ce dernier personnage , pour faire de l'ombre à la vérité,etrange.
La direction d'un des services du jardinage fut confiée à un noble florentin , dont la famille est connue et dont le nom à ete signale a plusieurs reprises.Cet étranger , parent d'Italiens établis à Lyon et à Paris , ou venu de sa patrie à l'appel de Catherine , se nommait Bernardo Carnessechi et était '' gentilhomme servant de la reine et intendant des plants du jardin des Tuileries.

 

 

 

storia dei Carnesecchi< …………………………………………………….Un ritratto del cavaliere Virgilio Carnesecchi

 

Una Carnesecchi madre di molti figli< ……………………………… Maddalena Carnesecchi ed i suoi dicianove figli dipinti da Lorenzo Lippi

 

Un dipinto di Alessandro Allori detto Bronzino< ……………………………… Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo acquista da Alessandro Allori il suo dipinto " Susanna e i vecchioni"

 

 

Alessandro Allori : Susanna e i vecchioni : opera acquistata da Zanobi di Bartolomeo Carnesecchi

 

 

 

 

Santa Maria Novella ---Chiostro grande--- flagellazione di San Domenico

Cosimo Gamberucci ( 8 gennaio 1562 – 24 dicembre 1621)

Il forestiero istruito Santa maria Novella----Vincenzio Fineschi---1790

 

http://books.google.it/books?id=q6kAAAAAcAAJ&pg=PA57&dq=carnesecchi+girolamo&hl=it&ei=ibowTausAcuSswa_wJH5CQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4&ved=0CDIQ6AEwAzgK#v=onepage&q=carnesecchi%20girolamo&f=false

vi esprime S. Domenico inatto di disciplinarsi , ed è ben fatto quel Crocifisso, avanti al quale il Santo fa orazione , con quella gloria nell' Angiolo rappresentata , in atto di mostrargli tre corone; ed è pittura del mentovato Cosimo Gamberucci, il quale la dipinse a spese di Francesco Carnesecchi

 

 

 

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Maddalena Carnesecchi negli Strozzi (datazione ritratto XVI secolo) : Uffizi Firenze

 

 

 

Lucrezia Carnesecchi nei Nasi (datazione ritratto 1600-1649) : Uffizi Firenze

 

  • dipinto
  • Firenze
  • (Altezza per Larghezza) 69 x 56
  • Poggio Imp., 601 (1860)
  • SBAS FI 474873 (fotografia b.n.)
    SBAS FI 474874 (fotografia b.n., particolare)

http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp 

 

 

 

Maria Carnesecchi nei Rucellai (datazione ritratto XVII secolo) : Uffizi Firenze

 

 

  • ritratto di Maria Carnesecchi nei Rucellai
  • dipinto
  • Galleria Palatina e Appartamenti Reali
    Firenze
  • (Altezza per Larghezza) 59 x 44.5
  • Inventario 1890, n. 2284 (1890 post)
  • SBAS FI 136471 (fotografia b.n.)
    ex art. 15 n. 3811 (diapositiva colore)

 

I ritratti della serie detta delle bellezze di Artimino sono pervenuti indoppia versione, al'petto' e al ' gomito'. Una delle due versioni era probabilmente destinata alle nobildonne o alle loro famiglie. La serie, iniziata alla fine del secolo XVI, fu terminata entro il 1638. Il nucleo principale (quarantaquattro ritratti) e' databile comunque entro il 1606. Infatti dai documenti pubblicati dal Chappel si ricava che una prima serie di ventitre' ritratti fu pagata nel 1601 e una seconda di ventuno tra il 1603 e il 1606. In alcuni pagamenti della seconda serie (certamente copia della prima) , compare il nome di Achille di Baldassarri Granre pittore della bottega di Jacopo Ligozzi, attivo come ritrattista per i Medici. Dai documenti si deduce che sono probabilmente suoi i ritratti di Settimia Magalotti, Maria Pucci, Ludovica Antinori Falconetti, Maddalena Strozzi Bardi, Costanza di Lioni Ricci, dei quali sono conservati solo gli ultimi due. Non potendo pero' stabilire con certezza quale sia la serie originale e quale la copia (anche se e' piu' probabile che l'originale sia la versione al gomito) non si puo' determinare quali ritratti abbia eseguito il Granre. Per quanto riguarda i dipinti documentati nel 1601, il Chappell fa il nome di Matteo Confortini, pittore noto per pagamenti di ritratti non meglio precisati, attivo negli anni fra il 1585 e il 1633. Ma in una lettera del 28 maggio 1600 al Granduca Ferdinando(ASF, Mediceo 5962, c. 523) , Cristina di Lorena nomina come artista scelto per l`esecuzione della serie, un certo " Zoppo pittore" che potrebbe essere Francesco Mati citato dal Gabburri proprio come 'Zoppo' e che era allievo di Alessandro Allori. A parte l'identificazione dei nomi, nella serie sono individuabili, secondo la Meloni, due mani, una piu' antiquata e rigida nei ritratti delle dame col doppio collo di merletti, e una piu' moderna nei ritratti delle donne col colletto piu' rigonfio e con gli orecchini a grappolo d'uva. Nel 1676, trentasei tele sono registrate nell' Inventario generale della Guardaroba e poco dopo trenta (le stesse?) entrarono in Galleria. In data imprecisata i ritratti giunsero al Poggio Imperiale dove furono inventariati nel 1836. Alcuni ritratti tornati agli Uffizi furono nuovamente inventariati nel 1890. Altre tele mantengono invece solo il numero di Poggio Imperiale, dove ancora sono conservati dieci dipinti.

 http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp

 

 

 

 

 

 

 

Per le notizie di carattere generale su tutta la serie si veda scheda n. 51. Il Richa (Notizie Istoriche…, Firenze, MDCCLV, parte seconda del quartiere di Santa Croce, p. 224) parlando delle "anime feconde" del Convento di Santa Verdiana ricorda "..la beata Caterina Carnesecchi, una delle fondatrici del Convento dello Spirito Santo, la quale poi tornata in questo monastero, morì in concetto di santità". Ciò avvenne secondo l'iscrizione del 1531. La presenza del pastorale nel ritratto indica che la beata fu anche badessa. Opera di valore prevalentemente agiografico, si può collocare stilisticamente alla fine del sec. XVIII.

 

 http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp

 

 

 

 

 

TABERNACOLO DI SANTA TEA A CASCIA-REGGELLO

 

Adesso passiamo invece all’analisi del nostro affresco nel Tabernacolo di Santa Tea che comunque non ci farà uscire da tale contesto, visto che la datazione si può far risalire intorno al 1510, di scuola del Ghirlandaio, si tratta del Matrimonio Mistico di Santa Caterina d’Alessandria, con i Santi Giovanni Battista, Pietro, Francesco e probabilmente Giovenale.

 

 

Una delle caratteristiche dell’immagine che mi ha portato a datarla ai primi anni del ‘500, è la costruzione piramidale delle figure, questa è stata l’innovazione che ha portato Leonardo da Vinci nella sua Vergine delle Rocce commissionata nel 1483 dalla Confraternita della Concezione di Milano. Tale struttura ha avuto poi riscontro in tutti gli artisti rinascimentali, ..........

professoressa Alessandra Ceccherelli

 

 

 

 

 

Il Palazzo dei Vicari a Scarperia

 

Tra i diversi affreschi anche questo che e' legato ad un vicario Carnesecchi

 

L´affresco è posizionato sull’arco che sovrasta la seconda rampa di scale, raffigura un’Annunciazione ed è incorniciato da una graziosa decorazione a tralci vegetali. 

 

 

Annunciazione

Datazione: 1620
Tecnica e Materiali: affresco
Autore: Tommaso Cordelli

 

 


Due iscrizioni sulla base ricordano Giovanni Carnesecchi, vicario tra il 1620 ed il 1621 ( a cui appartiene lo stemma) , e Tommaso Cordelli, notaio cerretese suo collaboratore ed autore dell’opera.

 

 

 

 

 

 

 

Da Wikipedia Palazzo del Podesta' a Galluzzo

 

Ceramica Della Robbia

 

 

 

 

 

  

 Ritratto dell’arcidiacono Antonio Carnesecchi, olio su tela, sec. XVIII

Duomo di Pienza, Siena

Per la cortesia della dottoressa Elena Trapassi

 

 

 

 

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Armatura infantile

 

Dal libro :

Armi e armati: arte e cultura delle armi nella Toscana e nell'Italia del tardo Rinascimento dal Museo Bardini e dalla collezione Corsi : Cracovia, Muzeum Sukiennice, 19 novembre 1988-29 gennaio 1989, Firenze, Museo Bardini, 18 marzo-30 giugno 1989

 

Nel Museo Waffensammlung di Vienna WS A 1526

 

 

 

 

 

che fu di un discendente di Pietro Carnesecchi (1508-1567), Paolo Francesco Carnesecchi, divenuto cavaliere di Malta

 

ovviamente non e' un discendente perche' Pietro non ebbe figli , ma di un discendente da un fratello di Pietro ,

Paolo Francesco e' l'unico cavaliere di Malta tra i Carnesecchi

 

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http://www.culturaitalia.it/pico/

 

 

 

 

 Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo di Zanobi

http://www.panoramicearth.com/5408/Florence/Chiesa_di_Santa_Maria_Maggiore_Church

 

 

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

Stemma Carnesecchi Velluti : Matrimonio di Bartolomeo con Maria Velluti madre quindi di Zanobi

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Velluti

Indicazioni sul soggetto: Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: drappo cornice a volute cherubino mascherone.

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

 

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo di Zanobi

 

 

 

 

 

 Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Zanobi Carnesecchi di Bartolomeo

 Stemma Carnesecchi Capponi : matrimonio di Zanobi con Violante di Piero Capponi

 

Descrizione: Pannello rettangolare incorniciato. Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: mascherone, drappo, volute accartocciate, cherubino.

Stato di conservazione: buono

Soggetto: stemma gentilizio delle famiglie Carnesecchi e Capponi

Materia e Tecnica: marmo/ scultura

Misure: 99 x 55

Data di creazione: 1584 - 1584, sec. XVI (Motivazione cronologia: bibliografia)

Ambito geografico: FI

 

 

 

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Bernardo di Cristofano Carnesecchi ( 1449 circa )

http://www.panoramicearth.com/5408/Florence/Chiesa_di_Santa_Maria_Maggiore_Church

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Bernardo di Cristofano Carnesecchi ( 1449 circa )

http://www.panoramicearth.com/5408/Florence/Chiesa_di_Santa_Maria_Maggiore_Church

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Cappella di Bernardo di Cristofano Carnesecchi ( 1449 circa )

http://www.panoramicearth.com/5408/Florence/Chiesa_di_Santa_Maria_Maggiore_Church

 

 

 

 

 

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principalmente dovremmo trovare testimonianze dei Carnesecchi in cinque chiese : Santa Maria Novella , Santa Maria Maggiore , San Pietro a Cascia , San Siro a Cascia , San Tommaso a Ostina

 

NELLA CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE ESISTONO LE SEPOLTURE DEI CARNESECCHI

 

 

Lastra tombale di Luca di Filippo Carnesecchi

 

Tipo: Oggetto fisico - lastra tombale

Tipo di scheda: Opere e oggetti d'arte

Categoria: Opere e oggetti d'arte

Autore: Mariotto di Nardo (notizie 1394-1424 ca.) - Motivazione dell'attribuzione: bibliografia

Stato di conservazione: discreto

Soggetto: stemma gentilizio della famiglia Carnesecchi

Indicazioni sul soggetto: Oggetti: scudo araldico.

Materia e Tecnica: marmo bianco/ incisione | marmo grigio/ incisione | marmo nero/ incisione

Misure: 237 x 87

Data di creazione: 1402 - 1402, sec. XV (Motivazione cronologia: data)

Ambito geografico: FI

 

http://www.culturaitalia.it/pico/  

Santa Maria Maggiore 

 

……vengono poi alla Cappella di Santa Maria Maddalena Penitente tre lapide , delle quali la piu' vicina al pilastro e' di Michele di Filippo de' Carnesecchi

ivi seppellito nel 1401…………..( Richa Giuseppe :Notizie istoriche delle chiese fiorentine ) il Rosselli parla pero’ molto piu’ credibilmente di Luca di Filippo

 

 

 

 

http://www.culturaitalia.it/pico/  

 

 

 

 SANTA MARIA MAGGIORE

Sepoltura di Luca di Filippo (1401 )

Lapide sul pavimento

 

 

 

 

Soggetto: stemma gentilizio della famiglia Carnesecchi

Indicazioni sul soggetto: Oggetti: scudo araldico. Decorazioni: formella polilobata con volute vegetali stilizzate.

Materia e Tecnica: marmo nero/ intarsio/ incisione | marmo bianco/ intarsio/ incisione

Misure: 230 x 90

Data di creazione: 1436 - 1449, sec. XV (Motivazione cronologia: data)

 

http://www.culturaitalia.it/pico/  

 

 

 

 

 

 

 

Santa Maria Maggiore Firenze

Lapide sul pavimento : sepoltura di Zanobi e di Cristofano Carnesecchi anno 1436

Fotografia fornita da Ilio Carnesecchi

 

La data della lastra sepolcrale e' 1436 pero' Zanobi e Cristofano erano morti negli anni 1416 e 1417

 

 

 

 

 

NOTE

 

HUGH HUDSON dice che Bernardo di Cristofono Carnesecchi ordino' a Giovanni di Francesco Del Cervelliera da Rovezzano un crocifisso per la sua cappella in Santa Maria Maggiore

 

 

 

 

 

 

Un libro d'ore Carnesecchi Capponi conservato alla Trivulziana di Milano

spett.le Società Storica Lombarda

Trovo sul vostro sito :

 

– Persone, Luoghi, Materia, anni XCI – C (1964 - 1973), serie IX, Vol. I-VI , Milano, Cisalpino, 386 pag.

Carnasecchi ( famiglia fiorentina - libro d'ore - III91)……………………………

……………..avrei bisogno di conoscere di quali materiali disponete relativamente a questa famiglia

 

 

le indicazioni da Lei riportate sono tratte dagli indici della nostra rivista "Archivio Storico Lombardo" .

Nell""Archivio Storico Lombardo" 1968 all'interno dell'Articolo di C. Santoro Biblioteche di Enti e di Bibliofili attraverso i codici della Trivulziana alla pag. 91 sotto la voce bibliofili si trova la seguente frase:

"... CARNASECCHI e CAPPONI. Per queste due famiglie fiorentine venne eseguito un grazioso libro d'ore, quattrocentesco, con fregi ed iniziali miniate di scuola fiorentina (n. 464) . Porro 330; Santoro p. 90 n. 150 ..."

 

Mentre nell'"Archivio Storico Lombardo" 1971-72-73 all'interno della recensione realizzata da M. Bendiscioli relativa al libro di A. D'Addario Aspetti della controriforma a Firenze (- Pubblicazioni degli Archivi di Stato, LXXVII, Roma 1972) alla pag. 451 compare la seguente frase:

"... La terza serie (nn. XXIII -LXV, p. 413-446) si riferisce a Figure di credenti e associazioni religiose nella Firenze del 1500 e costituisce il maggiore contributo del volume della Storia della spiritualità fiorentina: qui figurano, tra l'altro, copia d'una lettera del Carnasecchi ai "Cardinali dell'Inquisizione" del 9 luglio 1567 ed un dispaccio del residente fiorentino a Roma del 21 sett. 1567 sull'autodafé per la condanna dello stesso Carnasecchi (p. 419) . ...".

 

Restando a Sua disposizione le porgiamo distinti saluti.

Società Storica Lombarda

 

Avete la possibilita' di dirmi dove e' conservato questo libro d'ore ( e a chi posso rivolgermi per saperne di piu' )

cosa vuol dire N.464 ?

cosa vuol dire Porro 330 ?

cosa vuol dire Santoro P90 n.150 ?

Questo libro potrebbe essere un pezzo assai interessante e pochissimo conosciuto !

 

siamo lieti di poterle essere utili, il manoscritto dovrebbe essere conservato presso la biblioteca Trivulziana alla quale consigliamo di rivolgersi. (02.884.63690 / 02.884.63696 Fax 02.884.63698 e-mail: ASCB.Trivulziana@comune.milano.it)

Per "Libro d'ore" si intende un manoscritto di preghiere per la meditazione individuale, il n. 464 dovrebbe corrispondere al numero di inventario della Trivulziana.

 

 

 

 

 

In una vetrina al centro della sala sono esposti alcuni dei doni offerti nel 1633, in occasione della traslazione dell’immagine della Madonna a Firenze, quale ringraziamento per la fine della peste: una coppia di candelieri in argento sbalzato e cesellato donati da Ginevra Carnesecchi, un calice dalla compagnia dei Vanchetoni e la serie di 15 vasi votivi donati da diverse Compagnie (Crocifisso dei Bianchi, S. Ilario a Colombaia, Assunta a S. Piero a Careggi), dal clero metropolitano e da nobili famiglie fiorentine (Strozzi-Machiavelli, Niccolini, Rucellai, Salviati). Anche per la traslazione del 1711 furono offerti oggetti importanti, come la serie di sei candelieri e croce in argento sbalzato e cesellato, donata dal marchese Cosimo Riccardi e ideati - probabilmente - da Massimiliano Soldani Benzi (esposti nel museo), ed il bellissimo paliotto, dono del granduca Cosimo III, eseguito da Cosimo Merlini il giovane e Bernardo Holzmann su disegno di Giovan Battista Foggini, tutt’oggi visibile nella basilica all’altare della Madonna.

 

 

 

 

 

12/02/2002 - Museo del Tesoro di S. Maria all'Impruneta

di Rossella Tarchi

 

La basilica di S. Maria Impruneta deve la sua fama e fortuna al culto dell’immagine della Madonna in essa conservata. La leggenda narra che alcuni cittadini avevano deciso di edificare una chiesa dedicata a Maria. Ma le mura innalzate nel luogo prescelto, il poggio delle "Sante Marie", misteriosamente crollavano durante la notte. Venne così stabilito di affidare al "giudizio divino" la scelta del luogo: i due buoi che trainavano il carro pieno di pietre da costruzione furono lasciati liberi di vagare e si fermarono là dove oggi sorge la chiesa. Nel gettare le fondamenta fu rinvenuta un’icona della Madonna, la stessa che dà nome e titolo al santuario. Tuttavia inizialmente la chiesa dell’Impruneta era soltanto pieve, matrice di almeno ventuno chiese suffraganee. E fu solo nel XIV secolo che, pur conservando il ruolo di plebania, si trasformò in Santuario ed il culto della miracolosa icona incominciò ad imporsi nella vicina città di Firenze. Ogni volta che i fiorentini si sentivano minacciati dalla guerra, da carestie, o da terribili epidemie, la Madonna dell’Impruneta veniva portata processionalmente a Firenze.

Dal 1494 al 1530, uno dei periodi più drammatici della storia fiorentina, l’immagine della Madonna imprunetina venne trasferita a Firenze ben sei volte. Memorabili rimasero nelle cronache dell’epoca, le traslazioni del 1633 e del 1711: fu a seguito di questi due solenni e spettacolari trasferimenti che si incrementò il patrimonio orafo della basilica.

La miracolosa immagine della Madonna è tutt’oggi conservata all’interno della basilica, alla sinistra del presbiterio, entro un tempietto con statue e decorazioni robbiane, che fa da "pendant" a quello di destra, dedicato al Santissimo Sacramento.

Il Museo, inaugurato nel 1987, e situato nella sala collocata nella parte superiore del loggiato eretto dal Silvani, conserva, al suo interno, una splendida collezione di opere in argento, codici miniati e preziose stoffe, che facevano parte dell’apparato liturgico della Basilica e che sono stati in gran parte donati per devozione verso l’immagine sacra della Madonna, da benefattori, granduchi e nobili famiglie fiorentine.

Entrando nel corridoio d’ingresso, troviamo una serie di targhe votive in terracotta raffiguranti l’immagine della miracolosa Madonna dell’Impruneta (XVIII-XX sec.) e quattro formelle decorative di manifattura sempre imprunetina del XVI secolo con soggetti profani: il sole, un battente, un anello, un pavese. Si accede quindi alla grande sala, con soffitto voltato, dei codici miniati. Undici codici esposti in sei vetrine; nella prima sono sistemati i due codici più antichi (terzo decennio del XIV secolo): il Graduale I, attribuito a Lippo di Benivieni, e il Codice II o dei Vespri e Mattutini, di ignoto miniatore di scuola bolognese, ambedue testimonianza di come ormai la miniatura ambiva a lasciare il ruolo di pura decorazione della lettera, e divenire illustrazione del testo.

Nelle tre vetrine successive vi sono gli Antifonari III, IV, V, VI e VII (XIV sec.) eseguiti da miniatori legati, in gran parte, alla bottega di Pacino di Bonaguida. Nelle due vetrine della parete destra sono esposti i codici cinquecenteschi realizzati su commissione dei pievani Andrea Buondelmonti (poi arcivescovo di Firenze) e Filippo Buondelmonti. Nella parete di fondo, polittico attribuito al Maestro del Bargello, raffigurante la Vergine col Bambino tra i santi Pietro, Lorenzo, Giovanni e Stefano (1360-1365), proveniente dalla cappella sul Monte delle Sante Marie all’Impruneta. La saletta di fondo ospita, in un’unica vetrina, l’apparato sepolcrale di Antonio degli Agli, uomo di profonda cultura, pedagogo di papa Paolo II, pievano dell’Impruneta dal 1439 al 1477 e vescovo di Volterra. Gli oggetti esposti sono il velo di lino e seta (manifattura toscana, ante 1477) che ne copriva il volto, e il cuscino, originale per gusto e fattura, rinvenuti entrambi nella tomba del vescovo a seguito della ricognizione delle ossa avvenuta dopo i bombardamenti dell’ultima guerra mondiale.

Nella sala Silvani sono raccolte invece, le preziose argenterie. Entrando, Finimento d’altare composto da quattro candelieri e portacroce con croce in cristallo di rocca ed ebano con riporti d’argento (XVII sec.), eseguito nelle botteghe granducali. Segue il Reliquiario della Sacra Croce (1620) in argento e cristallo di rocca, attribuito all’orafo Cosimo Merlini. La tradizione vuole che sia stato Filippo Scolari (detto Pippo Spano), condottiero dell’imperatore Sigismondo d’Ungheria e conte di Temeswar e Ozora, a donare il prezioso frammento, che, per timore che fosse trafugato, venne nascosto nel cavo di un muro. La reliquia fu probabilmente ritrovata nel 1593 durante i restauri e gli ampliamenti architettonici eseguiti in quegli anni alla pieve. Nel 1620 la granduchessa Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II de’ Medici, fece racchiudere le sante reliquie all’interno del ricco reliquiario, come attesta l’iscrizione incisa sulla cornice del piede.

Nella serie di vetrine centrali sono da segnalare il Reliquiario di San Sisto (1614), di Simone Pignoni, che ripropone, nella forma ad urna con piedi a zampa di leone, il sarcofago che Verrocchio eseguì per la Sagrestia vecchia di San Lorenzo a Firenze; due paci raffiguranti la Crocifissione e l’Assunta (1515), ambedue in argento parzialmente dorato e smaltato, donate dal pievano Andrea Buondelmonti e realizzate dall’orafo Antonio di Salvi, che lavorò anche all’importante dossale di San Giovanni del Battistero fiorentino; la Croce astile attribuita a Lorenzo Ghiberti (1425 ca.) in lamina d’argento con dorature, terminali polilobati e Cristo in argento fuso. E, ancora, la Croce astile in rame dorato inciso e cesellato del XIII-XIV secolo, la testimonianza più antica del tesoro del santuario mariano; il Crocifisso (1635) donato da Andrea Cioli, ministro del granduca Ferdinando II; la pisside del 1637 di Cosimo Merlini, particolarmente interessante per l’uso, da parte dell’orafo granducale, della simbologia eucaristica del pane e del vino (spighe di grano nel piede, acini di uva nei nodo) che conferiscono a quest’oggetto un carattere di estrema modernità.

In una vetrina al centro della sala sono esposti alcuni dei doni offerti nel 1633, in occasione della traslazione dell’immagine della Madonna a Firenze, quale ringraziamento per la fine della peste: una coppia di candelieri in argento sbalzato e cesellato donati da Ginevra Carnesecchi, un calice dalla compagnia dei Vanchetoni e la serie di 15 vasi votivi donati da diverse Compagnie (Crocifisso dei Bianchi, S. Ilario a Colombaia, Assunta a S. Piero a Careggi), dal clero metropolitano e da nobili famiglie fiorentine (Strozzi-Machiavelli, Niccolini, Rucellai, Salviati).

 

Anche per la traslazione del 1711 furono offerti oggetti importanti, come la serie di sei candelieri e croce in argento sbalzato e cesellato, donata dal marchese Cosimo Riccardi e ideati - probabilmente - da Massimiliano Soldani Benzi (esposti nel museo), ed il bellissimo paliotto, dono del granduca Cosimo III, eseguito da Cosimo Merlini il giovane e Bernardo Holzmann su disegno di Giovan Battista Foggini, tutt’oggi visibile nella basilica all’altare della Madonna.

Nelle vetrine successive si segnalano un bacile e mesciroba (inizi XVIII sec.) donato dall’abate Cosimo Serristori, con decorazioni a volute in rilievo che rimandano a disegni del Foggini; una serie di carteglorie e reliquiari sempre degli inizi del XVIII secolo. Fra le donazioni più recenti giunte al santuario vi è il reliquiario di Santa Teodora (1780 ca.), già dono di Pietro Leopoldo all’arcivescovo di Firenze Antonio Martini; la coppia di candelieri liberty (1925 ca.) offerti in occasione dell’erezione a basilica minore della pieve di S. Maria Impruneta e un ostensorio del XVIII-XIX secolo di manifattura napoletana, donato dagli orafi fiorentini nel 1988. Alle pareti, da notare l’interessante rilievo in marmo scolpito raffigurante il Ritrovamento della Sacra Immagine della Vergine (metà del XV sec.) e lo sportello della Vergine dell’Impruneta datato 1711, donato dalla compagnia dell’Angiol Raffaello (detto del Raffa) e completamente restaurato negli anni 1978-1995.

Dalla sala Silvani si accede alla sala dei paramenti. Splendida la serie di sei mantellini, ovvero di quelle tende rettangolari che coprivano la sacra immagine della Madonna sia quando era venerata sull’altare del tempietto posto all’interno della basilica, sia durante le traslazioni. Molti di questi furono donati da famiglie (Alamanni-Franceschi, Panciatichi, Strozzi), compagnie (delle Stimmate) e corporazioni (Battiloro, Rivenditori) e risalgono al XVI-XVIII secolo. Vi sono inoltre una serie di sei pianete in damasco, lampasso broccato, gros, raso, del XVI-XVIII secolo; una tovaglia d’altare in garza ricamata (XVI sec.) e il tabernacolo che serviva a trasportare l’immagine della Madonna durante le processioni, opera della metà del XIV secolo, attribuita al Maestro di Tobia con sugli sportelli all’esterno raffigurati l’Annunciazione, i SS. Zanobi, Filippo, Giovanni Battista e Cristoforo e all’interno i SS. Caterina d’Alessandria e Luca con cori di angeli musicanti. Sotto, paliotto della fine del XVI secolo in velluto tagliato. I parati sopraindicati sono soggetti a rotazione con stoffe conservate nel deposito della chiesa.

 

© TOSCANAoggi 2000

INDIRIZZO: piazza Buondelmonti, 28 - Impruneta (Fi)

 

 

 

Buon esempio di artigianato orafo toscano. Da notare una certa pesantezza, nonostante la data al 1633, ancora di gusto manieristica. Questo perdurare di motivi più antichi è tipico della Toscana. Probabilmente si tratta di uno dei doni offerti alla Sacra Immagine dell’ Impruneta in occasione di una solenne processione tenuta nel maggio del 1633 per implorare l’ aiuto della Vergine contro la pestilenza (v. G.B.Casotti, Firenze 1714, c.199).

 

 

 

http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/avanzata.asp

 

 

 

 

 

 

Ecco la fotografia di un piatto ( ceramica di Cafaggiolo ) oggi conservato al museo del Bargello

fa parte di un servito di 21 pezzi costruito per l'abate Timoteo Carnesecchi, raro esempio di servito prodotto a Cafaggiolo

vedi maggiori informazioni nella pagina

 

 

http://www.carnesecchi.eu/timoteo_carnesecchi.htm

 

 

per la cortesia di Francesco Bini

 

per la cortesia di Francesco Bini

 

 

 

 

 

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  ing. Pierluigi Carnesecchi La Spezia anno 2003

 

 

 .

 

Ricevo dalla dottoressa Cecilia Scalella la notizia dell’esistenza di una piccola tavola d’altare, raffigurante la Madonna con Bambino e Santi, conservata al Museo dell’Ospedale degli Innocenti, su cui compaiono gli stemmi dei Carnesecchi e dei Peruzzi

 

Le invio una foto dell'opera attribuita da Federico Zeri e da Richard Offner nel 1968 al cosiddetto "Maestro del Cristo docente" alias "Maestro Francesco", un anonimo artista attivo a Firenze negli anni 1350 - 1390. L'opera in questione è una piccola tavola d'altare raffigurante la Madonna con Bambino e i Santi Caterina, Giovanni Battista, Maria Maddalena e Giovanni Evangelista ed è conservata al Museo dell'Ospedale degli Innocenti. Ai lati estremi della predella sono ben visibili e due stemmi.

 

 

 

 

 

 

 non ho informazioni documentarie su questo matrimonio tra i Carnesecchi e i Peruzzi 

 

Quello che posso notare e' che lo stemma e' quello dei Duranti con quattro bande

E che secondo la convenzione e' il matrimonio di un UOMO Carnesecchi con una donna PERUZZI

 

 

 

 

 

 

Fotografia contenuta nella raccolta Ceramelli Papiani ( per la cortesia del dr Paolo Piccardi )

 

 

 

 

 

Anno 1467 Matrimonio di Giuliano di Simone di Paolo di Berto Carnesecchi con Cassandra di Jacopo Lanfredini

 

 

 of two of Pollaiuolo's paintings, one being the Hercules and Nessus of the Jarves ... to say that these two families of Lanfredini and Carnesecchi intermarried in the persons of Giuliano Carnesecchi and Cassandra Lanfredini in the year 1467. ...
links.jstor.org/sici?sici=0951-0788(190604)9%3A37%3C52%3ATNHP%3E2.0.CO%3B2-M -

The New Haven Pollaiuolo
Herbert Cook
Burlington Magazine for Connoisseurs, Vol. 9, No. 37 (Apr., 1906), pp. 52-53

 

 

 

 

 

 

 

Un libro d'ore Carnesecchi Capponi conservato alla Trivulziana di Milano

 

 

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Carnasecchi ( famiglia fiorentina - libro d'ore - III91)……………………………

……………..avrei bisogno di conoscere di quali materiali disponete relativamente a questa famiglia

 

 

le indicazioni da Lei riportate sono tratte dagli indici della nostra rivista "Archivio Storico Lombardo" .

Nell""Archivio Storico Lombardo" 1968 all'interno dell'Articolo di C. Santoro Biblioteche di Enti e di Bibliofili attraverso i codici della Trivulziana alla pag. 91 sotto la voce bibliofili si trova la seguente frase:

"... CARNASECCHI e CAPPONI. Per queste due famiglie fiorentine venne eseguito un grazioso libro d'ore, quattrocentesco, con fregi ed iniziali miniate di scuola fiorentina (n. 464) . Porro 330; Santoro p. 90 n. 150 ..."

 

Mentre nell'"Archivio Storico Lombardo" 1971-72-73 all'interno della recensione realizzata da M. Bendiscioli relativa al libro di A. D'Addario Aspetti della controriforma a Firenze (- Pubblicazioni degli Archivi di Stato, LXXVII, Roma 1972) alla pag. 451 compare la seguente frase:

"... La terza serie (nn. XXIII -LXV, p. 413-446) si riferisce a Figure di credenti e associazioni religiose nella Firenze del 1500 e costituisce il maggiore contributo del volume della Storia della spiritualità fiorentina: qui figurano, tra l'altro, copia d'una lettera del Carnasecchi ai "Cardinali dell'Inquisizione" del 9 luglio 1567 ed un dispaccio del residente fiorentino a Roma del 21 sett. 1567 sull'autodafé per la condanna dello stesso Carnasecchi (p. 419) . ...".

 

Restando a Sua disposizione le porgiamo distinti saluti.

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Avete la possibilita' di dirmi dove e' conservato questo libro d'ore ( e a chi posso rivolgermi per saperne di piu' )

cosa vuol dire N.464 ?

cosa vuol dire Porro 330 ?

cosa vuol dire Santoro P90 n.150 ?

Questo libro potrebbe essere un pezzo assai interessante e pochissimo conosciuto !

 

siamo lieti di poterle essere utili, il manoscritto dovrebbe essere conservato presso la biblioteca Trivulziana alla quale consigliamo di rivolgersi. (02.884.63690 / 02.884.63696 Fax 02.884.63698 e-mail: ASCB.Trivulziana@comune.milano.it)

Per "Libro d'ore" si intende un manoscritto di preghiere per la meditazione individuale, il n. 464 dovrebbe corrispondere al numero di inventario della Trivulziana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Una testa di Baccio Rondinelli

 

Nei tempi ne' quali fiorirono in Fiorenza l'arti del disegno pe' favori et aiuti del Magnifico Lorenzo Vecchio de' Medici, fu nella città un orefice chiamato Michelagnolo di Viviano da Gaiuole, il quale lavorò eccellentemente di cesello, d'incavo, per ismalti e per niello et era pratico in ogni sorte di grosserie. Costui era molto intendente di gioie e benissimo le legava, e per la sua universalità e virtù a lui facevano capo tutti i maestri forestieri dell'arte sua et egli dava loro ricapito, sì come a' giovani ancora della città, di maniera che la sua bottega era tenuta et era la prima di Fiorenza. Da costui si forniva il Magnifico Lorenzo e tutta la casa de' Medici, et a Giuliano fratello del Magnifico Lorenzo, per la giostra che fece su la piazza di Santa Croce, lavorò tutti gl'ornamenti delle celate e cimieri et imprese con sottil magisterio; onde acquistò gran nome e molta famigliarità co' figliuoli del Magnifico Lorenzo, a' quali fu poi sempre molto cara l'opera sua et a lui utile la conoscenza loro e l'amistà, per la quale e per molti lavori ancora fatti da lui per tutta la città e dominio egli divenne benestante, non meno che riputato da molto nell'arte sua. A questo Michelagnolo, nella partita loro di Firenze l'anno 1494, lasciorno i Medici molti argenti e dorerie e tutto fu da lui segretissimamente tenuto e fedelmente salvato fino al ritorno loro, da' quali fu molto lodato dappoi della fede sua e ristorato con premio. Nacque a Michelagnolo l'anno 1487 un figliuolo, il quale egli chiamò Bartolomeo, ma di poi, secondo la consuetudine di Firenze, fu da tutti chiamato Baccio.

Desiderando Michelagnolo di lasciare il figliuolo erede dell'arte e dell'avviamento suo, lo tirò appresso di sé in bottega in compagnia d'altri giovani, i quali imparavano a disegnare, perciò che in que' tempi così usavano e non era tenuto buono orefice chi non era buon disegnatore e che non lavorasse bene di rilievo. Baccio, addunque, ne' suo' primi anni attese al disegno, secondo che gli mostrava il padre, non meno giovandogli a profittare la concorrenza degli altri giovani, tra' quali s'addomesticò molto con uno chiamato il Piloto, che riuscì di poi valente orefice e seco andava spesso per le chiese disegnando le cose de' buoni pittori, ma col disegno mescolava il rilievo, contrafacendo in cera alcune cose di Donato e del Verrocchio, et alcuni lavori fece di terra di tondo rilievo. Essendo ancora Baccio nell'età fanciullesca, si riparava alcuna volta nella bottega di Girolamo del Buda, pittore ordinario su la piazza di San Pulinari, dove essendo un verno venuta gran copia di neve e di poi dalla gente ammontata su detta piazza, Girolamo rivolto a Baccio gli disse per ischerzo: "Baccio, se questa neve fussi marmo, non se ne caverebbe egli un bel gigante come Marforio a giacere?" "Caverebbesi", rispose Baccio, "et io voglio che noi facciamo come se fusse marmo." E posata prestamente la cappa, messe nella neve le mani e da altri fanciulli aiutato, scemando la neve dove era troppa et altrove aggiugnendo, fece una bozza d'un Marforio di braccia otto a giacere, di che il pittore et ognuno restorono maravigliati, non tanto di ciò che egli avesse fatto, quanto dell'animo che egli ebbe di mettersi a sì gran lavoro così piccolo e fanciullo. Et invero Baccio avendo più amore alla scultura che alle cose dell'orefice, ne mostrò molti disegni, et andato a Pinzirimonte, villa comperata da suo padre, si faceva stare spesso innanzi i lavoratori ignudi e gli ritraeva con grande affetto, il medesimo facendo degli altri bestiami del podere. In questo tempo continovò molti giorni d'andare la mattina a Prato vicino alla sua villa, dove stava tutto il giorno a disegnare nella cappella della pieve, opere di fra' Filippo Lippi, e non restò fino a tanto che e' l'ebbe disegnata tutta ne' panni immitando quel maestro in ciò raro; e già maneggiava destramente lo stile e la penna e la matita rossa e nera, la quale è una pietra dolce che viene de' monti di Francia, e segatele le punte conduce i disegni con molta finezza. Per queste cose, vedendo Michelagnolo l'animo e la voglia del figliuolo, mutò ancora egli con lui pensiero, et insieme consigliato dagli amici lo pose sotto la custodia di Giovanfrancesco Rustici, scultore de' migliori della città dove ancora di continovo praticava Lionardo da Vinci. Costui, veduti i disegni di Baccio e piaciutigli, lo confortò a seguitare et a prendere a lavorare di rilievo e gli lodò. grandemente l'opere di Donato, dicendogli che egli facesse qualche cosa di marmo, come o teste o di basso rilievo. Inanimito Baccio da' conforti di Lionardo, si messe a contraffar di marmo una testa antica d'una femmina, la quale aveva formata in un modello da una che è in casa Medici, e per la prima opera, la fece assai lodevolmente e fu tenuta cara da Andrea Carnesecchi, al quale il padre di Baccio la donò et egli la pose in casa sua nella via Larga, sopra la porta nel mezzo del cortile che va nel giardino. Ma Baccio seguitando di fare altri modegli di figure tonde di terra, il padre volendo non mancare allo studio onesto del figliuolo, fatti venire da Carrara alcuni pezzi di marmo, gli fece murare in Pinti nel fine della sua casa, una stanza con lumi accomodati da lavorare, la quale rispondeva in via Fiesolana, et egli si diede ad abbozzare in que' marmi figure diverse, e ne tirò innanzi una fra l'altre in un marmo di braccia dua e mezzo, che fu un Ercole che si tiene sotto fra le gambe un Cacco morto; queste bozze restorono nel medesimo luogo per memoria di lui.

In questo tempo essendosi scoperto il cartone di Michelagnolo Buonarroti, pieno di figure ignude, il quale Michelagnolo aveva fatto a Piero Soderini per la sala del Consiglio grande, concorsono, come s'è detto altrove, tutti gli artefici a disegnarlo per la sua eccellenza. Tra questi venne ancora Baccio e non andò molto che egli trapassò a tutti innanzi, perciò che egli dintornava, et ombrava, e finiva, e gl'ignudi intendeva meglio che alcuno degli altri disegnatori: tra' quali era Iacopo Sansovino, Andrea del Sarto, il Rosso ancor che giovane et Alfonso Barughetta spagnolo, insieme con molti altri lodati artefici. Frequentando più che tutti gli altri il luogo Baccio et avendone la chiave contraffatta, accadde in questo tempo che Piero Soderini fu deposto dal governo l'anno 1512 e rimessa in stato la casa de' Medici. Nel tumulto addunque del palazzo per la rinnovazione dello stato, Baccio da sé solo segretamente stracciò il cartone in molti pezzi; di che non si sapendo la causa, alcuni dicevano che Baccio l'aveva stracciato per avere appresso di sé qualche pezzo del cartone a suo modo: alcuni giudicarono che egli volesse tòrre a' giovani quella commodità perché non avessino a profittare e farsi noti nell'arte; alcuni dicevano che a far questo lo mosse l'affezzione di Lionardo da Vinci, al quale il cartone del Buonarroto aveva tolto molta riputazione; alcuni, forse meglio interpretando, ne davano la causa all'odio che egli portava a Michelagnolo, sì come poi fece vedere in tutta la vita sua. Fu la perdita del cartone alla città non piccola et il carico di Baccio grandissimo, il quale meritamente gli fu dato da ciascuno e d'invidioso e di maligno. Fece poi alcuni pezzi di cartoni di biacca e carbone, tra' quali uno ne condusse molto bello d'una Cleopatra ignuda, e lo donò al Piloto orefice.